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SECONDA SERIE

AVVERTENZA

1. L'attuale volume, settimo della serie II, ha inizio con la costituzione del primo Governo della Sinistra presieduto da Agostino Depretis e termina il 31 dicembre del 1876.

La documentazione raccoHa nel volume pone in evidenza che la politica estera del nuovo Governo continua a mantenersi nel solco tradizionale ed è soprattutto rivolta alla questione d'Oriente entrata ormai neHa fase cruciale.

In tale contesto emergono sia le preoccupazioni italiane per le relazioni con l'Impero Austro-Ungarico ed il mantenimento dello statu quo territoriale nei Balicani, sia l'opportunità di rapporti di amicizia e di equilibrio con le altre Potenze.

2. -II volume, come i precedenti, è in gran parte fondato sulla document,azione conservata nell'Archivio Storico dlel Ministero degli Affari Esteri e precisamente sui seguenti fondi archivistici:

l) Gabinetto e Segretariato Generale:

a) Istruzioni per missioni all'estero;

b) Corrispondenza telegrafica in arrivo e partenza;

c) Carteggio confidenziale e riservato.

2) Divisione Politica:

a) Registrt copialettere in partenza;

b) Rapporti in arrivo;

c) Pratiche diverse trattate dalla Divisione Politica.

Documenti di notevole interesse sono tratti dall'Archivio di Casa Savoia, dalle Carte Corti messe cortesemente a disposizione dal! conte Franco Arese e dalle Carte Robilant conservate presso la Commissione.

3. -Alcuni dei documenti pubblicati erano già editi, integralmente

o parzialmente, nel Libro Verde 22 -Documenti diplomatici concernenti gli Affari d'Oriente presentati dal Ministro degli Affari Esteri Melegari nella tornata del 3 marzo 1877 (LV 22).

4. -Per le ricer,che e il coordinamento dei documenti ho avuto la preziosa colilaborazione del Prof. Francesco Bacino e della dott. Emma Ghisalberti a cui va il mio particolare ringraziamento. Ringrazio anche per il l!avoro di correzione delle bozze la dott. Angela Polga e la signora Fiorella Giordano.

ANGELO TAMBORRA


DOCUMENTI
1

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 2507/602. Londra, 27 marzo 1876 (per. il 31 ).

La risposta del Signor Disraeli alla quistione che, addì 23, fu posta dal Signor Cartwright per conoscere quando il rapporto del Signor Cave sarebbe presentato alla Camera, venne universalmente biasimata. Affermasi che la pubblicazione di quel documento, annunciata e promessa, non doveva essere all'ultim'ora negata coll'addurre per ragione esservisi opposto il Kedive • nella presente incerta posizione delle Finanze egiziane •. E queste parole, facendo nascere la supposizione che auel rapporto contenga siffatte rivelazioni da non combinare con le asserzioni favorevoli alle risorse finanziarie dell'Egitto pronunciate alcune settimane or sono dal Cancelliere dello Scacchiere, ebbero per effetto di far cadere i titoli egiziani sul mercato di Londra fra <il 5 e il 6 per cento, e dar libero campo agli speculatori di Borsa. Lord Derby non ha celato avant'ieri all'Ambasciadore Germanico il suo malcontento della risposta fatta dall'illustrissimo Ministro. Eliminata, gli disse, ogni parte la cui applicazione avrebbe potuto dispiacere al Kedive, gli fu quel rapporto, così rivisto e corretto, sottoposto; e duravano le trattative per indurlo a recedere dal suo rifiuto, quando furono sospese dalla inattesa dichiarazione del Signor Disraeli. E sembra sia rimasto il Vice-Re irritato dall'essersi taciuto come egli abbia soltanto pregato di sospendere la pubblicazione del rapporto sino a che non fosse decisa la quistione dei Commissarj. Ma questa ragione sarebbe stata interpretata per un desiderio di esercitare una pressione sulla determinazione del Governo della Regina.

L'Ambasciadore di Francia si è intanto recato ieri da Lord Derby; ed ebbe a udire· con sua sorpresa (perché affatto diverse dalle notizie giuntegli da Parigi, e le quali affermano essere già pronti 250 milioni) parole che gli hanno tolta daccapo quasi ogni speranza nell'opera dell'Inghilterra in prò dell'Egitto. Il principale Segretario di Stato, dopo avergli ripetuto il suo sincero desiderio d'aiutare il Kedive, ha soggiunto al Marchese di Harcourt: • Ma i Rothschild non sembrano disposti a intraprendere l'affare; né veggo che si presenti una qualche altra combinazione •. E, discorrendo dei Commissarj, è tornato a fare la sua principale objezione: non esservi nissuna garantia o sicurtà che le somme necessarie al servizio e ammortamento del Debito Egiziano sarebbero e continuerebbero regolarmente a essere versate nelle mani dei Commissarj.

Lord Derby si è poi lagnato del Kedive e questa volta pel suo rifiuto alla pubblicazdone del rapporto Cave che ha posto in sì grave imbarazzo il Governo Inglese, e perché il Decreto per lo stabilimento della Commissione del Debito non gli fu comunicato dal Vice-Re, ma n'ebbe una copia per mezzo del Governo francese. E le basi del Decreto non gli sembravano sciogliere quella difficoltà che più lo preoccupa: l'art. 4° dice che la Commissione riceverà dal Tesoro Egiziano le somme necessarie pel servizio dell'interesse e ammortamento del Debito; ma se la Commissione non riceverà in seguito quelle somme? Il Governo Inglese avrebbe, intanto, col fatto deHa scelta e proposta d'un Commissario, assunta una responsabilità in una operaz,ione finanziaria di 400 milioni senz'altra sicurtà se non se la fiducia che può inspirare il Kedive. E il significato dell'art. 10, che pone i privilegi, diritti e poteri della Commissione sotto la guarentigia dei Tribunali Misti, era oscuro per Lord Derby, né gli sembrava poter quest'impegno aver forza ed efficacia bastevoli.

Lo stato delle cose è qua, pertanto, pieno di dubbj e d'incertezze; e tutti si limitano a segnare le variazioni che avvengono giorno per giorno senza voler prevedere l'esito diffinitivo.

In precedenti rapporti ho avuto l'onore di accennare a V. E. le diverse cause d'irresoluzione nel Gabinetto Inglese; le quistioni per lui disgraziate che sorsero e per le quali non fu nella difesa dei suoi atti felice; le tendenze opposte in politica estera che dividono i Ministri. Ond'è che adesso (secondo ascolto da persone che avvicinano i Ministri stessi) s'avvedono costoro come abbiano lasciato sfuggire il momento favorevole· di ricorre tutti i beneficj della politica iniziata, e come nelle settimane in cui rimasero esitanti re perplessi abbia mutata la situazione all'estero e all'interno in guisa d'essere posti, per quest'affare d'Egitto, in tale una condizione da poter difficilmente impedire, a qualunque

partito s'appiglino, un nuovo trionfo per l'opposizione; rifuggono dalla responsabilità di trovarsi, come temono impigliati nelle Finanze d'un estero Stato e d'uno Stato levantino, nè sanno decidersi a negare quel loro concorso virtualmente promesso dal momento che mandarono con tanta solennità in Egitto il «Pay Master Generai •, il quale -ove nulla facessero -apparirebbe d'essere stato un inquisitore inutile se non dannoso delle faccende e dei segreti del Kedive, e mentre Lord Derby ha dichiarato espHcitamente all'Ambasciator.e Francese essere il • Governo della Regina, coll'invio del Signor Cave, impegnato a soccorrere il Vice-Re nelle sue presenti difficoltà finanziarie·· E nelle sfere politiche è codesta quistione egiziana considerata come difficile e pericolosa pel Gabinetto, assai più delle altre ch'hanno scosso il suo favor popolare e anche più di quella del tHolo d'Imperatrice dell'India per cui fece così mala prova nei suoi discorsi il Signor Disraeli. Il Gabinetto è ora giudicato simile a chi, usata ogni sua forza in un primo slancio, e non avendo osato continuare, non sappia come fare a recedere.

Ma debbo pure aggiungere che molti personaggi autorevoli stimano sia impossibile oramai d'astenersi. A coloro i quali citano le parole di Lord Derby e di Sir Stafford Northcote e la grave notizia della probabile rinuncia della Casa inglese dei Rothschild a cooperare nella operazione finanziaria, oppongono gli immensi interessi di ogni natura che non consentono a una abdicazione dell'Inghilterra in Egitto, siccome, secondo essi, sarebbe se fosse l'Egitto salvato senza il concorso dell'Inghilterra o se l'astensione dell'Inghilterra avesse per risultato d'impedire la salvezza di quel paese. E queste considerazioni hanno tanto peso da mantenere l'Ambasciadore di Francia nel dubbio se l'attitudine dell'Inghilterra non sia l'effetto, più che dell'esitazione e delle contrarie tendenze nei Ministri, d'una premeditazione di spingere il Kedive a tale una estremità da non avere altra scelta se non se di patire la volontà esclusiva dell'Inghilterra; e il Marchese di Harcourt si dimostra preoccupato per la pressione che, a suo avviso, saranno per esercitare al Cairo S.A.R. il Principe di Galles e Sir Bartle Frère.

Lord Derby è intanto partito con Sua Maestà, e affidava all'Ambasciadore di Germania il suo dispiacere e la sua preoccupazione di essere lontano mentre si agita questo affare d'Egitto così importante e così pieno di responsabilità e di difficoltà.

2

IL CONSOLE A GINEVRA, GAMBINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 82. Ginevra, 28 marzo 1876 (per. il 30).

Mi reco a grata e singolar premura di render conto a V.E. dell'adunanza del Comitato Federale della Federazione Internazionale del Giura Bernese, la quale ebbe luogo il giorno 23 corrente a Neuchatel.

Erano presenti: Guillaume James; Jenny; Getti; Schwitzguébel; Pindy e Brousse. Si leggono diverse lettere provenienti da sezioni e trattanti di cose Amministrative.

Guinaume prende la parola sulla situazione politica attuale di Francia ed Italia. Dice che coloro i quali sono oggi alle redini dei due paesi e che affettano repubblicanismo spinto od un costituzionalismo avanzato sono • tiranni peggiori della vera reazione •. L'internazionale deve sempre combatterli e farli

conoscere al popolo per quello che dessi realmente sono; ciò nullameno tacitamente i socialisti rivoluzionarj devono immediatamente approfittare delle piccole concessioni di stampa od associazione che questi faranno, per estendere immediatamente la propaganda dell'abolizione assoluta del Capitale e dello Stato per poter poi un giorno vendicare i caduti di Satory, stati fucilati dai repubblicani.

Guillaume, continuando il discorso, dice: l'Italia è terra di socialisti per eccellenza. Si fecero Congressj, si fondarono federazioni, si pubblicarono giornali socialisti rivoluzionarj sotto i governi despotici di Lanza e di Cantelli, ora queste cose si potranno ancor meglio attuare, si potrà organizzare completamente le sciolte file dell'Internazionale, • appunto approfittando di f!Uei pochi giorni che il Ministero di sinistra, per amor proprio, amerà farsi vedere liberale •.

In seguito venga pure al potere la reazione la più sfegatata, sopprima pure i nostri giornali, sciolga pure le nostre associazioni; la propaganda è entrata nelle masse plebee e la persecuzione non servirà che a ravvivarla.

Percorriamo un periodo che la borghesia stessa, spinta dal progresso, ci prepara la rivoluzione e si scava la propria fossa. Tanto meglio, cosi risparmieremo il sangue di tanti operaj.

Guillaume invita il Comitato perché questi in un coi proscritti francesi i più influenti diano mano ai socialisti italiani nel lavoro di riorganizzazione.

Getti dice che, dopo il processo degli Internazionalisti, se verrà assolto, egli ritornerà a Bologna e stabilirà le basi della nuova Federazione Romagnola che spera riescirà più numerosa che gli anni antecedenti avuto riguardo che moltissimi operaj si sono staccati dalle file del Mazzinianismo perché riconobbero che è un partito antiquato.

Jenny dà lettura della Circolare che la Federazione Belga diramò alle sezioni Internazionali per commemorare H 18 Marzo.

Mi viene assicurato che • a seconda dell'atteggiamento che pre.!lderà il nuovo Ministero in Italia • Rochefort e qualche suo compagno andranno a stabilirsi a Napoli o a Roma.

Così pure Malon rientrerà a Milano da dove fu espulso.

3

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 120. Costantinopoli, 28 marzo 1876 (per. il 3 aprile).

Nei passati giorni corsero varie voci di scontri tra le truppe imperiali e gli insorti dell'Erzegovina, di disfatte di quelle, di ferma determinazione di questi di persistere nella lotta. Però la notizia che a tutte le altre sovrasta d'importanza è quella di una sospensione di ostilità convenuta tra ·le due parti per la durata di dodici giorni affine d'intavolare trattative di pacificazione. La Sublime Porta non vuole questo accordo si chiami armistizio né sospensione d'armi, però dice essersi impegnata a non fare per quel tempo alcun atto di ostilità contro gli insorti. I negoziati che trassero a quest'accordo furono condotti dal Generale Rodich per parte dei Turchi, e dal Principe di Montenegro per parte degli insorti, dimodoché a questi s'attribuisce il maggior merito di esso. Il convegno definitivo seguì a Ragusa dove s'-incontrarono il Generale Ahmet Mucktar Pacha, comandante in capo delle truppe Imperiali, Aali Pacha, Govevnatore dell'Erzegovina, Wassa Pacha, Commissario Imperiale, il Generale Rodich, e dall'altra parte i rappresentanti del Principe Nikita. Mucktar Pacha diede la sua parola d'onore che per dodici giorni le truppe turche non farebbero alcun movimento ostile contro gl'insorti. I rappresentanti del Principe di Montenegro assunsero analogo impegno a nome dei capi degli insorti.

S'apriranno ora trattative di pace tra le parti contendenti. Però quando si conoscono il miserando stato cui è ridotta quella Provincia, l'odio profondo che esiste tra Musulmani e Cristiani, la niuna fede di questi nelle promesse della Porta, si comprende di leggieri come questi negoziati avranno ad. incontrare gravi ostacoli. Senonché l'Europa vuole la pace, l'Austria e la Russia sovratutto sono determinate a spegnere questa minaccia d'incendio, la Serbia ed il Montenegro, parte colle minacce, parte colli allettamenti, furono almeno in apparenza guadagnate alla causa della pace. Quale speranza di successo può rimanere agli insorti contro tanti ·e sì gravi elementi? È questa la logica dei presenti fatti, resta quello che può sorgere dall'imprevisto.

La notizia dell'armistizio avrebbe in circostanze ordinarie prodotto un rialzo dei fondi; nelle presenti essi non si risentirono d'alcun vantaggio, imperocché la sospensione dell'insurrezione non può, in ogni caso, salvare le finanze dell'Impero dalla rovina che le minaccia.

4

IL CONSOLE IN MISSIONE A RAGUSA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 151. Ragusa, 28 marzo 1876 (per. il 4 aprile).

Ieri ebbe luogo qui in Ragusa un convegno di Ali Pascià, Commissario e Valì di Erzegovina, e di Muktar Bascià Muscir (maresciallo) comandante generale deLle truppe combattenti gli insorti, con il Luogotenente Imperiale, governatore della Dalmazia, Barone Rodich.

Dopo l'abboccamento loro fui a visitare il Commissario Ali Pascià, da cui sono onorato di particolare amicizia. Lo richiesi dapprima da dove fosse partita l'iniziativa del convegno, egli rispose che veramente il primo suggerimento venne dal Conte Andrassy; il quale, essendo sinceramente disposto ad aiutare la Sublime Porta nella sua opera di padficazione, av;eva pensato che un grande vantaggio ne sarebbe avvenuto se i capi amministratori delle limitrofe provincie de' due Imperi si fossero intesi per concerta11e insieme i modi d'impedire ogni aiuto alla insurrezione dalla frontiera Dalmata, e di fare rientrare i rifugiati.

Il Commissario Alì Pascià informandomi poi sul risultato dell'abboccamento mi disse, che egli avanti ogni cosa ricordò al Barone Rodich l'accordo che il Governo Imperiale di Vienna comunicò alla Sublime Porta; vale a dire, essersi dato ordine alle autorità imperiali in Dalmazia d'impedire ogni qualsiasi approvviggionamento agli insorti; di respingere ogni individuo o frotte di individui che dalla Dalmazia tentassero entrare in Erzegovina come sospetti di unirsi agli insorti; di arrestare. ed internare ogni individuo o frotte di individui provenienti dall'Erzegovina come sopra sospettati. Inoltre, dovere le autorità Imperiali di Dalmazia cooperare colle Ottomane di Erzegovina al rimpatrio dei rifugiati; sino anche a far cessare ai medesimi ogni qualsiasi sussidio o ricovero.

Il Barone Rodich, secondochè mi disse Ali Pascià avrebbe risposto: le autorità austriache in Dalmazia adempiere scrupolosamente gH ordini ricevuti per ciò che riguarda gli aiuti alla insurrezione; adoperarsi a tutto uomo a persuadere gli emigrati a ritornare in Erzegovina, ma costoro rifiutarsi decisamente, quanto al cessare ai medesimi il giornaliero sussidio, essere cosa grave perchè sarebbe condannare dall'oggi al domani una massa di popolazione alla fame la più spaventevole; il chè avrebbe recato in Dalmazia seri pericoli di calamità pubbliche.

Ali Pascià chiese al Barone Rodich in qual modo fosse egli convinto che gli emigrati rifiutassero a rientrare. Il Barone rispose: averlo imparato dai rifugiati stessi che egli dappertutto interrogò nella missione che venti giorni addietro compì e per ordine del suo Governo.

A'll Pascià insistette sulla esecuzione intiera dell'accordo passatosi tra il Ministero di Vienna e la Sublime Porta; ed aggiunse che il governo Ottomano avendo accettata 'la proposta fatta da esso stesso Barone Rodich, di concedel'e una sospensione delle ostilità, si fissava a cotesta sospensione il termine di dodici giorni a cominciare dalla sua notificazione. Pregò infine di far pubblicare un proclama, che esibiva, inviatogli dalla Porta nel quale accordavasi amnistia, colla minaccia però che se entro quattro settimane chi non avesse deposto le armi o non fosse rientrato in Erzegovina ne sarebbe stato escluso; e per dippiù gli sarebbe stato venduto ogni suo possesso, con applicarne il prodotto a prò di coloro che si sarebbero sottomessi o restituiti alle loro antiche dimore.

Ali Pascià nel suo discorso ammise per base che il Governo di Vienna s'impegnò formalmente ad aiutare la Sublime Porta non solo alla pacificazione ma alla repressione dell'insurrezione, fino anche a cooperare colla forza armata nei limiti del suo territorio. Però, mi aggiunse, se da una parte non si ha la menoma sfumatura di dubbio sulle benevole intenzioni del Conte Andrassy, dall'altra si è gravemente sconfortati dall'attitudine delle autorità austriache in Dalmazia egli disse avere poca speranza di buon risultato nell'abboccamento avuto; anzi temere esso che lo stato delle cose non si peggiori.

5

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 56. Madrid, 29 marzo 1876 (per. il 9 aprile).

Nella seduta tenutasi l'altro ieri al Congresso, il Presidente del Consiglio presentò e lesse il progetto di Costituzione, del quale ebbi l'onore di inviare il testo a codesto R. Ministero con mio rapporto n. 6 di questa serie in data 16 luglio 1875 (1). La lettura della nuova legge fondamentale destinata a reggel'e in avvenire le cose di Spagna, fu preceduta da un elaborato preambolo, sottoscritto da tutti i Ministri, col quale il Gabinetto ebbe per iscopo principale di addimostrare che dessa non fu esclusivamente ideata e sottoscritta dagli odierni Governanti, bensì dalla Commissione dei Notabili, che è quanto dire: essere il progetto di Costituzione il risultato dell'accordo stabilito fra i vari elementi della situazione Monarchico-Costituzionale, e che compongono in oggi la maggioranza delle due Assemblee.

Degne di attenzione sono eziandio le considerazioni svolte nel preambolo in ordine al modo col quale può abbreviarsi la discussione del progetto, omettendo di discutel'e assiomi di diritto pubblico, già a varie riprese riconosciuti e sui quali quindi non può sollevarsi dubbio a'lcuno, e limitandosi a quanto costituisce le vere divergenze, e non potè sinora essere unanimamente risoluto.

Rammentando il solenne Manifesto di Alfonso XII datato da Sandhurat 1° Dicembre 1874, il Preambolo considera abolite dai fatti le Costituzioni del 1845 e del 1869, e conferma essere giunto il momento di risolvere ogni problema politico in conformità coi voti e colla convenienza della nazione. Confida pertanto che la sapienza delle Cortes ed il patriottismo e la prudenza di tutti i Rappresentanti del paese faciliteranno il pronto scioglimento della questione Costituzionale.

Tralascierò di qui riferire le ulteriori dichiarazioni contenute nel documento governativo in discorso, in ossequio al diritto ereditario ed alla popolarità e prestigio della Monarchia Costituzionale in !spagna, tanto più che esse non sono che una ripetizione di quanto ebbe ad affermare il Signor Canovas del Castillo in occasione del dibattimento sull'indirizzo, di cui è cenno nei miei precedenti rapporti n. 52 e 54 (1). Non saprei però passare sotto silenzio l'opinione professata da molti, cioè: che in mancanza delle Costituzioni del 1845 e 1869 esplicitamente disconosciute dal programma Ministeriale, appariva più consentaneo alla situazione creata dalla restaurazione il riconoscimento di quella del 1837, salvo le modificazioni suggerite dai tempi, di quello che ricadere nell'inconveniente già in altra occasione lamentato, e sempre pregiudizievole, di aumentare il numero delle Costituzioni promulgate in !spagna in poco più di mezzo secolo.

P.S. Spedisco sotto fascia all'E. V. un esemplare del discorso pronunziato dal generale Pavia alle Cortes, ·e da lui consegnatomi personalmente. (Vedi Rapporto politico n. 54).

(l) Non pubblicato.

6

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 195. Parigi, 31 marzo 1876, ore 8,50 (per ore 10,45).

Le due Decazes vient de me dire qu'en présence des hésitations du Gouvernement anglais et des dangers que ses lenteurs font courir au crédit de l'Egypte, le Gouvernement français s'est décidé à passer outre et est pret à faire au vice-roi la désignation d'un commissaire dans les termes des cootrats soumis par M. Pastré. Dans la pensée du Gouvernement français le poste laissé vacant par l'Angleterre devra rester réservé pour au'elle puisse an besoin le reprendre lorsque ses résolutions seront fixées. Les capitalistes français feront leur émission aussitòt que l'autorisation aura été donnée par vice-roi. Ils s'occu

pent en ce moment à pourvoir à l'échéance de demain. Le due Decazes désirerait savoir si le Gouvernement du Roi est disposé à s'associer à la résolution du Cabinet de Versailles, en désignant de son coté un commissaire italien.

(l) Non pubblicati.

7

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

L.P. Roma, 31 marzo 1876.

Alea jacta est. Tornielli è nominato Segretario Generale avendo Jo rifiutato di rimanere col nuovo Ministero. Domani gli lascierò l'ufficio. Lascio non senza pena Queste camere ove abitai sei anni in comunione intima d'idee con Visconti e con te. Benché i giornali abbiano sparsa la voce che io vada a Berna, ciò non è vero. Non ho alcun posto, e non voglio chiederne alcuno. Suppongo che il buon Melegari, desideri riservarsi il posto di Berna, pel caso sempre possibile di rimpasti o di crisi. Rimarrò qualche tempo in congedo e poi in disponibilità in aspettazione di tempi migliori.

Melegari e Tornielli sono una guarentigia per la camera. Essi resisteranno, quanto più potranno, all'orda di affamati che chiedono posti diplomatici. Io non dubito che tu potrai rimanere a Parigi. Però ne sarò sicuro soltanto quando siasi avverata la nomina a Prefetto di un ex diplomatico che tu ben conosci. Non sarà male intanto che Noailles dica in nome di Decazes che la tua presenza a Parigi è sempre desideratissima. Visconti ed io avremmo desiderato poterti fare Ambasciatore a Parigi. Ma si attese che fosse costituito H nuovo Governo in Francia, ed intanto ruinò il nostro. Io ho ferma speranza che le considerazioni d'interesse pubblico indurranno i nostri successori a fare ciò che noi avremmo fatto anche per debito di giustizia e per le nostre vivissime ed antiche affezioni.

Non ti parlo di politica interna. Non ho il vizio di veder le cose color di rosa ed ora mi trovo in disposizioni d'animo poco Hete. Spero però che l'esperienza d'un governo di sinistra non sarà così funesta .Rimarrò a Roma qualche settimana ancora, per attendere che la primavera faccia capolino nell'Alta Italia. Sarò all'Albergo, ma tu potrai indirizzarmi le tue lettere al Ministero ove capiterò qualche volta, ed ove in ogni caso lascierò il mio indirizzo.

Ti ringrazio intanto di tutte le prove d'amicizia che mi hai dato, e mi duole solo di non averti potuto dimostrare altro che il mio buon volere.

8

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 2629. Parigi, 31 marzo 1876 (per. il 4 aprile).

Ho ricevuto oggi la Circolare colla quale l'E.V. mi fece l'onore di informarmi che S. M. il Re, con decreto del 25 marzo, Le ha affidato il portafoglio del Ministero degli Affari Esteri nel Gabinetto presieduto da S. E. il Cav. Depretis (1). Mi fo premura di ringraziarla delle cortesi espressioni colle quali Ella volle accompagnare questo annunzio, ·e mi pregio d'assicurarla che· continuerò ad impiegare ogni mio sforzo ed ogni di-ligenza al servizio di Sua Maestà sotto l'alta direzione dell'E. V. con cui mi è grato di rientrare in relazioni ufficiali. Ho poi l'onore di informarla che ho tosto portato a notizia del Governo Francese, nella persona di S. E. il Duca Decazes, Ministro degli Affari Esteri, la di Lei nomina e la costituzione del nuovo Gabinetto di Sua Maestà.

9

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 446. Vienna, 31 marzo 1876 (per. il 4 aprile).

Essendomi pervenuto oggi l'ufficiale annuncio dell'assunzione dell'E.V. a Ministro per gli Affari Esteri, mi recai tosto al Ministero Imperiale, onde darne formale partecipazione a S.E. il Barone Hofmann, S.E. il Conte Andrassy essendo assente da Vienna.

S. E. si compiacque gentilmente accogliere la mia partecipazione, assicurandomi che le comunicazioni, che avrei occasione di fare al Gabinetto Imperiale, per incarico dell'E. V., sarebbero sempre accolte con quella cordiale considerazione che è conseguenza delle così felici relazioni che esistono fra i due stati, e che è particolarmente dovuta al Ministro d'una Grande Potenza, al personaggio a cui la fiducia del Re volle affidare il reggimento della politica Estera del Suo Paese. Il Barone Hofmann volle di più aggiungermi: che il Barone d'Ottenfels aveva riferito al Governo Imperiale, che l'E. V. aveva voluto, prima di lasciar Berna, recarsi a prender comiato da Lui e porgergli in quella circostanza l'assicuranza delle migliori di Lei disposizioni di coltivare i buoni rapporti che uniscono presentemente l'Italia all'Austria-Ungheria, atto cortese questo, che non poté a meno di riescire particolarmente gradito al Governo Imperiale.

• Cédant à un mO'Ilvement de confiance dont j'ai été très flatté, Votre Majesté avait daigné penser à moi pour le portefueille des Affaires étrangères.

Un télégramme successif annulait la prèmiere dépèche télégraphique chiffrée. Avec son discernement habituel, Votre Majesté se sera sans doute rendu compte que n'ayant aucune expérience parlementaire mieux valait me permettre de continuer jusqu'au bout à prèter mes modestes services en qualité de diplomate.

Je Vous en remercie, Sire, car tout en me laissant guider non par des considérations de partis auxquels je demeure étranger, mais uniquement par les intérèts inséparables du Roi et du pays, je n'aurais pas eu le sentiment de remplir cette nouvelle position de manière à satisfaire de justes exigences. A mon age d'ailleurs le caractère est formé: or le mien n'est pas assez malléable pour se plier, sans rompre, aux transactions inhérentes à la vie ministérielle.

Quelques journaux du pays prétendent que j'ai décliné d'entrer au Ministère. Votre Majesté sait que le second télégramme précité qui me mettait hors de cause, m'est parvenu avant que j'eusse eu le temps matériel de répondre au premier. Il ne m'appartient pas de rectifier les erreurs de la presse, par la voie de la publicité.

Ce que j'ai à coeur, c'est d'exprimer à Votre Majesté ma plus vive gratitude pour la nouvelle preuve de confiance qu'Ellc voulait un instant m'accorder. Elle sait de longue date qu'Elle peut compter sur l'inaltérable dévouement de son très fidèle et obéissant sujet et Ambassadeur •·

5 -Documenti diplomatici -Serie Il -Vol. VII

S. E. non mancò poi di manifestarmi il vivo desiderio del Governo Imperiale Reale di essere quanto prima informato sulle decisioni prese dal nuovo Gabinetto, in ordine al Trattato di Vienna ed all'annessa Convenzione di Basilea, pel riscatto e separazione delle Ferrovie • sebbene • egli aggiungeva • il Gabinetto di Vienna non abbia dubbio di sorta che H nuovo Gabinetto di Roma sarà per accettare al riguardo ciò che fu pattuito da quello che lo precedette •.

Non trovandomi fin qui in grado di dar risposta qualsiasi al proposito mi limitai ad assicurare, che avrei portato a conoscenza dell'E. V. l'espressomi desiderio, ma che però dovevo far osservare, una simile decisione, per parte del nuovo Gabinetto, dovere evidentemente essere preceduta da un attento esame della questione, che, malgrado il miglior buon volere, pure necessiterebbe sempre un po' di tempo. Il Barone Hofmann mostrassi apprezzare auesta mia risposta, convenendo della sua giustezza, e così ebbe termin,e il nostro colloquio su questo argomento.

(l) Si pubblica qui una l.p. del 24 marzo (ACR) con cui de Launay ringrazia il Re per aver pensato a lui per l'incarico di ministro degli Esteri:

10

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 447. Vienna, 31 marzo 1876 (per. il 4 aprile).

Voci allarmanti di ogni genere preoccuparono gli spiriti qui in questi ultimi giorni, e come sempre succede, si volle dar peso a noHzie infondate, raggruppare fatti disparati e costituirne un tutto minaccioso per l'avvenire. A questo momentaneo allarme parmi la quiete sia, almeno temporariamente, subentrata oggi. In realità, a fronte dei fatti positivi che constatano i pacifici intendimenti dei Governi, sembrami difficile l'ostinarsi a veder tutto in nero. Generalmente vuolsi porre in dubbio la sincerità dell'accordo, esistente fra la Russia e l'Austria-Ungheria, a fronte della crisi che attualmente sta attraversando l'Impero Turco: infatto, sino agli ultimi giorni, il Governo di Belgrado non vi prestò fede e conseguentemente, prima di dare al Principe Wrede la risposta rassicurante, di cui non dubito l'E. V. avrà avuto conoscenza dal R. Agente in Serbia, il Principe Milano si rivolse direttamente, per via telegrafica, all'Imperatore Alessandro, domandandogli, se quanto gli si chiedeva da parte Austriaca, era realmente da lui pure voluto. A questo telegramma il Principe Gortchakow rispose, a nome del suo Sovrano, che l'Imperatore eziandio personalmente, era pienamente d'accordo col suo Governo nel fermo proposito di mantenere il più stretto accordo coll'Austria nella presente questione; che quindi ciò che da lui chiedevagli l'Agente Austriaco, dovevasi intendere siccome in eguali termini formulato anche da parte Russa.

Questa notizia, recata a conoscenza del Gabinetto di Vienna da un telegramma del Generale Langenau, fece qui ottima impressione, tanto più ch'essa non tardò a ricevere da Belgrado la conferma, il Principe Milano essendosi deciso a dare le largamente pacifiche assicurazioni richiestegli.

Oggi poi pervennero al Ministero Imperiale notizie da Ragusa, che anche ove non si voglia aprir l'animo a troppe larghe spera:nze, pure sono tali da far

lO

ritenere possibile la pacificazione dell'Erzegovina. Come l'E. V. saprà molto probabilmente già dalle ,informazioni, che non mancheranno di darle i RR. Agenti in quelle località, il F.Z.M. Rodich, Governatore della Dalmazia, fu accettato dai Turchi come mediatore fra loro e gl'insorti, ed a sua volta il Principe del Montenegro si assume l'incarico di fare accettare questa mediazione dagli insorti. Conseguentemente a ciò il Generale Rodich telegrafava oggi a Vienna (telegramma che mi fu mostrato al Ministero) che un armistizio sino al 12 aprile era stato accettato da ambe le parti; prima condizione del quale, come di ragione, la cessazione di ogni ostilità; inoltre veniva pattuito, che durante quel tempo, sia

soldati Turchi che gl'insorti, potrebbero isolatamente transitare, senza esser molestati, in qualsiasi parte della Bosnia e dell'Erzegovina. Veniva parimenti disposto il modo di vettovagliare alcune piazze forti Turche, ed in ispecie per quella di Niksitch, il Principe di Montenegro impegnavasi a facilitare il vettovagliamento di quest'ultima col transito sul suo territorio. Il Generale Rodich riferiva per intiero la lettera, al riguardo direttagli del Principe Nikita, che finiva col dire, potersi ritenere come assicurato che il giorno 3 Aprile i capi degli insorti si sarebbero abboccati seco lui (Rodich) e fors'anche coi commissari Turchi a Suttorina, con buona speranza di arrivare ad un pacifico accordo.

Evidentemente tutto ciò non è ancora il termine dell'insurrezione, la completa pacificazione di quelle ,infelici Provincie; ma, come dissi in principio, non vi ha neppur ragione di rifiutarsi a tener conto di fatti, che ad ogni modo sono tali da aprire l'adito a speranze di pace. Ove la Russia perduri nel suo accordo coll'Austria, forzatamente l'insurrezione dovrà cessare, ed io sono disposto a credere che ciò si verifi,cherà, poiché al Gabinetto di Pietroburgo deve premere in questo momento, di conservarsi l'alleanza dell'Austria, e più ancora di non sobbarcarsi ad eventualità, che potrebbero compromettere la sua azione su altri teatri per lei più importanti, tanto più che in Oriente essa non può a meno di sentire che, se saprà non precipitare gli eventi, l'avvenire sarà suo.

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IL SENATORE SCIALOJA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

L. P. Cairo, l aprile 1876.

Appena ieri abbiamo qui avuto notizia de' nomi de' nuovi ministri. Il telegrafo è molto avaro di dispacci politici in Egitto: e la posta arrivando ogni otto giorni è troppo lenta per tenerci al corrente. Io non so se il Visconti, che certo avrete veduto per quelle informazioni sommarie che qualche volta occorrono a' nuovi Ministri, vi avrà parlato di me. Io non ho missione formale: ma un incarico ufficioso e quasi amichevole. Le condizioni dell'Egitto non sono cosa indifferente per le potenze che sono sul Mediterraneo come noi o che vi hanno interessi, come l'Inghilterra. Però l'Italia non potendo e non volendo sotto le sembianze di protezione aspirare alla soggezione dell'Egitto, è naturalmente la Potenza di cui gli 'interessi si accordano meglio con quelli dell'Egitto medesimo. La sua voce, i suoi consigli, la sua influenza morale debbono tendere a salvare la sua indipendenza. La crisi finanziaria che tuttora continua ha esposto questa indipendenza a gravi pericoli. Non avendo noi né capitali né forza materiale da incutere timore e da eccitare speranze, come hanno l'Inghilterra e la Francia, sebbene in misura diversa; possiamo per ora adoperare soltanto l'influenza morale. Forse ad accrescere questa non è stata affatto inutile la mia presenza qui. Il Viceré ha creduto giovarsi de' consigli disinteressati dell'Italia, ed anche un po' de' miei suggerimenti, dopo uno studio fatto sull'ordinamento finanziario. Ma tutto è ancora in sospeso. Le condizioni sono gravi. La poca benevolenza del Governo inglese, che aveva con abile politica suggerito un disegno atto a salvare le finanze egiziane a suo esclusivo vantaggio politico, e che dopo aver fallito i!l colpo, non ha per anco rinunciato all'occulto progetto, rende oHremodo difficile la riusdta pronta ed efficace di altre combinazioni finanziarie. Se non avete seguito con qualche attenzione i precedenti, le cose qui brevemente toccate non possono darvi alcuna idea della situazione: né io potrei oggi esporvela lungamente perché la posta parte dal Cairo quest'oggi, e mi verrebbe meno il tempo per farlo. In ogni modo voi saprete già che l'Italia avrà qui nell'amministrazione un funzionario, di cui ha già fatto la scelta sulla persona dell'egregio Baravelli che è già arvivato in Egitto, e che avrà posizione pari a quella d'un inglese e d'un francese che sono giunti nei giorni passati. I loro posti non saranno punto tra' meno elevati. Tra' progetti da me fatti al Khedivé vi è pure quello di un Consiglio supremo che dovrebbe assumere le fu:nzioni d'alto tutore dell'entrate e delle spese·, secondo un certo ordinamento da me ideato, e che, in massima, è stato accettato. In questo consiglio facilmente entreranno i funzionari sopraddetti.

Insomma dirò al mio vecchio amico e collega, perché non oserei dirlo al Ministro, che qui sono generalmente contenti del modo benevolo e della deferenza con 'la quale il Vicerè accoglie i miei deboli consigli. Questo è dovuto in gran pavte al paese a cui appartengo, ed al nessun sospetto che l'Italia gli voglia male.

La Vlia mi è stata agevolata da che qui il nostro Console Generale De Mar'tino è molto ben veduto dal Viceré, e questa sua personale amicizia col Viceré ha conservato la di lui simpatia per l'Italia e per gl'Italiani, che· oggi forse si è naturalmente accresciuta.

Per ora non aggiungo altro; intendo, lo ripeto, avere scritta una lettera tutta confidenziale all'amico Melegari. La mia salute senza essere ottima, è buona abbastanza. Durante la mia dimora qui sono stato occupatissimo. Ad altra volta il resto.

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IL CONSOLE IN MISSIONE A RAGUSA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 53. Ragusa, 2 aprile 1876 (per. l' 8).

Egli è a dubitare assai sull'efficacia delle misure di pacificazione concordatesi nel recente convegno in Ragusa dai Capi delle Autorità Ottomane ed Austriache delle provincie limitrofe.

Le difficoltà della situazione, che ebbi l'onore di indicare ne' miei precedenti rapporti, sono sempre gravi; e più si aggraveranno se non si pone fine al più presto ai torbidi che si deplorano.

L'ottimismo che si ebbe sempre nei provvedimenti della Sublime Porta diretti a reprimere l'insurrezione attuale, non che quello per le riforme, or ora consigliate per farla cessare, fu e sarà la causa dell'inanità d'ogni lavoro per la pactficazione.

Se egli è vero che cotesta pacificazione sia lo scopo unanime di tutti Governi d'Europa, sembrerebbe essere urgente di abbandonare il sistema degli esperimenti e concordare un'azione più rigorosa.

Dopo nove mesi di lotta, dopo il sacrif<izio di cinquanta millioni di franchi, la perdita di dieci mille soldati per domare da tre a quattro mille insorti, dopo parecchi Iradé di promesse, dopo molti proclami di amnistie, di condono di tasse, di garanzie di diritti, dopo inviti e pressioni d'ogni modo e forma per fare rientrare i rifugiati, la Sublime Porta si trova ancora allo stesso punto che allo scoppiare dell'insurrezione: anzi si trova in peggiore condizione; perché la sfiducia nei cristiani è accresciuta, la demoralizzazione delle truppe è aumentata, la rovina del paese è .ingigantita, gli odii i rancori delle due popolazioni mussulmana e cristiana hanno aperto un abisso; e il mal volere, l'incapacità, l'anarchia dell'amministrazione sono al colmo.

Se gli insorti non cadono per spossatezza se gli emigrati non sono cacciati a forza da dove si sono rifugiati, la Sublime Porta ben difficHmente potrà riuscire colla sola sua opera a ripristinare l'ordine nelle provincie sommosse.

Fu quindi, a mio parere, troppa rigidezza politica il non essere stata presa in considerazione la proposta dei Consoli Delegati, fatta al ritorno del loro viaggio presso gli insorti. Quella proposta però, secondo il mio avviso, era ancora poco efficace. Io pensava allora che bisognava mirare a un risultato più pratico; e suggeriva erigersi nella Bosnia ed Erzegovina un'amministrazione sullo stampo di quella del Libano (telegramma del 27 settembre 1875) (1).

Per convinzione formatami nella lunga residenza in cotesti paesi slavi, io credetti allora non essere in errore nel giudicare la gravità delle cose, e la difficoltà somma alla Sublime Porta di recarvi rimedio. Basandomi pertanto sull'analogia della Bosnia ed Erzegovina col Libano per il contrasto di due popolazioni di diversa religione, e considerando anzi la maggiore importanza delle due provincie slave in rapporto alla politica generale d'Europa, io credeva che ciò che era riuscito nel Libano poteva eziandio riuscire bene in quelle. Col commettere ad una Commissione Europea, siccoma fu quella pel Libano, il mandato precisato ne' suoi principii di formulare ed applicare un regolamento di Amministrazione, oltre al vantaggio di porre termine ad una insurrezione così perniciosa ai cristiani che agli interessi della Sublime Porta si aveva pur quello che colla presenza e l'azione dei Governi intervenuti si paralizzavano •le influenze e le agitazioni degli agenti stranieri contrari alla pacificazione. Non credo che con ciò si sarebbe radicalmente risolto le difficoltà, ma parmi che si

sarebbe forse trovato un modo di assicurare la pace per venti a trenta anni; la qual cosa sarebbe pure stato un grande risultato.

Ad ogni modo si sarebbe ottenuto di far rinascere la fiducia nei cristiani; fiducia, che essi hanno dichiarato in molte occasioni di non più avere nelle promesse del Governo Ottomano, e per cui si ostinano a non sottomettersi.

Non mi nascondo l'obbiezione del non intervento. Ma sembrami che il principio del non intervento sia stato già più volte intaccato nel corso di cotesta insurrezione, se non formalmente, almeno in sostanza.

Infatti lo fu per l'officiosa Commissione dei Consoli Delegati; lo fu per la intromissione dei due Vice Consoli Austriaci in Trebinje presso i capi degli insorti dopo la Nota del Conte Andrassy; poi più solennemente dal Luogotenente Imperiale in Dalmazia Barone Rodich; e testé più ancora dall'armistizio dei dodici giorni concesso agli insorti per opera dell'Austria, nonché per la umiliante condizione di ottenere permesso l'approvvigionamento g,iornaliero del Distretto di Niksich a traverso il Montenegro.

Non sarebbe forse inopportuno di chiedersi se la dignità della Sublime Porta sarebbe stata più lesa da un intervento formale, ma tutto rivolto all'interesse suo. In ogni caso parmi che cotesto intervento avrebbe risparmiato guai innumerevoli, ed avrebbe probabilmente rimosso il pericolo di conseguenze più gravi che la continuazione della lotta e dei disordini in Bosnia ed Erzegovina fanno temere.

(l) Non pubblicato.

13

L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 372. Bruxelles, 3 aprile 1876 (per. il 6).

I fuorusciti francesi della Commune che dopo il 1871 cercarono ricovero nel Belgio vollero festeggiare l'anniversario del 19 Marzo con alcune riunioni e banchetti, dei quali non poco si occupò la stampa francese esagerandone la importanza.

Penso che potrà essere di qualche interesse per V. E. il conoscere come, in

realtà le sovramenzionate dimostrazioni siano state di poco rilievo. Ho, perciò,

l'onore di qui unito communicarLe una nota confidenziale (l) sulla materia che

ho ricevuto ieri dal Signor Berden Amministratore della sicurezza pubblica

nel Belgio.

Unisco pure un numero dell'ultramontanissimo foglio il Bien Public de

Gand (l) che dà alcuni ragguagli sul banchetto che riunì gli internazionalisti

nella capitale della Fiandra Orientale.

Le dimostrazioni delli 19 Marzo commossero non poco la Legazione fran

cese in Bruxelles.

(l) Non si pubblica.

14

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. R.S.N. Vienna, 3 aprile 1876 (per. it 7).

J eri sera il Co~te Donhof, Incaricato d'Affari di Germania in assenza dell'Ambasciatore Conte di Stollberg, che incontrai ad una serata dall'Ambasciatore di Francia, dissemi aver ricevuto in giornata incarico dal suo Governo di farmi la seguente comunicazione:

• Le strette relazioni tra la Germania e l'Italia essendo il portato assoluto di circostanze di ordine generale ed anche speciale ai due Paesi, sono uno stato di cose, che non potrebbe venire neppure momentaneamente alterato in conseguenza di un cambiamento di persone al reggimento della cosa pubblica in uno dei due Stati. Il mio Governo, dunque, dicevam.i ancora il Conte Donhof, m'incarica di dirvi personalmente che il cambiamento di Ministero, recentemente avvenuto a Roma, non può né potrà esercitare influenza di sorta su quelle strette relazioni, che esistono tra la Germania e l'Italia e che continueranno quindi quali furono sin o.ui •.

Questa comunicazione, fatta a me Ministro d'Italia a Vienna, parvemi abbastanza strana cosa, però non mostrai di meravigliarmene in modo alcuno ed anzi risposi, senza darvi peso più del bisogno, che quelle assicurazioni di cui il mio interlocutore era meco l'interprete, riescivami in special modo gradite, trovandovi una nuova conferma di quei sentimenti di amicizia verso il mio Paese per parte del Governo tedesco, che così pienamente corrispondono a quelli, che la Germania ben deve sapere, nutrire l'Italia a suo riguardo.

Come dissi, tutto ciò al primo momento non mi parve facilmente spiegabile; pensandovi però sopra mi arrestai all'apprezzamento seguente, che sottopongo all'E. V. pel caso che crederà di farne.

Molto probabilmente il Gabinetto di Berlino avrà avuto sentore che l'avvenimento al potere in Italia di un governo scelto nella parte sinistra della Camera, era un fatto che poteva destare qualche apprensione a Vienna, e ad ogni modo riuscirvi meno gradito. Esso avrà quindi voluto far atto, che palesasse in forma non dubbia, che in tale ordine d'idea il Governo tedesco non intendeva procedere di concerto col suo alleato Austro-Ungarico, 'e di più volle ch'io ciò sapessi con precisione, poiché trovandomi sopra luogo, una tale comunicazione a me fatta acquistava naturalmente ancora peso speciale.

Nel ciò riferire all'E. V. credo dover mio soggiungerle, che mi asterrò in modo assoluto dal far cenno qui della fattami comunicazione, mentre ciò potrebbe per avventura nuocere a quelle cordiali relazioni tra l'Austria, Unghe·ria e l'Italia, ch'io sono d'avviso abbiano pel comune interesse, a conservarsi del pari immutabili, ad onta degli eventuali cambiamenti d'indirizzo nella poHtica interna, che tanto da una parte quanto dall'altra possono succedere 1in conseguenza del regime costituzionale vigente nei due Paesi.

15

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE. BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 74. Pietroburgo, 6 aprile 1876 (per. il 12).

Il Governo Imperiale non ha motivo di essere soddisfatto delle ultime notizie che gli sono pervenute dal teatro della insurrezione in Turchia. V. E. sa dai miei precedenti rapporti che il Gabinetto Imperiale desidera sinceramente ed ardentemente due cose, cioè l o che la condizione dei sudditi cristiani dell'Impero Turco sia migliorata ed equiparata a quella dei Musulmani, 2° che tale mutamente avvenga senza che produca alcuna crisi violenta, senza che alteri menomamente lo statu qua territoriale dell'Impero Turco.

Egli è ormai chiaro però che malgrado tutto il buon vo~ere della Porta, malgrado la vigorosa pressione che l'Austria esercita sugli insorti, malgrado gli sforzi che tutte le Potenze, e sopratutto i tre Imperi fanno a Cettigne ,e a Belgrado per frenare gli ardori bellicosi de' Serbi e dei Montenegrini, l'opera della pacificazione delle provincie insorte, per le cause che debbono essere a notizlia di V. E., non solo procede lentamente, ma minaccia d'infrangersi contro ostacoli insormontabili.

Il Principe Gortchakoff che vidi jeri l'altro non si dimostrava punto contento della situazione attuale delle cose e non pareva di confidar molto nelle assicurazioni del Conte Andrassy, il quale s'impromette che per la fine di aprile la calma sarà ristabilita in Oviente. Qui si crede, o, per dir meglio, si teme che il Cancelliere Austro-Ungarico si faccia illusione e dia per fatto ciò che è solo ne' suoi desiderì, dappoiché egli è personalmente impegnato nella buona riuscita del suo progetto.

Il malumore del Governo Imperiale di Russia ed in ispecie del Principe Gortchakoff si spiega facilmente quando si consideri ch'egli è costretto, in tutta questa faccenda, a navigare tra due correnti opposte. Sta da un lato la parte assennata, la parte che direi governativa, la quale ha un concetto chiaro de' veri interessi della Russia in Oriente e, contenta delle ottenute rivincite sugli effetti della guerra di Crimea, trova che lo andare al di là, lo impegnarsi in intraprese avventurose, in progetti di annessioni, di conquiste di rivendicazioni e cose simili sarebbe la più insigne follia che la Russia potrebbe commettere. Stanno dall'altra coloro, e sono a dir vero in gran maggioranza, i quali ignari affatto della condizione vera e reale delle cose, pensano ed operano solo sotto l'impulso della passione, della simpatia che li spinge verso i fratelli slavi e dell'odio inveterato da cui sono animati contro i Turchi. Questo partito ha grandi ramificazioni nel paese che ha validi rappresentanti in Corte e specialmente nel circolo ~ntimo che attornia la Imperatrice non cessa dal rampognare il Governo del poco ardore che mostra per la causa degli Slavi, e di accusarlo di esser divenuto mancipio della politica Austriaca; a tal segno il Principe Gortchakoff ne è non poco impensierito.

Avendolo confortato a bene sperare ed espressa l'opinione che una politica saggia e giusta guidata da mano ferma, ed illuminata in pari tempo, fini!'ebbe per trionfare di tutti gli ostacoli, Sua Altezza mi rispose: • Vous etes bien bons, Vous Qui voyez tout cela seulement de la loge comme spectateurs; mais pour nous Qui sommes sur la scène ou dans les coulisses la chose ,est bien différente. Et Quand je dis Vous, je ne veux pas parler seulement de l'Italie, mais des autres Puissances en général y compris l'AllemagJIJ.e. Je ne veux pas dire non plus que tout ce qui se passe en Orient Vous est indifférent, mais cela ne Vous touche pas directement comme nous •.

Per fortuna però il Gov,erno Russo è un Governo forte e solidamente costituito sicché son sicuro che farà tacere ogni irrazionale resistenza e non si dipartirà di una linea da quella condotta saggia e prudente che finora ha seguito e che crede sia la sola consentanea ai veri interessi del paese. Io son qui di credere che per chi studia attentamente le interne co1ndizi0111i della Russia e dell'Austl1ia, le loro aspirazioni e i loro bisogni nuovi, è evidente che la quistione di Oriente, nonostante tutte le contrarie apparenze, non potrà più turbare la tranquillità e la pace dell'Europa, anzi, a mio parere, ha ormai cessato dall'essere una quistione europea.

16

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 76. Pietroburgo, 6 aprile 1876 (per. il 12).

Per debito di uffizio e neHo intendimento che si mantengano saldi 'ed intatti

buoni rapporti felicemente esistenti fra l'Italia e la Russia, reputo opportuno di recare a notizia di V. E. le impressioni che ha prodotto sul Gabinetto Imperiale la costituzione del nuovo Ministero i:n Italia.

Non ho bisogno innanzi tutto di far notare a V. E. come la Russia attuale non abbia nulla di comune con la Russia del passato che era a capo della Santa Alleanza, epperò vegga senza preoccupazione di sorta e senza mire preconcette lo svolgersi delle istituzioni politiche negli altri Stati, lo avvicendarsi di partiti al potere, e perfino i cambiamenti di forma ne' loro Governi.

Qualunque siansi le simpatie personali che l'Imperatore Alessandro possa nutrire per qualunque delle stirpi sovrane decadute, ,egli, come Monarca preposto a reggere le sorti di un vasto e potente Impero, non prende a guida delle sue azioni e della sua politica estera che gli interessi e il benessere de' suoi sudditi.

Il Gabinetto Imperiale quindi, che vuole sopratutto il mantenimento della pace di Europa perché la crede consentanea ai veri interessi della Russia, non guarda a' cambiamenti che avvengono negli altri Stati che dal solo aspetto della loro politica estera e delle tendenze più o meno pacifiche che dimostrano i nuovi venuti al potere. Egli è perciò che la Russia ha cordialmente applaudito agli ultimi mutamenti avvenuti in Francia e li preferisce di gran lunga ad una restauraz,ione imperiale o borbonica.

Dietro tali premesse è chiaro che la costituzione di un nuovo Ministero in Italia uscito dalle fila della Sinistra giunto al potere con un largo programma di riforme interne, non poteva né punto né poco preoccupare il Governo Imperiale che, come dianzi dicevo, si è perfettamente acconciato con la Francia repubbli

cana. Se non che un periodo del programma esposto alla Camera da S. E. il Presidente del Consiglio, malamente interpretato e commentato dalla stampa, ha suscitato qui qualche sospetto e qualche diffidenza sulle future tendenze della politica italiana ne' suoi rapporti con l'estero.

Il Journal de Saint Pétersbourg che tutti sanno esser l'organo ufficioso della Cancelleria Imperia·le, ed è uso a trattare con grande riserva e discrezione le quistioni estere, ha creduto dover rilevare in apposito articolo, che V. E. troverà qui acchiuso (1), la parte del discorso pronunziato dallo onorevolissimo Presidente del Consiglio in cui è detto che quind'innanzi l'Italia si studierà di procurarsi non solo il buonvolere de' Governi ma anche il plauso de' popoli civili.

Io mi sono studiato, com'era mio debito, di raddrizzare gli stiracchiati commenti e di restituire a quella frase il suo vero significato, ed ho affermato che, ove davvero esistesse in qualche Stato il dualismo a cui accennava l'onorevole Presidente del Consiglio tra governanti e governati, ove in mezzo all'Europa civile prevalesse un vero sgoverno da parte de' dominanti sui popoli soggiogati, era naturalissimo il pensare che le simpatie dell'Italia fossero devolute più che ai primi ai secondi.

Non ci dava del resto, io soggiungeva, la Russia stessa un esempio lampante del concetto espresso dal Presidente del Consiglio col suo procedere verso la Turchia, con le sue simpatie altamente manifestate in favore di sudditi cristiani manomessi?

Questi argomenti han certo prodotto H loro effetto. Nondimeno se V. E. mi porgerà occasione di spiegar meglio nel suo autorevol nome gl'intendimenti del Governo del Re al Principe Cancelliere ogni ombra di diffidenza sarà presto o del tutto dissipata.

17

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, GERBAIX DE SONNAZ

T. 117. Roma, 7 aprile 1876, ore 9,30.

Je vous prie de demander au ministre des affaires étrangères si la nomination du Comte de Barrai est agréée par le roi et par le Gouvernement beige.

18

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 207. Pera, 7 aprile 1876, ore 9,45 (per. ore 10) (2).

Sublime Porte a reçu hier télégramme portant que toute la Croatie Turque est insurgée. Nombre de croates autrichiens ont passé frontière aVJec deux canons. On envoye dans cette direction toutes les troupes disponibles ici. On considère situation comme grave.

(l) -Non si pubblica. (2) -Sic nel registro dei telegrammi in arrivo.
19

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 126. Costantinopoli, 7 aprile 1876.

Gravi sono le notizie che giunsero in questi giorni dalle provincie settentrionali dell'Impero. Mentre il convegno di Sutorina stava per seguire, e le cose dell'Erzegovina sembravano avviate alla pace, s'intende che delle bande d'insorti sono comparse nella Croazia turca verso la frontiera Austriaca. L'indomani questa notizia è confermata; le bande si compongono di più migliaia d'uomini, e scorrono tutta la parte occidentale della Bosnia; numerosi drappelli di Croati austriaci vengono in aiuto degli insorti, ai quali portano due cannoni. Le Autorità della provincia sono prese all'improvviso, non hanno truppe mandano telegrammi che indicano il terrore e h confusione. Nè a Vienna, nè a Costantinopoli s'era dunque avuto alcun sentore che una nuova insurrezione stavasi preparando? L'E. V. comprenderà di leggieri l'impressione che siffatte notizie produssero alla Sublime Porta nonché nei circoli diplomatici. Quella prese senza indugio le misure più energiche per provvedere all'emergenza. Spedì 'telegrammi a Novibazaar ed a Seraievo di dirigere a quella volta tutte le truppe disponibili, truppe regolari e Bachibozouk. A Costantinopoli sta preparando tutte quelle si ponno avere per ispedir1e allo stesso destino; e secondo 'l'uso invariabile di questo Governo in simili congiunture, non indugiò a destituire il Governatore della Provincia, Ibrahim Pacha, cui sostituì Aali Pacha.

E' possibile che l'energia spiegata in questa circostanza dalla Sublime Porta riesca a spegnere l'incendio si repentinamente scoppiato; ma conviene sia spento in breve tempo, imperocchè se durasse qualche settimana esso s'estenderebbe secondo ogni probabilità ad altre provincie. Già s'hanno inquietudini per la Rumelia e per la Bulgaria. D'altre provincie non è d'uopo parlare. E fra pochi giorni meglio si vedrà la piega che le cose saranno per prendere.

Frattanto il Generale Rodich incontravasi a Sutorina con alcuni capi degli insorti per trattare della pacificazione dell'Erzegovina. Poco s'intese finora circa il progresso di questi negoziati. Si dice che gli insorti facciano condizioni assai gravi, fra le quali quella della completa evacuazione della provincia da parte delle truppe Turche. Senonché il pericolo più serio è che gli Erzegovinesi, venendo a conoscere gli avvenimenti occorsi nella Bosnia, si mostrino ancor meno arrendevoli e preferiscano di continuare la lotta. Queste notizie hanno alquanto commosso la diplomazia qui residente. L'Ambasciatore Austro-Ungarico, al Q.Uale la Sublime Porta rivolge i suoi più caldi ufficii, nega la cooperazione della Croazia austriaca; quello di Russia protesta il suo Governo aver fatto ogni sforzo pel ristabilimento della pace, e declina ogni responsabilità dei fatti in discorso; quello di Germania dimostra la più grande indifferenza per la gravità della situazione; e quello di Francia si mantiene nella solita riserva.

Delle quali cose credetti mio dovere di dare oggi un cenno telegrafico

all'E. V....

20

L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, GERBAIX DE SONNAZ, AI MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 209. Bruxelles, 8 aprile 1876, ore 18,15 (per. ore 21,15).

Le ministre des affaires étrangères me charge de faire savoir à V. E. que le comte de Barrai est agréé et considéré comme persona grata par le Roi et le Gouvernement beige.

21

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 210. Vienna, 8 aprile 1876, ore 18,05 (per. ore 22).

Général Rodich annonce par télégramme que les insurgés lui ont remis mémoire pour l'Empereur promettant soumission si demandes contenues dans télégramme Raguse et rapportées par les journaux ce matin, seront accordées. Parmi ces demandes il y en a d'absurdes, cependant on est disposé ici à les prendre en considération, car on est convaincu que si la soumission des insurgés ne se vérifie pas ces jours-ci, la Servie prendra les armes et la question d'Orient s'imposera alors d'une manière aboolue et aigre. Je considère le moment comme très grave. L'attitude de la Russie n'est pas franche. A Belgrade elle appuye les conseils de l'Autriche mais ne s'unit pas à ses menaces. Auprès des insurgés l'agent spécial de Gortchakoff agit également dans un sens pas clair. Novvikoff ici trouve les domandes des insurgés admissibles et la situation rassurante. L'ambassadeur ottoman déclare Gouvernement nullement disposé aux concessions mises en avant par les insurgés et a fait entrevoir aujourd'hui au Ministère la possibilité que Hussein Avni Pacha soit nommé grand vizir.

22

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 219. Costantinopoli, 10 aprile 1876, ore 18,36 (per. ore 21,15).

Le Ministère des affaires étrangères vient de me dire que le chancelier autrichien lui a fait déclarer que les conditions posées par les insurgés de Bosnie allant au delà des concessions faites par la Porte, il ne saurait les appuyer, qu'il a fa-it faire déclaration analogue aux insurgés en leur conseillant de s'entendre avec les représentants de la Porte, qu'ayant appris que les insurgés iraient demander conseil au prince de Monténégro, il engagerait celui-ci à le donner dans le meme sens. La Porte considère les conditions susdites inadmissibles et préfère envoyer autres troupes.

23

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 450. Vienna, 10 aprile 1876 (per. il13).

Col mio precedente rapporto del 31 scorso Marzo N. 447 (l) io porgevo all'E. V. informazioni intorno alla presente crisi orientale, che se non si potevano dire intieramente assicuranti, lasciavano però travedere la possibilità di una non lontana pacificazione delle Provincie Turche insorte. Facendo violenza alle mie naturali impressioni, m'ero lasciato andare quel giorno all'ottimismo, che regna o si affetta in queste sfere ufficiali. Coi miei telegrammi dell'8 e del 9 (2) dovetti portare a conoscenza dell'E. V. uno stato di cose, a frornJte del quale ci vorrebbe a mio avviso più che dell'ottimismo per spevare ancora nel mantenimento di quello statu quo in Turchia, che tutte le Potenze altamente dichiararono esser unico scopo della loro azione.

Come l'E. V. ben sa, le condizioni, a cui i mandatari degli insorti dell'Erzegovina ebbero a dichiarare essere subordinata la loro sottomissione a·l Governo Turco, sono, se non nei loro precisi termini, nella sostanza almeno le seguenti.

I0 • Cessione ai Cristiani di 1/3 delle proprietà attualmente possedute dai Bey. no. Riedificazione delle Chiese e case, e concessione delle necessarie sementi, capi di bestiame e istrumenti aratori.

III". Costruzione di granai approvisionati per un anno.

IVo. Esenzione delle decime durante 3 anni. vo. Ritiro delle truppe turche dalla Bosnia e dall'Erzegovina, all'eccezione di piccoli distaccamenti che dovrebbero presidiare le piazze forti di Niksitch, Stolak, Tobna, Mostar, Trebinye e Plevalyé, in cui risiederebbero agenti Russi ed Austriaci che eserciterebbero un'azione di controllo.

VI0 Guarentigia della convenzione per parte delle Grandi Potenze.

Vll0 Finalmente, anzi tutto, disarmo della popolazione Turca indigena.

Queste condizioni sono sviluppate nel memoriale diretto all'Imperatore di Austria e allo Cz:ar, consegnato il primo al GeneraLe Rodich, il secondo all'Agente Ufficioso del Governo russo Signor Wesselihsky, che si presentò ai Capi insorti con una specie di credenziale, a quanto si assicura, dal Principe Gol'tchakoff.

Dai colloqui ch'io ebbi con S. E. il Barone Hofmann, come pure da quanto quel personaggio ebbe a dire ai miei colleghi in termini presso a poco identici, risulterebbe che il Governo Austro-Ungarico, tenendo in alto conto il fatto, che per la prima volta gli insorti ammettono in principio l'eventualità di una sottomessione e più non avanzano pretese d'indipendenza, anche solo temperate, è disposto a discutere le suaccennate condizioni siccome suscettibili di esser ridotte a forma pratica, e non è alieno dall'impiegare i suoi buoni uffici presso la Turchia, onde indurla ad accettarle così emendate.

Come ebbi ad accennare nel mio primo telegramma, il Gabinetto di Vienna, perfettamente a giorno dello stato delle cose esistente a Belgrado, sente la necessità assoluta, onde evitare un incendio generale nelle Provincie dei Balkani, di ottenere senza ritardo la pacificazione dell'Erzegovina. Ma sarà egli ottenibile questo risultato stando le condizioni postevi dagl'<insorti? Parmi che senza esser t.acciato di pessimismo, ciò possa venir posto in dubbio. In fatto mi sia permesso eaminare brevemente le condizioni sopra specificate.

Impossibile sembrami il prendere ai Bey il 1/3 delle loro proprietà per darle ai Cristiani, ma a ciò si osserva che ugual risultato potrebbesi conseguire colla cessione di terre, attualmente proprietà diretta del Governo Turco.

Le condizioni al N. 2, 3 e 4 non sono che questioni di denaro ... ma precisamente per ciò non parmi la Turchia sia in grado di mantenere le promesse che pure potrebbesi lasciare indurre a fare. Dove li piglierebbe quei denari a ciò necessari?

La condizione al N. 5 che tanto il Gabinetto di Vienna quanto l'Ambasciatore Russo ammettono siccome giusta ed indispensabile anzi aHa sicurezza dei Cristiani, pare a me la più grave di tutte, poiché il Governo Turco deve prevedere che dopo quel primo passo verrebbe costretto, come già in Serbia, a ritirare anco le sue truppe da quelle fortezze. La rinuncia dunque a quelle Provincie sarebbe già cosa di fatto sin d'ora, poiché come farebbe ad esercitarvi la sua azione governativa senza truppe? d'altronde non tarderebbe· ad esserlo anche di diritto fra breve in modo assoluto.

In quanto finalmente al preventivo disarmo della popolazione Turca sembrami evidente, che se facile è il metterlo sulla carta, l'attuarlo non può essere che un sogno.

E' mia impressione che i capi degl'insorti non pensano menomamente alla possibilità che le condizioni da loro parte siano accettate; essi anzi devono essere ben persuasi che tutto ciò non approderà a conclusione di sorta; unico loro scopo dev'essere stato il comparire arrendevoli ai suggerimenti della Russia, mostrandosi disposti alla sottomissione ed intanto dar campo all'Omladina di compiere il suo lavoro a Belgrado e di far così pronunciare ~~a Serbia. Ciò verificandosi essi avranno avuto l'assicuranza che tanto l'Austria quanto la Russia non interverrebbero, e che molto probabilmente i Turchi sarebbero ilasciati soli a fronte di un incendio che non potrebbero domare. Difficile è il prevedere il risultato f,inale di una lotta selvaggia, quale non potrà a meno di essere quella. Ma più difficile ancora si è l'ammettere che la Europa possa alla lunga tollerare l'eccidio di popolazioni Cristiane, ed in particolare che la Russia non finisca per intervenire, emancipando finalmente dal giogo della mezza Luna quei popoli che pro:t:essano, in massima parte, la sua stessa religione. Tutto ciò a mio modo di vedere è inevitabile, se non si riesce oggi a far deporre le armi

agl'insorti, esercitando in pari tempo a Costantinopoli la voluta pressione perché

la Porta conceda ciò che le vien chiesto. Unico mezzo a ciò conseguive si è il

mantenimento dell'accordo fra l'Austria e la Russia e !'•appoggio a quest'accordo

da darsi dalle altre grandi potenze garanti dell'integrità della Turchia, allorché

verrà loro richiesto.

Che l'accordo di cui è caso presenti garanzie tali da non poter dar luogo a fondati dubbi, nessuno potrebbe affermarlo, tanto più a fronte di fatti che non possono sfuggire a chi ci guarda da vicino: ritengo però che volendo fermamente il mantenimento della pace, si farebbe opera a quella contraria, lasciando pur solamente trasparire quei dubbi. Più che mai è necessado il fiducioso appoggio dell'Europa all'alleanza dei Tre Imperatori, po•iché ove questo le venisse meno, quella potrebbe rimanere scossa, ed al giorno d'oggi, qualunque possa essere l'apprezzamento che si voglia fare di quell'alleanza, su di essa soltanto riposa la pace dell'Europa.

(l) -Cfr. n. 10. (2) -Cfr. n. 21; il telegramma del 9 non è pubblicato.
24

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 128. Costantinopoli, 11 aprile 1876.

Pei miei rapporti del 4 e 7 corrente, N. 125 e 126 di questa Serie (1), ebbi l'onore di riferire come un inaspetta·to movimento fosse scoppi•ato neUa Bosnia. Pochi dettagli s'ebbero di quell'insurrezione, che questi giornali non pubblicano sopra siffatte materie se non che quello che loro è fornito dal Governo. Né io ebbi alcuna relazione in proposito da·i R. R. Agenti Consolari. E' tuttavia probabile che l'E. V. abbia ricevuto maggiori dettagli d'altra parte. Il Ministro degli Affari Esteri mi diceva ieri le ultime notizie ricevute da quelle regioni tendevamo a far credere che quelli avvenimenti sieno stati grandemente esagerati, però i relativi telegrammi essere tuttavia vaghi e contraddittorii.

Di un incidente occorso 'in quelle parti si commossero assai questi circoli diplomatici. Il Conte Zichy ricevette or son due giorni un ~telegramma dal Conte Andrassy, nel quah:~ era detto che, mentre seguiva un combattimento nel territorio della Bosnia presso l'Una, che segna la frontiera tra questa e l'Austria, alcune compagnie Austro-Ungariche essendosi avvicinate alla riva del fiume affine d'esser pronte ad arrestare e disarmare i fuggiaschi che per avventura entrassero nel territorio austriaco, le truppe turche, vedendo questi uomin,i avvicinarsi, avrebbero fatto fuoco contro essi, cui avrebbero risp<lsto gli Austriaci. Il Conte Zichy recavasi immediatamente alla Sublime Porta per protestare contro questo fatto; cui rispondeva Rachid Pacha ignorare i fatti, darebbe tutte le soddisfazioni che sarebbero del caso. Senonché la Sublime Porta riceveva poco appresso dalle sue AutorHà la notizia che, mentre le truppe turche stavano inseguendo gli insorti sul territorio Bosniaco lungo l'Una, delle truppe austriache che si trovavano sulla riva opposta avrebbero tirato sopl'la di esse, cagionando ~tre mol'lti ed alquanti feriti. Discorrendo ieri su questo ind.dente con Rachid Pacha S. E. mi diceva non potersi, tra relazioni sì contraddittorie, constatare la verità. Né mi sembrò S. E. fosse d'avviso che il fatto potesse avere serie comeguenze.

Il Governo Ottomano non cessa di sollecitare il Governo Austro-Ungarico di prendere delle misure più energiche lungo la sua frontiera. Già ebbi occasione di

riferire a V. E. come i Turchi si lamentassero d':essere impediti dal lavorare lungo la Sava, perché spesso partivano dei colpi di fucile dall'opposta riva. Il Governo Austro-Ungarico ordinò al Generale Molinari, Govematore della Croazia, di fare un'inchiesta in proposito. Il Conte Andrassy telegrafava infatti or non ha guarì al Conte Zichy, • il Generale Molinari aver negato che tali inconvenienti fossero occorsi; i colpi di fucile esser venuti da insorti appiattati presso la frontiera, aver dato gli ordini più severi in p11oposito. Conchiudeva il Conte Zichy avesse a dichiarare alla Sublime Porta che il Governo Austro-Ungarico garantiva che nessun ajuto verrebbe portato agli insorti dal suo territorio •. Queste dichiarazioni furono trovate assai soddisfacenti dalla Sublime Porta, e Rachid Pacha dicevami che, se i fatti corrispondessero alle parole, nulla di meglio avrebbe a desiderarsi dall'Austria.

Le notizie recentemente venute dalla Serbia a questa R. Legazione nonché a' miei colleghi portano che quel Governo continua alacremente l'armamento del suo eseroito. Già ebbi l'onore di riferire all'E. V. come esistesse alla Sublime Porta qualche apprensione a quel riguardo. Sembra tuttavia che questi armamenti non siano ispirati solamente dal sentimento d'inquietudine verso la Sublime Porta, ma 1eziandio e forse più verso l'Austria. La Serbia scorge in questa un elemento d'opposizione alla realizzazione delle sue aspirazioni, la sospetta avversa al Governo del Principe Milano, e cita, a prova della sua asserzione, la libertà che essa lasoia al pretendente Karageorgevitch di aggirarsi sul suo territorio, e farvi preparativi minacciosi. Queste cose si ripetono a bassa voce; però l'Agente Serbo, qui residente, non cessa di protestare non trattarsi che di misure di precauzione; essere dovere del suo Governo, mentre il fuoco arde nelle vicinanze, di tenersi parato agli eventi; l'anno passato il Governo Turco, senza la menoma provocazione da parte dei Serbi, avere ammassato considerevoli truppe su quella frontiera, e la Serbia aver allora incorso in gravi pericoli per non essere prepal'ata alla lotta; sapere che esiste qui un partito il quale spinge all'invasione della Serbia e del Montenegro; non volere in og'Il!i caso esser colta alla sprovvista. Saranno queste dichiarazioni sincere? Io credo che esse abbiano un fondo di vero, né ciò togliel'ebbe che i Serbi profittassero delle congiunture, che per avventura si presentassero, per favorire i propri interessi. Né v'ha dubbio che la condotta della Serbia dipenderà in gran parte dagli avvenimenti che saranno per seguire nelle vicine provincie.

(l) Il rapporto 125 non è pubblicato per il 126 cfr. n. 19.

25

IL CONSOLE A GINEVRA, GAMBINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 84. Ginevra, 12 aprile 1876 (per. il 14).

Mi reco a gra:ta singolar premura di fare a V. E. relazione della seduta del Comitato Giurassiano dell'Internazionale tenuta il 6 del corrente mese a Neuchàtel.

Erano presenti: Guillaume, Getti, Lefrançais, Pindy, Schwitzguébel, Réclus.

Presidente: Guillaume.

Relatore: Réclus.

Leggesi una circolare del Consiglio Regionale Belga, datata da Anversa 2 Aprile, firmata Coenen, la quale avv.erte le sezioni dell'Internazionale che il 16 Aprile il Consiglio Regionale si radunerà in seduta privata per fissare l'ordine del giorno pel Congresso Internazionale che si terrà in Giugno a Gand. Le FederaZJioni e sezioni sono invitate ad intervenire a tale seduta, essendo questa della massima importanza.

Il Guillaume dà il resoconto della sottoscrizione a pro dei detenuti socialisti di Bologna:

Fondo pei deportati f. 134.55

Colletta fatta a Bienne 7

Riunione di Losanna 38.85

Sezione di Neuchàtel 10

di Chaux-de-Fonds 16.90

di S. Imier 11.50

P. Simon, Dresda 5

f. 223.80

Al 2 aprile erano state spedite a Bologna L. 218. Si apre quindi la discussione su diversi ordini del giorno riflettenti l'amministrazione interna delle sezioni del Giura.

Guillaume legge una lettera del noto Cafiero il quale assicura che fra breve l'Internazionale rivoluzionaria sarà organizzata in Italia • approfittando i promotori delle libertà che l'attuale Ministero è obbligato di concedere in omaggio al suo programma •.

Ad invitaZJione del Belgio verranno fondate le sezioni di propaganda rivoluzionaria.

Il Cafiero dice nella sua lettera che • è giunto il periodo di tempo in cui bisogna battere in breccia tutta la borghesia repubblicana, che oggi, per evitare un 1793, cioè la vendetta popolare, fa delle concessioni al popolo istupidito dalla reazione. I pegg,iori nemici sono i repubblicani.

La nuova organizzazione incomincerà appena si .sarà veduta e· scrutata la condotta del nuovo Ministero •.

Lefrançais assicura che l'Italia, continuando di questo passo, sarà una delle prime Nazioni ad iniziare la rivoluzione. • Tacitamente bisogna essere grati ai progressisti monarchici della sinistra, che per sfogare le loro ambizioni, fanno, senza accorgersene, l'avanguardia al socialismo •.

Il Lefrançais conclude H suo discorso presso a poco così: • la gauche modérée est arrivée au pouvoir. Le Roi galanthomme est beaucoup plus roué qu'il ne veut le paraitre: il a l'instinct de la conservation développé au plus haut point, aussi jusqu'au dernier moment il a refusé de livrer le Ministère a la gauche. Il sait bien que l'Italie n'est pas l'Angleterre; que l'appétit vient en mangeant; qu'il est des questions qu'il vaut mieux ne pas effleurer quand on

6 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

n'a pas l'intention d'aller jusqu'au bout. Le parti conservateur qui est beaucoup plus expérimenté que la gauche dans l'art de gouverner, partage entièrement cette conviction de son roi.

Mais les choses en étaient venues à un point tel qu'on ne pouvait plus éviter cette crise. La mission de la gauche sera de rendre la vie au cadavre de l'Etat; y réussira-t-elle? Ni plus ni moins que les saints et les charlatans invoqués pour sauver un malade abandonné par les médecins. •

Il Lefrançais finisce con un panegirico quasi identico dell'attuale repubblica Francese e spera che ·verrà il giorno in cui la ghigliottina vendicherà le miserie del pro,letariato.

Getti assicura che a Roma verrà data vita quanto prima alla Federazione Internazionale Romana. Un club d'operaj sta studiandone le basi.

Si dà lettura di una lettera di Brousse sullo stato attuale di Spagna e della propaganda segreta che vi compie l'Internaz,ionale.

Viene delegato il Guillaume a rappresentare la sezione del Giura aUa prossima riunione di Vevey.

Si stabilisce la seduta prossima al giorno 22 Aprile corrente.

Trasmetto ad ogni buon fine all'E. V. copia della Circolare che la Federazione Belga dell'Internazionale diramò in occasione del 18 Marzo a tutta [l'Internazionale (1). Mi vien riferito che il Club socialista di Ferrara farà stampare su fogli volanti un appello diretto ai socialisti.

26

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 2526/604. Londra, 12 aprile 1876 (per. il 16).

L'Ambasciatore di Francia ha ricevuto ieri una lettera dal Duca Decazes per dargli contezza delle conversazioni avute con Lord Derby.

Il Duca Decazes ha voluto principalmente dimostrare al Principale Segretario di Stato della Regina la reciproca necessità di non permettere diventi la quistione di Egitto una causa di discordia fra i due Governi, e di non prestarsi agli aggiramenti e coperte vie con le quali tenta il Kedive di barcamenarsi suscitando rivalità e conflitti fra gl'interessi dei due paesi.

Il risultato ottenuto dal Ministro francese è una promessa da Lord Derby che scriverebbe in Egitto: l" per biasimare il modo di procedere del V'ice Re; 2" per esortarlo a fermarsi sino a tanto non abbiano potuto veder modo l'Inghilterra e la Francia di porsi d'accordo rispetto alle sue finanze.

Il Duca Decazes ha soggiunto nella sua lettera ch'egli ha già un progetto, il quale potrà, siccome egH spera, essere accolto dal Governo Britannico; e tarda

a comunicarlo soltanto a causa di alcune verificazioni, che debbonsi fare, di cifre. Questo progetto sarebbe, poi, d'attuazione tanto più facile dacché i creditori dell'Egitto sono, mercé la recente risoluzione de1 Kedive, divenuti assai più arrendevoli.

Il Marchese di Harcourt non sa rendersi ragione della promessa fatta da Lord Derby di biasimare il Kedive, essendo il Signor Cave quegli che consigliò a Sua Altezza la conversione forzata del suo debito. Ma l'Ambasciatore non pone in dubbio il mantenimento di quella promessa, tanto più che Lord Lyons ha confessato al Duca Decazes l'effetto delle parole di lui sull'animo del Conte di Derby. • Ma queste parole (concluse col dirmi il Marchese di Harcourt) avranno anche effetto sugli altri Membri del Gabinetto Inglese, dei quali alcuni rifuggono da qualunque intromissione di natura finanziaria, e altri ambiscono d'imporre, per mezzo delle finanze, un Protettorato Inglese all'Egitto? •

Lord Derby, tornato da Parigi, è venuto a Londra per un giorno solo, e rimarrà, durante le feste, in una sua villa.

(l) Non si pubblica.

27

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 451. Vienna, 12 aprile 1876 (per. il 19).

Mentre i negoziati per la pacificazione dell'insurrezione neU'Erzegovina sono entrati nella fase, di cui ebbi a render conto all'E. V., col mio precedente rapporto del 10 corl"ente n. 450 (1), ecco alzare il capo, forse in modo più minaccioso ancora, l'insurrezione nella Bosnia. A questo riguardo produssero non poca impressione le notizie allarmanti contenute nel Giornale Ufficiale di Vienna, di ieri mattina. In queH'articolo, tolto dalla Corrispondenza politica, (organo ufficiosissimo), è detto: che, se i Turchi non sono in grado di far penetrare immediatamente 20000 uomini in quel Vilajet, la sollevazione prenderà colà ben altre proporzioni che nell'Erzegovina. Bande armate penetrano in Bosnia dai Confini Militari e vanno a rinforzare le colonne degli insorti. Fu telegrafato al Generale Mollinary, che comanda in Croazia, di opporsi, con tutti i mezzi, allo sconfinamento di quelle bande e gli venne anche offemo un rinforzo di truppe ove gliene occorresse il bisogno. Ma quelle misure non sortiranno risultato di sorta; l'insurrezione nella Bosnia fu con tutto commodo organizzata, durante l'invePno, da segreti emissari, ed ora quel perseverante lavorio sta portando frutti, alla cui maturazione è troppo tardi per opporsi. Fin d'ora dunque si può dire, che l'insurrezione nelle Provincie Turche comprende

due teatri, della Bosnia l'uno e dell'Erzegovina l'altro. In analoghe condizioni essi si troveranno ambedue, essendo il primo appoggiato alla Serbia, al Montenegro il secondo. A fronte di essi l'Austria-Ungheria ha la tutela dei suoi interessi affidati a due Generali che, stando alla voce pubblica, professerebbero particolari simpatie per gl'insorti, del Generale Rodich, che comanda in Dalmazia, inutile si è io torni a parlare, già avendo avuto troppe occasioni di riferire a codesto Ministero le sue tendenze.

In quanto al Generale Mollinary, che comanda in Croazia, sebbene egli sia d'origine Italiana (di Como), egli si è fatto assolutamente Croato, e non nasconde le sue simpatie per gli Slavi.

Sull'uno poi come sull'altro Teatro, agiscono come istigatori, siccome generalmente si ritiene, Agenti Russi, che se non rappresentano in modo assoluto la politica ufficiale del Gabinetto di Pietrogrado, sarebbe però, a quanto si assicura, fedeli i;nterpreti di quella dell'Ambasciatore Russo a Costantinopoli.

Come potrà la Turchia, che già mostrasi impotente a reprimere l'insurrezione nell'Erzegovina, aver ragione contemporaneamente di quella in oggi suscitatagli nella Bosnia? La situaztone quindi ch'io già segnalavo all'E. V. siccome grave, parmi si sia in oggi fatta gravissima.

(l) Cfr n. 23.

28

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. 122. Roma, 13 aprile 1876, ore 23.

Veuillez dire au due Decazes que nous attachons le plus grand prix à continuer l'échange de vues qui a permis jusqu'ici à l'Italie et à la France de marcher d'accord dans l'affaire égyptienne. Veuillez lui faire observer que l'inspecteur des finances M. Baravelli a été désigné au Viceroi et est parti pour l'Egypte après que M. Nigra avait annoncé le choix de M. Villet fait par la France. M. Baravelli a été désigné au Khedive pour prendre une part égale à celle des autres délégués étrangers dans la contròle des finances égyptiennes, surtout dans l'institution du Conseil du trésor. L'intention du Gouvernement italien a été de ne pas faire dépendre la position de M. Baravelli de la fondation de la Banque, mais si celle-ci peut se constituer le délégué itaHen pourra aussi ètre chargé des fonctions de Commissaire près de la banque. M. Pastré avait demandé d'abord que les commissaires étrangers fussent nommés par 1eurs gouvernements respectifs, mais après H avait accepté la combinaison par suite de laquelle les Gouvernements désignerait des commissaires que le viceroi nommerait. Non seulement nous avons accepté cette combinad.so1n, mais :nous

y avons donné exécution, sans faire de l'adhésion de l'Angleterre une condition de l'entrée en fonction de M. Baravelli. Vous pouvez expliquer au due Decazes cet état de choses, pour qu'il ait une idée plus exacte de l'attHude prise par le Gouvernement italien dans cette affaire.

29

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, A VITTORIO EMANUELE II

(ACR)

L. P. Pietroburgo, 13 aprile 1876.

Dopo l'ultimo rapporto che ho rassegnato a Vostra Maestà la situazione delle cose è divenuta più difficile e più grave. Le due potenze principalmente interessate nella questione orientale, l'Austria cioè e la Russia, dopo aver ottenuto dalla Porta, con l'aiuto delle altre potenze garanti, l'impegno formale di mettere ad esecuzione il piano di riforme proposto dal Conte Andrassy avevano anche il compito più difficile di far sì che gl'insorti se ne contentassero, che deponessero le armi e facessero ritorno nelle loro case. A questo però, malgrado tutti i loro energici sforzi non sono riuscite e pare ormai che difficilmente riusciranno.

Vostra Maestà saprà già le condizioni che i capi degl'insorti mettono innanzi per la loro sottomissione. Essi non hanno alcuna fiducia nella Turchia, epperò chiedono che le truppe turche sgombrino dalla Bosnia e dalla Erzegovina, che le potenze garantiscano l'esecuzione delle promesse riforme; che due terze parti delle terre possedute dai Beys musulmani siano cedute in piena proprietà ai cristiani ecc. ecc.

L'Austria opina che queste domande sono inammessibili; intanto le ha trasmesse alla Russia chiedendo il pare!"e del Gabinetto Imperiale.

Il Principe Gortchakoff che ho veduto ieri l'altro e che mi ha ritenuto per molto tempo, mi ha detto che la Russia non trovava prudente di dichiarare inammissibili le condizioni poste dagli insorti. Forse esse sono esagerate, ma prestano ciò nonostante materia a discussione; essere quindi urgente di ottenere almeno una prolungazione dell'armistizio: • Il me semble, continuava a dirmi il Principe Caneelliere, que le Comte Andrassy devienne par trop optimiste et je crains qu'H se fasse des illusions. Nous faisons tout ce que nous pouvons pour excercer une pression salutaire sur les insurgés; nous nous efforçons de contenir le Monténégro et la Serbi,e, mais la Porte ne fait rien de son còté. Elle croit avoir tout fait en promeUant des réformes sur le papier; et que le reste c'est la besogne des Puissances. On se plaint des armements que fait la Serbie; mais nous ne pouvons pas ~l'empecher de prendre des mesures défensives lorsqu'elle voit les troupes turques se rapprocher de ses frontières et prendre une attitude hostile ~et suspecte. Je commence à craindre que nous n'aboutirons pas à empecher une conflagration. Or, dans cette prévision, j'ai cru utile de faire renouveler à Vienne la déclaration bien précise et bien nette, que nous n'interviendrons pas, mais qu'en meme temps nous ne souffrirons pas non plus qu'aucune autre puissance intervienne en faveur de la Turquie. C'est pour nous une question d'honneur et de bonne foi et nous la défendrons jusq'au bout. Du reste je pense qu'à Vienne on est disposé à faire la meme déclaration. Quant à Constantinople, je fais tenir là un autre langage. J'ai fati avertir le Gouvernement Turc qu'il est sur un mauvais chemin. Si la lutte s'agrandit et se prolonge il est

perdu sans retour. Admettons meme qu'il en vint à bout et qu'il entre victorieux à Belgrade et à Cettinié en répandant des flots de sang. Croit-il dans ce cas que l'Europe Chrétienne pourra rester impassible à ce spectacle? Mais il s'élevera un tel cri d'cindignation partout en Europe qu'il forcera les Gouvernements à sortir de leur inaction pour mettre fin à un état de choses si révoltant. J'espère que le Cabinet ItaHen partagera notre manière de voir et s'associera à nous pour faire entendre à Constantinople le mème langage, car nous défendons, sans arrière pensée et sans aucun but intéressé une cause juste, sainte et humanitaire ».

Dal linguaggio del Principe Gortchakoff trapela l'irritazione che hanno in lui prodotto gli ultimi avvenimenti e forse anche un principio di lieve screzio fra la Russia e l'Austria, a cui ha dato rilievo il famoso discorso, così ostile alla Russia che il Generale Rodich avrebbe tenuto ai Capi degli insorti. Vostra Maestà saprà già che il linguaggio attribuito in quella circostanza al Generale Rodich è stato formalmente smentito e dichiarato apocrifo dal Gabinetto di Vienna. Ma il cattivo effetto prodotto rimane, e i commenti che questo incidente ha provocato nella stampa russa hanno alquanto ingrossato gli umori. Sono sicuro però che i due Governi faran tutti gli sforzi per continuare a procedere di accordo.

È spiacevole intanto che or che la situazione comincia ad assumere un aspetto più grave Sua Maestà l'Imperatore ed il PrLncipe Gortchakoff debbano, per motivi di salute, assentarsi da Pietroburgo, sicché la politica si farà altrove, prima cioè alle acque di Germania e poscia in Crimea. L'Imperatore partirà per la Germania alla fine di questo mese, passerà il solo mese di luglio a Pietroburgo per ricevere le loro Altezze Reali il Principe e la Principessa di Piemonte e per assistere alle grandi manovre che a quell'epoca avranno luogo, come al solito, ne' dintorni della Capitale e poi se ne andrà a passare il resto della state e l'autunno in Livadia.

In tale occasione mi permetto rammentare a Vostra Maestà quanto sarebbe

urgente e di buona politica il decidersi a mandar anche qui un Adde,tto Mili

tare stabile. Il Generale Ricotti a cui ne parlai l'anno scorso convenne meco

della utilità della cosa, ma fece osservazione sulla spesa che sarebbe stata mag

giore di quella che è a Vienna, Berlino e Parigi. Io prego però Vostra Maestà

di far sì che per una piccola quistione di 8 o 10 mila lire dippiù aH'anno non

si ritardi più oltre la decisione di questo affare.

Ciò mi conduce, se la Maestà Vostra me lo permette a richiamare la Sua

alta attenzione su di un'altra faccenda non meno urgente e più delicata, che

potrebbe parere di riguardarmi personalmente, ma non è interamente così.

Quando si sono elevate ad Ambasciate quasi tutte le altre principali Lega

zioni il lasciare da parte solo quella di Pietroburgo sarebbe spiacevole troppo

e farebbe cattivissima impressione. La cosa era bene avviata col pl'ecedente

Ministero ed era inteso che quando i Reali Principi verranno qui in Luglio

avrebbero dovuto trovare la cosa già fatta. Ma se il Governo di Vostra Maestà

non ne mostra il desiderio e non ne fa la formale proposta, come qui si crede

che abbia fatto altrove, il Governo Imperiale non ne potrà certo prendere la

iniziativa.

Jeri l'altro Sua Maestà l'Imperatore ha mandato il suo Maresciallo di Corte Principe Galitzine a Peterhoff per scegliere e far preparare gli appartamenti che dovranno occupare i ReaLi Principi. Pare dunque stabilito che è in quella Residenza che la Corte Imperiale intende ricevere Le Loro Altezze· Reah.

30

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1582. Berlino, 14 aprile 1876 (per. il 18).

Les conditions formulés par les i!nsurgés dans l'Herzegovi!ne, ·les nouvelles inquiétantes de la Bosnie, une recrudescence belliqueuse en Serbie, les élections récentes en Roumanie qui pourraient ramener au pouvoir le parti de Bratiana, et surtout l'impuissance de la Turquie à faire face à tant de complications sont autant de symptòmes dont la gravité ne saurait etre méconnue. On devait s'attendre à ce qu'à l'approche du printemps la situation ne ferait qu'empirer si dans l'intervalle la diplomatie européenne ne parvenait pas à enrayer le mouvement.

Tout en convenant Q.ue les obstacles à la pacification n'ont fait que grandir

S. E. M. de Biilow persistait à croire que l'accord des Puissances offrait des garanties sérieuses que l'incendie ne se propagerait pas de manière à compromettre la tranquillité générale. Les Cabinets du Nord, nommément, ti•Emnent ferme ensemble, malgré certaines rumeurs répandues dans la presse, comme si leur entente était ébranlée. Le Secrétaire d'Etat avouait pourtant que les conditions financières du Gouvernement turc constituaient un dange·r d'autant plus grand que de ce còté du moins on n'entrevoyait aucun remède. S. E. cttait, entre autres, ce détail que les Commissaires envoyés pour diriger l'exécution des réformes dans la Bosnie et l'Herz·egovine, avaient été pourvus de bons du trésor à réaliser à Mostar, mais que dès leur arrtvée ils avaient du constater que les caisses étaient vides. Le manque de ressource.s pécuniaires l'absence de tout créd1t rendent illusoire une partie des promesses faites par le Sultan. Le mécontentement et la défiance se font jour sur une large échelle meme parmi les populations musulmanes, et vont à l'encontre des efforts de ceux qui travaillent sérieusement à conjurer la crise. Telle était ·la pierre pvincipale d'achoppement. M. de Biilow me· donnait en meme temps l'assurance que ni l'Autriche ni la Russie ne visaient à une intervention militaire quelconque. Le Cabinet de St. Pétersbourg, pour son compte, ne voulait pas autre chose, de concert a~les Puissances garantes, qu'une amélioration rée1le du sort des Chrétiens. Il n'était question ni de conférences, ni de révision ultérieure du Traité de Paris de· 1856.

C'est ainsi o..ue M. de Biilow jugeait hier la situation.

D'après des renseignements que je tiens de tierces personnes, le Prince de Bismarck se préoccupe beaucoup d'un tel état de choses. Il s'applique à conserver autant que possible des rapports de confiance entre la Russie et l'Autriche. 11 s'est employé dans ce sens lors du dernier passage du Comte Schouvaloff à Berlin. Le Chancelier AHemand voudrait écarter toute velléité d'intervention

miUtaire. Mais il n'est pas entièrement rassuré à cet égard. Bien qu'à contre

coeur l'e Cabinet de Vienne pourrait céder à ce qu'H croorait une nécessité du

moment où le mouvement insurrectionnel à ses frontières prendrait des propor

tions dangereuses pour sa propre sécurité. La Russie ne voudrait pas alors ~e

laisser seul à l'o€uvre, au milieu des Slaves du Midi. Dans ces conjonctures il

ne tarderait à se manifester un écart dans l'attitud€ de ces deux Pays qui

s'obsel'V'Cnt déjà d'un oeil si jaloux. Si l'Allemagne n'est pas affectée en première

ligne par les événements qui se déroulent dans la Péninsule des Balcans, il [ui

serait assez dificile de ne pas prendre position entre la Russie et l'Autriche,

de faire un choix entre ses deux alliés. Déjà lors de l'entrevue des trois Em

pereurs en 1872, le Prince de Bismarck tout en donnant les meilleurs témoigna

ges d'amitié au Comte Andrassy, s'empressait d'ajouter: • mais ne me mettez

pas dans l'embarras de choisir entre vous et le Prince Gortchakow •. C'est là

une alternative devant l,aquelle le Cabinet de Berlin ne voudrait pas se trouver.

La meHleure combinaison pour lui et qu'il tachera de conserver aussi long,temps

que faire se pourra, consiste dans l'entente à Trois. Au dire du Maréchal de

Moltke, ainsi que je l'ai consigné dans ma correspondance, l'Allemagne accor

derait, le cas échéant, ses préférences à la Russi e plus forte que l'Autriche, et

par conséquent mi€ux à meme de l'aider à tenir la France en échec. De son

còté le Cabinet de St. Pétersbourg rencontrerait dans une union plus accentuée

avec l'Allemagne d es avantages qui lui seraient certainement réfusés par

l'Autriche dont l'avenir se décidera vers l'Est et au Sud-Est de l'Europe dans

des régions où la Russie suit un programme tracé par sa politique tradi

tionnelle.

L'Ambassadeur de Turquie à Berlin vient d'etre rappelé par so n Gouvernement a deux reprises déjà, il s'était agi de cette mesure, mais il avait réussi à parer le coup, grace aux instances de l'Empereur et du Chancelier. Dans sa oorrespondance officielle et privée, il critiquait très vivement la conduite de son Ministère qui dès lors a jugé à propos de le révoquer de ses fonctions. Le Prince de Bismarck aurait peut-etre cherché à le sauver une fois encore, mais il l'a laissé tomber à cause de l'impression facheuse laissée dans son esprit par un rapport transmis dernièrement par ce diplomate à Constantinople, et dans lequel il se faisait l'écho de bruits recueiUis à la Cour et dans les salons, bruits auxquels le Baron de Werther avait eu l'ordre d'opposer le démenti le plus formel. Pour expliquer l'attitude passive du Cabinet de Berlin à l'occasion de ce rappel, j'entends émettre l'avis que ce serait le signe avant-coureur d'un plus grand rapprochement entre l'Allemagne et la Russi e, en vue d es complications orientales. Aristarchi-bey était mal noté à St. Pétersbourg à cause de ses antipathies contre la Russie. Il était accusé de travailler à séparer les deux Cabinets. Son successeur Edhem-Pacha, recevrait la meme instruction, mais son action sera moins genante que celle de M. Aristarchi, persona gratissima à la Cour. Mais ce sont là de simples conjectures que je me borne à référer, sous bénéfice d'inventaire.

M. de Keudell aura communiqué à V. E. les impressions du Prince de Bismarck sur notre changement de Ministère qui, ainsi que M. de Btilow s'était empressé de me le dire, ne saurait altérer tn rien les relations si cordiales entre

les deux Pays. Le maintien de ces relatons est trop élémentare (tel est le

mot dont s'est servi le Chancelier vis-à-vis du Secrétaire d'Etat) pour que de

part et d'autre, on n'en soit pas intimément convaincu. M. de Keudell avait

obtenu un congé de deux à trois semaines avant la formation du nouveau

Cabinet. Je ne serais pas éloigné de croire que dès son arrivée ici on lui a

laissé comprendre qu'il eiìt peut-etre mieux fait de remettre à une autre époque

sa présentation à l'Empereur pour le remercier de son avancement en grade.

Ce qui est certain c'est qu'il a été engagé à retourner 1le plus tòt possible à

Rome pour couper court aux commentaires, aux suppositions inexactes des

journaux.

J'ai l'honneur d'accuser réception de la dépeche Série politique N. 372 (1). Son annexé m'était parvenue précédemment. Ci-joint les récépissés des deux envois de documents diplomatiques dont je m'empresse de remercier V. E.

31

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 2635. Parigi, 14 aprile 1876 (per. il 18).

Ebbi già l'onore d'informare l'E. V. in via telegrafica delle conversazioni che jerlaltro ed oggi ho avute con S. E. il Ministro degli affal'i esteri di Francia, sulla situazione finanziaria dell'Egitto e sull'atteggiamento delle Potenze interessa·te in presenza delle complicazioni recentemente sopravvenute. Confermandole i relativi miei telegrammi, del 12 e d'oggi (1), mi pregio di riferirle che

S. E. il Duca Decazes mi disse nella prima conversazione d'essersi finora astenuto dal fare all'E. V. comunicazioni sugli affari d'Egitto per mezzo del Marchese di Noailles perché aveva cominciato già a trattare la questione col Cavalier Nigra da cui Le fu fatta in suo nome il 31 marzo ultimo scorso la proposta formale d'associarsi all'azione del Gabinetto di Versaglia designando al Vic:e Re un commissario italiano. Il Signor Duca Decazes si querelò di non aver ricevuta nessuna risposta a tale proposito e mi lasciò capire che prima di proseguire uno scambio di vedute e d'accordi gl'importava d'essere ufficialmente informato delle intenzioni del R. Governo. Intanto S. E. mi disse che aveva al pari di Lord Derby protestato presso il Khedive contro la sospensione del pagamento degli interessi ultimamente decretata, e che non credeva nel rimedio d'una emissione al pari a 7 % giacché le obbligazioni egiziane fruttanti lo stesso interesse non trovavano in quel momento compratori sul mercato di Parigi al corso di 225 e 220 franchi. Su questa base un accordo di banchieri e capitalisti francesi col Khedive sarebbe dunque impossibile.

•,1) Non pubblicati.

Essendomi poi pervenuto il telegramma che l'E. V. mi fece l'onore di dirigermi jersera, io mi sono affrettato a trasmettere al Signor Duca Decaz.es le spiegazioni da Lei datemi sull'intenzione del R. Governo nell'atto di designare al Khedive la delegazione del Signor Baravelli e sulle funzioni al medesimo attribuite. S. E. H Duca Decazes accolse quelle spiegazioni con soddisfazione e me ne ringraziò. Egli mi disse che indirizzava oggi stesso per mezzo della posta una completa esposizione degli affari finanziarj d'Egitto al Marchese di Noailles che avrà l'incarico d'intrattenerne l'E. V. ed aggiunse che era sincero suo desiderio, come già lo provarono le dichiarazioni da lui fatte al Cavalier Nigra, di procedere in perfetto accordo col Governo del Re rispetto a quegli affari. Forse per dissipare in me ogni dubbio ch'egli miri a separate intelligenze col Gabinetto di Londra, il Duca Decazes, dopo aver affermato ch'era suo desiderio d'agire in comune coll'Italia e coll'Inghilterra, mi disse confidenzialmente ch'egli si domandava se eventualmente non sia preferibile d'accettare l'ingerenza anche delle al:tre grandi Potenze europee, anziché esporsi al pericolo di lasciar agire l'Inghilterra da sé.

32

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

(Carte Robilant)

L. P. Roma, 16 aprile 1876.

Sebbene il linguaggio deHa stampa liberale austro-ungarica sia stato finora assai benevolo per la nuova amministrazione italiana, tuttavia è da prevedersi che in alcune circostanze l'opinione pubblica di codesto paese possa aver biso· gno di essere illuminata non tanto sulle intenzioni o le tendenze del Governo, quanto sopra i fatti che si svolgono nel nostro paese e sopra gU atti dei nostri ministri.

I rapporti che si ebbero :in passato con i principali periodici di Vienna e di Pest non furono in verità, né molto completi né abbastanza sicuri.

Non si tratta, mi disse lo stesso Presidente del Consiglio, di 1nfluenzare la stampa estera, noi desideriamo, che questa giudichi degli atìli in seguito a sicure informazioni. Ora perché ciò sia, converrebbe occuparsi delle corrispondenze che i giornali di Vienna e di Pest ricevono dall'Italia e procurare che gH autori di tali corrispondenze siano persone intelligenti ed abbastanza sicure per poter entrare con le medesime in relazioni frequenti e di qualche intimità.

Vi è ben qui un certo professore senza cattedra, ,tedesco di origine, che si

dice corrispondente della Neue Freie Presse. Questo personaggio che ha tristi

precedenti e che gode cattiva riputazione fra i suoi connazionali, mi è sempre sembrato capace di far molte parti ma poche buone. In una parola, se può essere un corrispondente ordinario e non ostile di un giornale, non è tal persona nella intelligenza e nelle attitudini della quale si possa confidare per farne un centro d'informazioni sicure ed autorevole.

Vi è il Signor H ... del quale ebbi occasione di scriverle a proposito della decorazione Herz, ma questi non dimora abitualmente a Roma e d'altronde, come Ella sa, non è persona indipendente da governi esteri.

Dopo che le cose nostre procedono per una via piana e senza incontrare gravi ostacoli da superare, l'interesse che potevano avere i giornali esteri a mantenere in Italia appositi corrispondenti è certamente diminuito a tal segno che io ho fatica a credere che anche i periodici principali vogliano fare considerevoli sacrifici pecuniari per un servizio che riuscirebbe loro di poca utilità. Ma appunto perché le cose stanno in questi termini, pare che vi sarebbe qualche cosa da fare per impedire che, in mancanza di informazioni sicure e di giudizi assennati, s'infiltrino anche :nelle più accreditate gazzette delle notizie di fantasia e degli apprezzamenti di persone incapaci e dozzinali.

Venendo al concreto, mi sembra che se i giornali di cui si tratta avessero qui in Roma delle relazioni con persone con ~e quali H Ministero possa entrare in rapporti continui, bisognerebbe ottenere che le Direzioni di quei giornali segnalassero esse stesse ai loro corrispondenti il des,iderio che abbiano a stabilire siUatti rapporti con noi. Ma se, come è più probabile, le direzioni suddette trovassero che non loro torna conto lo a,vere un corrispondente in Roma nelle condizioni sovr'tndicate, mi pare che si potrebbe o proporre di contribuire dal canto nostro a mantenere il corrispondente, come già si è fatto per alcuni giornali; oppure offrire di mandare alle Direzioni di quelle gazzette delle corrispondenze che queste pubblicherebbero senza compenso, ma che loro sarebbero trasmesse senza spesa.

La dif~icoltà sarebbe naturalmente abbastanza grave, in questo seco111do partito, per la lingua. Le traduzioni riescono sempre imperfette e raramente allettano il lettore. Ma a superare questa diffieoltà si penserebbe quando si fosse sicuri che un certo numero di giornali tedeschi è disposto a ricevere delle corrispondenze di fonte ufficiosa.

E poiché mi trovo a parlare di stampa e di giornali, il Ministro mi ha dato incarico espresso di scriverle ch'egli sentirebbe col più vivo rammarico che le suggestioni di certi giornali italiani relativamente al nostro corpo diplomatico ed alla S.V. in particolare, abbiano potuto fare sul di Lei animo qualche impressione sfavorevole. Avviene naturalmente che, quando un ministero sorte dai banchi dell'opposizione, lo spirito di disoiplina manchi per qualche tempo anche fra gli amici del gabinetto. Ma questo fatto non deve pregiudicare il buon andamento di un importante servizio pubblico quale è quello della diplomazia, né distrarre in veruna guisa coloro ai quali questo servizio è affidato dall'ademp,imento del loro mandato. lo sono ben lieto che il Ministro mi abbia dato l'incarico di scriverle queste cose, perché nei momenti difficili nei quali ci troviamo rispetto alle cose d'Oriente, noi tutti facciamo il più gran conto di ciò che può fare a Vienna un rappresentante che ha saputo acquistarvisi la posizione influente di cui Ella gode tanto meritatamente.

33

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI

D. 14. Roma, 17 aprile 1876.

Ringrazio la S. V. delle interessanti informazioni trasmessemi coi rapporti del 6 aprile. Una di Quei rapporti (l) mi parve meritasse speciale attenzione per parte mia ed è quello in cui, referendomi Ella il giudizio espresso nel Journal de Saint Pétersbourg sul discorso programma pronunciato dall'Onorevole Presidente del Consiglio nella Camera dei Deputati, mi informava contemporaneamente del linguaggio col quale Ella aveva procurato che ad alcune parole di quel discorso non si desse dalle persone influenti di codesto paese un significato diverso da quello che alle medesime si deve e si può ragionevolmente attribuire. V. S. ha perfettamente interpretato il pensiero del R. Governo quando, citando l'esempio di ciò che avviene in questo momento in alcune provincie europee della Turchia, ha messo in sodo che anche Governi non retti a regime rappresentativo sentono in oggi il bisogno di assicurare alla loro politica l'appoggio della pubblica opinione e delle simpatie delle popolazioni.

Qualunque volta dunque a Lei si porgesse l'occasione di rettificare apprezzamenti erronei od esagerati circa le tendenze del nuovo Ministero italiano, Ella saprà farlo non dubito, rassicurando pienamente codesto Governo Imperiale con il quale desideriamo mantenere Io scambio amichevole e continuo di idee che ,finora ha reso più agevole al Governo del Re il prendere nelle presenti difficoltà della Turchia una parte proporzionata all'importanza dei suoi interessi in Oriente.

34

IL MINISTRO A L'AJA, BERTINATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 133. L'Aja, 19 aprile 1876 (per. il 23).

In un lungo colloquio, che ebbi jeri col Ministro degli Affari Esteri, nel corso del quale ebbi occasione di convincermi che i ragguagli a lui pervenuti da Roma intorno all'attuai nostro Ministero erano appunto tali e quali io gli avevo forniti, appena ne conobbi la formazione, e ne argomentai a priori l'indirizzo liberale bensì, ma né oltrespinto, né tampoco radicale (nel senso sintistro che si dà a questa espressione), dai nomi medesimi di alcuni membri del Gabinetto che ho l'onore di conoscere personalmente, ebbi altresì l'occasione di constatare la fiducia speciale che egli ripone nell'E. V. colla quale spera di coltivare le migliori relazioni, ed eguali a quelle che ebbe in passato.

Chiedendo al Signor de Willebois quali ulteriori notizie avesse ricevuto da Washington riguardo alle cose di Venezuela, da quelle in fuori che egli mi

aveva ultimamente date, dissemi che il nuovo Ministro degli Stati Uniti, or ora giunto all'Aja, signor Birney, gli aveva effettivamente proposti i buoni uffiz,ii del Governo federale onde accomodare le presenti differenze con quello stato, e rinnovare quindi le interrotte relazioni. Eccitato a dichiarar la sua opinione in proposito il Willebois risposegli che, benché il Gabimetto ollandese intendesse di assestar direttamente i conti, come si dice, col Venezuela, esso era tuttavia gratissimo al Governo di Washington per la sua amichevole profferta, e disposto in conseguenza ad esaminar con tutta la possibile attenzione, e col miglior buon volere qualunque formale proposta venisse dal medesimo a lui fatta onde conseguir lo scopo desiderato.

I due Minist11i Nord-americano e Nerlandese si tennero l'un l'altro sui generali, e piuttosto coll'intenzione di saggiare e scoprire le loro reciproche intenzioni, anziché col proposito di entrar hic et nunc nel merito della vertenza tra Caracas e L' Aja. Dal complesso del racconto fattomi dal Willebois mi pare poterne inferire che egli non abbia mostrata molta premura ad accogliere i buoni uffizii proffertigli dal Birney, e che avria probabilmente desiderato di poterne far senza. Credo che il timeo Danaos non sia affatto senza fondamento quando gli Stati Uniti cercano di intromettersi nelle faccende degli Stati dell'America Australe nelle loro relazioni cogli Stati europei.

Nell'atto che stavo per accomiatarmi il mio collocutore mi disse: vous qui connaissez L'angl.ais ditez moi Le contenu de ce bitlet que je viens de recevoir à L'instant. Era un biglietto privato del Conte Derby al Conte Byland, Ministro dei Paesi Bassi a Londra, nel quale gli si rispondeva che, prima di appiccare un negoziato qualunque per una Nuova Convenzione sui zucched, era mestieri di conoscere anzitutto se la legislatura ollandese era disposta a sopprimere il dazio sui medesimi. Il Segretario di Stato per gli affari esteri aggiungeva che la sua risposta era privata e personale e non già officiale.

(l) Cfr. n. 16.

35

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO

D. Roma, 20 aprile 1876.

L'emozione prodotta in tutta Europa dagli avvenimenti finanziarii della Turchia influì grandemente sul credito dell'Egitto, il quale, sopraffatto da enorme debito in gran parte non consolidato, dovendo provvedere a vicine scadenze, dovette aprire, in condizioni sfavorevolissime, delle trattative con alcune Case di Parigi per procurarsi i capitali necessa11ii a far fronte ai suoi impegni. Mentre i banchieri francesi, ai quali il Khedive pare avesse oHerto una ipoteca sopra le azioni del Canale di Suez appartenenti al tesoro egiziano, pretendevano di imporgli condizioni assai onerose, il Gabinetto di Londra, informato del corso delle trattative, prese la repentina risoluzione di comperare egli stesso le azioni del Canale che stavano per passare in mano francese. E, prima che gli aUri Governi principalmente interessati nelle questioni relative alla situazione politica dell'Egitto avessero notizia delle offerte della Gran Bretagna, il contratto di compera delle azioni era già conchiuso. Le azioni vendute rappresentano però solamente una par,te della nuda proprietà del Canale. Le cedol·e (coupons) delle azioni erano state precedentemente vendute dall'Egitto per un lungo periodo d'anni. Conseguentemente il Khedive, vendendo le azioni all'Inghilterra, assunse l'obbligazione di corrispondere alla medesima, per lo stesso tempo, gli interessi del capitale da questa sborsato, interessi che tengono luogo delle cedole staccate e precedentemente alienate ad altri.

La vendita delle azioni del Canale di Suez rivelò la pessima condizione finanziaria dell'Egitto e fu il primo atto di una serie di operazioni rese inevitabili da una situazione tanto critica. L'interesse politico destato in tutta Europa dalla compera fatta dall'Inghilterra contl'ibuì poi ad accl'escere importanza anche ad altri incidenti di minor conto che tennero dietro a quel primo atto.

Al Governo britannico, diventato creditore verso l'Egitto degli interessi delle azioni per buon numero d'anni, il Viceré aveva domandato due funzionarii che potessero prestargli l'opera loro nel riordinamento del Ministero delle finanze. Non è chiaro in quali termini tale domanda fosse presentata a Londra. Molti non riuscirono a spiegarsi come a siffatta domanda il Gabinetto di Londra rispondesse con la missione clamorosa del Signor Cave e con l'invio simultaneo in Egitto del Colonnello Stokes, di due impiegati del Ministero degli Affari Estel'i e di un altro impiegato del Ministero della Guerra. Si credette in Europa a poco meno che ad una completa presa di possesso dell'Egitto per parte dell'Inghilterra. Il primo ad esserne commosso fu il Khedive stesso, il quale si rivolse premurosamente per consigli ana Francia ed all'Italia.

Pare certo che la condotta di Nubar Pascià, fino allora primo Ministro del Viceré, sia stata molto equivoca nelle trattative con l'Inghilterra. Il Signor Cave, giunto al Cairo, annunziava al Viceré che uno dei due funzionari che l'Inghilterra mandava in Egitto vi assumerebbe le funzioni di Ministro delle Finanze·. Il Khedive rifiutò recisamente di aderire a tale pretesa e, sia che i1l Governo Inglese non abbia voluto spingere lie cose alle estreme loro conseguenze, sia che veramente il Signor Cave aVlesse ecceduto i limiti dell'e sue istruzioni, l'Agente diplomatico britannico residente al Cairo non ebbe ordine di appoggiare il Signor Cave· in quella sua esorbitante domanda. Nubar Pascià, che dell'equivoco occorso aveva la principale responsabilità, fu allontanato dal potere. Ma la caduta di quel Ministro produsse un grandissimo panico sul mercato di Londra, dove i valori egiziani ribassarono di circa dieci punti in un momento in cui l'Egitto avrebbe invece avuto bisogno di riacquistare il credito necessario per altre indispensabili e prossime operazioni.

Per Queste operazioni sino dalla fine di Gennaio si trovavano in presenza al Cairo due importanti gruppi finanziarii, l'uno francese, l'altro inglese, e l'influenza dei due paesi, ai quali essi appartenevano, si spiegava più o meno palesemente per sosteneme l•e proposizioni. Il Khedive, moUo turbato di questo stato di cose, dava però al Governo Italiano le più formali assicurazioni, ch'egli avrebbe riguardo unicamente al lato finanziario delle operazioni da farsi e che perciò egli darebbe la prefe!'enza a quelle operazioni che gli offrirebbero maggiori vantaggi e g1i cagionerebbero oneri minori. Insistendo poi Sua Altezza perché gli si mandasse dall'Italia persona, la quale potesse assisterlo coi suoi consigli e giovare altresì colla sua presenza a controbilanciare l'influenza degli Agenti di altre Potenze, parve conveniente partito aderire alla richiesta. Ed il Commendatore Scialoja, pregatone dal R. Governo, accettò la missione officiosa della quale H Khedive stesso già segnava con sufficiente chiarezza il carattere e gli scopi.

Quando il Signor Scialoja giunse in Egitto, la situazione presentavasi più che mai oscura ed intricata.

I progetti del Signor Cav'e, ai quali era associato il concetto, dal Khedive respinto, dell'attribuzione di illimitati poteri f.inanziarii ad un Commissario britannico, non 'erano peranco pubblici. Solo più tardi si venne a sapere che essi consistevano in una duplice operazion.e di unificazione e di ammortizzazione del debito fluttuante con lo interesse del 7 % e con la estinzione graduale in 14 anni secondo una prima combinazione, ed in 50 anni secondo un'altra combinazione. Sarebbesi poi tradotto in atto il disegno del concentramento di ogni potere in materia finanziaria, nelle mani di un funzionario inglese, mediante l'invio in Egitto del Signor Rivers Wilson, controllore generale del Tesoro britannico, il quale avrebbe avuto dapprima sei mesi di congedo ed indi sarebbe passato, almeno in apparenza, al servizio del Khedive. E' però mestieri avvertire che i piani del Signor Cave· avevano, anzichè il carattere di una vera e propria combinazione bancaria, quello piuttosto di una combinazione astratta alla quale il finanzi,ere inglese era stato condotto dalla sua inchiesta. In sostanza, il Signor Cave !imitavasi a dichiarare che le finanze egiziane, mentre· erano atte, con una buona gestione, a sopportare il puntuale servizio del debito unificato e convertito nel senso e nei termini delle sue proposte, non avrebbero invece potuto, nè procedere innanzi cogli oneri attuaLi nè sostenere in avvenire l'onere di una conversione fatta a patti meno favorevoU. Vuolsi per avventura ricercare in questo carattere peculiare delle conclusioni formulate dal Signor Cave l'origine di quell'idea, radicatasi nell'animo del Khedive, per cui questi, nonostante il deprezzamento plateale dei suoi titoli, non scorge difficoltà nell'emissione, per opera di gruppi bancarii, di nuova rendita egizkana alla pari con interessi di gran lunga più miti degli attuali.

Certo è, ad ogni modo, che dei progetti del Signor Cave poco o punto parlavasi al Cairo dopo che questi ne fu partito. Due altre combinazioni trovavansi, invece, apertamente di fronte quando il Commendatore Scialoja giunse in Egitto. L'una, messa innanzi dal Signor Elliot in nome del gruppo inglese, consisteva, a somiglianza dei progett>i Cave, nella unificazione totale del debito egiziano. Non consta in modo positivo quale interesse avrebbe dovuto corrispondersi. secondo la combinazione Elliot, ai titoli della nuova emissione; e neppure si ha notizia esatta dei termini dell'ammortamento e delle guarentigie chieste dal gruppo emittente per assicurare il servizio puntuale del debito unificato. Secondo informazioni attinte a fonte ufficiosa dal Signor Scialoja, la conversione si sarebbe fatta al 7 % con offerta del prezzo corrente a que'i possessori che non volessero accettarla. Il gruppo emittente avrebbe ricevuto in garanZJia l'esercizio delle ferrovie egiziane per 30 anni ed il servizio dei telegrafi e dei principali porti.

L'altra combinazione patrocinata dal Signor Pastré, rappresentante del gruppo francese, consisteva nell'emissione di un prestito di 16 milioni di sterline coll'interesse del 10 % guarentito mediante assunzione, da parte del gruppo emittente, dell'esercizio delle ferrovie egiziane e mediante assegno dei redditi fiscali del porto di Alessandria, dei docks di Suez e dei telegrafi.

Il Khedive, che da principio mostrassi dominato da un solo pensiero, quello d'uscire dagLi impacci finanziarti irn cui l'Egitto trovassi impigliato in sullo scorcio dell'anno 1875, aveva cominciato, dopo la missione Cave a preoccuparsi d'altri e non meno importanti aspetti della questione. Pur rimanendo, a norma delle istriuzioni ricevute, nei limiti del più stretto riserbo, il Commendatore Scialoja ed il Commendatore De Martino contribuirono, coi loro discorsi amichevoli, a quella evoluzione per cui S. A. il Khedive si fece, a poco a poco, accorto dover egli provvedere, non solo ai proprii interessi finanziarii, ma altresì e soprattutto alle condizioni future della sua amministrazione. In questo ordine di idee, le dichiarazioni e l'e avvertenze del Commendatore Scialoja e del Commendatore De Martino giovarono a confortare il Khedive nella ricerca di una nuova combinazione, mercè la quale fosse bensì assicurato l'avvenire finanziario del paese, ma andasse, in pari tempo, incolume l'autonomia del Govel'no.

Dalle conversazioni del Khedive collo Scialoja e col De Martmo, emerse il progetto di cui, ufficialmente, il Khedive stesso pigliò l'iniziativa presso le Potenze. Siffatto progetto, che fu tosto di poi accettato dal Signor Pastré in nome del gruppo francese, si riassume nella emissione di un prestito di 18 milioni di sterline, al 9 %, ammortizzabili in 10 anni. La guarentigia del puntuale servizio della nuova rendita si volle dapprincipio far consistere nella creazione di apposita Commissione di controllo, di cui avrebbero fatto parte funzionarii designati dai tre Governi d'Italia, di Francia e d'Inghilterra; più taroi (il concetto fu del Commendatore Scialoja) aLla creazione di una Commissione di controllo si surrogò la istituzione di una Banca nazionale ~egiziana, con un capitale di 4 milioni di sterline, alla qua,le sarebbe affidato dl servizio attivo e passivo di tesoreria e presso la quale siederebbero, come Commissarii, tre funzionarti nominati dal Khedive, ma designati dai tre Governi interessati.

L'Ltalia e la Francia ammisero senza difficoltà la combinazione presentata dal Khedive, e si affrettarono a designare i rispettivi Commissal'lii, che furono : per l'Italia, il Commendatore Baravelli, già Ispettore generale presso il R. Ministero delle Fi,nanze, e, per la Francia, il Signor Villet, già uno dei componenti la Commissione europea di controllo sulle finanze tunisine. Senonché, indugiando l'Inghilterra a pronunciarsi sulla designazione del proprio Commissario, ed essendone così impedita la emissione del pvestito come la creazione della Banca nazionale egiziana, fu adottato dal Khedive, per suggerimento del Commendatore Scialoja, l'espedi,ente di ,istituire <intanto un Consiglio del Tesoro, al quale sarebbero addetti i Signori Baravelli e VHlet infino a che potessero diventare Commissarii presso la Banca.

Giova qui accennare ad un equivoco che parrebbe essere avvenuto nel carteggio scambiato tra il Khedive ed H • Foreign Office • circa la designazione del Commissario britannico. Il quale equivoco consiste in ciò che, mentre il Khedive intese sempre parlare di un Commissario • designato • dal Governo

britannico, ma nominato dal Governo E~iziano, con incal"ico di • sorvegliare • le operazioni della Banca in quanto esse si riferiscono al servizio attivo e passtvo del tesoro, il Conte Derby formulò una sua risposta preliminare in questi termini: che il Governo Britannico non potrebbe invial"e un suo Commissario per pigliar parte alla Direzione della Banca, ma prenderebbe in considerazione la proposta del Khedive qualora gli fosse pl"esentato un • piano • suscettibile di pratica attuazione per un Commissario che debba riscuotel"e i redditi ed

• applicarli • ai pagamenti. Nel caso in cui effettivamente sussistesse una così sensibile discrepanza nel modo in cui il progetto del KhediV'e è rispettivamente inteso al Cairo ed a Londra, sarebbe utile che la cosa fosse chiarita. E ciò sembra tanto necessario inquantochè, mentre H KhediV1e, senza avvertire il malinteso, tosto replicò adesivamente alla comunicazione di Lord Derby, non consta, invece, che il Governo BrHannico abbia preso una definitiva deliberazione, malgrado lo scambio d'idee che ebbe luogo tra il Duca Decazes e Lord Derby in occasione del recente passaggio di quest'ultimo per Pal'igi.

Intanto, od a cagione dell'indugio nella creazione della Banca Nazionale,

-o per altre circostanze le quali debbono aver sfavorevolmente influito sul mercato, sta in fatto che il gruppo Pastré, dopo aver fornito, in forma di anticipazione provvisol"ia da regolarsi più tardi, parecchi milioni al Vicerè, non è poi riuscito nel suo progetto di emissione; forse non se ne fece neppure serio tentativo. Ed il Khedive, togliendo argomento dall'insuccesso, pigliò improvvisamente gravissime misure, differendo di tre mesi le scadenze del debito fluttuante che stavano per sopravvenire in Aprile ed in Maggio. Con questo provvedimento si apre la serie dei sacrificii che dovranno probabilmente subire i possessori di titoli egiziani. E forse vi si deve scorgere da parte del Khedive, -o il proposito di far pressione sui gruppi bancarii, aill'oggetto di ottenerne condizioni migliori, o quello di preparare la pubblica opinione ed Ql mercato ad una pura e semplice conversione forzosa del debito fluttuante. Qui però consiste sopratutto il pericolo della situazione. Imperocchè, se è a presumere che ed il mercato ed i Governi possano rassegnarsi ad una convenzione forzata quando si porga sicura guarentigia di un puntuale servizio del debito ridotto, mal

potrebbe ciò concepirsi nell'ipotesi in cui il debito ridotto soggiaccia, per difetto di buona amministrazione, aUa stessa alea cui soccombe oggidi il debito fluttuante. Cosicchè, per necessità ineluttabile, risorgerebbero, anche in questa ipotesi della conversione forzata del debito egiziano, le stesse pretese di immistione nella gestione interna del paese, delle quali l'Italia giustamente si preoccupa. Nè sembra che da ogni preoccupazione vada immune lo stesso Vicerè. Imperocchè, mentre potrebbe senza dubbio procedere da solo e senza l'intervento di chicchessia, alla riduzione forzata del suo debito, non tralascia, invece, di adoperarsi perchè ta1le operazione si attui mediante l'Lntromissione di un gruppo bancario.

Tale è in questo momento lo stato delle cose, 'ed è certo difficile prevedere, sin d'ora, per quali fasi ulteriori sia per ,svolgersi la questione. Agli occhi nostri la soluzione migliore consiste, pur sempre, nella combinazione che, 'escogitata di pieno accordo tra il Commendatore Scialoja ed il Khedive, ebbe non solo l'assenso, ma anche un principio di esecuzione da parte del!la Francia. Eg1i è

7 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

certo che quando siano fatte ai possessori di titoli egiziani le migliori condizioni che siano consentite dalla situazione del mercato e dalle risorse delle finanze egiziane, ed in pari tempo si assicuri il servizio futuro del debito mediante guarentigie che siano bensì altrettanto efficaci quanto quelle troppo radicali additate dal Signor Cave, ma rispettino l'autonomia del Governo Vicereale, si sarebbe raggiunto interamente lo scopo al quale deve mirare, secondo il nostro avviso, una politica equa, disinteressata e previdente. Il programma qui tracciato avrebbe ogni probabilità di successo qualora il Gabinetto Britailll!ico si associasse francamente al modo di vedere in cui sembrano oramai consenzienti la Francia e l'Italia. Ma qui consiste appunto il nodo del problema. Imperocchè non è a tacersi che il contegno del Gabinetto Britannico nella presente \Certenza ha suscitato, più d'una volta, il dubbio che esso non vegga di mal occhio l'insuccesso di qualsiasi altra combinazione che non sia quella per cui in Egitto si installerebbe, in ogni ramo di amministrazione, una gerarchia che egiziana sarebbe solo di nome, e di fatto sarebbe inglese. Le dichiarazioni di parecchi uomini di Stato britannici, e soprattutto i discorsi pronunciati dai Ministri in occasione del • bill • relativo alla compera de.Lle azioni del Canale di Suez e di quello relativo al congedo dato al Signor Rivers Wilson, avvalorerebbero una simile supposizione. E qualora tali dichiarazioni si connettano con altri sintomi non meno significanti, non sembra troppo avventato il giudizio di coloro che attribuiscono ad alcuni uomini del Gabinetto della Regina un piano

preconcetto in v·ista delle possibili complicazioni orientali. Secondo l'opinione di costoro l'atteggiamento del Governo Britannico negli affari finanziarii dell'Egitto :non sarebbe punto un fatto isolato, ma dovrebbe ·invece studiarsi ed apprezzarsi in correlazione con altre manifestazioni: gli sforzi fatti per impedire dapprima ed indi per abbreviare e conterminare la guerra d'Abissinia; il • veto • posto a che le truppe egiziane presidiino altri punti più meridionali lungo l'Oceano Indiano; la recentissima occupazione dell'isola di Socotora operata, a quanto si assicura, dal Governatore di Aden; infine, e sopratutto, l'agitazione manifestatasi a Candia nel senso della eventuale annessione alla Corona britannica, la quale agitazione venne meno solo al riaccendersi della propaganda ellenica ed accreditò l'opinione che, per controbilanciare gli atti d'occupazione di alcuna altra Potenza, l'Inghilterra non esiterebbe, allo scoppiare della crisi orientale, a pigliar posizione così in quell'iso•la, come nella vicina Cipro.

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IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 453. Vienna, 20 aprile 1876 (per. il 23).

Ebbi oggi l'onore di vedere il Conte Andrassy per la prima volta dacchè l'E. V. ebbe ad assumere la carica di Ministro per gli Affari Esteri; circostanze varie avevano impedito fin qui ch'io mi presentassi a lui.

S. E. dissemi: • Il Governo Imperiale aver accolto con particolare soddisfazione l'assicuranza, dall'E. V. espressa ai Conte Wimpfen, volere il nuovo Gabinetto mantenere non solo i buoni rapporti, attualmente esistenti fra i due Stati, ma anche renderli vieppiù stretti e si compiacque dirmi che a sentimenti analoghi avrebbe del pari continuato ad ispirarsi la politica dell'Austria-Ungheria verso l'Italia •. Il Conte Andrassy soggiungevami poi tosto dopo: • sperare che una conferma dei suoi amichevoli intendimenti il Regio Governo sarebbe per porgerla, dando la sua sanzione al trattato conchiuso a Vienna li 29 Febbrajo del corrente anno •. Mancando d'istruzioni a questo riguardo, mi >limitai a rispondere che non dubitava, il Governo del Mio Augusto Sovrano avrebbe certamente anche considerato questo punto di vista della questione nel prendere le determinazioni a cui tende l'esame, che precisamente sta facendo in questo momento della Convenzione di Basilea e del conseguente trattato. Queste mie assicurazioni, in verità, un pò generiche, parmi non soddisfassero gran che il Conte Andrassy ed infatti me lo lasciò vedere, tornando egli ad insistere sull'argomento, in modo da farmi intendere, che pel Gabinetto di Vienna l'accettazione o no da parte nostra del precitato trattato sarebbe considerata come la pietra di paragone, mercè la quale si avrebbe avuto un criterio esatto, intorno agli intendimenti dell'Italia a riguardo dell'Austria-Ungheria.

Il nobile Conte chiudeva il suo ragionamento pregandomi di far conoscere all'E. V. questo suo modo di vedere. Tutto ciò mi veniva naturalmente detto con quella massima cortesia di forma, che è una delle più spiccanti caratteristiche del Ministro Imperiale degli Affari Esteri; però devo dire ch'Egli si espresse in modo da non !asciarmi dubbi sull'importanza, che da parte del Governo Imperiale si annette all'accettazione di quel Trattato.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1585. Berlino, 20 aprile 1876 (per. il 25).

J'ai reçu hier de grand matin le télégramme de V. E. du 18 courant (1). Vu les fetes de Paques, je n'avais pas eu l'occasion de rencontrer le Secrétaire d'Etat, lors méme qu'il me tardait de connaitre ses impressions sur les complications qui se sont récemment produites à propos des affaires de Turquie. Dans la journée mème, je me suis ménagé avec lui un entretien dont le point de départ était ,indiqué par le télégramme précité, auquel j'ai conformé mon langage. Mr. de Biilow avait déjà connaissance de certains indi0es, qui venaient entièrement à l'appui de nos informations. On se rendait donc à Berlin parfaitement compte de la gravité de la situation en Bosnie et dans l'Herzégovine. Il fallait bien convenir que l'c:euvre de la diplomatie n'avatt pas obtenu jusqu'ici tous les résultats désirés. Pour ce qui concerne plus spécialement l'entente des

trois Puissances du Nord, il étaH à prévoir qu'elle aurait à subir plus d'une épreuve et que ses adversa,ires se serviraient de tous les moyens pour l'ébranler. Les dernières publications, entre autres, du Mémorial diplomatique, prouvent assez qu'on cherche dans ce but à vendre suspecte la politique du Comte Andrassy aux yeux de la Russie. Assurément les difficultés continuent à etre grandes en Orient. L'insurrection est recrudescente. La Turquie se montve aussi impuissante dans la résistance armée, que dans l'accomplissement des réformes. La Serbie a une attitude des plus incertaines. Un jour le Prince donne les assurances les plus correctes, un autre jour il semble vouloir tirer l'épée pour se meler avec son peuple à la lutte. Le Prinae de Montenregro, très-bien noté dans les Chancelleries européennes, à tel point qu'il s'agirait, dit-on, de lui procurer quelque agrandissement territorial, est accusé par la Porte de jouer un double jeu, comme si elle voulait déjà faire ses réserves contre une récompense à donner au Prince Nicolas. Parmi les nombl'eux embarras, H ne faut pas non plus perdre de vue la position de nombreux réfugiés sur territoire autrichien, qui font la sourde oreille à ·tout conseil de rapatriement. On peut néammoins etre certain que les obstacles que rencontre la tache des Puissances ne les pvennrent pas au dépourvu. En entreprenant cette ceuvre de pacification, elles n'ignoraient pas combien elle serait longue et épineuse, et leur constance n'est pas près d'etre lassée. Tant que l'accord subsistera entre eHes, rien ne sera perdu, quand meme la situation s'aggravera·it encore. Or cet accord n'est nullement altéré.

Tel a été le langage de M. de Biilow, langage assez semblable sur quelques points à celui qu'il m'avait tenu la semaine dernière (dépeche N. 1582) (1).

Il ne disait rien cependant sur la ligne de conduite que la Russie suivrait en présence des répugnances de l'Autriche à discuter les conditions formulées par les chefs de l'insurrection et du refus de la Turquie de se preter à des pourparlers sur une base autre que celle précédemment convenue avec les Puissances garantes. Il n'avait également exprimé aucun avis sur le sens dans lequel l'Allemagne exercerait son action, au milieu de conjonctures si fàcheuses. Je me suis donc appliqué sans trop de succès à le faire sortir de sa réserve. Il semblait ne pas ètre encore renseigné sur les vues ultérieures du Cabinet de St. Pétersbourg. Quant aux conditions des insurgés, quelques-unes d'entre elles seraient déjà implicitement comprises dans le plan des réformes accordées par le Sultan. Relativement à l'action du Cabinet de Berlin, elle avait le but essentiel de maintenir dans un certain équilibre les rapports entre les Cabinets de Vienne, et de St. Pétersbourg, de forti:llier de plus en plus cette oonfiance mutuelle et indispensab1e, si on veut arriver à faire quelque chose de vraiment sérieux pour les Chrétiens de Turquie. C'est là aussi le meilleur moyen de préserver de toute atteinte la tranquillité générale. M. de Btilow avait le· ferme espoir qu'on parviendrait ainsi à sauvegarder la paix européenne. • Nous n'avons pas la prétention, ajoutait-il, de refaire la Turquie. Si l'insurrection gagnait de proche en proche, le péril serait extrème, méme pour les Etats voisins. Il faut d'ailleurs dans les choses de ce monde faire une part à l'imprévu.

Sans vouloir me dire optimiste, j'ai néammoins, je le repète, l'espoir fondé que nos efforts, unis à ceux des autres Puissances, réussiront à conserver à l'Europe les bienfaits de la paix •.

V. E. aura rémarqué que dans cet entretien M. de Bii<low a montré, comme d'habitude, qu'il est une question sur laquelle il garde presque bouche close. Mes collègues des Puissances Ocoidentales font la meme remarque. Lord Odo Russell, nommément se plaint de ce mutisme, en constatant qu'en général il donne bien plus qu'il ne reçoit dans ses conversations avec le Secrétaire d'Etat. Quant au Prince de Bismarck, il reste invisible au Corps diplomatique. La question qu'on met ·en quelque sorte sous le boisseau, c'est la question d'Orient, en tant qu'elle se rattache du moins aux rappol'lts des trois Puissanees du Nord. Le Cabinet de Berlin laisse agir en première ligne· l'Autriche et la Russie, et quand celles-ci se sont entendues sur la marche à suivre, il se joint à elles. A ce point de vue, H est autorisé à nous dire qu'il faut se concerter de préférence avec ces deux Puissances. Mais son role principal est de veiller à ce qu'il ne se produise chez -elles aucun froissement, aucune défiance de nature à altérer un accord basé sur leur convenance mutuelle de prévenir une catastrophe en Orient où ni l'une ni l'autre ne sont encore en mesure de recueillir un héritage qu'elles devraient se disputer les armes à la main. Si la Russie notamment ajourne ses projets, elle veut cependant laisser la porte ouverte à leur réalisation en temps plus propice, et à cet effet se ménager parmi les Slaves du Sud une influence prépondérante. Si elle ne veut rien prendre maintenant, meme en avance d'hoirie, elle ne permettrait pas qu'une autre main que la sienne s'étendìt vers l'objet de convoitise. Le Comte Andrassy, tiraillé de son cOté entre les exigences contraires des deux portions de l'Empire, s'est engagé dans une voie où les difficultés augmentent chaq_ue jour sans compensations réelles. Il était à prévoir que dans ces conditions H surgirait des divergences de vue entre les intérets rivaux. La tàche incessante du Cabinet de Berlin consiste donc à empecher aussi longtemps que possible, une rupture qui le mettrait dans la nécessité de prendre position entre les parties adverses. J'ai signalé dans ma dépeche précitée de quel coté il pencherait très vraisemblablement, à savoir vers la Russie, dont l'alliance lui assurerait la meilleure arrière-garde contre la France, ainsi que cela a été déjà suffisamment démontré en 1870. Et pour sa part la Russie ne saurait trouver un allié plus désintéressé que l'Allemagne dans la question d'Orient.

Ce travail du Prince de Bismarck pour contenir les impatiences les défiances et les jalousies, ne peut-etre livré au grand jour. Il n'a de chance de réussi:te qu'à la condition d'etre poursuivi dans le silence du Cabinet. Cela explique dans une certaine mesure son mutisme et sa discrétion, ainsi que ses déclarations

officielles et invariables sur la solidité de l'entente des trois Puissances. Meme s'il n'y croyait pas, il serait prudent d'affecter la confiance la plus entière.

Le fait est que la situation s'aggrave, car l'édifice turc craque de toute part et menace de s'effondrer. Il faudrait presque que la diplomatie fit oeuvre de soroellerie pour faire disparaìtre l'orage qui s'amonc•elle à l'horizon. Ici, comme a Constantinople, l'Ambassade Austro-Hongroise est très alarmée des allures du Cabinet de St. Pétersbourg. Le fait suivant est assez significatif. Un agent serbe a naguère acheté ici 50.000 fusHs Chassepots (à 25 francs la pièce) dont le G<>uvernement prussien se défait sans demander aux spéculateurs le lieu de destination. Il exige seulement que les armes ainsi vendues soient transportées hors d'Allemagne. C'est ainsi que des spéculateurs avaient déjà trouvé moYien de faire des opérations à Berlin, tantòt pour les Carlistes, tantòt pour les Alphonsistes. L'Autriche avait interdit les transit par sa frontière de ces 50.000 fusils destinés à la Serbie, tandis que le G<>uvernement russe en a permis le passage sur son territoive. On assure que la frégate blindée Pierre le Grand a reçu l'ordre de se rendre dans l'Adriatique. A propos d'armements, le Gouvernement turc vient de se pourvoir chez Krupp de trente canons de ~très fort calibre qui doivent servir à la défense des Dardanelles. On prétend que chacun de ces canons colite 375.000 francs, et que le prix en a été payé au moment de la livraison.

L'Ambassade d'Autriche manifeste aussi quelques craintes sur l'attitude du Cabinet de Berlin en cas de complications plus graves.

L'Empereur de Russie arrivera ici vers le 9 Mai, accompagné du Prince Gortchakow, ainsi que M. de Biilow m'en a donné avis. Le Comte Schouvalow, en retournant à Londl'es, sera de passage à Berlin vers la fin d'Avril. Si d'ici là les affaires Orientales ne prennent pas le mors aux dents, ~le Prince de Bismarck trouvera dans ces rencontres une excellente occasion d'accentuer ses vues pacifiques. En attendant, la presse officieuse prèche sur toute la Ligne le calme ret la modération.

Je n'ai pas besoin d'ajouter que Vienne, St. Pétersburg et Constantinople sont pour le moment les points les mieux indiqués pour se former une idée aussi ~exacte que possible sur la marche des événements. Ici il s'opère un travail souterrain soustrait aux investigations de la diplomatie pour les motifs que j'ai développés plus haut..

(l) Non pubblicato.

(l) Cfr. n. 30.

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IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 454. Vienna, 21 aprile 1876 (per. il 24).

Nell'udienza ch'io ebbi ieri dal Conte Andrassy ,e di cui già tenni parola all'E. V. col mio precedente rapporto (1), oltre a quanto in esso riferii, naturalmente la conversazione si aggirò pure sulla crisi Orientale. S. E. cominciava col discolpare la diplomazia dall'accusa che gli si fa, di non aver ottenuto fin qui risultato alcuno colla sua azione pacificatricre. Disse, doversi intieramente all'accordo dei Tre Imperatori ed all'azione concorde costantemente esercitata dai Loro tre Gabinetti, se l'insurrezione poté essere localizzata all'Erzegovina ed alla Bosnia; ed aver Egli le prove in mano che in caso diverso a quest'ora l'Albania e la Bulgaria ed anche la Grecia avrebbero preso parte alla lotta.

Il Conte Andrassy ammetteva poscia bensì l'insuccesso, fin qui, dei negoziati intrapresi cogl'insorti, onde indurli a deporre le armi; ma dicevami pe·rò non rinunciare alla speranza di vedere quelle provincie pacificate, ben inteso se la Turchia non fa prima bancarotta e se con successi militari aprirà 'la strada ai consigli della diplomazia. Egli manifestavami recisamente, quella essere la sola soluzione a suo avviso, possibile ed anche la prefe11ibile, nell'interesse di quelle popolazioni Cristiane, che, ove avessero un governo autonomo non tarderebbero a trovarsi in posizione ben peggiore di queHa che loro è assicurata dalla Sovranità della Porta, in conseguenza delle riforme ch'essa ebbe ad accettare per l'amministrazione di quelle provilnci·e. Dal Governo Turco, egli conchiudeva, la Bosnia e l'Erzegovina possono esclusivamente sperare quei miglioramenti economici atti a trarle gradatamente dall'infelice stato in cui attualmente si trovano.

lil Nobil Conte non dissimulavami poi: ch'Egli ammetteva possibile la prolungazione dell'insurrezione, e non impossibile anche la prossima intromessione della Serbia, ma dicevami, non esservi nulla in ciò di cui l'Europa avesse ad allarmarsi, poiché, ove riuscisse assolutamente infruttuosa l'azione pacificatrice, a questa subentrerebbe l'astensione la più compLeta, lasciando che Turchia ed insorti • cuisent dans leur bouHlon •, stato di cose che d'altronde Egli trova niente affatto nuovo nella storia di quei paesi e rispondente anche, si può quasi dire, ad una necessità organica dei suoi abitanti. Ciò stando, il Conte Andrassy respinge la possibilità di una conflagrazione Europea, che, a suo avviso, non ha ragione di essere, nessuno volendo turbare lo statu quo in Oriente. Opinione questa tanto più profonda in Lui, ch'Egli assicura non nutrire n menomo dubbio intorno alla lealtà dell'Imperatore Alessandro ed al suo fermo proposito di conservare la pace all'Europa.

(l) Cfr. n. 36.

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IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 60. Madrid, 21 aprile 1876 (per. il 27 ).

L'articolo XI del progetto costituzionale riguardante la questione religiosa che in oggi assorbe l'attenzione politica di tutta la Spagna è concepito nei seguenti termini:

• La religione cattolica apostolica romana è quella dello Stato e la nazione obligasi a mantenere il culto ed i suoi ministri. Nessuno verrà mo•lestato sul territorio spagnuolo per le sue opinioni religiose, né per l'esercizio del suo culto rispettivo, salvo il dovuto rispetto alla morale cristiana. Non saranno permesse altre cerimoni•e e manifestazioni che quelle della religione deHo Stato •.

Quest'articolo del progetto ministeriale costituzionale è osteggiato con egual calore tanto dal partito moderato, o per meglio dire, retrivo, quanto dal partito sinceramente liberale. I retrogradi osservano, che l'articolo contiene la dichiarazione di un diritto a cui tiene tosto dietro una restrizione, cioè H diritto di non essere molestato per le opinioni religiose né per l'esercizio del proprio culto, salvo il rispetto alla morale cristiana. La restrizione· consiste nella proibizione d'ogni cerimonia e manifestazione eccettuate quelle della religione dello Stato. A detta del partito retrivo adunque l'articolo XI dovrebbe essere interpretato nel modo seguente:

• L'abitante del suolo spagnuolo potrà soltanto entro la propda casa manifestare le sue opinioni religiose: soltanto entro del suo tempio potrà esercitare il suo culto colui che ne professa uno distinto dal culto dello Stato ». Ciò che vorrebbe dire che non vengono permesse altre manifestazioni che quelle della religione dello Sta•to. In ogni modo si avrà ciò che si chiama la libertà del tempio, cioè la facoltà accordata ad ogni abitante del suolo spagnuolo: di costruire un tempio alla divinità che vuole, !asciandone la porta aperta sulla strada acciò liberamente vi possa entrare chi vuole; di aprire scuole entro il rednto del suo tempio od in altro speciale; e di stampare e distribuire libri •e foglieHi. Ciò equivale al culto pubblico di ogni religione che non offenda la morale cristiana. Solo rimane che ciò che è diritto sotto il portale diviene delitto se praticato nella istessa strada. I credenti anticattolici non potranno essere convocati al suono d'una campana, ma lo potranno a quello di una campanella posta a:lla porta del tempio. In quanto alle opinioni religiose esse saranno tutte rispettate sinché rimarranno rinchiuse nel fondo della coscienza. Tuttavia, osservano sempre i moderati, le teorie materialiste di Kraus, Hegel, Darwin potranno impunemente essere spiegate in quei templi le cui porte r<imarranno aperte e così si avranno in !spagna tante religioni quante sette filosofiche esistono nel mondo. Il sistema patrocinato dal Ministero non è che una ipocrisia, mentre il vero spirito religioso può rassegnarsi ai fatti, ma giammai transigere coi principii. Si disse che sotto :la Roma dei pontefici esistevano sinagoghe e cappeUe protestanti. Ma questo significava soltanto la tolleranza di un fatto, mentre non esisteva veruna legge che desse sanzione pubblica e legale all'esistenza delle sette dissidenti e della giudaica. In Inghilterra istessa, la religione cattolica non è dalla legge riconosciuta. Pretendesi è vero che i cattolici sono emancipati, ma il Governo inglese continua ad ignorare la chiesa cattolica come istituzione. In Francia eccettuati i tre culti riconosciuti il cattolico, il protestante ed il giudaismo li altri non tengono veruna garantia legale e sono semplicemente tollerati e lasciati in balìa di qualsiasi disposizione amministrativa. In Italia la legge tollera solo legalmente i culti già stabiliti e nulla di più. In Austria avviene ad un dipresso lo stesso. In !spagna le cose stanno altrimenti: dai tempi d'IsabeHa la Cattolica e di Filippo III non vi esiste più un solo israelita od un maomettano. L'istessa democrazia spagnuola allorché fu al potere, dimostrò un sentimento di avversione verso il protestantesimo, il quale non era nello stato di dissoluzione in cui trovasi al presente. Gli stessi liberi cultisti spagnuoli confessano che dopo 6 anni di libertà religiosa non si formò

su questo suolo né una sinagoga né un solo aggruppamento spagnuolo. Perché dunque volere distruggere questo fatto per adottare i principi di liberalismo e di materialismo anticattolico? La Santa Sede la quale stava disposta, ed il Governo lo sa, ad intendersi per tutto quanto si riferisce alla tolleranza di fatto, tenendo a calcolo le difficoltà che nel presente stato sociale della Spagna

avrebbero potuto presentarsi, dovette alzare la voce non col mezzo di una lettera particolare o privata, ma bensì con un Breve scritto nella lingua ufficiale della Chiesa e col rito di costume, per condannare l'articolo XI.

Vediamo ora quaLi sono le critiche formulate dal partito liberale costituzionale contro il progettato articolo XI. Anzi tutto questo partito desidera che venga accertato un concetto definito, completo ed esplicito e chiede alla maggioranza ministeriale se realmente l'articolo progettato consacra l'inviolabilità del tempio dissidente ,e della Sinagoga. Se tale è il suo convincimento lo faccia constare in modo che sopravvenendo al potere il partito moderato questo non possa applicare l'ar,ticolo nel senso che il culto dissidente debba esercitarsi solo nell'interno del1e case dei rispettivi credenti, e non già in un apposito tempio. Vuolsi da taluno che con la interpretazione corretta di questo articolo sarà 'lecito di discutere dogmi religiosi e principii di morale. Se così è lo si faccia constare chiaramente per impedire che i moderati vi diano una ,in.terpretazione da escludere tali discussioni, perché considera,te come vere manifestazioni pubbliche contro la religione dello Stato. Coloro che difendono l'articolo in progetto sostengono che sarà lecito esaminar,e con libertà intiera in giornali e libri temi di scienza ed arte che più si separano dalla scienza e daH'arte consacrate dalla credenza religiosa dello Stato. Il partito liberale chiede che anche questa facoltà venga espressa esplicitamente nella redazione del detto articolo per impedire qualsiasi interpretazione contraria del partito moderato.

Finalmente il partito liberale chiede che venga espresso chiaramente, entro i limiti della morale cristiana la facoltà di insegnare ogni genere di materie, come pure la facoltà d'accordarsi a tutti gli Spagnuoli di disimpegnare qualsiasi incarico pubblico indipendentemente dalla religione da loro professata. La Costi,tuzione deve decidere in modo positivo tutti questi punti, come li risolveva la Costituzione del 1869.

I due partiti estremi hanno già deposti varii emendamenti dei quali mi occuperò allorquando avrò l'onore di riferire all'E. V. sulla discussione che tra brevi giorni verrà Intrapresa nel seno del congresso.

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IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 242. Pietroburgo, 22 aprile 1876, ore 16,10 (per. ore 21,30).

Prince Gortchakoff vient de convoquer chez lui tous les représentants des puissances garantes et après nous avoir communiqué la grave nouvelle de la décision prise par la Porte de faire la guerre au Montenegro, H nous a invités à prier nos Gouvernements respectifs de faire démarche bien pressante à Constantinople pour empikher la Turquie de commettre cet acte de folie et de suicide. Le chancelier étai,t visiblement ému et nous a dit que l'Empereur était hautement indigné. Il a fait appel aux sentiments d'humanité des puissances chrétiennes qui ne pourraient pas tolérer ce déchainement du fanatisme turc

et a ajouté que si la Porte, débordée par le parti militaire exalté, persiste dans sa déplorable résolution, la Russie ne pourrait plus honorablement contenir la Serbie et les autres chrétiens d'entrer dans la lutte et il prévoit que meme la Grèce sortirait de son attitude expectante. H nous a priés tous ,enfin, de lui faire connaitre les réponses de nos Gouvevnements. L'ambassadeur de France ayant en sa quaMté de doyen répondu le premier qu'il ne doute pas que le Gouvernement français s'assoderait à la démarche russe et donné [sic] des instructions dans ce sens à son représentant à Costantinople, nous avons tous à notre tour exprimé la meme confiance.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE DESTINATO A LONDRA, MENABREA

D. l. Roma, 22 aprile 1876.

Fra le questioni che maggiormente preoccupano le principali Potenze, quelle che si riferiscono alla situazione presente della Turchia hanno in questo momento un carattere speciale di gravità. Esse dovettero quindi tenere il primo posto nei varii colloqui che io ebbi con V. E. e durante i quali potei acquistare la certezza che, con l'autorità datale dall'esperienza delle cose politiche, a Lei non riuscirà malagevole lo stabilire col Gabinetto di Londra relazioni tali che ci permettino di ben calcolare quale potrebbe essere eventualmente l'atteggiamento della Gran Bretagna nelle complicazioni della quistione Orientale.

Per effetto di una reazione che trova la sua spiegazione nel sentimento nazionale del popolo inglese, il Gabinetto Tory, od almeno una parte dei personaggi politici che lo compongono, ha sentito il bisogno di quando in quando di dipartirsi da quella politica di assoluta astensione nelle quistioni del continente, che fu una delle cause del disfavore del Gab~netto Gladstone. Ma il Ministero Derby-Disraeli non fece prova, a vero dire, di seguire nelle vertenze che maggiormente interessano le Potenze continentali un piano ben determinato, dal quale si possa con fondamento prestabilire quale po,ssa essere H conteg:no del Gabinetto di Londra nelle varie eventualità prevedibili. Se l'azione diplomatica del Gran Brettagna si è fatta sentire negli ultimi tempi, il cara,ttere di questa azione fu di essere isolata e direi quasi senza seguito, benchè essa rivelasse che il rispetto cbe incute non è peranco diminuito anche presso le maggiori potenze militari dell'Europa.

Non è mestieri che io lungamente esponga a V. E. come i progressi fatti dalla Russia e dall'Inghilterra nell'Asia abbiano potuto produrre uno spostamento nel campo sul quale quelle due Potenze si contesero prima d'ora un'influenza predominante. Da parecchi mesi si combatte in Turchia una guerra insurrezionale che, in tempi non ancora remoti, avrebbe dato motivo al Gabinetto di Londra di spiegare un'a2lione diplomatica perfet,tamente determinata e che ora invece lascia quel Gabinetto presso che indifferente. Vero è che l'abbandono per parte dell'Austria-Ungheria della politica nella quale trovava un'alleata costante nell'Inghilterra, può aver contribuito a rendere quest'ultima più cauta nell'assumere un contegno troppo assoluto nell'interesse della conservazione dello statu quo in Turchia. Accertata !'<impossibilità di rimediare ad un dissesto finanziario sempre crescente, l'Inghilterra contrariamente a certe tendenze che si erano manifestate in Francia, diede il segnale delil'abbandono in cui furono lasciati da tutti i Governi coloro che av•evano contribuLto a sostenere la Turchia in un periodo di tempo durante il quale l'appoggio della Gran Bretagna era il principale sostegno politico dell'Impero ottomano.

Le mutate circostanze politiche dell'Europa ·e l'influenza che esse esercitarono sulla condotta del Gabinetto inglese, ruppero quella unione di interessi che aveva esistito prima e dopo la guerra di Crimea fra l·e Potenze occidentali, nè l'Inghilterra fece apparentemente alcun sforzo per ristabilire una tale unione. L'alleanza, od il concerto che voglia dirsi, dei tve Imperi del Nord si sostituì nel posto lasciato vacante dalle Potenze occidentali in rtutte le quistioni riguardanti la Turchia di Europa e l'Italia, la Francia e l'Inghilterra rimasero ormai sole a prendere un vero interesse nelle questioni non meno gravi che si riferiscono all'Egitto ed alla Tunisia.

V. E. troverà nella raccolta delle corrispondenze che si conservano presso la R. Ambasciata in Londra gl'indizi palesi che la politica ,iniziata da parecchi anni dalla Gran Brettagna negli affari di Tunisi, politica di cui si è vantaggiata la posizione della Francia in Cl.Uella reggenza, non si è mai smentita. Nella lotta che noi sosteniamo in quello Stato africano contro la soverchiante influenza francese non abbiamo trovato appoggio, ma ben spesso ostacolo nell'atteggiamento del Governo inglese. Tutta l'attività dell'Inghilterra pare avere attualmente per obbiettivo l'Egitto, e l'opinione pubblica, che ha tanta parte nella condotta del Gab~netto di Londra, si è pronunciata negli ultimi tempi in modo così manifesto da creare quasi, a canto della quistione delle provincie slave ottomane, una vera e propria quistione egiziana nella quale, finora almeno, l'azione dei tre Imperi del Nord non si è pronunci<ata in modo sensibile.

Interessati per ragioni diverse, ma in proporzioni quasi uguali, in tutto ciò che può influire sulle questioni territoriali dei paesi bagnati dal Mediterraneo e di Quelli che fronteggiano l'Adriatico, noi seguiamo colla maggiore possibile diligenza lo svolgimento di avvenimenti dei quali non ci è dato di scorgere finora con chiarezza le ultime conseguenze.

Affinché l'E. V. possa fino dal suo primo giungere in Roma (l) contribuire efficacemente a quest'opera di diligente osservazione, stimo opportuno di trasmetterle qui unito copia di un mio dispaccio in data d'oggi al Ministro del Re a Vienna (2), dal quale risultano i motivi che ci fanno temere gravi complicazioni negli affari della Turchia europea. E siccome è mestieri che Ella dia opera ad allontanare il pericolo di contemporanee complicazioni nella vert,enza egiziana, così ho creduto che l'E. V. gradirebbe di essere minutamente informato dello stato presente di quella vertenza non meno che dei passi che l'Ital,ia ha fatti per trovar alla medesima un componimento soddisfacente per tutti i legittimi interessi. A questo fine unisco a questo dispaccio una memoria che io prego V. E. di prendere in attenta considerazione.

(l) -Sic nel registro dei dispacci ma deve trattarsi di Londra. (2) -Cfr. n. 42.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

D. 197. Roma, 22 aprile 1876.

Dopo avermi riferito circa l'atteggiamento assunto negli ultimi tempi dai Rappresentanti delle maggiori Potenze in Vienna, la S. V. nel rapporto del 13 corrente (1), mi scriveva che dal canto suo Ella non si era dipartirta, in mancanza di speciali istruzioni, da una linea di condotta riservata e prudente a Lei suggerita dalla cognizione perfetta della parte avuta fin quì dall'Italia nell'azione diploma•tica relativa agli affari d'Oriente.

Tale contegno ha o·ttenuto la piena approvazione del Governo di Sua Maestà, ed io la ringrazio di avermi, con la solerzia consueta, informato di tutte le circostanze che potevano influire sul giudizio che io dovevo formarmi della situazione politica generale creata dagli avvenimenti della Turchia Europea.

A quest'ora Ella avrà certamente saputo che le domande dei capi degli insorti erzegovesi, esposte nel memoriale consegnato al Generale Rodich, ebbero per parte della Russia un'accoglienza assai diversa da quella che alle medesime stimò opportuno di fare il Gabinetto di Vienna. Il giorno 11 aprile quest'ultimo aveva già fatto dichiarare dal suo Ambasc.iatore a Cos•tantinopoli che l'Austria-Ungheria non poteva dare il suo appoggio a domande che andavano al di là delle concessioni fatte dalla Sublime Porta in seguito agli accordi presi colle potenze garanti. Il Conte Zichy, per ordine espresso del suo Governo, soggiungeva aver questi fatto analoga dichiarazione agli insorti consigliandoli ad intendersi coi rappresentanti della Porta sulle basi delle concessioni predette; essere disposto ad interporre i suoi offici presso il Principe di Montenegro affinchè questo desse nello stesso senso i consigli che gli insorti gli avrebbero domandato; non aver avuto il tempo di comunicare col Governo russo, ma non dubitare che il Gabinetto di Pietroburgo professerebbe le stesse idee. Del telegramma che conteneva queste dichiarazioni il Conte Zichy lasciava copia in mano di Rachid pascià il quale, informando il rappresentante italiano della ricevuta comunicazione, non taceva l'interesse e l'onore dell'Impero Ottomano rendere impossibile che si presti orecchio alle nuove esigenze degli insorti; doversi piuttosto ricorrere ad un'azione militare più vigorosa ed affidarsi alle sorti delle armi.

Non comprendo sopra quale base pertanto il Barone Hoffman fondasse la speranza espressa a V. S. di ottenere una prolungazione di tregua in attesa deile determinazioni a prendersi in conseguenza dei negoziati in corso. La comunicazione fatta dal Conte Zichy giungendo contemporaneamente all'annunzio dell'impossibilità in cui s'erano trovate le autorità turche di vettovagliare Niksic, ebbe per effetto che la Porta desse immediate disposizioni di ripigliare le ostilità.

Il gabinetto di Pietroburgo si è vivamente commosso di questo stato di cose. Il 17 aprile il Conte Barbolani, riassumendo in un telegramma (l) una

conversazione avuta col Principe Gol'tchacow, mi faceva conoscere che S. A. aveva perduta ogni speranza di prolungazione di tregua e di pacificazione, che degli scontri sanguinosi erano già accaduti in seguito agli ordini impartiti da Costantinopoli per la ripresa vigorosa delle ostilità. Il Principe Cancelliere aveva detto al R. Ministro essere urgente che i Governi segnalassero alla Turchia il pericoloso cammino nel quale essa si impegnava.

Lo stesso giorno il Generale lgnatiew significava al Ministro degli affari esteri del Sultano che il cancelliere russo non divideva l'opinione del Conte Andrassy che cioè le condizioni proposte dagli insorti fossero da respingersi, che il Gabinetto di Pietroburgo impegnava invece la Porta a trattare direttamente cogli insorti prendendo come base le proposte stesse. L'Ambasciatore russo chiedeva a Rachid pascià una risposta per poter invitare i capi degli insorti ad entrare in tl'attative.

La comunicazione fatta da'l Generale Ignatiew considerata in relazione con quella che, pochi giorni prima il Ministro degli affari esteri del Su1Jtano aveva ricevuto dall'Ambasciatore austro-ungarico acquistava l'importanza di un graV'e avvenimento politico poichè rivelava agli occhi stessi della Porta tutta la fragilità dell'accordo esistente fra i due Gabinetti che nelle presenti complicazioni della quistione odentale possono esercitare un'azione preponderante. La risposta di Rachid-pascià al Generale Ignatiew fu sostanzialmente negativa. Dopo aver conceduto tutto ciò che dalle Potenze garanti le fu chiesto, la Porta ottomana non potrebbe accettare delle trattative che si aprirebbero sopra una nuova base e per le quali la Russia si costituirebbe giudice fra le due parti.

Avendomi però in quei giorni il Ministro di Turchia comunicato un telegramma del suo GoV'erno contenente le lagnanze contro il Montenegro per non avere quel Prinoipato osservato, al dire della Porta, 'le condizioni della tregua relative al rifornimento dei viveri di Niksic, vi presi occasione di una siffatta comunicazione, intesa ~evidentemente a giustificare la 11ipresa più energica delle ostilità, per fare intendere al Signor Carathéodory un linguaggio che non deve avergli lasciato alcun dubbio sulle disposiZlioni del Governo Ltaliano. Dissi al Ministro ottomano che ciò di cui la Porta si <lagnava doveva invece illuminarla sulla vera situazione dei paesi dove ferve l'insurrezione. Quando le popolazioni intiere partecipano ad un movimento, la volontà dei Governanti non basta a piegarle al rispetto di pattuite condi:llioni. La violenza, quando pure si fosse autorizzati od impegnati a farne uso, non raggiungerebbe lo scopo. La Porta Ottomana dov~eva trarre profitto dalLe circostanze che ancora una volta le permettevano di aprire delle trattative sopra una base che rispetta la sua sovranità territoriale.

Il R. Governo non aveva ancora ricevuto notizie dai suoi agenti circa Le cause che avevano impedito di vettovagliare Niksic. Ma quando mi pervennero le più particolareggiate informazioni in propo,sito io potei confermarmi nella opinione che il rifiuto delle popolazioni di somministrare i mezzi di trasporto a turchi fu la sola causa per la quale il convoglio destinato a questa fortezza non potè essere formato.

Sino ad oggi non mi risulta che il Governo austro-ungarico abbia cercato di modificare a Costantinopoli l'impressione che vi aveva prodotto la comunicazione del Conte Zichy. I rapporti che il Conte Corti mi ha indirizzati accennano esclusivamente ad un raddoppiamento di attività nelle disposizioni militari e le notizie telegrafiche che quotidianamente si ricevono sono tutt'altro che rassicuranti.

Non siamo soli, Signor Ministro, a concepire delle vive inquietudini per uno stato di cose che può condurre aHe più temibili complicazioni. Affinchè Ella conosca l'impressione che si aveva a BerLino degli ultimi avvenimenti di Ori1enrte, stimo utile trasmetterle confidenzialmente una copia del rapporto direttomi a questo riguardo il 14 aprile (l) dall'Ambasciatore di Sua Maestà presso quella Corte Imperiale. Non abbiamo ragione di mettere in dubbio per ora l'intenzione del Gabinetto di Berlino di adoperarsi a mantenere fra la Russia e l'AustriaUngheria l'accordo che nella crisi della quistione Orientale vien messo a durissima prova. Il Governo del Re non ha omesso di mantenere a questo riguardo con la Germania uno scambio di idee dal quale si ripromette un buon esito, giacchè, al pari della Germania, l'Italia vede il suo interesse nel mantenimento fra Vienna e Pietroburgo di quel buon accordo che è stato finora e che può essere ancora la principale guarentigia della pace europea.

Ma se noi desideriamo ciò che anzi tutti stimiamo essere nostro peculiare interesse, non dobbiamo da queste speranze !asciarci distrarre per un solo istante dall'osservazione continua dei sintomi che possono segnalare l'aggravarsi di una situazione che è venuta in questi giorni complicandosi assai. Il R. Governo fa particolar conto del concorso che la S. V. gli presta in questa sua politica di osservazione. Per agevolare l'opera di lei stimo anzi opportuno far1e noto che da Belgrado mi venne riferito che ad ogni passo della politica austro-ungarica in quel principato, l'azione degli agenti di Russia e di Austria-Ungheria si palesa sempre meno concorde. Ed ha fatto poi dn me qualche impressione il sapere che da Vienna furono dati ordini ai Consoli imperiali anche nelle provincie turche più lontane dal teatro della insurvezione, perché abbiano da trasmettere a codesto Governo Imperiale notizie complete dei movimeinti delle truppe ottomane indicando la loro forza numerica, i corpi ed i reggimenti ai quali appartengono, la quantità di cavalli, carriaggi ecc. che le accompagnano.

(l) Non pubblicato.

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IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 79. Pietroburgo, 22 aprile 1876.

Ho fatto cenno in aHro mio rapporto n. 78 (2) della cattiva impressione qui prodotta dal discorso del Generale Rodich agli insorti. Era da prevedere che questo spiacevole incidente sarebbe stato sfruttato dagli organi slavofili per provare la giustezza dei lamenti che muovono spesso al Governo pe'l poco calore che dimostra a sostenere la causa dei fratelli slavi e per lasciarsi trarre a rimorchio dall'Austria che ha interessi ben diversi.

Ma ciò che non poteva prevedersi e che reca stupore in un paese in cui la stampa non è del tutto libera, si è l'acerbità del linguaggio usato in questa congiuntura da qualcuno di questi periodici, specialmente dal Nuovo Tempo, che, scendendo alle personaHtà, ha osato dire che il Principe Gortchakoff non era più all'aite·zza dei tempi, ch'ei non comprendeva i bisogni e le aspirazioni della Nazione Russa e che la sua politica doveva quaLificarsi una politica senile ed impotente.

Mi assicurano che il Prefetto di Polizia siasi recato dal Principe Cancelliere per domandargli se ei desiderava che si intentasse u:na procedura contro il Nuovo Tempo e che Sua Altezza abbia risposto che in quanto a lui personalmente egli sentivasi al disopra di simiili attacchi e li sprezzava. Ei quindi lasciava interamente all'Autorità Amministrativa la cura di decidere se conve~ nisse oppur no procedere di uffizio contro quel giornale.

D'altra parte mi viene riferito da persone degnissime di :!lede che i redattori del Nuovo Tempo sono sicuri di rimanere impuniti perchè sentonsi sorretti e sostenuti dalle Corti del Granduca Erede e del Granduca Costantino che sono alla testa del partito cosidetto slavo o nazionale. Infatti fino ad oggi il Direttore del periodico in questione non ha sof:llerto alcuna molestia.

E questo uno dei tanti sintomi che provano la trasformazione lenta sì ma costante che subisce il regime interno della Russia.

(l) -Cfr. n. 30. (2) -Non pubblicato.
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IL MINISTRO A WASHINGTON, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 36. Filadelfia, 22 aprile 1876 (per. il 10 maggio).

Questa Legazione coi suoi rapporti nn. 207 e 209 Serie Po1i.tica delli 13 e 28 Dioembre 1874 ha informato il Governo del Re dei negoziati che in allora si stavano iniziando per un trattato di commercio fra gli Stati-Uniti e le Isole Avajane. I negoziati vennero infatti condotti a termine dal Signor .Aillen, suddito americano, Ministro del Re Kalakaua a Washington e dal Signor Fish ed il trattato fu sottoscritto il 30 gennajo 1875. Approvato dal Senato e ra~ttificato dal Presidente, esso fu discusso in questi ultimi giorni anche dalla Camera dei Rappresentanti ·ed avrà per certo favorevole voto. Oltre le buone dispoSiizioni della Camera e le raccomanda2Jioni del Comitato incaricato di riferire in proposi•to, le Camere di Commercio e le altre associazioni di simi1le natura degli Stati del Pacifico chiedono con insistenza che il trattato sia punto messo in vigore. Per ciò che riguarda le Isole Avajane esso non è che un trattato puramente commerciale che loro accorda facilità a titolo di reciprocHà garantite anche agli Stati Uniti, ma nello stesso tempo però si fanno a questi ulitimi condizioni così eccezionalmente favorevoli sovra altri punti, e non mai viste prima d'ora in qualsiasi conven~ione di simile natura conchiusa con uno Stato indipendente per quanto piccolo esso sia, da attribuire al trattato in discorso una importanza politica tutta speciale che manifesta in modo non dubbio la condotta che il Governo americano tenta di seguire nel Pacifico, diminuirvi cioè per quanto è possibile, l'influenza europea per sostituirvi la propria.

Ho l'onore di qui unire alla E. V. il Testo del trattato col rapporto presentato alla Camera dei Rappresentanti dal relatore Signor Fernando Wood (l) e ne ho marcato i punti più importanti, fra i quali merita speciale menzione l'impegno assunto dal Re Avajano di non conchiudere con altri governi durante il periodo di tempo in cui il •trattato americano-avajano rimarrà in vigore, cioè per sette anni, convenzioni che accordano ad altre nazioni, diritti o concessioni uguali a quelle ora accordate agli americani.

Le dichiarazioni fatte nella Camera dei Rappresentanti dagli oratori che propugnarono la approV1azione del trattato in questione furono esplicite e pressoché conformi a quelle contenute nella relazione del Signor Wood. Essi dissero stare negli intevessi degli Stati-Uniti di allontanare da quei paraggi l'influenza europea e di impedire soprattutto che quel gruppo di Isole cada nelle mani dell'Inghilterra o della Franoia.

Altro indizio della politica americana nel Pacifico lo troviamo nella proposta attualmente so·ttomessa al Congresso, e che sarà assai probabilmente accettata, di restituire al Giappone la indennità di Somonoscki, che· l'E. V. ben conosce in quali circostanze ed a quali condizioni fu ottenuta. Questa proposta era stata fatta già qualche tempo fa, ma giunta al Senato vi rimase sospesa fino a questi ultimi giorni.

Il Governo degli Stati-Uniti non ha altrimenti disposto della somma incassata, per cui ora si tratterebbe di restituirla al Governo giapponese, deducendosi dalla medesima soltanto quella parte che basti a coprire le gratificazioni assegnate ai danneggiati americani e le spese della spedizione. Sinora né l'Inghilterra, né la Francia, né la Olanda che cogli Stati-Uniti parteciparono alla spedizione, non sono disposte a fare altrettanto, ed anzi due anni or sono insisterono presso il Gabinetto di Tokio perché mantenesse i suoi impegni, così il Governo americano si acquista un nuovo titolo di gratitudine e di simpatia dalla parte del Governo giapponese e si procaccia un nuovo mezzo per far "l."alere in quell'Impero la sua influenza.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AI MINISTRI A PARIGI, NIGRA, E A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO

T. 125. Roma, 23 aprile 1876, ore 11,30.

Les représentants des Puissances garantes ont été convoqués hier chez le prince Gor.tchakow qui les a priés d'inviter •leurs gouvernements respectifs à s'associer à la Russie pour empecher la Turquie de commettre un acte de

follie et de suicide en attaquant le Montenegro. L'Italie est prete à s'associe·r à l'action de la Russie à Costantinople pour écarter les dangers de la siltuation. Veuillez, je vous prie, me faire connaitre le plus tòt possible les résolutions du gouvernement auprès duquel vous etez accrédité.

(l) Non si pubblicano.

46

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

(Carte Robilant)

L. P. Vienna, 23 aprile 1876.

Spero Ella vorrà essermi indulgente se mi permetto rivolgermi direttamente a Lei in via particolare per intrattenerla su di un argomento che a mio avviso potrebbe difficilmente venir posto nella sua vera luce col mezzo de1ta corrispondenza ufficiale. Le sempre graditissime relazioni personali ch'io ebbi coll'E. V. ogni qualvolta ebbi il piacere di trovarmi seco a Lei a contatto, mi fanno sperare queste mie righe non Le riusciranno discare. Come già ebbi a porre in rilievo con due miei rapporti, la determinazione che il R. Governo sarà per prendere a l"iguardo della convenzione di Basilea e successivo Trattato di Vienna è aspettata Q.Ui con grande impazienza, ed anzi non posso andar al Ministero senza che mi si chieda se ho ricevuto notizie a1l riguardo. Evidentemente il R. Governo sarà a giorno delle cause che motivano questa preoccupazli.one che il Governo Imperiale divide cogl'uomini d'affari tanto di Vienna che di Pest. Ad ogni modo parmi conveniente di farne cenno all'E. V.

A torto od a ragione, non è il caso di ciò discutere. Ora il Governo Imperiale allorché fu firmato a Vienna il Trattato che sanciva la Convenzione di Basilea si ritenne sicuro della successiva approvazione per parte del Parlamenro, ed ebbe a dar assicurazioni in tal senso aJlla società. Conseguentemente, questa più non si preoccupò di ricercare i fondi onde far fronte ai pagamenti della prossima scadenza facendo assegno sul1e somme che l'Italia avrebbe sborsato. Questa misura venendo a fallire ove la convenzione di BasHea non avesse altro seguito, la Società si troverebbe in imbarazzi abbastanza gravi, da poter esercitare un pesantissimo contraccolpo in questa piazza già si terribilmente colpita dalla perdurante crisi. Del nuovo disastro che potrebbe nascerne, non v'ha dubbio se ne darebbe causa all'Italia, senza arrestarsi alla considerazione che un nuovo gabinetto non è affatto tenuto ad accettar un trattato stipulato da quello che lo precedette, mentre non sono ancora intervenuti quegl'atti finali necessa11i a farne una Legge dello Stato. Non è però meno vero che il Governo mentre conserva la sua libertà d'azione deve cercare di prevenire per quanto è possibile che le conseguenze che saranno per derivare dalle sue decisioni, possano nuocere alle buone relazioni fra i due Stati. Questo risultato sembrami si raggiungerebbe ove mi si ponesse in grado di preparare con acconcio linguaggio il terr.eno ad accogliere il meno possibile sfavorevolmente l'ufficiale annuncio che si sarà per dave delle nostre determinazioni. Mancando assolutamente fin qui d'iStru

8 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

zioni al riguardo, sono costretto a mantenere una riserva tale, che ben certo le nostre relazioni qui ne soffrono: tanto più in questi momenti in cui per essere bene 'informati converrebb€ mantenermi ~n continuo contatto col Ministero Imperiale deg1i Affari Esteri. Riterrei quindi, ripeto, tanto più necessario l'E. V. mi facesse conoscere tosto che Le sarà possibile il linguaggio preparatorio nella quistione di cui è caso, che io dovrò tener qui. Ove poi anche il Governo credesse più conveniente io perdurassi nell'assoluta riserva sin ad oggi osservata sarebbe pur sempre bene che almeno un filo di luce onde guidarmi nelle tenebre io l'avessi; poiché il silenzio stesso deve assumere a seconda delle circostanze forme diverse, e solo si può esser sicuro di non compromettersi allorché si ha idea almeno di ciò che si deve tacere.

Colgo poi quest'occasione per ringraziarla Eccellentissimo Signor Ministro per le gentili e fiduciose parole ch'ella ebbe la cortesia di farmi dire a nome suo dal Conte Tornielli.

47

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 253. Vienna, 24 aprile 1876, ore 15 (per. ore 17).

Je confìrme mon télégramme d'hier (1). Le comte Andrassy avait fait déjà démarche à Costantinople pour empecher attaque du Monténégro, quand il a appris par l'ambassadeur à Pétersbourg la réunion des représentants des puissances garantes convoquée par le prince Gortchakow. J'ai Iieu de croire que cette démarche de la Russie auprès des autres puissances, aui n'était pas concertée ici à ... (2) à Vienne. On n'en fait cependant semblant. Du reste, il parait que la Turquie a renoncé depuis plusieurs jours à attaquer le Monténégro et que le prince Gortchakow le savait déjà quand il a convoqué les représentants des puissances. La politique de non intervention est toujours la seule avouée ici et, à ce qu'on m'a aussuré au Ministère, là s'arrète l'engagement avec la Russie. Je puis me tromper, mais je crois que la Russie ne tardera pas beaucoup à proposer un Congrès pour effacer les dernières traces du Congrès de Paris et gagner du temps.

48

IL MINISTRO A WASHINGTON, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 257. Washington, 24 aprile 1876 (per. ore 10,20 del 25).

Commission centennal exprime vif désir illustre senateur Verdi honorer centenaire indépendance envoyant composition exécuter 4 juillet. Feuple américain appréciera hautement faveur. Je recommanae cet nummage umque art 1talien, autres compositeurs ont seulement contracts entrepnses partiCulières.

(l) -Non pubblicato. (2) -Gruppo indecifrato.
49

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AL MINISTRO A WASHINGTON, BLANC

D. 7. Roma, 24 aprile 1876.

Mi è regolarmente pervenuto il pregiato rapporto politico, N. 31 (l) al quale era annessa copia del carteggio da Lei scambiato col Signor Fish, circa gli uffici che il Govemo degli Stati Uniti si incaricò di fare, presso H Govemo di Venezuela, per agevolare la soluzione della controversia relativa ai reclami italiani.

Mi riservo di risponderle di proposito sopra questo argomento. Stimo utile di comunicarle, intanto, quanto mi scrive sopra analoga materia il R. Ministro all'Aja.

In una recente conversazione dl Signor de ViNebois, Ministro degli affari esteri, disse al Commendatore Bertinatti che il Signor Birney, nuovo Ministro degli Stati Uniti, or ora giunto all'Aja, gli aveva proposto, a nome del Signor Hamilton Fish i buon uffici del Governo Federale, al fine dti comporre il conflitto tra il Venezuela ed i Paesi Bassi, e di rendere possibile tra i due Govemi il ristabilimento delle relazioni diplomatiche. Il signor de Villebois avrebbe risposto al Signor Birney che il Gabinetto neerlandese, mentre non rinunciava ad assestare direttamente la controversia col Venezuela, era però gratissimo al Governo di Washington per la sua amichevole profferta, e disposto ad esaminare con sollecitudine e col massimo buon volere qualunque formale proposta gli venisse fatta nel conseguimento dello scopo desiderato.

Il Signor de Villebois ed il Signor Birney sarebbero rimasti sulle generali, coll'intenzione di scandagliare le reciproche disposizioni anziché con quella di entrare senz'altro a discutere il merito della vertenza. Dal racconto che del colloquio gli fu fatto dal Signor de Villebois, il Commendatore Bertin:atti crede anzi di poter inferire che il Gabinetto dell'Aja non abbia molta premura di accettare l'intromisisone ufficiosa del Governo federale e forse avrebbe preferirto farne senza. Ed il Commendatore Bertinatti, H quale ha incontestabHe esperienza delle cose americane, osserva a questo proposito non essere forse affatto fuor di luogo il Timeo Danaos, quando gli Stati Uniti cercano d'intromettersi fra gli Stati americani e gli Stati Europei.

L'avvertenza del Signor Commendatore Bertinatti ed il fatto che gliene porge occasione non sono certo di tal natura da farci mutare d'atteggiamento rispetto al metodo che noi abbiamo prescelto per giungere ad u:na soddisfaoente solu:zJione degli affari nostri che sono tuttora pendenti al Venezu:ela. Però sembra che vi si debba attingere nuovo argomento per mantenersi, rispetto alla vertenza dell'Olanda col Venezuela, in quel giusto riserbo a cui ,fin da principio si informò, in questa fase la trattazione della nostra condotta.

Il) Non pubblicato.

50

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 457. Vienna, 24 aprile 1876 (per. il 27).

Siccome ebbi l'onore di telegrafarle or ora (1), confermando il mio telegramma di ieri (2), in risposta a quello direttomi il giorno stesso dall'E. V. (3), il Gabinetto di Vienna non ebbe contezza che a cosa fatta della convocazione fatta a Pietroburgo dal Principe Gortchakow dei Rappresentanti delle Grandi Potenze; però esso aveva già in antecedenza incaricato il Conte Zichy di porre la Sublime Porta in seria avvertenza, intorno ai pericoli a cui Essa andrebbe incontro, attaccando il Montenegro, siccome accennavano le notizie qui pervenute. Il Gabinetto di Vienna aveva già del pari dato a Costantinopoli analoghi consigli di prudenza, onde procurare l'armistizio cogl'insorti venisse tacitamente prolungato: ma la Sublime Porta, a fronte delle pretese sollevate da quelli, non aveva creduto dar ascolto a quei pacifici suggerimenti. Miglior successo parmi abbiano avuto le pratiche fatte dal Conte Zichy, onde impedire l'azione immediata contro al Montenegro, poiché, da quanto mi risulterebbe oggi, si è rinunciato pel momento a quest'idea.

Come già altra volta, il Gabinetto di Pietroburgo fece testé appello alle altre Grandi Potenze senza presentire sulla convenienza di questa misura il Gabinetto di Vienna; forse ciò fece in paPte per rappresaglia del fatto di cui ebbe a mostrare la sua spiacenza qui, che il Conte Andrassy avesse spiegato poco fa un'attitudine minacciosa a Belgrado, senza prima concertare col Principe Gortchakow; forse anche perché, tra,ttandosi del Montenegro, teneva a vincolare a sé l'Europa in un primo atto, che potrà avere conseguenze, il cui svolgimento sta precipuamente a cuore alla Russia.

A mio avviso la questione dell'insurrezione nelle Province Turche è entrata nella sua seconda fase, poiché la prima, quella della pacificazione a mezzo dell'azione mediatrice, il di cui punto culminante fu la Nota Andrassy, sembrami si possa, senza peccare di pessimismo, ritenersi fallita.

Quale sarà questa seconda fase? Ecco un grave problema intorno al quale di:lìficile sarebbe fare presagi. L'Austria, sebbene non si nasconda affatto l'insuccesso dell'azione pacificatrice, pure manifesta, più ,esplicitamente che mai il suo intendimento di rimaner ferma nel non .intervento. Ma la Russia dividerà essa pure questo modo di vedere? A me parrebbe di no. Le frasi stesse, di cui il Principe Gortchakow si servì per qualificare la condotta della Porta, nel caso avesse ad attaccare il Montenegro, non sono atte a far concepire fondata speranza che il Gabinetto di Pietroburgo sia disposto ad accontentarsi di guardare gli abitanti delle Province Balcaniche morire coi Turchi in uno stesso • bouillon •'

come sempre io ebbi a far rilevare a codesto Ministero, l'alleanza dei tre Imperatori non ebbe mai un obiettivo definito; il suo scopo fu sempre negativo, la conservazione per intanto della pace e dello statu quo in Oriente, senza preoccuparsi anzi tempo del da farsi, il giorno in cui lo sviluppo dei fatti, a cui in verità non tutti restano sempre spettatori indifferenti, necessitasse un'azione qualsiasi. A questo giorno parmi si possa dire si sia vicino. Già un pajo di volte mi si accennò qui alla possibilità di un futuro congresso, (non però il Conte Andrassy, che mai ebbe a dirmene parola); ciò non di meno non crederei l'iniziativa abbia mai a venirne da Vienna. Riterr.ei invece probabile che, allorquando la confusione sarà giunta al colmo, e Pietroburgo e Vienna non si intenderanno più affatto fra di loro, (eventualità che, checché se ne dica ufficialmente qui, non è molta lontana), sarà da Pietroburgo che verrà l'1iniziativa, e così anche in ciò si verificherà il fatto fin qui constatato, che mentre ufficialmente il centro dell'azione diplomatica fu stabilito e si mantiene a Vienna, l'impulso direttivo viene da Pietroburgo.

Sarà mia cura tenere esattamente al corrente l'E. V. della situazione qui, per quanto mi sarà possibile conoscerla con precisione; non posso però nasconderle che assai difficile mi è l'avere informazioni un po' positive, poiché nello scambio di idee, intol'no all'attuale crisi, il Gabinetto di Vienna non ama uscire dalla cerchia dei tre Gabinetti Imperiali. Nel ciò constatare devo però dire che alle interrogazioni, che mano mano mi trovo in circostanza di dover fare, sia al Conte Andrassy che al Barone Hofmann, sempre mi si risponde con cortesia e larghezza anche nei particolari e negli apprezzamenti, che, ho avuto occasione di accertarmi, è maggiore di quella usata con altri miei colleghi rappresentanti di Grandi Potenze.

(l) -Cfr. n. 47. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 45.
51

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 2538/608. Londra, 24 aprile 1876 (per il 29).

Ho l'onore di accusare ricevuta dell'ossequiato Dispaccio dell'E. V., in data delli 19 corrente, n. 429 di questa Serie (1), col quale Ella m'annunziava l'arrivo, nei primi giorni del mese entrante, in questa Capitale, di S. E. il Conte Menabrea, Marchese di Va,ldora, Ambasciatore di Sua Ma.està presso la Corte di Sua Maestà Britannica. E mi reco a premura d'informare l'E. V. che non ho mancato di partecipare l'annunzio dell'arrivo suddetto a Pmncipale Segretario di Stato di Sua Maestà per gli Affari Esteri e che, in data d'oggi, ho iniziato le pratiche necessarie affinché S. E. sia provveduto di quelle agevolezze doganali che sono d'uso in casi consimili.

(l) Non pubblicato.

52

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 80. Pietroburgo, 23-25 aprile 1876 (per. il 2 maggio).

Come ebbi l'onore di annunziare per telegrafo a V. E. (l) fui jeri mattina invitato dal Principe Gortchakoff a rendermi da lui al Ministero degli Affari Esteri a mezzogiorno. Trovai li adunati aUa stessa ora gli Ambascdatori di Alemagna, Austria-Ungheria, Francia ed Inghilterra.

Il Principe Cancelliere visibilmente commosso incominciò a dirci che oi aveva convocati d'ordine dell'Imperatore per comunicarci le gravi notizie che erano giunte da Costantinopoli. Ci lesse quindi un ,telegramma del Generale Ignatieff sul quale era detto che il giorno 20, quando fu noto l'esito della spedizione intrapresa da Mouktar Pacha per approvigionare la fortezza di Niksitch, che non ebbe un pieno successo perché alle bande insorte erasi agg1iunto un corpo di 7 mila Montenegrini, l'eccitamento fu al colmo a Costantinopoli, ed in un consiglio di guerra che fu adunato lo stesso giorno fu deciso di muovere guerra al Montenegro. Aggiungeva H Generale Ignatieff che Dervish Pacha, Ministro della Guerra, offrivasi di porsi a capo dell'intrapresa e ripromettevasi di venirne a capo in poco tempo facendo convergere verso la montagna da un lato, le truppe che sono a Scutari ed una parte di quelle che sono al confine Serbo dall'altro; che questo partito fu vinto in consiglio, che il Sultano (e questo pareva più grave al Principe Gortchakoff) avrebbe fornito i fondi necessarii dalla sua cassa particolare; che il partito militare e fanatico prendeva il sopravvento, e che il Gran Vizir Mahmoud Pacha, débordé dagli eventi lasciava fare.

Il Principe Gortchakoff, riprese col dire che non aveva bisogno di farci notave la gravità di tali notizie che avevano altamente indignato l'Imperatore.

L'atto che la Porta si preparava a commettere era una follia, anzi un suicidio. Se persistesse in esso la Russia non potrebbe più onorevolmente contenere la Serbia 'e le altre ProV'incie turche, l'Albania, l'Epiro, la BulgaDia che si sarebbero tutte sollevate ed avrebbero messo in fiamme tutta la penisola dei Balcani. Il Governo dell'Imperatore opinava che in questa congiuntura una pressione in comune esercitata a Costantinopoli dalle Grandi Potenze varrebbe forse a distrarre la Porta dall'andare a pericolosa impresa e a scongliurare una crisi tanto terribile.

Egli quindi ci invitava a riferire per telegrafo ai nostri rispettivi Governi lo stato delle cose, e ad esortarci a dare senza alcuna perdita di tempo le opportune istruzioni ai loro Rappresentanti presso la Sublime Porta.

L'Ambasciato11e di Francia nella sua qualità di Decano fu il primo a rispondere che agli anche considerava come gravissimi i fatti accennati dal Principe Cancelliere, che si sarebbe affrettato a telegrafare al Governo Francese la proposta del Governo Imperiale e che ei non dubitava della buona accoglienza che avrebbe incontrata a Parigi. Esprimemmo poi a tutti man mano la stessa fiducia per conto dei Governi che avevamo l'onore di rappresentare; solo l'Amba

sciatore Austro-Ungarico credé dover aggiungere di essere convinto che il Conte Andrassy senza aspettare l'invito della Russia, avrà già fatto fare serie rimostranze a Costantinopoli contro la inconsueta deliberazione presa.

Esaurito questo punto l'Ambasciatore d'Inghilterra chLese di fare due osservazioni l o cioè che non gli pareva fossero state fedelmente eseguite le condizioni dell'armistizio posciaché i Turchi non avevano potuto in quel frattempo approvigionare Niksitch siccome era stato convenuto 2° che varrebbe la pena di accertarsi se fosse vera oppure no l'asserzione di Mouktar Pacha cioè a dire che tra le fila degli insorti avessero combattuto 7 mila Montenegrini.

Il Principe Cancelliere riprese in quanto al primo punto, che se Nikitsk non poté essere approvigionata durante l'Armistizio ciò non avvenne per colpa del Montenegro ma per la mancanza dei mezzi necessari al trasporto delle vettoV'aglie; e in quanto al secondo punto, egli non negava che tra le ,fila degli insorti vi fossero dei Montenegrini dappoiché non era in potere del Principe lo impedire che questo accadesse, ma ciò che egli poteva assicurare senza tema di essere smentito, si era che un corpo di truppe, forte di 7 mila uomini, fosse stato inviato dal Montenegro in sostegno degli insorti.

Sua Altezza faceva 1inoltre notare come non fosse possibile a Mouktar Pacha il distinguere i Montenegrini dagli insorti Erzegovinesi, Bosniaci o Serbi essendoché tutti vestono il medesimo costume e parlano la stessa lingua.

E dopociò prendemmo tutti commiato dal PI"Iincipe il quale doveva recarsi dall'Imperatore (1).

P.S. 25 aprile 1876.

"Ricevetti jeri mattina il telegramma col quale V. E. nel compiacersi di farmi conoscere le istruzioni date al Conte Corti mi dava incombenza di comunicarle al Principe Gortchakoff. Non mi fu possibile di vedere il Principe in giornata perché trattenuto dall'Imperatore, ma il Barone di Jomini mi disse che Sua Altezza aveva ricevuto notizia telegrafica dal Barone Uxkull de l'exellent démarche fatta fare dall'E. V. a Costantinopoli* (2) et à laquelle le Prince a été très sensibte. Sono le sue precise espressioni.

Egli mi annunziò che le notizie giunte da Costantinopoli accennavano ad un notevole miglioramento della situazione e se ne mostrava soddisfattissimo. Mi astengo dal riferirle a V.E. nella sicurezza che le avrà ricevute direttamente da quella R. Legazione.

Da tutto quello che è accaduto nei giorni scorsi a me pare che possiamo trarre la conclusione che i propositi della Russia sono più che since,ri in quanto al mantenimento della pace europea, e che essa nel desiderare il miglioramento della condizione dei sudditi non mussulmani della Porta non sia mossa da alcun secondo fine, da a1lcun interesse egoistico. Ché se altrimenti stesse la cosa il Gabinetto Imperiale si sarebbe cevtamente astenuto di ricorrere all'azione collettiva delle Grandi Potenze per distogliere il Governo Ottomano dalla rovinosa via in cui accingevasi ad entrare.

(l) Cfr. n. 40.

(l) -Edito in LV22, pp. 149, 150. (2) -Il brano tra asterischi è edito in LV22, p. 150.
53

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 263. Cairo, 26 aprile 1876, ore 10,30 (per. ore 13).

Vice roi a suspendu paiements parce que les propositions des banquiers français trop graves. Après la suspension on a imaginé plusieurs probabilités sur la base d'unifier la dette. Ce matin M. Scialoja a conféré avec lé vliceroi sur les réformes conseillées. En méme temps, viceroi lui a dit que les banquiers f11ançais ont envoyé secrètement à Paris projet que le Gouvernement français a communiqué à l'Angleterre pour le faire accepter afin de le lui imposer l'accord. Le projet serait de consolider la dette flottante de 18 millions L sterling, sans tenir compte de l'augmentation des cinq millions pour dépenses de guerre et autres ·causes, sans comprendre bons Dai:ra, en émettant au prix de 400 des obligations de 500 à 7 %; toutes les autres dettes consolidées méme de prochaine extinction, prorogées à 60 ans. Viceroi croit que Gouvernement anglais n'a pas accepté. Il était irrité du procédé des banquiers; il a parlé d'un décret pour établir consolidé forcé. Vraiment, à l'état actuel des choses, il est difficile de comprendre ce qu'on entend par consolidé volontaire. Convaincus que l'ltalie interviendradt dans un accord entre la France et l'Angleterre, nous tenons toujours la méme langage: commencer faire réformes, hilter solution, éviter in:6luenc.e exclusive d'une seule puissance. L'opération forcée ne ferait pas changer nos conseils; on pourrait également atteindre ce but.

54

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1587. Berlino, 26 aprile 1876 (per. il 30).

J'ai eu hier avec le Secrétaire d'Etat l'entrevue que j'ai eu l'honneur de vous annonce·r par mon rapport n. 1586 (1). D'après les renseignements qu'il m'a fournis, le Baron de We11ther, dans la nuit du 23 au 24, a reçu l'instruction de se joindre à la démarche ayant pour but de dissuader la Turquie d'envahlr le Montenegro. Les représentants de la Russie et de l'Angleterre à Constantinople avaient déjà reçu du Grand Vizir l'assurance qu'aucun ordre n'avait été donné à cet effet; qu'il s'agissait seulement de former un c·amp d'observation à Scutari en suite de l'avis transmis par Moukhtar Pacha sur la participation des Monténégl1ins aux del'niers engagements. Quoiqu'il en soit, les Puissances par l'organe de leurs chefs de Mission ont vivement engagé la Porte à se préter à la conclusions d'un nouvel armistice qui permettrait de mieux reprendre le fil des négo

ciations. Le Gouvernement turc s'était montré disposé à entrer dans cette voie, à la condition du ravitaillement de Niksdch par le Montenegro. C'était là un point stratégique trop important pour le 'laisser tomber au pouvoir des ennemis. Le Prince de Montenegro consentait à ravitailler cette piace, pourvu que la Turquie s'engageat à traiter avec les insurgés sur la base des six demandes formulées par ceux-ci dans le mémoire qu'ils ont présenté au GouveMeur de la Dalmatie, Géné!'al de Rodich.

Il reste à savoir si cette dernière prétention sera admise à Constantinople, où l'on ne doit pas ignorer que, tout d'abord du moins, H existait à cet égard une certaine divergence de vues entre Vienne et St. Pétersbourg.

Dans le cas où ces négociations prél,iminaires n'aboutiraient pa~s, laisserait-on les belligérants en tete-à-téte? Se contenterait-on de localiser autalnt que possible le conflit et de sauvegarder les intérets généraux de l'Europe, en attendant que les circonstances permettent de proposer aux combattants une solution acceptable? J'ai fait une allusion dans ce sens à M. de Btilow. Il m'a répondu que sur ce point il n'y avait pas entre les Puissances une entente explicite, mais qu'il lui semblait qu'une semblable attitude rentrait assez dans la situation actuene des choses. L'accord qui vient de s'établir entre les Cabinets à propos des velléités de la Turquie contre le Montenegro, est un nouveau témoignage de leur volonté de concourir au maintien de la paix universelle. C'est là une garantie des plus sérieuses pour le présent et pour l'avenir.

M. de Btilow n'a pas soufflé mot sur les entretiens qui viennent d'avoir lieu entre le Prince de Bismarck et le Comte Schouwaloff qui s'est arreté deux jours à Berlin en retournant à Londres. Je suis réduit à faire des conjectures, celle-ci, ~entre autres; s'il y a eu quelques dissentiments entre Vienne et St. Pétersbourg, l'e Chancellier Allemand aura travaillé à les écarter. C'est dans son ròle de mettre ces deux Puissances d'accord, et de se joindre à elles ensuUe, pour suivre un programme commun de paciiitcation. J'incline meme à croire qu'il a réussi à amener une transaction au sujet des demandes qui émanent des insurgés. Ce ne sont plus, il est vrai, les Cabinets qui recommandent euxmemes la requete, mais le Montenegro n'attacherai~t pas le grelo't s'il ne comp

tait pas sur quelque appui.

Le Secrétaire d'Etat a passé aussi sous silence l'abstention de l'Angleterre de répondre, jusqu'ici du moins, à l'invitation de la Russie en faveur du MQin• tenegro. Lord Odo Russell l'explique par une lenteur peut-etre calculée de la part de son Gouvernement à suivre une initiative de la Russie, qui pourrait couvrir quelque arrière-pensée. En conviant l'Europe à une semblable démarche, eUe semblerait donner un encouragement à l'insurrection qui certes n'a pas besoin, au train où elle marche, de recevoir une nouvelle impulsion. Je, me borne à rapporter cette manière de voir qu'il iiaut attribuer évidemment à l'esprit de défiance de la diplomatie anglaise contre la politique russe.

Je sais par mon Collègue de Grèce que le Roi Georges visitera également Berlin à son retour de St. Pétersbourg. Au dire de C'e diplomate, ce voyage n'aurait pas de significaHon politique. Oela n'est guère admissible en présence des très graves complications qui surgissent en Orient. Sans vouloir prétendre que ce Souverain se pose déjà comme un des héritiers en cas de dislocations de l'Empire Ottoman, il est à supposer qu'il cherchera du moins à mettre à profit ses relations de famille avec la Russie, à se ménager des influences à Berlin pour favoriser éventuellement les intérets et les aspirations de son peuple. Il n'est pas de petits Princes qui ne rèvent parfois à jouer le ròle du Piémont au point de vue national. Dans leurs présomptions ambHieuses ils oublient que, pour arriver à un pareil résultat, il a fallu le patriotisme éclairé et à toute épreuve de Notre Auguste Souverain, secondé par le dévouement et la sagesse du peuple, ainsi que par le génie de l'homme d'Etat dont le nom occupe une piace si élevée dans l'histoire.

(l) Non pubblicato.

55

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI

T. 135. Roma, 27 aprile 1876, ore 23,45.

Si vous etes interrogé vous pouvez répondre que les Princes de Piémont arriveront à St. Pétersbourg entre le 15 et le 20 Juillet.

56

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO AGLI ESTERI, MELEGARI

R. 459. Vienna, 27 aprile 1876 (per. il 3 maggio).

Segno ricevuta all'E. V. del Suo ossequiato dispaccio del 22 corrente,

n. 197 (1). Le informazioni e le considerazioni in esso svolte concorsero a viemmeglio chiarirmi gl'intendimenti del R. Governo nell'attuale complicata situazione, e sarà mia cura conformarvi la mia attitudine· ed il mio linguaggio. Ringrazio poi la E. V. per la confidenziale comunicazione datami dell'importante rapporto del R. Ambasciatore a Berlino in data 14 di questo mese (2).

Quanto più so e posso mi studio di tenere a giorno l'E.V. dello svolgimento delle successive fasi che sta traversando l'azione· diplomatica, relativa agli affari d'Oriente, per quanto ne traspira qui. Non mi nascondo però che talvolta nel riferire apprezzamenti e talvolta anche fatti, mi succede di cadere in contraddiZJ:ioni che l'E. V. non sempre riescirà a spiegarsi facilmente. Ma la ragione di queste contraddizioni ha in parte origine dél!lla fragilità delle basi su cui riposa la comune azione dei Gabinetti di Vienna e di Pietroburgo, causata dall'evidente doppia corrente a cui si ispira la condotta del Governo Russo, in parte anche poi dall'incertezza con cui procede il Conte Andrassy in questa vertenza; poiché, mentre Egli vorrebbe mantenere pienamente fermo l'accordo col Principe

Gortchakow, non può a meno di preoccuparsi del fatto evidente che vi ha in Russia un forte parHto che con tutti i mezzi esplica la sua azione in un senso non solo contrario agli interessi Austro-Ungarici ma anzi assolutamente ostile a questo Impero.

Un tale stato di cose dà origine a discrepanze d'apprezzamenti ed anche talvolta ad atti diplomatici, che producendosi senza previo concerto fra le due Cancellerie, sono poscia causa di stiracchiamenti e malumori, che giungendo a cognizione della stampa e da questa ingrandit:i, reagiscono nella opinione pubblica dei due Paesi, rendendo così più difficile il mantenimento dell'accordo sostanziale almeno fra i due Gabinetti. Lo stesso stato di cose produce degli alti e bassi e conseguentemente dei disguidi anche non lievi nelle impressioni di chi osserva da vicino; e di necessità i miei rapporti se ne risentono. Ciò malgrado, è mio avviso, che erroneamente s'apporrebbe chi dichiarasse fin d'ora scossa l'alleanza fra i due Imperi: se la fiducia in essa, per parte delle altre grandi Potenze non verrà meno, e se queste sapranno ,e vorranno far prevalere a Costantinopoli consigli di prudenza e di moderazione, si eviteranno molto probabilmente quegli atti inconsulti a cui la Porta potrebbe lasciarsi trascinare, ove si ingenerasse in Lei l'idea della possibHi,tà di vedere l'Europa divisa in due campi; ed in tal modo non è ancora dimostrata al dì d'oggi l'impossibilità che per un certo lasso di tempo la pace sia ridonata alla Penisola dei Balcani, mediante la leale esecuzione per parte della Sublime Porta e l'accettazione da parte dei Cristiani di quelle provincie, delle riforme contenute nella nota del Conte Andrassy. A parer mio nella presente crisi chi giuoca una delle parti principali si è il Montenegro, poiché a Cettinje fanno indubbiamente capo i fili di tutti gli intrighi. Generalmente si assicura che il Principe Nikita ad altro non miri se non ad acquistare qualche pezzo di territorio, probabilmente un porto sull'Adriatico. Sembra anzi fuori di dubbio che la Porta sarebbesi già mostrata disposta a soddisfare queste sue aspirazioni, pure di acquistarsi il suo disinteressamento dall'insurrezione. La Russia caldeggia, a quanto mi si assicura, questa concessione. L'Austria vi si mostra affatto contraria ed il Conte Andrassy ebbe ad esprimersi chiaramente in tal senso, tanto con me come con alcuni miei colleghi, dicendo che ciò apparirebbe un premio dato alla ribellione e quindi sarebbe di pessimo esempio per gli altri Stati vassalli, un fatto dunque grave di const>guenze. Molto probabilmente il Conte Andrassy, nel ciò dire, tace il meglio di ciò che pensa, perché egli non può a meno di veder chiaro nei progetti della Russia, in questa speciale faccenda, i quali sarebbero, se mal non m'appongo, d'ingrandire il Montenegro in maniera che per necessaria consegue!lza le Bocche finiscano per far parte del Pvincipato e così Cattaro diventi un porto montenegrino, cioè russo. A dire il vero però io non posso dividere questo modo di giudicare la politica montenegrina e checché se ne dica io persisto a credere che il Principe Nikita ha ben più alte aspirazioni; già fin d'ora Egli ha ottenuto il risultato, d'incontestabile importanza, di farsi accettare dall'Austria e dalla Russia, non occorre il dirlo, siccome il mediatore necessario fra gli insorti e le Potenze; la Turchia stessa è disposta ad accogliere il suo concorso per vettovagliare Niksitch. Ove l'insurrezione ottenesse fra breve grandi vantaggi, ovvero la Turchia riescisse prontamente a farla finita con essa, il Montenegro si troverebbe anzi tempo al termine dell'opera sua e non potrebbe attenderne altro guiderdone se non in lie~i vantaggi territoriali di r:ui più sopra parlai. Ma diversamente potrebbe succedere, se la cosa tirasse in lungo, poiché la posizione che già Egli si è fatta presso gli Slavi del Sud si sarebbe rafforzata e per logica necessità, flinirebbe per toccargli un ingrandimento ben altro di quello che sponte o spinta sarebbe forse non del tutto contraria a dargli oggi la Porta. Se le mie informazioni sono esatte, ed il crederei, poiché ieri esse mi furono confermate al Ministero dove pervennero da altra fonte, il Pvincipe di Montenegro darebbe un'effettiva prova di questo suo intendimento di far tirare le cose in lungo, poiché, mentre mostrasi pronto a riconfermare in questi giorni l'impegno già assuntosi di far vettovagliare Niksitch, se i Turchi accordano un nuovo armistizio agli insorti, ed ha l'aria di starsene colle mani alla ci!nto[a, aspettando l'esito dei negoziati in proposito intrapresi dall'Austria a Costantinopoli, segretamente poi farebbe pervenire alla città assediata l'indispensabile quantità di viveri necessari affinché la resistenza della sua guarnigion,e possa durare e, così non venga troppo presto a mancare il suo attuale precipuo mezzo di azione sulle Potenze e sulJa Turchia. Se fosse vero il fatto sarebbe abbastanza strano e tale, come dissi, ho luogo di ritenerlo perché confermatomi da sorgenti assolutamente diverse ed entrambe ottime.

(l) -Cfr. n. 42. (2) -Cfr. n. 30.
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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 144. Costantinopoli, 28 aprile 1876 (per. il 5 maggio).

Approfitto della gentile offerta fattami dal mio collega di Inghilterra del suo corriere per Brindisi, onde sot1:omettere a V. E. alcune considerazioni generali sul presente stato delle cose in Oriente.

L'insurrezione dell'Erzegovina scoppiava nell'estate scorsa. Non si trattava allora che di piccola scintilla; però le Potenze Garanti se ne preoccuparono seriamente, poiché nelle presenti condizioni dell'Impero piccola scintilla poteva ben presto convertirsi in grave incendio. Se ne preoccuparono sovrartutto 1i tre Imperii, due di essi per avere in Oriente interessi diretti e della più grande importanza, il terzo per ragioni indirette e facili a comprendere. I rispettivi Governi s'intesero quindi sulla condotta da seguire in quene emergenze. La prima misura adottata fu quella d'inviare dei Consoli delegati nell'Erzegovina, i quali avessero ad intromettersi presso gli insorti affine di indurii a deporre le armi. Il concetto primitivo di questa missione appartiene all'Austria; però rtostoché la relativa determinazione fu presa, grazie sopratutto agli ufficii della Russia, essa fu comunicata ai Governi deHe tre altre Potenze Garanti perché vi aderissero. L'E. V. conosce il risultato di questa missione. I Consoli delegati fecero i rispettivi l'apporti e proposero 'la soluzione che, a loro avviso, era atta a risrtabil'ire la pace sopra solide basi. Ma, le cose non erano mature per siffatta soluzione, né la m1sswne Consolare ebbe altro seguito. Il Cancelliere AustroUngarico propose indi d'incaricarsi di formulare un progetto di radicali riforme che avrebbero per effetto di pacificare le provincie insorte. Gli altri cinque Governi sostennero il progetto Andrassy, poiché nessuno di essi poteva assumere la responsabilità del rifiuto, ma non si fecero sede Hlusioni sull'efficacia di esso. Il Generale Ignatiew, il quale meglio d'ogni altro conosce le condizioni di questo Stato, non espresse mad alcuna fiducia nella riuscita del progetto Andrassy, ed anzi affettò di lasciare al Conte Zichy l'iniziativa di tutti i passi da farsi presso la Sublime Porta.

L'Ambasciatore di Germania in questa residenza non fa che agire secondo l'avviso del Generale Ignatiew. Quello di Francia segue perfettamente la linea di condotta riservata e prudente che fu sì saggiamente adottata dal Duca di Deeazes. Fu diversa l'impressione provata in quelle congiunture dall'Ambasciatore Inglese il quale fu d'avviso che troppo si domandava alla Sublime Porta per le riforme suggerite dal Cancelliere Austro-Ungarico. Vi fu quindi qualche esitazione da parte del Governo Britannico; però la Sublime Porta stessa avendo fatto sentire come essa fosse disposta a sobbarcarsi, ed anzi avendo manifestato il desiderio che non vi fosse disaccordo tra 1le sei Potenze Garanti, Lord Derby si decideva a cooperare cogli altri Governi. Alla quale risoluzione suppongo contribuisse eziandio il desiderio di non fornire lo spettacolo di un isolamento impotente. La Sublime Porta adottava dunque il progetto Andrassy e prendeva le idonee misure per darvi piena esecuzione. Ne seguiva la missione del Barone Rodich per far comprendere agli insorti i benefizii che loro venivano conferiti per le riforme concesse. L'effetto fu come se si avesse voluto spegnere un incendio con una goccia d'acqua.

Tutto l'inverno si passò dunque in deHberazioni, scambi d'idee, risoluzioni che non condussero ad alcun risultato; ed all'aprirsi della primavera la situazione dell'Impero si presentava la più grave che mai. Gli insorti dell'Erzegovina e della Bosnia tuttavia in armi, incoraggiati dai recenti successi, decisi a continuare la lotta; il Montenegro lusingato dalle recenti dimostrazioni di deferenza, penetrato della sua potenza; la Serbia meglio prepararta ad entrare in campo; le popolazioni Slave dell'Impero Austro-Ungarico ansiose d'accorrere in aiuto dei nazionali oppressi; le altre provincie Turche di Europa in attesa del momento opportuno per sottrarsi all'odiato giogo.

D'altra parte un Governo impotente a far fronte a tante difficoltà, privo di mezzi, combattuto da continui intrighi di Palazzo, diffidente dei consigli altrui, incapace di grandi risoluzioni proprie.

Che avverrà in tali circostanze? La situazione dell'Impero è gravissima, ma non v'ha dubbio che fintanto che le sei Potenze Garanti rimangono d'accordo, l'Europa non corre alcun pericolo di guerra. Dirò di più, se i tre Imperi s'intendon0 tra loro le difficoltà s'aggiusteranno in ogni caso senza violenti scosse. Quando io venni a Costantinopoli nel passato Settembre ebbi tra gli altri l'incarico di ;:;candagliare, per quanto si poteva in questa residenza, il cararttere dell'alleanza dei tre Imperi, affine di conoscere specialmente se si trattasse solo di un accordo incidentale oppure esistesse un'intelligenza per l'avvenire. La triplic'e alleanza offuscava in quel tempo lo spirito di certi statisti di altri paesi, cui ispirava gravi sospetti. Nelle mie relazioni con questi Ambasciatori io studiai attentamente questo soggetto, e non tardai guari a persuadermi l'accordo tra i tre Imperi non riferirsi che ane compiicazioni presenti, ed all'ordine attuale delle cose, senza estendersi alle eventualità dell'avvenire. Andai anzi più lontano, e ne venni alla conclusione nell'interesse della pace Europea esser eminentemente desiderabile che l'accordo tra i tre lmpevi, e sopratutto tra la Russia e l'Austria-Ungheria, si mantenesse intatto. Finché i tre Imperi sono uniti infatti quali potenze in Europa farebbe loro la guerra? Il tempo delle alleanze Occidentali per sostenere l'Impero Ottomano è passato. La Francia sta rimargrinando le recenti piaghe in una saggia e dignitosa riserva. Se in Inghilterra esisteva ancora q_ualche ombra di simpatia per l'Impero degli Osmanlì, essa fu dissipata dagli ultimi ripudii finanziari; e ne diede recente prova nell'interesse alquanto irrequieto che spi,egò per la prosperità dell'Egitto, lasciando che l'Impero Ottomano segua le sue sorti. L'Italia ha compiuta la gloriosa sua redenzione, né ha più le stesse ragioni per venire in difesa dei Turchi. A me sembrò dunque ovvrio che le Potenze le quali avevano interessi politici diretti e vitali in Oriente, prendessero l'iniziativa delle misure da adottarsi, e che le altre Grandi Potenze cooperassero con queUe nell'interesse della pace Europea; e sempre regolai la mia condotta in conformità di siffatta convinzione.

Il concerto tra i tre Imperi si è adunque mantenuto finora, sebbene alcuni indizii portino a credere che in questi ultimi tempi qualche nube sia comparsa all'orizzonte. Il solo fatto dell'iniziativa assunta dal Gabinetto Austro-Ungarico nei recenti negoziati non poteva infatti a meno di eccitare qualche sentimento di gelosia presso il Governo Russo ii quale da tanti anni occupa la posizione di protettore naturale degli Slavi in Oriente. Le velleità del Conte Andrassy di voler dominare il movimento Slavo fu più volte severamente giudicato dal Generale Ignatiew nelle sue conversazioni .intime. S'aggiunsero poi le agitazioni delle provincie Slave deH'Austria, le improvvide parole del Generale Rodich, le diffidenze dimostrate da certi Agenti Austriaci in queste Provincie; né v'ha d'uopo di cercare di più per ispiegare le contrarietà provate dal Gabinetto di Pietroburgo. Nulla fu però mutato nelle relazioni tra questi Ambasciatori Impe· riali. Si vede tuttavia ogni giorno il Barone Werther dirigersi all'Ambasciata di Russia, ed il Conte Zichy più volte al giorno. Né posso farmi all'idea di una seria rottura tra ·la Russia e l'Austria per le questioni d'Oriente. Che potrebbe infatti fare l'Austria contro la Russia? La Germania in questi giorni pretese bensì guardare in cagnesco la Russia ·e volgere vezzi d'rincoraggiamento all'Austria, ma mi pare poco probabile che gli Statisti Austro-Ungarici si lascino sedurre dalle tentazioni Germaniche che vorrebbero spingerla a compromettersi in Oriente; ché lo scopo di siffatte tentazioni non è difficile a vedersi. Per le quali ragiDni io sono portato a credere che quelle nubi non tarderanno a dissiparsi, poiché non conviene né all'Austria né alla Russia di complicare la questione d'Oriente d'una lotta tra esse.

Se queste Potenze si mettono d'accordo su una solu:zJione pratica da darsi alle presenti difficoltà, io credo quindi che esse riesciranno nell'intento. Ma quale sarebbe Questa soluzione pratica? Col variare dei tempi variano i bisogni, e quello che sarebbe stato efficace nei tempi andati non lo è più odiernamente.

Chi crede più alle riforme ed alla rigenerazione deU'Impero Ottomano? Si riescirebbe a mettere alla testa dell'Impero un Governo animato dalla migliore volontà del mondo, che esso non troverebbe strumenti atti a mettere in pratica le sue buone intenzioni; non giudici capaci ed onesti; non Governatori che s'intendano di Amministrazione; nessuna istruzione dalle più alte alle ~nfime classi, nessun senso mora,le; nessuna disposizione né possibHità di miglioramento. Il che è tanto vero che ogni qualvolta sia i Consoli delegati, sia gli insorti, sia tutti coloro che conoscono le cose deHa Turchia, si fanno a formulare progetti di riforma, presentano sempre, come condizione indispensabile della efficacia di esse, ~a sorveglianza degli Agenti Esteri; e neri negoziati pendenti in questo momento per la questione finanziaria, la primaria condizione della riuscita del progetto è l'istituzione d'una Compagnia di locazione dalla quale sarebbe eliminato l'elemento Musulmano. Ma si può chiamare soluzione prartica quella di stabilire, per esempio, nel capoluogo dell'Erzegovina urna commisione composta di Agenti Esteri cui sarebbe affidata la sorveglianza dell'Amministrazione della giustizia, dell'equa dis,tribuzione e percezione delle imposte, dell'Amministrazione civile, della Polizia? I quali Agenti, se nominati e dipendenti dai rispettivi Governi, sarebbero piuttosto ispirati dal sentimento del bene del proprio paese che da quello della provinda sottoposta alla loro sorveglianza? Basta enunciare questo concetto per comprenderne tutta l'assurdità. Se non si può rigenerare l'Impero non resta dunque che di portarvi quelle modificazioni che mano a mano si presentano come indispensabili affine di evitare una catastrofe.

Nel presente caso dell'Erzegovina e della Bosnia, la Sublime Porta s'è finora dimostrata impotente a domare un'insurrezione che da principio non aveva pure che tenuissime proporzioni. Se questa impotenza viene confermata da fatti ulteriori, se la minaccia d'una conflagrazione generale div,enta rimminente, le Grandi Potenze hanno non solo il diritto di spegnere il fuoco nella casa del vicino, ma eziandio il dovere di impedire che si compiano in Europa delle atrocità che farebbero inorridire il mondo civile. Se il Governo Ottomano non può governare quelle provincie, le perda. E se esse sono staccate dall'Impero che se ne farà? Fu più volte enunciato il progetto di annessione all'Austria. Ma come· si fa a sostenere questo progetto quando nessuno lo vuole? Non lo vuole l'Austria, non lo vogliono i Bosniaci e gli Erzegovesi, non lo vuole la Russia la quale domanderebbe almeno un compenso, e s'arrischierebbe di aprire la questione d'Oriente. Se ne viene quindi na:turarlmente alla conclusione la sola soluzione pratica esser quella di accordare a quelle provincie un governo autonomo sotto la Sovranità della Porta, oppure, se lo stato miserrimo di quelle popolazioni presenta poche probabilità di potervi costituire un buon Governo di elementi proprii, unirne una parte al Montenegro, l'altra alla Serbia. Queste verità sarebbe bene fossero intese non solo a Pietroburgo ed a Vienna, ma eziandio a Londra ed a Parigi; né vi sarebbe tempo da perdere, perché anche questa soluzione basti a dissipare la tempesta che minaccia l'Oriente. Il miglior mezzo per far prevalere siffatta soluzione sarebbe poi quello di riunire una conferenza la quale avrebbe a deliberare sulle misure da prendersi onde portare rimedio alle presenti difficoltà, e le conclusioni di questa conferenza

dovrebbero essere imposte alla Sublime Porta, se essa non si mostrasse disposta ad accettarle spontaneamente. Queste considerazioni io ho l'onore di sottomettere al sapiente giudizio di V.E.

58

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI (l)

D. 25. Roma, 29 aprile 1876.

Da alcun tempo i R. Consoli residenti nelle provincie asiatiche dell'Impero ottomano accennano ad una notevole recrudescenza del fanatismo musulmano. La chiamata dei redifs ha provocato gravissimo malcorntento, il quale si converte, quasi sempre, in nuovo argomento d'odio contro i cristiani ai quali si fa colpa della insurrezione e dei provvedimenti di guerra che ne sono la conseguenza. Là dove le truppe sono di passaggio, l'eccita~ione piglia proporzioni maggiori, e cresce, col pericolo, la preoccupazione dei cristiani. Tra gli altri !incidenti segnalatimi dai RR. Consoli, dolorosissimo fu quello avvenuto a Latalcia, ove un impiegato cristiano della Dogana, accusato di bestemmia, fu tratto in prligione a furia di popolo, ed imbarcato a bordo di un legno da guerra per essere condotto a Tripoli a subirvi il giudizio, fu visto, poco dopo la partenza del legno, galleggiare già fatto cadavere, senza che siasi potuto avvisare se la morte debbasi a misfatto od a suicidio. Né al cada\"ere stesso, getta1to dal mare sulla riva, furono risparmiati gli oltraggi della plebe tumultuante. Il caso parve così grave al Governatore del Vilayet che, riuscite insufficienti ile inchieste condotte, dapprima da un impiegato subalterno, ed indi dal Governatore di Tripoli, disponevasi a recarsi egli stesso sul luogo per appurarvi la realtà dei fatti.

Sarebbe opportuno che la S. V. Illustrissim'a tenesse, presso la Sublime Porta, tale linguaggio che, pu:r ,essendo improntato alla più schietta benevolenza, le facesse comprendere l'interesse col quale noi teniamo d'occhio la situazione delle popolazioni cristiane d'Oriente, che sono numerose in quelle regioni.

59

L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 379. Bruxelles, 29 aprile l 87 6 (per. l' 1 maggio).

Ho l'onore di qui unito inviare a V. E. tre articoli di giornali (2) sulla dimostraZJione cattolica che ebbe luogo sabato e domenica ultimi nella città di Namur; secondo quanto avevo avuto l'onore di scriv,erle ne'l mio rapporto

n. 373 di questa serie in data delli 6 Aprile Corrente (3). Due di questi articoli

sono del foglio Cattolico le Journal de Bruxelles e pubblicano i varii discorsi pronunciati sia nella conferenza, sia nel banchetto che la seguì: il terzo articolo è del periodico liberale l'Echo du Parlement il quale naturalmente giudica in senso contrario la riunione di Namur.

Ciò che è positivo si è che i consigli di moderazione dati dai capi dei due partiti hanno felicemente impedito ogni tumulto di strada. A tale risultato contribui anche il rescritto del Consiglio Comunale di Namur: Consiglio composto in parte di cattolici ed in parte di libera1i che vietò ogni manifestazione di qualunque natura essa fosse e quindi non lasciò formare un lungo corteo cattolico che avrebbe probabilmente provocato le ire del partito contrario.

Osserverò nel finire che parecchi dei principali personaggi del partito cattolico che avevano preso parte all'assemblea di Malines come i Signori J. D'Anethan, Kervyn de Lettenhove, e Jacobs, tutti antichi Ministri, non si recarono a Namur.

(l) -Ed. in LV 22, pp. 144-145. (2) -Non si pubblicano. (3) -Non pubblicato.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 375. Roma, 30 aprile 1876.

*V. E. avrà probabilmente opportunità, in occasione della prossima venuta a Berlino di S. M. l'Imperatore delle Russie, di intrattenersi delle complicazioni Orientali con S. E. il Pr1ncipe Gortchakow e con gli altri personaggi del seguito Imperiale. Stimo utile pertanto di porgerle, con questo mio dispaccio, un diligente riassunto delle fasi più recenti della questione con l'indicazione sommaria della parte che .l'Italia ebbe negli uffici diplomatici di questi ultimi giorni.

Il dispaccio qui unito in copia, che il 22 di questo mese scrissi al R. Ministro a Vienna (1), riproduce, quale in quel giorno era a notizia nostra, la situazione delle cose * (2). Questo era, in quel momento il fatto saliente: che, da una parte, la Russia sopratutto preoccupavasi delle conseguenze di una ripresa di ostilità, e suggeriva con molta insistenza, alla Sublime Porta, di entrare, cogli insorti, in nuove trattative sulle basi dei sei punti presentati al generale Rodich; mentre, dall'altra parte, l'Austria aveva per mezzo del suo Ambasciatore poco dianzi dichiarato alla Sublime Porta che non avrebbe appoggiate domande eccedenti le concessioni fatte in virtù di accordi presi colle Potenze, e che già aveva dato agli insorti il consiglio di intendersi sopra quelle basi coi Commissari ottomani. Palesavasi per tal modo, agli occhi della Sublime Porta, una formale divergenza di opinione fra le due Potenze che hanno finora avuto la parte· precipua nell'opera pacificatriC'e della diplomazia europea.

* Dopo di ché ebbi spedito al Conte di Robilant il mio dispaccio del 22 aprile scorso, sono sopravvenuti altri incidenti, dei quali, mercé notizie più tardi rac

9 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

colte da più ,lati, possiamo oramai chiaramente discernere l'origine e lo svolgimento.

Fallito, malgrado l'armistizio, ogni sforzo per l'approvvigionamento di Nickitsch, Mouchtar Pascià, non appena l'armistizio fu spirato, si avviò con buon nerbo dÌ truppe verso quella fortezza, sperando di poterla, ad un tempo, sbloccare e rifornire di viveri. Invece, scontrandosi nei giorni 17 e 18 aprile, cogli insorti, Mouchtar Pascià dovette, dopo accanito combattimento retrocedere a Gatscho d'onde aveva pigLiato le mosse. Il te•legramma col qual Mouchtar annunciò alla Porta l'accaduto, attribuiva l'insuccesso alla partecipazio,ne di 7.000 Montenegrini, regolarmente organizzati, alla pugna, ed era anzi concepito in tali termini che poteva argomentarsene avere il Montenegro apertamente rotto la neutralità ed essere entrato in campagna a favore dell'insurrezione. Le informazioni posteriori e le dichiarazioni categoriche del Principe Nicola sembrano oramai escludere con ogni certezza, la versione accolta da Mouchtar pascià nel suo telegramma, ed inducono piuttosto a credere che, come già altra volta, abbiano pigliato parte al combattimento anche in questa occasione volontari montenegrini, spontaneamente unitisi cogli insorti. Ciò non toglie però che l'affermazione di Mouchtar pascià provocasse sdegno gravissimo a Costantinopoli, tanto che nei Consigli del Sultano fu riproposta e parve in sulle prime fosse per pr•evalere, la decisione di muovere guerra al Montenegro.

Malagevole sarebbe indagare fino a qual punto effettivamente sussistesse il pericolo di così grave eventualità, quale sarebbe, senza dubbio l'apertura delle ostilità tra la Turchia ed il Montenegro. I rapporti del R. Ministro -a Costantinopoli che sono in data del 21 aprile, epperò anteriori agli offici della diplomazia, accennano bensì alla proposta dibattuta in Consiglio dei Ministri, ma già vi si soggiunse che avevano finito per ottenere il sopravvento più miti risoluzioni e che erasi rinunciato al pensiero di muovere guerra al Montenegro. Ad ogni modo egli è certo che la Russia mostrassi vivamente commossa della possibilità di un attacco contro il Montenegro. Il 22 aprile, erano dal Principe Gortchakow convocati i rappresentanti delle Potenze garanti; ed il Cancelliere, dopo aver loro comunicato la decisione che, secondo le notizie sue, era stata presa dalla Sublime Porta, di muovere guerra al Montenegro, li impegnava a telegrafare ai Governi rispettivi affinché questi dissuadessero il Governo Ottomano dal commettere un atto di follia e di suicidio. Nel giorno stesso l'Ambasciatore di Russia a Costantinopoli, avuto l'assenso dei suoi colleghi (i quali però non avevano peranco ricevuto istruzione alcuna dai loro Governi), faceva, in nome proprio e in nome dei rappresentanti delle Potenze garanti, urgenti uffici presso la Sublime Porta per impedive l'aggressione contro il Montenegro. Nel riferire telegraficamente la cosa, il R. Ministro a Costantinopoli soggiungeva che gli uffici del general•e Ignatieff avevano avuto pieno successo presso il Sultano e che ogni pericolo, pel momento, era svanito. E qui è degno di nota il fatto che anche l'Ambasciatore britannico uscendo, per la prima volta, dal riserbo in cui si era mantenuto nelle fasi anteriori della questione, si adoperò vivamente presso la Sublime Porta all'oggetto di impedire la rottura delle ostilità contro il Montenegro.

Ricevuto il primo telegramma da Pietroburgo mi affrettai ad impartire precise istruzioni al R. Ministro a Costantinopoli. Gli telegrafa,i di recarsi senza mdugio alla Sublime Porta e di dichiarare a Rachid Pascià che qualora fosse stata esatta la notizia della guerra già risoluta contro il Montenegro, il Governo del Re ne avrebbe provato penosa sorpresa e si sarebbe creduto in obbligo, di addivenir·e ad atto suscettibile di così gravi conseguenze. Il Conte Corti era per ·l'amicizia costante che professa verso la Porta, di sconsigliarla caldamente pure autorizzato ad associarsi agli altri rappresentanti qualora si fosse stimato di dare agli uffici comuni un carattere collettivo.

L'iniziativa presa in questa contingenza dall'Ambasciatore di Russia ed i passi fatti dall'ambasciatore britannico e la pronta riuscita deg1i uffici d'entrambi, tolsero al R. Ministro, come altresì, per quanto consta, agli altri rappresentanti l'opportunità di spiegare, nell'incidente di cui qui è parola, una azione decisiva e formale. Ne conseguì, nondimeno, questo utile effetto, che riapparì concorde, rimpetto alla Sublime Porta, l'opera delle varie Potenze. Ed anzi dallo scambio di spiegazioni inervenuto in ta1e circostanza tra i rappresentanti delle Potenze e Rachid pascià sembra aver avuto origine la proposta di un nuovo armistizio, circa la quale un primo cenno mi giunse da V. E. (tele gramma del 25 aprile) (l) e che mi fu indi confermato da questo Signor Ministro d'Austria-Ungheria. * Secondo un telegramma da quest'ultimo comunicatomi, il Principe di Montenegro si sarebbe impegnato a render possibile l'approviggionamento di Niksitch, qualora la Sublime Porta consentisse ad una sospensione di ostilità, durante la quale si ripiglierebbero le trattative sopra basi che il Gabinetto di Vienna dice non essere peranco ben definite e che il Signor de Biilow stimava consistere essenzialmente nei sei punti formulati dag1i insorti.

* Io non esitai ad impartire al R. Ministro a Costantinopoli l'istruzione di associarsi agli uffici che i rappresentanti delle altre Potenze garanti fossero per fare, per indurre la Porta ad accettare l'armistizio. Il Conte Corti ebbe espresso incarico di dichiarare essere, a nostro avviso, sommamente desiderabile che il Governo del Sultano sappia trar partito dalla situazione fattasi, forse per poco, meno tesa*.

Purtroppo i telegrammi più recenti non lasoiano quasi speranza che la Sublime Porta voglia o possa dar ascolto in questa circostanza ai consigli delle Potenze. Il Sultano ricuserebbe di trattenere Mouchtar Pasoià, temendo che nel frattempo Niksitch sia costretta alla resa e le ostilità sarebbe·ro quindi sul punto di ricominciare.

Tale è lo stato presente delle cose. Certo è difficHe, in tanta rapidità di eventi, avventurarsi a presumere lo svolgimento ultePiore della quistione. Nondimeno neLl'eventualità in cui o non sia consentito l'armistizio, o siano per fallire anche i nuovi negoziati, giova tener conto e pigliar nota fin d'ora degli indizi che già si posseggono circa gli intendimenti cui si ispirerebbe, in tale ipotesi, la politica di alcuna tra le potenze. L'Austria sembrerebbe propendere per l'applicazione pura e semplice di quello stesso principio di non intervento che il Signor de Biilow (secondoché V. E. mi riferiva col telegramma del 25 aprile ed

indi mi confermava col rapporto n. 1587 (l) del di successivo) già Le additava siccome naturale portato della situazione. In un suo recente colloquio col generale di Robilant, S. E. il Conte Andrassy accentuava viemmeglio questo suo pensiero, osservando che l'Austria-Ungheria avrebbe potuto mantenersi in una politica di non ~ntervento anche nell'ipotesi in cui la Serbia entrasse a pigliiar parte nella lotta contro 1la Turchia. E neppure dal concetto dell'astensione sarebbe ripugnante la Russia, la quale, secondo un discorso tenuto dal generale Ignatiew al Conte Corti, scorgerebbe nel necessario protrarsi della lotta, quando questa :fosse conterminata tra la SubLime Porta ed i suoi sudditi illlJsorti, un avviamento all'attuazione di altro concetto, del concetto, cioè di una conferenza europea il qua,le disegno, secondo notizie giuntemi cosi da Vienna come da Costantinopoli, sarebbe assai vagheggiato dalla Cancelleria Russa. Non è mestieri che io dica a V. E. di quanta importanza sarebbe per noi il poter discernere i veri intendimenti della Russia circa si:f:fatte combinazioni che per ora sono avvolte nel vago dell'ipotesi degli indizi.

Prima di chiudere questo mio dispaccio mi piace accennare ad u:f:fici che telegraficamente ho commesso al R. Ministro a Costantinopoli per ottenere che i movimenti di truppa non si estendano al territorio di Bagdad ove si sono constatati non pochi casi di peste bubonica. Considerazioni di umanità suffragano le nostre istanze, le qua1Li, del resto, avevano quasi un cavattere obbligatorio pel

R. Governo a cagione della prossimità della penisola al teatro della guerra. Ho saputo di poi che anche il Gabinetto austro-ungarico stava deliberando se gli convenisse adoperarsi a Costantinopoli per lo stesso oggetto. Ci sarebbe grato che le nostre raccomandazioni avessero altresì l'appoggio della Germania.

Nella :fiducia che le confidenziali nozioni contenute in questo mio dispaccio riescano giovevoli a V.E....

(l) -Cfr. n. 42. (2) -I brani tra asterischi sono editi in LV 22, pp. 146-148.

(l) Non pubblicato.

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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 145. Costantinopoli, 30 aprile 1876.

Esiste qui l'impressione generale che, se Mouktar Pacha non riuscisse nella sua impresa, sarebbe difficile d'impedire che l'elemento favorevole alla guerra contro il Montenegro abbia il sopravvento presso S. M. il Sultano. Questa eventualità fu presa in sertia considerazione nei colloqui privati seguiti in questi giorni tra i Rappresentanti delle Potenze Garanti. L'eventualità sarebbe considerata come gravissima, imperocché è unanime in essi la convinzione che un attacco contro il Montenegro potrebb'essere il segnale della sollevazione generale delle provincie Turche d'Europa. Si discusse dunque fra noi in via accademica sulla condotta che si avrebbe a tenere in quell'emergenza, oppure in altre analoghe che :fossero per sorgere. Nel prendere in considerazione questa situazione di cose, si presentava il seguente dilemma: dall'una parte il pericolo imminente d'una conflagrazione generale nell'Impero, colle gravi complicazioni

che ne potrebbero seguire in Europa, -dall'altra la responsabiLità che le Potenze Garanti assumerebbero facendo una dimostrazione tendente ad arrestare la Sublime Porta dal mettersi sul pericoloso pendio. Dagli scambi d'idee ch'io ,ebbi co' miei colleghi in proposito, mi risulta l'impressione generale fra di essi essere che s'avrebbe ad appigliarsi al secondo consiglio. L'opinione unanime dei Rappresentanti delle Potenze Garanti sarebbe dunque che, se la SubLime Porta, per la ragione predetta od in seguirto ad altre eventualità, avesse a prendere la risoluz,ione di dichiarar la guerra al Montenegro, essi facessero senza frapporre alcun indugio una intimazione urumime ed energica alla Sublime PoJ'Ita per impedirle di adottare e di mettere ad esecuzione una misura sì pevicolosa per la salute dell'Impero e per la pace Europea. S'intende in pari <tempo che, se le Potenze Garanti si trovassero nel caso d'intervenire per tal modo nel corso di questi eventi, esse non potrebbero fermarsi a mezzo, ed assumerebbero la responsabilità di trovare indi un modo efficace di aggiustare le presenti difficoltà; e questo modo avvebbe probabilmente a trovarsi in una conferenza composta dei Rappresentanti di quelle. Non sarebbe altrettanto facile di stabilire tra le Potenze Garanti un accordo sulle risoluzioni da prendersi, imperocché per alcune di esse esistono interessi diversi che s'avrebbero a conciliare. Senonché la somma importanza di evitare conflitti, la necessità di stabilire un assetto, il comune desiderio d'impedire che s'apra ora la questione d'Oriente, ed aggiungerò lo spirito di conciliazione di cui già diedero si luminose prove le Potenze più direttamente interessate in queste controversie, mi danno la ferma fiducia che si riescirebbe infine a trovave le basi d'un accordo efficace.

(l) Cfr. n. 54.

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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 285. Cairo, 2 maggio 1876, ore 20,30 (per. ore 9 del 3).

Depuis mon dernier télégramme, le Viceroi a accepté ma proposition échappatoire. M. Scialoja etre arbitre question soulevée par le ministre français. Les banquiers ont consenti, ainsi que le ministre français. M. Scialoja a rédigé aujourd'hui projet de caisse qui a été approuvé par tous avec graUtude et accepté par déclaration écrite. Demain suivra sig:nature contrat, ainsi unifi.cation dette sera conclue. Bourse et public, connu mandat confié M. Scialoia, attendaient résultat avec confiance, ce qui constate notre influence morale en cette circonstance d'une si grande importance.

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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 594. Roma, 2 maggio 1876.

La questione finanziaria che da più mesi si dibatte in Egitto, si avvicina ad una fase decisiva. Le strettezze del tesoro vicereale ,sono giunte a tal segno che il solo modo di uscirne consiste oramai, per unanime consenso, nella conversione del debi,to, con simultanea riduzione degli interessi. Rimane a sapersi se siffatta operazione possa compiersi liberamente mediante operazione bancaria;

o se invece nell'impossibilità di altra soluzione, debba essere l'effetto di provvedimento coattivo direttamente imposto dal Khedive ai suoi creditori.

Ella ben sa che nelle fasi successive della controvoersia noi abbiamo tenuto un contegno essenzialmente imparziale. Mentre un gruppo bancario francese ed altro gruppo bancario inglese si avvicendavano nel trattare col Khedivé per l'effettuazione della divisata conversione, l'Italia, che non poteva offrire Il sussidio del proprio mercato, si è piuttosto applicata a far prevalere nell'animo del Viceré, il concetto di riforme che ci sembrano e sono, senza dubbio, condizione perentol"lia affinché l'assetto delle finanze egiziane sia durevole, e compensi così, co1la guarentigia di un puntuale servizio nell'avV'enire, i sacrifizi ai quali debbono di necessità piegarsi, nel presente, i creditori del tesoro vicereale. Nel preparare siffatte riforme abbiamo avuto parte importante. Il Khedive stesso aveva chiesto fin dal principio, come Le è noto, al Governo di Sua Maestà i consigli di persona che avesse speciale competenza nelle materie finanziarie ed economiche, ed il R. Governo incaricava, a tal fine, di una missione confidenziale, il Cavaliere Scialoja. Tra le riforme che questi propone ed il Viceré ammise meritano specialmente il nostro appoggio l'istituzione di un Consiglio superiore delle finanze 'e la creazione di una cassa per l'ammortamento ~ pel servizio del debito pubblico.

Dopo lunghi e laboriosi negoziati il gruppo francese era sul punto di con.!hiudere col Viceré l'operazione sopra basi reciprocamente gradite, quando (così mi telegrafa in data di ieri il R. Agente e Console Generale) una nuova esigenza dei banchieri è sopravvenuta a rimettere in forse l'intera combinazione. Avendo gli assuntori dell'operazione telegrafato a Pavigi per avere de:llinitivamente la facoltà di stipulare, il Signor Outrey, incaricato, a quanto sembra, della risposta, avrebbe chiesto che l'organizzazione della progettata cassa di ammortamento sia modificata, e che i Commissari estevi sedenti presso la Cassa stessa, abbiano facoltà di esercitave una ispezione sopra la riscossione delle imposte. Il Viceré osservando che una tale modificazione del primitivo disegno sarebbe, in certa guisa, un ritorno a Quello stesso concetto deU'immistione estera nella amministrazione interna del paese, che egli costantemente respinse QUando il Governo britannico lo recava Innanzi. Epperò egli dichiara di non poter accettare la proposizione del Signor Outrey, e lascia intravedere che insistendo questi, e divenendo così impossibile la conclusione del negoziato coi banchieri, egli si vedrebbe costretto ad abbandonare le combinazioni bancarie per appoggiarsi invece all'altro sistema della conversione forzata.

Ragioni di dignità spiegherebbero sino ad un certo punto la riluttanza del Viceré. Questi ha sempre ammesso, ed ammetterebbe tuttora, che i Commissari sedenti presso la Cassa d'ammortizzazione inv;igilino sopra il versamento e sopra il regolare impiego dei redditi assegnati al servizio del Debito pubblico, ma non consentivebbe all'intromissione dei commissari nei rapporti tra il fisco ed i contribuenti e, meno ancora, a che di simili intromisswni si faccia argomento di un patto dell'accordo suo co'i banchieri.

Del resto il Khedive persiste a dichiarare che egli è fermo nel volere attuate le riforme suggeritegli e solo chiede che gli sia lecito di dif:llerirne la promulgazione in :fino a che, conchiusa l'operazione finanzia11ia e superata la crisi, esse possano apparire come l'effetto della sua spontanea volontà, e non già come una condizione alla quale egli abbia dovuto acconciarsi.

Allo stato attuale delle cose ed in presenza del pericolo che fallita ogni altra combinazione il viceré si appigli al partito della conversione forzata, la quale avrebbe certamente le più perniciose conseguenze per il credito dell'Egitto ,e per la stessa sua posizione politica, noi pensiamo, veramente, che sia desiderabile di evitare l'aggiunta di nuova difficoltà ad una situazione già abbastanza complicata. Noi saremmo quindi lieti di udire che l'operazione abbia potuto conchiudersi con un gruppo bancario a quelle condizioni che già parevano concordate, e senza la condizione supplementare del controllo sulla riscossione delle imposte, alla quale il Khedivé sembra fermamente risoluto di non adattarsi. Starebbe a guarentigia degli interessati, il complesso delle riforme, le quali oramai abbastanza solennemente furono promosse perché da noi si possa prenderne atto, nei nostri rapporti col Khedive, come di cosa di cui più non si possa revocare in dubbio l'attuazione.

Facendo la S. V. Illustrissima ritorno a Parigi vorrei che ELla si procurasse sollecita occasione di intrattenersi con S. E. il Duca Decazes nel senso di questo mio dispaccio, e me ne facesse indi conoscere senza indugio il giudizio e le risoluzioni.

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IL MINISTRO A WASHINGTON, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 38. Filadelfia, 2 maggio 1876 (per. il 16).

Il progetto di costruive un canale che attraversi il grande istmo americano pare che acquisti qualche probabilità di successo. Siffa.tto canale partirebbe da S. Giovanni del Nord, sulle coste dell'Atlantico, attraverserebbe i territori di Costa Rica e di Nicaragua, il Lago di Nicaragua, e giungerebbe un po' al Nord di S. Giovanni del Sud sulla costa del Pacifico.

Allo scopo di facilitare l'impresa, il Signor Peralta, rappresentante del Costa-Rica a Washington sta negoziando in questo momento una convenzione col Governo degli Stati Uniti, le di cui basi, comunicatemi in via confidenziale, dal Signor Peralta, sarebbero le seguenti:

l) Il Governo di Costa-Rica si impegna a neutralizzare il territorio attraverso il quale si costruirebbe il canale fino alla distanza di cinque miglia dalle due rive.

2) Esso si impegna ad espropriare i terreni, boschi od altre proprietà private necessarie per la costruzione e la conservazione del canale, pagandone ai proprietari un'indennità che sarà rimborsata dai costruttori del canale.

3) Una polizia efficace sarà mantenuta in tutto il territorio neutro durante la costruzione del canale.

4) Le nazioni specialmente interessate per la costruzione del canale, com· presa Costa-Rica e Nicaragua, avranno il diritto di nominare per ispettori, ufficiali dell'esercito o della marina, i quali formeranno parte della Direzione della Compagnia costruttrice. Questi Ispettori veglieranno al versamento dei fondi destinato alla costruzione, saranno pagati dai loro Governi rispettivi e non ricev;eranno alcuna indennità dalla compagnia.

5) Il Governo di Costa-Rica si impegna a neutralizzare la zona marittima che gli appartiene alle due estremi1tà del canale fino alla distanza di... (da fissarsi) miglia. Esso si dichiara inoltre disposto ad entrare in negoziati colle altre potenze affine di estendere la neutralità in alto mare fino alla distanza di... (da fissarsi) miglia. I punti di partenza saranno le due estremità del canale.

Siffatta distanza potrebbe essere, a detta del Signor Peralta, di cinquan,ta miglia, ed a questa condizione si annetterebbe molta ~mportanza, giacché varrebbe ad escludere la possibilità di un blocco effettivo del canale, in caso di guerra.

Il Governo degli Stati Uniti si mostra in massima disposto a trattare su queste basi e credo che nel caso di difficoltà, queste verterebbero soltanto su qualche questione di dettaglio e di poca importanza.

Per ciò che si riferisce al Nicaragua esiste già un articolo nel trattato conchiuso fra quella Repubblica e gli Stati Uniti il 21 giugno 1867, in virtù del quale venne accordato agli Stati Uniti ed ai loro cittadini e proprietà il diritto di transito fra l'Atlantico ed il Pacifico, attraverso il rterritorio di detta Repubblica, per qualsiasi via di comunicazione, naturale od artificiale, sia per terra che per acqua, che potesse in allora o dopo esistere od essere costruita sotto l'autorità del Nicaragua, da essere usato o goduto nello stesso modo ed alle stesse condizioni dalle due Repubbliche e dai loro rispettivi cittadini, riservandosi però il Governo di Nicaragua il diritto di sovranità.

A quanto mi viene detto il Signor Fish intenderebbe conchiudere dapprima la Convenzione col Governo di Costa-Rica, e chiedere quindi in nome del Governo americano l'adesione delle altre potenze interessate nella costruzione del canale, alla convenzione in discorso. Da queno però che mi risulta dalla conversazione avuta col Signor Peralta, parmi che il Governo di Costa-Rica, senza voler creare difficoltà sul modo o sulla forma di domandare l'adesione delle altre potenze, bramerebbe prendere esso stesso l'iniziativa, ed invitare le potenze interessate a delegare per esempio i loro rappresentanti a Washington a compiere questo artto.

In sostanza poi le condizioni della neutralità del canale sarebbero presso a poco q_uelle già consegnate nel trattato conchiuso a Washington il 19 aprile 1850 fra l'Inghilterra e l'America, rele>.tivo ai mezzi di comunicazione a stabilirsi fra l'Atlantico e l'Oceano, l'E. V. ne troverà il testo dalla pagina 377 alla 380 nel vo,lume dei trattati conchiusi dagli Stati Uniti con altre potenze, pubblicato nel 1871, che non dubito si troverà negli archivi di codesto R. Ministero.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, G. DE MARTINO

T. 143. Roma, 4 maggio 1876, ore 15.

Veuillez félioiter M. Scialoja du succès qu'il a obtenu et qui profitera certainement à la position influente qu'il appartient à l'Italie d'occuper dans les affaires de l'Egypte. Je sais qu'à Paris on avait été favorablement impressionné de l'intervention si opportune de M. Scialoja. Un point reste encore pour J.e Cabinet de Paris aussi bien que pour nous dans une incertitude vegrettable. Le Viceroi a-t-il obtenu de l'Angleterre la désignation d'un Commissaire pour le futur Conseil du Trésor? Si l'Angleterre persiste dans son refus, le Viceroi passera-t-Il outre et instituera-t-il le Conseil avec deux délégués seulement, ou bien se propose-t-il de faire appel à une autre puissance pour la désignation d'un troisième Commissaire? Je vous prie de donner à ces demandes une réponse télégraphique, car je voudrais pouvoir vous donner à ce sujet des instructions par le courrier de samedi soir.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A W ASHINGTON, BLANC

D. 8. Roma, 4 maggio 1876.

Rispondendo, con rapporto del 24 marzo scorso, n. 29 poHtico (1), al dispaccio Ministeriale del 29 febbrajo, n. 6 (1), la S. V. Illustrissima avverte che, ad ottenere la revoca immediata dell'exequatur, ond'è tutt'ora munito l'ex Console Pontificio a Nuova York, occorre, non tanto una dimostrazione verbale ed officiosa della irregolarità di una simile situazione, quanrto una pura e semplice notificaz,ione da presentarsi in forma officiale.

Non esito, ciò essendo, a da!'le facolt~ di presentare al Signor Hamilton Fish una nota concepita in tal senso, e lascio a Lei la cura di spiegare, nel modo che a Lei parrà più opportuno la indugiata notificazione.

Mi sarà poi grato avere da Lei notizia della risposta del Dipartimento federale, quantunque, secondoché ella mi scrive il tenore non possa esserne dubbio.

(l) Non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1589. Berlino, 4 maggio 1876 (per. l' 8).

L'Empereur Alexandre accompagné de son Chancelier, s'arretera trois jours à Berlin avant de se rendre, camme d'habitude, à Ems. Le Tsar arrivera le 11 de ce mois dans cette Capitale où Sa Majesté sera précédée par l'Empereur d'Allemagne dont o n attend incessamment le retour de Wiesbaden. D'après le désir exprimé par le Prince de Bismarck, le Comte Andrassy a promis de se trouver au rendez-vous. Une grande importance est attachée à cette rencontre assez indiqué au reste par la situation des choses ·en Turquie, et par les rapports mutuels des Cours du Nord.

En effet si Moukhtar Pacha a remporté quelques succès en parvenant enfin à ravitailler la piace de Nicksich, il n'est pas moins vrai que l'insurrection bien loin d'ètre domptée, menace au contraire de prendre des proportions plus étendues. Le programme européen destiné, dans la pensée du Comte Andrassy, à devenir un gage de paix entre la Porte Ottomane et les insurgés est en train de disparaitre au milieu de la mèlée. Ces derniers, avant de mettre bas les armes, réclament des garanties pour l'exécution des réformes, en formulant, à leur tour, des propositions que le Cabinet Austro-Hongrois estimait presque, de prime abord, comme inacceptables, tandis que le Cabinet de St. Pétersbourg en recommandait la prise en considération. Ce dissentiment, quelque léger qu'il fùt, avait donné lieu à des tiraillements. En outre, l'attitude si décidée de la Russie quand le Monténegro semblait menacé par la Turquie, portait à supposer que le Prince Gortchakow évoquait à lui mème la direction d'une campagne diplomatique, où jusque là le premier ròle avait été attribué à Vienne. Cette attitude, adoptée sans concert préalable, y avait produit une surprise désagréable. C'était mal reconnaìtre les sacrifices que l'Autriche s'impose vers les frontières de la Bosnie et de l'Herzégovine, pour parer aux dangers les plus pressants. Ajoutons à cela les agissements des partis intéressés à rompre le faisceau de l'alliance des trois Empires, et qui disposent dans la presse de porte-voix bien dressés à seconder ces intrigues.

C'était là un ensemble de circonstances qui devait induive ces Puissances à affirmer leur entente, et mème à l'accentuer, ainsi qu'à se concerter sur des mesures ultérieures de pacification. Les prochaines conférences auront donc un caractère très significatif.

Les journaux d'ici auquels on dénie toute attache officielle ou officieuse depuis que le Prince de Bismarck a déclaré n'avoir d'autves organes que le Moniteur de l'Empire et la Correspondance provinciale, mais qui grace à l,eurs anciennes relations sont moins exposés à faire fausse route, s'appliquent à battre le rappel pour fixer de plus en plus l'attention publique sur l'entrevue de Berlin. La Nord deutsche allgemeine Zeitung, entre autres, contenait hier un article qui a été fort remarqué. Ce journal laissait clairement entendre que la Turquie s'étant depuis quatre mois montrée impuissante à accompLir un minimum de réformes engageant son propre honneur, et la parole des Puissances qui les avaient réclamées, il s'agissait maintemmt d'établir des garanties sérieuses d'exécution. Cette tache appartenait désormais aux Puissances. Le sentiment de leur propre considération exige que leur intervention ne devienne pas illusoire. • Les intéréts européens ne doivent pas souffrir plus longtemps d'un marasme dont les conséquences fatales ne peuvent étre prévenues que par una prompte médiation ».

Le Secrétaire d'Etat qui m'a reçu hier, ne s'est pas énoncé d'une manière aussi explicite. Si grande que soit l'intimité des Souverains et de leurs Cabinets, il sera très utile Q.ue leurs premiers Ministres s'entendent de vive voix pour rendre de plus en plus salutaire une oeuvre dont l'objet essentiel est toujours le maintien de la paix générale. Il ne faut pas qu'elle soit mise en péril par les événements qui se déroulent dans les pays situés au sud du Danube. Quoique je l'eusse mis sur la voie des explications, M. de Bi.ilow se t'enait sur le réserve. Il semblait pourtant exclure dans les conjonctures présentes une intervention armée de l'Autriche et de la Russie, ou d'une seule de c es Puissances. Il pensait qu'il serait difficile de ne pas aborder la question agraire en vue de faciliter aux Chrétiens l'accès à la propriété foncière. Sans écarter toute idée d'une autonomie pour les provinces insurgées, il se rendait compte des obstacles Q.ue présenteraient des tentatives de réalisation. Mais il a évité de discuter à fond ces différents points. Il ne voulait pas évidemment préjuger par son langage le résultat des pourparlers dont Berlin va devenir le centre.

Je tacherai, quand le moment sera venu, de m'aboucher avec le Prince Gortchacow et avec le Comte Andrassy pour recueil1ir, si possible, quelques données exactes. Mais il est à présumer que, comme par le passé, nous ne serons pas plus que la France et l'Angleterre, consultés dans la première phase des négociations. Ce ne sera que lorsqu'on sera d'accord à trois sur les moyens ultérieurs à employer pour parvenir à cette pacification de l'Orient aussi désirable que difficile à obtenir, qu'on cherchera à se procurer le concours des autres Puissances garantes.

En attendant, si les velléités d'annexion ne semblent pas à l'ordre du jour, il n'est pas moins vrai qu'en Europe le vent tourne de plus en plus en faveur des insurgés, et que dès lors ils se montreront difficilement enclins à des transactions qui ne leur assurereient pas au moins quelque indépendance administrative et judiciaire, un modus vivendi ayant quelque analogie avec le règlement de 1861, relatif à l'organisation du Liban. Lors méme que le selfgovernment ne soit guère de mise parmi des populations si peu civilisées, si peu homogènes, on ne voit pas trop comment la Turquie pourra sortir d',embarras sans accorder une certaine autonomie dans la presqu'ile des Balkans, au risque d'aUer au devant des mémes prétentions dans d'autres parties de son Empire soumises à un régime de centralisation exagérée. C'est là son affaire. Pour ce qui concerne particulièrement l'Italie, le point essentiel c'est q_ue ni la Russie, ni l'Autriche ne portent atteinte à l'intégrité de l'Orient surtout parmi les Slaves du Sud. Tant que le Comte Andrassy restera au pouvoir, tant que la Hongrie tiendra en échec la politique traditionnelle de l'Autriche proprement dite, i1 y a moins de péril en la demeure. Mais dans la prévision où ce danger se présenteraH un jour, V. E. jugera Elle-mème s'il ne serait pas opportun que notl'e diploma1Jie eiìt un programme à elLe, l'autorisant à laisser enJtendre avec le tact et la circonspection voulue que si on en venait à toucher au status quo territorial de la Turquie, l'Italie aurait à invoquer des compensations, des rectifications de frontièl'es. Il n'est pas à dire pour autant que nous devrions nous lancer dans la politique des aventures; mais il serait bon que· chacun siìt que nous faisons des réserves éventuelles pour la sauvegarde de nos intérets, sauf à les faire valoir en temps propice.

Il me résulte que l'Amirauté Allemande a l'intention d'envoyer à Messine la frégate à vapeur • Méduse •, ayant à bord 200 hommes de l'Infanterie de Marine. Cette frégate se rendrait ensuite dans l'Adriatique, si sa présence y était jugée nécessaire.

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IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO AGLI ESTERI, MELEGARI

R. 463. Vienna, 5 maggio 1876 (per. l' 8).

Il l • corrente mese avevo l'onore d'informare l'E. V. che il vettovagliamento di Niksitch, operato di viva forza da Muktar Pascha, aveva fatto buona impressione sul Gabinetto di Vienna; con pari soddisfazione quella notizia venne sentita nei circoli politici di questa capitale. Coltlo stesso telegramma riferivo anche all'E. V. la notizia, poco prima avuta in modo positivo, dell'invito fatto al Conte Andrassy di trovarsi a Berlino durante il breve soggiorno che sarà per farvi l'Imperatore Alessandro col suo Cancelliere. Questo fatto fu, come di ragione, considerato qui come una guarentigia della continuazione dell'alleanza dei tre Imperatori e ritenuto quindi come una prova manifesta del conto in cui il Gabinetto di Vienna è tenuto, sì a Pietroburgo che a Berlino, nonché del fermo volere dei due Imperi Nordici di non addivenire fra di loro ad accordi a cui l'Austria-Ungheria non abbia a prender parte. Quasi contemporaneamente si seppe, che il compromesso fra l'Austria e l'Ungheria, che da sì lungo tempo dava luogo a discussioni di natura a porre in sel'io pericolo l'unità della Monarchia, erasi finalmente conchiuso, (come ebbi a riferire con speciale rapporto di serie Commerciale). Così veniva evitato H pel'icolo generalmente paventato, che in momenti così gravi per lo Stato Austro-Ungarico, esso dovesse stracciarsi in due e quindi trovarsi in posizione da non poter far fronte agli eventi, che pur da un momento all'altro si potrebbero affacciare all'Europa.

Questo complesso di fatti, ben di natura a far riaprire gli animi a nuova speranza di pace, fu salutato alla Borsa di Vienna con un lieve rialzo nei fondi. Però gli allarmisti non tardarono a far sentire la loro voce. Si cominciò col pretendere che i Turchi, sebbene fossero riusciti a parzialmente vettovagliare Nikitich, ciò non di meno avevano battuto gli insorti, e quasi si volle asserire i battuti fossero stati essi. A Questo proposito non credo occorra spendere parole per ristabilire la verità, i fatti parlando abbastanza chiaramenJte, onde non resti dubbio che ai Turchi spetterebbe il cantare un Te Deum, ove ciò fosse nelle loro abitudini. In quanto al compromesso colla Ungheria, non pochi giornali di Pest si assumevano ,l'incarico di soffiar nello spento fuoco, sperando di ravvivarne qualche favilla, ed alcuni periodici di Vienna si affrettarono di tener loro bordone; tutto ciò però non impedisce che per intanto la minaccia di sdssure sia scomparsa e che n compromesso concluso sotto gli auspiai del Conte Andrassy, sebbene, V'erità vuol si dica, non contenti nessuna delle due parti, pure assicuri di nuovo per qualche tempo il modus vivendi fra i due fratelli Siamesi. Resta il terzo fatto, l'andata a Berlino del Conte Andrassy; a questo proposito si fu la Nord-Deutsche AHgemeine Zeitung che s'incaricò di gettar l'allarme con un suo articolo che farebbe presentire, si possa in quel convegno dei tre Cancellieri affidare un speciale incarico attivo all'Austria-Ungheria, che il suo Governo sorretto dalla maggioranza della opinione pubblica, mostrossi fin quì seriamente avverso all'assumersi. L'articolo di cui è caso fu causa d'inquietudine quì nei circoli politici e finanziari e la Borsa ne diede prova con un suo ribasso su quasi tutti i valori.

Jeri avendo avuto occasione d'incontrare :il Conte Allldrassy, credetti dovergli porgere le mie congratulazioni, tanto per la conclusione del compromesso, ben sapendo quanta parte di quel risultato sia dovuta alla sua ben apprezzata somma lealtà di carattere, nonché alla non comune accortezza del suo ingegno, quanto per la sua prossima andata a BerLino. Intorno al primo fatto si limitò a rispondermi con soddisfazione che quel 11isulta'to era la conferma di ciò che Egli m'aveva costantemente detto; ed in fatto ogni qualvolta ebbe a parlare meco delle divergenze relatiV'e al nuovo compromesso a conchiudersi fra le due parti della Monarchia, sempre erasi espresso nel modo il più fiduciosamente sicuro intorno al risultato finale. In quanto alla sua andata a Berlino, Egli ripetemmi ciò che mi aveva detto il Barone Hofmann, che l'Imperatore di Russia aveva già da qualche tempo espresso il deside11io d'incontrarlo al suo passaggio per Berlino, che l'Imperatore Guglielmo erasi reso interprete di quel desiderio presso S. M. Francesco Giuseppe. Egli soggiungevami poi tosto non trattarsi evidentemente di un Congresso, neppure d'una Conferenza, ma di un semplice diretto abboccamento, reso tanto più utile anzi necessario, dopo lo scambio di idee avvenuto, durante quasi un anno, fra i tre Gabinetti, coLl'imperfetto mezzo del telegrafo. Avendo poi io fatto allusione incidentalmente all'articolo della Nord-Deutsche AHgemeine Zeitung, di cui è caso più sopra, Egli con tutta la possibile esplicità eliminò, come sempre ebbe a farlo tanto con me come coi principali fra i miei colleghi, l'eventualità d'una azione militare per parte dell'Austria-Ungheria nelle Provincie Turche.

Per conto mio quindi ho ogni ragione di ritenere che qualunque possano essere gli intendimenti attuali dei Gabinetti di Pietroburgo e di Berlino, le truppe Austriache non varcheranno da sole il confine Turco; credo del pari che il Conte Andrassy si opporrà quanto saprà e potrà ad un intel1V1ento mil.Jitare combinato, prestandovisi soltanto, allorché si trovasse nella impossibilità assoluta di impedire alla Russia di marciare essa. Ma su questo ordine d'idee megLio di me saranno in grado di porgere schiarimenti all'E. V. il mio collega a Pietroburga ed il R. Ambasciatore a Berlino.

Il Conte Andrassy parlommi poscia con un pò di malumore del Montenegro, che dichiarandosi minacciato dalla Turchia, sta prendendo provvedimenti, sedicenti difensivi, ma in sostanza ostili alla Porta. Dissemi quindi aver avuto pochi minuti prima la notizia dell'avvenimento al potere a Belgrado di un Ministero Ristich. Egli non voleva però mostrarsene impensierito, ed alle supposizioni da me manifestate che quel nuovo Governo potesse trascinare il Principe Milano a dichiarare la guerra alla Turchia, rispondevami non credervi; il Ristich esser meno belligero di quanto lo si ritiene generalmente. Più che a lanciare il suo Paese nelle eventualità di una lotta armata, Egli dicevami, il Ristich accarezza l'idea di ottenere si dia la Bosnia ad amministrare al Governo Serbo, senza toccare all'alta Sovranità della Porta su di essa. Quest'idea però il Conte Andrassy volle, come ogni qualvolta ebbe a parlarmi dei progetti intesi a crear nuove autonomie nelle Provincie Turche, mostrarmi non avere il suo suffragio; ed anzi così si espresse, " ce serait du propre, ce serait confier un borgne à un aveugle! , . Il Conte conveniva poi meco nell'avviso ch'io gli esprimeva, che la Turchia dopo il successo militare recentemente ottenuto, potrebbe far molto per la pacificazione, ove senza indugio, ora che Le è onorevolmente const:ntito di mostrarsi conciliante, assumesse l'iniziativa di quelle misure atte a por termine all'insurrezione, che più tardi potrebbero venir1e consiglia·te dalle potenze. A questo riguardo credo, di non andar errato ritenendo che il Conte Andrassy sarebbe ben lieto di potersi appoggiare a Berlino su di un qualche fatto concludente di tal genere, onde veder così eliminati in anticipazione quei progetti che non sarebbe disposto ad accettare.

Il Conte Andrassy partirà di quì il giorno 8: fino al suo ritorno non suppongo mi possa esser dato di riferire all'E. V. cosa alcuna intorno a ciò che si sarà fatto a Berlino.

P. S. -Sino a questo momento la notizia che Ristich abbia assunto il Ministero non è ancora confermata, però si continua a ritenere come più che probabile.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DELI ESTERI, MELEGARI

R.R. l. Londra, 5 maggio 1876 (per. il 9).

Quest'oggi io ebbi l'onore di vedere il Conte di Derby il quale non aveva potuto prima d'ora ricevermi a motivo della recente morte di sua madre.

Egli fu molto affabile con me e si ricordò le antiche relazioni che già ebbimo indirettamente assieme allorché, essendo ambidue Ministri per gli affari esteri del nostro rispettivo paese, Egli, in momenti difficilissimi per noi, prestò all'Italia un efficace appoggio morale.

Il Conte di Derby espresse la sua soddisfazione nello scorgere come si svolga la prosperità dell'Italia, e come dessa, con particolare buon senso, si mantenga fedele ai veri principii del sistema costituzionale.

Naturalmente in questa prima conversazione non potei entrare in discorso sopra alcuni affari che ho trovato pendenti alla Legazione; ma mi sono riservato di parlarne in un altro colloquio. Tuttavia non tralasciai di rettificare alcuni apprezzamenti poco esatti intorno alla nostra amministrazione fatti da alcuni dei primari periodici di questa metropoli.

Colsi intanto questa opportunità per presentire le opinioni del Conte di Derby intorno a due argomenti assai importanti per noi, e che fanno oggetto delle ultime istruzioni comunicatemi da V. E., quelli cioè relativi all'Egitto ed alla insurrezione della Erzegovina.

In quanto all'Egitto, limitando le sue osservazioni alla quistione finanziaria, Egli mi disse di non credere che la combinazione ideata dal Khediv'e sia ancora accettata dai Banchieri che trattano quest'affare; ma che quando le cose fossero intese ·e sistemate l'InghHterra non avrebbe difficoltà a che un suo Commissario al pari di quelli di altre Potenze prendesse parte alla vigilanza che si vnlesse ecsercitare sul servizio del debito Egiziano. Il Conte di Derby crede che l'Egitto ha tuttora grandi elementi di ricchezza, ma che per svolgerE ci vorrebbe un'amministrazione migliore dell'attuale, la quale è talmen.te disordinata che ultimamente si sono scoperti nuovi debiti che il Kedive od ignorava od aveva dimenticati.

Relativamente agli affari dell'Erzegovina il Conte di Derby riconosce che il tentativo di pacificazione fatto dal Conte d'Andrassy può considerarsi come fallito. Egli non crede che né la Prussia, né la Germania, né l'Austria meno ancora, siano disposte ad intervenire per fare cessare le ostilità; il Conte di Derby non espresse opinioni sulle conseguenze della lotta, ma sta aspettando il risultato della Conferenza annunciata come dovendo aver luogo a Berlino tra il Principe Gortchacow, H Principe Bismarck, ed il Conte d'Andrassy.

S. M. la Regina che trovasi a Windsor, dove alberga l'Imperatrice di Germania, non ha ancora fissato il giorno in cui avrò l'onore di consegnarle le mie Credenziali.

P. S. -Accuso ricevuta a V. E. del dispaccio politico N. l del 22 del mese scorso e dei suoi annessi (1).

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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 149. Costantinopoli, 5 maggio 1876 (per. l' 11).

La posizione si fà QUÌ ogni giorno più grave, e l'impotenza della Sublime Porta a dominarla ogni giorno più manifesta. Il Comandante in capo delle truppe nella Erzegovina con grande difficoltà riesce a mettere qualche vettovaglia in un forte il cui possesso è d'assai dubbia utilità per la Turchia, e poi ritorna ai suoi quartieri esausto di forze. La Serbia compie H suo armamento e prende disposizioni che indicherebbero vicini intendimenti bellicosi. Il Montenegro è sempre in arme. Una scintilla scoppia ora nella Bulgaria nella quale si conosce come da mesi si stessero introducendo armi. E per ultimo si vocifera una certa agitazione incominciare a manifestarsi nella Tessaglia. Minacciose nubi sembrano addensarsi da ogni parte.

Frattanto che fa la Diplomazia? E' triste a dirsi, ma a Costantinopoli essa si mostra ora paralizzata, inerte. Si passano giorni a discutere se Mouktar

Pacha ha dormito a Niksit oppure non v'ha dormito, se le vettovaglie vi furono portate a dorso d'uomini o di muli, se i Montenegrini erano o no presenti ai fatti d'arme, e simili cose. Ma quando io mi faccio ad interrogare i miei colleghi separatamente sui rimedi efficaci che sarebbero da applicarsi per [scongiurare i pericoli che minacciano l'Impero, nulla traggo di concreto. Da che viene questa impotenza? E' essa l'effetto della necessità delle cose, oppure della volontà di alcuna tra Le Grandi Potenze? Lascio al saggio giudizio dell'E. V. di rispondere a questa questione, sulla quale non ardisco esprimere un avviso.

D'altra parte la Sublime Porta mostrasi abbattuta sotto il peso di tante difficoltà né sa a qual partito appigliarsi. Rachid Pacha facevasi l'interpvete di questi sentimenti in una conversazione intima ch'egli aveva in questi giorni con uno dei miei colleghi • Che vogliono da noi le G11andi Potenre? • diceva egli

• La Sublime Porta ha fatto tutto quello che 1e fu domandato, e quale ricompensa ne raccoglie? Le era stato promesso che esse agirebbero nelLa Serbia e sul Montenegro per impor loro il non intervento; ed ora si vede come queUe promesse s~eno state mantenute. Né basta il danno, chè ora s'aggiungono le rampogne. Il Principe Gortchakov non cessa d'indirizzare dure parole a Kabouli Pacha, ed inoita le altre Potenze Garanti a portarci parole di biasimo e di minaccia •.

Il tempo stringe dunque, né v'è tempo da perdere se si vuole sa:lvare l'Impero da una conflagrazione generale. Tra pochi giovni si raduneranno a Berlino i due Imperatori ed i principali Ministri dei tre Imperi. La gravità della situazione è nota a quei personaggi, ed è da sperare che dallo scambio d'idee che ne seguirà fra essi sia per uscire la parola che abbia a rischiarare l'orizzonte. Ed io persisto a credere la sola soluzione pr!lltica nelle presenti congiunture essere quella che mi permisi sottoporre alla saggia considerazione di V. E. pel mio rapporto del 28 Aprile, N. 144 confidenziale (1).

ANNESSO CIFRATO. ALLEGATO.

Costantinopoli, 5 maggio 1876.

Ambassadeur de Russie se déclare favorable à l'annexion de l'Herzégovine au Montenegro: peut-etre aussi à celle de la Bosnie à l'... (2). L'Ambassadeur d'Angleterre est d'avis que dans les circonstances actuelles ce•tte solution seraiit acceptable et si elle sortait de la conférence devrait etre imposée à la Porte. Les Ambassadeurs de France et d'Allemagne se tiennent sur la réserve, mais semblent suivre la Russie. Ambassadeur d'Autriche ne voudrait ni annexion ni conférence, mais il ne pourra à moins d'étre entrainé par la force des choses. Autriche ne reste isolée encore moins peut-elle entrer ·en lutte avec la Russie. Ce ne sont que ses ennemis qui pourraient la pousser dans cette voie.

Generai Ignatieff vient de me dire qu'à Berlin on tàchera de poser les bases d'une solution pratique et qu'il en sortira probablement une conférence. Il sait que les Ministres des Affaires Etrange11es d'Angleterre et de France partagent ses vues sur ces bases. Ambassadeur d'Autriche se montre aussi ébranlé et parait avoir écrit au Chancelier Autrichien dans le meme sens.

General Ignatieff me dit que le Chancelier Autrichien voudrait encore restreindre négociations aux trois Empires mais la Russie insiste pour la coopération des autres trois Puissances garantes.

(l) Cfr. n. 41.

(l) -Cfr. n. 57. (2) -Gruppo indecifrato.
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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 27. Roma, 6 maggio 1876.

Da questo Signor Ministro di Turchia mi è stata conse·gnata copia, alcuni giorni or sono, di un telegramma circolare di Rachid pascià, in data del 26 aprile scorso, col quale la Sublime Porta dichiara destituita d'ogni fondamento la norbiZiia che fosse stata risoluta una azione offensiva contro il Montenegro. Rachid pascià osserva che la condotta moderata, alla quale si attenne finora la Sublime Porta, avrebbe dovuto bastare per dimostrare l'insussistenza di quelle voci, e soggiunge che la politica del Governo otwmano continuerà ad essere aliena, così da ogni precipitazione, come da ogni debolezza. Il telegramma conchiude con un appello alle Potenze perchè si adoperino, presso il Principe di Montenegro, non solo per riaffermarlo neH'osservanza della neutralità, ma altresì per indurlo a facilitare il vet.tovagliamento a Niksik.

Ho stimaw utHe, ad ogni buon fine, di porgerle un cenno del telegramma rimessomi da S. E. Caratheodory-effendi, benchè probabilmente Le ne sia g,ià noto il testo per comunicazione avutane dalla Sublime Porta.

72

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 295. Costantinopoli, 7 maggio 1876, ore 12,40 (per. ore 13,10).

De graves désordres à Salonique. Les consuls d'AHemagne et de France ont été massacrés par les mussulmrns. A l heure, aura lieu réunion des représsentants des puissances garantes, chez le général Ignatieff, avec présence du ministre des affaires -étrangères. Agitation partout. L'ambassadeur d'Angleterre a télégraphié à frégate de se rendre immédiatement du Pyrée à Salonique et m'a offert refuge à son bord pour les italiens. L'ambassadeur de France et celui de Russie ont aussi télégraphié pour des vaissaux de guerre. Il serait prudent d'envoyer quelque navire dans l'archipel.

73

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 296. Parigi, 7 maggio 1876, ore 15,16 (per. ore 17).

Je tachera,i de connaìtre les dispositions du Gouvernement français sur la transformation réciproque des légations en ambassades et vous en informerai sans retard. Quant à la Russie, le prince Orloff vient de me dire que la création des ambassades n'est pas encore adoptée par son Gouvernement et a ajouté que p1'obablement elle ne le serait que si le Roi en exprimait le désir soit directement

IO -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

soit par l'entremise du prince Humbert à l'occasion du voyage de Son Altesse. Je vous prie d'en informer le Roi et de me faire connaitre les résolutions de Sa Majesté à ce sujet.

74

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL CONSOLE A SALONICCO, TRABAUDI FOSCARINI

T. 149. Roma, 7 maggio 1876, ore 23,30.

Appena ricevute le gravi notiz~e trasmessemi da Lei il Re ha ordinato che domani partano da Napoli per Salonicco due navi dehla R. Marina. Approvo la fermezza dimostrata da Lei nel chiedere provvedimenti energici dall'autorità.

75

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY (l)

D. 379. Roma, 7 maggio 1876.

Dopoché ebbi scritto a V. E. il dispaccio del 30 aprile scorso (2), ci è ~iunta la notizia dei nuovi fatti d'armi avvenuta in Erze-govina. Mouchtar Pascià, che la Sub!.ime Porta non volle o non ebbe tempo di trattenere, muoveva, negLi ultimi giorni di aprile, verso Nickitsh e si scontrava a più riprese cogli insorti. Difficile sarebbe discernere il vero tra le relazioni contraddtttorie che di quel movimento sono state fatte. Sia, o non, riuscito Mouchtar Pascià a rifornire, egli stesso, di viveri la fortezza, abbia egli avuto, o non, il sopravvento sugl.Ji insorti, egli è certo che i combattimenti si trovano, di presente pressochè in quella stessa posizione in cui erano reciprocamente dopo le sanguinose giornate del 16 e de.J 17 aprile.

Egli è, però, manifesto che la situazione è, in oggi, assai più propizia, che allora non fosse, per l'opera di pace alla quale le Potenze si sono accinte. Alle intenzioni concilianti dei Ministri del Sultano faceva, infatti, contrasto, fino agli ultimi giorni, il contegno del partito militare, che, accusando il Montenegro di partecipazione diretta nelle operazioni della guerra, spingeva all'invasione del pvincipato. L'insuccesso dei primi tentativi di Mouchtar Pascià per vettovagliare Nickitsch era attribuito principa·lmente all'intervento delle milizie del Principe Nikita, ed n sentimento militare, eccitatissimo a Co.stantinopoli, faceva purtroppo considerare come possibili le più temerarie risoluzioni. Ora dai vantaggi riportati da Mouchtar Pascià il sentimento miLitare ebbe qualche soddisfazione; e, ciò che più importa, non essendo messo in dubbio che, durante le ultime operazioni il Montenegro abbia osservata la neutralità, il pericolo di una azione militare diretta contro il Principato, pare, pel momento, allontanato.

Del resto che le circostanze si presentino attualmente più favorevoli per la intromissione pacificatrice delle Potenze apparisce anche dal fatto stesso che,

:,-enza cne sia intervenuto accordo alcuno, la prorogazione della tregua suggerita dalle Potenze, e prima d'ora dalla Porta rtifìutata, sembra essere stata per tacito consenso adottata in atrtesa appunto di una ripresa di trattative che è nel desiderio di tutti. Certamente dobbiamo deplorare che questo stato di cose più favorevole alla pacificazione delle provincie dnsorte non abbia potuto attenersi prima che nuovi e sanguinosi combattimenti rendessero le due partd più inclinevoli agli accordi e più deferenti ai consigli disinteressati dei GabineMJi amici; ma a noi pare manifesta la maggiore probabilità di rouscire che avrebbero in questo momento gli sforzi che concordemente facessero le Potenze nell'interesse della pace, e dal canto nostro siamo disposti a cooperarvi il più e:fficacemelllte che ci sia possibile entro i limiti della situaZiione tracciata all'Italia dalle sue esigenze politiche.

L'aspettazione generale mira a1l convegno che tra pochi giorni avrà luogo in codesta capHale. Sarà presente all'incontro dei Sovrani di Russia e di Germania anche il Conte Andrassy ed è a presumere che la questione orientale sarà, nei colloQui dei personaggi dirigenti la politica dei tre Imperi, trattata con ampiezza ed efficacia.

* L'accordo fra i tre Imperi che alla sua origine sembrava rivolto ad allontanare ben altri pericoli, apparve ognora assai vago ed 'incerto in ciò che particolarmente poteva riferirsi alla questione orientaJ1e.

Sebbene fosse universale l'opinione che fra i tre Imperi esistessero soltanto degli accordi negativi i quali miravano essenzialmente alla conservazione dello statu quo in Europa, ognuno presentiva l'insufficienza di tali accordi quando, al riaffacciarsi della questione orientale, dovesse trovarsi per essi una soluzione che non leda gLi interessi diversi delle Potenze.

La difficoltà di risolvere ,tali problemi in modo che si conciliino fra loro questi interessi, è anche oggi, così generalmente sentita, che gli stessi Gabinetti Imperiali ebbero più d'una occasione per dimostrarsene preoccupati nelle loro confidenziali comunicazionli con noi. Non abbiamo tuttavia ragione di dubitare della ferma intenzione dell'Austria-Ungheria e della Russia di tradurre in atto le loro padfiche intenzioni.

Allorché, nel novembre scorso, Ella ebbe occasione di abboccarsi col Principe di Gortchakow, allora di passaggio a Berlino, Sua Altezza le esprimeva la convinzione che, quand'anche alla primavera prossima l'insurrezione collltinuasse nella Erzegovina e si estendesse ad altre provincie ottomane, l'accordo fra le Potenze resisterebbe ana dura prova e la pace dell'Europa non correrebbe pericolo di essere turbata. Però, quanto sia delicata la situazione e facile :il dissidio fra Vienna e Pietroburgo, si potè scorgere anche di recente, quando si trattò di emettere un giudizio sopra i sei punti che dagli insorti furono presentati come le sole basi possibili della pacificazione.

Il rapporto di V. E. non mi lasciava dubbio che anche il Gabinetto di Berlino siasi preoccupato seriamente di una siffatta condizione di cose. Il prossimo convegno potrà essere per S. A. il Principe Bismark un'occasione di uscire dal suo riserbo. La condotta del Gabinetto di Berlino durante gli ultimi anni non ci permette però di formare a questo riguardo delle previsioni sicure. Il certo è che, se la Germania stimasse essere venuto il momento di modificare il contegno fin qui serbato, dovremmo aspettarci ad un'azione più risoluta della diplomazia europea nelle quistioni orientali e la risoluzione delle difficoltà che essa presenta potrebbe diventare imminente.*

Nè da Vienna, nè da Pietroburgo ci fu espresso i1l desiderio che l'Italia abbia a prendere parte allo scambio di idee che sta per aver luogo costì fra i tre Imperi. Non ci risulta parimenti che la Francia e la Gran Bretagna abbiano ricevuto a questo riguardo un invito od abbiano dimostrato il desiderio di riceverlo. Tutto ciò però che tende a sostituire al concerto delle sei Potenze, quello di alcune soltanto di esse non può essere a noi 1in particolare indifferente, mentre le complicazioni che si producono in varie provincie dell'Impero ottomano tendono purtroppo a generalizzare 1le quistioni che si ag,itano da parecchi mesi nell'Erzegovina.

Se pertanto a V. E. verrà offerta l'occaSJione di associarsi alle conversazioni che avranno luogo a Berlino in questi giorni, io l'autorizzo espressamente a prendervi tutta quella parte che la conoscenza che Ella ha dei nostri inreressi Le farà ritenere come proporzionata ai medesimi. Ma se anche nessuno speciale invito Le sarà fatto in proposito, Ella saprà certamente procurarsi con i personaggi che dirigono la politica dei tl'e Imperi dei colloqui nei quaili Ella farà valere tutte le ragioni che ha l'ltalia per seguire col più vivo 'interesse lo svolgli.mento delle quistioni relative all'Impero ottomano.

* Durante la missione che V. E. ha compiuto a Pietroburgo, Ella aveva saputo stabilire con quel Governo imperiale uno scambio 1intimo di idee de'l quale il principe Gortchacow conserva certamente memoria. Sin d'allora esaminando i gravi problemi che presentano le condizioni proprie delle popolazioni di razza slava sogget,te alla Turchia, più d'una voLta si ebbe l'occasione di riconoscere l'armonia esistente fra gli interessi della Russia e quelli deill'Italia lin quanto i due paesi non possono desiderare che un mutamento della condizione della sovranità territoriale in Bosnia ed in Erzegov;ina abbia ad operarsi in vantaggio dell'Austria-Ungheria. Noi desideriamo che questa identità di vedute esista tuttora e che tutti i Gabinetti continuino a considerare come la più pratica delle soluzioni possibili Quella che ha per base lo statu qua territoria1le della Turchia non disgiunto da un miglioramento delle condizioni di vlita delle po!Polazioni cristiane seriamente applicato ed efficacemente guarentito. Nella scelta dei mezzi per raggiungere quest'intento le Potenze potrebbero però appigLiarsi a metodi talmente diversi che quasi impossibile mi riuscirebbe di dare a V. E. sin d'ora una norma sicura per disce·rnere quaili di esSii dovrebbero a parer nostro preferirsi.*

Fra le previsioni possibili emerge però quella che i sei punti, nei quali sono riassunte le domande dei capi degLi insorti, abbiano ad esse·re presi come base di un negoziato con la Porta ottomana.

Nel modo col quale furono ,espressi quei sei punti parvero e sono forse in realtà difficilmente accettabili. Ma se di essi si voglia fare un accurato esame, questo primo giudizio potrebbe essere sensibilment•e modificato.

Alcuni di quei punti, il 3o ed il 5o per esempio, sono quasi già compresi nelle concessioni fatte dal Governo del Sultano in seguito alle domande contenute nella Nota ausrtro-ungarica del 30 dicembre. Gli ·altrti punti potrebbero essel"e o modificati o meglio espressi. Il ritiro delle truppe turche in alcune piazze fortificate non esduderebbe per esempio l'introduzione, per le provincie insorte, di quello stesso regime che fu adottato per il Libano, dove le milizie locali bastano a man,tenere l'ordine e dove, dall'introduzione del regolamento organico in poi, non si trattò che in casi rarissimi della necessità di chiedere rinforzo al corpo d'esercito stanziato in Siria.

Parimente in un paese dove i musulmani pretendono conservare soli il privilegio di portare armi, se non sarebbe agevole l'introdurre una legge di disarmo generale, non sarebbe impossibile decretare che i cvistiani debbono anche a questo riguardo godere di una assoluta uguaglianza di diritto coi Musulmani.

Ed anche la domanda degli insorti che venga loro distribuita la terza parte del!le terre, se a pdma ~ista ha potuto sembrare assolutamente inammissibile, è però suscettibile di essere presentata sotto una forma che forse la renderebbe accettabile. Mi mancano le notizie necessarie per poter giudicare se sarebbe possibile distribuire ai cristiani delle terre di proprietà dello Stato od assegnare ai medesimi dei territori come la Po11ta ha fatto quando colonizzò in altr'e sue provincie ,europee intere tribù di Tartari e di Circassi. Ma qualora simili provvedimenti non fossero applicabili alla Bosnia ed all'Erzegovina, si potrebbe esaminare se la giustizia non richiederebbe che lo stato di cose creato in quelle provincie dalle leggi del 1851 e 1862 venga profondamente modificato. Il R. Console Durando, che dimorò per parecchi anni in Bosnia, non esita ad affermare che il vero nodo della quistione per la quale gr.insorti stanno in armi, consiste nel non aver saputo dare una giusta soddisfazione ai diritti dei coltivatori che nelle leggi sovrindicate furono completamente sacrificati.

La revisione dei regolamenti della tretina e delle robote fatti negli ultimi anni, darebbero probabilmente alle popo1lazioni della Bosnia e dell'Erzegovina quella soddisfazione che i popoli slavi soggett,i a Governi civili ebbero da più provvide leggi.

Se la sfiducia delle popolazioni nel Governo del Sultano rende anche per la Bosnia 'e l'Erzegovina necessaria l'applicaz1ione di quel sistema di commissioni europee che la Turchia accettò quando le sue condizioni interne erano di gran lunga migliori e le sue forze erano certamente superiori a quelle di cui oggi dispone, noi non avremmo dal canto nostro nessuna difficoltà ad associarci ad un'opera che può produrre ancora dei risultati soddisfacenti. L'esempio di ciò che poté la commissione europea per il riordinamento del Libano, dove appunto si tro,vavano di fronte popolazioni che per ant!patia di religione e di razza sembravano non potere più convivel'e sullo stesso territorio, potrebbe essere opportunamente citato per dimostrare quali vantaggi si possono ottenere per mezzo dell'autorità che emana dal concerto delle Potenze. l'l prestigio di questa autorità presso le popolaz,ioni della Turchia è una forza dell'efficacia della quale sarebbe dispiacevole non si 'traesse tutto il partito possibile nell'interesse della pacificazione.

* Il pensiero di riunire una Conferenza, secondo le ultime notizie che ho ricevute, troverebbe appoggio presso i rappresentanti di alcune Potenze a Costantinopoli. Il generale Ignatiew ne parlava ai suoi Colleghi come di cosa assolutamente raccomandabile ed il R. Invitato presso la Porta ottomana non esita a segnalarmi la necessità di appigliarsi a questo rimedio per sortire dalle difficoltà che nuove complicazioni nascenti dagli avvenimenti potrebbero ancora più aggravare.

Ella vedrà, Signor Conte, se vi ha probabilità che in questo pensiero si accordino i tre Gabinetti Imperiali. Ad intelligenze che si prendessero in questo senso l'Italia si assoderebbe ben volentieri. Se l'espressione della nostra favorevole opinione potesse contribuire a determinare un concerto delle Potenze, Ella saprà adoperarsi in guisa che col nostro concorso si conseguisca un risultato tanto desiderabile.

Ma fra le previsioni pos.."ÙbHi vi ha pur quella che i tre Gabinetti ImperiaLi perduta ogni fiducia nell'efficacia dei mezzi fin qui adoperati, cerchino dii intendersi sopra una base diversa, sopra quella cioè dell'intervento armato nei paesi insorti.

Purtroppo le gravissime notizie che da Salonicco e da altre parti dell'Impero ottomano giungeranno a Berlino durante il convegno dei due Imperatori pOitrebbero influire sulle determinazioni dei Gabinetti imperiali in guisa da renderli meno accorti delle perico,lose conseguenze che deriverebbero dall'occupazione militare dei paesi :insorti. Il sussidio di truppe straniere per tenere in freno il fanatismo musulmano potrebbe essere dai Gabinetti imperiali giudicato come una necessità assoluta.

Ella conosce però troppo bene le esigenze della politica nostra per non comprendere in Quali incertezze ci getterebbe l'adozione di una simile politica per parte dei tre Imperi. ImpossibHe mi sarebbe tracciarle per ora una norma di linguaggio a questo riguardo. Ogni giudizio dovrebbe essere prudentemente riserva,to finché non fossimo in grado di apprezzare le condizioni alle quali l'intervento si effettuerebbe *.

Intanto l'E. V. valendosi delle cose esposte in questo mio dispaccio, saprà, ne son certo, adoperarsi anche in questa circostanza perché l'Italia tenga nelle presenti condizioni della quistione orientale quel posto che i suoi interessi le assegnano.

(l) -Ed., ad eccezione dei brani tra asterischi, in LV 22, pp. 152-155. (2) -Cfr. n. 60.
76

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D.P.S.N. Roma, 7 maggio 1876.

Nell'occasione in cui si incontrarono a Vienna, lo scorso anno, i Principi ereditari d'Italia e di Russia, è sorto il progetto di un viaggio a Pietroburgo che il Principe e la Principessa di Piemonte avrebbero intrapreso nel corso del presente anno. Di siffatto progetto essendosi mostrati altamente compiacenti l'Imperatore e l'Imperatrice di Russia, fu risoluto che l'arrivo a Pietroburgo dovesse cadere tra il 15 ed il 20 luglio, e così poco dopo il ritorno dello Tzar in quella capitale.

È naturale che al passaggio, costì, dell'Imperatore e dei personaggi che lo accompagnano, le si tenga discorso del viaggio dei Principi Reali. All'E. V. si presenterà così propizia occasione per fare notare come tra noi la notizia del viaggio dei Principi sia stata accolta col massimo favore, scorgendovisi non dubbia opportunità di viemmeglio ravvivare le simpatie tradizionali che uniscono tra loro le due sovrane. Ed il Governo del Re è lieto di associarsi al sentimento generale e di mostrare in questa circostanza in quanto pregio esso tenga l'amicizia del Governo Impel"liale.

Tra i modi di manifestare questi nostri sentimenti sarebbe soprattutto la elevazione del posto di Pietroburgo ad Ambasciata. Certo riuscirebbe gradito al nostro paese se, giungendo i Principi Reali alla frontiera russa, già potessero essere salutati dall'Ambasciatore del loro Augusto padre. Senonché in questa materia la reciprocità è regola costante, né potrebbe la R. Legazione d'Italia in Pietroburgo mutarsi in Ambasciata se lo stesso non accadesse per 1la Legazdone dì Russia in Roma.

Già ebbi ad intrattenere di questo argomento il Barone d'Uxkull, questi si sarà senza dubbio affrettato a riferirn,e al Principe Cancelliere. Però, stringe il tempo, dovendosi in così breve termine predisporre ogni cosa per la creazione dell'ambasciata, segnatamente per ciò che spetta agli stanziamenti da farsi in Bilancio. Sarebbe quindi necessario che il Principe Gortchacow ci facesse conoscere le intenzioni sue e quelle del suo Sovrano; e ciò in termini abbastanza positivi perché noi possiamo aveme norma per le nostre risoluzioni. L'E. V. che è, in certa guisa, fuori di causa, e trovasi, col Principe Gortchacow, in rapporti di intimità oramai antica, può meglio di chicchessia condurre le pratiche con quel tatto che si addice a materia così de·Licata e coniitdenziale.

Mi sarò grato di ricevere, sopra questo argomento, sollecite informazioni, le quali, riassunte dapprima in via telegrafica, potranno essere svolte da V. E. in lettera particolare, affidata al corriere di Gabinetto che le reca questa mia lettera.

E d'ogni cosa ringraziandola...

77

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, LACAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

N. 2409. Roma, 7 maggio 1876 (per. l' 8).

Sono grato all'E. V. delle notizie favoritemi col foglio segnato in margine (l) sul contegno e sulle relazioni degli italiani che trovansi attualmente rifugiati in Lugano, e La prego di tenermi informato di quant'altro quel R. Console avesse a riferirle in argomento, specialmente se i tentativi di disordini nel Cantone Ticino potessero collegarsi con progetti di perturbazione nel Regno.

(l) Si tratta di un dispaccio del 30 a.::>rile "on cui Tornielli aveva trasmesso all'Interno un rapporto del console a Lugano circa la partecipazione di italiani ad agitazioni politiche nel Canton Ticino.

78

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 2641. Parigi, 7 maggio 1876 (per. il 10).

Ebbi jeri un'udienza da S. E. rirl Ministro degli affari esteri di Francia e l'intrattenni anzitutto, giusta il desiderio che l'E. V. me ne aveva espresso nel suo dispaccio del 2 corrente, n. 594 Poi. (1), della quistione finanziaria dell'Egitto, esponendogli le vedute ed il voto del R. Governo ~~n conformità delle istruzioni da Lei impartitemi.

S. E. il Duca Decazes mi rispose dandomi le seguenti informazioni. Il dì 30 Aprile ultimo, il Vice Re d'Egitto fece pervenire al Signor Outrey il progetto di costituzione della Cassa d'ammortizzazione destinata a esercitare nell'interesse dei creditori dell'Egitto e sotto la direzione dei Commissarj designati dalle Potenze una missione di sorveglianza, di riscossione e distribuzione delle risorse applicabili al pagamento del debito. Questo progetto non sembrava contenere le guarentigie e tutele necessarie; ma il Vice Re si mostrava aHora deciso a rifiutare ogni modificazione. Tuttavia, già l'indomani e in seguito di stringenti rimostranze, il Khedive consentì ad affidare al Commendator Scialoja la redazione d'un nuovo progetto. Questo secondo progetto pareva tale da dare sufficiente soddisfazione agl'interessati ed il Gabinetto francese fu avvertito che il decreto, firmato il 2 Maggio, doveva essere pubblicato oggi stesso, cioè il 6 corrente, nel Giornale ufficiale del Cairo. Si annunziava in pani ,tempo che domani sarebbe altresì pubblicato il decreto vicereale che istituisce un Consiglio Supremo del tesoro sotto la pres'denza del Commendator Scialoja, e la Direzione Generale del Tesoro. Dall'altro lato un contratto dev'essere firmato oggi stesso dal Khedive e da un certo numero di Delegati dei creditori egiziani i quali dànno per una somma di 200 a 300 milioni la loro adesione aHa conversione che fu loro proposta.

S. E. il Duca Decazes mi consegnò, in aggiunta a queste informazioni, una nota che mi pregio di qui unita trasmettere all'E. V. (2) e che grli fu t:omunicata per esporgli i risultati generali della situazione che sarà fartta dalla conversione del Tesoro dell'Egitto ed a' suoi creditori. S. E. mi disse inoltre d'aver saputo in via estra-ufficiale che il Gabinetto austriaco era stato impegnato a designare un Commissario il quale sarebbe nominato presso la Cassa del debito pubblico, e ch'esso aveva consentito.

Queste informazioni concordano in sostanza con quelle che l'E. V. mi fece l'onore d'inviarmi col Suo telegramma in data di jeri (3).

(l) -Cfr. n. 63. (2) -Non si pubblica. (3) -Non pubblicato.
79

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 310. Londra, 8 maggio 1876, ore 18,50 (per. ore 21,30).

Je suis allé aujourd'hui à Windsor où j'ai présenté mes lettres de créance à la Reine. J'ai reçu un parfait accueil et Sa Majesté a témoigné les sentiments de l'intérèt le plus symphatique pour le Roi et pour l'Italie.

80

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 466. Vienna, 9 maggio 1876 (per. il 12).

Leggo in testa della parte ufficial'e della Wiener-Zeitung, in data d'oggi, la seguente determinazione imperiale:

•Sua Maestà imperiale Reale Apostolica si è graziosissimamente degnata di approvare, con documento sottoscritto addì 24 Aprile, che conformemente alle disposizioni di uLtima volontà del Serenissimo Signor Arciduca Francesco di Austria-Este, Duca di Modena, il di lui erede, Sua Altezza Imperiale e Reale il Serenissimo Signor Arciduca Francesco Ferdinando riunisca il nome e lo stemma della famiglia Este al nome e allo stemma proprio, per sé e per i suoi successori, sorti da matrimonio con donna di stirpe di egual rango • (aus ebenbtirtiger...).

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IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 467. Vienna, 9 maggio 1876 (per. il 12).

L'origine, le attribuzioni e le contingenze finanziarie della Società Italiana di bene•ficenza in Vienna sono troppo note perché io mi dilunghi ad esporle. Taluni suoi difetti, che ne impediscono il pieno svolgimento, dipendono dalla costituzione, necessariamente imperfetta, della colonia italiana in questa Capitale, che è difficile di tener unita e compat.ta; vi abbondano italiani, o non originari.i del regno o qui stabiliti da si lunga pezza, che la coscienza della lorc nazionalità ne riesce offuscata. Ne scaturisce la conseguenza che la Direzione della Società di benefioenza non è costituita intieramente da sudditi italiani, come io desidererei. Fra i membri più ragguardevoli della Direzione annoveransi il Dottor Enrico Cornet, originario del Trentino ed il Cavalier Tommaso Galatti di origine greca, ma suddito austriaco. Il primo è da11 1869 Segretario della Direzione ed è un valente autore di monografie storiche italiane; il secondo fu largo di sussidii per la beneficenza; entrambi godono di eccellente fama e si adoperano in tutti i modi a prò della società. Per dimostrare l'interesse che il R. Governo prende al buon andamento della Società e per dare un eccitamento salutare, io mi permetto quindi di proporre aU'E. V. il conferimento della Croce di Cavaliere della Corona d'Italia in favore delle due egregie persone sovramenziona•te. Spero che l'E. V. vorrà, nella sua bontà, tanto più facilmente accogliere la mia proposta in quanto che essa è la prima di questo genere, che io fo in favore de' membri della Commissione delia Società di beneficenza.

82

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 2644. Parigi, 10 maggio 1876 (per. il 12).

Nella seduta che tenne jeri la Commissione generale del bilancio, S. E. il Ministro degLi affari Este11i ebbe a far conoscere l'opinione del Governo sulla mozione fatta dal deputato Signor Tirard di cancellare dal bilancio la somma di 110.000 franchi stanziata per lo stipendio dell'Ambasciatore di Francia presso il Vaticano. Il Signor Duca Decazes non esitò a combattere quella mozione. Egli sostenne che per molte considerazioni d'ordine politico la soppressione dell'Ambasciata francese presso la Santa Sede sarebbe imprudente ed inopportuna, e insistette particolarmente suNa necessità che il Gove·rno francese, nell'eventualità di un prossimo conclave, abbia il mezzo d'usare de' diritti che nel passato sempre esercitò in circostanze analoghe. Il Signor Tirard avendo obbiettato che gli sembrerebbe più naturale d'elevare il Ministro francese presso S. M. il Re d'Italia al grado d'Ambasciatore·, S. E. il Duca Decazes gli 11ispose che fino a quel momento tale questione non era stata ancora trattata ufficia•lmente fra i due Governi, ma che probabilmente· in tempo assai vicino lo sarebbe per una trasformazione reciproca delle due Legazioni.

Il Signor Tirard manife~·tò in seguito a Q.Ueste dichiarazioni del Ministro la intenzione di non mantenere e di non lasciar discutere in seduta pubblica il suo emendamento, qualora non fosse previamente acoettato dalla Commissione del bilancio. Egli domandò per conseguenza un vo•to esplicito che dopo un breve scambio d'osservazioni fu diffatti emesso dalla Commissione e riuscì contrario alla proposta. Sette commissarj soli le furono favorevoli; diciassette le respinsero. La Camera dei Deputati non avrà dunque ad occuparsene, salvo il caso di nuove interpellanze durante la discussione pubblica del bilancio del Ministero degli affari esteri.

83

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 2645. Parigi, 10 maggio 1876 (per. il 12).

Con telegramma in data di jeri (l) >l'E. V. mi commise d'investigare le intenzioni del Governo Francese intol'no all'elevazione delle Legazioni rispettive d'ItaUa in Francia e di Francia presso la Corte di Sua Maestà al grado di Ambasciatore. S. E. il Duca Decazes, in una conversazione che ebbi con lui entrò a parlare egli stesso pel primo intorno a questo argomento, e ciò a proposito dell'emendamento Tirard discusso ieri in seno alla commissione del bilancio. l'l Ministro francese degli Affari Esteri mi disse in questa occasione che il Governo della Repubblica era disposto ad elevare la sua Legazione presso S.M. il Re al grado d'Ambasciata ed a ricevere qui un Ambasciatore di Sua Maestà accreditato presso il Maresciallo Presidente della Repubblica quando fosse informato che il Governo di Sua Maestà desidera questo cambiamento. Il Duca Decazes aggiunse che la sua intenzione era di lasciare al giudizio del Governo di Sua Maestà la scelta del tempo opportuno a ciò. Una somma destinata eventualmente alla spesa maggiore richiesta dal cambiamento della Legazione francese in Ambasciata sarà stanziato nel bilancio dell'anno prossimo. Il fatto che nel bilancio francese dell'anno corrente una tale somma non è ancora contemplata, non dovrà però impedire, nel pensiero di S. E. il Duca Decazes, che il cambiamento di cui si tratta si faceia anche subito ove tale sia il desiderio del Governo Italiano, giacché in tal caso il Governo francese prenderà d'accordo col titolare della nuova Ambasciata francese presso Sua Maestà i temperamenti che accorreranno per assicurarne il decoroso servizio.

84

IL CONSOLE A GINEVRA, GAMBINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI.. MELEGARI

R. 90. Ginevra, 11 maggio 1876 (per. il 12).

Mi viene in questo punto comunicata una notizia di qualche importanza che mi reco a premura di trasmettere a V. E.

Nella decorsa settimana fu tenuta a Bologna una riunione di circa 30 Internazionalisti, venuti dalle Romagne e dall'Emilia. Vi assisteva anche ii1 Cesare Cesari di cui è spesso fatto cenno nei precedenti miei rapporti e che si spacciava in Ginevra per l'ifugiato politico. Il Cesari è una 'intelHgenza volgare, poco amante del lavoro e partì da Ginevra, lasciando cattiva fama della sua onestà. Nei moti che dovevano succedere all'8 Agosto 1874, egli aveva l'incarico di fabbricare le bottiglie incendiarie; ne preparò infatti diverse dozzine che mi si assicura trovarsi ancora oggidì nascoste in Bologna; egli si era quindi assunto

l'incarico d'incendiare la Prefettura cd assaltare le pattuglie. Peraltro queste cose le diceva qui in Ginevra il Cesari medesimo.

Nella riunione in discorso si decise di riorganizzare immediatamente, nelle Romagne e nelle Marche, l'Internazionale, continuando nel programma: • anarchia e collettivismo •. Si fecero voti perché una sollevazione popolare, che dagli interV"enuti si crede imminente, dia la rivincita ai moti dell'8 Agosto che andarono a monte.

Si propose quindi la fondazione di un giornale Anarchico rivoluzionario in Bologna; ciò si attenderà di fare dopo la riuscita del processo. Si deliberò inoltre di promuovere una dimostrazione pubblica se gli imputati verranno assolti. Infine nella riunione non si parlò che di cospirazioni e della prossima Comune Italiana. La relazione di questa riunione venne comunicata dal Getti di Bologna, residente a Neuchàtel, al Comitato Giurassiano.

Sembra che chi guida oggidì le file del socialismo in Italia e che ne introduce i prinoipj perfino nell'Esercito, sia il Cafiero Carlo di Barletta H quale non fa altro che viaggiare da un punto all'altro della penisola e non si contenta di propagare le' teorie ma vuole ad ogni costo che si compia l'azione.

RJvenendo ai detenuti di Bologna soggiungerò che da un avvocato di quella città, fu vimessa al Getti in Neuchàtel una lettera firmata dai detenuti Internazionalisti colla quale si accusa ricevuta di una somma di L. 218, raccolta, come già scrissi, dal Comitato Federale Giurassiano.

Vi è un passo della lettera che dice: « liberi o condannati, non cesseremo di mostrarci degni della Rivoluzione sociale •.

La direzione della Plebe, di Milano, scrisse all'Umiltà in Ginevra per ottenere sussidi per la libera stampa. Il direttore, Bignami, dice che la futura Plebe sarà scritta in senso socialista vivoluzionario e sotto la direzione indiretta del Malon e sua moglie.

Il BasteHca manifestò l'intenzione d'inviare un proclama agli operaj italiani per invitarli a costituirsi in Sezioni d'arti e mestieri ed opporsi agli intvighi degli attuali capi della Internazionale che egli chiama borghesi intriganti ed ambiziosi.

Furono manifesti di tal genere che fecero espellere il Bastelica da Strasburgo ad onta che ad onor dal vero essi non siano molto focosi dal lato rivoluzionario.

Oltre al Congresso Regionale Internazionale che si terrà il 14 corrente' nel Belgio, a Verviers, il Consiglio Federale Belga avverte tutte le Sezioni e Federazioni con circolare datata da Anversa 5 Maggio, e firmata Ph. Coenen, che al 4 Giugno in Gand si terrà un Congresso Internazionale ed invita tutte le Sezioni e Federazioni a farsi rappresentare.

L'ordine del giorno è il seguente:

l) rapporto del Consiglio Federale pel 1875-1876; 2) verifica dei conti di cassa; 3) programma socialista da diramarsi all'Internazionale; 4) della necessità di organizzare le Unioni d'arti e mestieri nelle regioni.

Si sa diggià cosa potrà essere quel programma socialista, cioè le solite frasi che si ripetono ad ogni congresso. Il quesito il più importante è quello indicato al n. 4. Egli è certo che se la Intel'nazionale ri'escisse ad associare nei singoli paesi, tutti gli operaj per arti e mestieri, ne risulterebbero gravi e continui scioperi.

Questa organizzazione non è altro che la continuazione del progetto di sciopero generale che fu proposto nel 1873 al Congresso dii Ginevra. Fortunatamente però, sembra che gli agitatori trovino molte difficoltà nell'attuazione dei loro progetti.

(l) Non pubblicato.

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IL CONSOLE A SALONICCO, TRABAUDI FOSCARINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 331. Salonicco, 12 maggio 1876, ore. 20,25 (per. ore 9,40 del 13).

Regia corazzata Mavia Pia giunta oggi. Sonvi qui corvetta Russia con ammiraglio, cannoniera Inglese, corazzata greca, avviso francese. Attendasi squadra francese e fregate inglese russa tedesca.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI (l)

D. 29. Roma, 12 maggio 1876.

Accennai nel dispaccio del 29 aprile scorso, n. 25 di questa serie (2), ai gravi disordini di Lattachia, ed al proposito, manifestato dal Vali di Sorìa, di provvedere egli stesso a misure di repressione, essendo riuscita a vuoto una prima inchiesta affidata ad ag,enti subalterni.

Il R. console generale in Bayrouth riferisce ora che il Valì, o per timore di eccitazione maggiore tra i musulmani o per ordini venuUigli da Costantinopoli, ha da ultimo risoluto di lasciare cadere la cosa. Nessuno è stato deferito ai tribunali, ed ogni ricerca per scoprire i colpevoli è stata abbandonata. Tutto si riduce a misure meramente amministrative, la revoca cioè del Caimacan del distretto e l'allontanamento dell'ufficiale preposto alla dogana.

Alle osservazioni che gli furono mosse da'i Consoli esteri, Hamdy pascià rispose in termini evasivi, lasciando in chi lo udiva, l'impressione che lo trwttenesse dalla repressione il dubbio che potessero esserne rinfocolate le passioni religiose tra i musulmani.

Si è precisamente sopra questo punto di vista che io Le porgeva, nel mio dispaccio precedente, ed ora le confermo, la preghiera di richiamare l'attenzione della Sublime Porta. È evidente, che là dove l'elemento musulmano è in grandissima maggioranza, ed il Governo dispone, dal canto suo, di forze poche numerose, nel prestigio dell'autorità consiste la sola guarentigia efficace che protegge i cristiani e le colonie straniere. Astenersi da atti di rigore, quando questi siano necessar:i, può essere un rimedio momentaneo. Certo, però, si preparono ben più gravi pericoli in avvenire, se si accredita, per tal modo, nella massa l'opinione che l'autori,tà non vuoLe o non può fare rispettare la !legge. Le quali mie osservazioni, purtroppo corroborate dalla recente catastrofe di Salonicco, si adattano in ispecial modo alla Sorìa, ove i sintomi del mal represso fanatismo religioso, suscitano, con ragione. tra i cristiani vive e continue apprensioni.

(1) -Edito in LV 22, pp. 156-157. (2) -Cfr. n. 58.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 10/3. Londra, 12 maggio 1876.

Ieri verso sera ebbe 'luogo l'ingresso del Principe di Galles di ritorno dal suo viaggio nelle Indie. L'accoglienza fu festosissima e molto cordiale. Questa dimostrazione è considerata come un atto di Lealtà del popolo verso la Corona e di simpatia per il Principe stesso. Il di Lui arrivo è segnale di numerose feste che avranno luogo in suo onore. Ieri l'altro vi fu appartamento (Drawing-room) dalla Regina; quest'oggi ve n'è un altro ed il Principe di Galles darà due Levées. A tutte queste funzioni di Corte il Corpo Diplomatico è tenuto d'intervenire.

Ebbi pure l'onore di essere presentato a S.M. l'Imperatrice di Germania la quale mi parlò molto del Re e dei Reali Principi, che hanno lasciato le migliori rimembranze alla Corte di Berlino.

In questi primi giorni di dimora in Londra il mio tempo è in gran parte consacrato a fare le visite indispensabili per mettermi a rapporto colle persone colle quali avrò in seguito a trattare o che importa di conoscere per rendere più facile H mio compito. Cerco di orizzontarmi in questo mare immenso di genti e di cose, e debbo dire che il lavoro preliminarre, che in questo modo debbo fare per stabilire la mia posizione, mi riesce assai più facile per effetto della buona accoglienza che io incontro dovunque, .e per la considerazione che si ha ormad per l'Italia -diventata in così poco tempo -uno degli elementi più importanti del Consorzio Europeo.

Nelle mie ancora poco numerose conversazioni cogli uomini polirtioi o di affari, ho raccolto alcune impl'essioni che io rassegno all'E. V. imperocché desse mi sembrano conformi allo sviluppo che di giorno in giorno prendono le cose.

Le grandi preoccupazioni del momento sono gli affari della Turchia e dell'Egitto. La piazza di Londra sottostà a perdite enormi sui fondi Turchi ed E~izii; a questa iattura s'aggiunge il rimbalzo della crisi avvenuta in Ame!lica, per cui gli affari della City, che rappresentano quelli dell'intero Impero Britannico, sono in gran ristagno per ,effetto deglii sconcerti avvenuti. Arroge che la mancanza di fiducia nell'avvenire inceppa la speculazione, ed i fondi abbondanti di cui è così grandemente provvista l'InghiUer.ra stanno senza impegno a segno che lo sconto della Banca è disceso al 2 o/o .

L'opinione generale è che difficilmente gli affari della Turchia si potranno accomodare. La ribellione dell'Erzegovina ha radici profonde, ed è promossa e sostenuta da odii religiosi e sociali che il Governo Ottomano è 1impotente a soffocare. Le condizioni finanziarie di quell'Impero fanno prevedere il momento non lontano in cui le truppe regolari non potranno più essere mantenute, e l'ultimo sostegno del cadente Impero sarà una guerra santa de' Musulmani di cui l'assassinio di Salonicco sar.ebbe il preludio. I fatti sembrano confermare queste previsioni. È il principio di una nuova guerra del fanatismo e della barbarie contro la libertà e la civiltà.

Difficilmente si troverebbero in Inghilterra in questo momento capitali per venire in aiuto all'autorità del Sultano. È adunque da prevedere qualche ulteriore sconcerto che chiamerà necessariamente l'ingerenza atUva delle Potenze interessate per metter ordine nelle provincie agitate dell'Impero Ottomano e frenare gli eccessi che si hanno da temere.

Certamente l'Inghilterra non lascierà sciogliersi la quistione che si agita nelle Provincie Europee dell'Impero senza manifestare in modo autorevole la sua volontà al riguardo. Ma il punto in cui essa si mostrerà più energicamente determinata è quello dell'Egitto dove essa vede, non. senza dispetto, la propria influenza contrastata dalla Francia. L'ultimo accomodamenrt;o combinato col Kedive non soddisfa i Signori della Ci,ty, i quali pretendono che con questo i loro interessi, che sono i più considerevolii., sono sagrificati a quelli dei Francesi, i q_uali sono riesciti a pareggiare il debito fluttuante, che esiste in massima parte nelle loro mani, al Debito Consol1idato che appartiene per la maggior pavte ai creditori Inglesi, e che prima godeva di garanzie superiori a quelle dell'altro debito. Si riti,ene che l'Egitto è ricco abbastanza per far fronte a tutti i suoi ·impegni; ma non si ha fede nell'amministrazione del Kedive, e si considera come illusorio l'ordinamento ultimamente effettuato.

Queste sono le opinioni dominanti in Londra; ma circa al da fare pel momento attuale, le idee non sono parimenti concordi: gli uni, i Wighs, vorrebbero rimanere, almeno per ora, nel sistema di astensione, seguito per l'addietro; gli altri (il partito attualmente al potere), sono più propensi ad un'azione posttiva. Ma se v'ha in questo momento qualche esitanza, non v'è dubbio che il giorno in cui gli interessi della Gran Bretagna fossero in qualche modo minacciati, tutti i partiti sarebbero concordi per un'energica azione.

Gli eventi precipitano con tanta rapidità che bisogna esser pronti a qualche determinazione per salvave gli intevessi presenti che· abbiamo in Oriente e prepararsi all'avvenire.

Quale possa essere quest'avvenire si potrebbe fin d'ora, con più o meno di verosimig1ianza, pronosticare. Ma non è qui il caso di entrare in questo argomento. Bas.ta essere persuasi che il concorso dell'Italia sarà richiesto da diverse parti ed in diversi modi; per cui conviene ripetere: Estate parati.

Il Ministero Disraeli ebbe nella scorsa notte un ultimo ·attacco, che ebbe per pretesto il Titolo della Regina; ma alla battaglia, che sembrò dovesse essere seria, mancarono parecchi oratori che dovevano parlare, per cui l'attacco, rhe aveva per oggetto di dare un voto di sfiducia al Ministero, andò fallito, avendo questo riportato una maggioranza dii 108 voti. La gravità degli eventi accaduti, e di quelli che si preparano fanno sentire la necessità di non indebolire il Governo in momenti in cui è necessario di conservare un. indirizzo ben determinato rispetto alle grandi quistioni che si agitano.

Siccome i!n questi momenti vi possono essere comunicazioni importanti che non si possano affidare alla posta, e che sarebbero troppe lunghe per estenderle in cifre, sarebbe utile che di quando in quando \nenisse un corriere al quale i dispacci più riservati sarebbero consegna1ti, con l'avvertenza però di dare avviso qualche ~iorno prima del suo arrivo per poterli avere in pronto.

Infine prego V. E. di tenermi a giol'no, ed anche telegraficamente, per quando possibile, delle notizie che pervengono a codesto Ministero, affinché io possa, nei limiti della prudenza, servirmene per ottenere, in cambio, delle .informazioni talvolta importanti dai miei Colleghi, imperocché nel Corpo Diplomatico vige la massima: Do ut des.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

D. 200. Roma, 13 maggio 1876.

Più voLte la S. V. Illustrissima ebbe a richiama11e la mia attenzione, nei suoi recenti carteggi sopra il trattato stipulato a Vienna il 29 febbraio u.s. per la separazione della rete dell'Alta Italia dalla rete sud-austriaca, non nascondendomi come codesto Governo annette grandissimo pregio a che quel Trattato po·tesse in tempo utile approvarsi dalle nostre camere e tradursi in atto. Anche il Conte di W.impffen mi intrattenne, a più riprese, dello stesso argomento, insistendo perché la Convenzione fosse oggetto di pronta deliberazione innanzi al Parlamento.

Da·l canto nostro, fummo solleciti, non appena costituito il nuovo Gabinetto, di occuparsi con la massima cura di questo soggetto, H quale ritraeva speciale importanza ed un carattere singolarmente delicato dalla circostanza che del Trattato di Vienna fa parte integrante la Convenzione firmata a Basilea il 17 novembre 1875 per il riscatto della rete dell'Alta Italia.

È noto che la maggioranza manifestatasi col voto del 18 marzo si formò, nella Camera dei Deputati, attorno ad un programma nel quale figurava sopratutto la ripugnanza che incontravano nella pubblica opinione la convenzione pol riscatto delle Hnee ferroviarie, ritenendosi, per una parte, che quelle convenzioni arrecassero soverchio onere alle finanze dello Stato, e per al,tra parte essendo vivamente contrastato l'esercizio Governativo, considerato quaJ.e conseguenza ineviltabile del riscatto della rete.

Era adunque affatto naturale che la nuova amministrazione indugiasse a pigliare una risoluzione sembrandogli necessario di esaurire anzitutto l'esame della difficile ed inrtricata materia, e di scandagliare in pari tempo, quali fossero, a questo riguardo, le disposizioni delle varie fa:z;ioni parlamentari. Intanto però ci si presentava ovvio un primo concetto, sceverare dalle altre Convenzioni ferroviarie, non implicanti rapporti .internazionali, quella di Basilea la quale, appunto perché intimamente connessa al trattato di Vienna, doveva essere oggetto di separata e particolare considerazione.

Venne, nel frattempo, a Roma, il Barone Edmondo de Rothschild, ed il Ministro si adoperò, col massimo impegno, per ottenere, sia una proroga del termine entro il quale le Convenzioni avrebbero dovuto entrare in vigore, sia alcune modificazioni dei patti di Basilea, medianti le quali fosse data soddisfazione alla maggioranza della Camera ed all'opinione prevalente nel paese. Nei colloqui che il Presidente del Consiglio, il Ministro dei Larvori pubblici ed io stesso avemmo col Barone di Rothschild, ci siamo applicati a dimostrargli come J.e nostre due domande fossero un portato necessario della situazione, e come l'accoglimento di esse fosse condizione senza la quale non era a sperarsi l'approvazione delle Convenzioni. Ma il Barone Rorthschild avendo probabilmente meno esatta notizia delle vere disposizioni della Camera ha respinto ogni nostra proposta dichiarando che egli si considerava vincolato dal Trattato di Vienna, di cui la Convenzione di Basilea forma parte integrallite.

Se il Barone de Rorthschild avesse aderito aHe domande da noi presentate~ gli, il Ministro avrebbe potuto impegnare la responsabilità propria e quella degli amici suoi, con la fiducia di ottenere una votazione favorevole. L'insuccesso degli uffici nostri fu cagione che al Ministero non rimanesse altro partito fuorché assumere un atteggiamento di assoluto riserbo. Secondoché le telegrafai il 2 di questo -mese, il Ministero non avendo rinunciato alla speranza che cosi la Compagnia come il GoV'erno austro-ungarico avrebbero agevolato il compito suo, raccomandò alla Camera di esaminare negli uffici la Convenzione di Basilea ed il Trattato di Vienna.

Senonché in questi ultimi giorni la situazione parlamentare si è vieppiù aggravata. n Ministe'ro poté finora mantenersi neutrale tra la maggioranza (sinistra e centro) e la destra testé riorganizzatasi sotto J.a pl'esidenza dell'Onorevole Sella. Ma gli uffici della Camera (in cinque dei quali l'elezione dei seggi era pur testé riuscita favorevole alla destra) avendo, sopra nove, nominato sette commissarii con mandato di respingere le Convenzioni, queste trovansi oramai, pel fatto stesso, gravemente compromesse.

La situazione si è fatta, per tal modo, assai più difficile. Ed è vieppiù necessario di conseguire prontamente ciò che averva formato l'oggetto delle domande da noi presentate al Barone di Rothschild. Gioverebbe all'uopo che fossero aperte immediate trattative per la stipulaZJione di un nuovo atto addizionale, iroperocché il rigetto del Trattato di Vienna, che sarebbe inevitabile se non sopraggiunge alcun fatto che modi:liichi e migliori la situaZJione, avrebbe conseguenze, certo non meno deplorevoli per l'Austria che per l'Italia.

11 -Documenti diplomatici -Serie Il -Vol. VII

Entrambi i G<>verni debbono fare convergere i loro sforzi a scongiurare una siffatta eventualità. Trattasi di interesse che non si restringe solo al campo economico, ma tocca altresì la sfera dehle relaziOllli politiche. Se· in Austria il rigetto del Trattato può, per gli effetti finanziari che ne deriverebbero, suscitare sentimenti meno benevoli per l'Italia, non è a dissimularsi che il rifiuto dell'Austria di ammettere un indugio ed una modificazione del Trattato sarebbe interpretato, in Italia, come un atto particolarmente ostile all'amministrazione sorta dal voto del 18 marzo ed ahla maggioranza parlamentare che· con quel voto si è affermata.

Stringerva il tempo essendo indispensabile e sopratutto urgente che il Conte Andrassy avesse precisa ed immediata notizia delle difficoltà insormontabili che si incontrerebbero presso la Camera se la discussione dovesse aprirsi prima che i due G<>verni abbiano potuto mettersi d'accordo sui mezzi atti a porre in salvo gli interessi che si connettono colle Convenzioni. Epperò quantunque Ella avesse già avuto l'opportunità di segnalare al Conte Andrassy 1le esigenze della situazione, ho stimato conveniente, trovandosi questi a Berlino, di commettere, per telegrafo, al Conte di Launay di fare un nuovo e caldo appello al buon volere ed a1 senno pratico di S. E. il Ministro degli affari esteri di codesto Impero. Certo il Gabinetto Imperiale ci porgerebbe prova preziosissima della sua amicizia per l'Italia, consentendo, dal canto suo, alla proroga da noi desiderata, ed esortando seriamente il Signor de Rothschild a ripigliare con noi le trattative sopra i punti che già formarono oggetto dei nostri colloquii col Barone Edmondo.

Sappiamo bensì, per ciò che concerne la proroga, che questa è resa malagevole dalia necessità, in cui la società delle ferrovie Lombarde sembra trovarsi, di avere in pronto una somma notevole entro breve termine. D'altra parte, però, una siffatta circostanza non dovrebbe influire di soverchio sopra le decisioni di codesto Governo e della Società stessa, quando si avverta che ·la difficoltà pur sussisterebbe e sarebbe anzi ancor più grave nell'ipotesi del rigetto puro e semplice del Trattato. Egli è manifesto che se quello era motivo ragionevole di esitazione infino a che poteva concepirsi speranza che le Convenzioni sarebbero approvate dalla Camera nel loro tenore attuale, più non sarebbe tale ora che la discussione seguita negli uffici e la scelta dei Commissari hanno mostrato, in forma non dubbia, quali siano i veri intendimenti della maggioranza parlamentare.

Non so quale sarà l'esito delle pratiche affidate al R. Ambasciatore a Berlino, né se S. E. il Conte Andrassy avrà potuto prendere una riSIOluzione prima di lasciare quella capitale. Epperò mi preme di esporre anche a Lei lo stato presente deLle cose, affinché Ella possa, se è d'uopo ripigliare le trattative col Conte Andrassy, tostoché questi ritorni a Budapest valendosi a tale oggetto dei dati e degli argomenti svolti in questo mio dispaccio.

P. S. Stimo opportuno di far conoscere a V. S. Illustrissima che per mettere il Conte Wimpffen sempre meglio in grado di informare il suo governo della vera situazione parlamentare che si è prodotta in questi giorni relativamente alla convenzione di Basilea, il Presidente del Consiglio ha avuto col medesimo un colloquio nel quale ha sviluppato i pensieri stessi che sono esposti in questo dispaccio. Questo Ministro austro-ungarico pur dichiarando di non avere istruzioni del suo Governo nella nuova situazione che si era verificata, promise di riferire allo stesso tutto ciò che S. E. il Cavaliere Depretis gli aveva detto. Il Conte Wimpffen, parve pe·rsuaso dell'urgenza di venire ad un componimento per evitare che la Convenzione sia puramente e semplicemente respinta da un voto della maggioranza della Camera.

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IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI (l)

R. 468. Vienna, 13 maggio 1876 (per. il 16).

Ieri soltanto pervennemi da Bukarest l'ossequiato dispaccio dell'E. V. della presente serie n. 199 in data 1° corrente mese (2), essendoché per innavvertenza nella spedizione, esso era stato acchiuso nel piego diretto a quella R. Agenzia. In giornata stessa diressi una Memoria al Conte Andrassy, che conse·gnai a mano di S. E. il Barone Hofmann, in ·essa riassunsi gli argomenti svolti dall'E. V. a dimostrare l'opportunità che vi sarebbe anche il Gabinetto di Vienna si associasse a quello di Roma nei passi a farsi a Costantinopoli, affinché vengano in modo assoluto evitati i pericoli che minaccierebbero la salute pubblica dei due Stati, ove la Porta trasportasse nelle sue provincie insorte truppe provenienti da luoghi infetti dalla peste od anche soltanto prossimi a quelli. Sebbene non avessi ricevuto istruzioni di rivolgere una memoria in proposito al Governo Imperiale, pure credetti applicarmi a tale partito, stanteché in questi giorni, l'attenzione del Gabinetto di Vienna essendo specialmente attratta dalle gravi questioni del momento, una semplice conversazione di cui non restasse traccia scdtta, avrebbe potuto sfuggire di memoria; ed in cosa le di cui conseguenze potrebbero farsi sentire per l'Italia in si terribile maniera, parvemi opportuno attenermi al mezzo il più sicuro, affinché in qualsiasi evenienza, il R. Governo si trovi in grado di dimostrare al Paese, che dal canto suo nulla si è tralasciato onde impedire il pericolo d'una fra le più gravi sciagure da cui potrebbe essere colpito.

Il Barone Hofmann nell'accogliere la memol"lia che gli consegnai dissemi: che dall'esame da lui fatto della questione di cui è caso, posteriormente alla prima conversazione da me avuta con Lui al riguardo, eragli risultato, che già fin da due mesi fa, il Conte Zichy aveva avuto ordine d'intrattenere il Gran Vizir su questo stesso preciso argomento, e che ne aveva avuto in risposta le più tranquillanti assicurazioni: che d'altra parte era risultato al Governo Imperiale in modo non dubbio, l'insussistenza della notiZiia corsa che la peste fosse scoppiata ad Aleppo; non trattarsi invece, conformemente al risultato di un'inchiesta fatta sopra luogo da medici delegati dalla Porta, fra i quali trova

vansi pure egregi sanitari di nazionalità austriaca, che di un'epidemia tifo[dea. Essere poi assolutamente falsa la notizia data con scopi tendenziosi da talun giornale austriaco, che fra le truppe Ottomane sbarcate a Klek si trovassero individui affetti dalla peste. Ringraziai S. E. per queste informazioni ch'Egli compiacevasi darmi, ma ciò non di meno gli lasciai la mia memoria, insistendo sulla convenienza di non chiudere però gli occhi su affare di si grave momento, e sull'utilità che i Rappresentanti dei due Stati si trovino in grado di esprimersi in modo identico a Costantinopoli, intorno ad una eventualità, che ad ogni modo difficilmente potrebbesi ritenere come assolutamente priva di ogni fondamento.

Mentre sarà mia cura comUillicare a suo tempo all'E. V. la risposta che mi sarà fatta, ......

(l) -Ed., con qualche variante, in LV 22, pp. 163-164. (2) -Non pubblicato.
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AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI (l) L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY,

R. 1593. Berlino, 13 maggio 1876 (per. il 18).

Ainsi que j'ai eu l'honneur de vous l'annoncer hier au soir par le télégraphe, une lettre du Chancelier me priait de vouloir bien passer chez lui le lendemain à une heure. Le mème avis était transmis aux Ambassadeurs de France et d'Angleterre. Le Prince de Bismarck nous prévenait en mème temps que nous rencontrerions chez lui ses Collègues d'Autriche et de Russie.

Je sors de cette conférence et je m'empresse de faire mon rapport. Le Prince de Bismarck a ouvert la séance. Il en a indiqué, à grands traits, le but, à savoir d'amener une entente à six après que le Représentants des trois Cours du Nord avaient déjà échangé leurs vues. Il en était résulté une série d'observations et de propositions sur lesquelles on rtenait beaucoup à connaitre l'opinion de nos Gouvernements respectifs et à obtenir leur concours. Le désir était unanime qu'ils partageassent la mème manière d'envisager les choses. Son Altesse laissait ensuite la parole au Prince Gortchakow pour donner plus de développement à ce qui n'avait été en quelque sorte qu'un exorde de sa part. Le Chancelier russe s'est alors appliqué à rappeler quelle était la situation, quand fut présentée à Constantinople la Note du Comte Andrassy du 30 décembre, appuyée par les autres Puissances Garantes. La Porte avait promis toutes les réformes demandées. Mais après quatre mois d'attente • il ne reste dans nos mains qu'un morceau de papier •. Il ne seyait ni à la dignité ni au prestige d~>

l'Europe que des engagements dont ill avait été pris acte fussent illusoires. Il faut maintenant substituer des • réalités • à de vaines promesses, d'autant plus que la crise s'est aggravée et menace de prendre des proportions très inquiétantes. Il ne s'agH nullement de porter atteinte à l'intégrité de la Turquie, mais il impol"lte d'aviser au plus tot non seulement pour assurer en général de meilleures conditions aux chrétiens, mais aussi pour veiller à leur sécurité mise en danger. Depuis l'arrivée de l'Empereur .A!lexandre à Berlin, des causeries ont eu lieu entre les principaux Ministres des Cours du Nord. Leurs vues sont consignées dans un mémoire dont lecture est donnée par le Baron de· Jomini. L'accord, disait le Prince Gortchakow, est complet sur ces vues et propositions qui nous étaient communiquées avec l'expression du très vif désir de se ménager l'assentiment et 1a coopération des trois autres Grandes Puissances chrétiennes. Une copie de ce mémoire nous a été remise. Son Altesse nous a ensuite invités à nous prononcer dans la mesure qui nous paraitrait répondre dès à présent au intentions de nos Gouvernements.

Lord Odo Russell, tout en reconnaissant le bon esprit qui animait ces communications, a déclaré, en l'absence d'instructions de Londres, qu'il devait se borner à prendre ad referendum.

Le Vicomte de Gontaut Biron se disait nanti de quelques directions générales, mais pas assez précises pour se prononcer, avant d'avoir sollicité des ordres de Paris.

De mon cOté, j'ai également dit qu'il ne m'appartenait pas de préjuger les résolutions du Cabinet de Rome. J'ai en attendanrt exprimé la cerrtitude qu'elles seraient telles qu'on peut les. attendre d'un Roi qui a fait ses preuves, et qui personnifie au plus haut degré l'Italie, ainsi que d'un Gouvernement dont le programme s'inspire des idées d'ordre, de paix et de conciliation *. Les changements minisrtériels qui se produisent par un jeu régulier de nos institutions, ne modifient en rien le programme de poUtique étrangère *. Pour ce qui concerne, entre autres, les Affaires Orientales, nous avions pour règle de conduite de contribuer, autant qu'il peut dépendre de nous, au maintien de l'Empire Ottoman, tout en cherchant à favoriser une amélioration du sort des chrétiens par des réformes pratiques et efficaces. Quant au moyens indiqués pour arriver à la pacification des provinces insurgées, après avoir suivi attentivement la lecture du mémoire, et sauf examen ultérieur, j'ai constaté que différents poilllts allaient au-delà de la Note Andrassy du 30 décembre. Il me paraissait néammoins que je pouvais émettre personnellement une appréciation favorable, à en juger d'après le langage que j'aurais été autorisé à tenir dans le cas où nous aurions eu des pOUrParlers préalables à la réunion de ce jour, Iangage qui pouvait s'appliquer en partie aux considérations et aux moyens généraux signalés par les Représentants des trois Empires. Je me suis donc conformé aux instructions tracées par V. E. dans sa dépéche du 7 Mai courant, mais sans engager en rien ses décisions ultérieures.

Le Chancelier Russe nous a vivement engagés à provoquer le plus tOt possible les ordres nécessaires de nos Gouvernements. Il lui serait agréable d'obtenir des réponses dans le plus court délai, et si possible dans la journée de demain, puisqu'il y avait péri[ en la demeure pour les populations chrétiennes. Son Altesse a ensuite fait la déclaration suivante sur l'attitude de Son Auguste Souverain: * tant Q.ue subsiste l'Empire Ottoman, *la Russie ne vise à aucun agrana.Issement de territoire aux dépens de la Turquie; la Russie ne prétend exercer aucune influence exclusive dans ces contrées, mais elle insiste pour qu'on s'occupe de porter remède au malheureux sort des populations chrétiennes, sans distinction de culte.

Le Prince Gortchakow a vivement recommandé le prompt envoi de bàtiments de guerre; et il a dit, entre autres, à Lord Odo Russell que le Cabinet de St. Pétersbourg applaudirait si l'Angleterre, comme la France, faisruit une imposante manifestation de ses forces maritimes dans les eaux du Levant, en choisissant les meilleurs mouillages pour sa flotte. L'essentiel était de parer au plus pressé et de prévenir de nouveaux massacres.

* Comme je l'ai dit plus haut, je me suis abstenu dans cette conférence d'empiéter sur Le vote du Gouvernement du Roi qui saura aviser pour le mieux. Mais s'il m'est permis d'émettre un avis, j'estime que nous sommes en présence de propositions parfaitement acceptables. Le procédé à notre égard est bien meilleur que lorsqu'il s'est agi d'obtenir notre appui à la note précitée du 30 décembre. Alors on nous offrait en quelque sorte un fait accompli. C'était à prendre ou à laisser. Aujourd'hui on nous demande notre avis pour compléter l'entente. Nous rentrons par gradation dans la voie normale des négociations à six, dont la nécessité devient de plus en plus évidente, quand les troubles et l'agitation se généralisent dans la Turquie d'Europe. Il ne faut pas se le dissimuler, les nouvelles propositions prouvent que le pla,teau de la balance penche davantage, qu'il y a quatre mois, du cbté des insurgés. On pouvait s'y attendre. Mais mes Collègues de France et d'Angleterre partagent ma manière de voir que ces propositions sont relativament modérées. Ils pensent qu'elles seront bien acueillies par leurs Gouvemements. p,ar la conclusion d'un armistice -si tant est que les insurgés s'y pretent -on gagnera deux mois. Alors seulement si ce terme s'écou~e. sans nous rapprocher du but en vue par les efforts des Puissances, le moment sera venu -pour me servir des termes employés dans le mémoire -d'ajouter à l'action diplomatique la sanction d'nne el11tente. A cet effet, les mesures plus ,efficaces à prendre nécessiteraient un nouvel accord auquel dans l'intéret général il convient de se ménager un accès soit dans la phase préparatoire, soit dans tout développement ultérieur. :re ne puis que recommander chaudement ce qui peut favoriser et rendre permanent le concours des six Puissances. :re n'ai pas besoin d'ajouter qu'il est essentiel de cultiver avec beaucoup de soins nos relations d'amirtié avec les Cabinets de Vi,enne et de St. Pétersbourg, et surtout avec l'Allemagne qui, gràce à l'habilire du Prince de Bismarck a su maintenir dans un certain équilibre les intérets assez divergents de la Russie et de l'Autriche Hongrie sur les Affaires Orientales.

Une longue visi,te qui m'a été faite hier par le Comte Andrassy ne m'a pas permis d'achever ce rapport pour l'heure du départ de la poste. :Je me suis donc bomé à vous envoyer un exemplaire du mémoire susmentionné que j'a:vais

au reste déjà transmis par voie télégraphique à peu près intégralment, du moins pour sa partie essentielle. En me réserva:nt de vous adresser par le Courrier Anielli le récit de mes entretiens avec le Comrte Andrassy et le Prlince Gortchacow, ..... .

(l) Ed., ad eccezioone dei brani tra asterischi, in LV 22, pp. 168-169.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 168. Roma, 14 maggio 1876, ore 18,15.

Vous pouvez adhérer aux quatre points contenus dans le memorandum. Sur le 1er point, vous pouvez faire connaitre que le Gouvernement de Sa Majesté a déjà envoyé une division navale cuirassée et plusieurs bàtiments légers dans les eaux de la Turquie. Leur destination éventuelle et les instructions à donner aux commandants pourraient à notre avis etre concertées entre les représentants des six puissances à Constantinople. 2ème point. L'Italie s'étant déjà jointe aux autres puissances pour obtenir une prorogation de la treve qui a précédé la marche de Mouktar Pacha vers Niksitch, s'associera bien volontiers à la demande unanime des puissances pour obtenir de la Porte U!I1 armistice de deux mois. 3ème point. Le Gouvernement de Sa Majesté dans l'espoir que des négociations ouvertes sur les cinq demandes formulées dans le memo· randum pourront aboutir, n'hesitera pas à en recommander l'acceptation à Constantinople. 4ème point. Pour l'éventuaUté où l'armistice s'écoulerait sans résultat, le Gouvernement italien reconnait qu'il y aurait lieu à établir une nouvelle entente entre les puissances. J'approuve le langage que vous avez tenu dans la réunion d'hier. Il est digne du Roi et du pays que vous représentez.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 82. Pietroburgo, 14 maggio 1876 (per. il 21).

Venni informato jeri sera della Conferenza tenutasi a Berlino il 13 con l'intervento degLi Ambasciatori d'Italia Francia ed Inghilterra. Lord Loftus mi disse poi che da due informazioni gli risultava che l'iniziativa di non più oltre tardare ad invitare le altre Potenze ad associarsi all'azione dei

tre Imperi doveva attribuirsi al Principe Gortchakoff malgrado che l'invito sia stato diretto dal Principe di Bismarck.

S. E. il Signor di Giers Reggente del Ministero degli Affari Esteri col quale ebbi occasione di intrattenermi jeri mi disse che l'Ambasciatore di Turchia si era recato da lui il giorno stesso per comunicargli un telegramma direttogli dal suo Governo per smentire le voci corse di agitazione fra le popolazioni di Costantinopoli. In questa comunicazione viene detto che vi fu solo qualche dimostrazione di studenti per acclamare la destituzione del Sceikul-islam ma che questi fatti non avevano la gravità che si vuole loro attribuire.

Poco dopo Cabouli Pacha ricevette un telegramma del commissario straordinario della Porta a Salonicco che annunzia che furono fatti 33 arresti e che si procederà con la massima energia contro le persone che presero parte all'uccisione dei Consoli.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, DEPRETIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

Roma, 15 maggio 1876.

L'Onorevole collega non ignora certamente e potè anzi osservare minutamente come si svolse e si atteggiò in questi ultimi giorni l'opinione della Camera dei Deputati intorno alla Convenzione di Basilea: questione che sapevasi pericolosa e che il Ministero prevedeva difficilissima ma che nel fatto ci si manifestò assai più grave e dubbiosa di quel che mai si potesse immaginare. La convenzione di Basilea combinata con lunghi studi e paziente negoziazione dal Commendator Sella era stata accolta in Italia con diffidenza appunto perché la pubblica opinione non vi era stata preparata e una così ponderosa proposta s'era intromessa quasi d'improvviso a turbare il corso consueto dei lavori parlamentari. Il voto del 18 Marzo che rovesciò il ministero Minghetti fu in parte la espressione del malcontento dei Deputati, che sentivansi impreparati a risolvere un tema si complicato come quella del riscatto che si volle collegare coll'esercizio fatto da parte dello Stato, di tutte le ferrovie del Regno. L'artificio di collegare intorno ad un solo progetto una vasta confederazione di interessi riuscì invece ad una paurosa congerie di obbiezioni e di difficoltà, tra le quali la convenzione di Basilea appariva poco meno che un accessorio, ma nel tempo stesso veniva accusata di essere il primo punto di partenza di una specie di rivoluzione amministrativa. Il nuovo Ministero del 25 Marzo senti sublto la necessità di dividere le questioni e scemarne la mole. E però io dichiarai solennemente alla Camera essere necessario accordar la preferenza all'esame della convenzione di Basilea, rimettendo la discussione delle altre convenzioni e la questione dell'esercizio governativo delle ferrovie a separati e posteriori studi. Intanto si fece in concorso del Signor Rothschild un tentativo per migliorare le condizioni del contratto di Basilea; ma le negoziazioni intraprese colla persuasione, da parte del Signor Rothschild, che la maggioranza dei deputati sarebbesi a1lo stringer dei gruppi rassegnata ad accettare la convenzione, non riuscirono ad alcun utile conclusione.

Accadde poscia che la costituzione deglii uffici della Camera, opera del caso e del sorteggio, riuscisse favorevole in più di metà di essi ove i deputati di destra e di sinistra si equilibravano, ai deputati dell'antica destra, il che rianimò J.e speranze dei sostenitori della convenzione tantoché il Commendator Sella consentì, per meglio assicurare l'accettazione della convenzione, ad assumer l'ufficio di capo dell'opposizione contro il nuovo ministero. Uscendo per tal modo dalla posizione di neutrale aspettativa che prima aveva tenuto, H Commendator Sella, eccitò contro l'opera sua non solo le opposizioni e le ripugnanze degli economisti teorici ma anche le passioni dei partiti.

1il Ministero si serbò imparziale e neutrale in queste lotte infiammate di passioni, desiderando che idee più temperate e giudizi più ponderati prevalessero da una parte e dall'altra. Ma purtroppo come aveva preveduto, nel calore delle dispute l'irritazione degli animi si accrebbe, ti concetti concilliativi non poterono aprirsi la via e· le forze dei due partiti si misurarono a numero; tantoché anche i deputati del centro, i quali aspiravano ad ottenere qualche equo temperamento, furono costretti a risolversi, e siccome la destra 'insisteva perché convenzioni si accettassero incondizionatamente, cosi la sinistra e il centro furono costretti a votare a dirittura la rescissione. Per tal guisa sette ufficj su nove diedero •ai loro delegati la commissione di non convalidare la convenzione di Basilea. Esito che lascerebbe poca speranza di pronti rimedi se il ministero non potesse fare assegnamento sopra i deputati della sinistra e del centro i quali avrebbero desiderato di attestare col fatto le loro simpatie per l'Impero Austro-Ungarico retto da un ministero liberale e progressivo. Non occorre accennare quali considerazioni politiche rafforzino questi sentimenti favorevoli alla solida alleanza dei due Stati che posseggono quasi intieramente il litorale dell'Adriatico.

Ma pur troppo, come già si era già preveduto appena pubblicata la convenzione di Basilea, pur troppo l'opinione generale inclinava sempre più a giudicarla severamente quanto più si studiavano le clausole di quella transazione che costò molti studi, e che abbraccia un ragguaglio riassuntivo di elementi numerosi e disparatissimi. Oramai è di tutta evidenza che neppure il nuovo Ministero potrebbe far accettare la convenzione tal quale venne proposta al parlamento, e se il ministero volesse imporla colla minaccia di rotirarsi esso cadrebbe nel vuoto, non sostenuto a sinistra e dal centro e non salvato dalle minoranze di destra. Ma nessuno può dimandare al Ministero del 25 Marzo un dissenn:.lto suicidio.

Il Ministero però è conV!into, che se gli fosse dato presentarsi alla Camera con modificazioni le quali migliorassero le condizioni fatte all'Italia, e rispondessero alle più gravi e stringenti obbiezioni, egli potrebbe ottenere che il criterio politico, il quale rende desiderabile la conservazione dei più cordiali accordi coll'Austria-Ungheria, prendesse il sopravvento sulle asprezze del calcolo economico. Ma la cosa richiede rimedi pronti. La determinazione di nulla concedere fa nascer quella di nulla accettare. Poi nell'animo della più parte dei deputati vi è il vivo e legittimo desiderio di mostrare ch'essi non abbandonano, in m81terie di matematica evidenza, la cura diligente e severa degli interessi econo

miei del paese, che in una condizione non ancora buona delle finanze, vuol'essere studio supremo dei rappresentanti della nazione.

Tale è lo stato delle cose, e voi vedete, Onorevole collega, che· soltanto col mezzo d'un'aggiunta addizionale che migliori talune delle più gravi condizioni contenute nel contratto di Basilea si può arrivare ad una felice soluzione di questo doloroso aggruppamento di difficoltà e congiurare imminenti pericoli d'un raffreddamento nei sentimenti d'amicizia, tanto necessari, e desiderati nei due paesi che hanno tanti interessi comuni.

E' poi evidente che conviene far presto; quello che ancora si può fare, forse nessuno fra pochissime settimane lo potrebbe ottenere.

Vi prego, Onorevol•e Collega, di ponderare la cosa che frettolosamente vi scrivo. Vedete se convenga di fare al Governo Austro-Ungarico una esposizione since·ra ed amichevole di questa condizione di cose, e di tentare, se sia possibile, con lleali e pronti accordi di allontanare complicazioni di cui voi vedete la imminenza e la gravità.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

T. 172. Roma, 16 maggio 1876, ore 13,20.

Le Comte de Launay a pu communiquer au Comte Andrassy, avant son départ de Berlin, l'adhésion donnée par l'Italie aux propositions contenues dans le Memorandum des trois Cours du Nord. Le Comte Andrassy s'est montré satisfait de no·tre réponse au sujet de laquelle je vous écrirai aussitot que j'aurai sous les yeux le texte du Memorandum qui m'a été spedié de Berlin.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 1595. Berlino, 16 maggio 1876 (per. il22).

En suite du télégramme chiffré de V. E. en date du 12 courant au soir (1),

je me suis ménagé avec le Comte Andrassy un entretien au sortir de la séance

du lendemain au Département Impérial des Affaires Etrangères, où les Repré

sentants des Puissances garantes de la Turquie avaient reçu communication du

memorandum des Cours du Nord.

Je lui ai donné lecture de la partie essentielle de ce télégramme, en y ajou

tant toutes les considérations qui me semblaient les plus aptes à frapper son

esprit sous le point de vue politique.

Il m'a tout abord exprimé combien il tiendrait à nous etre agréable, en secondant notre démarche. Mais, à son très vif regret, il n'était pas en mesure de nous lai.sser un espoir quelconque de parvenir, par la concession d'un delai au delà du I.'er Juillet, aux modifications que nous désirerions sur quelques points de la Convention de Bale. Le délégué du Gouvernement Italien avait pu se convaincre sur piace des très grandes difficultés qu'il avait fallu surmonter pour faire accueillir à Vienne les arrangements relatifs au rachat des chemins de fer de la Haute Italie·. Le Chevalier Q. Sella avait du faire des efforts surhumains pour s'assurer du suffrage des Chefs de l'opposition à la Chambre. Il n'a réussi à les • rouler •, à culbuter 1leurs répugnances, que grace à ses connaissances profondes sur la matière et par une habilité hors ligne. Le Comte Andrassy avait applaudi à ce succès, presque inespéré. Maintenant, iil n'y avait aucune chance à ce que ces memes chefs de l'opposition fussent gagnés à des modifications ultérieures du contrat. Tel qu'il existe aujourd'hui, il est déjà considéré comme un maximum de concessions. Bien des personnes l'envisagent meme comme préjudiciable sous certains rapports aux ,intérets engagés du coté de l'Autriche. Le Baron A. Rothschild se montre intraitable vis-à-vis de l'Italie liée par le Traité de Vienne dont la Convention de Bale forme annexe. Le Ministre du Commerce à Vienne est lui aussi très nettement contraire à une révision. Telle était la disposition des esprits, quand le Comte Andrassy a été convoqué à l'entrevue de BerHn. Dans ces circonstances il n'avait aucun moyen d'aUer contre vent et marée, et il répugnerait à sa loyauté de nous bercer d'illusions. Il serait extremement regl'ettable qu'on tardat à faire honneur à la signature· d'un accord international. Un rejet de la part de notre Parlement enlèverait quelque peu d'influen.ce à ceux qui travaillent à rendre toujours plus intimes les relations entre les deux Etats. S. E. ne pouvait donc se faire à l'idée que notre Parlemenrt refuserait son approbation.

J'ai répondu que de notre cOté également nous attachions le plus grand prix aux excellents rapports entre les deux Pays, et que la démarche que j'avais été chargé de faire auprès de Lui, en fournissait bon témoignage. Il ne s'a~ssait que de chercher à améliorer certains détails du contrat afin d'obtenir une majorité à la Chambre en sa faveur. C'était là une condition sine qua non, imposée par la situation parlementaire.

Il paraissait au Ministre Austro-Hongrois que nos députés pourraient montrer plus de déférence pour les arrangements pris par le ChevaHer Sella qui faisait autorité dans une semblable question.

Contredire sur ce point mon interlocuteur, c'eut été faire violence à ma propre conviction. Mais je suis l'evenu à la charge avec beaucoup de persistance, en me prévalant, Monsieur 1e Ministre, de vos arguments que j'ai appuyés de mon mieux.

Le Comte Andrassy m'a promis alors d'exposer nos motifs au Ministre de Commerce et à d'autres personnes compétentes à Vienne, où il retournait le 14 dans la soirée. Il me priait en meme temps de lui faire préparer pour son usage confidentiel et personnel une copie du télégramme de V. E. Il m'a paru que je ne devais pas m'y refuser, mais pour la sureté du chiffre, j'en ai donné le sens plutot que la lettre sous forme de pro-memoria ne contenanrt que les détails principaux de vos instructions. Le Comte Andrassy m'en a remercié, en déclinant néanmoins de prendre un engagement quelconque sur un résultat final conforme à nos voeux.

(l) Non pubblicato.

96

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 1597. Berlino, 16 maggio 1876 (per. il 22).

Pour que V. E. soit à méme de donner à la séance du 13 mai sa véritable signification, j'ai l'honneur de lui rendre compte de deux entretiens que j'ai eu avec le Ministre des Mfaires Etrangères Austro-Hongrois et avec le Chancelier de Russie.

Au sortir de cette séance, le premier est venu chez moi pour entendre nos nouvelles ouvertures sur ~e rachat des chemins de fer de la haute Italie (dépeche

N. 1595) (1). Après avoir discuté ce sujet, nous avons abordé la question qui avait été l'ordre du jour chez le Prince de Bismarck. Je me suis appliqué à faire parler le Comte Andrassy et à exciter sa verve. Il se disait satisfait de l'entrevue de Berlin, puisqu'il s'agissait de continuer à exercer une pression diplomatique sur la Porte afin de la décider à remplir sérieusement les engagements contractés envers l'Europe. La presence des escadres étrangères sera un salutaire avertissement pour prevenir te retour de faits tels que ceux qui viennent de se passer à Salonique. Les aernters télégrammes de Constantinople sont plus rassurants. Une suspension a·armes <te aeux mois laissera du temps pour réfléchir avec plus de calme, et pour reprendre les pourparlers de pacification sur les points fixés dans le mémorandum et auxquels la Note du 30 décembre sert encore le base, lors méme Que celle-ci ait été dépassée à certains égards. Il était fort heureux que le status quo restat le méme malgré des bruits erronés, mis en circulation par la presse, d'une intervention armée dans les Provinces insurgées. C'est là une épée de Damoclès qu'il faut laisser suspendue à son fil, autrement il serait à prévoir que, cette crainte écartée, le mouvement ne s'étendit davantage et n'aménat l'incendie général que la médiation des Puissances a précisément en vue de conjurer. Dans la Péninsule des Balkans il y a des chefs de parti fort dangereux. Ils ne visent à rien moins qu'à établir une confédération républicaine, comme s'ils se sentaient de force à réaliser un tel pian. C'est bel et bien une utopie, mais un commencement méme d'exécution aurait de funestes conséquenoes. D'un autre coté il ne faut se dissimuler les graves inconvenients d'une occupation armée. Il en résulteratt, entre autres, la famine. Aujourd'hui la guerre nourrit la guerre. Du moment où des troupes étrangères seraient appelées à veiller au maintien de l'ordre, les aliments que chacun prend où il les trouve, feraient défaut et imposeraient de lourdes charges à l'occupant. L'Autriche a déjà dépensé plus d'un million de florins pour la subsistance des réfugiés à ses frontières. Quelle solution donner d'adlleurs aux agitations dans ces contrées? L'autonomie des provinces n'est guère praticable. Le Bosniaque et l'Herzégovinien, pour ne

parler que de ces petits pays juxtaposés, n'ollit rien de commun ellitre eux. C'est absolument comme si on mettait en présence un Berlinois et un Milanais, en les laissant en tete à tete, après leur avoir dit: • cherchez à vous entendre •. Ces contrées peuvent etre comparées à un terrain recouvert d'eaux .stagnantes, qu'il faut assainir avant de songer à élever des construotions solides. Chrétiens et Musulmans y sont aussi arriérés les uns que les autres au poillit de vue de la civilisation. Pour s'en convaincre il suffit de voir avec quelle cruauté ils ne combattent et mutilent les cadavres de leurs ennemis. Il y a plus de régularité dans le Montenegro, le Prince Nicolas offre quelques garooties, mais ses soldats et leurs chefs ont un peu la nature du brigand et du condottiere. Le Prince de Servie fait mine tantòt de dégainer, tantòt de remettre l'épée dans le fourreau, et son Gouvernement a les allures les plus ~ncertaines, les plus suspectes, tiraillé comme il l'·est e·Ilitre les partis. Dans ces conditions, il est assez indiqué de laisser planer la menace au moins indirecte, d'une occupation éventuelle, mais d'avùse·r par tous les moyens possibles à ne pas recourir à pareille mesure. Le J."lemède pourrait etre pire c.ue le mal. La voie indiquée par le memorandum parait etre la meilleure.

Sans vouloir 1e contredire, je me suis montré assez sceptique en présence des impossibilités qui s'accumulaient devant les efforts de la diplomatie 1européenne à laquelle nous nous associons de grand coeur, parce que nous avions soif de paix comme les autres Puissances.

Le Comte Andrassy s'est plu alors à exprimer combien étaient vives et profondes ses sympathies pour l'Italie, sentiments qui étaient entièrement partagés par Son Auguste Souverain. Il a fait en meme temps un grand éloge du Comte de Robilant qud officd.ellement ~et personnellement avait une excellente position a Vienne. S. E. savait par lui que Notre Roi et Son Gouvernement étaient également animés d'une amitié réelle pour l'Autriche-Hongrie et pour l'Empereur et Roi. J.e ne pouvais que confirmer ces assurances, en ajoutant que le caractère et les convictions poUtiques du Comte Andrassy avaient aussi largement contribué à amener un courant d'opinion conforme à ce qu'exigent les intérets bien entendus des deux Monarchies.

Le lendemain je me suis abouché avec le Prince Gortchacow. Il se montrait satisfait sous un double rapport des résultats de l'entrevue. I. Les demandes formulées par les insurgés dans l'adresse présentée au Général Rodich avaient paru inacceptables au Cabinet de Vienne, tandis que celui de St. Pétersbourg non seulement ne les repoussait pas à priori, mais les jugeait mutatis mutandis dignes d'etre prises en consideration. C'était en posallit comme un fai1t cette divergence de vues, que la Porte commençait à calculer surtout le profit qu'elle pourrait tirer de cette circonstance. L'lintimité des Cours du Nord était déjà envisagée comme compromis. Les arrangements pris ici dans une parfaite entente ont donné un démenti public à ces prévisions. 2. La série de mesures contenues dans le Memorandum ne dépasse pas la limite de la modération. Peut-etre meme en a-t-on trop montré; mais un pas considérable vers la pacification aura été fait si on parvient, sur la base tracée, à amener des pourparlers avec le Gouvernement Ottoman, et si celui-ci est disposé à tenir compte des voeux exprimés par les insurgés et jugés aptes à servir de point de départ à une discussion.

Cependant le Chancelier russe ne croyait pas que les démarches des Puissances auraient grande chance de succès à Costantinople. • C'est un Gouvernement placé entre la boue ·et le sang •. Il était sans force devant le fanatisme musulman. Les changements ministéviels qui viennent d'avoir lieu ne sont faits n.i pour rassurer les Chrétiens, n.i pour modérer leurs adversaires. Il y a faiblesse et impuissance chez le Sultan. Si ce n'est pas encore l'agonie du malade, si ce ne sont pas encore les convulsions qui accompagnent l'agonie, ce sont du moins des symptomes qui la précèdent. Le Prince Gortchacow comptait donc moins sur les démarches projetées, que sur la force de choses, et notamment sur l'envoi des flottes étrangères pour garantir la sécurité de leurs nationaux et des habitants chrétiens de l'Empire Ottoman. L'action de ces flottes n'est pas limitée.

• EUes pourraient arborer le pavillon de la croix rouge pour bien marquer le but de ·leur mission humanitaire •. En attendant il se déclarai•t très satisfa,it que les trois autres Puissances garantes •eussent été invitées à se joindre aux Cours du Nord pour parer aux dangers de la situation en Orient. Il avait toujours été partisan de l'entente à six pour m.ieux sauvegarder la paix européenne. Celle-cd au veste est heuveusement hors de question, mais il faut veiller à ce qu'elle ne souffre aucune atteinte de l'ébranlement du monde Orientai.

J'ai rappelé au Prince les idées que nous a'Vions échangées quand j'étais accrédité en Russie velativement aux populations slaves placés sous la domination turque. Nous reconnaissions alors de part et d'autre l'identité de nos intérets, en ce sens que ni l'Italie n.i la Russie ne pouvaient désirer au profit de l'AutricheHongrie, un changement des conditions de Sou'Veraineté territoriale en Bosnie et dans l'Herzégovine. Il m'a répondu que la Russie partageait toujours le meme avis. Il pensait que la combinaison la plus raccommandable pour ces Provinces serait de leurs accorder une autonomie en stipulant un tribut à payer au pouvoir Suzevain. Mais il s'était bien gardé d'en souffler mot dans les conférences pour n'offusquer personne. Si tout ce qui tient aux Slaves faisait battre son coeur, il était avant tout russe, et à ce titre il ne pouvait à moins que de me répéter ce qu'il avait dit à un haut personnage de la Cour lmpériale:

• Je n'ai pas la prétention de prédire ce qui arrivera ou n'arrivera pas; mais I'homme d'Etat de mon àge, ayant déjà un pied dans la tombe, a parfois des intuitions qui lui permettent de signaler des dangers quelque lointains qu'ils soient. La réun.ion de toute la race slave sous la domination russe ne tarderait pas à entrainer la formation d'une vaste confédération républicaine avec un Président, comme nous le voyons dans les Etats-Unis d'Amérique •.

Votre Excellence aura remarqué les nuances dans le langage du Comte Andrassy et du Chancelier Russe. Le premier manifestait son contentement qu'on ne s'écartat pas jusqu'ici d'une action purement diplomatique, à part l'envoi de bàtiments de guerre. Il se félicitai.t surtout que le projet d'une occupation armée dans les Provinces insurgées n'eut pas été mise sur le tapis. Il traitait presque de peaux rouges les Bosniaques et les Herzégoviniens. Il se prononçait contve l'autonomie de ces pays. Les nouvelles de Constantinople indiquaient une détente dans la si>tuation. Le Prince Gortchacow, au contraire, désespérait presque des démarches prochaines de la diplomatie. Sans qu'il me l'ait avoué -mais nous le savons par les con.fidences faites par le Baron de Jomini au Comte Barbolani -il n'aurait pour ce qui le concernait fait aucune opposition à nne intervention éventuelle de l'Italie au nom des autres Puissances. Il était gagné à l'idée d'une autonomie en Bosnie et dans l'Herzégovine, en prouvant par là que son jugement était loin d'ètre aussi sévère sur les Chrétiens en révolte. Il comptait sur la force des choses, sur l'aotion des flottes étrangères, peut-etre meme sur l'imprévu qui a déjà joué un role si marquant dans la journée de Navarin. Ses nouvelles de Constantinople étaient des plus alarmantes. Le pouls du malade semblait près de s'éteindre. Enfin, comme il le disait aussi à Lord Odo RusseH, les demandes qui seront formulés au Sultan sont modestes, peut-etres trop modestes.

Ces différents détails m'autorisent à supposer, avec quelque apparence de verité, que le Comte Andrassy aussi bien que le Prince Gortchacow étaient arrivés ici avec des plans qu'ils n'étaient rien moins que sU.rs de parvenir à concilier. Chacun amenait avec lui le ban de ses plus habiles collaborateurs pour chercher à s'assure·r des avantages dans les conférences qui ont duré trois jours à intervalles très rapprochés. Ce qui démontre, que la discussion sinon dans les principes, du moins dans les détails a du présenter plus d'nn obstacle. Le Chancelier pour son compte ne s'était pas borné à l'outillage de ses meilleurs employés. Il s'était adjoint l'Ambassadeur à Vienne, Mr. Norvikow, Mr. Jonine, Consul à Raguse. Par une coi:ncidence au moins singulière, Mr. Wesselitzki dont le nom a maintes fois été prononcé dans ces derniers temps se présentait ici avec des pleins-pouvoirs des insurgés. On attendait aussi au rendez-vous les Président du Sénat Monténegrin, Mr. Petrowitch, porteur d'une adresse en faveur de ces memes réfugiés qui devaient ètre une fois de plus entendus. Mr. Wesselitzki voulait se rendre à Constantinople, mais il en a été dissuadé, à moins qu'H consentit à faire bon marché de sa vie dans uoo ville d'où le Général Ignatiew mandait que lui meme était en butte à des menaces. Quant à Mr. Petrowitch, il n'a pu se présenter en temps voulu, et un télégramme parti d'ici l'a engagé à s'arrèter à Vienne où il pourrait s'acquitter de sa mission auprès du Comte Andrassy, sauf à faire ensuite une excursion à Berlin.

En présenoe d'une pareil1e mise en scène, on pouvait en effet s'attendre à une attitude plus énergique du Chancelier russe. Mais il aura eu à lutter contre une certaine opposition de la part de l'Autriche, et le Prince de Bismarck aura réussi à faciliter l'accouchement du compromis qui nous a été présenté avec l'invitation de le soumettre à nos Gouvernements, en demandant leur avis et leur adhésion s'Hs entraient dans les memes vues.

On ne peut qu'applaudir à ce résultat qui écarte, pour le moment du moins, le danger de graves complication européennes. La crise Orientale ne conserve pas moins son inténsité, et ce ne sera que par le concours de toutes les grandes Puissances qu'on parviendra à localiser le mal. Au reste, le prévu est moins à redouter que l'imprévu auquel il faut toujours faire une si large part dans les affaires de ce monde.

D'après ce qui a été dit par le Baron de Jomini au Comte Barbolani, le cas pourrait se vérifier où il deviendrait utile de réunir une conférence européenne dont le siège serait fixé à Venise·.

(l) Cfr. n. 95.

97

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 178. Roma, 17 maggio 1876, ore 16,30.

Je vous enverrai par le courrier de samedi copie du mémorandum présenté par les trois Cours du Nord aux autres grandes puissances. Vous connaissez sans doute déjà les points essentiels de ce document. Le Gouvernement du Roi a notifié son 'adhésion par télégramme adressé à l'Ambassadeur de Sa Majesté à Berlin, que je reproduis ci aprés, me réservant de vous faire connaitre le modus procedendi qui sera arreté d'accord entre les six puissances:

• Vous pouvez adhérer.... • (1). Le Comte de Launay a pu communiquer notre réponse au Prince Gortchakow et au comte Andrassy avant leur départ de Berlin. Ils s'en sont montrés, ainsi que le prince de Bismarck, entièrement satisfaits.

98

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 356. Vienna, 17 maggio 1876, ore 18 (per. ore 21,25).

Le comte Andrassy sort de chez moi. Nous avons longuement parlé de la convention de Baie. Il m'a dit de poursuivre les négociations avec le ministre du commerce seui compétent dans cette affaire et qui sera dans peu de jours de retour à Vienne. Pour son compte, il m'a répété ce qu'il avait dit à De Launay.

Je me suis empressé de lui òter toute illusion sur la possibilité que la convention passe telle quelLe devant nos chambres. Il m'a dit d'engager le Gouvernement royal à obtenir de Rothschild la prorogation, seui moyen pratique. Il a ajouté que si les modifications que nous demandons devraient etre de quelque importance, le traité ne passerai·t plus aux chambres ici. Il a insisté pour que nous reprenions les négociations avec Rothschild. Il m'a dit ne pas pouvoir prendre un engagement quelconque, que le Gouvernement impérial insistera auprès de Rothschild à fin qu'il soit plus coulant, mais j'ai lieu de croire qu'il conseillera au ministre du commerce d'agir dans ce sens. Enfin, il n'a pris aucun engagement, la chose n'étant nullement de son ressort, mais j'ai lieu de croire qu'il :flera bons offices, bien entendu, cependant, si les modi:liications que nous demandons sont plus de forme qu'autrement, comme il s'est exprimé textuellement. Il désire du reste vivement un accord, afin d'écar:ter tout danger de refroidissement dans les relations des deux pays. LI m'a ensuirte chargé d'exprimer au Gouvernement royal ses remerciements les plus sentis pour la si prompte adhésion donnée à la confél'ence de Berlin. L'Angleterre a déclaré qu'elle ne pouvait y adhérer. Andrassy semble etre d'avis de passer outre, tachant

cependant que l'Angleterre n'ait pas à agir en sens contraire, ce qui pourrait exciter les tures à la résistance. Plus de détails par le courrier qui partira demain.

(l) Cfr. n. 91.

99

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 357. Londra, 17 maggio 1876, ore 18,04 (per. ore 22,20).

Je viens de voir lord Derby à qui j'ai communiqué le contenu de la dépeche télégraphique d'hier de V.E. (l) Lord Derby a discuté devant moi les divers articles du mémorandum des trois Cours du nord. Il les croit inefficaces, d'une exécution impossible et manquant d'équité envers la Turquie qui se trouverait dans une position relativement moins avantageuse que les insurgés. En supposant que l'armistice puisse eUectivement avoir lieu pendant ce temps, l'insurrection pourrait mieux s'organiser, tandis que la Turquie devrait maiiiJJtenir des troupes considérables sur pied de guerre, et les concentrer sans agir et elle verrait ses ressources déjà si faibles s'épuiser, tandis que celles des dll5Urgés augmenteraient. Ll ne croit pas la Turquie à meme de supporter les frais de construction des églises et des maisons et l'entretien des insurgés qui se monterait à environ 50 millions de francs. Il les considère comme un encouragement aux insurgés; il croi:t que pour etve agréable et obtenir réellement un armistice, il faudrait avant tout agir sur le Monténégro et la Serbie pour que ces deux pays se maintiennent effectivement neutres. Il exprime le regret que le memorandum ait été accepté par les autres Puissances sans que l'Angleterre ait pu le discuter. Le Gouvernement anglais hésite à adhérer au mémorandum proposé qu'H ne croit pas propre à atteindre le but et le comte Derby se réserve encore de se prononcer à ce sujet. Je pense que les observations cidessus énoncées seront communiquées aux Puissances. J'ai dit à lord Derby qu'une solution était nécessaire et, puisque celle des chanceliers était illusoire, que le Cabinet de Saint-James ·en propose une autre. Quant à nous, nous avions adhéré en faisant toutefois par le fait, toutes réserves pour l'aven~ir et j'ai exprimé notre désir d'une entente avec les grandes Puissances et surtout avec la Grande Bretagne.

100

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 4. Roma, 17 maggio 1876.

Il R. Agente e Console Generale in Tunisi riferisce che il governo del Bey ha testé accordato la concessione deLla ferrovia da costruirsi dalla capi.Jtale al Kef ed a Bedgia con quella stessa compagnia francese che per proprio conto

12 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

sta costruendo in Algeria la linea da Guelma a Sceck Aras sul corufìne. La quale concessione ritrae impol'tanza maggiore dalla circostanza che la Compagnia è cointeressata con altra che possiede le miniere della Calle in prossimità della frontiera tunisina, nonché dalle condiZJioni stesse del contratto: gratuito il terreno necessario, libero da ogni peso per il lasso di sessanta anni, l'esercizio delle miniere di piombo argentirero della Gelba; facoltà di costruire altri due tronchi ferroviari, l'uno dal Kef, per l'estensione di 30 miglia a qualnnque direzione, venendo così la rete tunisina ad allacciarsi a Scheck Aràs con la rete algerina, e l'altro da Mater a Biserta, ove mirano da così gran tempo le ambizioni francesi.

Secondoché riferisce il Commendatore Pinna, l'Agente britannico avrebbe protestato contro questo atto che si aggiunge alla serie dei molti coi quali il Primo Ministro generale Khéreddine ha favorito l'influenza esclusiva della Francia nella Reggenza. Berò sembra a noi che manchi, in questa materia, un titolo a positivo reclamo, non potendo manifestamente contrastarsi al Governo del Bey piena facoltà di provvedere, come m-:!glio creda, agli interessi economici del paese. Piuttosto giova indagare qual siano veramente, a questo riguardo, gli intendimenti attuali del Governo britannico. Ed invero, se dobbiamo argomentare da sintomi recenti, parrebbe che la sollecitudine di codesto Gabinetto si converga da alcun tempo, quasi esclusivamente, sopra l'Egitto, e che oramai la Gran Brettagna abbia rinunciato ad opporsi a che si estenda e padroneggi in Tunisia l'influenza della Francia.

V. E. avrà probabile occasione di intrattenere Lord Derby di questo argomento, che potrebbe, così, fornire alla perspicacia di Lei tema di indagini preziose e sicure.

(l) Non pubblicato.

101

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL CONSOLE A SCUTARI, BERIO

D. S.N. Roma, 17 maggio 1876.

Le sono grato delle notizie contenute nel suo carteggdo di serie politica. L'ultimo rappol'to che da Lei mi è pervenuto è in data dell'B maggio e reca il numero 154 di questa serie (1).

Mentre La prego di continuarmi <le sue informazioni, srtimo utile di richdamare l'attenzione di Lei sopra i due punti che dovrebbero formare, di preferenza, il tema delle indagini e delle relaZJioni.

II primo di essi è la recrudescenza del fanatismo musulmano, che si manifesta in più d'una regione dell'Impero. Sarà preziosa ogni indicazione dei sintomi che Ella possa avvertire a questo riguardo e delle conseguenze che ne potrebbero venire a danno delle colonie straniere.

L'altro punto concerne l'atteggiamento del Montenegro e le disposizioni militari che la Turchia ha preso in vista di un attacco eventuale. Dopo la rotta subita da Mouchtar pascià verso la metà del mese di aprile, bastò appena

l'azione concorde ed energica delle Potenze per salvare H Montenegro da una aggressione. Il Principato non dovrebbe far di soverchio affidanza sopra ila immunità di cui ha goduto finora. Importa, anzi, che con una condotta strettamente neutrale tolga alla Sublime Porta ogni ragione di aggredirlo. In tanta incertezza e mutabHità di eventi, potrebbe, ad un tratto, farsi minaccioso ed imminente anche quel pericolo che ora sembra scongiurato.

Ella vorrà mantenersi in un contegno calmo 'e riservato. Ed a coloro che spontaneamente Le chiedessero consiglio o Le manifestassero timori per la sicurezza delle persone minacciata dal fanatismo rturco, Ella dovrà inculcare moderazione e prudenza, segnatamente quando si tratti di italiani rivestiti di carattere ecclesiastico. Per costoro la massima cautela è, nelle presenti circostanre, strettissimo dovere.

(l) Non pubblicato.

102

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 1598. Berlino, 17 maggio 1876 (per. il 22).

Ce n'a été que le 14 de ce mois.. ainsi que je l'ai télégraphié le meme jour, que j'ai pu m'acquitter des instructions contenues dans la dépeche de V. E. du 7 sans numéro (1).

Le Prince Gortchacow savait combien l'Empereur et l'Impératrice de Russie attachaient de prix à la visite prochaine de LL. AA. RR. le Prince et la Princesse de Piémont, et cette visite serait en effet une nouvelle preuve des sympathies mutuelles entre les deux Cours et des excellents rapports entre les deux Gouvernements. Ces rapports ont été cultivés avec un soin intelligent par le Comte Barbolani jusqu'au terme de sa mission. Quand nous avions indiqué son successeur, le Chancelier s'était empressé de répondre que le choix convenait parfaitement. Le Chevalier Nigra a une réputation telle qu'il ne peut à moins que d'etre persona grata à la Cour de Russe. Quant au rang d'Ambassadeur, il avait été donné une réponse dilatoire. Au reste le Tsar ne devant retourner qu'en Juillet à St. Pétersbourg, il n'y avait aucune hate de prendre une décision.

J'ai expliqué les motifs qui nous faisaient désirer un prompt réglement de cette question sur la base de la réciprocité. A ce point de la conversation, le Chancelier m'a interrompu pour dire qu'en Russie il y avait des précédents pour une absence de réciprocité. Il n'a pas oité des faits à l'appui de cette assertion qui n'en est pas moins exacte. Ainsi le Due d'Osuna, il y a quelques années représentait l'Espagne à St. Pétersbourg avec le titre le plus élévé de la hiérarchie diplomatique; il en est de meme aujourd'hui encore pour le Marquis de Bedmar, tandis que Mr. de Koudriawski n'est accrédité à Madrid que comme Envoyé Extraordinaire et Ministre Plénipotentiaire.

{l) Cfr. n. 76.

J'ai fait observer au Prince que la Maison de SavoJe, pour ce qui la concernait, n'avait jamais admis un tel régime différentiel. Quand il s'était agi entre l'!talie et l'.Aillemagne des Ambassades respectives, le Cabinet de Berlin l'avait admis en principe, et nous avait offert de s'en tenir pour le moment à élever la Mission à Berlin à ce rang puisqu'on n'avait encore aucun candidat pour le poste de Rome. Le Gouvernement du Roi avait décliné cette offre. Le Chevalie Visconti Venosta avait bien voulu meme demander mon avis, et je n'avais pas hésité à me prononcer pour une parité de traHement comme condition indispensable. Je ne doutais pas que le Prince Govtchacow saurait apprécier dans son for intérieur l'expression de ce sentiment de dignité.

Il m'a dit alors que dès le 7 Mai, il avait averti le Baron d'Uxkiilil que le Chevalier Visconti Venosta avait bien voulu meme demander mon avis, et je réciprocité est admise en principe. La nomination de l'Ambassadeur à Rome ne dépendait plus que de l'accomplissement de quelques formalités par devant le Sénat de l'Empire qui est déjà saisi de l'affaire. M. d'Uxktill, ajowtairt Son Altesse, sera promu Ambassadeur.

Le Prince Gorrtchacow avait lieu de croire que M. Nigra projetait une course à Ems à titre de simple touriste. Dans ce cas, il serait le bien venu auprès de Son Altesse. Telle est la raison pour laquelle j'ai cru opportun en terminant le télégramme précité, de suggérer cette course pour entretenir le Prince, comme je l'avais déjà fait de mon mieux, dans ses bonnes dispositions. A cet effet, je lui avais, entre autres, donné lecture de la partie essentielle de votre dépeche.

103

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 470. Vienna, 17 maggio 1876 (per. il 22).

Col mio telegramma di poco fa (l) rendeva sommario conto all'E.V. della conversazione da me avuta oggi col Conte Andrassy a riguardo della Convenzione di Basilea; mi onoro ora porgerle in proposito maggiori particolari che varrano a meglio chiarire quanto in esso riferivale.

Prima ancora di rkevere l'ossequiato dispaccio dell'E. V. del 13 corrente

n. 200 (l) della presente serie, che mi fu consegnato ievi sera dal corriere appositamente speditomi, aveva creduto bene di chiedere un'udienza al Conte Andrassy tosto Egli era giunto da Berlino, onde non porre tempo in mezzo ad intavolare quei negoziati che l'E. V. già m'aveva te,legraficamente ordinato di intraprendere. A quella mia domanda il Conte rispose venendo gentilmente Lui da me oggi.

In base alle istruzioni datemi dall'E.V. col suo succita·to dispaccio, esposi al Conte Andrassy, quanto meglio mi seppi, l'attuale situazione parlamentare

del Governo a fronte della Convenzione di Basilea, nonché del successivo Trattato di Vienna. Gli manifestai il vivo desiderio del Governo Italiano di trovare a sì delicata situazione una solu:z,ione atta ed evitare la anche benché menoma alterazione nelle così cordiali relazioni esistenti fra i due Stati; ma non gli nascosi al tempo stesso, che sarebbe farsi una completa illusione, il credere che al punto in cui si trovano le cose, la Camera potrebbe accettare tal quale la Convenzione di Basilea; gli dissi poscia, che il solo mezzo onde uscire dal difficile passo in cui da ambe le parti ci troviamo, si ·era di convenire di una proroga al termine stabilito per l'attuazione del patto di Basilea, onde dar campo a negoziare quelle modificazioni che il Governo italiano ritiene sarebbero atte a rendere accettabile dal Parlamento la convenzione di cui è caso.

S. E. il Conte Andrassy cominciò col darmi la stessa precisa risposta che l'E. V. telegraficamente m'aveva segnalato essere stata da lui data al Conte De Launay a Berlino; posoia insistette sulla necessità che il Governo Italiano se l'intenda in quest'affare direttamente col Barone Alfonso Rothschild. A ciò io risposi che, affinché quei negoziati potessero questa volta approdare ad un risultato pratico, converrebbe il Governo Imperiale facesse sentire al Barone, il suo desiderio che ciò si effettui, poiché in caso diverso egli, fiducioso dell'appoggio del Gabinetto di Vienna, continuerebbe a mantenersi, come sino ad ora, sull'assoluta negativa. Insistetti molto vivamente su di ciò; il Conte Andrassy però non volle assumere nessun impegno in proposito, dicendomi essere questo affare intieramente di spettanza del Ministero Cisleytano e quindi assolutamente all'infuori delle sue attribuzioni; m'invitò conseguentemente ad intraprendere e prosegwire i negoziati al riguardo col Ministro Chlumecky, tosto farebbe ritorno a Vienna da Pesth, dove momentaneamente si trova. Il pregai allora di esercitare almeno ufficiosamente la sua azione in tal senso sul prefato Ministro del Commercio, ma di questo neppure volle Egli assumersi l'impegno; ciò non di meno sono persuaso che lo farà. Parlando poi, più accademicamente che altrimenti, di questa nostra grave que·stione, Egli dissemi che vivamente desidererebbe ci potessimo mettere d'accordo con Rothschild, ma non mi dissimulò al tempo stesso che, ove le modificazioni alla Convenzione, che noi saremo per richiedere, fossero qualche cosa più che di pura forma, non potrebbero mai venir.e approvate dal Governo Imperiale, poiché il Gabinetto di VIenna si troverebbe poi nell'impossibilità di far accettare la convenzione così modificata dal Parlamento. A questo punto il Conte Andrassy accennò pure alla que~ stione sollevata dalla maggior parte dei giornali di qui, che nei patti internazionali, un Gabinetto è solidale di quello che lo precedette, e che ove n fatto venisse a provare che ciò non è il nostro modo di vedere, ciò renderebbe in avvenire molto difficiJe il trattare con noi, poiché la probabilità di urna crisi ministeriale è da noi, come ovunque, sempre fra le cose possibili. Non mancai di confutare questa tesi con ragionamenti troppo ovvii perché li ripeta qui, non insistetti però, sembrandomi inutile d'inasprire questi negoziati con discussioni su principi che se11iamente non possono essere oppugnati.

Ecco in riassunto la conversazione che io ebbi col Conte Andrassy: come Egli ebbe a ripetermi più volte, le cose da Lui dettemi non potrebbero in modo alcuno impegnare il Governo, poiché a seconda della costituzione che regge

questa Monarchia, la questione che ci occupa sfugge intieramente alla sua

azione: sarà dunque soltanto col Ministro del Commercio, tosto sarà di ritorno a Vienna (Andrassy avcendomi -lasciato intendere che era meglio lo aspettassi qui) che si potrà forse arrivare a qualche cosa di concludente.

Da quanto però ebbe a dirmi il Ministro Imperiale· degli Affari Esteri, parmi si possa desumere che il Governo Austriaco s'accontenterebbe di aderire ad una proroga, purché le concessioni che noi saremo per chiedere siano di poco momento, e tali quindi da non compromettere l'esito del progetto di legge che dovrebbe essere presentato al Reichstag. Ove così non fosse, il Gabinetto che incontrerà già una forte difficoltà a far passare il compromesso Ungherese, non si esporrebbe ad uno smacco sulla nostra convenzione, che potrebbe essergli fatale. In quanto al Conte Andrassy dubito anche che neHe attuali circostanze voglia assumere un'attitudine in questa faccenda che oltrepasserebbe le attribuzioni inerenti alle sue funzioni di Ministro comune: lascierà quindi che il Gabinetto di Viienna ed il Rothschild se l'aggiustino con noi senza prendervi lui ulte·riore parte.

(l) -Cfr. n. 98. (2) -Cfr. n. 88.
104

IL MINISTRO A BRUXELLES, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 362. Bruxelles, 18 maggio 1876, ore 16,12 (per. ore 21,40).

Je viens de présenter mes lettres de créance à Sa Majesté auprès de laqueHe je me suis fait l'interprète des sentiments du Roi. Sa Majesté m'a chargé à plusieurs reprises de faire parvenir au Roi l'assurance de ses sentiments affectueux pour son auguste personne et pour la famille royale en ajoutant les voeux les plus sincères pour la prospéPi:té de l'Italie. L'accueil a été parfait. Ma mission ne pouvai:t s'inaugurer sous de meilleurs auspices.

105

IL MINISTRO AGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 5. Roma, 18 maggio 1876.

Sir A. Paget mi ha domandato ieri quale fondamento egli doveva attribuire aUe voci corse in alcuni accreditati giornaLi stranieri e ripetute nei diari italiani di un progetto di intervento armato de11'Italia in Erzegovina ed in Bosnia. L'Ambasciatore di S. M. Britannica senza esprimere alcun pensiero del suo Governo desiderava soltanto che io Lo informassi delle pratiche che in proposito fossero state già iniziate fra altri Gabinetti e quello di Roma.

Risposi a Sir A. Paget nessun Governo averci interrogato sulle disposizioni nostre a prestare H concorso di un'occupazione armata in guarentigia delle riforme da introdursi per la pacificazione delle popolazioni di diversa fede religiosa abitanti dell'Erzegovina e della Bosnia e non avere conseguentemente il Governo del Re avuto sinora occasione di portare H pensiero sopra una eventualità da noi non preveduta.

Nella corrispondenza telegrafica di V. E. col Ministero trovai un cenno delle voci sovra riferite delle quali parmi si debba attribuire l'origine ad alcuni articoli di giornali russi ispirati forse da considerazioni che nascono naturalmente quando, ammessa la ipotesi di un'occupazione militare delle due pr<YVincie ottomane, si riflette che questa non potrebbe senza pericolo di complicazioni essere eseguita dall'una o dall'altra od anche simultaneamente dalle due Grandi Potenze Militari limitro:lie della Turchia. Questi furono i pensieri che trovarono facile accesso nella stampa russa ed il Goloss, ·l'organo il più autorevole dell'opini01ne moderata di quel vasto impero, ·in un articolo pubblicato nei giorni dell'incontro degli Imperatori a Berlino, diceva essere suo programma lo assicurare il miglioramento della sorte dei cristiani mediante l'autonomia amministrativa dei Comuni e l'istituzione di una Commissione dii sorve~anza appoggiata, quando fosse necessario, ad una forza militare italiana che agirebbe per Delegazione dell'Europa. Ma se questo progetto sembra alla stampa russa destinato a farsi strada negli aP.cordi che prenderebbero le Potenze, il medesimo doveva provocare sin dal suo nascere l'aper:ta opposizione dei giornali di quel partito che nella Monarchia austro-ungarica tiene fisso gelosamente lo sguardo sull'Italia ogni volta si agitano questioni interessanti l'avvenire delle provincie Adriatiche dell'Impero.

In questi cenni l'E. V. troverà gli elementi che io stesso posseggo per giudicare dell'origi,ne e dell'importanza delle voci relative all'invio di forze militari italiane nelle pro,Il.ncie insorte della Turchia. Aggiungerò soltanto che l'Ambasciatore inglese fu il solo a rivolgermi delle interrogazioni a questo riguardo. Ed io sono persuaso che V. E. dividerà la mia opinione che non convenga al Governo di Sua Maestà dimettere per ora il suo contegno riservato per uscir fuori con dichiarazioni che non gli sono domandate.

106

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AI MINISTRI A PARIGI, NIGRA, E A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO

D. Roma, 18 maggio 1876.

Mi pregio di rimetterle, qui unita, una copia del Memorandum che, elaborato sopra ·la base di concetti scambiati tra il principe di Gortchakow, il conte Andrassy ed il principe di Bismarck, fu tema delle deliberazioni dei rappresentanti delle sei grandi Potenze riuniti a Berlino in apposito convegno.

Il tenore del Memorandum mi fu noto la mattinata successiva al convegno, che ebbe luogo, come Ella sa, H 13 di questo mese. Nel giorno stesso fui in grado di fare pervenire, per telegrafo, a Berlino la risposta del R. Governo.

S. E. il Conte de Launay ebbe istruzioni di dichiarare che il Governo di Sua Maestà aderiva alle quattro proposizioni consegnate nel Memorandum.

La prima di esse riflette l'invio di sufficienti forze navali ne' mari di Levante, affinché, convenientemente distribuite e munite di opportune istruzioni, possano vegliare alla sicurezza delle colonie europee. Il Conte de Launay ebbe a significare che una divisione corazzata e parecchi legni da guerra della Reale Marina erano già stati spediti nelle acque ottomane. Una corazza.lta, la

• Maria Pia •, ed un avviso, • Il Messaggero • già sono in rada di Salonicco. La • Venezia • e la • Palestro •, entrambe corazzate, sono nella rada di Bescica; ed una cannoniera il • Scilla • è stato aggiunto al • Mestre • per ·la stazione di Costantinopoli. A nostro avviso (ed il Conte de Launay ne fece esplicita avvertenza), la destinazione eventuale dei varii legni, e le istruzioni da impartirsi ai Comandanti, potrebbero essere concordate tra i rappresentanti delle sei Potenze a Costantinopoli.

La seconda proposizione del Memorandum concerne la conclusione di un armistizio. L'Italia essendosi già associata alle altre Potenze per chiedere una proroga della tregua che precedette l'ultima mossa di Mouchtar pascià sopra Nickitsch, il Conte de Launay ebbe istruzione di dichiarare che assai volentieri d uniremo, anche questa volta, agli uffici delle Potenze per ottenere dalla Sublime Porta un armistizio di due mesi.

La terza proposizione si riferisce alla base sopra la quale· dovrebbero aprirsi i nuovi negoziati per la pacificazione. Questa base sarebbe fornita, secondo le conclusioni enunciate nel Memorandum, da cinque punti analoghi a quelli che gli insorti formolarono siccome condizione preliminare della loro sottomissione. Il Governo del Re spera che le trattative quando si impegnassero sopra siffatto terreno, potrebbero condurre a buon 'esito; epperò il Conte Launay fu invitato a dichiarare che avremmo, anche noi, raccomandato alla Sublime Porta quella base di negoziato.

Infine il Conte de Launay ebbe a significare, in relaZ'ione alla quarta proposizione del Memorandum, essere anche nostro avviso che, qualora l'armistizio spirasse senza che un risultato si fosse conseguito, si farebbe luogo a stabilire un nuovo accordo tra le Potenze.

II mio telegramma giunse al Conte de Launay la sera del 14 maggio. Cosicché il R. Ambasciatore poté ancora darne notizia al Principe Gortchakow ed al Conte Andrassy, prima che questi due personaggi lasciassero la capitale germanica. Entrambi se ne mostrarono soddisfatti e soddisfatto se ne mostrò pure il Principe di Bismarck; da ciascuno dei tre Ministri degli affari esteri il Conte de Launay fu pregato di far pervenire a Sua Maestà ed al R. Governo l'espressione della loro riconoscenza e del loro compiacimento per la nostra immediata e piena adesione.

107

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1603. Berlino, 18 maggio 1876 (per. il 22).

Je me suis fait un devoir, en suite de dernier artide de votre dépeche

n. 375 (1), d'appeler J'attention du Cabinet de Berlin sur la démarche que nous

av:ions faite à Costantinople pour obtenir que les mouvements de troupes ne comprennent pas la garnison du territoire de Bagdad infesté par la peste.

M. Biilow examinera la question s'il est le cas d'appuyer nos recommandations. Il avait appl'is par M. Novikow, Ambassadeur de Russie à Vienne, que d'après un entretien récent de ce diplomate avec M. le Baron de Hofmann, la maladie semblait etre à son déclin; qu'il siégeait au reste à Constantinople une Commission sanitaire à laquelle le danger était signalé; et que de son còté l'Autriche veillait soigneusement à ce qu'on ne permette le débarquement aux troupes turques dirigées vers Kleck, qu'à la condition d'etre munies de patentes de santé parfaitement en règle.

M. de Biilow ne sava,it trop si dans ces circonstances il était encore nécessaire de se joindre aux recommandations que l'Italie avait déjà faites auprès de la Porte.

J'en ai aussi touché quelques mots dans mes conversations avec le Prince Gortchakow. Il en a pris note, mais il pensait que des observations présentées sur oe point, comme sur tout autre, à Constantinople ne produiraient aucun effet sur un Gouvernement aussi impuissant à faire le bien qu'à réprimer le mal.

Je noterai à ce propos que le Chancelier russe laissait entendre à un de mes Collègues que le Comte Andrassy était tant soH peu optimiste dans ses jugements sur les affaires de Turquie. Le· Ministre Austro-Hongrois à son tour parlait d'un certain pessimisme chez le Prince Gortchacow. Les événemenJts décideront qui a tort ou raison. Ce jugement réciproque est toute une révélation. Sans le Prinoe de Bismarck, ces deux hommes d'Etat ne seraient peut-etre pas parvenus à se mettre entièrement d'accord. Le fait est, on me l'assure de bonne source, que le Cabinet de St. Pétersbourg avait espéré beaucoup plus de l'entrevue quant aux mesures du moins à adopter en faveur des provinces insurgées. L'année dernière vers pareille époque, l'Empereur Alexandre était arrivé ici à propos pour rétablir la confiance générale fortement ébranlée par des bruits de guerre. Ce mérite reviendrait aujourd'hui à l'Allemagne. Si la question orientale reste debout comme un redoutable problème à résoudre, le Chancelier allemand a beaucoup contribué à écarter le péril de dissentiments entre la Russie et l'Autriche. Un des admirateurs du Prince de Bismarck me disait à cet égard: • Cet homme d'Etat a en 1876 la réalité d'un ròle concHiateur, dont la Russie n'avait eu que l'apparence en 1875. Mais ce sont là de ces services qu'il vaut mieux ne pas cder sur les toits •.

Pour etre à la hauteur d'une tache aussi ardue, l'Allemagne poursuit ses armements à un point qu'elle seule peut etre considérée comme parfaitement prete à entrer, s'il le fallait, en campagne. Elle ·est très jalouse en meme temps de tout ce qui tient à l'organisation de son armée. Une circulaire récente du Général de Kamecke interdit sévèrement aux officiers de fournir nommément aux attachés militaires étrangers, des indications de quelque nature qu'elle puissent etre sur des préparatifs, inventions, modifica,tions de réglements •etc., etc. Chaque demande de renseignements, de permission doit passe·r par le canal du Ministre de la Guerre qui lui seul accorde ou refuse selon ses convenances.

Il serait à propos que notre Ministre de la Guerre fUt instruit de ces disposihlons pour appliquer au besoin la réciprocité.

(l) Cfr. n. 60.

108

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 15/5. Londra, 18 maggio 1876 (per. il 22).

Facendo seguito al mio telegramma (cifrato) d'ie11i (l) non posso che confermare le notizie che vi sono esposte intorno al contegno del Ministero Inglese circa il Memorandum dei tre Cancellieri testé concertato in Berlino. Non una delle disposizioni in esso contenute per assicurare l'efficacia dell'armistizio proposto, è stata immuJne da critiche per parte del Foreign Office. Fin quelle che si riferiscono alla Commissione mista ed alla vigilanza dei Consoli, sono considerate come del tutto lillusorie. In quanto poi ai mezzi efficaci per ristabilire l'ordine, accennati nel Memorandum, pel caso che, dopo i due mesi, un accomodamento non avesse avuto luogo, il Ministero Inglese rifiuta nel modo più assoluto di associarvisi, imperocché egli non vorrebbe essere trascinato !in una via tuttora ignota e che potrebbe essere contraria ai suoi principii ed ai suoi interessi.

Per cui, all'ora in cui scrivo, ritengo per certo (come me lo asserì uno degli Ambasciatori delle Potenze interessate) che il Gabinetto Britannico avrà rifiutato offioialmente la sua adesione al Memorandum. A questo rifiuto terrà probabilmente dietro quello della Sublime Porta, come ho creduto di arguirlo da una conversazione che io ebbi con Musurus Pascià. La Porta seguirà probabilmente, in questa circostanza, l'esempio dell'Inghilterra che si mostra sollecita più degl'interessi della Turchia che di quelli degli insorti.

Il Gabinetto Inglese tolse il pretesto della fretta che ebbero le altre Potenze ad aderire al Memorandum per mostrarsi in certo modo offeso di non essere stato prima consultato e di non avere avuto nemmeno tempo di esaminare il progetto quando gli si richiese la sua adesione.

Il Conte di Derby è particolarmente rincrescevole che l'Italia abbia anch'essa aderito senza consultare il Gabinetto Inglese mentre auesto desiderava procedere, in Questa vertenza, concorde al nostro.

Non mancai di far rilevare al Conte di Derby come l'adesione data al Memorandum dal Gabinetto Italiano tralasciava di additare i mezzi efficaci di cui vi si fa parola, mentre esso riserva ad ulteriore intelligenza il da fare nel caso in cui la proposta di armistizio non raggiungesse lo scopo della pacificazione. Questo era il desiderio del nostro Governo, ed esso non aV'eva creduto in questa circostanza di potere negare di prestare il suo concorso ad un tentativo il di cui risultato sarà forse difficile assai d'ottenere, ma del non successo del quale egli non vorrebbe essere appuntato per causa d'un suo rifiuto. Debbo soggiungere che avendo detto al Conte di Derby che poiché il Gabinetto

Inglese non credeva le condizioni del Memorandum accettabili, sarebbe stato

utile, nell'interesse della pace, che dal medesimo venisse formulata qualche pro

posta più attuabile ed efficace. Ma egli mi rispose in maniera vaga assai, per

cui si potrebbe arguire che il Gabinetto non si è ancora formata una opinione al

riguardo e che aspetta gli avvenimenti per dichiarare le sue ulteriori intenZJioni.

I giornali di Londra, specialmente quelli di questa mattina, che meglio

esprimono l'idea del Governo, sono del tutto opposti alla adesione del Gabinetto

al Memorandum; ed uno di essi (lo Standard) allude con qualche frizzo all'Italia,

sperando che, con la sua premura ad aderire, essa non vorrà perciò diventare,

ad esempio di ciò che una volta fu la Francia, n • Cavaliere Errante • delle

Nazioni.

Insomma io Cl'edo che gli apprezzamenti che io feci nella mia precedente lettera politica delli 12 di questo mese (l) debbono ritenersi come· esa.tti. L'Inghilterra non vuole a nissun costo compromettere fin d'ora la sua azione negli avvenimenti che saranno ancora per accadere nell'Impero Turco, e vuol restare libera di agire nel senso che più le converrà, per cui essa rifuge da qualsiasi impegno. In Questa via il Governo è potentemente sussidiato dalla Pubblica opinione che il Ministero consulta e provoca con la massima cura.

Non credo che desso si faccia illusione sull'avvenire dello Impero Turco; ma esso si mostra persuaso che l'insurrezione che ora lo minaccia è in gran parte suscitata e mantenuta dall'appoggio almeno morale di qualche Potenza interessata. Io sono indotto a questa opinione dalle parole del Conte di Derby quando mi disse che, per essere giusti sarebbe necessario di fare cessare anzitutto la protezione che danno tuttora agl'insorti il Montenegro e la Serbia, e che affinché cessi questa protezione bastava la paroLa di una delle Potenze i cui Cancellieri erano convenuti a Berli!no.

(l) Cfr. n. 99.

109

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, A VITTORIO EMANUELE II

(ACR)

L. P. Berlino, 18 maggio 1876.

Votre Majesté a bien voulu, par l'entremise de M. le Commandeur Aghemo, m'engager à Lui écrire, à titre privé, sur la situation politique et notamment sur les affaires Orientales. Je regrette vivement que le manque de sureté par la voie ordinaire de la poste, et Que les occasions très rares de Courriers de Cabinet ne me permettent pas de profiter aussi souvent que je l:e désirerais de la très gracieuse autorisation du Roi.

J'expédie aujourd'hui au Ministère plusieurs rapports d'où il résulte que les affaires se compliQuent. Les Chanceliers d'Allemagne et de Russie de meme que le Comte Andrassy assurent Que la paix de l'Europe est hors de question. Mais c'est là une de ces assurances qu'il vaut mieux n'accepter que sous bénéfice d'inventaire. La Turquie quoiqu'on fasse ou qu'on ne fasse pas, est en

train de s'émietter, peut etre meme de s'effondrer. L'entente des Cours du Nord est plutòt jusqu'ici négaHve; mais que le moment arrive tò·t ou tard où chacun devra sauvegarder ses propres intérets, les dissentiments s'accentueront au risque de troubler la paix générale.

J'ignore si Votre Majesté et son GouV'ernement partagent mon opinion, mais il me semble que tout en cherchant jusqu'à la dernière heure à exercer un ròle de modération et de conciliation, il serait peut-etre à propos de préparer un programme à tenir fixe devant nos yeux. Si l'une ou l'autre des Puissances était poussée par la force des choses à dessiner une politioue oui ne cadrerait plus avec l'intégrité de l'Empire Ottoman, nous devrions peut-etre laisser comprendre, le cas échéant, que l'Italie elle aussi aurait des intérets à sauvegarder et des compensations à poursuivre. Tout au moins au!'ait-il des réserves à énoncer dans ce sens. J'ai meme esquissé à grands traits quel devrait etre notre programme selon les éventualités. Votre Majesté jugera mieux que moi si ces idées sont admissibles et praticables.

L'Angleterre vient de décliner d'adhérer au mémorandum qui nous a été remis à la conférence du 13 Mai. C'est un grand embarras de plus. S'il n'y avait pas un romaneier à la tete du Gouvernement de ce Pays, peut-etre eut-il suivli le conseil de son Ambassadeur à Berlin de ne pas se séparer d'une entente qu'i1l eut été si désirable de reconstituer à six pour garantir davantage la paix européenne. Le Prince Gortchachow propose d'aller de l'avant à cinq. Si l'Autriche est du meme avis, il sera aussi partagé par l'Allemagne. J'ai conseillé au Gouvernement de Votre Majesté de ne pas modifier en ce cas l'a,ttitude prise par notre adhésion au mémorandum. Dans une certaine mesure nous pourrions en effet remplir utilement, surtout à défaut de l'Angleterre, un ròle modérateur auprès des autres Puissances.

Il ne m'appartient pas d'indiquer un plan quelconque à Votre Majesté, mais je tenais à ce qu'Elle fùt dès-à-présent informée du sens général dans lequel sont conçus rapports qui arriveront à Rome en meme temps que cette lettre.

(l) Cfr. n. 87.

110

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 370. Londra, 19 maggio 1876, ore 19,50 (per. ore 22,10)

J'ai vu Derby auQ.uel j'ai fait part du désir exprimé dans télégramme de

V.E. (l) Derby m'a confirmé que le Cabinet anglais refusait d'adhérer au mémorandum quant à encourager la Porte à y adhérer ne pouvait le faire puisqu' il croyait les conditions défavorables à Turquie et peu équitables. Celle-ci se ruinerait en maintenant inactive une armée considérable qui se démoraJiserait tandis que les insurgés s'organiseraient. Il est sùr que le Gouvernement turc de son còté respecterait l'armistice tandis Q.ue de leur còté les insurgés n'offraient

aucune garantie. Si la Porte lui demande son avis sur ces conditions il le lui donnerait franchement mais il ne lui conseillera jamais de se mettre mal avec les autres grandes Puissances. Il désire qu'on puisse poser des conditions d'armistice tel1es, que celui-ci conduise réellement à la pacification mais jusque là il ne peut changer de ligne de conduite. Je dois aussi ajourter très confidentiellement à V. E. que Derby m'a répété que si on voulaJit réellemenrt la pacification la Russie devrait avant tout influer sur le Monténégro qui est véritable foyer où s'alimente l'insurrection. Cette réponse est conforme à ce que j'rui appris à

V.E. par mon télégramme d'aujourd'hui (1). J'ai dit à Derby que nous désirions sincèrement pacification et que notre conduite était dirigée vers ce but.

(l) T. 181, pari data, ore 0,25, non pubblicato: istruzioni a Menabrea di agire, d'accordo con Beust, per ottenere l'adesione dell'Inghilterra all'azione che le altre Potenze eserciteranno presso il Governo ottomano.

111

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, DEPRETIS

D.s.N. Roma, 19 maggio 1876.

Ringrazio l'E.V. per la nota trasmessami il giorno 15 corrente (2) nella quale sono esposti con tanta chiarezza ed efficacia le circostanze che cODJtribuiscono a formare intorno al progetto di legge approbat1vo del Trattato di Vienna del 29 febbrajo una situazione parlamentare oltremodo delicata e difficlile.

Mi affretto a portare a notizia di Lei che di quella nota ho spedito sin dal 16 corrente una copia al R. Inviato in Vienna, accompagnandola di una lettera pal"lticolare neUa quale, in appoggio alle ragioni esposte in quel documento, ho principalmente insistito sulle considerazioni che, al punto di vista delle relazioni internazionali fra l'Italia e l'Austria, consigliano che le responsabilità siano ben definite, rimanendo intiera al Gabinetto di Vienna quella della ripulsa delle nostre proposte per una dilazione che permetta la 11ev'isione di alcune clausole del!la convenZJione di Basilea.

Sino dai primi giorni in cui assunsi la direzione di questo Ministero, mi trovai in presenza di replicate ed insistenti domande, che mi pervenivano per mezzo della R. Legazione a Vienna e per mezzo del Rappresentante austro ungarico in Roma, domande che non potevano }asciarmi dubbio circa le inquietudini concepite dal Gabinetto Imperiale per la sorte del trattato del 29 febbrajo dopo che in Italia, per effetto del voto del 18 marzo, era sorta una nuova amministrazione.

Egregiamente rispondeva il Generale Robilant aUe sollecitazioni fattegli negli ultimi giorni di marzo osservando che le risoluzioni del nuovo Gabinetto devono e·videntemente •essere precedute da un attento esame della quistione, per il quale, malgrado ogni buon volere, richiedevasi pur sempre assai tempo. Ma allorché verso la metà di aprile rispondendo al Conte Andrassy il quale esprimeva ~a fiducia che il R. Governo porgerebbe una conferma dei suoi amichevoli sentimenti verso l'Austria Ungheria col dare la sua sanzione al Trattato di Vienna, l'Inviato italiano dovette limitarsi a rispondere che egli non dubitava che anche da questo punto di vista il Governo nostro considererebbe la

quistione nello esame che della medesima stava facendo, il Primo Ministro dell'Imperatore non si dimostrò pago di tali assicurazioni ed insistette anzi in guisa da lasciare intendere che pel Gabinetto di Vienna 'l'accettazione od il rigetto da parte nostra del precitato Trattato, sarebbe considerata come la pietra di paragone mercé la qua1e si avrebbe avuto un criterio esatto intorno agli intendimenti dell'Italia a riguardo dell'Austria-Ungheria.

Di queste comunicazioni ,e di quelle che presso di me instantemente ripeteva il Conte di Wimpffen raccomandando secondo che gli prescrivevano le istruzioni del suo Governo non si indugiasse a sottoporre il Trattato al voto del Pavlamento, io ebbi più volte occasione d'informare V. E. Ma il momento non era ancora venuto per noi di uscire dal vago delle prime risposte; né sarebbe stata cosa opportuna una discussione della quale non avremmo saputo prestabilire i termini con sufficiente chiarezza.

La questione postaci dall'Austria era soltanto politica. Non ebbi quindi ad occuparmi del punto giuridico relativo alla facoltà che poteva riconoscersi nel nuovo Gabinetto Italiano di ritirare il progetto di legge concernente i:l trattato firmato a Vienna, nessuna seria obiezione essendomi stata presentata in proposito dal Governo Imperiale. Rivolsi invece ogni mio sforzo a curare che delle difficoltà nascenti da quel trattato non avessero a soffrire pregiudizio le buone relazioni dell'Italia con l'Austria-Ungheria.

Nei primi giorni della formazione dell'attuale Ministero, io aveva fatto giungere al Gabinetto di Vienna le più franche assicurazioni della nostra volontà non solo di mantenere i buoni rapporti già esistenti fra l'Italiia e lo Impero Austro-Ungarico, ma anche di renderli ognor più intimi e cordiali. Era importante che non si desse al Gabinetto di Vienna motivo di dubitare anche per un solo istante delle amichevoli nostre disposizioni a suo riguardo e, per mantenerne in lui la persuasione, non trascurai le occasioni che mi si offrivano per far sentire un linguaggio che dovrà riuscirgli di particolare soddisfazione.

Infatti malgrado un concorso di circostanze in gran parte indipendenti dalla nostra volontà, le quali contrariavano la nostra azione, io mi lusingo che l'opera di questo Ministero non sia riuscita completamente inefficace per preparare la via a futuri negoziati relativi al Trattato del 29 febbraio. Giova riflettere che il Gabinetto di Vienna non era stato certamente predisposto a faciLi accordi né da1la sospensione delle trattative del TraUato di commercio, né dall'indugio frapposto nella creazione dell'Ambasciata annunziata fino dal mese di marzo né finalmente dalle mal celate diffidenze che sorgono tuttora in Austvia ogni volta che i'elemento italiano figura associato anche in minime proporzioni ai moti insurrezionali delle popolazioni limitrofe della Dalmazia. A queste circostanze si aggiungeva poi l'errore nel quale il Gabinetto Imperiale era mantenuto dal contegno del Barone Edmondo Rothschild il quale qualunque fosse la fonte a cui attingesse le sue informazioni, palesavasi convinto, anche dopo i cohloqui avuti con V. E. e col Ministro dei Lavori pubblici, che la Convenzione di Basilea raccoglievebbe i voti di una più che sufficiente maggioranza parlamentare.

Se non era possibile distruggere questa illusione, era debito di leaLtà il non contribuire a mantenerla. Tostoché il Gabinetto decise di raccomandare

alla Camera l'esame deLla Convenzione del 17 novembre e del susseguente trattato di Vienna, nel dare avviso telegrafico al Conte di Robilant della presa risoluzione, non omise di segnalare l'esistenza di difiicoltà per superare le quali noi dov·evamo calcolare sul buon volere del Governo austro-ungarico.

Finché però un fatto nuovo non fosse venuto a meglio mettere i.n chiaro la situazione parlamentare quale è realmente, era inutile lusingarsi che il mio iinguaggio col Conte Wimpffen e quello del Conte Robilant coi Ministri austriaci bastassero a togliere le illusioni che a Vienna erano mantenute sopratutto dal contegno del Barone Rothschild a nostro riguardo. Era mestieri che nuove circostanze venissero a dare ragione aHe nostre previsioni in guisa che se ne potesse trarre un argomento decisivo che forzasse il Gabinetto di Vienna a rendersi conto più esattamente delle esigenze della situazione. La scelta dei commissarii designati dagli uffici della Camera e le disposizioni della maggioranza parlamentare in seno del 11igetto della Convenzione parvero dovessero togliere ogni speranza che la Convenzione potesse essere approvata. Le illusioni che resistevano ad una simile prova sembravano altro non poter più essere fuorché l'effetto di un calcolato acciecamento. Presi per ciò con V. E. gli opportuni concerti furono subito iniziati i passi che importava eseguire senza ulteriore indugio p!'esso il Governo Austro-Ungarico.

Il Conte Andrassy erasi recato in quei giorni a Berlino. Fu convenuto che in considerazione della somma urgenza di stabilire un accordo coll'AustriaUngheria si sarebbe derogato alle consuetudini diplomatiche incaricando il Conte de Launay di ap11ire le trattative coll'esporre al Ministro Austro-Ungarico tutte le difficoltà 1e le esigenze della situazione. Non era probabile che all'Ambasciatore di Sua Maestà presso la Corte di Germania riuscirebbe di condurre a compimento il negoziato nel brevissimo tempo del soggiorno del Conte Andrassy in Berlino. L'importante era che neppure in circostanze fortuite la nostra comunicazione soffrisse ritardo poiché noi vogliamo poter dire ~in ogni tempo all'Austria che del vero stato delle cose essa fu da noi avvisata in ·tempo con amicizia e con lealtà.

Approfittando poi del breve intervallo di tempo che ci divideva dalla data stabilita per il ritorno del Conte Andrassy a Vienna, volli confermare le istruzioni telegrafiche già spedite al Conte Robilant in un dispaccio sc11itto di cui V.E. troverà qui unita una copia (1). Questo dispaccio partì da Roma il 13 maggio e così due giorni prima che io fossi in grado di spedire alla stessa direzione la nota 1indirizzatami da V. E. In esecuzione delle istruzioni ricevute, l'Inviato ttaliano a Vienna ebbe nei giorni 16 e 17 corrente varie conversazioni col Conte Andrassy e con vari altri personaggi di quell'Impero.

Il Governo di Sua Maestà sapeva di poter contare sopra la cooperazione intelligente ed attiva del suo rappresentante a Vienna per iscongiurare i pericoli di una situazione che potrebbe farsi molto delicata. Ma al momento stesso in cui si accingeva a fare ogni suo sforzo per allontanare questi pericoli, il Conte di Robilant sentì il dovere di non nascondere al Governo del Re la poca fiducia che egli stesso nutriva nell'esito dei passi che era in procinto di fare. Egli sospetta il Governo Impe11iale di credere meno compromessa la

sua posizione davanti al Parlamento dal fallimento della Società ferroviaria che dall'accettazione di modificazioni alla convenzione di Basilea di cui a Vienna .si è rimasti già poco soddisfatti. Del fallimento infatti cercherebbesi di far ricadere tutta la responsabilità e l'odiosità sulla condotta: del G<lverno italiano mentre invece di qualsiasi modificazione che s'introdurrebbe nella convenzione il Parlamento austriaco terrebbe necessariamente responsabile il Ministero Imperiale.

Malgrado l'esistenza di queste difficoltà inerenti alla situazione parlamentare in Aust11ia, l'accoglienza fatta dal Conte Andrassy alle proposizioni del Conte Robilant dinota: nel primo Ministro austriaco il desiderio di facilital"e gli accordi. V. E. ebbe da me comunicazione confidenziale e riservata dei .telegrammi del giorno 16 e 17 corrente (l) che il Ministero degli Affari este'l"i ha ricevuto dalla Legazione di Sua Maestà a Vienna, né io potrei per ora aggiungere cosa alcuna a ciò che in quei telegrammi è contenuto.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 93.

(l) Cfr. n. 88.

112

IL MINISTRO A BRUXELLES, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 4. Bruxelles, 19 maggio 1876 (per il 24).

Ainsi que j'ai criì devoir en informer par télégraphe V.E. (2), j'ai présenté hier mes lettres de créance au Roi. Je n'ai :r<i'en à ajouter à ce que j'ai eu l'honneur de mander à V. E. sur 1es paroles extremement gracieuses prononcées dans cette circonstance par Sa Majesté, et qui en témoignant de ses sentiments de haute estime et de sincère affection pour le Roi et toute la Famille Royale, ont été accompagnées de l'expression de ses voeux les plus sympathiques pour la prospérité de la magnifique Italie, comme s'est plue Sa Majesté à la désigner.

En sortant de l'audience Royale, je suis allé offrir mes respec.tueux hommages à Sa Majesté la Reine qui également m'a dema:ndé avec le plus vif intéret des nouvelles du Roi, de la famille Royale, me chargeant d'etre son interprète auprès de S.A.R. la Princesse de Piémont dont Elle a rappelé avec beaucoup de plaisir le séjour à Ostende. Aujourd'hui je dois etre reçu par LL.AA.RR. le Comte et la Comtesse de Fiandre.

Les débats parlementaires soulevés à la Chambve par le parti libéral à propos des infiuences cléricales dans le Gouvernement, se sont terminés h!ier par un discours de M. Malou et une très vive réponse de M. Orts où chacun des deux adversaires s'est appliqué à maintenir avec énergie ses assertions opposées. Le chef du Cabinet a affirmé de la façon [a plus positive que ces prétendues influences n'existaient pas; que le pays éta:it calme, prospère, n'aspirant qu'au repos; et que de quelque còté que puisse lui venir des pressions, le Gouvernement ne se départirait jamais du systéme de calme et de modération qu'il avait adopté et qui, jusqu'à présent avait été si profitable aux intérets et à la tranquillité du Pays. A son tour M. Orts a affirmé, que les menées cléri

cales avaient une très grande préponderance dans la marche du Gouvernement, et comparant cette situation à celle qui a précédé la révolution de 1830, a ajouté, aux grands applaudissements de la gauche, que s'il était facile en Belgique de rtrouver des Polignac il y manquerait toujours un Charles X.

Oette phrase a clos les débats qui du reste, camme j'ai déjà eu l'occasion de le faire observer, ont surtout leur raison d'étre dan.s la proX>imirté des éléctions et n'ont qu'une importance relative, sans rien changer aux dispositions des deux partis politiques qui divisent la Chambre.

(l) -Cfr. n. 98; il t. del 16 non è pubblicato. (2) -Cfr. n. 104.
113

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 174. Costantinopoli, 18-19 maggio 1876 (per. il 25).

Ier sera comparve il telegramma (l) che l'E.V. mi faceva l'onore di rivolgermi per comunicarmi la nostra adesione ai quattro punti convenuti alla Conferenza di Berlino, e la prego di gradire i miei distinti ringraziamenti.

Mi viene ora riferito da buona fonte che il Gabinetto di Londra ~ifiuta di aderire al Memorandum convenuto fra le tre Corti del Nord. Grande sarebbe la responsabilità che il Governo Britannico assumerebbe rompendo nelle presenti contingenze l'accordo che ha finora regnato tra le sei Potenze Garanti. Qualunque siano le diffidenze dell'Inghilterra ver,so la Russia, che può essa fare contro i tre Imperi uniti? Né la Francia, né l'Italia sono disposte a prestarsi ad una divisione dell'Europa in due campi avversi gli uomini di Stato che dirigono la politica estera della Francia sono penetrati dell'importanza di non lasciarsi trascinare ad una lotta cui essa non è preparata. L'Italia non può sacrificare l'interesse essenziale delle sue alleanze a vel[eità di forma o di dettagli. Il rifiuto dell'Inghilterra di aderire alle proposte dei tre Imperi, non farebbe che fornire all'Europa la prova del suo isolamento, ed incoraggiando la Sublime Porta alla resistenza, precipitare l'Impero verso quella crisi daLla quale tutti rifuggono. L'unione invece costituisce la miglior garanzia possibile della pace Europea, ed il più efficace controllo su quelle Potenze che per avventura nutrissero disposizioni contrarie ai comuni interessi. S'aspetti almeno a portare una breccia nell'accordo delle sei Potenze Garanti che sorgano gravi questioni sulle quali i Governi direttamente interessati nelle cose d'Oriente non riescano a mettersi d'accordo. Questa sventura le Potenze cui stanno veramente a cuore i grandi interessi della pace Europea dovrebbero cercare di sventare od almeno di allontanare quanto sia possibile.

19 maggio

P.S. -Stamane mi giunse il telegramma di V.E. (2) che Ini conferma la notizia predetta. Faccio voti perché gli officii dei Governi di Italia e d'Austria riescano a convertire il Gabinetto di Londra a più saggi consigli.

13 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

(l) -Cfr. n. 97. (2) -Non pubblicato.
114

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

(Carte Robilant)

L.P. Vienna, 19 maggio 1876.

Ricevetti stamane la lettera particolare in data 16 corrente (l) che l'E. V. compiacevasi rivolgermi trasmettendomi in pari tempo copia della memoria che S. E. il Presidente del Consiglio rivolgevale intorno alla sHuazione parlamentare rispetto alla legge approvativa del Trattato di Vienna, e della convenzione di Basilea (2). Quei due importanti documenti, mentre servono a meglio chiarirmi la posizione in cui il R. Governo si trova attualmente a fronte della legge di cui è caso mi forniscono utili elementi per le pratiche al riguardo ch'io ebbi incarico di fare qui.

L'E. V. vorrà però permettermi ch'io colga quest'occasione per spiegar con maggior precisione un'informazione che ebbi a trasmetterle con un telegramma del 16 maggio (l) e di cui Ella fa menzione nella precitata sua lettera.

In quel telegramma io diceva: • ... je soupçonne que Gouvernement Autrichien trouve que sa situation serait moins compromise en face son Parlement par banqueroute Société dont responsabilité serait rejetée sur nous que par acceptation modification à Convention Bale dont on était déjà ici peu satisfait... •. C'On ciò io intendeva dire che il Governo Imperiale ritiene la Convenzione di Basilea abbia press'a poco raggiunto l'estremo limite mediante il quale i possessori di obbligazioni possano salvarsi. Esso crede che ulteriori concessioni pecuniarie al Governo Italiano comprometterebbero quel risultato, e quindi avrebbero per conseguenza la bancarotta della Società. A fronte quindi di due soluzioni che condurrebbero a mio avviso allo stesso risultato, il Governo Imperiale crede che la sua situazione a fronte del Reichstag sarebbe di molto migliore se la bancarotta fosse conseguenza del non aver il Governo Italiano accettato un trattato in cui gl'interessi Austriaci venivano tutelati che se quel disastro fosse la conseguenza di una nuova convenzione a patti peggiori conchiusa per arrendevolezza verso il Gabinetto di Roma. A me non sta il giudicare se quest'apprezzamento sia o no giusto ma certo si è che la cosa è qui veduta a questo modo ed io credo sii doveroso non nascondere all'E. V. questo stato di cose. Un preciso linguaggio i!n questo senso mi fu tenuto dal Barone Schwegel in una lunga conversazione ch'io ebbi seco lui su quest'argomento oggi stesso. Facendo ben intesa la parte dell'intenzione che si avrebbe d'influire con questo modo di ragionare sulle nostre determinazioni: sta però di fatto che se il Gabinetto Auersperg si presentasse al Reichstag con un nuovo Trattato sensibilmente modificato andrebbe incontro ad una quasi sicura sconfitta, e ciò tanto più che già avrà le sue grosse diffiicoltà a far accettare le concessioni testé fatte all'Ungheria. Spero di essermi così meglio spiegato di quanto ebbi a farlo astretto alla canonicità dello stile telegrafico.

Qui come a Roma si è di avviso convenga far presto quello che ancora si può fare; ma il Barone Schwegel che sebbene no·n abbia ufficiale veste per trattare pure é forse meglio di ogni altro in grado di conoscere gl'intendimenti del suo Governo dicevami che per prendere ad esame i desideri del Governo Nostro conveniva anzi tutto conoscere con precisione quali fossero le modificazioni da esso vo:lute, mancando fin qui qualsiasi manifestazione in proposito. Un'altra difficoltà venivami fatta dal prefato alto funzionario, e questa rifletteva la proroga del termine entro il quale le Convenzioni avrebbero dovuto entrare in vigore. Una ~tal proroga Egli dicevami richiederebbe implicitamente da parte Vostra l'accettazione della Convenzione. A quest'abbiezione io risposi che il concetto nostro si era di convenire di una promga onde dare tempo a negoziare quelle modificazioni da noi credute necessarie. Che ove ciò venisse accettato in principio agevole ci riescirebbe il convenire la forma a darsi a'l Protocollo od altro atto che avrebbe per scopo di sancire questo fatto. Egual linguaggio io non mancherò di tenere al Ministro del Commercio tosto potrò seco Lui conferire ben inteso che non impegnerò la parola del Governo prima di aver ricevuto anche a questo riguardo più precise istruzioni.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 93.
115

IL SENATORE SCIALOJA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

L. P. Cairo, 19 maggio 1876.

Vi ringrazio con tutto il cuore della premura amichevole che avete mostrata per me. Questa faccenda della temporanea mia missione qui è uno di quegli avvenimenti della vita, de' quali l'uomo che n'è strumento non sa rendersi ragione. Del resto io spero uscirne nel più breve tempo possibile; perciocché appena ordinata la macchina e messa in moto, io mi propongo di rientrare in mia casa.

Grandissime sono le difficoltà che qui si hanno a vincere: e sarebbe puerile il credere che saranno tutte vinte in una volta. Gli abusi hanno generato molti [par. ill.] e potenti, che si oppongono alle utili riforme; però una considerevole maggioranza degli uomini intelligenti ne avverte la necessità. A questi ostacoli interni si unisce la mala volontà di qualche Stato estero potentissimo, che vorrebbe precipitare l'Egitto per aver poi la soddisfazione di salvarlo, tirandolo su con una corda dopo avergliela legata al collo. Le stiracchiature che oggi usa l'Inghilterra lasciando Qui il Wilson, e non risolvendosi a permettergli di accettare la nomina di commissario, è una prova evidente della persistenza neHa sua politica. È strano poi che il rapporto Cave sia diventato l'evangelo della Borsa. Il Cave ha preso delle cifre senza veruna critica. È stranissimo che si potrebbe con quelle cifre rettificate, provare che non esistendo affatto talune di quelle entrate, vacillano le prime fondamenta, sulle quali egli edifica il castello delle sue più o meno ingegnose combinazioni. I suoi calco>li so1no fatti da Tesoriere, ritenendo come certi i dati fornitigli. Invece se speranza vi è per l'Egitto di far onore a' suoi nuovi impegni, e di far fronte contemporaneamente alle spese della sua amministrazione, questa è fondata su due basi. Aumento melle entrate -riforme serie dell'amministrazione -. Sin dal tempo in cui il Cave era qui, io scrissi in questo senso alcuni appunti, che, salve poche modificazioni suggeritemi dopo da informazioni meno incomplete, trovo anche oggi esatti. Senza grandi sforzi, in pochi anni le imposte purificate, e meglio amministrate possono rendere da 40 a 50 milioni di franchi più che non rendono oggi; oltre dell'aumento derivante dalle 'terre coltivate che non sono ancora sottoposte al pagamento della tassa o che non sono ancora comprese nel catasto.

Le opere del barrage del Nilo sono anche una riserva non lieve, nella quale può aversi fiducia: perché l'acqua si porterebbe sopra un milione di fuddani di terreno incolto, che porterebbe a capo a qualche tempo un'aggiunta non dispregevole alla imposta fondiaria. Quest'opera del barrage secondo l'ultima proposta d'un ingegnere inglese rimasto 40 anni nelle Indie ed ora qui di passaggio, potrebbe compiersi con :la spesa di soli 12 milioni di franchi.

Ma questa lettera diventa troppo lunga; e voi permetterete che per ora mi restringa a ripetervi i miei ringraziamenti ...

P.S. Vi debbo una spiegazione delle parole del dispaccio, colle quali pareva che io mi lagnassi de' miei vecchi amici. Saprete già a quest'ora che il Khedive senza profferir verbo con me, e temendo forse che io me ne tornassi immediatamente ,pensò dirigere a Sua Maestà un lungo dispaccio, col quale la pregava perché volesse degnarsi di invitarmi ad accettare la nomina di presidente del Consiglio Supremo ecc. ecc. Dopo aver fatto correre il dispaccio, ne parlò al De Ma11tino, il qua[e conoscendo le mie intenzioni, venne da me ad esplorarle meglio, e mi confidò le pratiche del Kedive: io gli dichiarai assolutamente, che non avrei mai accettato un ufficio qualunque, ma che tutto al più avrei temporaneamente e gratuitamente prestata l'opera mia per ordinare la nuova istituzione e cooperare aUe altre riforme. La vivacità colla quale mi espressi col De Martino, gli fece temere che pervenendomi una qualche comunicazione da parte di Sua Maestà, io non mi sarei scusato del tutto; e per evitare ciò diresse anche lui un dispaccio al Gabinetto del Re, informandolo della disposizione del mio animo. Si accingeva poi a parlarmi più posatamente di tutto, per rivolgere a voi un telegramma esplicativo, quando al Khedivè arrivò un telegramma del Gabinetto di Sua Maestà che diceva non incontrare il Governo del Re alcuna difficoltà al compimento delle intenzioni del Khedive. La partecipazione datami di questo telegramma mi fece credere che il Ministero avesse supposto una mia precedente acquiescenza ad assumere un ufficio qui in Egitto; la qual cosa mi dispiacque. Ma la cosa essendo meglio dichiarata in seguito, con l'atto ufficiale che m'invita nell'interesse del nostro paese di accettare un incarico temporario e gratuito, non mi rimane altro che esprimervene, siccome ho già fatto, la mia piena soddisfazione e ringranziarvene.

Desidero però che in qualunque occasione vi si presenti, voi possiate far chiaramente intendere che io ho qui dal Khedive, con consentimento del Governo italiano, una missione temporaria e senza stipendio; vale a dire straordinaria e non in quaLità di vero funzionario Egiziano.

116

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 472. Vienna, 20 maggio 1876 (per. il 24).

Facendo seguito al mio telegramma d'oggi (l) mi onoro riferire all'E.V. quanto segue.

S. E. hl. Ministro del Commercio, che ieri sera giungeva a Vienna da Pesth, veniva oggi a trovarmi a casa mia. Io gli esposi colla maggiore possibile chiarezza la situazione in cui il R. Governo si trova a fronte del trattato di Vienna e dell'annessa convenzione di Basilea, senza entrare in troppi particolari intorno alla posizione speciale fatta al Gabinetto in questa quistione dall'attitudine assunta in proposito dai partiti nella Camera, essendo cosa questa che naturalmente non deve campeggiare in un negoziato internazionale.

Il Cavaliere Clumecky mi ascoltò molto cortesemente, ed anzi non nascosemi S. E. il Conte Andrassy avergli fatto sentire H vivo suo desiderio nonché la convenienza pel Gabinetto di Vienna, nell'interesse delle cordiali relazioni esistenti fra i due Stati, che l'attuale verlcenza trovi un'equa soluzione. Dissemi però che il presente stato di cose non gli riusciva affatto impreveduto, conoscendo da lunga pezza le difficoltà che il nuovo Gabinetto Italiano avrebbe incontrato in questa faccenda. In Austf'ia pure, egli soggiungevami, la Convenzione non era stata favorevolmente accolta sul principio, ed essere stato soltanto dopo un lungo studio della medesima fatto dai più eminenti membri del Reichstag che il Ministero aveva potuto ritenersi sicuro della sua accettazione; stantecché quei competentissimi personaggi avevano potuto convincersi che le condizioni finanziarie stipulate nella convenzione di Basilea, mentre non lasciavano margine di sorta per gli azionisti, salvavano però le obbligazioni, so,la cosa di cui il Governo Austriaco dovea preoccuparsi, il dritto di queste venendo col riscatto da parte nostra a gravitare esclusivamente sulla rete Austriaca. Qualsiasi nuova concessione che non fosse esclusivamente di forma e toccasse alle cifre convenute, il pagamento del 5 % dovuto agli obbligatorii non resterebbe più coverto, e quindi sarebbe la bancarotta della Società, come del pari si verificherà, se l'attuale Trattato e Convenzione va a monte in qualsiasi maniera. Ciò stando, dicevami egli, si è evidente che per noi non ci possa essere esitazione nel dar la scelta al sistema che produrrebbe la bancarotta, mentre la Società è Austro-Italiana, a quello che la produrrebbe infallantemente anche, mentre non sarebbe più che Austriaca. Discutendo assieme intorno a questa eventualità del fallimento della Società io dissi, tanto per tastare terreno, che non poteva capacitarmi come una Società quale è quella di cui è caso, potesse fallire per un venti mi1ioni (così per buttar là a caso una cifra) di più o di meno. Al che il Ministro risposemi che non 20 milioni, ma soli anche 5, che rappresenterebbero una diminuzione di 250.000 lire negli interessi dovuti agli obbligatori, dietro i calcoli fatti, basterebbero per produrre il faHimento. Ciò stando essere materialmente impossibile l'acconsentire a qualsiasi riduzione

di prezzo che il Governo Italiano potesse ritener necessaria onde rendere la convenzione più accettabile al Parlamento. Qui parvemi acconcio abbandonare il terreno delle cifre ,e ritornare alla quistione di principio; ed il Ministro volendo dimostrare le migliori sue disposizioni verso il R. Governo mi diè l'assicu· razione che avrebbe pregato oggi stesso il Presidente del Consiglio di convocare il Consiglio dei Ministri pel prossimo Lunedì, e che in tal circostanza egli avrebbe sottoposto ai suoi coll:eghi il desiderio manifestato dal Governo Italiano e da me formolato in questi termini • di convenire di una proroga alla fissata scadenza, onde dar campo di negoziare colla Società quelle modificaZrioni alla convenzione, mediante le quali il R. Governo crederebbe l'accettazione per parte del Parlamento si renderebbe possibile •. Il giorno stesso poi o l'indomani egli mi avrebbe fatto conoscere le decisioni del Gabinetto. Ove queste fossero adesive alla nostra proposta, dicevami poi egli, sembrargli si dovesse seguire la stessa via tenuta prima, cioè di negoziare colla Società, e soltanto dopo ciò compiuto addivenire alle conseguenti trattative col Governo Imperiale.

L'avermi il Ministro toccato la quistione del modus agendi sembrami sarebbe un favorevole indizio intorno alle intenzioni di questo Governo. Essendo poi venuti a parlare del noto articolo dei Débats sul riscatto delle Ferrovie dell'Alta Italia, che fu riprodotto qui dal Giornale Ufficiale (Edizione della sera) si toccò incidentalmente la quìstione di diritto, ed a questo proposito il Cavalier Clumecky dichiarommi esplicitamente nel modo il più preciso ch'Egli non riterebbe mai si potesse porre in dubbio il diritto, che ogni Gabinetto di un Governo Costituzionale ha, di non accettare un patto stipulato da quello che lo precedette, quando non lo ravvisa conveniente per il Paese, e non è ancora, ben inteso, Legge dello Stato. Credo opportuno consegnare qui questa fattami dichiarazione, poiché con troppa leggerezza il principio opposto venne messo innanzi in più di un giornale asche autorevole. Parlando ulteriormente ed in tesi generale sulla presente q_uistione il Ministro dissemì che molto probabilmente se la Convenzione dovesse cadere l'Austria farebbe essa il riscatto delle linee che sono nel suo territorio, l'idea del riscatto e dell'esercizio per parte dello Stato essendosi fa>tta grandemente strada tanto nel Parlamento come nel Paese dopo l'iniziativa che al riguardo era stata presa in Italia, e più ancora dopo l'analogo fatto in piena via di compimento in Germania. Anche di ciò credo bene far cenno all'E. V., tanto più che ho ragione di credere l'opinione pubblica qui stia effettivamente battendo quella strada, ed il Governo essendo molto disposto ad assecondarla.

(l) Non pubblicato.

117

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 177. Costantinopoli, 20 maggio 1876 (per. il 29).

Ho avuto sott'occhio il testo del Memorandum concertato alla Conferenza di Berlino, e ne presi attenta conoscenza. Nulla vi trovai di grave; che anzi, se mi fosse lecito di esprimere un avviso sopra un documento emanato da sì illustri Statisti, direi che non è forse all'altezza della situazione. Aggiungerei sembrarmi che esso dev'essere il risultato di due correnti diverse, quella del Principe Gortchakow e quella del Conte Andrassy, il primo dei quali avrebbe concesso ancora due mesi di prova ai rimedi escogitati dal secondo con 'l'aggiunta di qualche grano di rinforzo; trascorsi i due mesi, se quei rimedii non servono, si troverebbe qualcosa di più efficace. Ho anzi buone ragioni per credere che di questi rimedii più efficaci fu tenuto discorso tra i Cancellieri imperiali, né mi stupirebbe se qualche specie di accordo in proposito fosse già intervenuto. Delle quali cose l'E. V. sarà assai più largamente avvisata da Berlino.

La Sublime Porta non ha finora ricevuto che un riassunto del Memorannum, e già si mostra aliena dall'accettare le domande in esso contenute. Essa trova primieramente ingiusto che le Potenze vogliano imporle un armistizio il quale avrebbe per effetto di lasciar campo agli insorti d'organizzare le loro forze e d'incagliare frattanto l'azione dell'esercito Imperiale. Senonché, dopo l'ultima operazione di Mouktar Pacha, la sospensione d'armi già esiste di fatto forse perché l'una e l'altra parte ne rimasero esauste. Gli insorti non si sono più mossi, ed è naturale che mentre le Potenze tratterebbero delle loro sorti, essi non si muoverebbero. Né le truppe Ottomane hanno che fare quando gli insorti non si mostrano.

Il quarto punto suscita gravi apprensioni. • Che intendono le Potenze con la riserva di prendere nuovi concerti dopo due mesi nel caso le presenti proposte non diano soddisfacenti risultati? •. Come se le Potenze non avessero il diritto d'intendersi, di deliberare, di prendere concerti in qualunque tempo ed ogniqualvolta lor sembri opportuno. Né invero farebbe d'uopo di significare ~ilffatta riserva alla Sublime Porta per la comunicazione officiale che s'avrebbe a farle.

Si manifestano eguali ripugnanze contro l'Articolo che si riferisce alla sorveglianza da esercitarsi dai Consoli. Ma dal momento che le riforme sono emanate dalla Sublime Porta, e fanno parte della legislazione dell'Impero, non è forse dovere permanente dei Consoli ed anche delle Legazioni di sorvegliarne !"esecuzione a beneficio dei nazionali? E non fu quest'ufficio esercitato da essi in ogni tempo?

In una conversazione intima ch'ebbi oggi con Rachid Pacha sull'argomento ne trassi che la Sublime Porta fu sopratutto contrariata dal fatto che le deliberazioni della Conferenza sieno seguite senza che si consultasse il Rappresentante officiale di Essa, né gli si comunicasse poscia il risultato, mentre sapevasi che era intervenuto il Rappresentante degli insorti, signor Wesselitski.

Senonché io credo la causa principale delle difficoltà messe innanzi dalla Sublime Porta essere il rifiuto del Governo Britannico d'unirsi alle altre Potenze Garanti per sostenere il progetto di Berlino. È sempre amaro pel Gov.erno Ottomano di doversi sottomettere ai suggerimenti delle Potenze Estere, e se fra queste se ne trova una, e sopratutto una che per lunga tradizione esercita grande influenza sulle cose d'Oriente, la quale le dia differenti consigli, essa è naturalmente felice di mostrarsi recalcitrante. Grave fu quindi la responsabilità assunta dal Governo Inglese separandosi dalle altre Grandi Potenze nella presente congiuntura. Io ebbi una lunga conversazione col mio collega d'Inghilterra il quale sosteneva meco le obbiezioni di cui feci parola più sop:rd. Ma è per me evidente la ragione principale del rifiuto Inglese consistere non in questa

o quella clausola del Memorandum, ma nella forma del procedimento. L'Inghilterra, che per tanti anni ha sostenuto sì grande parte nelle cose d'Ol'liente, è stanca di vedere i tre Imperii intendersi tra loro sulle misure da prendersi ad ogni fase della questione, e poi proporre ad essa di aderire. Così si fece per le delegazioni Consolari le quali non condussero ai risultati predetti; cosi si fece pel progetto del Conte Andrassy, né esso portò quei frutti che s'erano aspettati. Sarebbero i quattro punti di Berlino più efficaci per isventare i gravi pericoli che minacciano l'Impero? È permesso dubitarne. l!n ogni modo l'Inghilterra è stanca di camminare al rimorchio dei tre Imperi.

Questo grave inconveniente avrebbe forse potuto evitarsi se il convegno di Berlino, invece di approdare al Memorandum, fosse venuto alla decisione di sottomettere la questione ad una conferenza delle sei Potenze Garanti. Ma sembra che l'idea di questa Conferenza non vada a genio ad uno dei CanceHieri Imperiali.

Questa è dunque la posizione odierna; ché temo sia tardi per far mutare consiglio al Governo Britannico. E che avverrà se la Sublime Porta rifiuta di aderire alle proposte che sarebbero per fare le cinque Potenze Garanti? In tal caso esse avranno a scegliere tra due linee di condotta: o lasciare l'Impero in balia di se stesso, oppure mettere senz'altro in esecuzione il quarto punto e stabilire un nuovo accordo. Sarebbe prematuro di entrare oggi in questa discussione.

Ho giudicato opportuno di dare a V. E. un cenno telegrafico deUe predette disposizioni della Sublime Porta...

118

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (l)

D. 598. Roma, 21 maggio 1876.

Il Ministro de Noailles è stato incaricato dal Duca Decazes di farmi conoscere l'impressione prodotta a Parigi dalle proposizioni contenute nel Memorandum di Berlino. Tali proposizioni sembrano al Governo di Versailles por.tare l'impronta d'un grande spirito di prudenza e di pazienza. Il programma d'oggi sarebbe ancora quello stesso del mese di Dicembre scorso. Domina infatti gli animi la volontà di conservare l'integvità dell'Impero Ottomano e di risparmiare all'Europa le commozioni ed i pericoli che potrebbero essere gli effetti non solamente deHo smembramento di quell'Impero, ma anche di modificazioni troppo profonde nelle condizioni della sua esistenza. Le proposizioni contenute nel Memorandum non lasciano scorgere neppure la traccia d'un desiderio di far trionfare direttamente un'influenza esclusiva e di prepararne l'ulteriore tnionfo.

Premesso questo giudizio così benevolo per le intenzioni di chi ha elaborato il Memorandum, il Duca Decazes porta il suo pensiero sulle speranze ormai deluse che avea fatto concepire l'hatt houmayoum di cui la Francia aveva preso atto in un trattato solenne e con particolare sollecitudine avea in ogni occasione reclamato }'.esecuzione. Le Potenze rimangono tuttora ferme nel concetto del dovere che hanno di assicurare con il loro intervento una sorte migliore alle popolazioni cristiane. Questo dovere da un anno ·in poi si è fatto ancor più imperioso e pressante. Il Gabinetto di Versailles ne vede la ragione nei passi a Belgrado ed a Cettinie per mantenere quei principati nella neutralità e nelle pratiche eseguite presso gli stessi insorti per deciderli a deporre le armi e ad accettare con fiducia le riforme promesse dalla Turchia. Tali passi e tali pratiche avrebbero aumentato quella responsabilità che li ricordi storici, un'antica tradizione di simpatia ed i vincoli di religione impongono a ciascuna delle Potenze. * La Francia non acconsentì mai a disinteressarsi di queste preoccupazioni delle quali trovansi le tracce nella parte espositiva del Memorandum d1 Berlino *.

Passa quindi il Duca Decazes ad esaminare 'le proposte contenute in quel Documento. Ravvisa nelle basi dei negoziati diretti da ap11irsi fra la Porta ed i delegati dell'Erzegovina, il frutto di uno studio accurato delle ultime domande presentate dagli insorti, studio che avrebbe servito a svincolare ciò che vi era in esse di ragionevole e di pratico dalle esagerazioni che avevano a prima vista mal disposto il Gabinetto di Vienna. L'armistizio di due mesi permetterebbe di dare a quelle basi lo svHuppo opportuno per assicurare il buon esito dei negoziati.

Se poi la pacificazione non potesse essere ottenuta in tale pel1iodo di tempo né nell'ordine dei fatti né in quello delle idee, il Duca Decazes riconosce che grave sarebbe l'imbarazzo e che il pericolo diventerebbe serio per la dignità non solo, ma anche per la sicurezza dell'Europa. Il Ministro degli Affari Esteri di Francia crede di poter interpretare l'ultima proposizione del Memorandum nel senso che, quando gli effetti sperati dall'armistizio e dalle trattative dirette fra la Turchia ed i capi dell'insurre2Jione non fossero ottenuti, converrà ricorrere ad un accordo generale allo scopo di determinare, col comune consenso dei Gabinetti, quali provvedimenti riuscirebbero più particolarmente efficaci così per vincere le dif:liicoltà create da una insurrezione che abbandona all'anarchia una parte della Turchia Europea, come per impedirne lo sviluppo nell'interesse della pace del mondo.

Quando questa previsione si verificasse, la Francia limprenderebbe l'opera con uno spirito di disinteresse pari alla grande cura che essa ha deg1i interessi della civilizzazione ed al rispetto che essa professa per 'i Trattati.

Spera il Duca Decazes che a preparare le Potenze allo studio che richiedono queste questioni contribuiranno gli accordi che vennero proposti nella 11iunione di Berlino allo scopo di dare maggiore efficacia ai mezzi che offrono le forze di mare per guarentire la sicurezza degli stranieri e dei cristiani in generale in Oriente. La Francia si dichiara pronta a Questo riguardo a concertarsi con le altre Potenze sulle istruzioni comuni che potrebbero essere impartite ai Comandanti delle navi che l'Europa si propone di riunil'e sui punti i più minacciati.

Per queste considerazioni il Gabinetto di Versailles, prese le istruzioni del Maresciallo Presidente, ha senza indugio dato la sua approvazione al Memorandum di Berlino tanto per la parte espositiva quanto per le proposizioni in esso contenute ed ha dichiarato che il suo concorso è a questo assicurato.

Mancò il tempo, essendo la risposta domandata con somma urgenza, di far precedere all'accettazione uno scambio di idee col Gabinetto di Roma, ma il Duca Decazes era istruito da Berlino che il linguaggio dell'Ambasciatore d'Italia lasciava prevedere l'adesione del Governo di Sua Maestà.

Ho ringraziato vivamente il Marchese di Noailles della comunicazione fattami. A noi pure era mancato il tempo di intenderei preventivamente con altri Gabinetti sulla risposta da farsi a Berlino.

I dolorosi fatti de' quali giungevano le notizie in quei giorni da Salonicco e da altre parti dell'Impero ottomano accrescevano la responsabilità di qualunque indugio che si fosse frapposto alle deliberazioni delle Potenze. Era inoltre importante che, se alcuna di esse si fosse tenuta in disparte dal concerto delle altre, risultasse almeno che fra i Governi che aderivano alle proposte esisteva perfetta unanimità di sentimenti e di propositi. L'efficacia morale di un'azione concertata fra parecchi Governi riesce affievolita quando appare l'effetto di faticoso negoziato o di transazioni diplomatiche penosamente ottenute. La Porta Ottomana invece saprà che le proposizioni del Memomndum di Berlino rispondevano così perfettamente al sentimento comune dei Governi che lo hanno cccettato, ché questa accettazione fu data da essi in ventiquattro ore. Il Governo del Sultano C'he deve pur conoscere quanta fatica abbiano durato il più delle volte i Gabinetti per intendersi circa le complicazioni della questione orientale, è in grado certamente di comprendere l'importanza che acquista un accordo stabilitosi fra l'Italia, la Francia ed i tre Imperi in così breve spazio di ore sopra un programma che accettato sinceramente dalla Turchia potrebbe salvare i suoi vasti dominii da mali maggiori, preservare gli interessi generali dell'Europa e guarentirne la tranquillità.

Al Marchese di Noailles io non potei che confermare quelle notizie che

V. S. già ebbe incarico per telegrafo di comunicare al Duca Decazes, affinché il Governo Francese fosse perfettamente e prontamente istruito della linea di condotta da noi adottata.

(l) Ed., ad eccezione del brano tra asterischi, in LV 22, pp. 176-178.

119

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 383. Vienna, 22 maggio 1876, ore 17,22 (per. ore 19,30).

Après le conseil des ministres, qui a duré plusieurs heures, le ministre du commerce est venu chez moi communiquer la délibération suivante du conseil: le Gouvernement impérial doit insister pour que le traité de Vienne soit voté avant le Ier juillet. Le Gouvernement autrichien ne pourra pas consen

tir à une modification du contrat stipulé à Bàle, meme si elle était acceptée par la société, qui empirerait l'état financier de la société tel qu'il résulte de la dite convention. Cette communication m'a été faite d'une manière si précise, et en envisageant si parfaitement les conséq_uences, que j'ai mises de la manière la plus précise sous les yeux du ministre, que j'y vois un ultimatum absolu. Je vous envoie par la poste le bout de papier sur lequel le ministre a écrit au crayon et m'a laissé la communication de la délibération du conseil des ministres.

120

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 2651. Parigi, 22 maggio 1876 (per. il 26).

L'E. V. mi fece l'onore di comunicare col dispaccio di questa Serie, n. 595, del 18 corrente (1), la copia del Memomndum combinato fra i Grandi Cancellieri di Russia e di Germania ed il Ministro degli Affari Esteri d'Austria, e da essi proposto all'adesione dell'Italia, della Francia e della Gran Brettagna. Ella m'informò in pari tempo dell'immediata adesione del R. Governo al Memorandum, e con successivo dispaccio del 20 corrente, n. 496 (2) della Serie politica mi trasmise copia di una lettera da Lei diretta al R. Ambasciatore a Londra, nella quale si dà ragione dell'atteggiamento preso dal Governo del Re in presenza delle esitazioni del Gabinetto di Sua Maestà britannica.

Mentre mi affretto a ringraziare l'E. V. di queste importanti comunicazioni, mi pregio di riferirle qui in sunto quanto ebbi già l'occasione d'inviarle per telegrafo sull'atteggiamento del Governo francese rispetto al Memomndum ed alle sue conseguenze.

Il Governo francese conobbe il tenore del Memorandum nel tempo stesso che il Governo del Re, ed impartì al Visconte di Gontaut-Biron, suo Ambasciatore a Berlino, la medesima istruzione d'aderire a nome della Francia alle proposizioni consegnate in quel documento. Quando il Duca Decazes fu informato dall'Ambasciatore francese a Londra (più tardi dal Signor Adams a Parigi) delle obbiezioni che il Gabinetto di S. Giacomo sollevò alle proposte del MemoTandum, egli si adoperò a combatterle, e si sforzò a persuader:e Lord Derby della convenienza e dell'utilità grandissime della partecipazione dell'Inghilterra all'azione comune delle Potenze, affinché questa potesse essere efficace. Il Ministro francese degli affari esteri insistette anzitutto perché il Governo inglese appoggiasse almeno la proposta relativa all'armistizio. Malgrado questi uffizi, il Gabinetto di Londra persistette finora nel suo rifiuto. Il Duca Decazes fu intanto informato confidenzialmente che il Governo russo ha l'inten:t'lione di proporre che non astante l'astensione dell'Inghilterra, le cinque Potenze aderenti al Memomndum abbiano a passar oltre e trasmettano

per telegrafo ai rispettivi rappresentanti a Costantinopoli l'istruzione di redigere d'accordo e presentare alla Sublime Porta una nota identica concepita sulle basi del Memorandum. Dandomi questa notizia il Duca Decazes mi disse jeri che quando la detta proposta del Governo russo gli venisse fatta, egli prenderebbe tempo prima di rispondere, sia per avere agio a riflettere su di essa e sulle sue conseguenze, sia per usare verso l'Inghilterra un riguardo di convenienza, ed anche per dare a questa ultima Potenza l'occasione di modificare possibHmente le sue risoluzioni. Intanto il Duca Decazes non mancò di farmi sapere che sarebbe lieto di conoscere anche in ordine a Questa eventuale proposta il modo di vedere dell'E. V.

(l) -Cfr. n. 106. (2) -Non pubblicato.
121

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 474. Vienna, 22 maggio 1876 (per. il 26).

Credo dover mio svolgere all'E. V. con maggiori particolari quanto mi onoravo riferirle col mio telegramma d'oggi ore 5 pom. (1), nonché col successivo delle ore 10 (2).

S. E. il CavaLiere Chlumecky, in adempimento alla fattami promessa, veniva oggi, tosto dopo la seduta del Consiglio dei Ministri, ad informarmi della deliberazione presa intorno alla nostra proposta di prorogare la scadenza della convenzione di Basilea e del successivo trat,tato di Vienna, onde dar tempo a condurre a termine i negoziati occorrenti ad introdurre in quei patti quelle modificazioni ravvisate necessarie dal R. Governo per renderli accettabili dal Parlamento.

Egli cominciò col dirmi che l'attento studio da Lui fatto, dopo la sua ultima visita, della Relazione, annessa al Progetto di legge presentato alla Camera dal passato Ministero nella seduta del 9 Marzo, lo aveva fatto persuaso che nessun margine più restava nelle pattuite cifre onde addivenire a qualche concessione da parte della Società, poiché già fin d'ora si poteva dire, che con quella Convenzione la Compagine aveva toccato l'orlo dell'abisso. Egli aggiungeva che un tale stato di cose, dipendente essenzialmente dalle cifre che non poterono ancora, all'epoca delle conclusioni del Trattato a Vienna, essere calcolate con precisione, e se di fatto si constatarono oggi esse11e minori di gran lunga di quanto era stato preveduto dal Governo Imperiale, era intieramente sfuggito alla sua attenzione fino ad ora, ma che fattosene accorto ed avutane del pari conoscenza i suoi colleghi, il Consiglio dei Ministri erasi trovato costretto a prendere le seguenti decisioni:

• Il Governo Austriaco deve insistere che il Trattato di Vienna sia votato prima del l o Luglio • .

• Il Governo Austriaco noo potrà consentire a qualsiasi modificazione del contratto di Basilea, anche accettata dalla SUdbahn, che peggiora lo stato finanziario della Società, come risulta dal detto contratto •.

Avendo io fatto cenno di voler prendere appunto di quelle parole, il Milllistro cavò fuori di •tasca e mi diede il pezzo di cama che qui unisco, scritto a lapis di suo pugno, in cui testualmente l·eggesi la precitata dichiarazione, e diissemi esser quello precisamente l'appunto da Lui pveso in consiglio.

A maggior spiegazione del secondo punto Egli dissemi ancora che il Governo era cosi convinto, che ogni qualsiasi anche lieve concessiooe .in ordilliEl alle somme portate dalla Convenzione, avrebbe per assoluta conseguenza la rovina della Società, che, anche ove la casa Rothschild si fosse piegata a qualche concessione ·in questo senso, il Governo Imperiale troverebbesi, a mente delle Leggi vigenti nell'Impero, nello stretto obbLigo di rifiutare la sua annuenza a quella modificazione.

A fronte di una deliberazione del Consiglio dei Ministri espressa 1in modo cosi cate·gorico, ogni discussione sulle cifre, se anche fossi stato in grado di sostenerla, non sarebbe stata conveniente: mi limitai dunque a dire che da quanto mi risultava la conseguenza inevitabile di questo fatto sarebbe il rifiuto della Legge per parte del Parlamento. A ciò dl Ministro risposemi, il Governo Imperiale esser pienamente preparato a quell'eventualdtà; trovarla però meno grave delle conseguenze che trarrebbe seco l'approvazione, per parte sua, di una Convenzione che non tutelasse gli interessi degli obbligatari, cioè in assoluta opposizione alla Legge Austriaca.

Più tardi, siccome ebbi a rife11ire con successivo te•legramma all'E. V., il Barone Alberto Rothschild venne a trovarmi. Egli mostrossi assai spiacente della decisione così perentoria presa e comunicatami dal Governo Austriaco, e dissemi esser stata causata da errori nei calcoli ed anche nell'apprezzamento delle cifre in cui i Ministri erano caduti, circostanza questa di fatJto, che già il Consiglio d'Amministrazione della SUdbahn aveva con la sua nota di questa sera posto sotto gli occhi del Ministro del Commercio. Il Barone Alberto lasciavami intendere che il capo della sua casa sarebbe stato disposto ad acconsentire a qualche modificaz;ione, purché di non troppo notevole importanza, ma che perciò sarebbe indispensabile il R. Governo gli manifestasse con precisione i suoi intendimenti in proposito. Egli assicuravami del pari che in caso d'accordo la Società si sarebbe fatta forte di ottenere l'assenso del Gove11n0 Austriaco meglio informato del vero stato delle cose. Al tempo stesso però dichiaravami, che un'impossibilità assoluta sarebbe stata la proroga, anzi tutto da noi richiesta. Egli avrebbe voluto, vedevasi chiaramente, ch'io assumessi una parte d'iniziativa in questa nuova possibile fase dei negoziati; ma non mi ritenni autorizzato a ciò fare e mi limitai a dirgli che io, non avendo avuto istruzioni di trattare che col Governo, non mi era dato uscire da quella limitata sfera d'attività. Non volli neppure assumere l'impegno d'informare la E.V. della nostra conversazione, locchè però non mancai di fare tosto col mio telegramma di poco fa.

Speranzoso di essermi tenuto nei limiti tracciati dalle istruzioni fin qui impartitemi dall'E. V. in ordine a questo importante negoziato...

(l) -Cfr. n. 119. (2) -Non pubblicato.
122

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 189. Roma, 23 maggio 1876, ore 23,30.

Correnti chargé d'obtenir de la Maison Rothschild quelques modifications à la Convention de Bale vient de partir pour la France. Il est possible que ces négociations aient lieu à Paris auquel cas je vous prie d'user de toute votre influence auprès de M. de Rothschild pour parvenir au résultat désiré. Vous pourriez dès à présent préparer le terrein en faisant comprendre à ce dernier que la convention dont il s'agit n'a aucune chance d'étre approuvée telle qu'elle est par le Parlement dont la majorité des bureaux s'est déjà prononcée pour le rejet.

123

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 191. Roma, 23 maggio 1876, ore 23,30.

Ambassadeur d'Allemagne m'a communiqué aujourd'hui un télégramme de son Gouvernement portant que Gortschakoff et Andrassy sont tombés d'accord de faire par les représentants à Constantinople la communication en forme de notes identiques et que ,l'Allemagne fera la méme chose. La communication sera faite sur le texte du mémorandum. Mes instructions précédentes vous autorisent à vous entendre avec les représentants des quatre Puissances qui ont accepté le Mémorandum sur la forme des démandes à faire auprès de la Porte.

124

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 382. Roma, 24 maggio 1876.

S. E. il Signor De Keudell ha ricevuto ieri dal Governo Germanico un telegramma il quale annuncia che il Principe Gortchakow ed il Conte Andrassy si sono messi d'accordo circa la forma della comunicazione da farsi alla Sublime Porta nel senso delle deliberazioni accolte nella recente riunione di Berlino. I due Cancellieri convennero cioè che tale comunicazione sarebbe eseguita da ciascun rappresentante delle Potenze consenzienti a Costantinopoli per mezzo di una nota identica compilata sul testo del Memorandum delle tre Potenze del Nord. Nel telegramma o..ui comunicato da S.E. il Signor de Keudell soggiungevasi che il Gabinetto di Berlino intendeva seguire la linea di condotta così tracciata dal Conte Andrassy e dal Principe Gortchakow.

In seguito a tale comunicazione ho ieri stesso telegrafato al Conte Corti a Costantinopoli (1), per fargli sapere che, conformemente alle sue anteriori istruzioni generali, egli era autorizzato a concertarsi coi Rappresentanti delle quattro Potenze che accettarono il Memorandum, per procedere alla compilazione ed alla presentazione della nota identica destinata alla Sublime Porta.

Di queste istruzioni impartite al R. Ministro a Costantinopoli, ebbe pure comunicazione il Rappresentante Russo in o..uesta città. Il Barone Uxkull si assunse l'incarico di far conoscere a S. A. il Principe Gortchakov, il quale travasi attualmente ad Ems, la deliberazione del R. Governo di associarsi all'azione che i Gabinetti del Nord hanno divisato di esercitare, nella forma indicata, presso il Governo del Sultano.

125

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 35. Roma, 24 maggio 1876.

Il R. Console in Russciuk mi ha riferito confidenzialmente un suo colloquio col Governatore generale di quel Vilayet, del quale mi sembra utile di farle conoscere la sostanza.

Secondo il pascià troppa prudenza si sarebbe usata finora dalla Turchia e sarebbe ormai tempo di finirla. A suo dire la Russia e l'Austria, vogliono far morire la Turchia tra lo sfinimento e la bancarotta; !',energia solo può salvare l'impero. La Serbia ed il Montenegro che quelle due potenze vogliono immuni da ogni attacco costringono il Sultano a tenere cento mila uomini coll'armi al braccio e tengono viva l'agitazione in Bulgaria. Senza spendere un soldo e senza distrarre da altri campi di battaglia le sue milizie regolari, la Sublime Porta può facilmente aver ragione di quei due principati: bastano 20/mila albanesi per debellare il Montenegro, mentre 20/mila bosniaci e trentamila circassi di Bulgaria e di Anatolia ridurranno tosto al dovere la Serbia. In tempo di pace riesce difficile tenere in freno tutta questa gente ladra ,e bellicosa; data invece la parola d'ordine, muoveranno, come belve affamate, al saccheggio; delle atrocità che commetteranno la Sublime Porta non sarà responsabile; verranno più tardi le truppe regolari a dare l'ultimo colpo.

Tali sarebbero quasi testualmente le parole pronunciate dal Pascià di Rutschiuck. Né ho mestieri di dimostrarne la gravità, imperocché esse sono precisamente l'espressione di quella politica fanatica e cieca che per la SubLime

Porta costituisce il maggiore dei pericoli. Non sarà quindi fuori 'luogo che Ella colga ogni opportuna occasione per insistere nel senso che istruzioni di moderazione e di prudenza siano impartite dalla Porta a tutti i suoi funzionari e segnatamente a quelli delle provincie ove è maggiore il fermento.

Evitare tutto quello che possa essere matiNo o pretesto di agitazione, deve, nelle presenti condizioni di codesti paesi, essere norma fondamentale di condotta. Colgo anzi questa occasione per approvare la risoluzione da lei presa di differire a tempo migliore ogni solennità per nnaugurazione dell'ospedale italiano in codesta città, limitandosi per ora al solo trasferimento degli infermi e dell'amministrazione dal vecchio al nuovo locale.

(1) Cfr. n. 123.

126

L'AMBASCIATORE A WNDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. RR. 19/6. Londra, 24 maggio 1876 (per. il 28).

Quest'oggi io ebbi l'onore di comunicare af Conte di Derby le informazioni che l'E. V. mi partecipava con Suo dispaccio del 17 corrente (N. 4 serie Politica) (l) intorno alle concessiQ[li recentemente fatte dal Governo Tunisino di una rete ferroviaria e di miniere ad una Società francese cointeressata con quell'altra, ugualmente francese, che possiede le Miniere della Calle.

Mediante questa concessione, l'unione della rerte Tunisina coHa rete Algerina potrebbe considerarsi come un fatto compiuto in un avv,enire prossimo, e la cosa acquisterebbe maggiore importanza dalla circostanza che uno dei tronchi concessi collegherebbe Mater con Biserta.

Il Conte di Derby aveva, dal canto suo, ricevute informazioni analoghe alle nostre, ma non del tutto apparentemente conformi, per cui egli mi pregò di dargli per iscritto quelle che ci erano pervenute per confrontarle colle sue; alla qual cosa non ebbi difficoltà ad ottemperare.

Egli mi disse, fra altre cose, che il Bardo non aveva dato il permesso di congiungersi colla rete francese dell'Algeria, imperocché il varcare il confine con una comunicazione rotabile era quistione che toccava in certo modo ['integrità dell'Impero dal quale dipende la Reggenza.

Comunque fosse di questa riserva, io feci osservare al Conte di Derby quanto sia necessario che venga mantenuta l'indipendenza della Tunisia specialmente riguardo alla Francia, le di cui aspirazioni si sono più volte manifestate per l'annessione all'Algeria, di parte almeno, della Tunisia, e specialmente di Biserta. Certamente a noi giova questa indipendenza, poiché abbiamo i nostri commerci molto estesi colla Tunisia attesa la sua prossimità all'Italia, la quale però non aspira a dominarvi; ma desidera soltanto che vi sia mantenuta la libertà di Commercio che sarebbe compromessa ove quel paese appartenesse ad altri.

M&, come notai al Conte di Derby, più che a noi, interessa alla Gran Brettagna l'indipendenza della Reggenza; imperocché, dopo che H Mediterraneo, mercé il Canale di Suez, è diventata la ·via più breve e più importante tra l'Inghilterra e le Indie, questa comunicazione sarebbe messa in gran pericolo, ove un'altra Potenza marittima, come la Francia che già possiede il porto militare di Tolone, ne avesse un altro nella Tunisia, dove 1la natura ne ha creato uno che facilmente si presta a farne una potente staziOIIlle navale.

Al Conte di Derby queste considerazioni non erano certamente nuove; ed, in conseguenza, 1egli non esitò a conchiudere essere di somma convenienza di fare in modo che la Francia non tenti nella Tunisia imprese che possono condurre ad una occupazione di quel territorio; così ho luogo di pensare che il Gabinetto Inglese non perderà di vista questa quistione.

(l) Cfr. n. 100.

127

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1611. Berlino, 25 maggio 1876 (per. il 28).

Mes télégrammes d'hier donnaient un résumé de l'·entretien que j'ai eu le meme jour avec 11e Secrétaire d'Etat. Je me réfère à ma dépeche commerciale

n. 928, (l) pour ce qui concerne le St. Gothard.

Quant aux affaires d'Or1ent, S. E. m'a dit que les trois Cabinets Impériawc s'étaient entendus sur le modus procedendi. Leurs Représentants à Constantinopole recevront l'instruction de préparer aux memes la communication à faire à la Sublime Porte. Le Mémorandum ne sera pas joint aux Notes comme annexe, mais son contenu devra etre exposé dans les Notes memes. L'avis du Prince Gortchakow a donc prévalu sur celui du Comte Andrassy. Quatre Puissances etaient ainsi d'accord, puisque le Cabinet de Rome avait déjà autorisé le Comte Corti à se concerter avec ses Collègues. Je l'avais annoncé depuis peu de jours en suite du télégramme de V.E. du 20 Mai (1), télégramme dont on avait eu ici d'autre part la confirmation.

Le Cabinet de Versailles ne s'est pas encore prononcé sur ce point (pas mème, ainsi que me •l'a affirmé M. de Gontaut, sur ses intentions d'aUer de l'avant à cinq). M. de Biilow supposait que le Due Decazes ajournait une réponse définitive, parce qu'il n'avait pas renoncé à l'espoir d'assooi·er l'Angleterre aux mesures adoptées par 1es autres Puissances pour la pacification de la Turquie. Il ne semble pas que jusq_u'ici néanmoins le Gouvernement de la République ait été dans ses démarches à cet effet plus heureux que les Cabinets de Rome, de Berlin et de Vienne. M. de Biilow se rendait parfa~itement compte dans une certaine mesure de la valeur des objections formulés contre quelques-unes des propositions recommandées dans le Memorandum, si on les examine à la loupe en les détachant de l'ensemble. Le coté faible n'a pas échappé au Cabinet de Berlin, mais il subordonne tout à l'idée principale de sauvegarder la paix de l'Europe qui pourrait étre menacée par le contrecoup des événements en

14 -Documenti diplomatici -Serie Il -Vol. VII

Orient. Il faut parer au plus pressé, et pour son compte le Gouvernement Impérial voue ses efforts à favoriser de son mieux, à fortifier l'entente entre les différentes Puissances, car dans cette entente gìt la condition essentielle du maintien de la tranquillité publique. C'est par le concours de ces Puissances qu'on sera à meme de détourner peut-etre l'orage, ou d'empecher qu'il n'éclate aussi en Occident.

Le Secrétaire d'Etat ajoutait que la veille il avait eu la visite de l'Ambassadeur de Turquie qui, ayant reçu une dépeche de son Gouvernement sur les conférences de Berlin, voulait amener une discussion sur les divers points traités dans le Memorandum. M. de Biilow a nettement décliné de le suivre sur ce terrain, car il ne pouvait entrer en matière sur un document dont le secret devait etre gardé tant que la Porte n'en aurait par la communication officielle. S. E. a cependant pu entrevoir, malgré cette conversation tronquée, que le Gouvernement du Sultan n'était pas disposé à faire bon accueil aux ouvertures des Puissances.

Je mentionne ce dernier détail qui vient à l'appui de ce que V.E. a bien voulu me mander par son télégramme du 22 courant (1).

Je vous remercie également, M. le Ministre, de tla dépeche que vous m'avez fait l'honneur de m'adresser sous le N. 380 (l) ainsi que de son annexe. Il y est fait allusion, et cela fort à propos, à un des télégrammes que vous m'aviez expédiés le 14 Mai pour m'engager à faire tous mes efforts pour induire mes Collègues de France et d'Angleterre à entrer dans nos vues relativement à l'acceptation du Memorandum. Vous aurez vu par mes rapports que l'un et l'autre ont agi dans ce sens. Nous avons été unanimes dans l'opinion que nous avions exprimée à nos Gouvernements. Lord Odo Russell hier encore me disait confidentiellement qu'il devait s'incliner devant la manière de voir du Foreign Office partagée par tous les Membres du Cabinet, et que c'était dès lors son devoir de se conformer au langage tenu par Lord Derby; mais que dans son for intérieur il regrettait l'attitude prise à Londres.

Le Comte Karoly se trouve à Ems dont les eaux lui ont été prescrites depuis quelques mois. Il aura sans doute anticipé son traitement pour le faire coi:noider avec la présence de l'Empereur Alexandre et du Prince Gortchakow.

M. d'Oubril est aussi à Ems depuis peu de jours; mais il reviendra incessamment à son poste. Avant la fin du mois le Vicomte de Gontaut se rendra également dans cette ville de bains pour y faire une cure. J'ai entendu critiquer ce projet. Les souvenirs de M. Benedetti sont trop récents. Il y a d'ailleurs une certaine indiscrétion à s'imposer en quelque sorte aux Sourverains qui s'accordent eux-memes un congé durant lequel ils préfèvent une vie sans gene, et par conséquent tenir à distance les diplomates. Le 7 Juin l'Empereur Guillaume s'acheminera aussi vers Ems où il fera, comme les années précédentes, un séjour de trois ou quatre semaines. Je crois faire preuve de tact en restant à Berlin.

Je vous suis ·très reconnaissant, M. le Ministre, de votre approbation réitérée de mon attitude à la réunion du 13 Mai.

(l) Non t>ubblicato.

(l) Non pubblicato.

128

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, BALBI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 68. Madrid, 25 maggio 1876 (per. il 31).

Il progetto di Costituzione, presentato al Congresso sul principio di Aprile, fu soltanto approvato definitivamente ieri sera, ed ottenne 236 voti di maggioranza. I voti negativi sommarono a 40, dei quali 35 appartengono al partito Costituzionale, che diede così una novella prova della sua coesione e disciplina, e 5 all'elemento moderato-intransigente. Notevole è la circostanza per lo meno singolare che fra i deputati di provenienza e di aderenze moderate che risposero affermativamente all'appello nominale annoveransi non pochi oppositori all'articolo 11, i quali però nell'ultima votazione non tralasciarono di esprimere le loro riserve sulla questione religiosa.

Malgrado la vittoria ottenuta dal Ministero sul terreno costituzionale, che non tarderà ad essere completa mercé la non dubbia approvazione della legge fondamentale per parte del Senato, non sembra lecito l'argomentarne un rinvigorimento per l'esistenza già varie volte compromessa del Gabinetto. Infatti a misura che procede, sotto la direzione quasi esclusiva del Signor Canovas del Castillo, l'arduo lavoro della ricostituzione del paese, nuove difficoiltà e maggiori ostacoli sorgono da ogni lato sul cammino delle riforme scelto a quello scopo. La posizione rispettiva dei Governanti e dei Rappresentanti della nazione è soggetta a pressoché quotidiane alterazioni, e le nuove fasi nelle quaili và sviluppandosi il programma politico del Presidente del Consigl,io annunziano una sempre progressiva gravità nello stato delle cose.

Siccome ebbi l'onore di riferire all'E.V. col mio rapporto N. 66 (1), il progetto ministeriale per l'abolizione dei fueros, attrae in oggi le preoccupazioni di tutti i partiti politici. La stampa Madrilena è unanime nel censurare le proposte Governative; ed i sintomi di dissoluzione manifestatisi fra la maggioranza del Congresso al momento della presentazione dei provvedimenti finanziari del Signor Salaverria, minacciano ora di tradursi in atto per le modificazioni in senso anti-fuerista che già propongonsi dagli stessi fautori del Ministero. D'altra parte l'attitudine del Signor Canovas del CastiJ.lo su questo argomento si palesa sinora contraria a qualsiasi transazione, ed assicurasi ch'egli abbia risolutamente espresso il proposito di sv,incolarsi da ogni pressione della maggioranza, e di mantenere intatto il testo della legge proposta, ad onta dei pericoli che potrebbero scaturirne.

Quasi che le difficoltà che si accentuano nel proprio partito non fossero bastanti per incagliare lo svolgimento del suo programma, il Presidente del Consiglio sarà fra breve oggetto di nuove ed animose ostilità per parte dei Deputati Costituzionali, sul terreno delle leggi organiche. Dopo la lettura del progetto di legge municipale, e provinciale, fatta dal Signor Ministro dell'Interno nella seduta del Congresso tenutasi ieri, e di cui mi onoro trasmettere col presente il testo all'E. V., molti deputati riunironsi nel Salone delle

Conferenze, ed intavolate vivacissime discussioni sull'argomento, i Sagastim non dissimulando un serio malcontento, dichiararonsi determinati a comba,ttere colla maggiore energia il progettato organamento amministrativo, ispirato, a loro giudizio, da un dettame centralizzatore e reazionario. Il Signor Sagasta, calcolando la portata di quelle misure tendenti ad assicurare un'eccessiva ingerenza governativa, e coll'animo esacerbato dal pensiero di vederle adottate, avrebbe, da quanto assicurasi, pronunziate parole di somma gravità, le quali suonerebbero ostili al presente regime Monarchico. Vuolsi infatti ch'egli siasi in questa occasione servito delle seguenti espressioni: c Non è possibile il conservarsi dinastico coll'adozione di leggi sì reazionarie •, ed ai suoi partigiani politici avrebbe soggiunto: c sinistri pronostici per la Corona •.

(l) Non pubblicato.

129

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

T. 195. Roma, 26 maggio 1876.

Ainsi que nous avions lieu de le craindre, et malgré tous les efforts du Gouvernement, la commission parlementaire pour la loi relative à la convention de Bàle l'a rejeté à très grande majorité. Veuillez en informer le ministre du commerce et lui faire comprendre que le Ministère se trouvera probablement dans la nécessité constitutionnelle de retirer la loi et d'en présenter une autre pour faire passer en temps utile la convention modifìée et conjurer ainsi les périls financiers qui naitraient d'un rejet par la Chambre (1).

130

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 23/9. Londra, 26 maggio 1876 (per. il 30).

Ho avuto col Signor Barone Lionel Rothschild una conversazione che ravviso importante di riferire a V.E. Il Signor Rothschild mi disse: • noi abbiamo molto interesse alla prosperità dell'Italia, ,ed uno dei motivi è che una buona parte dell'imprestito Italiano è collocato neNa city; per cui tutto ciò che potrà giovare al credito dell'Italia, gioverà anche ai nostri interessi. Ora si affaccia la quistione della vendita delle ferrovie dell'alta Italia; se il Governo acconsente al contratto già stipulato, le azioni che primitivamente erano di L. 20, e che attualmente sono scese a L. 6, rimonteranno probabilmente a L. 10. In vista di questo rialzo non si mancherà di fave il confronto tra l'Italia, che protegge coloro che hanno impegnati i loro capitali al suo vantaggio, e gli altri Governi che diedero sì triste spettacolo, e cagionarono la rovina di tanti capitalisti. Se per fare salire le azioni delle ferrovie dell'alta Italia il Governo rinunzierà a qualche lieve vantaggio, che egli potrebbe ripromettersi con

modificazioni alla convenzione di vendita, egli guadagnerà molto di più di quanto avrebbe rinunziato collo incremento della sua rendita e la fiducia che ispirerà; per cui il giorno in cui esso dovrà ricorrere al credito per togliere il corso forzoso, troverebbe a Londra i capitali necessarii a condizion[ vantaggiosissime. Se al contrario coll'opprimere la socie>tà dell'alta Italia, egli determinerà un nuovo abbassamento nelle azioni ferroviarie, ciò scemerà la fiducia in lui; forse la rendita diminuirà; ed egli troverà minore ascolto quando dovrà nuovamente ricorrere al credito •.

Il Barone Rothschild mi pregò di far noti questi suoi pensieri al Governo, ed io mi arrendo al di lui desiderio pregando V.E. di comunicare questa conversazione a S. E. il Presidente del Consiglio, Ministro delle Finanze.

(l) Analogo telegramma venne inviato in pari data a Berlino col n. 196.

131

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. RR. 22/8. Londra, 26 maggio 1876 (per. il 31).

La determinazione presa dal Gabinetto Britannico di non aderire al Memorandum dei tre Cancellieri è stata favorevolmente accolta da tutti i partiti in Inghilterra. Non bisogna però indurre che con questo rifiuto s'intenda o stare all'infuori della quistione d'Oriente o continuare a sostenere l'Impero Ottomano come si sarebbe fatto una volta; l'opinione pubblica è molto cambiata a questo riguardo ed uno dei segni più rimarchevoli di tale mutamento sta nei recenti opuscoli pubblicati da Lord Redcliffe e da Lord John Russell contro l'Impero Ottomano. Questo linguaggio è specialmente da notare per parte di Lord Redcliffe che fu per tanto tempo il sostenitore della Porta contro le aspirazioni della Russia. Però bisogna dire che tutti non dividono in modo così assoluto il pessimismo di quei due scritti, benché vi sia nel Gabinetto attuale chi non ha grande considerazione per il Governo Ottomano e pochissima fiducia nel suo avvenire.

Ma, come io ebbi già l'onore di dirlo a V. E. in altro mio rapporto, l'Inghilterra vuole restar libera della sua azione in questi momenti; ,essa è tanto più spinta a questo partito che alcune condizioni speciali interne di questo Impero le consigliano una speciale condotta. AnzHutto vi ha la crisi finanziaria momentanea cagionata dalle grandi perdite provate dai capitalisti inglesi negli imprestiti di Turchia, d'Egitto e del Perù, che lasciano molta gente senza lavoro nelle grandi città, e specialmente a Londra, dove l'attivirtà proveniente dal lusso è scemata a segno che quest'anno si contano diciassette mila pariglie di cavalli da carrozza di meno che non nell'anno addietro. Si valutano a circa 90 milioni sterline (2.250.000 di franchi) le perdite toccate alla City per le cause anzidette. A queste certamente presto si potrà riparare. Ma la prudenza consiglia agl'Inglesi di non complicare la crisi economica con una quistione

politica esterna che potrebbe destare agitazioni pericolose in una popolazione

che, per le cause anzidette, si trova in parte (piccola bensì) disoccupata.

Un altro motivo che induce l'InghiUerra a non associarsi ad un atto che

dalle popolazioni Musulmane è considerato come ostile al Capo dei Credenti, è questo, che le truppe indigene, sulle quali gl'inglesi fanno il maggiore assegnamento per mantenere il loro potere nelle Indie, sono in massima parte Maomettane, come lo sono parecchie provincie di quel vasto Impero. Ora non si può disconoscere che i perturbamenti della Turchia prendono ognora più un carattere religioso, e l'Inghilterra che, con tanto acume, osserva tutto ciò che può interessare i suoi possessi asiatici, non vorrà esporsi a suscitare delle ribellioni là do·ve più che mai è necessario per essa l'ordine e la pace. Un altro personaggio, col quale io aveva l'onore di discorrere lasciò trapelare questa preoccupazione.

Per altra parte qui a Londra si considera il progetto di Memorandum, colle sue riserve indefinite, come un'opera architettata dalla Russia di concerto col Principe di Bismarck per allacciare le altre Potenze e spingere l'Austria in una via nella quale essa potrebbe finire col compromettere le sue pericolanti finanze, e destare dei movimenti separatisti nelle provincie tedesche. Per altra parte si crede che il concerto dei due Canoellieri del Nord significhi: a voi, Russi, l'Impero d'Oriente con Costantinopoli; a voi, Germania, l'Impero d'Occidente con porti sul mare del Nord.

Fatto stà che l'Inghilterra segue con gelosa attenzione tutti i passi della Russia. Nel più gran Club militare di Londra -l'United Service Club -si vede una gran carta deH'Asia continuamente distesa e v;i si affacciavano vecchi e giovani miUtari computando la distanza che separa ancora i nuovi possessi della Russia dalle frontiere delle Indie.

Impedire l'occupazione di Costantinopoli da altre Potenz,e e specialmente dalla Russia, assicurare le comunicazioni più dirette dell'Inghilterra coll'Impero dell'Indie, là sta il nodo della politica britannica. Di questa si vedono già gli effetti rispetto, a Costantinopoli; imperocché, ,in questo momento, si armano quattro o cinque Corazzate con un monitore destinati a partire quanto prima per Salonicco per rinforzarvi la squadra che già vi si trova; la squadra che era già avviata alle Isole Canarie ricevette, a quanto mi si assicura, l'ordine di ritornare a Gibilterra per essere pronta ad accorrere al primo cenno dove sarà necessario. Inoltre, nei porti militari dell'Inghilterra tutto è apparecchiato per il pronto imbarco di cinquanta a sessanta mila uomini. Essa adunque non si lascierà sorprendere alla sprovvista.

P:t~ima dell'apertura del Canale di Suez, le comunicazioni dell'Inghilterra

colle Indie avevano luogo l'una tutta marittima per il Capo di Buona Speranza,

l'altra per terra attraverso l'Asia Minore e la Persia. Il Sultano era, per cosi

dire, il custode di questa Hnea, 'e ben s'intende· che allora l'integrità dell'Impero

Ottomano fosse un dogma politico per l'Inghilterra; ma dopo :l'apertura del

Canale di Suez le cose sono cambiate; la ·via più breve fra l'Inghilterra e l'India

è quella che da Gibilterra conduce al Canale e nel Mar Rosso; la via di terra

attraverso l'Asia Minore ha perduta massima parte della sua importanza. Quindi

l'integrità dell'Impero Ottomano, specialmente per quanto riguarda le Pro

vincie Europee, non ha più per gl'Inglesi :il medesimo interesse purché, però,

Costantinopoli, che è la chiave del Mar Nero, rimanga del Sultano od almeno

non cada in mano dei Russi o di un'altra Potenza marittima. Epperciò tutti

gli sforzi degl'Inglesi si rivolgono ad assicurarsi la via di Gibilterra, Suez ed il Mar Rosso. Non lascieranno di certo che altri si stabilisca in Egitto; l'Inghilterra sarà amica di chi non gli porrà ostacolo su quella via; per contro essa sarà acerrima nemica di chi glielo vorrà contrastare.

In seguito a questo mutamento nel sistema delle sue comunicazioni colle Indie, la Gran Brettagna porta, ora più che mai, la sua attenzione sull'Italia. Essa vide con compiacenza il risorgimento della 111ostra Nazione, sia per amore del progresso, sia perché non era neppure cosa per lei indifferente di avere nel Mediterraneo un popolo che potesse neutralizzare l'influenza che la Francia intende esercitare su quel mare. Ma ora l'Italia ha acquistata ancora maggiore importanza per l'Inghilterra, poiché di tutte le Potenze Mediterranee la nostra è quella che più facilmente può o proteggere od osteggiare la sua via deHe Indie. Epperciò l'Inghilterra .tiene molto all'amicizia dell'Italia ed essa facilmente ·s'ingelosisce allora che crede scorgere che le tendenze dell'Italia si volgono verso quelle altre Potenze che alla Gran Brettagna portano ombra. Gli uomini di Stato di tutt'i partiti dividono quei sentimenti e me ne accorgo dalle conversazioni che o~ni giorno mi occorre di avere con alcuni di essi.

La loro opinione è che, nel proprio suo interesse, l'Italia dovrebbe procedere concorde coll'Inghilterra, mentre dalle altre potenze poco o nulla ha da sperare. La Francia le conserva tuttora un profondo rancore che si sfogherà alla prima occasione; l'Austria è impotente per ragioni finanziarie e di politica interna; inoltre essa è rivale dell'Italia nell'Adriatico. La Russia è troppo lontana dall'Italia per nulla giovare ad essa; d'altronde fuori del proprio territorio la Russia non può avere azione. In quanto alla Germania non conviene dimenticare che pochi anni sono essa dichiarava che Venezia era porto tedesco, ed essa nulla farà che possa rendere l'Italia più forte.

Al contrario l'Inghilterra amica dell'Italia può molto fare per essa, e coi mezzi di cui dispone preparargli la via ·a l'etUficare le sue frontiere ed acquistare nell'Adriatico tal posiziO!Ile che la renda predominante in quel mare.

In caso di conflagrazione generale, siccome la Francia non potrebbe mai essere alleata colla Germania, l'unione delle Potenze del Sud dell'Europa coll'Inghilterra sarebbe cosa più facile e che gioverebbe ancora all'Italia.

Ho creduto di dover esporre· a V.E. queste cose che mi sembrano essere la espressione della verità. Non spetta a me di trame le conseguenze; mi basti, come era mio debito, di averle fatte presenti al mio Governo.

132

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, A VITTORIO EMANUELE II

(ACR)

L.P. Londra, 26 maggio 1876.

Maintenant que j'ai à peu près terminé le cours de mes visites officielles, et que je commence à m'orienter dans cette immensité de Londres, Votre Majesté me permettra de l'entretenir quelques instants de ce que j'ai vu et entendu.

Naturellement ma première visite a été à la Reine qui m'a fait l'honneur de me recevoir au chateau de Windsor où je lui remis la lettre de Votre Majesté qui m'accrédite auprès d'elle en qualité d'Ambassadeur. Elle s'est montrée fort bienveillante, elle m'a surtout parlé avec le plus vif intéret de Votre Majesté dont le souvenir lui est toujours présent, et elle m'a chargé de la rappeler au plus courtois des souverains. Les chevaux que Votre Majesté lui a envoyés ont été infiniment appréclés par Elle; ils ont été trouvés magnifiques et la Reine s'en sert fort souvent. J'ai assisté à l'entrée du prince de Galles à sc:m retour de l'Inde. L'accueil a été marqué par un grand enthousiasme et une sincère cordialité qui étaient l'expression des sentiments populaires de loyauté envers la Couronne et de sympathie pour le prince. Toute la famille Royale est réellement fort aimable; tous les princes m'ont beaucoup parlé de Votre Majesté dont le nom est extremement populaire et respecté en Angleterre. Aussi l'accueil que reçoit l'Ambassadeur du Roi d'Italie se ressent du prestige qui entoure son souverain.

Je m'aperçois que l'Italie est, de toutes les hations de l'Europe, celle pour laquelle l'Angleterre a le plus de tendances amicales. L'Italie ne lui porte pas ombrage, et peut lui etre, à un moment donné, d'une grande utilité et meme etre une garantie pour Elle. Les nouveaux incidents qui surgissent du còté de l'Orient, et les graves symptòmes de complications sérieuses qui se manifestent de toute part, m'encouragent à exposer, sur ce sujet, quelques-unes de mes impressions à Votre Majesté.

L'attitude que vient de prendre l'Angleterre en refusant d'adhérer au memorandum des trois Chanceliers, chose qu'il était facile de prévoir, démontre que cette puissance veut rester maitresse de ses actions dans les événements qui, peut-etre bientòt, vont se dérouler. L'Angleterre ne fait pas de politique de sentiments, mais elle vise droit à ses interets, et l'on peut dire que, dans tous les partis, il n'y a sous le rapport de la grande direction à donner aux affaires extérieures, qu'une seule manière de voir. La grande préoccupation de l'Angleterre est la conservation de l'Empire des Indes qui lui assure en meme temps le développement de son industrie. Tout sera sacrifié à ce but. Pour l'atteindre, il faut, avant tout, que l'Angleterre s'assure ses communications avec L'Inde. Il y a peu d'années les communications principales, par mer avaient lieu par le Cap de Bonne Espérance, et par terre à travers l'Asie Mineure et la Perse. Aussi l'integrité de l'Empire Ottoman était-il un des Dogmes fondamentaux de la politique Anglaise. Mais depuis l'ouverture de l'Istme de Suez, les conditions sont changées, et la voie préférée comme la plus prompte et la plus sure, est celle de la Méditerranée, du Canal de Suez et de la Mer Rouge. La route de terre a perdu presque entièrement son importance; aussi l'integrité de l'Empire Ottoman a-t-elle cessé d'etre un Dogme, et aujourd'hui l'Angleterre ne fera pas de grands efforts pour empecher le démembrement de cet Empire, à une condition pour tant, c'est que Constantinople ne tombe pas entre les mains d'une puissance Européenne et surtout dans celle des Russes. Ainsi, empecher que les Russes aillent à Constantinople, s'assurer les communications par la Méditerranée et l'isthme de Suez; telle est la partie pratique du programme

de l'Angleterre. Ceux qui aideront ce programme seront ses amis; elle deviendra l'ennemi de ceux qui le contrarieraient.

En ce moment, la France est la seule puissance qui pourrait lui disputer l'Empire de la Mediterranée; mais elle n'aurait rien à en craindre si elle avait pour arnie l'Italie qui par sa position péninsulaire domine, pour ainsi dire, toutes les communications entre le Détroit de Gibraltar et l'Egypte.

C'est pourquoi l'Angleterre a un grand intérèt à nous avoir pour am.is; tandis que l'amitié de cette grande puissance pourrait à un moment donné, nous ètre d'une grande utilité; son hostilité au contraire, pourrait nous ètre fatale entourés, comme nous sommes, de peuples qui, pour le moment, n'ont pas de grandes sympathies pour nous, et verraient, peut-ètre, sans regret, une déchéance de l'Italie.

Dans le memorandum des trois Chanceliers le Gouvernement Anglais a vu principalement la main de la Russie secondée par la Prusse; L'Autriche est comme une avant-garde que ces deux puissances poussent vers l'ennemi, sauf à se partager les dépouilles opimes, ou se faire la part du Lion.

La Russie, comme je l'ai dit, aspire à Constantinople qui lui assurerait un débouché dans la Mediterranée; Elle abandonnerait à la Prusse l'Empire des mers du Nord qui est le grand but de cette dernière puissance; ,et peut-ètre au milieu de toute cette débacle, l'Autriche poussée vers de nouvelles provinoes Slaves, en viendrait à compromettre ses provinces Allemandes à la grande satisfaction du reste de l'Empire Germanique. Au milieu de ce bouleversement, l'Italie ne peut rester spectatrice inerte; la question la touche de trop près pour qu'elle puisse s'isoler. Il faut donc que dès-à présent elle marque son but et trace sans hésitation, la voie qu'elle veut suivre.

De la Russie, l'Italie n'a pas grand-chose à attendre; de l'Allemagne peutètre moins encore, car on ne doit pas oublier que dans la pensée des Germains, Venise doit ètre un port Allemand; la France, ne nous aime pas et ne nous aidera en rien de ce qui peut augmenter notre force. L'Autriche si elle s'agrandit de quelque còté pourra nous céder nos frontières naturelles sur les Alpes et l'Isonzo, mais elle ne pourrait le faire que si nous l'appuiyons; et comment l'appuyer isolément, vu l'état financier de l'Italie et de l'Autriche?

Il n'y a qu'une seule puissance qui par sa force financière colossale puisse nous aider dans la lutte qui, peut-ètre bientòt, va s'engager: c'est l'Angleterre qui a intérèt à ce que nous soyons forts à condition que nous soyons ses amis.

Ici on est disposé à l'ètre; mais il faut agir franchement et nettement, sans qu'il soit nécessaire pour cela de sortir des limites de la prudence.

J'ai exposé à Votre Majesté les pensées qui ont surgi dans mon esprit par mon contact avec les hommes considérables de ce pays, et par la marche que semblent prendre les événements. Lorsqu'on voit de près la puissanoe de cette Angleterre, qu'on examine l'esprit de conduite de ce peuple qui a si profondément le sentiment d'un Gouvernement régulier et énergique, on sent qu'il est bon de l'avoir pour ami, d'autant plus qu'au besoin, son amitié sait ètre généreuse. Cest pourquoi j'ai pris la liberté de faire connaitre ces pensées à Votre Majesté. Je la prie de les accueillir avec indulgence.

C'est Votre Majesté qui a réuni en une seule nation les membres de cette Italie pendant tant de siècles opprimée. C'est encore à Votre Majesté que reviendra la gioire d'avoir consolidé son oeuvre au milieu des orages qui probablement vont éclater du còté de l'Orient.

133

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI (l)

D. 38. Roma, 27 maggio 1876.

Confermo alla S. V. Illustrissima le mie istruzioni spedite per telegrafo il giorno 23 corrente (2) per autorizzarla ad intendersi con i Rappresentanti d'Austria-Ungheria, Francia, Germania e Russia sulla forma identica da darsi alla comunicazione da farsi alla Porta Ottomana prendendone il testo dal Memorandum di Berlino.

L'Ambasciatore di Germania mi aveva comunicato il mattino di quello stesso giorno un telegramma del suo Governo col quale mi si faceva sapere l'accordo intervenuto fra il Principe Gortchakow e H Conte Andrassy circa il modus procedendi sovr'indicato. Il Gabinetto di Berlino aderiva egli pure all'opinione degli altri due Gabtnetti imperiali. Non ho creduto opportuno di soprassedere all'accettazione del modo di procedere sul quale i tre Gabinetti imperiali si erano concertati. Il Governo di Sua Maestà, aderendo alla proposizioni contenute nel Memorandum di Berlino, ha preso verso gli altri Governi accettanti l'impegno di cooperare in guisa da assicurare l'efficacia morale delle domande che debbono essere presentate alla Turchia.

134

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 601. Roma, 28 maggio 1876.

Il Marchese di Noailles mi ha fatto sapere che il suo Governo lo aveva informato del rifiuto persistente della Gran Brettagna ad associarsi all'azione diplomatica concertata fra le potenze che hanno accettato le proposizioni contenute nel Memorandum di Berlino.

L'interesse grandissimo che il Governo francese al pari del nostro attribuisce al concorso dell'Inghilterra, trattandosi di un'azione diplomatica che avrebbe

dovuto ritrarre la maggior sua efficacia dalla unanimità dei Gabinetti, ha indotto il Duca Decazes a tentare tutte le vie che avrebbero potuto rimuovere il Governo Inglese dal contegno assunto sin dal principio rispetto alle proposizioni accettate dagli altri cinque Stati intervenuti al convegno di Berlino. Codesto Mi!llistro degli Affari Esteri si propone anzi di impegnare la Turchia stessa ad insistere presso il Governo inglese nel senso che questi, separandosi dal concerto delle altre Potenze, non abbia a lasciare il Governo del Sultano in presenza delle Potenze stesse senza l'appoggio che li medesimo ha ognora trovato nell'azione moderatrice della Gran Brettagna.

Il Marchese di Noailles mentre mi dava queste informazioni, era pure incaricato di non nascondermi che il concentramento nel Mediterraneo di poderose forze navali inglesi era un fatto che aveva destato in modo speciale l'attenzione pubblica in Francia.

Si annunzia infatti che alla Squadra del Mediterraneo si riunirà fra pochi giorni quella detta del Canale che lasciando l'ancoraggio del Tago, era prima diretta a Madera. Questa flotta composta di numerose navi corazzate sembra debba concentrarsi nella baja di Bosika rimanendo così a non più di 24 ore di distanza da Costantinopoli.

L'Inghilterra avendo ricusato di aderire al Memorandum non ha preso alcun impegno con le altre Potenze in vista della destinazione da darsi alle forze di mare ed alle istruzioni combinate che potrebbero impartirsi ai comandanti delle medesime·. Della scelta fatta dell'ancoraggio di Besika non potrebbe trovarsi quindi verun'altra spiegazione fuorché quella che attribuirebbe all'Inghilterra l'intenzione di tenere a breve distanza da Costantinopoli una flotta imponente che col consenso della Porta potrebbe entrare nel Bosforo nel caso in cui dei disordini scoppiassero nella capitale dell'Impero Ottomano.

(l) -Ed., in LV 22, p. 197. (2) -Cfr. n. 123.
135

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 85. Pietroburgo, 28 maggio 1876 (per. l' 11 giugno).

In una conversazione che ebbi oggi con l'Ambasciatore d'InghHterra, nel tenermi parola della comunicazione da lui fatta del rifiuto del suo Governo di aderire al Memorandum di Berlino di cui tenni parola nel mio dispaccio di jeri, m'affermò che il suo Governo intendeva espressamente che fosse ben noto non •essersi egli appigliato al partito dell'asten·sione con l'intento di opporsi con ciò all'azione delle altre Potenze ·e che avrebbe ben fatto comprendere alla Porta non aver ella nulla a sperare dall'Inghilterra.

Lord Loftus mi ripeté le stesse assicurazioni da lui fatte .in proposito al Signor de Giers. Egli naturalmente sconfessa per parte del suo Governo ogni sospetto che si sia indotto a questo passo per risentimento di non aver presa parte all'elaborazione del memorandum concertato fra i tre Imperi. Però dal complesso del suo linguaggio si può inferire che anche questo motivo abbia agito sui Ministri inglesi. I punti che a suo dire sono inammissibili per parte del Governo Britannico, sono, quello che concerne l'armistizio e il cenno della sanzione da aggiungersi all'azione diplomatica nel caso di insuccesso delle prime trattative.

L'Ambasciatore Britannico mi accennò pure al rincrescimento del suo Governo nel vedere che l'Italia si era unita così prontamente all'azione delle altre Potenze.

Credetti a questo proposito di far cenno della comunicazione fatta da Vostra Eccellenza al R. Ambasciatore a Londra ed esposi a Lord Loftus gli stessi concetti in essa espressi rispetto alla nostra situazione verso l'Inghilterra.

Le comunicazioni del Duca Decazes al Generale Le Flò esprimono la soddisfazione del Governo Francese di trovarsi in pieno accordo col R. Governo.

L'Ambasciatore Francese si dimostra sempre pronto ad assicurare che il suo Governo darà il suo concorso alla politica russa e tiene in proposito un linguaggio assai esplicito.

136

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 420. Costantinopoli, 29 maggio 1876, ore 10,05 (per. ore 23).

Nous sommes tous d'accord les ambassadeurs de Russie, d'Autriche, d'Allemagne, de France et moi sur la rédaction d'une communication a Rouschdi pacha. Cette pièce contient la demande d'armistice avec le mention des cina points devant servir de base à la négociation entre la Sublime Porte et les insurgés. Nous la ferons remettre demain au Ministère des affaires étrangères par nos premiers drogmans.

137

IL MINISTRO A BRUXELLES, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. S.N. Bruxelles, 29 maggio 1876 (per. il 4 giugno).

Il riscontro alle informazioni che mi venivano chieste nel dispaccio ministeriale delli 10 Maggio corrente, politico n. 90 (l) intorno a riunioni di internazionalisti in Verviers, ho l'onore di trasmettere qui unito in originale all'E. V. il rapporto che a tal proposito mi è stato testé communicato dall'Amministratore della Sicurezza Pubblica in Bruxelles.

Da questo rapporto risulta che pel momento tali riunioni non hanno nessun carattere grave e si limitano ad aspirazioni e proposizioni sterili, benché nuove raunanze siano preconizzate pel mese prossimo.

L'essenziale, al mio avviso, è che nessun forestiere, principalmente nessun italiano di quelli residenti nel Belgio, vi pre·se parte e di questa circostanza il Signor Amministratore me ne diede la più formale certezza.

Qui unito trasmetto l'esemplare dell'opuscolo sopra • la loi de solidarité • del Signor Paul Janson, una delle antiche celebrità del partito internazionale il quale però da più anni sembra essersi ritirato da tale associazione.

Per conformarmi alle istruzioni di V. E. non ho mancato di prendere informazioni all'infuori delle Autorità belghe; ma sia alla Legazione di Francia sia a quella di Prussia, principalmente interessate in tal vertenza, non si tiene verun conto delle riunioni in quistione.

(l) Non pubblicato.

138

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, AI MINISTRI A PARIGI, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO

T. 217. Roma, 30 maggio 1876, ore 19,25.

Les représentants des cinq puissances avaient rédigé hier note :identique que les premiers dragmans devaient présenter aujourd'hui à la Porte. Dans la nuit, le Sultan ayant été détròné la situation a changé complètement. Veuillez vous tenir en communication avec le Ministre des Affaires Etrangères et m'informer des impressions que produit un événement aussi grave.

Comte Corti télégraphie que la ville est tranquille.

139

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 219. Roma, 31 maggio 1876, ore 12.

Je ne pense pas qu'il nous convienne de nous séparer de la majorité des puissances garantes en ce qui concerne des compliments qui impliqueraient une reconnaissance du nouveau gouvernement.

140

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, DEPRETIS AL VICE PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, CORRENTI, A PARIGI

T. 221. Roma, 31 maggio 1876, ore 14.

Nous avons la plus grande confiance en vous. Nous vous sommes très reconnaissants pour votre coopération, mais nous ne pouvons pas changer la sltuatlon. L'acceptation des propositions de M. Rothschild aurait inévitable

ment pour conséquence le rejet de la convention de Bale, la chute du Ministère et une grande perturbation dans le pays. A l'état des choses, la seule solution possible, ainsi que nous vous l'avons notifié, c'est le délai, qui en nous évitant la rupture des négociations, ouvre la voie à un arrangement équitable. Par ce moyen, j'en suis personnellement convai:ncu, nous pouvons surmonter toutes les difficultés. Faites de votre mieux pour l'obtenir, vous aurez rendu au pays un grand service.

141

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO

D. 19. Roma, 31 maggio 1876.

Continuo ad informarla delle successive comunicazioni diplomatiche che il Governo del Re ebbe a mantenere col Govevno Russo in ordine agli attuali avvenimenti d'Oriente affinché ne rimanga traccia negli archivi di codesta Legazione che, per l'assenza dell'Imperatore e del Principe Gortchakow da Pietroburga, si trova momentaneamente all'infuori della sfera in cui si spiega in questi giorni l'azione dei Gabinetti principalmente interessati nella questione.

Le ho comunicato col mio dispaccio del 20 maggio (l) le istanze fatte qui, d'incarico del suo Governo, dal Barone d'Uxkull, per rappresentare la convenienza che le cinque Potenze aderenti al Memorandum di Berlino eseguissero senz'altro a Costantinopoli gli uffici concordati nel Memorandum stesso, malgrado le obiezioni opposte dal Governo Britannico; e Le feci conoscere nel medesimo tempo le istruzioni da me date al R. Ambasciatore a Londra affinché egli si associasse alle pratiche de' suoi Colleghi per indurre, se fosse possibile, il Gabinetto Inglese a non separare in un momento così grave la sua azione da quella delle altre Potenze garanti dell'Impero Ottomano.

Ma quelle pratiche riuscirono infruttuose e venuta meno pertanto la speranza di ottenere il concorso dell'Inghilterra, il Governo del Re reputò che una ulteriore esitazione non avrebbe potuto giovare allo scopo che esso si proponeva; ed io feci quindi conoscere, il 22 Maggio, al Barone d'Uxkull che, allo stato delle cose, il Governo italiano si dichiarava pronto ad agire a Costantinopoli, conformemente alle proposte del Memorandum, di concerto colle rutre quattro Potenze aderenti, e all'infuori del concerto della Gran Bretagna.

Frattanto eransi dissipati i dubbi che ancora rimanevano circa la forma da farsi alla divisata comunicazione alla Sublime Porta. S. E. l'Ambasciatore di Germania mi fece conoscere, il 23, che il Principe Gortchakow ed il Conte Andrassy eransi trovati d'accordo sull'opportunità di fare quelle comunicazioni, per mezzo dei Rappresentanti delle cinque Potenze a Costantinopoli, in forma di note identiche da compilarsi sul testo del memorandum; questo documelllto non doveva unirsi come annesso a quelle note, ma il suo contenuto sarebbe sostanzialmente inserito nelle note stesse. In seguito a Questa comunicazione dell'Ambasciatore Germanico, il quale mi annunciava nel tempo stesso avere il

suo Governo acce,ttato il proposto modus procedendi, io dal canto mio confermavo al Conte Corti 'le istruzioni generali ch'egli già aveva ricevuto al riguardo, autorizzandolo a concertarsi coi Rappresentanti delle altre quattro Potenze aderenti per la redazione e la successiva presentazione della Nota identica di cui si tratta.

Risultato delle intelligenze stabilite fra quegli agenti fu infatti la compilazione della Nota progettata, e la decisione che 1a Nota stessa sarebbe presentata alla Porta dal primo Interprete di ciascuna Rappresentanza nella giornata di ieri 30 maggio. Senonché ieri appunto giunse inattesa da Costantinopoli la notizia della deposizione del Sultano Abd-Ul-Aziz avvenuta improvvisamente nella notte del 29 al 30, e della contemporanea elevazione al trono del nuovo imperatore Murad. In presenza di si grave ·evento, non poté naturalmente aver luogo la presentazione della Nota, e la combinata comunicazione dmane così in sospeso, fino a che le Potenze non abbiano potuto scambiare le loro idee sulla nuova situazione che si è ora prodotta a Costantinopoli.

(l) Non pubblicato.

142

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 2658 bis. Parigi, 31 maggio 1876 (per. il 4 giugno).

Secondo le istruzcioni che l'E. V. si compiacque di dirigermi col dispaccio

n. 599 di questa Serie del 24 corrente (1), ho ringraziato S. E. il Duca Decazes delle dichiarazioni da lui fattemi intorno all'elevazione al rango d'Ambasciate delle Legazioni d'Italia in Francia e di Francia in Italia. S. E. mi confermò che il Governo Francese era disposto ad operare questo cambiamento all'epoca che sarebbe convenuta al Governo di Sua Maestà.

Sono lieto che l'ultimo atto della mia missione in Francia abbia avuto per effetto di constatare l'accordo dei due Gabinetti di Roma e di Versaglia intorno all'elevazione di rango delle rispettive rappresentanze, e di vedere che in questo fatto entrambi i Governi hanno ravvisato un nuovo segno d'amicizia fra le due Nazioni.

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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 445. Costantinopoli, l giugno 1876, ore 16 (per. ore 22,50).

La France et l'Angleterre ont envoyé féliciter le nouveau Sultan aujourd'hui. Je prie V. E. de me faire savoir si, dans le cas où un troisième ambassadeur des Puissances garantes faisait la meme démarche, je dois envoyer aussci complimenter Sa Majesté (2).

(l) -Non pubblicato. (2) -Melegari rispose con t. 229 del 2 giugno: • Vous devez envoyer M. Vernoni présenter les compliments d'usage lorsque la majorité des représentants des grandes puissances aura décidé de faire cette démarche •.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. RR. 26/11. Londra, 2 giugno 187 6 (per. il 6 ).

A complemento del mio telegramma cifrato di ieri (l) procurerò di dare all'E. V. quelle maggiori informazioni che credo necessarie per meglio chiarire la nuova fase politica creata dalla caduta del Sultano Abdul-Aziz-Khan, al quale succede in modo così strano Mourad effendi, ora Mourad V.

Anzi tutto debbo dire che questo avvenimento fu accolto con generale soddisfazione in tutta Inghilterra; la • City • salutò il nuovo Sultano con un rialzo del 6% sui fondi Turchi, provocato in parte dalla speranza di trovare il tesoro che si diceva accumulato da Abdul-Aziz-Khan, ma principalmente dal pensiero che il cambiamento avvenuto avrebbe sciolto le difficoltà derivanti dal r.ifiuto dell'Inghilterra di aderire al Memorandum dei tre Cancellieri, e che la nuova Amministrazione dell'Impero Ottomano, entrando in una via più regolare, avrebbe potuto fadlmente fare fronte ai suoi impegni finanziarii (la qual cosa più d'ogni altra importa ai Signori della • City • ), e si sarebbe accinta a studiar seriamente i mezzi di porre fine alle ostilità nelle provincie insorte, usando meno la forza che introducendovi un Governo più temperato, e più equo verso le popolazioni cristiane. L'avvenire dirà sino a qual punto sieno fondate queste speranze; intanto il Ministero del Signor Disraeli, che fu per qualche tempo gravemente scosso dalle discussioni sul Canale di Suez, sull'Egitto, ed il titolo Imperiale della Regina, acquista nuova e durevole forza; egli ha lusingato l'amor proprio dell'Inghilterra, ed ha secondato, colla fermezza della sua risoluzione, l'opinione del paese che vuole rimanere libero delle sue azioni, ma non intende che altri tocchi alla quistione d'Oriente senza che egli vi faccia sentire la sua forza, come lo provano i rapidi armamenti, parte testé compiuti, e parte tuttora in via di preparazione.

Nella seduta di ieri, alla Camera dei Comuni, il Signor Disraeli parlò con qualche fierezza dichiarando il Memorandum come ormai inutile, e annunciando che l'Inghilterra aveva preso le disposizioni necessarie per assicurar,e l'onore e gli interessi del paese.

Alcuni, pretendono, i Russi fra altri, che l'Inghilterra non fu estranea ai fatti di Costantinopoli: non saprei dire se tale asserzione abbia qualche fondamento, ma è certo che il suo rifiuto di aderire al Memorandum, ha dato animo ai congiurati per rovesciare il Sultano Abdul-Aziz-Khan.

Le opinioni sono assai diverse circa il risultato del cambiamento avvenuto.

S. M. n Re dei Belgi, che ieri l'altro mi onorò di una sua visita, mi espresse il pensiero che tutto era per il meglio in quel rivolgimento e non sembrava temere gli eccessi religiosi de' Musulmani, da alcuni paventati. La maggior parte è di avviso che col precedente Sultano le cose non potevano andare più male, e che certamente col nuovo non si starà peggio. Ma molti temono che la Russia non

voglia sì facilmente rinunziare ai risultati di una agitazione che si suppone da essa provocata. Si assicura che le truppe Serbe sono apparecchiate per intervenive in favore degli insorti, e comandate da ufficiali russi. Il <loro gene!'ale capo, russo anch'egli, è stato bensì sconfessato dal suo Governo, e cancellato dai ruoli dell'Esercito Imperiale, ma non si dà gran retta a questa dimostrazione del Governo Russo, e le convinzioni circa alla sua ingerenza rimangono le stesse. E perciò la irritaz,ione contro la Russia è massima in Inghilterra, perché la si considera come il nimico più temibile, sempve intento a minacciare la Gran Bretagna nel suo Impero dell'India, e ad ambire il possesso di Costantinopoli. Si vede di mal occhio che la Francia cerchi a concel"tarsi colla Russia, e si attribuisce al Duca Decazes di lavorare con il Conte Orloff per indurre l'Italia a prestarsi alle loro mire, il primo per rialzare H suo potere alquanto scosso, col dare alla Francia l'occasione di agire all'infuori della Germania, e l'altro per mantenere sempre aperta la quistione dell'Erzegovina. Intanto a Berlino si entra in un sistema di prudente astensione, dopo il rifiuto dell'Inghilterra, ed il rivolgimento di Costantinopoli. Si rimprovera inoltre al Conte Andrassy di essersi abbandonato ad una ·troppo facile immaginazione col credere facile il compito propostosi, ed alla Francia e all'Italia di essersi lasciate trascinare inconsapevoli della responsabilità che desse si assumevano. Questa è la situazione quale si crede a Londra, come mi risulta da div,erse convel'sazioni che io ebbi con parecchi cap~ delle primarie Missioni, ·ed uomini politici del paese.

Rendo ora conto a V. E. della mia conversazione col Conte di Derby. Avendogli domandato cosa egli pensasse della rivoluzione di Palazzo accaduta in Costantinopoli: Egli mi rispose categoricamente presso a poco m questi termini:

• -In primo luogo, diss'Egli, credo che le cose non potevano andare peggio che finora, sotto il precedente Sultano, il quale era un ostacolo ad ogni riforma, e non aveva nessun sentimento d'onestà finanziaria e politica; per cui, comunque avvenga col nuovo Sultano, certamente le cose non staranno più male che col primo. In secondo luogo credo che bisogna aspettare gli atti del nuovo Governo prima di giudicarlo, e crederei un falso e pericoloso sistema quello che si volle seguire finora, di fare pressione sul Governo Ottomano, e di voler, per cosi dire, governare l'Impero con un Consiglio di Diplomatici Esteri. Bisogna lasciare la libertà di azione al nuovo Sultano se si vuole che acquisti influenza morale sopra i suoi sudditi, i quali altrimenti non vedrebbero in lui che uno stromento delle ambizioni straniere •. • -Certamente, visposi io, questa condotta preliminal"e è dettata da una sana prudenza; però non conviene fal'si illusione, qualunque sia da principio la condotta della nuova Amministrazione Turca, le cause di rivoluzione nelle provincie insorte non potranno cessare senza radicali rimedii; in conseguenza bisogna prevedere H caso in cui il Governo Ottomano non potesse ristabilire l'ordine, o volesse per ciò servirsi di mezzi contra:di ai principii della civiltà, ed allora bisogna intendersi sulle cose da proporre per ristabiliire la pace. Il ristabilimento di una pace durevole è il nostro unico desiderio: ci siamo quasi direttamente interessati, imperocchè possiamo considerarci come vicini alle provincie insorte, e non possiamo essere indifferenti al modo con cui si scioglierà l'ardua quistione. Noi desideriamo vivamente di andare in questa contingenza concordi

15 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

coll'Inghilterra, ma bisogna sapere cosa essa vuole, affine di avere una norma per regolarci; finora il Gabinetto Britannico si è astenuto: si ammira la sua prudenza, ma questa astensione non è una soluzione, desidererei dunque sapere dal Conte di Derby se Egli ha ideato qualche progetto di pacificazione per il caso, molto probabile, che il mutamento di Governo a Costantinopoli, non porti con se la pace immediata nelle provincie insorte •.

A questo mio quesito il Conte di Derby non avendo dato risposta esplicita, gli dissi: • Osservo che da qualche tempo i periodici più importanti della Capitale propugnano l'idea dell'autonomia della Bosnia e dell'Erzegovina senza dubbio questi fogli esprimono un pensiero di uomini politici importanti, sarebbe utile fin d'ora sapere se un tal mezzo di pacificazione è accolto dal Ministero Inglese •. • Nulla, Egli mi rispose, posso dire al riguardo; vedo in quel sistema grandi difficoltà; se si dà a quelle provincie la intiera indipendenza, ne avverrà l'eccidio o l'esodo dei Maomettani, i quali non potranno rimanere liberi possessori de' loro beni in presenza di una popolazione cristiana ostile e supeviore di numero. Se invece della indipendenza assoluta, loro si dà un Governo tributario in qualche modo della Turchia, essa sarà sempre costretta ad intervenirvi per mantenere la pace tra le popolazioni a meno che i Musulmani siano spogliati de' loro beni per essere questi trasmessi ai Cristiani, sistema certamente che nessun Governo civile vorrebbe ammettere ed appoggiare •.

Allora, ripigliando la parola, dissi al Conte di Derby: • Eppure se si vuole la pace bisogna occuparsi di questa quistione che l'E.V. ravvisa insolubile, e poichè Ella acconsente che si svolga un poco questo argomento, Ella mi permetterà di esporLe alcune considerazioni •. Svolgendo una carta della Turchia d'Europa, che io aveva portata con me, io indicai al Conte di Derby come la Erzegovina e la Bosnia, sono avviluppate a Nord ed a Ponente dall'Austria, a Levante dalla Servia, e chiusa a Sud dal Montenegro; per cui le rimanenti provincie Turche d'Europa non hanno comunicazione colle precedenti anzidette che mediante una striscia di terra, relativamente stretta, di circa trenta chilometri di lunghezza, per altrettanto di ,larghezza. Questa condizione topografica costituiva una posizione strategica molto sfavorevole della Porta per agire militarmente contro le provincie insorte, imperocchè la sua unica linea di operazione era dominata dai due stati laterali, il Montenegro e la Servia, ambedue di sentimenti ostilissimi alla Turchia. Non si poteva considerare come base di operazione militare il porto di Klek. Ciò essendo finchè le condizioni politiche, economiche e sociali della ErzegoVina e della Bosnia non fossero mutate, la insurvezione vi avrebbe sempre avuto un focolare acceso, alimentato dalle difficoltà strateg~iche, opposte dalla località all'azione delle forze militari Turche.

In quanto alla quistione religiosa, economica e sociale, che era la causa principale della rivolta di quelle provincie, era necessario di affrontare il problema evitando lo spargimento di sangue. Là vi sono due popo,lazioni, ambidue di origine slava, ma l'una convertita al Maomettismo all'epoca della conquista e che trovasi tuttora quasi intieramente proprietaria del suolo, l'altra Cristiana, molto più numerosa, condannata a subire la legge del vincitore Musulmano, e ridotta quasi intieramente al mero proletarismo. Questi due elementi sono necessariamente implacabilmente ostili.

Ebbene, dissi al Conte di Derby, il vostro paese offre un notevole esempio del come si possono sciogliere simili difficoltà. L'Irlanda, pochi anni sono, si trovava in condizioni relativamente analoghe a quelle delle Provincie insorte. Da una parte gran proprietarii protestanti, ordinariamente (per il bene loro) assenti, e dall'altra parte una popolazione Cattolica, agrico,la, proletaria, e vittima deWingordigia degli Agenti dei proprietari assenti. Avete, avuto le insurrezioni; l'esodo del popolo Irlandese sarà notevole nella storia; eppure avete vinto il male; e come? Interessando il proletario al:la proprietà, costringendo i proprietarii a costituire specie di Enfiteusi, le quali senza vulnerare il principio della proprietà assicurano per altro al coltivatore un premio per i suoi sudori, ed un ricovero alla sua famiglia. Ciò essendo, perché non si studierebbe qualche cosa di analogo per la Erzegovina ,e per la Bosnia?

Corroborai queste considerazioni con alcuni altri esempi. Quindi, siccome il Conte di Derby mi domandava quali sistemi di autonomia si potrebbero adottare, ammesso però che la pacificazione sociale interna si potesse operare, io mi limitai ad indicare vari sistemi principiando dal più largo per venire al più ristretto, che si riassumono ne' seguenti:

a) Indipendenza assoluta, come il Montenegro, o quasi assoluta, come la Serbia;

b) Amministrazione indipendente con sovranità della Porta, come sono a modo d'esempio l'Egitto, ed anche le Colonie Britanniche; ,la prima con Capo Ereditario, le altre con Governatori nominati da'l Sovrano;

c) Amministrazione speciale, con Governatore nominato dal Sultano, come nel Libano.

Io mi limitavo a queste indicazioni non essendovi in quel momento l'opportunità di discutere se o quale dei sistemi esposti era applicabile. Avendomi chiesto il Conte di Derby se le idee che io aveva espresse intorno all'autonomia delle provincie insorte fossero anche quelle del mio Governo, io risposi, che H roio Governo non aveva che un pensiero, quello di contribuire a ristabilire la pace turbata, che in quanto ai mezzi da impiegare egli non si era espresso, noh desiderando egli in ciò scostarsi, per quanto possibile, da ciò che avrebbe fatto le altre potenze, e specialmente l'Inghilterra; in quanto alla idea dell'autonomia poc'anzi discussa, io era stato condotto ad esaminarla, atteso che questa entrava anche nelle viste degli uomini politici Inglesi, ma che :liinora io non aveva missione di fare proposte al riguardo: io desideravo anzitutto sapere se il Conte di Derby credeva che questa fosse una delle soluzioni meritevoLi. di essere studiate.

Egli, che aveva seguito tutta la discussione colla massima attenzione, mi rispose che vi avrebbe pensato. Così ebbe termine la nostra conversazione. Resta ben inteso che non pretendo di aver riprodotto testualmente le parole del Conte di Derby, ma ne ho svolto in senso nel modo più esatto consentito dalla mia memoria.

Dopo che io vidi il Conte di Derby seppi che la Franoia propone come mezzo di pacificazione la cessazione per parte della Turchia di un porto al Montenegro. Al Conte di Derby non ripugna questa idea. Ma è chiaro che, se si contenta

momentaneamente il Montenegro, non si scioglie con questo la quistione dell'Erzegovina e della Bosnia: ciò potrebbe tutto al più dare il tempo alla Turchla di tentare in quelle provinde le riforme più essenziali, purché però la insurrezione non continui ad essere alimentata dalla parte della Servia.

Fui informato che il Conte Gontaut Biron è stato invitato a recarsi ad Ems per intendersi col Principe Gortchakow, circa nuove proposte da farsi d'accordo colle cinque Potenze, coll'intento d'indurre anzitutto l'Inghilterra ad aderirvi; fu interpellato il Conte di Derby; ma egli si mantenne in una assoluta riserva.

All'annunzio che gli si diede dell'acclamazione del nuovo Sultano, Egli rispose che vedeva con soddisfazione il mutamento avvenuto. Tuttavia il Governo Inglese non si lascia abbindolare dalle illusioni di un mero ottimismo; egl:i si prepara a tutti gli eventi, imperocchè se l'avvenimento accaduto mette una sosta nelle difficoltà, però non le scioglie.

Come già ebbi più volte occasione di notarlo all'E.V., mentre nel Gabinetto Inglese si crede che altre potenze cercano di fare dell'Italia uno stromento per secondare le proprie mire politiche, questo medesimo Gabinetto ha al contrario un ben più alto concetto del Govevno Italiano come Potenza che ha dato finora prove di grande accorgimento politico, e che in conseguenza può esercitare una notevole influenza nelle cose di Oriente. Se la quistione è la medesima, essa si presenta però sotto nuova faccia e la sosta recata al suo svolgimento dal cambiamento avvenuto in Costantinopoli, mentre scioglie .in certo modo gli impegni che le Potenze avevano preso fra loro, dà campo ad ognuna di svolgere la sua politica in quella direzione che meglio conviene ai proprii interessi.

(l) Non pubblicato.

145

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI (l)

R. 195. Terapia, 2 giugno 1876.

Ieri fu data pubblica e solenne lettura della proclamazione [Hatt] del Sultano ai suoi sudditi per annunziave la sua assunzione al Trono. Per esso Sua Maestà promette una serie di riforme relattve alle finanze, all'amministrazione della giustizia, ed all'istruzione pubblica; rinuncia per conto della Lista civile alla somma annua di 300.000 Lire Turche; abbandona al Tesoro 1e rendite delle miniere di Eraclea ed altre proprietà appartenenti alla Lista civile; e conchlude dichiarando che saranno mantenuti i Trattati in vigore colle Potenze amiche, e coltivati i legami d'amicizia e d'armonia esistenti tra il Governo Imperiale e gli altvi Stati.

Unisco al presente il testo di questo documento (2), nonchè un annesso in cifra...

ALLEGATO.

ANNESSO CIFRATO.

On a fait ici dans ces derniers temps, une guerre acharnée au Général Ignatieff. Les hommes qui sont actuellement au pouvoir l'ont plutòt encouragée-. La position de l'Ambassadeur russe en :face du nouveau Gouvernment est difficile. Il a adopté une attitude de grande rés·erve et méme de froideur. Le Chancelier russe envoie des télégrammes qui dénotent un certain mécontentement de ce qui s'est passé. Il témoigne peu d'empressement de reconnaitre le nouveau Sultan. Tout cela cause ici une certaine inquiétude au sujet de la Russie. L'Ambassadeur d'Angleterre se montre au contraire entièrement satisfait et essaie attirer à lui d'autres Représentants des puissances garantes.

(l) -Ed., in I,V 22, P. 207. (2) -Non si pubblica.
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IL MINISTRO A WASHINGTON, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 40 Washington, 2 giugno 1876 (per. il 24).

La campagna per l'elezione del nuovo Presidente è incominciata. Parecchi sono i candidati dei due partiti, repubblicano e democratico, ma fino ad ora nessun accordo definitivo è intervenuto sovra uno di essi. Per giudicare della probabilità di successo di ciascuno, bisogna attendere il risultato della convenzione di Cincinnati, dove si riuniranno nel corrente del mese i delegati del partito repubblicano, e di auello di Saint Louis, dove più tardi si riuniranno quelli del partito democratico, tanto più che parecchi delegati vi si recano senza precise istruzioni dei loro mandatari ed altri hanno reclamato l'indipendenza del loro voto. Per ora adunque non si tratta che di un lavoro preparatorio, giacché l'elezione del nuovo Presidente non si farà che nell'autunno: il modo poi di procedere alla medesima, è stabilito dall'articolo 2 della Costituzione né occorre che qui venga menzionato. Il nome dell'attuale Presidente non figura nella lista dei candidati del partito repubblicano al quale egli appartiene, ma non è già perché il Grant non lo abbia soddisfatto, o perché durante un'amministrazione di ben tosto otto anni, egli siasi mostrato inferiore alla fiducia in lui riposta; anzi parecchi dei suoi amici sarebbero pronti a sostenerlo, e se non osano è perché tanto ad essi quanto al paese in generale ripugna di romper·e una tradizione stabilita da Washington in poi, che nessun Presidente non fu mai rieletto per un terzo termine. Qui occorre di rammentare inoltre che affine di rimuovere siffatto pericolo, uno dei primi atti della nuova Camera, nella quale il partito democratico è prevalente, fu di votare a grandissima maggioranza una mozione, che non si procederebbe mai in qualsiasi emergenza alla conferma dello stesso Presidente per un terzo termine. Con siffatta mozione i democratici non mirarono soltanto a confermare una tradizione già stabiHta e sulla quale i due partiti s'accordano, ma di più ad infliggeve al momento stesso in cui la nuova Camera si accingeva a dar principio ai suoi lavori parlamentari, un biasimo, un voto di sfiducia all'attuale Presidente, e lui solo :e non altri rimaneva colpito, giacché come è noto qui non esiste la responsabi1ità ministeriale, e degli atti governativi solo è responsabile in faccia al paese ed alla rappresentanza nazionale, il capo eletto dello Stato, il quale sceglie i suoi consiglieri non già nella maggioranza del Parlamento ma nelle schiere dei suoi aderenti, de' suoi amici, o delle persone che egli intende di favorire. È questo forse un vizio dello Statuto fondamentale dell'Unione, ad ogni modo un'abitudine introdotta nelle forme parlamentari di questo paese, che noi non riscontriamo negli Stati costituzionali dell'Europa.

Ammesse siffatte circostanze la lotta che si pvepara offre fin d'ora molto interesse e vale la pena che sia seguita con speciale attenzione. Egli trattasi di due partiti ambidue forti e numerosi che da parecchi anni in quà si cotendono il potere. I repubblicani compatti e d'accordo sovra uno stesso programma che già fece le sue prove, pretendono attribuirsi fin d'oggi una preponderante maggioranza di voti ed a mantenerli in siffatta iiducia contribuisce la vittoria ottenuta pochi mesi or sono negli Stati i più influenti dell'Unione, allorché trattasi dell'elezione dei governatori e di altve cariche importanti; essi poterono infatti non solo tener salda nelle loro mani la direzione dell'Amministrazione di molti Stati, ma in qualche Stato riuscirono ben anco a vitogliere ai democratici il potere del quale per breve tempo ave.vano goduto.

Il partito democratico lavora con auspici meno favorevoli. Esso deve riconquistare un terreno che ha perduto nelle ultime elezioni in alcuni punti dell'Unione la sua influenza è scemata: le sue idee conservatrici in generale non piacciono al paese: non tutto il partito s'accorda sul programma di Siracusa patrocinato dai democratici dello Stato di Nuova-York: la questione monetaria li divide: le accuse, i rimproveri lanciati contro l'immoralità e la corruzione, vera o supposta, dell'attuale amministrazione, non sono pienamente giustificati da certi fatti che sarebbe troppo lungo enumerare e dalla condotta di qualcuno dei loro aderenti, per cui corre facile la domanda se mai giunti essi al potere, saranno proprio gli immacolati, gli uomini senza paura e senza rimprovero, chiamati a moralizzare il paese, e se saranno realmente disposti a dare essi i primi quelle prove di onestà, di abnegazione e di patriottismo che essi deplorano di non trovare nelle file del partito avverso. Di più per mezzo della maggioranza della Camera dei rappresentanti dichiarandosi essi fermi propugnatori del loro programma di volere essi a qualunque costo epurare l'amministrazione di elementi corrotti, e svelare al paese perché le sappia e le condanni, tutte le piaghe della medesima, chiesero ed ottennero durante l'attuale sessione una lunga serie di investigazioni, e può dirsi che non un solo Dipartimento abbia sfuggito ad un sindacato che poco o nullo provò. Il partito avverso attaccato su questo terreno e sortendone quasi incolume, sorse in molti il dubbio che i democratici nella loro manovra più che convinti dell'esistenza reale di dìsordini nella pubblica azienda, più che animati dallo spirito imparziale di moralità, agissero guidati da uno spirito partigiano che in fine dei conti nulla giovò alla loro causa. Ed è per questo che molti fra gli elettori si troveranno perplessi a decidere se valga la pena di sottoporsi a nuove esperienze, di mutar d'uomini senza mutar di sistema e di escludere dal potere coloro che ci arrivarono inaugurandolo col grand'atto della emancipazione degli schiavi.

Nel ragguagliare in poche parole l'E.V. sulla situazione di questi due partiti non intendo omettere qualsiasi opinione sulle probabilità dei loro suecessi nella prossima elezione presidenziale. Lo stato delle cose è per il momento così, ma sarebbe arduo il predire gli avvenimenti se si considera che le forze numeriche dei due partiti sono presso a poco pari, come risulta dallo straordinario concorso degli elettori e si riflette ai mezzi potenti ·e di varia natura ch'essi tengono nelle loro mani per raggiungere il loro scopo.

I candidati del parti-to repubblicano più sostenuti sono: il Signor Blaine, già Presidente della Camera dei Rappresentanti: al principio dell'attuale sessione egli ha dovuto cedere il posto ad un democratico: ora è il leader della frazione republicana alla Camera: il Senatore Morton ed il Senatore Conkling; quest'ultimo è grande ammirator·e ed amico del Presidente Grant che lo sostiene e lo raccomanda ai suoi aderenti come suo successore. A questi s'aggiunga inoltre il Signor Bristow, Segretario delle Finanze, uno dei membri del Gabinetto meno bersagliati dalla stampa partigiana.

Fra i candidati del partito democratico nominerò il generale Tilden, governatore dello Stato di Nuova-York, il Signor Thurman, ed il Senatore Bayard. Ma quest'ultimo appartiene allo Stato di Delaware uno dei più piccoli e dei meno influenti Stati dell'Unione, il che diminuisce alla sua individualità >l'importanza che hanno gli altri candidati.

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IL MINISTRO AGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. CONFIDENZIALE 10. Roma, 3 giugno 1876.

Il Rapporto riservato che V.E. mi ha indirizzato il 26 maggio (l) mi fu regolarmente consegnato ed io le sono particolarmenrte grato delle interessanti notizie in esso contenute tanto intorno alla situazione particolare dell'InghHterra nella presente crisi della quistione orientale, quanto in riguardo alla politica dell'Italia in relazione con quella seguita dal Gabinetto di Londra.

Il Governo del Re (V.E. ne è già informata) si propone anzitu1Jto lo scopo di contribuire, con un'azione diplomatica assai prudente, ad impedire che le velazioni pacifiche esistenti fra tutte le grandi Potenze europee abbiano ad essere poste in pericolo. Sino da quando ·Si formò nei ripetuti conve~ni dei Sovrani la Lega dei tre Imperatori, l'Italia fu informata che quella Lega nulla aveva di esclusivo e che il suo scopo essenzialmente pacif:ico permetteva a tutti gli Stati interessati al mantenimento della pace di aderire alla politica inaugurata dai tre Imperatori. Malgrado le diffidenze che questo importante fatto politico doveva naturalmente suscitare dn alcuni Stati d'Europa, l'esperienza degli ultimi anni ha dimostrato che anche degli accordi puramente negativi possono contribuire potentemente al conseguimento dello scopo sovr'indicato. Quando però si sono affacciate le gravi difficoltà della questione orientale fu ~nerale in tutta Europa U sentimento che l'accordo esistente fra i tre Imperi sarebbe messo a dura prova ogni volta che i tradizionali interessi dell'Austria-Ungheria e della

Russia si sarebbero trovati in opposizione fra loro. Ad impedire che da una situazione assai deLicata nascessero palesi conflitti ha vegliato finora con esito favorevole il Gabinetto di Berlino e l'Italia dal canto suo si è adoperata ad assecondarlo, persuasa di soddisfare, seguendo questa via, all'obbligo suo di tutelare gli interessi che Le sono più cari, quelli c.ioè della pace d'Europa.

Sebbene non impegnata da alcun accordo formale l'Italia si trova moralmente associata alla Lega dei tre Imperatori anche per il fatto delle relazioni ognor più intime che si sono stabilite fra il Nostro Augusto Sovrano e gli Imperatori d'Austria-Ungheria e di Germania nelle visite scambiatesi fra i tre Sovrani. Ma la parte che il Governo italiano ha preso nello svolgimento degli ultimi avvenimenti d'Oriente è ben lungi dall'avere impegnata la sua politica sino ad assumere degli obblighi che potrebbero essere in opposizione diretta con quelle particolari nostre esigenze delle quali dobbiamo tenere conto. Se in una parte della stampa russa fu patrocinato il progetto di una occupazione militare italiana in Bosnia ed in Erzegovina per facilitare la pacificazione di quelle provincie, vuolsi riflettere che quel progetto suggerito probabilmente dal pensiero che simile occupazione non potrebbe essere eseguita con truppe austriache

o russe, non formò mai il soggetto di una proposizione qualsiasi per parte degli altri Govevni a quello di Roma. Coloro stessi che sembravano caldeggiare il progetto non ponevano mente al,la difficoltà che il medesimo avrebbe incontrato nelle disposizioni del Gabinetto di Vienna che segue ognora con una certa diffidenza tutto ciò che può contribuire ad accrescere l'influenza nostra nei paesi dell'Adriatico.

Le poche cose dette fin qui mentre danno a V.E. una pm precisa noz;ione del concetto che dirige la politica del Governo di S.M. nelle presenti congiunture, Le offriranno anche il mezzo di rettificare nelle conversazioni confiden, ziali con gli uomini di Stato inglese molti erronei giudizi che si fanno costì del contegno dell'Italia rispetto alle questioni che si agitano in Oriente.

L'astensione pura e semplice nell'azione diplomatica tendente a dare alle provincie insorte della Turchia una legittima soddisfazione, non sarebbe per l'Italia una politica prudente. Se altri Stati imitassero l'Inghilterra nel ricusarsi a contribuire in quell'azione dalla quale deve aspettarsi il riordinamento delle provincie stesse, non tarderebbero a trovarsi di fronte gli interessi della Russia e quelli dell'Austria-Ungheria senza che dagli altri Gabinetti venga mantenuto fra i medes:ime quell'equilibrio che ha impedito finora che nascessero più gravi difficoltà e complicazioni di cui l'Europa avrebbe a soffrire danni ben maggiori di quelli che già si risentono in molti paesi.

(l) Cfr. n. 131.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 40. Roma, 3 giugno 1876.

Durante il convegno di Berlino giunse in quella città, mandatovi dal Principe Nicola di Montenegro, il Presidente del Senato di quel Principato.

Il Signor Petrovich domandò il giorno 17 maggio di essere ricevuto dall'Ambasciatore di Sua Maestà al quale rimise in quel giorno stesso un memoriale firmato dal Principe e dato in Cettinje 1'8 del:lo stesso mese (nuovo stile).

L'interesse che desta questo documento è tale che io stimo opportuno che

V.S. ne conosca integralmente il testo. A questo fine ne invio a Lei qui unito una copia (l) a titolo strettamente confidenziale.

Il Conte di Launay si limitò molto saviamente a rispondere al Signor Petrovich che il memoriale sarebbe prontamente ,trasmesso al Governo di Sua Maestà e, nel farne l'invio, quell'Ambasciatore del Re mi ha fatto conoscere che una identica comunicazione dovea farsi daH'Inv:iato montenegrino ai rappresentanti delle, altre grandi Potenze.

Dal Gabinetto di Berlino furono date al Signor Petrovich le migliori assicurazioni circa i voti che fa l'Impero Germanico per il Montenegro e per la pronta pacificazione delle provincie ottomane che tanto soffrono dei mali dell'insurrezione. Il Signor de Biilow avrebbe inoltre espresso all'Inviato del Principe Nicola la fiducia che il Governo Imperiale pone nella prudenza e nella saviezza di quel Principe. Non pare però che il Gabinetto tedesco si disponesse a dare al Memoriale di cui si tratta altra risposta che quella verbale e concepita in termini generali che ho sopra indicato.

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IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, LACAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

N. 3088. Roma, 3 giugno 1876 (per. il 4).

Il Signor Prefetto di Roma mi riferisce che il noto Carlo Cafiero partiva nel giorno 30 dello scorso mese di Maggio da questa città, per ritornare nella Svizzera.

Credo opportuno rendere di ciò informata l'E.V.. per le occorrenti partecipazioni ai R.R. Consoli di Ginevra e di Lugano.

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IL VICE PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, CORRENTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, DEPRETIS

T. 474. Parigi, 5 giugno 1876, ore 16,35 (per. ore 18).

Je reviens de chez M. Rothschild. Il s'est montré fort fatigué et contrarié. Il a refusé net d'accepter les propositions de mon ultimatum du 3. Il m'a déclaré qu'ensuite de difficultés nouvelles de la part de l'Autriche, il ne peut,

avec bien de peine, maintenir l'offre des 10 millions. Il a ajouté qu'il lui est arrivé ce matin mème de Rome, de la part d'un personnage influent de notre parti (il n'a pas dit le nom), la recommandation de ne pas toucher à la question du remaniement du tarif, dont le Ministère ne veut pas. Ainsi échoue tout le système que j'avais si laborieusment arrangé. Vos dépèches le confirment. Je devrais partir à l'instant. Cependant, cédant à votre invitation amicale, je resterai jusqu'à demain; mais je considère l'affaire comme tout à fait gatée.

(l) -Non pubblicato. (2) -Questo dispaccio venne inviato in pari data a Londra. Parigi, Pietroburgo e Vienna, con la seguente aggiunta: « Non ho finora saputo se anche il Governo abbia seguito l'esempio della Germania astenendosi cioè dal rispondere direttamente alla comunicazione del Principe Nicola, desidererf'i quindi che con molta circospezione Ella mi procurasse una sicura informazione a tale riguardo ».
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, DEPRETIS, AL VICE PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, CORRENTI, A PARIGI

T. 247. Roma, 5 giugno 1876, ore 23.

Après votre télégramme (l) je crois inutile de continuer négociations avec Rotschild, telle est aussi l'opinion du Conseil. Je désire cependant qu'en prenant congé de lui vous lui exprimiez notre regret de n'avoir pas pu nous entendre; vous ajouterez qu'H nous trouvera toujours disposés à entamer nouvelles négociations dans le but de nous concerter sur le mode d'aider le Société. Je voudrais qu'avant de quitter Paris vous issiez voir les personnes qui nous ont témoigné leur sympathie, en leur faisant comprendre que si nous acceptions offre des dix millions que Rotschild ne parait pas maintenant vouloir maintenir nous serions désapprouvés en Italie par tout le monde.

Je vous télégraphierai de nouveau demain matin. Ne partez donc pas avant d'avoir reçu nouvelle dépèche de moi.

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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 204. Terapia, 6 giugno 1876 (per. il 12).

La situazione politica delle potenze Europee rispetto alla questione d'Oriente, trovasi attualmente in uno stato di sospensione.

Da akuni mesi pendevano negoziati affine di trovar mezzo di comporre le difficoltà in cui versava l'Impero. Fallito il progetto Andrassy, s'era convenuto nel memorandum Gortchakow. L'E.V. conosce la poca fede che io professava nell'efficacia di questo nuovo progetto. Senonché nel momento in cui si stava per darvi corso, sopravvenivano nella capitale dell'Impero gravi fatti che modificavano completamente la situazione delle cose. La caduta di Mahmoud Pacha, l'assunzione al potere degli avversarii della Russia, la deposizione del Sultano, la proclamazione di Mourad V, le manifestazioni liberali del nuovo Governo, creavano un nuovo stato di cose dinnanzi al quale l'Europa non poteva a meno di restare per un momento attonita e perplessa. Ma v'ha di più. L'In

ghilterra aveva rifiutato d'aderire alle proposte di BerLino. Questo rifiurto aveva infuso in alcuni l'idea che il Gabinetto di Londra fosse per inaugurare in Oriente una nuova linea di condotta indipendente da quella degli Imperi, e più favorevole alla Turchia, tanto che fuvvi persino chi interpretò la presenza della flotta Inglese a Bessica come un segno dell'appoggio che quello intendeva dare alla sua nuova politica. E lascio a V.E. di giudicare se tale interpretazione avesse un fondamento di vero. Venne poscia quell'istante d'indugio o di esitazione per parte della Francia. Né più si richiedeva perché ne nascesse senz'altro l'impressione che stavasi ricostituendo l'alleanza delle Potenze Occidentali. Sta di fatto che queste voci son corse in questi giorni per le vie di Costantinopoli, poiché non v'hanno solo dei Turchi, ma eziandio dei Francesi qui residenti che vagheggierebbero l'eventualità in discorso. E jeri l'Ambasciatore di Russia me ne faceva parola mezzo per ischerzo e mezzo sul serio. Delle tendenze della Francia l'E.V. sarà meglio ragguagliata d'altra parte. Debbo tuttavia asserire che nessun atto di questo Ambasciatore della Repubblica venne a dare il menomo fondamento a quella supposizione. Né posso cvedere il Gabinetto di Parigi abbia alcuna idea di prestarsi a siffatta divisione dell'Europa. Un Governo che ha dato tante prove di saggezza non può lasciarsi trascinare ad una politica irta di sì gravi pericoli. Le mie parole ed i miei atti son noti a V.E. Né mi farò mai ad incoraggiare vane illusioni. lo continuo a credere che il nodo della questione non istà tra l'Occidente e l'Oriente, bensì tra la Russia e l'Austria. Finché questi due lmperi rimangono d'accordo, le cose della Turchia continueranno il loro cammino senza produrre gravi complicazioni Europee, poiché non è verosimile che la Germania voglia mettersi colle Potenze Occidentali, con la Francia rtra le altre, contro la Russia ·e l'Austria. Né le Potenze Occidentali vorranno sostenere una lotta contro i tre Imperi uniti. Ne segue che siffatte voci d'alleanza delle Potenze Occidentali non mi sembrano avere alcun fondamento pel presente, né alcuna probabilità di realizzazione per l'avvenire.

Non si può tuttavia a meno di riconoscere che ci troviamo attualmente in una fase di sospensione, •e quello sarà, per seguirne dipenderà in gran pal'te dalla piega che prenderanno le cose della Turchia.

P.S. Al momento di chiudere questo rapporto, mi viene sott'occhio un articolo pubblicato da Phare du Bosphore d'oggi, che unisco al presente (1). Se si considera che la stampa è sottomessa ad una severa censura in questo paese, si comprenderà di leggieri l'impressione che siffatte pubblicazioni non ponno a meno di produrre; e lascio a V.E. di giudicare della loro opportunità.

ANNESSO CIFRATO

Costantinopoli, 6 giugno 1876.

La position du Général Ignatieff ici se fait de jour en jour plus pénible.

Malgré les suspensions des journaux et des condamnations des éditeurs, l'autorité ne réussit pas à réprimer les attaques contre sa personne. Vraisemblablement, des membres du Gouvernement ne sont pas fiì.chés de ce qui passe; n'osant pas s'en prendre directement à la Russie, on fait tomber sur l'Ambassadeur tous les

maux de l'Empire. On l'accuse d'avoir toujours travaillé à miner l'Empire, d'avoir tramé avec Mahmoud Pacha, d'avoir fomenté l'insurrection de la Bulgarie. De tout cela il résulte une modification complète de la situation diplomatique. L'Ambassadeur de Russie, de tout-puissant qu'il éta~it il y a deux mois, se trouve aujourd'hui avoir perdu toute influence. C'est l'Ambassadeur d'Angleterre qui est maintenant le plus écouté. Celui-ci laisse meme entrevoir dans ses conversations intimes l'éventuaLité de l'alliance des puissances occidentales. Reste à savoir comment cette situation sera envisagée à Ems.

(l) Cfr. n. 150.

(l) Non si pubblica.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 86. Pietroburgo, 6 giugno 1876 (per. il 13).

Conformandomi alle istruzioni impartitemi da V.E. col suo telegramma del 3 corrente (l) mi recai il giorno stesso dal Signor Giers per conoscere quali fossero le impressioni del Governo Imperiale di fronte alla caduta del Sultano ed al nuovo aspetto delle cose in Oriente.

S.E. non aveva ricevuto fino a quel momento che notizie telegrafiche sui fatti ed esse concordavano pienamente con quelle comunicatemi dall'E.V.

Mi disse che l'Ambasciatore di Germania l'aveva informato che i rappresentanti delle Corti Imperiali avevano avuto ordine di tenersi intanto in relazioni d'affari con la Porta.

Egli non mi dissimulò che a parer suo la caduta d'Abdoul-Azis poteva esercitare una grande influenza sulla situazione delle cose in Oriente. Ma si mostrò riservato nel definirmi •l'apprezzamento del Gabinetto Imperiale su questi fatti. Attribuisco la riservatezza del Signor Giers con me e con gli altri rappresentanti delle Potenze che gli fecero nel giorno stesso comunicazioni analoghe, al non aver egli per la strettezza del tempo ricevuto ancora istruzioni da Ems. Egli mi promise di portare senza ritardo a notizia del Principe Gortchakoff la comunicazione del R. Governo e ieri mi informò che da quanto gli comunicava il Cancelliere, le formalità pel riconoscimento del Sultano Mourad non tarderanno a compiersi, e il Generale Ignatieff riceverà direttamente istruzioni da Ems e ne informerà il R. Ministro a Costantinopoli.

Mi è ben difficile finora poter bene definire a V.E. quale possa essere l'atteggiamento del Governo russo a Costantinopoli.

La stampa e l'opinione pubblica accolse la caduta d'Abdoul-Azis come foriera di un ordine di cose più energico e si mostra in generale risentita contro l'Inghilterra.

Le persone poi che presero parte all'elevazione del Sultano Mourad sono note per essersi mostrate ostili all'influenza russa in Oriente, e si teme che il nuovo Governo Turco non si mostrerà più così arrendevole come pel passato ai consigli della Russia e dicesi anzi che la situazione del Generale Ignatieff sia talmente scossa dai recenti mutamenti che si pensa al suo richiamo. Non sono però in grado di asserire a V.E. quanto possa essere fondata questa voce.

È fuor di dubbio che la risposta dell'Inghilterra fece poco buona impressione sul Governo Imperiale.

L'ultima frase del dispaccio di Lord Derby, che esprime il desiderio del Governo Britannico di vedere che le Potenze si astengono di ledeve in qualsiasi modo i trattati è riuscita particolarmente sgradita.

L'Ambasciatore di Francia comunicò al Signor Giers le istruzioni date dal Duca Decazes al Conte Bourgoing per felicitare il Sultano Mourad. Il Ministro francese dà a questo passo, che avrebbe potuto essere interpretato male qui, il significato di una mera dimostrazione di cortesia che non pregiudica in nulla l'accordo della Francia con le altre Potenze.

In complesso però da quanto si può inferire finora, il Governo Russo non modificherà la sua politica in Oriente ché anzi si sforzerà a moderare le aspirazioni del partito slavo e ne è prova l'ordine stato dato direttamente da Ems, appena nota l'abdicazione del Sultano, all'Agente Russo a Belgrado di consigliare al Principe Milano la massima energia nel ritenere il suo Governo da ogni avventata risoluzione.

L'Ambasciatore Austro Ungarico mi disse oggi che il Principe Wrede Console Austriaco a Belgrado aveva pure avuto ordine di unirsi all'Agente russo nel consigliare la prudenza al Governo serbo.

Al Principe di Montenegro pure vennero fatti uguali raccomandazioni di mantenersi nella più stretta riserva e moderazione. Non mancherò di tenere informata V.E. il meglio che mi sarà possibile delle deliberazioni del Governo Russo rispetto alle cose d'Oriente.

(l) Non rinvenuto.

154

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 252. Roma, 7 giugno 1876, ore 12.

Je maintiens les instructions déjà données de suivre la majorité des grandes Puissances, dans les actes relatifs à la reconnaissance du nouveau Sultan.

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L'AMBASCIATORE DESTINATO A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 489. Ems, 7 giugno 1876, ore 13,30 (per. ore 19).

L'Empereur m'a reçu aujourd'hui. Il m'a chargé de remercier le Roi et son Gouvernement de s'ètre associé à ,lui dans les efforts que font les puissances pour maintenir la paix en Orient.

Il s'est félicité de la conformité de la conduite du Gouvernement du Roi avec celle de son Gouvernement dès le commencement de la question.

Il m'a dit qu'il attendait avec plaisir la visite de nos princes à Pétersbourg. Il a bien voulu ajouter à l'adresse du nouvel ambassadeur du Roi auprès de sa personne quelques mots trop bienveillants pour etre répétés.

156

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 480. Vienna, 7 giugno 1876 (per. il 10).

Il Presidente del Senato Montenegrino Signor Petrovich di cui è caso nell'ossequiato dispaccio dell'E.V. del 3 corrente mese n. 208 (1), trovasi attualmente a Vienna onde perorare presso il Conte Andrassy la presa in considerazione della tesi svolta nel memoriale del Principe Nicola dell'8 di Maggio. Cortesi parole Egli avrà qui ma nulla più; poiché in sostanza ciò che il Principe del lV!ontenegro vorrebbe, sarebbe che i Turchi uscissero dall'Erzegovina in cui entrerebbe egli in loro vece; idea questa che non ha probabilità di essere accolta né a Vienna né a Pest. Intanto, se le mie informazioni sono esatte, come ho luogo di ritenerle, il Conte Andrassy s'asterrà dal dar riscontro per iscritto al memoriale fattogli pervenire a Berlino dal Principe Nicola, di cui l'E.V. trasmettevami copia col suo succitato dispaccio, trovando bastevole al caso la risposta verbale fatta al Signor Pertrovich press'a poco nei termini stessi che ebbe ad impiegare il Signor di Biilow.

Veramente in questo caso sembrami la massima riserva non sia soverchia, poiché il prendere per iscritto ad esame un simile documento od altro non può servire, a parer mio, se non a dar esca al fuoco che può convenire al Montenegro di veder divampare, ma che all'Austria-Ungheria, come a noi, interessa invece in alto grado si spenga.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1616. Berlino, 7 giugno 1876 (per. il 12)

Il n'a pas été possible de faire visite au Secrétaire d'Etat durant les fetes de la Pentecòte, ni le jour suivant qu'il a passé en grande partie à Potsdam. Je ne l'ai rencontré qu'aujourd'hui.

Dans notre précédente entrevue, il avait émis l'avis qu'avant de reconnaitre le nouveau Sultan, il convenait d'attendre la notification officielle de Souverain à Souverain. Dans l'intervaUe les drogmans des principales Puissances ont complimenté Mourad V, en suite de la Circulaire de Radchid Pacha

aux différents Chefs de· Mission pour leur annoncer l'avènement au tròne. Cette dernière communication a été jugée suffisante pour procéder à la reconnaissance définitive, l'échange des lettres entre Souverains et l'envoi des nouvelles lettres de créance devant rester une affaire de pure forme. C'est aujourd'hui ou demain que les Représentants étrang•ers se prononceront dans ce sens à Constantinople.

Quant à la situation générale, M. de Biilow semblait croire qu'ehle n'aurait pas le caractère de tension que certains journaux lui attribuaient. Il n'était pas à dire pour autant que les conditions de la Turquie fussent rassurantes pour l'avenir. C'était bien l'excès du mal qui avait rendu possible la révolution que vient de s'accomplir. La chute soudaine d'Abdul Aziz, sa fin tragique projettent une ombre de mauvais augure sur le règne de son successeur. L'état déplorable des finances de l'Empire, les vices de l'Administration, l'absence de toute justice sérieuse, le conflit des intérèts, de religion et de race, les préjugés de l'Islamisme constituent de graves dangers qui, s'il pouvaient ètre écartés ne sauraient l'ètre par le seul fait qu'un Sultan détròné est remplacé par un Prince sans expérience. Mais le danger le plus prochain, celui d'un ressentiment entre l'Angleterre et la Russie ne parait pas devoir prendre des proportions inquiétantes. La position de la Russie en Orient ne serait pas compromise par l'attitude récente de la Grande Bretagne, car l'influence du Cabinet de St. Pétersbourg sur les populations chrétiennes et slaves de la Turquie n'est nullement ébranlée. Le Montenegro et la Servie auraient compris, grace, sans doute, aux remonstrances russes, qui mieux valait s'abstenir des mesures irréfléchies. Le fait est que le Prince Milan qui devait entrer en campagne le 5 Juin, a donné contre-ordre.

D'un autre còté, il résulte d'une communication faite aujourd'hui mème par Edhem Pacha, que les Commissaives tures dans la Bosnie et l'Herzégovine ont l'ordre de proclamer une amnistie pleine et entière pour les sujets égarés qui feraient leur soumission dans un délai de six semaines. Leurs griefs devront ètre accueillis avec justice et bienveillance. Durant cet intervalle cesseront toutes opérations militaires, sauf pour ce qui a trait au ravitaillement de Niksich. Ce sont là des indices qu'il n'y a p1us péril imminent en la demeure. En parlant ainsi, M. de Biilow savait probablement déjà le détail suivant qui m'a été confié par un Collègue qui ne voulait pas ètre nommé et qui me priait mème de n'en rien écrire, puisqu'on ne tarderatt pas à recevoir des informations directes à Rome. Dans la matinée M. d'Oubril avait communiqué ici un télégramme du Prince Gortchakow. Son Altesse proposait de présenter portant en substance que les Puissances consentent à suspendre la remise de leur notes identiques, en tant que la Porte fournisse la preuve de la réalisation des réformes promises. Le Prince de Bismarck n'a pas hésité à approuver cette proposition. On ne connaissait pas encore la réponse du Comte Andrasgy.

Il semble qu'une telle déclaration est sage et habile, surtout pour ce qui concerne la Russie. Le Gouvernement Anglais, pour rester conséquent, n'y adhérera pas; mais il serait assez indiqué que 'les cinq autres Puissances n'eussenrt pas l'air de considérer le Mémorandum comme nul et non avenu, lors mème que la Port'e semble vouloir prendre les devants pour en exécuter quelques points dans une certaine mesure. Ce sera un stimulant de plus pour la Porte de prendre au sérieux les ,engagements déjà contractés en suite de la Note du Comte Andrassy du 30 décembre.

En tenant compte de l'ensemble de la situation, il paraìt qu'il va se produire un temps d'arret dans la crise Orientale pour ce qui touche du moins 1'1-UX rapports de 'la diplomatie européenne. Mais la décomposition intérieure de la Turquie suivra son cours, et la Russie guettera le moment de damer le pion à l'Angleterre dont l'antagonisme a traversé ses calculs. Nous avions jusqu'ici à prendre en considération les projets de revanche de la France contre l'Allemagne. Nous avons maintenant en outre la perspective d'une revanche de la Russie contre l'Angleterre, c'est-à-dire un double danger pour la paix du continent. :Ues Cabinets de Paris et de St. Pétersbourg boudent et se recueiHent. Dans ces conjonctures, la combinaison des alliances est appelée à jouer un gran ròle. Je n'ai pas besoin de le signaler è V. E. Sous ce rapport je ne varie pas dans ma manière de voir. Tout bien considéré, l'Italie doit marquer ses préférences pour l'Allemagne. Le plateau de la balance penchera du còté où cette Puissance placera son épée. En attendant, si nous devons continuer à nous employer dans un but de conciliation, la prudence la plus élémentaire prescrit de tenir ses poudres sèches.

A propos de notre assentiment au mémorandum, je lis dans quelques-uns dc nos journaux des critiques qui ne dénotent pas un examen assez approfondi de la question. On fait sonner bien haut le principe inviolable de non intervention comme si dans les rapports pratiques d'Etat à Etat il existait des dogmes, comme si l'exagération des meilleurs principes en politique ne risquait pas de tourner à mal; comme si enfin la position de Puissance garante n'impliquait pas des droits corrélatifs des devoirs. La critique s'exerce notamment sur la dernière partie du memorandum où il s'agit de mesures efficaces. Mais je n'ai pas besoin de rappeler que cette éventualité étant subordonnée à une entente, la liberté d'action n'était pas préjugée par l'expression d'un avis.

L'Empereur Alexandre prolongeant de huit jours sa cure à Ems, l'Empereur Gui1laume ne s'y rendra que la semaine prochaine. En attendant, le Prince de Bismarck est revenu du Lauenbourg plus tot qu'on ne croyait. Sa Majesté aura voulu se concerter avec son Chancelier sur le langage à tenir au Tsar et au Prince Gortchakow.

(l) Cfr. pag. 177, nota 2.

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IL MINISTRO A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. RR. 33/13. Londra, 7 giugno 1876 (per. il 12).

Ieri sera giunse ii R. Corriere di Gabinetto, Signor Signoroni, che mi consegnò tutti i dispacci di V. E. e per mezzo del quale trasmetto questo mio rapporto, quello dell'Addetto Militare, Conte Canevaro, Capitano di Fl'egata. diretto a S. E. il Ministro della Marina, e gli altri documenti destinati a codesto Ministero.

Tostochè io ebbi presa conoscenza dei dispacci di V. E., pregai il Colllte di Derby di concedermi akuni momenti di conversazione, e quest'oggi mi recai al convegno che Egli si compiacque di fissarmi immediatamente.

Anzi tutto debbo dire a V. E. che i di Lei dispacci giunsero molto a proposito, al momento in cui, q_uesta mattina, lo Standard pubblicava un articolo, moito vivo, relativo all'Italia in risposta all'articolo del Diritto già telegraficamente segnalato dagli altri giornali di Londra, e che aveva per oggetto la enumerazione delle nostre forze militari, e la politica estera del nostro Governo. E' opinione generale in Inghilterra che lo Standard è organo del Gabinetto, di cui difende la politica, e l'articolo anzi accennato sarà certamente attribuito dal pubblico ad una fonte ufficiale, quantunQue ciò possa non essere vero, e produrrà senza dubbio una certa impressione nel Paese. Credo mio dovere di mandarne qui unita una traduzione all'E.V. benché desso contenga vari apprezzamenti inesatti, e poco benevoli, sugli uomini e le cose nostre, apprezzamenti che io spero di avere modificati nella mente del Conte di Derby, ove mai si fossero allignati. Il Conte di Derby d'altronde mi dichiarava che il Ministero non aveva giornali suoi, e che all'articolo di cui si tratta anziché attribuire un'origine semi ufficiale, era d'uopo non \"edervi che una elocubrazione di giornalista, alla quale non conveniva dare una esagerata importanza.

Comunque sia io feci conoscere al Conte di Derby la parte del dispaccio

N. 10 di V. E. (l) dalla quale emerge al politica pacifica, prudente ed indipendente del nostro Gabinetto, notando che al pari dell'articolo dello Standard quello del Diritto non aveva origine ufficiale; e che nella comunicazione che vi si faceva delle nostre forze non si dov,eva scorgere che il desidedo di far vedere che noi abbiamo i mezzi di far rispettare la nostra indipendenza, ed anche di esercitare un certo peso neLle cose del mondo; e che inoltre non ci lasciamo trascinare al rimorchio di nessuno, come a taluni aveva potuto sembrare; ma che abbiamo finora agito liberamente nell'interesse della pace, che è il nostro grande e principale desiderio. La notizia propagata che l'Italia avrebbe occupato le provincie insorte, venne ridotta, anche agli occhi del Conte di Derby alla proporzione di un semplice Ballon d'essai.

Mi era stato asserito che l'Austria, per mezzo del Conte di Beust av,eva fatto delle aperture al Gabinetto Inglese, chiamando il suo concorso per indurre la Servia a smettere l'atteggiamento ostile che aveva tenuto finora contro la Turchia. Il fatto mi fu confermato dal Conte di Derby stesso il quale ieri a\"eva veduto il Conte di Beust. Il Conte di Derby mi assicurò che l'Inghi<lterra si sarebbe associata a tutti i passi che dalle altre Potenze si sarebbero fatti in quel senso: mi disse che la Russia stessa aveva aderito a simile invito, ma però lasciò trapelare assai il dubbio che Quella Potenza desideri molto che i consigli pacifici siano seguiti dalla Servia. E' bensì vero che il Generale Russo che comanda l'esercito serbo, è stato sconfessato dal suo Governo; che Egli stesso dichiara attualmente che il suo esercito non è ancora pronto per entrar,e in campagna, ciò che egli avrebbe dovuto sapere prima; ma si sospetta sempre che per parte della Serbia l'azione militave

16 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

sarebbe tutt'al più differita, quantunque il Principe Milano si sia recato a premura di fare atto di sottomessa adesione al nuovo Sultano. Nella sua conversazione il Conte di Derby confermò intieramente gli apprezzamenti che io aveva rassegnato a V. E. in un mio precedente rapporto,

N. 8, serie Politica (1), circa i motivi dirigenti dell'Inghilterra nella vertente quistione: uno di questi è la necessità, per essa, di avere riguardo alle numerose sue popolazioni Maomettane delle Indie, che considerano il Sultano come il loro Capo religioso, e nelle quali si susciterebbe una pericolosa irritazione ove la Gran Bretagna stessa facesse atti che potessero inerpretarsi come ostili alla Turchia; un altro motivo sta nella indispensabilità di assicurarsi la comunicazione colle Indie per la via del Mediterraneo. Queste due idee sono, per così dire, incarnate nella mente del popolo Inglese, tutto ciò che il suo Governo farà per mantenerle illese, sarà fortemente approvato e sostenuto dalla Nazione.

Intanto, come già altre volte ebbi l'onore di scriverlo a V. E., quantunque le apparenze di oggidì siano più per la pace che per la guerra, l'Inghilterra non tralascia di spingere i suoi armamenti con una febbrile atUvità. Nei circoli militari non mancano i piani di campagna nel Mediterraneo; la flotta Turca, montata da equipaggi Inglesi, riunita alla flotta Britannica; la occupazione con 20 mila uomini di Alessandria d'Egitto; la occupazione de' principali porti della Sicilia, per poco che l'Italia non si mostri favorevole all'Inghilterra. Questi non saranno forse per ora che progetti fantastici: ma è certo che l'Inghilterra si tiene pronta ad eseguirli ad un momento dato, come anche ad agire senza pietà contro le marine sia mercantili che da guerra delle Potenze che le sarebbero ostili. In questa ultima ipotesi, l'azione principale in caso di guerra dovendo aver luogo nel Mediterraneo, l'Italia sarebbe la prima a provare gli effetti di tali disposizioni. Pregherei l'E. V. di farsi comunicare dal suo Collega il Ministro della Mar,1na il rapporto del Conte Canevaro, del quale egli volle darmi lettura; l'E. V. scorgerà che le cose che si vedono in Inghilterra hanno prodotto sul suo spirito la medesima impressione che sul mio: essendo continuamente in relazione coll'elemento militare. Eglii è più di me in grado di dare informazioni sui preparativi guerreschi che si vanno compiendo, epperciò me ne rimetto alle cose esposte nel suo rapporto.

In questi giorni il tempo corre veloce e la situazione muta da un momento all'altro.

A quella intesa, che poco tempo fa si credeva così assoluta fra i tre Imperatori, succede, da quanto si dice dagli uomini meglio informati, un disaccordo manifesto. L'Austria prende l'iniziativa per spegnere il fuoco acceso alle sue porte; la Germania sta ora fredda verso le premure della Russia; la Francia che si accorge di aver fatto falsa strada tanto in Egitto che nel rimanente della quistione Turca, cerca, esitando sulla via da seguire, a riacquistare un'influenza in Oriente.

Si parla di nuovo del Trattato Segre,to che Sir Bartle Frère, che accompagnò il Principe di Galles nelle Indie, avrebbe fatto col Kedive, per assicu

rargli la indipendenza nel caso dello sfasciamento dell'Impero Turco, purché però acconsentisse a lasciar tenere in Egitto una guarnigione di venti mila uomini di truppa inglese, come già ne informava codesto Ministero il Cav. de Ma11tino con suo rapporto delli 29 Novembre 1875 (1).

Tutti questi indizii se da una parte danno qualche speranza di pace, non fanno rinascere la fiducia nell'avvenire, e qui, in Inghilterra, la opinione tende a pronunziarsi per una guerra immediata anziché mantenere per qualche tempo ancora questo stato di incertezza. Ove la guerra scoppiasse si crede che la lotta sarebbe tra la Russia da una par·te, e dall'altra coll'Inghilterra, che sarebbe probabilmente sussidiata dalla azione della Turchia, ove questa avesse ancora vita.

Queste sono opinioni che hanno corso in questo paese; le rassegno alla

E. V. affinché Essa sia informata dello stato delle cose.

Dai discorsi dei Ministri, e specialmente dal Conte di Derby, non si possono ottenere molte confidenze; ma siccome l'opinione pubblica ha grande influenza, chè dessa precede talvolta l'azione del Governo, ed è anche talvolta da esso promossa; è necessario di seguirla e di tenerne il debito conto.

Ad ogni modo per rendersi intieramente ragione del contegno dell'Inghilterra nelle quistione delle provincie insorte, bisogna anche avere riguardo al carattere generale di quella Nazione. Essa in politica non procede sotto l'impulso nè del sentimentalismo, nè delle teorie astratte, ma essa è bensì guidata da un positivismo alquanto assoluto che esclude tutto ciò che non è necessario al suo scopo. Epperciò essa lascia che le popolazioni delle provincie insorte se l'aggiustino fra di loro, senza troppo inqu1etarsi di chi la v;incerà, purché altri non venga ad immischiarsi nella querela, e purché il risultato finale di essa non porti un perturbamento ne' suoi interessi.

D'aHronde in Inghilterra si cDede che le cause del malcontento siano alquanto fittizie, od almeno esagerate, e che il giorno in cui gli insorti sapranno di non essere altrimenti sostenuti da aiuti esteri, tut·to rientrerà nell'ordine. Essa lascierà adunQue le cose andare da loro, finché i suoi interessi in Oriente non ne saranno minacciati.

Il dispaccio N. 11 di V. E. (2), relativo agli affari d'Egitto, dovrebbe forse fare oggetto di un mio rapporto speciale; ma siccome la quistione si rannoda in gran parte alle considerazioni esposte precedentemente, credo che non sarà inopportuno che io tratti in questo medesimo rapporto dell'argomento in quistione, sul quale si volse una parte della mia conversazione col Conte di Derby.

An~i tutto io gli esposi quale fosse la situazione del Commissariato Scialoja in Egitto, e ciò era tanto più necessario in quantoche erano state presso alcuni travisate le intenzioni del nostro Governo rispetto alla permanenza in Egitto di quell'illustre nostro concittadino. Esposi al Conte di Derby la causa primaria del viaggio in Egitto del Commissario Scialoja, determinato dalla sua mal jjerma salute, che necessitava per lui un clima più dotlce di quella d'Italia. Accennai come la fiducia che aveva acQuistata presso il Kedive derivava dal suo seducente

ingegno, dalle sue vaste cognizioni e pratica nelle cose di Governo; per cui era naturale che Egli fosse stato consultato, e che i suoi consigli fossero stati graditi per il riordinamento dell'Amministrazione finanziaria d'Egitto; dissi che il nostro Governo aveva consentito a che prestasse per qualche tempo il suo aiuto al Kedive per l'ordinamento delle sue finanze, che l'Italia visto il gran numero dei nostri nazionali stabiliti in Egitto, aveva interesse grandissimo a vedere ristaurate; che il Commendator Scialoja non percepiva stipendio di sorta, per cui Egli poteva continuare a figurare fra gli alti funzionari dello Stato, senza che la sua temporada permanenza in Egitto vi ostasse. La posizione del Commendator Scia:loja, in tal modo definita, è ben diversa da quella che voleva prendere il Signor Rivers-Wilson, quando chiedeva di entrare al servizio del Kedive.

Esposi al Conte di Derby che se in Egitto non abbiamo seguito il sistema di astensione dell'Inghilterra, ciò non fu per secondare le idee o l'influenza della Francia, ma bensì per ottemperare ai desiderii dei nostri nazionali, che avrebbero veduto di mal occhio che il loro Governo si fosse astenuto.

Venendo poscia aHe considerazioni accennate nel dispaccio di V. E., io esposi al Conte di Derby le difficoltà che s'incontravano in Egitto per il funzionamento vegolare del nostro sistema amministrativo, e come fosse dell'interesse della Gran Bretagna di venire, coi suoi consigli almeno, in aiuto all'Italia, per promuovere l'ordine nel Governo Egiziano, imperocché la maggior parte del Debito Egiziano, essendo in mano degli Inglesi, ogni miglioramento introdotto nelle finanze dello Sta•to Egiziano tornava a principale vantaggio diretto dell'Inghilterra. Accennai agli aumenti che si possono ottenere nelle entrate Egiziane, mentre io notavo come i calcoli del Signor Cave fossero stati fallaci, ed attinti a sorgenti non sicure. Il Conte di Derby, confessò che i calcoli del Signor Cave erano erronei non per causa sua, ma per effetto delle informazioni incomplete che gli erano state somministrate. Ed in fatto il debito che Egli calcolava di circa

60.000.000 si trovò anzi ammontare a 91.000.000. Il Conte di Derby mi disse che si sta ristampando il rapporto del Signor Cave coi documenti a corredo.

In quanto alle finanze dell'Egitto Egli disse che le imposte erano male ripartite, che alcune erano talmente gravose da rendere la cultura di terreni impossibile; che si potrebbe ottenere con un più equo riparto delle medesime un miglioramento nelle finanz·e; ma che, tutto valutato, sarebbe sempre necessario di diminuirne il totale importo anzi che aumentarlo.

In seguito alla mia insistenza Egli aggiunse che il Governo Inglese avrebbe volentieri concorso con noi a consigliare il Kedive a meglio amministrare, a non percepire direttamente dai suoi Pacha il prodotto delLe imposte che dovrebbe essere versato nelle casse amministrative dalla Commissione recentemente creata; ma che tutto ciò sarebbe inutile; che il Kedive non acconsentirà mai a recedere dalle sue abitudini, e che è da aspettarsi che desso farà una bancarotta non compìeta come quella della Turchia; ma che si dovrà ridurre il debito Egiziano alla metà, e certo a non più dei due terzi dell'attuale.

Quando le cose saranno ridotte a questo estremo allora si potrà pensare a consigliare efficacemente il Kedive; ma prima sarebbe cosa superflua; tanto meno ora che si è voluto nello interesse del debito fluttuante, quasi tutto in mano

dei Francesi, portare l'interesse al 7 per cento, e che in avvenire si dovrà diminuire ancora quello :interesse per effetto della cattiva amministrazione.

La poca bona volontà del Gabine•tto Inglese a secondare il nostro Governo per il riordinamento della finanza Egiziana si spiega per le caus'e seguenti: si c:-ede nella • City » che una parte del Debito Egiziano è fittizio e che 20.000.000 figurano in più, per emettere delle azioni; si crede che l'interesse del debito sarebbe stato per qualche tempo in parte pagato colla somma proveniente dalla vendita di quelle azioni in eccedenza; per cui il « Credit Foncier • di Francia, che aveva a suo carico la massima parte del debito fluttuante Egizio, ora accomunato col Debito consolidato, sperava di poter smaltire i suoi titoli Egiziani con vantaggio, salvo a !asciarli poi deperire in mani degli incauti compratori che li avessero acquistati. In sostanza colla conversione eseguita del Debito Egiziano si fece un giuoco di borsa, di cui si addossa (senza dubbio ingiustamente) una parte della responsabilità al Governo Francese. Il giuoco non tardò ad essere sventato a Londra, ed io credo che in questo momento il « Credit Foncier » si trovi a mal partito per effetto della combinazione stessa che Egli sperava dover essere il suo salvamento. Tutto questo raggiro produsse in questa città un pessimo effetto; ne sentii parlare con molto risentimento, da uno dei membri più influenti del Parlamento, e non v'è da meravigliare se ciò abbia destato particolare diffidenza nel Ministero Inglese.

L'altra causa deriva dal contegno in Egitto della Francia, la quale ha sempre voluto mischiarvi la quistione politica colla quistione finanziaria. Sulla quistione politica in Egitto l'Inghilterra non transige, e non ammette a nessun patto che ivi gli si contenda il terreno. Siccome parve che la Francia volesse riacquistare in Egitto l'influenza che dessa pretende esercitare in Oriente, ciò solo bastava perché l'Inghilterra osteggiasse qualsiasi proposta della Francia tendente anche semplicemente a migliorare le condizioni economiche di quel Paese. Uno dei diplomatici più arguti attualmente a Londra mi diceva non ha guari:

• Più le cose andranno male in Egitto, più ne sarà soddisfatto il Gabinetto inglese, il quale spera che in fine dei conti spetterà all'Inghilterra di accomodare le cose in modo che nessuno all'infuori di essa, abbia nulla a vedere nel Governo dell'Egitto •.

Dalle cose esposte rispetto all'Egitto mi pare che si possono trarre rispetto all'Italia le seguenti conclusioni: a) se si ha il sospetto che noi secondiamo direttamente od indirettamente la Francia o qualsiasi altra potenza che abbia delle aspirazioni politiche intorno all'Egitto, avremo l'Inghilterra ostile; b) se ci limitiamo ad occuparci da noi soli dei nostri interessi economici, senza alcuna tendenza politica l'Inghilterra starà indifferente, purché i suoi interessi finanziari rimangano illesi; c) se anzi ci mostriamo condiscendenti alla politica dell'Inghilterra in Egitto, la troveremo amica e pronta a secondare i nostri interessi economici al pari dei suoi.

In questo momento l'Inghilterra trovasi in uno stato di orgasmo che la rende diffidente assai, pare che dica: Chi non è con me, è contro di me; per cui difficilmente essa si arrende ai consigli altrui. Non c'è da sperare che dessa receda dalla via che ha fin ora seguito, e che corrisponde ai suoi interessi diretti, che è disposta a difendere con tutta la potenza di cui dispone

Quale sarà l'esito della crisi attuale non sono in grado di profetizzarlo. Se sarà la pace molti ne saranno soddisfatti purché la pace sia durevole; se anzi la guerra emerge dalle complicazioni in cui si trova la Turchia, una cosa sola è certa, ed è che il teatro principale delle ostilità sarà il Mediterraneo, dove l'Inghilterra fin d'ora concentra le sue forze; che chi si mostrerà a lei favorevole avrà in essa una potente e fedele amica; chi al contrario le sarà ostile troverà nella medesima una formidabile ed implacabile nemica.

Ho esposto a V. E. le mie impressioni colla medesima franchezza e con tutta riserbatezza, per cui non credo che sarebbe prudente di consegnare tutti questi rapporti, neppure parte dei precedenti, nelle corrispondenze autografate che si trasmettono alle varie Legazioni.

(l) Cfr. n. 147.

(l) Cfr. n. 131.

(l) -Cfr. Serie Il, vol. VI, n. 480. (2) -Non pubblicato.
159

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, DEPRETIS, AL VICE PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, CORRENTI, A PARIGI

T. 258. Roma, 8 giugno 1876, ore 23,55.

Le Conseil des ministres a accepté ma proposition, veuillez donc présenter à M. de Rotschild la combination suivante: • l) Se désaisissant, aux termes de la convention de Bale, de ses droits de concession et de possession sur le réseau de le haute ltalie, la Société des chemins de fer de la haute Italie et de l'Autriche méridionale continue à titre de bail l'exercice du réseau racheté. 2) Le bai! a la durée de deux années, sauf, pour le Gouvernement du Roi le faculté de le realiser de six en six mois, moyennant avis donné six mois à l'avance. 3) La Société pa)"e au Gouvernement une redevance annuelle de 33 millions de francs. 4) Les tarifs restent tels quels. Dans le cas où le Gouv·ernement se déciderait plus tard à remanier les tarifs sur la base du projet élaboré en 1875 par la compagnie, la redevance serait portée de 33 à 38 millions. 5) En sus des frais ordinaires d'exploi.tation, qui seront réglés sur la moyenne de trois exercices 1872, 73, 74, la Société met à la disposi,tion du Gouvernement la somme de treize millions et demi pour etre dépensée en travaux, achats de matériel ou tout autre emploi quelconque au gré du Gouvernement. 6) Le régime actuel est maintenu pour les lignes non comprises dans le rachat. 7) Un échange de déclarations entre le Gouvernement et la maison de Rotschild réglera les facilités convenues désormais au sujet des paiments à faire en vertu des articles cinq et six de :la convention de Bale •.

Vous etez autorisé à signer le compromis sur ces bases, et je vous autorise mème en cas de nécessité absolue à descendre de chiffre de 13 millions et demi à un chiffre inférieur restanrt bien entendu toujours au dessus de 10 millions. Veuillez me télégraphier avis immédiat de la signature ,et partir si possible aussitòt après pour Rome. La convention formelle devant ètre signée à Rome il faut que M. de Rortschild envoye avec vous une personne munie à cette fin de ses pleins pouvoirs. J'ai du pour vaincre l'opposition de mes collègues faire valoir devant le conseil les considérations politiques et de convenance

générale qui au prix meme de sacrifices considérables nous poussent à une solution de cette question. J'espère que M. de Rotschild voudra bien rtenir compte à son tour, dans la détermination définitive du chiffre (article 5 du compromis) ainsi que dans les arrangements de détail, de notre bonne volonté et surtout de la situation délicate et meme dangereuse que crée pour ma personne l'attitude que j'ai prise dans cette affaire envers mon parti et envers mes collègues.

160

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 2668. Roma, 8 giugno 1876 (per. l' 11).

S. E. il Ministro degli affari esteri di Francia mi parlò jeri, in un'udienza ufficiale, con molta emozione delle manifestazioni concernenti la rivendicazione di Nizza, aHe quali diedero luogo le feste dell'anniversario della battaglia di Legnano. Il Signor Duca Decazes mi disse che già aveva incaricato il Marchese di Noailles di tenerne discorso all'E. V. ed invitò me pu11e a non !asciarle ignorare l'impressione dolorosa che quelle manifestazioni avevano prodotto sull'animo del Governo francese, ,e che fu tanto più profonda inquantoché la presenza delle RR. Autorità pareva rendere meno insignificanrbi i fatti avvenuti.

Risposi a S. E. che le dimostrazioni di cui si querelava furono evidentemente opera di pochi individui e tali come dovunque possono improvvisamente prodursi, senza che possa incomberne una risponsabil.ità qualsiasi ad altri che agli attori stessi; che avrei tuttavia riferito senza indugio le sue osservazioni all'E. V. ma che già da ora io credeva potermi rendere interprete della disapprovazione e del rincrescimento di Lei, salvo sempr'e che le cose stiano come furono narrate.

161

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 1617. Berlino, 9 giugno 1876 (per. il 14).

Le Prince de Bismark ne s'expliquait pas que l'opinion pubHque éprouvàt, dans la phase actuelle des affaire,s d'Orient, une si grande alarme pour le maintien de la paix générale. Le brusque soubresaut de la politique anglaise est du en partie au désir de Mr. Disraeli de se refaire une popularité qui a été ebranlée par le mauvais effet produit par le bill du Htre d'Impératrice des Indes. Mais le Cabinet de Londres ne s'aventurera pas à la légère dans une action belliqueuse, parce qu'il doi,t avoir la convinction que le Cabinet de Berlin n'entrera pas dans une aUiance contre la Russie. Celle-ci se gardera bien de son cOté d'agir isolément contre la Turquie. L'Empereur Alexandre ne veut point de guerre. Le prince Gortchacow aurait conseillé des mesures énergiques pour réparer l'échec qu'à ses yeux l'ascendant de la Russie venait de subir à Constantinople. Par trois fois il est venu à la charge, mais il a àiì céder devant la ferme résolution du Tsar de ne pas le suivre dans cette voie.

Quant à l'Autriche, o n veut à Berlin comme à St. Pétersbourg, la ménager (schonen) pour que ses intéréts ne soient pas trop directement lésés dans toute combinaison qui pourrait étre mise sur le tapis. C'est surtout la personne du Comte Andrassy qu'il importe de ne pas mettre en cause, car un écart trop sensible de la politique qu'il a soutenue jusqu'ic~i pourrait entraìner sa retraite et compromettre les rapports de confiance qui ex,istent avec le Cabinet Austro-Hongrois.

Le Chancelier Allemand ne doutait pas que l'entente s'établirait entre les trois Cours Impériales et avec les autres Cabinets y compris méme l'Angleterre sur le langage à tenir à Costantinople. Le but est le méme pour tous. Il est indiqué dans le mémorandum de Berlin; il n'y a divergence de la part du Gouvernement Anglais sur le moyens à adopter. On finira par s'entendre. Il émane déjà de Londres une proposition pour accorder une certaine autonomie aux Provinces insurgées. L'Italie, l'Allemagne, la Russie et la France ne combattront pas cette idée. Il resterait à obtenir l'assentiment de l'Autriche. Il y a là une base pour se concerter et pour faciliter un rapprochement auquel le Cabinet de Berlin voue toute son influence. On aurait aussi suggéré une conférence. Le Gouvernement allemand se montre peu enclin à une semblable réunion qui offrirait plus d'un inconvénient. Dans tous les cas, le Prince de Bismarck s'abstiendrait d'y prendre part en personne. Au reste on ne tardera pas à etre fixé sur la marche à suivre, et Son Altesse espérait partir dès le 12 Juin pour se rendre aux bains de Kissingen. A son avis, la paix européenne, dans de semblables conjonctures, ne courait aucun danger sédeux. Relativement à la question d'Orient proprement dite, on n'avait pas la prétention de 1;rancher le noeud de toutes les complications. de ~toutes les difficultés de cette question. Mais c'était déjà beaucoup que de gagner du temJ;>s au moins jusqu'à automne.

Telles ont été les considérations émises par le Prince de Bismarck dans un entretien qu'il a eu hier avec une des rares personnes qu'il admet dans son intimité. Cette méme personne ajoutai-t que Mr. de Btilow était moins ra~suré sur la situation.

Le point essentiel qui résulte du langage du Chancelier, c'est que le Cabinet de Berlin ne songe aucunement, dans les conditions présentes des choses, à se prononcer contre la Russie qui lui a été fidèle dans 1la guerre de 1870, et qu'il a proclamée la meilleure arnie de l'Empire et du peuple allemand. D'ailleurs si l'Allemagne se séparait de la Russie, la France s'en rapprocherait immédiatement et ne reculerait devant aucun effort pour profiter d'une telle alliance contre l'Allemagne.

Mr. de Biilow ne m'a pas encore soufflé mot sur la proposition russe (dépéche N. 1616) (1), ni sur les ouvertures de l'Angleterre. Je tacherai demain de le faire parler.

\1) Cfr. n. 157.

Lord Odo Russell pour expliquer l'attitude de son Gouvernement, laquelle a été pour ce diplomate aussi une surprise, suppose qu'on doit avoir à Londres des preuves que la Russie était résolue à franchir le Rubicon. Je sais d'autre part que le Cabinet Anglais a été désagréablement impressionné par le déploiement des forces navales de l'Allemagne après les évènements de Salonique. D'un autre còté on s'est livré ici à bien des commentaires sur l'excursion des Lords de l'Amirauté à bord de l'Enchantres à Wilhelmshaven, à Hambourg et à Kiel.

162

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

(Carte Robilant)

L.P. Vienna, 9 giugno 1876.

Leggo in alcuni giornali che le LL. AA. RR. il Principe Umberto e la Principessa Marghe-rita, nell'andare a Pietroburgo o più probabilmente nel ritornarne, passerebbero da Vienna. Non avendo fin qui ricevuto cenno di sorta in proposito dal R. Governo, mi permetto chiedere all'E. V. qual fondamento abbi una tal notizia, ed in attesa del r:iscontro che Le piacerà farmi al riguardo anche per norma del linguaggio che dovrò tenere qui se sarò interpellato, mi permetto sottoporle in proposito alcune considerazioni.

La prima ipotesi ch'io ebbi a fare ·leggendo quella notizia si fu: che la Corte Imperiale a mezzo del Conte Wimpffen abbia fatto manifestare a Sua Maestà il desiderio di ricevere la visita delle Loro Altezze Reali neU'occasione in cui dovranno probabilmente toccare il territorio Austriaco nel loro viaggio a o da Pietroburgo. Se ciò ebbe a verificarsi, non ho d'uopo di dire che troverei sommamente conveniente ed opportuno che i Reali principi accettassero quell'invito. Ove invece l'iniziativa della visita dovesse venire da parte nostra, confesso che non troverei del pari l'opportunità di compiere un simile atto di cortesia, e ciò in base alle varie seguenti ragioni.

l) Circostanze diverse che è inutile ripetere qui e che d'altronde ho già avuto occasione di segnalare all'E. V. farebbero sì, che l'accoglienza che i Reali Principi troverebbero in questo momento alla Co:rte di Vienna potrebbe riuscire alquanto fredda.

2) S. M. l'Imperatrice che si trova a Ischl stando ai progetti fin qui conosciuti, non tornerebbe a Vienna durante tutta l'estate, e quindi probabilmene non vi si troverebbe per ricevervi S. A. R. la Principessa Margherita, circostanza questa che a motivo degl'antecedenti già ver·ificatisi farebbe cattiva impressione.

3) Conviene non perder di vista che se S. M. l'Imperatore restituì a Venezia la visita fattagli a Vienna dell'Augusto Nostro Sovrano, nessun membro della Casa Imperiale ebbe a restituire quella fatta l'anno scorso dal Principe Umberto in occasione della morte dell'Imperatore Ferdinando, anzi si è dovuto constatare che tutti gli Arciduchi i quali ebbero a transitare per l'Italia fino a questi ultimi tempi sempre evitarono con molta cura qualsiasi incontro coi membri della Real Famiglia.

Evidentemente non conviene dare a tutto ciò maggior peso di quanto ne comporti, le buone relazioni fra i due Stati sono la conseguenza degl'interessi ben intesi dei due Paesi, ed i due Governi a mezzo dei rispettivi Rappresellltanti sono persuaso continueranno a studiarsi di mantenerli e vi riusciranno, a malgrado i piccoli attriti inevitabili fra due Stati vicini che precisamente hanno troppi interessi comuni. Parmi però, che nelle 11elazioni fra le Corti si abbia a procedere con tutta la voluta cautela, onde la dignità della Corona non ne venga menomata, e siano così evitate quelle anche lievi omissioni negl'alti riguardi che Le sono dovuti, poiché altrimenti s'arrischierebbe di raggiungere un effetto contrario a quello che si vorrebbe ottenere.

Tutto ciò premesso, devo dire che io non troverei osservazioni da fare acché i Reali Principi ancorché non invitati venissero a Vienna nella ventura estate, ben inteso che in tal ipotesi a parer mio il loro soggiorno a Vienna dovrebbe rivestire un carattere del tutto privato. La maggior parte del seguito dovrebbe lasciare i Principi al confine ,e le loro Altezze Reali prendere alloggio in un Albergo, declinando l'offerta che potesse loro venir fatta di alloggiare al Palazzo Imperiale e di vaLersi di carrozze di Corte.

S. A. R. il Principe Umberto andrebbe naturalmente a far visita all'Imperatore che evidentemente inviterebbe le Loro Altezze Reali a pranzo e farebbe Loro anche non ne dubito altre cortesie, ma con tutto ciò quel soggiorno nella capitale Austriaca conserverebbe quel carattere privato, mercé il quale le considerazioni da me più sopra esposte perderebbero della loro importanza.

Ho creduto dover mio esporre con tutta franchezza all'E. V. questi miei apprezzamenti, ma ho d'uopo d'aggiungere che se Sua Maestà credesse prendere una determinazione diversa da quella da me suggerita, mi adopererei con ogni miglior mezzo onde i Reali Principi trovino qui quell'accoglienza che è Loro dovuta.

163

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 46. Roma, 10 giugno 1876.

Aggiungo alcuna maggiore spiegazione a ciò che già Le scrissi col mio

telegramma del 6 di questo mese (1).

Il Conte di Wimpffen mi aveva comunicato un telegramma del suo GoV1erno,

nel aua,le erano manifestate serie p11eoccupazioni pel contegno assunto dalla

Serbia e per le disposizioni prese dal Governo principesco quasi in previsione

(ll Non pubblicato.

di guerra VICina. Il Conte Wimpffen aveva incarico di segnalarci la necessità di fare a Belgrado officii urgenti per allontanare il pericolo di nuove complicazioni, e di invitarci espressamente ad associarci a siffatti officii, già preventivamente concordati con la Russia.

Le informazioni venute al Ministero dalla R. Agenzia di Belgrado non diffedscono sensibilmente da quelle che indussero i'l Gabinetto di Vienna a pigliare l'iniziativa di una azione diplomatica intesa a scopo di calma e di moderazione. Secondo i telegrammi del Conte Joannini, la Serbia non avrebbe, a vero dire, assunto un atteggiamento aggressivo. Però, gli animi, sembrano notevolmente concitati a Belgrado, ove i prorvvedimenti stessi che si stanno pigliando con un intento, a quanto si afferma, puramente difensivo, tengono viva tale inquietudine che non può certo agevolare una politica saggia e prudente. Non ho quindi esitato a porgere convenienti istruzioni al

R. Agente e Console Generale, il qua,le, associandosi ai passi già fatti nello stesso senso dai suoi Colleghi di Russia e di Inghilterra, rivolse, il 7 di questo mese, consigli di pace al Governo Principesco. La Serbia non può ignorare che la Turchia ha, con atto spontaneo, prevenuto il voto concorde dei Governi rappresentati al Convegno di Berlino, sospendendo per sei settimane le sue operazioni militari. Se, contrariamente alla volontà così chiaramente manifestata dalle Potenze, la Serbia entrasse ora in guerra contro la Turchia, gravissima sarebbe la responsabilità che il Governo Principesco assumerebbe verso l'Europa; ed all'Italia, sincera amica del popolo Serbo, spettava di chiamare senza indugio la seria attenzione dei Ministri del Principe Milano, sopra le conseguenze di una situazione di cui essi dovevano poter misurare tutta la gravità.

Tale fu a Belgrado il linguaggio del Conte Joannini. Però anche la Turchia dovrebbe, dal canto suo, rendere più facile, col suo atteggiamento, l'opera della pacificazione. Egli è evidente che la Serbia si sente minacciata dalle truppe ottomane che si vanno accumulando sulle sue frontiere. Mentre le Potenze adoperano a Belgrado la loro influenza nel senso della moderazione, converrebbe che anche la Sublime Porta facesse prova di buon volere. La notevole superiorità numerica delle truppe di cui essa dispone sul confine :la mette in grado di adottare misure di prudenza senza punto nuocere allo spirito militare dell'esercito. In altra circostanza analoga, la Sublime Porta consentiva, parecchi anni orsono, a ritirare le sue truppe fino ad una certa distanza dalla frontiera allo scopo di evitare pericolosi conflitti. Savio partito sarebbe, a nostro avviso, se la Sublime Porta si appigliasse spontaneamente, nelle presenti contingenze, ad identiche precauzioni. Una siffatta risoluzione sarebbe in perfetta concordanza con quell'insieme di provvedimenti atti ad agevolare la pacificazione, circa i quali sono unanimi e vive le raccomandazioni delle Potenze.

Spero che, in conformità delle istruzioni già impartitele col precitato telegramma del 6 di questo mese, Ella avrà saputo procacciarci l'opportunità di esprimersi in questo senso coi Ministri del Sultano, ai quali Ella potrà ora, giovandosi delle considerazioni svolte in questo mio dispaccio, viemmeglio chiarire l'animo nostro.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 87. Pietroburgo, 10 giugno 1876 (per. il 19).

Ho ricevuto i dispacci di questa serie nn. 19 e 20 che l'E. V. mi fece l'onore di indirizzarmi in data 31 maggio e 3 corrente (1).

Mi recai jeri da S. E. il Signor Giers, e, conoscendo che già l'Ambasciatore di Germania gli aveva tenuto parola della presentazione del Memorandum del Principe di Montenegro agli Ambasciatori delle potenze garanti a Berlino, condussi la conversazione su questo argomento affine di conoscere quali fossero gli intendimenti del Gabinetto Imperiale al proposito.

Il Signor Giers mi disse che il Memorandum del Principe Nicola era stato consegnato al Principe Gortchakoff a Berlino, il quale glielo aveva trasmesso senza osservazioni. Il Governo Russo non darà risposta pel momento a questo documento che ha trasmesso al Generale Ignatieff affinché venga da esso conosciuto.

Il Signor Giers non mi celò le simpatie del Governo Imperia,le verso il Principe Nicola, e quantunque rivestisse le opinioni che mi esprimeva di un carattere affatto personale, insistette in modo speciale sulla situazione particolare del Montenegro e sulla necessità di fare qualcosa in suo favore. Egli mi aggiungeva però che in nessun caso il Gabinetto Imperiale agirebbe in questa faccenda senza intendersi previamente con le altre Potenze.

Questa risposta del Signor Giers sembrandomi sufficiente per corrispondere alla richiesta d'informazioni di V. E. non credei dover più oltre insistere su questo argomento.

Venendo poi a discorrere della situazione generale delle cose in Oriente il Signor Giers si mostrò meco alquanto inquieto circa agli intendimenti della Serbia; le notizie trasmesse dall'Agente russo a Belgrado, fanno temere che il partito avanzato forzi la resistenza del Governo e si getti in imprese arrischiate. In Bulgaria pure, da quanto riferiscono gli agenti russi, il malcontento si aggrava, sopratutto nelle regioni montuose di quelle Provincie le bande armate vanno aumentando.

Egli dimostrò meco poca fiducia nelle recenti promesse del Governo Ottomano che crede fatte solo in vista di prevenire le domande delle Potenze. Sulla questione d'armistizio ritiene che le condizioni proposte dal Sultano sono di natura a riuscire difficilmente accette agli insorti.

Richiesto infine da me dell'impressione prodotta sul Gabinetto Imperiale dai recenti eventi mi disse che pel momento il Gabinetto Imperiale si limitava ad un'attitudine di aspettazione per dare tempo di attuare le promesse del nuovo Sultano, e che a suo modo di vedere la situazione è assai intricata, ma il Governo russo essere sempre fermo nel proposito di adoperarsi ad evitare ogni possibile

(ll Cfr. n. 141 e pag. 177, nota 2.

complicazione e persistere nell'intenzione di procedere di pieno accordo, come

pel passato, colle Potenze.

A questa occasione trovai il linguaggio del Signor Giers assai più fermo ed esplicito che questi giorni addietro ed attribuisco ciò alle istruzioni pervenutegli da Ems avendomi egli stesso letto un brano di una lettera, che credo del Barone di Jomini in cui si confermavano i concetti da lui espostimi circa all'andamento delle cose in Oriente.

Il contegno poi dell'Inghilterra è assai severamente giudicato qui e la pubblica opinione e la stampa mostrano molto ca·lore nei loro apprezzamenti in proposito. Gli organi poi del Governo tengono un linguaggio più calmo e moderato e credo essere intenzione del Governo Imperiale di moderare le passioni slavofile e di attenersi ana linea di condotta seguita finora.

165

IL VICE PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, CORRENTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, DEPRETIS

T. 506. Parigi. 11 giugno 1876, ore 2,04 (per. ore 6).

L'affaire est signée à 12 millions disponibles; bail résiliable; annuité 31 millions et demi assurés, avec 95 % du surplus; autres conditions connues.

166

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, DEPRETIS, AL VICE PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, CORRENTI, A PARIGI

T. 268. Roma, 11 giugno 1876, ore 8,25.

Acceptez les remerciments du Conseil. Tiì.chez de partir ce soir accompagn.é de la personne munie par M. de Rotschild des pleins pouvoirs pour sign.er la convention. Veuillez bien en attendant m'envoyer par le télégraphe le texte du compromis.

167

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, E AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

T. 269. Roma, 11 giugno 1876, ore 13.

Cette nuit, M. Correnti a souscrit à Paris avec M. Rotschild un compromis contenant les préliminaires d'un acte additionnel à la convention de Biì.le qui sera signé incessamment à Rome. En annonçant ce qui précède à M. de Bi.ilow

(M. Andrassy) vous pouvez ajouter que le Gouvernement du Roi a apporté dans la négociation des modifications résultant de ce compromis l'esprit de conciliation qui lui était suggéré avant tout par son désir de maintenir et consolider :ses bonnes relations avec l'Autriche.

168

IL VICE PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, CORRENTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, DEPRETIS

T. 510. Parigi, 11 giugno 1876, ore 15 (per. ore 71).

Voici le résumé du compromis. Art. l. La Société consent à continuer pour deux années, à commencer du ler Juillet 1876, l'exploitation des lignes rachetées par l'Etat, suivant la conV·ention de Bale. Toutefois le Gouvernement se réserve· la faculté de résilier le bail, soit le 1er Juillet 1877, soit le le' janvier 1878, en prévenant six mois d'avance. Art. 2. La société paiera à forfait une redevance annuelle de 31 millions et 500 mille livres italiennes représentant le produit net de l'année 1874 et payables tous les six mois par semestres échus. Dans le cas où le produit net dépasserait cette redevance, l'excédant serait réparti savoir, 95 pour cent au Gouvernement italien et 5 pour 100 à la société. Les lignes exploitées par la société et non comprises dans le rachat continueront pendant le bail à etre exploitées par la société suivant les conventions en vigueur. Art. 3. La société met à la disposition du Gouvernement italien 12 millions de livres italiennes pour ètre dépensées en travaux, matériel ou tout autre emploi. Art. 4. Les dépenses moyennes des .exercices 1872-73-74 serviront de base pour déterminer les charges de l'exploitation de la société fermière. On n'imputera au compte exploitation que les frais généraux propres au réseau italien. Les impòts comme par le passé. La société sera tenue de justifier que pendant ce bail elle aura dépensé par train kilomètre pour entretien une somme non inférieure à la moyenne des dites années. Art. 5. Les opérations d'expertise et de liquidation des approvisionnements se feront à la fin du bail. Le prix de ces approvisionnement sera payé par le Gouvernement italien à l'expiration du bail en rente italienne suivant le cours moyen de la bourse de Paris pendant les six derniers mois de l'exploitation. Art. 6. La société s'engage à proposer des mesures pour augmenter le pro

duit du réseau et diminuer les dépenses. Avt. 7. Les comptes seront réglés tous les mois. Art. 8. La convention de Bale est confirmée. Toutefois quant à l'article 5,

le Gouvernement pourra substituer au paiement en or à Rome des remises en papier sur Londres ou Paris. Le Gouvernement pourra également substituer à la remise des titres de rente des paiements en or ou des remises en papier sur Paris ou Londres, en déclarant le l"' juillet 1876, s'il entend user de cette faculté. Les sommes payées en or ou en remises sur Paris ou Londres après le Ier juillet 1876, produiront au profit de la société un intéret de six pour cent net. Mème faculté est réservée au Gouvernement pour les titres de rente à remettre pour les approvisionnements.

169

L'AMBASCIATORE DESTINATO A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. l. Ems, 11 giugno 1876 (per. il 17).

Anzi tutto mi fo premura di trascrivere qui, perché ne rimanga tracc,ia nella corrispondenza ufficiale, alcuni punti, che a guisa d'istruzione l'on. Segretario Generale di codesto Ministero, per ordine dell'E. V., mi fece trasmettere dal Cavaliere Malvano in Parigi, e che portano la data del 23 Maggio scorso:

• l o Circa l'idea Russa d'un intervento italiano in Bosnia ed in Er:zJegovina, finora ci siamo tenuti nella più assoluta riserva, e credo che sarà bene in ogni caso e fino a nuove istruzioni tenerci nella linea di condotta sin qui seguita.

2° Circa il progetto, nel caso di con]erenza, di riunirla a Venezia, posso dirle che questa cosa farebbe certamente molto piacere agl'Italiani che vi vedrebbero un sintomo dell'importanza che abbiamo acquistato anche negli affari orientali.

3° Nelle linee generali mi pare probabile che seguiremo la Russia, oercando però di esercitare un'infuenza moderatrice nei consigli delle Potenze •.

Posteriormente a queste istruzioni, l'E. V. mi fece l'onore di dirigermi, in data del 5 corrente, un telegramma che recava in sostanza quanto segue: • Il Governo del Re procederebbe d'accordo coi tre Gabinetti Imperiali nelle formalità del riconoscimento del nuovo Sultano. Il Gabinetto di Vienna aveva pregato il Governo di Sua Maestà di fal'e presso il Governo Serbo, la di cui attitudine diventava inquietante, passi solleciti per contenerlo nella via pacifica, e ciò in unione ad altri Gabinetti e specialmente al Gabinetto Russo. Il Governo del Re aveva aderito a quest'istanza nel,lo spirito degli accordi presi a Berlino. Il Principe Gortchacow aveva poi diretto al Ministro di Russia a Roma, perché fosse comunicato all'E. V., il telegramma seguente: • Le Général Ignatieff télégraphie que le Sultan a l'intention d'offrir spontanément six semaines de suspension d'armes aux insurgés et de se préparer à une action vigoureuse après ce terme. Comme il n'est pas question des réformes promises et des engagements pris, nous sommes d'avis que la note identique combinée par les Représentancts à Constantinople soit remise à la Sublime Porte après la reconnaissance du Sultan. Parlez-en au Ministre des Affaires Etrangères et répondez par le télégraphe •.

L'E. V. aveva risposto che l'Italia desidera proceder d'accordo coi tre Imperi nelle fasi ulteriori dela questione d'Oriente. Se durante il tempo che sarà impiegato nelle formalità della notificazione e del riconoscimento ufficiale del nuovo Sultano, la Sublime Porta non ha fornito la prova, con atti spontanei, ch'essa intende adempiere gl'impegni presi, e mettere in vigore le riforme promesse, il Governo del Re s'assoderà, nella misura degl'impegni pr,esi a Berlino, ai passi che lo stato delle cose suggerirà alle potenze.

Munito di tali istruzioni, lasciai Parigi il 5 corrente e giunsi ad Ems il 6. Mi recai, appena arrivato, presso il Principe Gortchacow, che mi i!ece la migUore accoglienza, e m'annunziò che l'Imperatore Alessandro mi avrebbe ricevuto l'indomani. Il Cancelliere Imperiale m'informò che, animato da un ,sentimento di convenienza e di riguardo voerso il nuovo Sultano, il Governo del'lmperatore A;lessandro proponeva che si dichiarasse alla Sublime Porta che le cinque Potenze aderenti al Memorandum, pur persistendo in un perfetto accordo per la pacificazione delle provincie turche insorte, consentivano a sospendere di fare 1 passi concertati fino alla prova che il Governo del nuovo Sultano avrà proceduto a mettere in atto le importanti riforme ch'esso assicura di volere spontaneamente e prossimamente accordare. lo mi congratulai col Pdncipe Cancelliere di Questa proposta che modificava in un senso più benevolo verso i,I nuovo Governo Ottomano la precedente proposta contenuta nel telegramma più sopra trascritto, e che in sostanza si trovava conforme alle disposizioni del Governo di Sua Maestà quali erano consegnate nella risposta che l'E. V. aveva dato al Barone d'Uxkull e riferite nel di Lei telegramma a me diretto il 5 corrente. Ed a conferma di ciò lessi al Cancelliere il detto telegramma, il di cui contenuto fu pure messo da Sua Altezza sotto gli occhi dello Czar. Il Cancelliere mi disse in quest'occasione che aveva constatato con soddisfazione come fin dal principio della questione il Governo del Re avesse proceduto in pieno accordo col Governo Imperiale di Russia. Egli mi chiese poi se avessi di già con me 1e cre

denziali d'Ambaseiatore, nel qual caso l'Imperatore avrebbe consentito volentieri a riceverle fin d'ora qui in Ems. Risposi che attendevo prossimamente queste credenziali, e che mi proponevo di presentarle, salvo H buon piacere di Sua Maestà Imperiale, a Pietroburgo quando l'Imperatore vi fosse di ritorno ne' primi giorni del mese prossimo. Anche quando avessi ricevuto qui le credenziali di Sua Maestà prima della partenza dello Czar da Ems, avvei pur sempre preferito, per ragione di convenienza, che la presentazione di esse abbia luogo sul territorio dell'Impero Russo.

L'I!nperatore Alessandro mi fece l'onore di ricevermi il 7 corrente e m'invitò a pranzo pel giorno dopo. Sua Maestà Imperiale m'incaricò di ringraziare il Re ed il suo Governo d'essersi associati a lui negli sforzi che fanno le Potenze per pacificare l'Oriente. Si congratulò della conformità di t:ondotta dei due Governi d'Italia e di Russia in tutta Questa questione fino da' suoi primordi. Insistette vivamente sul suo proposito d'agire nel senso del mantenimento della pace europea. Passando ad altri argomenti, Sua Maestà Imperiale mi disse che attendeva con piacere la visita delle LL.AA.RR. il Principe e la Principessa di Piemonte. Ricordò le attenzioni che S. M. il Re usò costantemente verso i membri della famiglia Imperiale che si recarono in Italia; e volle poi con grande

bontà aggiungere che era grato al Re della scelta da lui fatta del suo primo Ambasciatore· in Russia. Risposi a Sua Maestà Imperiale con poche e sincere parole, ringraziando, ed esprimendo Ja fiducia che come nel passato avevano proceduto d'accordo, così per l'avvenire le due Corone continuerebbero concordi nello scopo comune di mantenere, in unione colle altre grandi Potenze, la pace in Oriente, facendo ogni possibile sforzo per eliminare o almeno diminuire le cause che la mettono periodicamente a repentaglio.

Né l'Imperatove, né il Principe Gortchacow, né il Barone di Iomini che ho pur veduto più volte, mi fecero il menomo cenno dell'idea d'un intervento italiano in Bosnia ed in Erzegovina, ed io dal mio lato m'astenni da ogni allusione in proposito, conformandomi strettamente aLle istruzioni che l'E. V. mi fece impartire su questo punto.

Ben sì toccai nelle mie conversazioni col principe Gortchacow e col Barone di Iomini del progetto d'una conferenza, come mezzo atto ad ottenere l'accordo delle sei grandi Potenze su ciò che convenga reclamare daUa Turchia per pacificare le provincie insorte, pel caso sventuratamente probabile in cui 1e misure spontaneamente prese dalla Sublime Porta siano insufficienti o riescano inefficaci. Una conferenza delle sette potenze (compresa la Turchia) avrebbe UJna base giuridica ne! trattato di Parigi o almeno in quella parte di esso che è tuttavia in vigore, e si appoggierebbe a precedenti che pure ebbero qualche utile risultamento, come furono ·le conferenze di Parigi sulle questioni dei Principati Uniti e dell'isola di Creta. Essa potrebbe rimediare allo sconcio, che ha destato la suscettibilità dell'Inghilterra e d'altre Potenze, d'un'azione previamente combinata dei tre Imperi invece dell'azione comune ed eguale delle sei grandi Potenze. E siccome lo scopo altamente confessato di ciascuna di queste è il mantenimento della pace, l'integrità politica e geografica dell'Impero Ottomano ed un miglioramento nelle condizioni del1e popolazioni non Mussulmane nelle provincie insorte, miglioramento indispensabile per la pacificazione e riconosciuto necessario dallo stesso Governo di Costantinopoli, così parrebbe che le basi della conferenza potrebbero essere chiaramente e strettamente definite ed accettate da tutti. Devo dire che ho trovato nel Principe Gortchacow disposizioni non sfavorevoli a questa idea. D'altro lato il Duca Decazes, nelle conversazioni ch'ebbi con lui prima di partir da Parigi, non si mostrò nemmen esso avverso ad un tal progetto. Ma tanto a Parigi quanto ad Ems si è inclinati a credere che la ·Germania, l'Austria e l'Inghilterra per ragioni diverse, si opporrebbero ad accoglierlo. Forse la conferenza finirà per imporsi come una necessità, se pure l'Europa non vorrà abbandonare, per mancanza d'accordo, al cieco corso degli eventi la sorte ~elle provincie insorte e con essa la pace d'Europa. Ma nello stato presente delle cose, quest'idea è qui giudicata per lo meno immatura, ed in ogni caso par certo che il Governo Russo non sia disposto a prenderne l'iniziativa. Comunque sia, discorrendone col Barone di Iomini, in via puramente ipotetica, suggerii eventualmente la città di Venezia come possibile e conveniente sede d'una conferenza che avrebbe per ogg.etto paesi non discosti dal littorale Adriatico. Mi si obiettò che se una tal riunione si decidesse probabilmente si vorrebbe scegliere per sede un luogo di paese neutrale, come sarebbe per esempio il Belgio, o meglio ancora la Svizzera.

17 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

Intanto e per ora si è ad Ems in un periodo d'attesa. Il Principe Gortchacow aspetta di vedere e giudicare gli atti del nuovo Governo Turco, ma non si fa illusione né sul risultato di essi, né sull'azione dell'Europa, se questa non è energica e pronta. Il discorso recente del Signor Disraeli, che seppellisce in certa guisa il Memorandum di Berlino, è un colpo portato direttamente alla politica del convegno di Berlino, ed è qui risentito vivamente. È probabi,le che il prossimo arrivo ad Ems dell'Imperatore Guglielmo dia luogo a nuove risoluzioni. Se ciò sarà, l'E. V. ne verrà, spero, informata per mezzo della Legazione Russa, o per mezzo mio.

Il Principe Carlo di Prussia e la Principessa sua consorte furono qui a visitare l'Imperatore Alessandro. Le Loro Altezze Imperiali ebbero la cortesia di farmi esprimere il loro desiderio di vedermi, e mi recai quindi a complimentarle. Si lodarono molto dell'accoglienza che ebbero recentemente in Italia, e voliere; ch'io mJ facessi l'interprete presso S. M. il Re e le LL.AA.RR. il Principe e la Principessa di Piemonte dei loro ringraziamenti per le attenzioni che furono loro usate durante il loro soggiorno nel nostro paese.

L'Imperatore di Germania è qui atteso mercoledì 14 corrente. Il 18 l'Imperatore Alessandro, col principe cancelliere e col suo seguito partirà da Ems per Jugenheim, donde poi si recherà a Pietroburgo passando pel territorio Austriaco ove si incontrerà coll'Imperatore d'Austria-Ungheria. L'arrivo dello Czar a Pietroburgo è fissato pel 9 Luglio prossimo.

Io partirò da Ems, salvo ordini contrarii dell'E. V., negli ultimi giorni del corrente mese e sarò a Pietroburgo verso il l o Luglio.

170

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 212. Terapia, 11 giugno 1876.

La situazione politica si è alquanto rischiarata in questi ultimi giorni. I Ministri di Sua Maestà si sono alacremente occupati di prendere l'iniziativa di misure a poco presso conformi a quelle che formavano l'oggetto della nota identica che i Rappresentanti delle cinque Potenze avevano a presentare alla Sublime Porta. Pel mio rapporto n. 211 del 9 corrente (l) ebbi l'onore di riferire all'E. V. come gli ordini necessarii per dare pronta esecuzione a quelle misure fossero già stati spediti alle Autorità dell'Erzegovina e della Bosnia. Quegli ordini sono già stati ricevuti, ed ora si sta ponendo in lingua slarva il relativo proclama che sarà tosto pubblicato in quelle Provincie.

Intendo in pari tempo che negli ultimi Consigli dei Ministri seguiranno lunghe discussioni sulle istituzioni liberali da darsi all'Impero. Vi si erano invero manifestati dei dissensi tra i vari Membri del Gabinetto, il Gran Vizir volendo

far assai tenute concessioni, mentre Midhat Pacha avrebbe desiderato adottare misure assai più larghe; però sembra che ora si siano messi d'accordo sulle basi generali, ,e Midhat Pacha fu incaricato di redigere il progetto di Costituzione da sottomettere all'approvazione della Maestà del Sultano.

Il Gran Vizir ricevette poi dal Principe Milano un telegramma pel quale Sua Altezza gli fa conoscere i suoi armamenti essere stati fatti a soddisfazione delle esigenze dello spirito pubblico; però il Suo Governo non aver mai avuto alcuna intenzione di aggredire la Turchia, mandava a Costantinopoli un Inviato speciale, incaricato di fornire ulteriori spiegazioni in proposito. E di questa notizia ebbi l'onore di spedire un cenno telegrafico a V. E. in data d'oggi.

L'E. V. comprenderà come in tali circostanze nessuno più pensi qui alla presentazione della nota identica. I Governi delle Potenze Garanti saranno naturalmente desiderosi di vedere gli effetti che potranno venire dall'applicazione deHe misure predette. Di questo avviso son tutti i miei colleghi; che anzi aggiungerò che gli Ambasciatori di Russia e d'Austria-Ungheria mi lasciarono intendere considerare la presente come una buonissima occasione per uscire dalla difficile posizione (impasse) nella quale si trovavano i rispettivi Governi. Da quanto m'è fatto di trarre dai miei colleghi sembrerebbe dunque che le Grandi Potenze tenderebbero ad assumere per ora un'attitudine di riserva e d'osservazione, lasciando al Governo Ottomano di provare quello possa fare con le proprie forze e co' suoi consigli.

Mi sembra eziandio probabile che, innanzi a fatti i quali avrebbero per iscopo di stabilire un nuovo assetto all'Impero, lo spirito di queste popolazioni debba riprendere una certa calma, ed aspettare se non altro gli ,effetti delle misure che si promettono.

Se a queste tendenze s'aggiunge la prima fra le misure d'applicarsi essere la sospensione delle ostilità nelle provincie insorte, è lecito trarne la conseguenza essere possibile che s'abbiano ad avere almeno un paio di mesi di tranquillità. E quello sarà per seguirne vedrassi in seguito.

Ebbi oggi l'onore di ricevere i quattro dispacci che l'E. V. si compiaceva dirigermi il 3 corrente n. 40 (riservato) 41-42 riservato) e 43 della Serie presente (1), pei quali La prego di gradire i miei più distinti ringraziamenti. Di quanto ,essi contengono farò l'uso che mi prescrive V. E ...

ALLEGATO.

ANNESSO CIFRATO.

On persiste ici à interpréter les armements de l'Angleterre comme une démonstration contre la Russie. Le Gouvernement Anglais en acquiert une grande popularité. Ambassadeur d'Angleterre toutefois déclare à ses collègues que la présence de ses forces navales en Orient n'a d'autre but que le protection des nationaux. Ambassadeur de Russie se tient à l'écart et garde une profonde réserve, dans l'intimité toutefois il laisse percer une très vive irdtation contre son collègue d'Angleterre. Les trois Ambassadeurs des Empires continuent à entretenir les meilleures relations entre eux mais leur action diplomatique a perdue presque toute son 1influence Ambassadeur de France n'a rien changé à son attitude apparente,

11 ne dit à personne ce qu'il fait, dans les aff•aires de Salonique un accord complet n'a cessé de regner entre lui et l'Ambassadeur d'Allemagne. Ces deux se trouvent au contraire souvent en désacco11d avec Ambassadeur d'Angleterre qui serait plus porté à l'indulgence envers le Turc.

(l) Non pubblicato.

(l) Cfr. n. 149; gli altri dispacci non sono pubblicati.

171

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

T. 271. Roma, 12 giugno 1876 ore 14,20.

La Maison de Rothschild, qui tenait le Gouvernement autrichien au courant de la négociation de Paris, lui a probablement déjà fait connaitre les conditions du compromis. Je désire néanmoins que vous le portiez le plus tòt possible en notl'e nom à la connaissance du comte Andrassy. La convention de· Biìle est entièrement confirmée. Les clauses du compromis ne portent qu'une combinaison de bail pour la exploitation du réseau racheté. Elles sont, en résumé ainsi qu'il suit: • Art. l 0 La Société consent à continuer pour... (V. telegr. del comm. Cor

renti, Parigi, 11 Juin 76 n. 510 (l) fino a tutto l'art. 7 inclusivamente) •. Un dernier artide du compromis porte certaines facilités pour les paiements prévus aux art. 5 et 6 la convention de Biìle. Ces facilités formeront l'objet d'un arrangement spécial entre la maison Rothschild et l•e Trésor italien.

172

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AL MINISTRO A BRUXELLES, DE BARRAL

D. l. Roma, 12 giugno 1876.

Assai volentieri ho adempiuto al debito mio recando a notizia di S. M. il Re le parole graziose pronunciate da S. M. H Re Leopoldo II nell'atto in cui la

S. V. Illustrissima rimetteva le sue lettere credenziali.

S. M. il Re ha udito con molto compiacimento che il suo rappresentante ebbe, presso codesta Corte, lieta accoglienza.

S.A.R. la Principessa Margherita ha, pur essa, manifestato la sua compiacenza pel ricordo che S. M. la Regina dei Belgi serba del suo soggiorno in Ostenda. L'Altezza Sua ha, dal canto ~uo, grata memoria deLle corte.sie a cui fu fatta segno durante la sua dimora nel Belgio.

Gli avvenimenti posteriori al rapporto di Lei in data 19 maggio scorso (2) avvalorarono vieppiù la previsione che tra breve la politica interna di codesto paese abbia a subire un mutamento di indirizzo. Lo avvicendarsi dei partiti, nel Belgio, è seguito, in Italia, con ispeciale interesse, il quale trae la sua origine

d'essere, così daLle simpatie esistenti fra le due Nazioni, come dall'indole delle quistioni che formano parte importante dei programmi politici delle frazioru varie contendentisi, nel Belgio, la direzione degli affari. La S. V. Illustrissima, che è in ottimi rapporti cogli uomini venuti costi al potere da parecchl anni, avrà certamente avuto durante la precedente missione costi sostenuta, l'opporturutà ili conoscere e di frequentare i personaggi più notevoli di parte liberale. Ad ogni modo io sono convinto che la S. V. Illustrissima saprà tenere tale contegno che giovi sempre più a rassodare le amichevoli relazioni tra l'uno e l'altro Stato.

(l) -Cfr. n. 168. (2) -Cfr. n. 112.
173

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

T. 273. Roma, 13 giugno 1876, ore 23,40.

Veuillez me dire si vous avez communiqué au Gouvernement impérial les télégrammes que }e vous ai adressés avant hier et hier au sujet des arrangements pris à Paris avec Rothschild (1). Je désire connaitre le plus tot possible la réponse q_ue aura été donnée à vos comunications, car le délégué de Rothschild est arrivé et nous sommes très pressés de conclure et signer l'acte définitif.

174

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 15. Roma, 13 giugno 1876.

Segno ricevuta e ringrazio l'E. V. del pregiato suo rapporto in data 24 maggio s.e., n. 6 di questa serie (2), nel quale è riferito un colloquio da Lei avuto con Lord Derby circa la concessione ferroviaria testé fatta dal Governo tunisino in favore di una Compagnia francese.

Circa le cose che in tale circostanza Le furono dette da Lord Derby, mi giova accennare che la Compagnia francese già costruisce per proprio conto la linea da Guelma a Suck-Aràs sul confine tunisino, e che la concessione testé ottenuta dal Governo del Bey abbracciando un raggio di 30 miglia attorno al Kef in qualsivoglia direzione, ne consegue implicitamente la facoltà de'l congiungimento, imperocché Suck-Aràs sta appunto entro quel raggio. Dalla speciale gravità del fatto sembra, del resto, persuaso il Signor Wood, il quale secondoché riferisce il Commendator Pinna, avrebbe avuto, in proposito, uno scambio assai vivo di osservazioni col Bey.

Lascio alla saviezza dell'E. V. la cura di valersi, come meglio le sembri, di queste mie avvertenze.

(l) -Cfr. nn. 167 e 171. (2) -Cfr. n. 126.
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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI (l)

R. 213. Terapia, 13 giugno 1876 (per. il 23).

Mi giunsero regolarmente i dispacci che l'E. V. mi faceva onore di rivolgermi li 29 aprile e 12 maggio n. 25 e 29 della presente Serie (2), riguardo ai disordini avvenuti a Latachia, cui l'Autorità locale non sembrava disposta a provvedere secondo le regole di giustizia.

Per essi m'ordinava l'E. V. avessi a chiamare l'attenzione della Sublime Porta sugli inconvenienti che deriverebbero dal non ispiegare la dovuta energia nel reprimere queste lotte di fanatismo religioso. Senonché i gravi avvenimenti occorsi nell'intervallo mi indussero a differire di poco l'esecuzione degli ordini per tal modo impartitimi.

Ho ora l'onore di ragguagliare l'E. V. che colsi la prima propizia occasione per far intendere a Rachid Pacha le osservazioni contenute nei predetti suoi dispacci.

S. E. mi disse l'incidente essere stato deferito ai Tribunali competenti i quali non si erano ancora pronunciati in proposito; non aveva presenti le circostanze del caso, e ne prendeva nota per assumere più precise informazioni.

* M'accontentai di questa risposta poiché il Vice-Governatore di Latachia, cui appartiene la massima parte della responsabilità della condotta tenuta in questa circostanza dalle Autorità locali, essendo cognato del Ministro degli Affari Esteri, mi parve opportuno di limitarmi strettamente all'esecuzione delle istruzioni contenute nei succitati dispacci di V. E *.

176

IL CONSOLE A GINEVRA, GAMBINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 99. Ginevra, 14 giugno 1876 (per il 16).

Mi si assicura che la Sezione Internazionale Italiana di Berna, in seduta del 4 corrente mese, ha deciso la definitiva sua costituzione e relativa adesione alla federazione del Giura. Essa s'intitola:

• Sezione Internazionale della Colonia Italiana di Berna -Federazione del Giura Bernois •.

È composta dei manovali che all'estate emigrano dall'Italia ove ritornano in inverno ed in gran parte sono Ticinesi, Piemontesi e Lombardi.

Dirige tutto e fa tutto il Brousse, ajutato dal Salvioni.

Ho assunte le seguenti informazioni sulla nuova • Federazione Italiana della Internazionale • : L'incaricato di ricevere le adesioni è il Nabruzzi, di Lugano. Tosto che la Federazione sarà costituita, od al primo congresso che si

terrà, si stringeranno nodi colla Federazione Germanica, colla quale l'Internazionale fu a tutt'oggi muta, a causa di divergenze di opinioni sull'autoritarismo e l'antiautoritarismo.

Il Cafiero si troverebbe a Napoli da dove andrebbe frequentemente a Roma. Il Club socialista di Venezia aderì al Nabruzzi e comunicò che a Conegliano si sta costituendo una sezione.

Al Comitato di Neuchàtel pervenne una lettera da Firenze che fa sapere che l'Internazionale in Italia fa grandi passi e che la Rivoluzione Sociale vi s'inizierà forse prima della Francia o dela Spagna. Il Cafiero, il Malatesta, Malon, Favre, Nabruzzi, lavorano con grande attività.

Non si poté sapere il nome dell'autore della lettera ma la notizia fu data da persona informatissima.

(l) Ed., ad eccezione del brano tra asterischi, in LV 22, p. 221.

(2) Cfr. nn. 58 e 86.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 2670. Parigi, 14 giugno 1876 (per. il 17).

S. E. il Ministro degli affari esteri della Repubblica diede j:eri alla Commissione del bilancio, presieduta dal Signor Gambetta, alcuni schiarimenti sull'Azione diplomatica del Governo francese nell'ultima fase della quistione d'Oriente. Le interrogazioni che furono fatte al Signor Duca Decazes da alcuni membri della Commissione si riferivano principalmente all'iniziativa che gli si era attribuita nel mettere innanzi progetti di accordi e di pacificazione, agli armamenti, ed ~Ila situazione creata dall'ultima evoluzione del Gabinetto inglese.

Il Ministro degli affari esteri dichiarò che gli avvenimenti d'Oriente non avevano provocato finora in Francia nessun altro armamento straordinario fuorché quello reso necessario per l'invio della prima divisione navale in seguito ai fatti di Salonicco. Egli negò di avere presa un'iniziativa personale nelle trattative ch'ebbero luogo fra le Potenze onde ricercare i mezzi di pacirficare le Provincie insorte e conciliare un miglioramento nella condizione della medesima colla conservazione dell'integrità dell'Impero ottomano, ma aggiunse che il Gabinetto francese erasi associato alle proposte ed alle pratiche tendenti a conseguire quel fine. Principale sua cura sarebbe stata e sarebbe quella di non compromettere la situazione di raccoglimento in cui trovasi la Francia, la quale deve preoccuparsi anzitutto del suo interno riordinamento.

Pare che le osservazioni fatte da alcuni membri della Commissione al Ministro degli affari esteri sieno state alquanto vivaci: ma da ciò che S. E. il Duca Decazes che ho avuto poc'anzi l'occasione di vedeve mi ha detto, non gli fu annunziata l'intenzione d'interpellarlo per ora nella Camera.

178

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

D. 210. Roma, 16 giugno 1876.

Mi pervenne regolarmente il telegramma che la S. V. mi diresse il giorno 5 corrente (l) per informarmi che alcune dimostrazioni avvenute in Miléi[}O, durante le feste del centenario di Legnano, produssero a Vienna una spiacevole impressione. Ella mi ricorda in Quel telegramma che incidenti analoghi essendosi verificati a<ltra volta, U Governo di S. M. ebbe a procedeve ad wno scambio di spiegazioni col Gabinetto di Vienna e soggiunge che probabilmente il Conte Wimpf:llen riceverebbe istruzione anche in questa occasione di tenermi parola dell'accaduto.

La previsione della S. V. si è verificata. Il rappresentante de~ Governo austro-ungarico chiamò infatti la mia attenzione sopra le manifestazioni anzi indicate e stimò opportuno di riferirsi alle dichiararazioni ed osservazioni contenute in una lettera di S. E. il Conte Andrassy in data del 24 maggio 1874 stata comunicata all'Onorevole mio predecessore.

Ascoltai con attenzione le cose che in una forma assai amichevole mi furono esposte da questo Signor Ministro d'Austria-Ungheria e mi parve che non durassi molta fatica a convincerlo che aUe manifestazioni di Milano era impossibile attribuire un caratteve ufficiale poiché tale carattere mancava totalmente a quelle feste che si celebrarono per iniziativa privata e sotto la direzione di un comitato al quale l'autorità Governativa rimase affatto estranea.

Questo primo punto essendo ben stabilito non era giusto che si volesse far ricadere una parte qualsiasi della responsabilità delle manifestazioni di cui si tratta, sopra l'autorità di Milano che, se ha assistito ad una parte delle feste, vi intervenne però soltanto come invitata e non ebbe ad ingerirsi nella direzione delle medesime. Il Governo Austro-Ungarico conosce certamente quanto qualunque altro Governo rertto a forma libera, ciò che devesi tollerare nelle manifestazioni che sono una delle conseguenze della libertà di associazione. L'espressione dei pensiei"i individuali non acquista maggiore importanza né muta carattere per il modo col quale viene manifestata. Che essa sia enunciata in wn discorso pronunziato durante un banchetto, ovvero venga alla pubblicità per mezzo della stampa rimane pur sempre la manifestazione di un'opinione individuale che non potrebbe aver influenza sulla condotta del Governo né autorità per modificare od alterare le relazioni internazionaH dello Stato. Lo stesso concetto si applica ancor meglio a quell'al

tro genere di dimostrazioni che consiste nena silenziosa esibizione di emblemi esteriori.

Con ciò non vogliamo negare che anche siffatte manifestazioni potrebbero acquistare in date circostanze un carattere speciale di gravità. Vi sono dei discorsi che in alcuni casi indirizzati alla moltitudine costituiscono un appeno alle passioni più pe·ricolose, ed in momenti di grave concitazione degli animi anche le bandiere e gli altri emblemi esteriori possono contribuire a turbare la tranquillità pubblica. Ma nelle recenti feste di Milano nessuno di questi inconvenienti si ebbe a deplorare forse appunto perché le autorità di pubblica sicurezza facendo prova di tolleranza verso manifestazioni affatto pacifiche non eccedenti ,i limiti della espressione di opinioni individuali, si astennero da atti incauti che il più delle volte peggiorano di assai il mal·e che si vuole impedire.

Preferii che il mio discorso si aggirasse intorno a questi concetti piuttosto che !imitarmi a manifestare al Conte Wimpffen sentimenti di rincrescimento per atti che non sono d'indole ad impegnare la responsabilità di un Governo perché io ritengo che quando tali atti siano considerati nelle vere loro proporzioni e secondo il loro carattere, ol'importanza ne riesce per tal guisa attenuata da non poter essi esercitare alcuna influenza sui nostri rapporti internazionali. Soprattutto poi se gli atti stessi si confrontino con le prove anche recenti avute dal Gabinetto di Vienna della ferma volontà del Governo del Re di stringere sempre maggiormente i suoi vincoli con l'Austria-Ungheria. La base delle relazioni nost~e con codesto Impero, non è al certo così mal ferma da poter essere compromessa daLl'impressione che possono produrre delle dimostrazioni di nessuna importanza quali sono le recenti di Milano.

L'intimità delle nostre relazioni riposa sulla fede che abbiamo negli interessi reciproci i quali guidano i Gabinetti di Roma e di Vienna per identiche vie in tutte le quistioni più importanti •ed in queLle in ispecie che formano il soggetto delle attuali preoccupazioni dell'Europa. Pare a noi che si avrebbe un concetto troppo inesatto della solidità di tali rapporti quando si stimasse che incidenti di secondaria importanza possano sviare i due Governi da una politica che fonda1ta sopra sentimenti di reciproca fiducia ed amicizia ha già dato ottimi risultamenti per i due paesi.

Voglia, la prego, Signor Ministro, esprimersi in questo senso con il Conte Andrassy tosto che Ella avrà occasione di avere un abboccamento con

S.E.

(l) Non pubblicato.

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IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 483. Vienna, 16 giugno 1876 (per. il 19).

Pare fuori di dubbio che anche questo anno S. M. l'Imperatore Francesco Giuseppe, si recherà ad incontrare S. M. 'l'Imperatore Alessandro al suo passaggio sul territorio austriaco allorché da Ems si recherà a Varsavia. Questo fatto, come di ragione, è ritenuto qui come una nuova conferma dell'accordo che continua a regnare fra i due Sovrani, come fra i loro Governi. Per conto mio non ho mai posto in dubbio questo fermo volere dei due Monarchi di mantenersi fedeli al patto d'amicizia stretto a Berlino sotto gli auspici dell'Imperatore di Germania. Indubbiamente i due Imperi hanno interessi contrari in Oriente; ma da ambe le parti è altamente sentito il bisogno di evitare un conflitto fra quegl'interessi divergenti, e quindi la politica personale dei due Sovrani tende e tenderà fino acché sarà possibile a conseguire quel risultato. Tanto poi il Principe Gortchakow quanto il Conte Andrassy, parmi si veda chiaramente, si studino di conciliare le vedute dei loro Sovrani, le quali d'altronde corrispondono al supremo bisogno di pace generalmente sentito dai due Paesi, colla politica tradizionale dei Governi di cui sono a capo. Non v'ha dubbio che, tanto più dopo le ultime Delegazioni, il Conte Andrassy si trova in abbastanza difficile posizione, giacché i delegati di ambe le parti della Monarchia seppero rinchiuderlo, con stringenti ed oculate interpellanze, in un cerchio di ferro, da cui non poté uscire se non facendo dichiarazioni che nel loro assieme gli impediscono di muovere anche un passo solo nel senso favorevole alla politica Russa. Ciò è tanto vero che in quei giorno so essersi parlato in circoli molto bene informati dell'imminente ritiro del nobile Conte. Per conto mio però non ho mai prestato fede a quelle voci,

primo, perché il ritiro del Conte Andrassy sarebbe il segnale di un volta faccia nella politica dell'Austria-Ungheria che la Monarchia non potrebbE effettuare senza gravissimo pericolo, senza, direi quasi, andare incontro in questo momento a sicura ro"ina; secondo perché non vi ha né in Austria, né in Ungheria altra personalità che abbia i voluti requisiti per dirigerne le sorti col prestigio necessario all'interno e più ancora all'estero. La posizione quindi del Conte Andrassy non è dunque, a mio modo di vedeve, menomamente scossa: ciò non impedisce però, come dissi, che essa non sia difficile·. Egli deve tutelare gli interessi del suo Paese, che ogni giorno maggiormente si mostrano in disarmonia, con quelli della Russia, d'altra parte Egli deve mantenere intatta l'allenza con quell'Impero, onde evitare lo scioglimento dell'alleanza dei Tre Imperatori, che avrebbe per molto probabile conseguenza la guerra. In tale pericolosa situazione Egli afferma in modo assoluto la sua volontà di procedere d'accordo col pericolo vicino, ed allo scopo di evitare che questi muova passi che potrebbero irrevocabilmente compromettere l'alleanza, gli si stringe più che mai al fianco, persuaso a ragione, che questo sia il miglior mezzo di contrastargli quella libertà d'azione, mercé la quale soltanto esso potrebbe soddisfare le aspirazioni della sua politica tradizionale, a cui, non v'ha dubbio, prepotentemente lo spingerebbe in oggi l'opinione pubblica in Russia. Arduo compito in verità si è quello del Conte Andrassy, ma non superiore alle sue forze, giacché come già le tante volte ebbi a dire, quell'eminente uomo di stato congiunge a molta lealtà una finezza somma. Imprevedibili ev·enti potranno creargli ostacoli, ma contro di essi Egli si infrangerà soLtanto se saranno tali da essere insormontabil.i per un uomo di Stato di primissimo ordine. Conviene poi anche tener conto ch'Egli ebbe fino ad oggi

in suo favore un sommo fattore di successo, costante fortuna.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R.RR. 40/16. Londra, 16 giugno 1876 (per. il 20).

La resistenza dell'Inghilterra ad accedere al memorandum dei tre Cancellieri relativo alla quistione dell'Erzegovina e Bosnia, il rivolgimento accaduto in Costantinopoli colla detronizzazione di Abdul-Aziz e l'assunzione al Trono di Mourad V, sembrano avere sconvo'lto alquanto i piani primitivi di pacificazione delle provincie insorte e dato un altro indirizzo alla politica generale delle primarie potenze d'Europa.

All'intimo accordo che pareva esistesse fra i tre Imperi di Russia, Germania ed Austria, rappresentanti al congresso di Berlino, e che destava tanti sospetti in Inghilterra, succede, a giudicarne dagli organi più accredita:ti dell'opinione pubblica, una divisione manifesta tra le tendenze dei tre Governi Imperiali; e, mentre il Principe di Bismarck si ravvicina all'Inghilterra, l'Austria tende a liberarsi dagli impacci precedenti. Così la Russia rimarrebbe sola se non fosse la Francia che cerca in essa un'alleata per progetti, forse non ancora ben definiti, ma che certamente non possono essere concordi colle aspirazioni della Germania.

Da conversazioni avute con alcuni dei Membri più autorizzati del Corpo Diplomatico, e con alcuni uomini politici e di finanza più addentro nelle cose d'Inghilterra, io avevo già potuto formarmi un concetto di tutto questo tramestio politico. Ma per accertarmi maggiormente di ciò che vi poteva essere di vero ,in queste trasformazioni, m'indirizzai direttamente al Conte di Derby, col quale io ebbi, ieri, una conversazione della quale io trasmisi un sunto a V. E. col mio telegramma dello stesso giorno.

Anzi tutto io debbo prevenire che non è facile di ottenere confidenze dal Foreign Office, e s.i)ecialmente dal Conte di Derby, che è molto riservato e non pronunzia che parole meditate. Domandai al nobile Conte cosa pensasse degli effetti dell'armistizio proposto, e delle promesse di miglioramenti fatti dalla Turchia agli insorti. Egli mi rispose che questi probabilmente non avrebbero nulla accettato, che le ostilità avrebbero continuato, benché una parte della popolazione, quella cioè che aveva dovuto emigrare, desiderasse rientrare pacificamente nei suoi focolari; ma che a ciò fare ne era .impedita dagli insorti armati, i quali, per la maggior parte, non appartenevano al paese, ma si componevano di gente raccogliticcia che avevano tutt'altri interessi che quelli del paese· stesso. Il Conte di Derby è di parere che conviene lasciare i due avversari in presenza senza che nessuno intervenga in favore dell'uno o dell'altro. Se gli insorti vinceranno, la Turchia dovrà concedere a quelle provincie, o l'autonomia od anche una indipendenza assoluta secondo che la vittoria sarà più o meno compl:eta; ciò la Turchia potrà fare senza parere agli occhi dei suoi sudditi, sottostare alla pressione di Potenze estere; se al contrario i Turchi la vinceranno, essi dovranno, ciò malgrado, fare a quelle provincie medesime delle concessioni che però saranno meno estese di quelle che dessa è fin d'ora disposta ad accordare. Il Conte di Derby crede che uno dei mezzi più sicuri di disinteressare almeno per ora, nella lotta il IVIontenegro, sarebbe che la Turchia concedesse a quel principato alcuni terreni

i:n pianura cotanto desiderati da quei bellicosi montagnardi. In questa maniera essi verrebbero assuefatti ai ~avori della pace, il che li indurrebbe a deporre le armi per l'aratro. In quanto alla concessione di un porto sull'Adriatico, tanto da essi ambito, il Conte di Derby non pensa che l'Austria vi consentirebbe, imperocché quel porto diverrebbe un porto Russo.

Chiesi al Conte di Derby quale significato bisognava dare ai violenti articoli pubblicati recentemente contro l'Inghilterra dal Giornale il Nord che si sa ricevere le sue inspirazioni dalla Russia. Egli mi rispose attribuire quelli articoli ad uno dei partiti che in Russia dividono l'opinione pubblica. Le relazioni ufficiali attuali dell'Inghilterra colla Russia sono nei migliori termini: ma Egli non si faceva illusione -se l'Imperatore di Russia attuale desidera la pace, non è così del Gran Duca Ereditario, conosciuto per i suoi sentimenti panslavisti ed ostili alla Germania, e la di cui accessione al Trono sarebbe probabilmente il segnale della guerra contro la Turchia. Non si poteva fare intieramente assegnamento sull'indirizzo politico di quel Governo, imperocché vi erano [n quel vasto Impero diverse tendenze che a vicenda sono dominanti. Il ritiro annunciato dal telegrafo del Principe Gortchakow non pareva sembrargli inverosimile. Intanto il Conte di Derby non crede che la Russia sia in questo momento, e per molto tempo ancora, in grado di agire militarmente né su terra né su mare. Il nuovo ordinamento militare di quell'impero ha sconvoLto le antiche falangi che minacciavano l'Europa e non ha ancora prodotto l'effetto che se ne aspettava. Inoltre quelli eserciti sono meno da temere imperocché essi, stante le difficoltà delle comunicazioni, non possono rapidamente concenrtrarsi, mentre la mobilità, ai tempi nostri è uno dei pregi principali di un esercito. In quanto alla marina Russa non v'è per ora da preoccuparsene poiché quella potenza non ha che una sola corazzata di primo ordine, ed alcune altre corazzate speciali fatte più per la difesa dei porti che per prendere parte a spedizioni marittime da guerra.

Infine io volli sapere se quell'alleanza, od almeno quell'intesa, della quale tanto parlano i giornali, esistesse realmente tra l'Inghilterra e la Germania. Alle mie indagini, il Conte di Derby, senza rispondere esplicitamente, si limitò a dirmi: l'Alleanza della Germania e dell'Inghilterra si presenta naturalissima, e propria, più d'ogni altra, ad assicurare la pace.

Intanto la Francia cerca di stringere i nodi colla Russia, ed il Conte di Derby mi disse che si suppone che verrà dalla Francia una proposta di conferenza alla quale terrà dietro, probabilmente, una proposta consimile della Russia.

Io dissi ancora al Conte di Derby: • ma come ve l'intenderete colla Germania, che anch'essa ha gran desiderio di diventare potenza marittima? ». Egli si limitò a rispondermi: • il mare è abbastanza grande per tutti •.

A sua volta il Conte di Derby mi domandò: • E voi altri cosa intendete di fare? •. Io non avevo per rispondere a tal quesito che le istruzioni generali datemi da V. E., e le poche parole pronunciate dal nostro Presidente del Consiglio alla Camera dei Deputati per cui dovei !imitarmi a dire, che noi vogliamo la pace anzi tutto, e che siamo desiderosi di non scostarci in questo intento dall'Inghilterra; ma non potei dire di più non essendo tinformato delle viste di codesto Ministero. Verso l'uno o l'altro dei due partiti, fra i quali tende evidentemente a dividersi l'Europa; cioè Inghilterra e Germania da una parte, Russia e Francia dall'altra, al primo partito si crede che si accosterà l'Austria che teme la preponderanza della Russia fra le popolazioni slave.

Il principe di Bismarck ed il Gabinetto Inglese non si llasciano di certo condurre dal sentimento nella loro politica: essi sono essenzialmente utilitari -se ·l'Inghilterra trov•erà nella supposta alleanza una sicurezza per il suo Impero delle Indie, ila Germania vi scorgerà probabilmente in prospettiva

o l'acquisto delle pro~incie tedesche della Russia, od una preponderante posizione marittima ne' mari del Nord e nel Baltico. Si parla già della cessione per parte dell'Inghilterra dell'isola di Heligoland alla Russia: forse non è che un'avvisaglia ma ciò indica le tendenze attuali.

Io chiesi, col mio telegramma di essere alquanto informato delle conversazioni di V. E. con Sir Augustus Pag.et. Ella sentirà la necessità che le mie parole qui a Londra vadano concordi con quelle di V. E. quantunque il Corute di Derby si mostri molto cordiale con me, tuttavia m'accorgo che Egli non è del tutto rassicurato circa la via che vorrà prendere il nostro governo in mezzo alle maggiori complicazioni politiche che le attuali circostanze possono far sorgere.

P. S. Al momento di chiudel.'e questo rapporto, io leggo un articolo dello Standard di stamani in risposta alla lettera in data da Berlino, pubblicata nel giornale il Diritto (n. 165, delli 12 giugno) sulla morte del Sultano AbdulAziz. Ne mando una traduzione all'E.V. la quale rileverà la violenza di quel linguaggio contro l'Italia. Quantunque questi Ministri non riconoscono allo Standard un carattere nemmeno semi-ufficiale, non è men vero che desso è sostenitore della politica del Gabinetto Inglese, e le cose espresse in quel foglio riflettono in certo modo, in quanto alla quistione turca, le idee del partito dominante, come lo si può scorger·e dal linguaggio degli altri giornaLi di diverso colore.

Il Conte di Derby, nella sua conversazione di ieri, non fece la menoma allusione alla lettera del Diritto, che era già stata pubblicata dal Times se l'avesse fatto, io n'avrei respinto assolutamente lla responsabilità per il nostro Ministero. Ma non è men vero che sapendo che il Diritto difenda la politica del nostro governo, si attribuisce una ispirazione semi-ufficiaLe all'articolo del Diritto che, agli occhi degli Inglesi, non ha nemmeno il merito di una ingegnosa invenzione. Se il nostro Governo vuoi mantenere buone relazioni coll'Inghilterra, io credo importante di essere molto cauto, e di consigliare alla stampa, che ha qualche relazione col Ministero, di essere guardinga in ciò che pubblica sulla vertente quistione. Non bisogna dissimularlo l'Inghilterra tutta è in uno stato d'orgasmo; ed è specialmente irritata contro la Russia, e contro tutti coloro che sembrano pattegggiare con quella

potenza. La discussione che ebbe luogo questa notte in Parlamento, quantunque condotta con calma e prudenza palesa abbastanza i sentimenti di questo paese. La formola politica attuale è di lasciare i sudditi della Turchia accomodarsi col loro Governo, salvo a vedere alcune delle provincie di queWimpero J ·staccarsi per formare Stati quasi indipendenti, come la Servia, la Rumenia, a condizione che altra Potenza non pensi ad intervenire fra sudditi e Governo. Questo avvertimento è specialmente allo indirizzo della Russia.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D.R. 51. Roma, 17 giugno 1876.

Ella troverà qui unito copia di una nota indirizzatami il 9 corrente da

S. E. l'Ambasciatore d'Inghilterra per annunziarmi che il Governo della Regina avendo dato istruzioni ai Comandanti delle sue forze perché evitino qualunque occasione di contravenire alle prescrizioni dei trattati degli stretti del 1841, 1856 e 1871, spero che il più perfetto accordo regnerà fra i detti comandanti e quelli delle navi da guerra di S. M. il Re e che· il R. Governo vorrà dare a questi ultimi istruzioni nel senso sovra indicato.

Desiderando che Ella abbia sott'occhio i termini precisi della mia risposta a Sir A. Paget, Le trasmetto, qui unita, una copia della medesima (1).

Ho motivo di credere che una comunicazione analoga se non del tutto identica sia stata indirizzata da rappresentanti britannici anche alle altre Potenze che furono parte nei trattati che regolano la navigazione degli stretti del Bosforo e dei Dardanelli. Ma io ignoro finora se alcune di esse abbia dato una risposta che moHo si discosti da quella che a noi parve opportuna. Non è a nostra cognizione che alcuno abbia mai pensato che gli armamenti navali riuniti nelle acque ottomane dovessero penetrare negli stretti in opposizione ai patti stipulati che ne violano il passaggio. La S. V. alla quale il Governo del Re ha affidato il delicato ufficio d'intendersi con l'Ammiraglio Comandante la divisione navale italiana circa i movimenti dei bastimenti che la compongono, saprebbe, quando ciò fosse necessario, ricordare· all'Ammiraglio stesso ed ai singoli comandanti delle RR. navi le prescrizioni dei Trattati in vigore e le obbligazioni che ne derivano. Nulla autorizza d'altronde a credere che anche nel caso in cui gli avvenimenti locali avessero reso necessario impartire ai Comandanti le navi da guerra straniere delle istruzioni combinate per la tutela delle vite e delle sostanze minacciate dagli atti di fanatismo musulmano queste istruzioni non avrebbero avuto per base il rispetto dei doveri reciproci nascenti dai trattati europei.

L'eccitamento che contiene la nota inglese all'osservanza dei patti internazionali costituisce pertanto uno di quegli atti ai quali non si potrebbe ne-gare un significato speciale. Esso fa parte di quella serie di dichiarazioni colle

quali il Gabinetto inglese sembra in questi giorni voler affermare la sua risoluzione di stare· armato a difesa dei Trattati che proteggono l'integrità della Turchia.

Circa l'opportunità di questo contegno nelle circostanze presenti noi dobbiano sospendere qualunque giudizio. Crediamo che le Potenze principalmente interessate al mantenimento della pace non abbiano in questi casi 1la scelta della loro linea di condotta poiché la via che debbono seguire è •tracciata dall'assoluta convenienza di astenersi da tutto ciò che mettendo maggiormente in luce il carattere ed il significato degli atti di cui si tratta può essere causa di irritazione nei rapporti di due o più Potenze fra di loro.

Della comunicazione che io faccio a V. S. Ella farà dunque l'uso il più riservato ,e prudente. Importa al Governo del Re che siano evitati tutti i pretesti di una qualsiasi complicazione la quale potrebbe prendere in brev'ora proporzioni gravi e tali da compromettere in modo serio degli interessi che toccano direttamente il nostro Paese.

Non debbo infatti tacere a V. S. che il formidabile armamento di cui dispone l'Inghilterra nel Mediterraneo potrebbe avere per obiettivo l'Egitto. Non è da dissimularsi che la condotta del Governo Inglese verso il Khedlirve pare confermare una supposizione che agli occhi di molti non è contraddetta dal complesso delle circostanze. Se il contegno incauto dell'una o dell'altra Potenza fornisse alla Gran Bretagna il pretesto che finora le è mancato di far atto di forza in Egitto, do non esite~rei a credere che noi ci po·tremmo trovare ad un tratto in presenza di uno di quei fatti di cui la prudenza dei Governd deve sapere prevenire il compimento.

Ma potrebbe anche darsi che altri motivi e sopratutto delle considerazlioni di politica inte))na, abbiano deciso il Gabinetto di Londra a prendere delle disposizioni guerresche che pare riescano assai popolari in quel Paese. In tal caso le previsioni sovrindicate cadrebbero a vuoto ed il Governo Britannico non avrebbe avuto altro scopo che quello di poter dichiarare che •la pace' del mondo fu salvata dagli armamenti inglesi.

Comunque sia di tutto ciò, la S. V. ben comprende che una situazione a formare la quale entrano elementi così diversi, merilta per una parte un'attenta e continua sorveglianza e per altra parte esige dal canto nostro una condotta molto circospetta.

Ho veduto accennato in parecchie corrispondenze che la diplomaz:1a inglese approfitterebbe dell'ascendente che in questo momento eserd~ta in Turchia per ottenere che dal nuovo sultano sia concesso aHe popolazioni della Bosnia e dell'Erzegovina un ordinamento speciale pel quale si formerebbe probabilmente un regolamento organico simile a quello di cui godono al•tre provincie dell'Impero. Di questo e di al,tri progetti che venissero fatti a Costanltinopo1i il R. Governo bramerebbe essere sollecitamente informato per poter dalle a

V. S. le istruzioni che in proposito Le potessero abbisognare.

Le informazioni che il Ministero possiede non permettono di considerare come fondate le voci messe in giro di dissenzioni nate tra i tre GabineUi imperiali del Nord. Ancor recentemente noi abbiamo saputo dal Conte· di Launay che la politica della Germania rimaneva immutata ed il Signor di

Bulow esprimeva a questo riguardo all'Ambasciatore di S.M. il desiderio che l'Italia abbia a continuare a procedere di conserva coll'impero tedesco allo scopo di mantenere l'accordo fra la Russia, l'Austria e Ungheria. Finché un tale accordo si mantiene la pace è assicurata in Oriente come in Occidente. Per non esporre a cimento un co.sì grave interesse, il Gabinetto di Berlino sembra poco proclive ad accettare le proposizioni di conferenze che sarebbero invece patronate dalla Francia. Fol'se la memoria dell'esito che ebbero le Con:llerenze di Vienna del 1873 induce a credere che in quasi identiche .situazioni non gioverebbe il ricorrere a rimedli che hanno già altra volta fallito il loro scopo.

Anche sopra questo punto io debbo pertanto raccomandare a V. S. di riservare p1enamente alla decisione del Govevno del Re non solamente le risoluzioni da prendere ma anche La scelta dell'opinione che potrebbe più rtardii essere necessario di esprimere in senso favol'evole o contl'a:do al progetto di riunioni diplomatiche.

(l) Non si pubblica.

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IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 73. Madrid, 17 giugno 1876 (per. il 25).

La base religiosa di .cui già ebbi l'onore di intrattenere l'E. V. nei precedenti mieli rapporti, allorché fu discussa nel Congl'esso, occupò per più giorni l'attenzione del Senato, e provocò la votazione, il cui esito mi feci premura di far conoscere telegraficamente all'E. V.

I varj partiti anche in questo ramo del Parlamento •ebbero di spiegare apertamente i loro intendimenti. La discussione fu solenne e trattata da tutti con gravità, prudente forma, ma eziandio, specialmente dalla parte moderada, con energia e l'igidezza di principj tale da escludere qualsiasi adito a transazione. Pure la discussione p!'ocedette quasi sempre assai ca•lma, ed aveva più sembiante di una lizza accademica anziché di una di carattere politico.

Non penso tediare l'E. V. ragguagliandola partitamente d'ogni discorso, avvegnaché gli omtori rip·rodussero gli identici argomenti già usati nell'altro ramo del Parlamento per difendere il proprio assunto. Mi limiterò ad accennare le nuove argomentazioni impiegate dai Vescovi ed in ispecialità ad esaminare quanto si disse a riguardo dell'Italia, più volte citata durante i<l dibattimento.

Mo1ti furono i temperamenti proposti dai varj lati del Senato per adattare l'articolo XI alle varie aspirazioni. Si partì dal concetto dell'assoluta proibizione dell'esercizio pr.ivato e pubblico dei culti non cattoLici per discendere sino a quello propugna<to dal Signor Ruiz-Gomez a favore dell'assoluta libertà dei culti. Al Signor Carramolino, autore del temperamento più ligio alle pretese della Chie·sa, rispose il Signor Silvela, uno dei membri della commissione, per dichiarare che quel temperamento tendeva a ridurre la Spagna allo Stato della China, e fu combattendo queU'istessa proposta che il Signor Calderon Collantes, Ministro di Stato, ebbe a dire che dieci anni or sono, allorché fu

posto .i:n discussione il riconoscimento del Regno d'ltalia, il partito avverso a quella misura profetizzò ogni sorta di s\"enture. Si fecero sforzi per commuovere la coscienza dei cattolici; eppure il Regno d'Italia fu riconosciuto e nessun partito protestò conrt:ro quel fatto: • Che posizione avremmo • sono le proprie parole del Ministro di Stato • innanzi alle nazioni europee se ci fossimo rifiutati a riconoscere queL Regno •? Voler stabilire l'intolleranza religliosa sarebbe un assurdo, e gli stessi Vescovi, se ora venissero al potere, non oserebbero ricorrere a simili misure. Né si può comprendere perché la Santa Sede rifiuterebbe alla Spagna ciò che concesse all'Austria ed al Portogallo.

Il temperamento del Senatore Carramolino fu dal suo autore stesso ritirato, come pure vennero ritirati successivamente :tutti gli altri tranne quello del Senatore Ruiz Gomez a favore dell'assoluta libertà dei culti, emendamento che raccolse soli 11 voti avendone 118 contrarj. Il discorso del Signor Ruiz Gomez a sostegno dei principj sui quali venne fondata la Costituzione del 1869, diede occasione al vescovo di Salamanca per dichiarare che la Costituzione del 1869 fu atea. Seguendo :la via aperta dal Prelato, il Senatore Cuatro Torres affermò che H Papa tiene diritto di determinare le leggi direttive nella questione di morale sociale, e le società cattoliche debbono ascoltare la Sua aUJtorevole voce. O~ qualvo1ta il Pontefice dichiara che parla come Pontefice, ciò basta perché tutti lo obbediscano. Benché rifugga dagli abusi commessi dall'inquisizione, l'oratore ne accetta lo spirito. Nello stesso senso si dilungò il Senatore Casada, il quale non volle ammettere il concetto che il :dconoscimento dell'Italia fu un fatto propizio alla Spagna, e per provarlo addusse il fatto che un figlio del Re d'Italia venne a sedersi su questo stesso trono, e che l'Imperato11e dei Francesi che tanto ajutò lLe aspirazioni Italiane, morì nell'esigUo. Parole più generose pronunziò il Senatore Valera. Parlò a favore della Costi,tuzione del 1869, e mentre decantò i diritti della ragione, propugnò i principj della libertà della Chiesa, e dimostrò che gli ultramontani avvantaggerebbero assai più :la loro causa appoggiandola a principj democratici che non col farsi seguaci di una stolta intransigenza. Toccando del Concordato disse che in quell'atto erasi disposto di cose, di cui una delle parti contraenti non poteva disporre, cioè della coscienza degli Spagnuoli, ed a suo avviso l'articolo XI rompe il Concordato. Questo concetto fece balza11e dal suo seggio H Ministro di Stato, il quale in .termini •accentuati dichiarò la sua tenerezza per il Concordato, che il Go'V'erno considera sempre vigente, non formando soggetto di discussione che puramente l'articolo 1". In questo punto un Senatore avendo rammentato il Breve diretto nello scorso Marzo al Cardinale Moreno a sostegno della Unità Carttolica, il Ministro replicò che quello scritto aveva solo valore di un documento diplomatico.

Tra i ~escovi che hanno seggio nel Senato, il primo a prendere la parola fu quello di Avila, e l'Assemblea lo ascoltò colla più marcata deferenza. Egli prese a difendere la tolleranza religiosa, solo però nel senso pratico, combattendo la proposta di iscrive11e tale garanzia ne:lla Costituzione dello Stato. Egli si accinse a dimostrare che non solo nel Vangelo ma nelle pagine stesse della storia Ecclesiastica, l'impiego della forza nella questione religiosa, è un mezzo riprovato, ·e biasimò apertamente le stragi della San Bartolomeo e queM.e

!8 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

ordinate dall'Inquisizione. All'inrvero non si poté comprendere perché, quaJ.e conseguenza di queste saggie dimostrazioni, gliungesse alla conclusione che la tanto decantata tolleranza non dovesse trovare la sua garanzia nella Costituzione. Il Vescovo di Orihuela trattò ila qUJestione da teologo, da moralista, e da politico. Vantò i prinoipj liberali ai quali si infonna la Chiesa, e, stante questi principj, ,tanto conosciuti, non era per nulla necessario di rivestirli di una garanzia, giacché la Chiesa, mentre è tollerante, non può tuttavia rinnnz;iare ai proprj diritti. Prese la parola dipoi il Conte Coello, Rappresentante di Spagna presso la nostra Corte. Egli sostenne il bisogno pe,r ila Spagna di cattivarsi le simpatie delle altre Potenze 'ed aggiunse che avendo avuto la sorte di rappvesentare ,i,l suo paese nel piccolo Piemonte, vidde nello spazio di dieci anni, una nazione di 5 milioni di abitanti innalzarsi al rango di grande potenza, rango in oggi raggiunto dall'Halia. E qui mi giova riportare le parole medesime impiegate dall'oratore per ispiegare l'atteggiamento della Spagna divimpetto all'Italia.

• Forse tutti non sanno che per ordine del mio Govevno, il quale agiva di concerto con tutta l'Europa, ebbi per istruzione di formolare, delle rise!'Ve importanti contro i fatti simboleggiati dalla parola Castelfidardo. E quando dopo cinque o sei anni, la Spagna riconobbe il Regno d'Italia, avete forse dimenticato che la sua capitale trovavasi a Fivenze e che ,l'unico modo di consel'Vare il Potere ,temporale al Papato fu di associarsi in quei giorni all'az;ione dell'Europa? Quel pensiero dell'Europa, che era in pari tempo quello di Cavour e di Minghetti sarebbesi realizzato se certi funesti consigLi non avessero impedito al Vaticano di accettare lealmente e senza risel'Ve il ,concetto deUa pace di Villafranca, e non avessero costretto il magnanimo Pio IX a ripiegare la bella bandiera inalberata nel 1846, la bandiera dell'indipendenza e della libertà d'Italia.... Abbiamo rammentate le cause principali aUe quali l'Italia deve la sua unità. Ora l'Italia è fatta e non si disfarà, perché quel paese ebbe il tatto di non toccéU'e allo Statuto, ottriatogli dal Re Carlo Alberto, e malgrado il recente avvenimento al Potere di un Ministero di idee avanzate, veruno pensò in quel paese di 'tanta esperienza politica a diritti irrealizzabili né al suffragio nni\nersale. L'Italia non si disfarà pel'ché quel popolo non è agitato dalla instabilità come il nostro, ed allorché il Ministero Depretis giunse al potere, dopo varì anni dacché gli amici suoi ne furono lontani, di ottanta prefetti soli 8, dei quali i più ritiraronsi volontariamente, sono cambiati, ed all'estero non si toccò ad un solo Rappresentante diplomatico. Non si di,sfarà, giacché mercè la legge militare del ser~izio obbligatorio, legge che dovrebbe esse11e adottata anche in !spagna salvo alcune modificazioni, legge che è la salvezza del nostro ordine sociale 'e che raccomando vivamente all'attenzione del nostro Re e del nostro Governo come la prima base di disciplina morale e di unità naz;ionale, Toscani e Romani, Piemontesi e Napoletani, dimenticano le tradizioni della loro famiglia per non ricordarsi più che della loro patria. Non si disfarà, perché quel popolo comprende che vi hanno istanti in cui è necessario che tutti si impongano dei sacrifizi per superare le grandi crisi, e così paga il 30 % di contribuzione territoriale ed il 13 % di ricchezza mobile con che può sostenere un esercito di 300 mila uomini ed una potente flotta. Non si disfarà, perché uno stretto nodo esiste tra il Trono ed il popolo, e vera armonia 'tra la Costituzione Liberale e la Monarchia, .come la tiene egualmente la Spagna. So benissimo che rimane a risolwre il gran problema di porre in accordo l'Impero col Pontificato, e dicendo ciò non si tema possa uscire· dal mio 'labbro una sola parola 'lesiva dell'augusto carattere di Pio IX, la cui beneddzione fui a cercare nel 1860. Sua Santità non istà prigioniero nel Vaticano, ed ho il profondo convincimento che se domani gli prendesse vog1ia di presentarsi al popolo di Roma, riceverebbe una unanime ovazione, come la riceverebbe da tutta Italia, orgogliosa di servire di Asilo al Papato.

D'altronde io che viddi Ferrara occupata dagli Austriaci, Roma dalle legioni Francesi, ed una squadra Inglese ad Ancona, affermo che giammai fu più forte 'ed indipendente che oggi il potere morale del Pontefice; come oggi non fu mai tanto colmo n suo tesoro, sostenuto unicamente dall'obolo di San Pietro. Non c!"edete voi che sulle coscienze umane non eserciti influenza la coesistenza di due Grandi Sovrani, lo Spiriltuale nel Vaticano, ed il temporale nel Quirina1e? E se in queste circostanze sopravviene una crisi, che Dio tEIDiga lontana, ma pur possibile, e si riunisse il Conclave, ~a Spagna associata all'Europa, potrà :esercitare influenza sull'avvenire del Cattolicismo mille volte più che ai tempi di Carlo III? •.

Termina.m H discorso del Signor Coello l'attenzione generale fu assorta dal Viescovo di Salamanca, H quale uscito dalla plebe, col suo straordinario ingegno seppe farsi strada al vescovato, alla quale dignità fu innalzato durante il regime rivoluzionario, ciò che vorrebbe significare che sino allora ebbe l'arte di nascondere quelle tendenze teocratiche, alle quali nella presente circostanza lasciò libero corso. Non esitò a dire che anzitutto parlava come Vescovo, ed incominciò coll'asse11ire che la questione non teneva carattere politico, ed. in ogni caso la politica doveva rimanere vincolata ai dettami della giustizia, ed ogni giustizia proviene da Dio. Lo stato nell'ordine re!Jigioso tiene i suoi doveri, e la sua Autorità non può essere riconosciuta se :non dentro i doveri della RielJigione. Il Pontefice colla parola Non possumus dichiarò di non possedere Egli stesso altra Sovranità all'infuori del diritto divino. H Cattolicismo non si fa strada colla violenza, ma una volta accettato da una nazione, ha il diritto di esservi esclusivo. Il Clero non sarà mai ribelle; però non potrà riconoscere i mezzi che si adottano contro la Religione.

Il Presidente del Consiglio si alzò per protestare energicamente contro le eccessive dottrine del Vescovo di Salamanca.

Se i Prelati non possono rinunziare a ciò che spetta a Dio, del pari il Governo non può abbandonare ciò che è di Cesare. È necessario distinguere tra di11iitto naturale e diritto religioso, tra la Società ecclesia,stica e la Società aivile. La Spagna nulla ha a temer:e dalla tolleranza giacché saprà sfuggire agli eccessi. Il Governo ammette la convenienza di appoggiarsi sulla morale religiosa, ma esiste una grande distanza ,tra il non trascinare uno Spagnuolo innanzi ai Tribunali per aver praticato un culto distinto dal Cattolico, e la soppressione di ogni sentimento religioso. Gi stessi Re, fondatori dell'Unità di fede rispettarono la libertà di coscienza dei Mori. Invano :tentava il Viescovo di appoggiarsi .sopra taluni articoli del Sillabo. Questi articoli non sono in contraddizione col sistema del Governo. Del resto non può concedersi ad un Vesco·vo di dirigere la parola al Senato, perché Vescovo. Al Senato .tutti debbono parlare semplicemente come legislatori e come Rappresentanti della Nazione. I vescovi non seggono in Senato per loro propria rvolontà, ma per il mandato loro affidato dagli elettori, nel cui esclusivo interesse debbono risolversi le questioni.

Tra i membri del Senato, ultimo a prendere la parola fu il Signor Benarvides, antico ambasciatore presso la Santa Sede, della quale carica si ritirò, allorché dimessosi or fa un anno circa il Signor Canovas dalla Presidenza del Consig1io, poté credere che il Gorverno si avviasse su una linea più liberale dalla quale rifuggiva. Rimpianse l'antico Ambasciatore i tempi della intoUeranza, e fece un tristissimo quadro delle persecuzioni religiose in Germania, né tardò a rappresentare il Santo Padre, dopo lo spogrilo del potere temporale, come rinchiuso nel Vaticano, alle cui finestre non può affacciarsi senza scorgere soldati italiani armati. Né passa giorno senza che si attenti alla legge delle guarentigie, nnico tributo di rispetto rimasto al Santo Padre, e che il Re d'Italia rvuole mantenuto.

Innanzi ad un'assemblea stanca, rvolle H Ministro di Stato riassumere la difesa del Governo. Già da più giorni lasciarva credere di tenere egli in serbo documenti importantissimi, mediante i quali arvrebbe ridotto al silenzio gil.i arvrversarj ultramontani. Ciò nonostante limitossi a far ritorno sull'accarezzato argomento che la base religiosa formolarva nell'Articolo XI può coesistere coll'articolo I del Concordato, stanteché questo è semplicemente l'accordo di due poteri affatto indipendenti tra loro : né una delle parti può infrangerlo perché pretende di averlo frainteso; e la Santa Sede sa benissimo in qual senso fu sempre interpretato dal Governo spagnuolo. Coloro che .sostengono il contrario sono più papisti del Pontefice, e troppo sorvente in !spagna maneggiasi la Religione come arma politica. Gli attacchi mossi dal Signor di BenaVlides al Gowrno, i cui interessi egli rappresentarva ancora non molti mesi sono, costrinsero il Presidente del Consiglio a prendere nuovamente ,}a parola; sopratutto per respinge11e accuse che potevano riuscire di nocumento alle buone relazioni coll'Estero. Così negò che rvi fossero aspirazioni ad una Monarchia unirversale, ed a rvoler soppiantare la religione Cattolica colla protestante. Rllcordò poi che il Signor Benarvides, allorché fungeva da Ambasciatore di Roma, non professarva a farvore dell'untià religiosa gli stessi sentimenti da lui vantati in oggi. E provò la sua asserzione con un telegramma (13 Aprile 1875) nel quaLe quel diplomatico affermarva di aver sostenuto, in confronto del Cardinale Antonelli, che l'unità religiosa starva rotta in !spagna, e che non potervasi ristabilire, essendo il Gorverno Spagnuolo assolutamente contrado a quell'affermazione. Questa non fu all'invero l'opinione definitirva della Santa Sede, ma la fu del Signor Benavides.

Finalmente, posto ai voti l'articolo XI, fu per appello nominale, approvato da 113 voti contro 40. Tra quesrti ultimi contansi i voti del partito Costituzionale, il quale si oppose alla proposta governativa, perché troppo ristretta, mentre i partito moderado la respinse perché distruttiva dell'unità religiosa. I senatori Costitu21ionali, i quali stante il lato su cui siedevano, furono per gli ultimi chiamati ad 'esprimere il loro suffragio, non ebbero scrupolo a darlo negativo, avendo avuto l'opportunità di assicurarsi che l'articolo XI aveva già ottenuto larga maggioranza. Dal banco dei Minist11i :H principio della libertà religiosa fu combattuto con maggiore energia che non lo fu quello dell'intolleranza. Il Ministro di Stato mostrandosi assai ossequioso verso il Concordato, e proclamando ad ogni istante la sua devozione per il Santo Padre fornì a1imento ai fanatici discorsi del partito moderado, e credo che lo stesso Presidente del Consiglio non ebbe sempre a lodarsi de1l'ajuto prestatogli dai colleghi.

Alcuni Senatori Costituzionali non mancarono di osservarmi che, ristretto qual'è H concetto accettato della tolleranza religiosa, ciò nondimeno dovevasi prendere in considerazione che per la prima volta sotto il regime Borbonico esso veniva iscritto in una Costituzione, per cui ogni indietreggiamento diviene impossibile.

Questo voto importante veniva pronunziato il giorno stesso, in cui per le vie di Madrid, festeggiavasi in più punti, il ,trigesimo anno di Pontificato di Sua Santità.

183

L'AMBASCIATORE DESTINATO A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 3. Ems, 18 giugno 1876 (per. il 21).

Prima della sua partenza da Ems, il Principe Gortchakow mi fece oggi pregare di recarmi da lui, e mi diede le seguenti informazioni confidenziali, destinate ad essere portate, in via riservata, a notizia dell'E. V.

Il Principe Cancelliere ha ricevuto dal Conte di Derby, per mezzo dell'Ambasciata russa in Londra, una comunicazione relativa alle cose di Turchia, concepita in forma che qui fu trovata amichevole ed inspirata a sensi di fiducia, e secondo la quale il Governo Inglese proporrebbe l'applicazione per parte del Governo di Costantinopoli alle proV"incde insorte di Bosnia e di Erzegovina, d'un sistema amministrativo non dissimile da quello ora in vigore nell'isola di Creta. Nel caso probabile in cui gli d:nsorti non si contentino delle riforme largamente promesse dal Governo Turco, il Gabinetto di Londra è d'avviso che le Potenze, rinunziando temporariamente a passi ulteriori, lascino che la questione fra gl'insorti ed il Governo di Costantinopoli si risolva colle armi, senza alcuna ingerenza estera. Se gl'insorti riescono vincitori, l'Inghilterra ammetterebbe l'indipendenza delle due Provincie. Nel caso contrario, quando cioè la Porta avesse la vittoria sulle popolaziond insorte, il Gabinetto di Sua Maestà Britannica proporrebbe che le potenze guarentiscano almeno il trattamento cretese nelle due provincie. In più brevi termini, la proposta inglese porterebbe in sostanza, che si lasoi alla Turchia di proporre e d'applicare, se può, le riforme da Lei promesse su larghissime basi. In caso di rifiuto per parte degli insorti s'abbandoni la decisione alle armi fra questi e la Porta. Se gli insorti vincono, s'abbiano l'indipendenza guadagnata nella lotta; se soccombono, ottengano il trattamento cretese, e se ne contentino.

Questii comunicazione fatta dall'Inghilterra alla Russia direttamente ed in termini non solo cortesi ma esprimenti fiducia intomo agli intendimenti del Gabinetto di Pietroburgo, fu qui accolta con un sentimento di sollievo, e contribuì a dileguare l'inquietudine che il Governo dello Czar provava da qualche giomo, dopo l'ultimo discorso del Signor Disraeli, intorno all'attitudine dell'Inghilterra.

Il Principe Cancelliere rispose alla proposta <inglese con una contro-proposta. Egli si felicita anzitutto di questo scambio di idee, dal quale appare costante l'identità dello scopo che la Russia e l'lnghilterra si prefiggono e nel quale consentono le altre grandi Potenze, scopo che è pur sempre quello di mantenere la pace europea, di conservare l'integrità geografica dell'Impero Ottomano e di migliorare 1e condizioni delle provincie· insorte. Il Principe Gortchakow non vede però la necessità d'un conflitto armato fra gl.Ji insorti dall'un lato e la Porta dall'altro, per giungere al fine comunemente desiderato. Considerazioni di umanità ed anche considerazioni politiche fanno desiderare che si eviti possibilmente un ulteriore spargimento di sangue. Il Cancelliere russo proporl'ebbe, quindi, che tolte di mezzo quest'eventualità di conflitto armato, le potenze s'accordassero fin d'ora per consigliare alla Turchia ed ottenere da essa qualche cosa di più che il tra,ttamento cretese applicato alle provincie insorte, e qualche cosa di meno che la loro indipendenza, e ciò sarebbe l'autonomia amministrativa e tributaria di esse. L'applicazione di questo principio non sarebbe certo senza difficoltà in presenza di due elementi ostil.i, mussulmano e non mussulmano, che stanno in pl'esenza nelle due provincie, ma è possibile, purché si proceda con buon volere e purché le Potenze siano concordi.

Oltre a ciò il Principe Cancelliere formola due altri desiderata, cioè una cessione di breve terreno che dà accesso al mare in favore del Montenegro, e la cessione al Principato di Servia dei terreni di pascolo limitrofi, lungamente contestati, e sui quali il diritto della Servia sembra legalmente fondato.

L'E. V. riceverà certamente da Londra dette informazioni intorno all'im

pressione che la ri1sposta avrà fatto sul Gabinetto della Regina, e .sull'acco

glienza che vi avrà avuto. D'altro lato ho pregato il P11incipe Gortchakow,

che durante la di lui assenza, voglia, per mezzo dell'Ambasciata russa di Roma,

tenersi in comunicazione coll'E.V. ed informarla dell'esito di questa nuove

proposte preliminari, l'e quali, se .sono destinate ad avere un corso ulteriore

saranno ufficialU!ente trasmesse al Gabinetti dalle altre Grandi Po,tenze e

discussi da essi.

Intanto questo scambio d'idee fattosi direttamente tra la Russia e l'In

ghilterra in un momento in cui pal'eva che le relazioni fra le due Potenze

inclinassero a tendersi, è un <indizio di buon augurio pel mantenimento della

pace europea. Nella conversazione che ebbi oggli col Principe Gortchakow, que

sti, parlando della po.ssibile riunione d'una confurenza in date eventualità, mi

disse che per ora quest'idea gli pare imma,tura, ma convenne con me che

forse converrà ventire più tardi alla sua attuazione. Mi confermò che la Russia

non vi sarebbe contraria, e mi lasciò credere che la Germania non ha in

proposito alcuna risoluzione fissata a priori, ed ha a questo riguardo un'attitudine piuttosto indifferente. Ma l'Austria sembra pur sempre ostile ad ogni simile progetto Approfittai di questo discorso per proporre di nuovo eventualmente la città di Venezia come sede conveniente della conferenza, ove questa si riunisse tosto o tardi. Personalmente il Principe Gortchakow non m'è sembrato avverso a questa scelta, ma oppose egli pure la convenienza che la sede d'una conferenza eventuale sia fissata possibilmente in ,terra neutrale.

L'Imperatore Alessandro, e con esso il Principe Oancellriere partono oggi da Ems per Jugenheim. Sua Maestà Imperiale sarà di ritorno a Pietroburgo verso il 9 luglio. Non è ancora deciso che il Principe Gortchakow lo accompagnerà nella capitale dell'Impero.

L'Imperatore di Germania è qui da quattro giorni. Mi fece oggi il'onore di passeggiare con me abbastanza a lungo. Ma il discorso che mi tenne Sua Maestà Imperiale s'aggirò esclusivamente sugli eventi dell'ultima guerra colla Francia.

Le confermo che sarò, salvo ordini contrarii dell'E.V., il l o luglio a Pietroburgo. Fino a quell'epoca io rimarrò senza comunicazione col Governo Russo. Fu tuttavia inteso che se nell'intervallo il Principe Gortchakow avrà qualche comunicazione a farmi, me la dirigerà 'in Ems fino al 27, nel qual giorno io partirò per Berlino e per Pietroburgo.

184

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 2675. Parigi, 18 giugno 1876 (per. il 21).

In un'udienza ch'ebbi jeri dal Signor Duca Decazes, io pregai S. E. dii farmi conoscere quali fossero le impressioni del Governo francese in seguito agli ultimi avvenimenti di Costantinopoli e se a suo giudizio e secondo le sue informazioni vi fosse luogo di temere che, l'assassinio dei due ministri del Sultano avesse qualche importante conseguenza per la politica generale'.

Il Signor Ministro degli affari esteri mi rispose che non gli pareva di dover dividere le apprensioni che s',erano manifestate nella prima ora e che per parte sua egli non crede'Va né che debba seguire a quel fatto uno scatenamerruto di passioni popolari quale da alcuni lo si prevedeva, né ch'esso abbia una qualche influenza sul contegno della Serbia. Secondo l'opinione di S. E., ril parziale mutamento di persone che la morte di Rachid Pascià e di Hussein Avni Pascià rese necessario nel consiglio de' ministri di Murad V sarebbe un argomento di più per consigliare alle Potenze di dare tempo al nuovo Governo della· Sublime Porta onde possa da sé tradurre in alto le sue intenzlioni, applicare le riforme annunziate e provvedere alla pacificazione delLe provincie insorte.

Venendo a discorrere dell'ultima fase delle trattative fra le Potenze circa gli affari d'Oriente, il Signor Duca Decazes mi confermò che da due o tre giorni erasi molto mitigata la tensione la qua,le s'era prodotta nei rapporti fra il Gabinetto di S. Giacomo ed il Gabinetto russo, in seguito del rifiuto del primo di accedere alle conclusioni del Memorandum di Berlino. S. E. mi disse ch'era Ueta d'aver potuto contribuire a questo riavvioinamento e che sperava, ora che il Gabinetto inglese era di nuovo in attiva comunicazione col Gabinetto russo, di vederne uscire Disultati favorevolii all'interesse comune del mantenimento della pace. c Se mi fosse permesso, aggiunse il Duca Decazes, di dare in vista di quest'interesse un amichevole consiglio al Governo italiano, direi che nella fase in cui trovansi la quistione d'Oriente in quest'ora ciò che a lui non meno che a noi conviene si è di tenerci intanto immobili •.

185

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 541. Vienna, 19 giugno 1876, ore 15,30 (per. ore 17).

Andrassy sort de chez moi; il s'est montré satisfait de la solution plus que probable de l'affaire de la convention de Bale. Il m'a ensuite demandé si j'avais déjà reçu de· nouvelles lettres de créance, et m'a dit espérer que S. M. l'Empereur pourrait bientòt accréditer lui aussi l'ambassadeur, mais qu'il faudrait encore quelques jours de retard ensuite de di:lificultés pour le choix au poste de Paris qui occasionnerait un certain remainement dans le personnel. Il parait cependant probable que le Comte Wimpffen reste. Nous avons ensuilte longuement parlé des affaires d'Orient, qui ne lui semblent pas bien acheminées, il croit inévitable la participation de la Servie et du Monténégro à l'insurrection, je vous écris par la poste sur tout ceci.

186

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 486. Vienna, 19 giugno 1876 (per. il 23).

Siccome ebbi a telegrafarle poco fa (l) S.E. il Conte Andrassy venne oggi a trovarmi e dopo di avermi tenuto parola delle quistioni speciali aventi tratto alle relazioni tra i nostri due Governi, intorno alle quali mi onoro riferire all'E. V. con al<tro mio rapporto oggi pure, la conversazione cadde, come di ragione, sugl'affa:ni orientali. Il nobile Conte dissemi ch'egli non avrebbe accompagnato il Suo Sovrano a Reichstadt, ove avrà luogo l'incontro coll'Imperatore Alessandro, essendo quel convegno cosa affatto personale ai due Monarchi, e non sembrando l'altra parte conveniente di troppo moltiplicare gli .incontri fra i Ministri. D'altronde, aggiungevami Egli, siamo in una fase in cui non c'è da far altro che di stare in attenzione del naturale svolgimento deg1i eventi c La Russia, com'egli dicevami, ha chiaramente fatto capire a Belgrado che ove la Serbia assumesse parte attiva all'insurrezione, non dovrebbe aspettarsi a soccorso od appoggio e che quindi avrebbe agito

intieramente à ses risques et perils •. Ciò non di meno Egli non nascondevami essere suo assoluto convincimento che il Principe Milano non è più in una situazione da rinunciare a far la guerra ai Turchi, il suo stato essendo :in ogni modo rovinato dal·le ingenti spese già fatte, e la corrente popolare essendo inoltre tale da soverchiare il Governo ove volesse trattenerla. Dal pari egli non conta affatto sull'astensione del Montenegro. Parimenti niuna pacifica notizia Egli ha dai campi degli insorti, che non si sottometteranno sapendosi sostenuti nella loro resistenza dai vicini Principati. D'altra parte Egli non crede i Turchi capaci di aver ragione colla forza dell'insurrezione ·e lamentò meco che a Costantinopoli, invece di curarsi di attivare senza 11itardo quelle riforme atte a ricondurre la pace nelle provincie rivoltate, come tutte le Potenze compreso l'Inghilterra consigliano alla Porta, si perda il tempo ad elaborare progetti di costituZiione, impossibili per qualsiasi paese, assurde per la Turchia. Dal modo col quale il Conte si espresse meco su tutto ciò mi convinsi ch'Egli non crede più alla possibil:ità della pacificazione mediante la sola azione morale del concerto Europeo, fiducia che sin qui non l'aveva mai abbandonato, almeno nei suoi discorsi. Sull'avvenire Egli non si pronunciò, dicendo sempre ch'esso dipenderebbe dallo svolgersi degli eventi, che intanto dovevasi lasciar agio alla Turchia di far ciò che crederebbe; e che tale sembravagli essere l'intendimento comune a tutte le potenze, che stando a guardarsi fra di loro, mostravano non voler per ora appigliarsi a partito qualsiasi. NOI!l mancò però di accentuarmi anche questa volta : la sua piena fiducia nella guarentigia per la pace Europea dell'allenza dei tre Imperatori, il perfetto accordo esistente fra l'Austria-Ungheria e la Russia. Dissemi poscia avere ricevuto un telegramma dal Conte Beust, in cui l'Ambasciatore a Londra informavalo Lord Derby avere detto all'Ambasciatore Russo che 11 Gabi111etto di Saint James era d'avviso che il solo atteggiamento che l'Europa doveva d'ora innanZJi mantenere a fronte dell'insurrezione, si era l'assoluta astensione, lasciando che gl'insorti, se saranno i più forti, conquistino la loro indipendenza, ovvero se il sopravvento resterà ai Turchi, che questi schiaccino l'insurrezione e organizzino poi le cose in quelle provincie come meglio crederanno. Un tale modo di vedere non è affatto deciso dal Conte Andrassy che in fatto dicevami non ravvisarlo per niente pratico: perché non solamente niuno può guarentire che se gli insorti fossero vittoriosi, saprebbero organizzare stati capaci da reggersi da soli, e parimenti se il sopravvento restasse ai Turchi, che questi fossero in grado di ordinare le cose in modo da presentare guarentigia di una qualsiasi durata. Ma anzi, diceva egli, tutte le presunzioni non possono a meno di essere contrarie tanto all'una quanto all'altra di queste due ipotesi. • Il solo mezzo, Egli dicevami, ch'io ho sempre creduto atto a raggiungere lo scopo si è: di far pressione a Costantinopoli perché diano le riforme necessarie, agire sugl'insorti affinché depongano le armi e accettino le riforme, e fare del pari contemporaneamente pressione sulla Serbia e sul Montenegro perché si astengano dall'appoggiare ed eccitare gli insorti; un tutt'altro sistema è mio avviso sia incapace a raggiungere lo scopo da tutti desiderato •. Parlandomi dell'Inghilterra mostrava però credere che la sua opposizio111e non fosse più così spiccata come pel passato, ed anzi l'attuale tendenza del Gabinetto di Londra fosse di riuscire a riedificare nuovamente l'accordo delle sei potenze; non avere però ancora dati ben positivi in proposito dei Illegoziati attualmente in corso fra Lord Derby, ed il Principe Gortchakof, ma aspettarne fra pochi giorni.

L'impressione generale ch'io ebbi a formarmi da tutto quanto mi disse iJ Conte Andrassy, su questo argomento, si è: ch'Egli ravvisa la fase in cui siamo da pochi giorni entrati come un periodo d'aspettativa, dopo il quale però l'Europa si troverà in una situazione notevolmente più grave della precedente. EgLi trovò poi l'opportunità di dirmi, risultargli che il Conte Corti, giusta le istruzioni impartitegli dal Regio Governo non aveva mai mancato di dare il più efficace appoggio all'azione del Conte Zichy, e compiacevasi esprimermi il suo sommo gradimento per quel fatto, che chiaramente manifesta la comunanza di vedute e gli amichevoli sentimenti che animano il Governo italiano a riguardo del Governo austro-ungarico, sentimenti di cui mi assicurava la piena e perfetta reciprocanza per parte di quest'ultimo.

(l) Cfr. n. 185.

187

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 487 Vienna, 19 giugno 1876 (per. il 23).

Il Conte Andrassy nella visita che ebbe a farmi oggi e di cui vendo conto all'E. V. tn altro speciale rapporto per quella parte deUa conversaziollle che ebbimo assieme sulle co·se Orientali, esordì coll'espri.mermi la sua soddisfazione pel risultato, che sperava fosse finale, dell'incidente a cui aveva dato origine la Convenzione di Basilea ed il successivo trattato di Vienna. Io non mancai di dlirgli, che se mi spiegava come vi fossero state fasi in quell'incidente, che aV'evano potuto eccitare la suscettibilità del Gabinetto di Vienna teneva però ad assicurargli che il Regio Governo non si era mai dipartito un istante dal suo fermo proposito dii non farne cosa che potesse menomamente alterare le così cordiali relazioni esistenti fra :i due Governi, e che anzi in tutte le istruzioni, che mi ·erano state mandate intorno a questa questione quel concetto era sempre primeggiante. Egli mostrassi lieto di queste mie assicurazioni, soggiungendomi però: • ça me fait d'autant plus de plaisir ce que Vous me dites, et que l'affaire soit arrangée, vu qu'un ensemble de circonstances avaient tout naturellement porté momentanéament une certaine atteinte à nos bonnes rélations •. Egli parlavami degli affari deUe bandiere di Trieste e Trento, che ebbero a figurare velate a tutte le feste di Milano e di Legnano. Soggiungevami però tosto non essere di suo gradimento di rivol

germi un reclamo al riguardo, volermene soltanto parlare amichevolmente,

tanto più dopo le assicuranze così largamente date dall'E. V. al Conte Wimp~

fen, che aveva avuto incarico d'intrattenerLa su di ciò, del rincrescimento

che il Regio Governo aveva provato dell'accaduto. Io non mancai di togLiere

nella mia proposta ogni portata a quel fatto, sebbene sappia per esperienza

de' già troppi precedenti analoghi, che i più be' ragionamenti al riguardo non scemano ila spiacevole impressione che sempre se ne prova qui. Feci però osservare l'assenza a quelle feste tanto delle persone RJeaJ.i, .come de' membri del Governo. Finalmente osservai, che d'altronde un fatto analogo succedeva di spesso a' Tiri in Germania, dove non mancavano mai di recarsi deputazioni delle principali città Tedesche dell'Austria, facendo però la notevole differenza fra i due casi, poiché in questo quelle deputazioni invece della Bandiera delle rispettive città portano quella Austriaca, locché toglie ogni dubbio significa•to alla cosa. Il Conte Andrassy •ignorando forse questo particolare non me lo fece riLevare; ma dissemi però che in tali circostan21e quelle bandiere non portavano il segno di lutto, fatto questo che bastava ad accentuare gU intendimenti.

La nostra conversazione su questo argomento, che più di qualsiasi altro è ilncrescioso al Conte Andrassy, pociché fornisce ai suoi avversari potente arma per affievolire la fiducia, che in Lui ripone il Sovrano, non si protrasse a lungo, avendomi già ripetutamente in altre circostanze detto ~tutto ciò, e troppo anche, che si può dire da parte austriaca. Per •troncare poii il discorso in modo cortese, domandommi quando avrei chiesto l'udienza all'Imperatore per presentarg1i le mie nuove credenziali. Al che io risposi che non le avea ancora ricevute, ma che tosto mi perverrebbero, mi sarei fatto premura di fargUelo sapere. Egli allora dissemi che dal canto suo sperava poter fra pochi giorni prendere una determinazione intorno alla scelta del personaggio, che dovrà rappresentare S. M. Francesco Giuseppe come suo Ambasciatore presso il Re nostro, ma ciò non essersi ancora potuto fare fin qui, essendovi da provvedere anche all'Ambasciata di Parigi e quindi occorrendo di addivenire ad un movimento nell'alto personale diplomatico che necessitava un certo studio, a cui non aveva avuto tempo di attendere prima d'ora, ripetevami però l'assicuranza che non si sarebbe tardato a provvedere.

188

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 52. Roma, 20 giugno 1876.

Le invio, qui unita, in una colla copia d'uso la Lettera So·vrana che accredita la S. V. 11lustrissima presso S. M. il Sultano Murad V ·1n qualità di Inviato straordinario e Ministro plenipotenziario d'Italia. È così già fin d'ora soddisfatto il desiderio che Ella mi esprimeva col pregiato suo rapporto del 4 di questo mese, n. 200 politico (l).

In omaggio alla prammatica ·consueta in simili casi, la S. V. non avrà a presentare le sue nuove credenziali, infino a che questo Signor MJruistro di Turchia non abbia presentate 1e sue a S. M. il Re. lmperocché, essendo oramai risoluta mediante la comunicazione di Lei diretta aUa Sublime Porta,

la quistione del riconoscimento, r>imane solo a regolarsi una mera questione di forma, nella quale spetta manifestamente alla Turchia, non già all'Italia, di pigliare l'iniziativa. Converrà anzi che Ella si astenga dal notificare a1la Sublime Porta essere già in suo possesso le nuove credenziali, in fino a che io sia in grado di annunciarle telegraficamente che S. E. il Signor Carathéodory ha già ricevuto le lettere di credito rilasciategli dal suo nuovo Sovrano. Ciò anche nel caso che altri Rappresentanti esteri rimettessero senza ritardo le loro lettere credenziali.

(l) Non pubblicato.

189

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 548. Vienna, 21 giugno 1876, ore 17,04 (per. ore 21,30).

Baron Hoppffen président société sudbahn vient de me dire que ministre du commerce lui a déclaré il y a un moment qu'il est autorisé par conseil des ministres de donner consentement du Gouvernement autrichien à la demande d'approuver les conventions conclues à Paris et Rome. Le Gouvernement impérial déclare qu'il comprend alinéa deux de l'artide 4 compromis de Paris dans ce sens que pour fixation des revenus nets chaque année on èieduira des recettes brutes les dépenses moyennes des exercices 72, 73, 74. Ensuite il désiderait avoir assurance que Gouvernement ne nommera jamais directeur sans préalable accord société. Ce n'est évidemment point communication officielle, qui j'attends, quoique le ministre sache que baron Hopffen est venu me communiquer tout cela. J'espère l'avoir ce soir. Elle ne dépend plus que du consentement du ministre Hongrois qui doit etre arrivé en ce moment et que selon toute probabilité n'a rien à objecter.

190

IL VICECONSOLE A GINEVRA, BASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 101. Ginevra, 21 giugno 1876 (per il 23).

Il noto Michele Bakounine abbandonò improvvisamente Lugano lasciando enormi debiti che fu obbligato di fare ancora pei fatti dell'8 agosto 1874, in Bologna, e per altre spese di propaganda in Russia ed in Italia.

Non si sa ove s:ia andato. V'è chi lo crede a Neuchatel e chi a Napoli; ma è molto più probabile che si trovi a Neuchatel, dal Guillaume. La corrispondenza illldirizzata al Bakounine, dev'essere ritirata in Lugano da un certo Mazzotti, emigrato Romagnolo. Mi vien riferito che la Sezione Italiana di Berna, di cui parlava a V. E. nel mio rapporto delli 14 corrente, n. 99 di questa serie (1), sta organizzando

la Cassa di resistenza per poscia far mettere in isciopero i manovali ter

razzieri.

Tale sezione conta 200 inscritti, numero che andrà dim~nuendo in in

verno, perché allora i manovali faranno ritorno in Patria.

Ho partecipato questi particolari alla R. Legazione in Berna.

Il Comitato di Neuchatel diede alla sezione di Propaganda Socialista di

Ginevra la notizia che 'i Giurati di Bologna assolsero gl'imputati del processo dell'Internazionale. Il Comitato soggiunse che i liberati, ritornando ai loro focolai formeranno altrettanti nuclei di sana propaganda rivoluzionaria.

Il Costa è atteso in !svizzera.

(l) Cfr. n. 176.

191

IL MINISTRO A WASHINGTON, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 46. Washington, 22 giugno 1876 (per. il 18 luglio).

La convenzione repubblicana di cui è parola nel mio rapporto del 2 corrente n. 40 (1), si è riunita a Cincinnati il 13 del corrente mese. I delegati convenuti furono più di settecentocinquanta. Avanti tutto il partito formulò il suo programma o piattaforma per servirmi di una parola prettamente americana, che fu approvato alla unanimità. L'E. V. ne troverà qui unito il testo (2): esso dichiara gli Stati Uniti non una lega ma una nazione: considera la pacificazione del Sud come un sacro dovere: domanda un continuo e risoluto progresso verso i pagamenti in ispecie: domanda una riforma nel servizio civile, la punizione dei prevaricatori e l'abolizione della poligamia: raccomanda un emendamento alla Costituzione che proibisca l'alloca:z;ione di comune alle scuole settarie: le l'endite necessarie per le spese ordinarie e per le obbligazioni del debito pubblico devono largamente essere fornite daà diritti sulle importa:z;ioni per modo che siano promossi gli intevessi dell'industria americana e che fio11isca la prosperità di tutto il paese: essere obbligo imperativo del Governo di modifica!'e i trattati esistenti coi Governi europei, per modo che la protezione accordata ai cittadini nativi sia in egual misura estesa ai dttadini americani adottivi e che ogni legge necessaria sia votata per proteggere gli immigrati nell'assenza di potere nello Stato per tale scopo: essere degni di considerazione gli sforzi fatti per ottenere il suffragio delle dolllne: contiene sevel'e parole al riguardo del parHto democratico, e conclude lodando l'amministrazione del Presidente Grant il quale medta continua e cordiale gratitudine del popolo americano per il suo patriottismo e gli immensi servizi da lui resi in guerra ed in pace.

La convenzione rimase riunita tre giorni e non fu che dopo sette ballottaggi ed agli ultimi momenti che venne eletto candidato alla Pvesidenza il Signor Hayes, uno dei candidati i meno sostenuti. I candidati erano nove, ma i più appoggiati i quattro che nominai nel mio sovramenzionato rapporto,

(ll Cfr. n. 146.

ed infatti nelle prime quattro votazioni essi ottennero sempre una considere~ vole maggioranza sovra gli altri, ma il Signor Hayes che alla prima votazione ebbe soltanto 61 voti, in seguito ad una coaliz,ione vuolsi organizzata dal Signor Came·ron, l'attuale segretario della Guerra, ottenne 384 voti, cioè quattro voti di più del numero voluto per essere eletto. Il Signor Blaine ne ebbe 351. Gli amici suoi non lo abbandonarono durante la lotta e votarono sempre costanti e compatti per lui.

Del Signor Hayes poco si sa. Egli prese parte alla guerra nell'esercito fuderale, le sue idee francamente repubblicane lo rendono grato al suo partito, è gran fautore dei pagamenti in ispecie, e fu per tre volte eletto governatore de11o Stato deil'Ohio donde è originario e doV'e gode molta popolarità.

Alla deputazione che da Cincinnati si reca a Columbus per portare alla conoscenza del Signor Hayes il risultato della Convenzione, questi si espresse nei termini più riconoscenti, riservandosi però di far conoscere per iscritto le sue idee circa il programma votato a Cincinnati.

Il candidato alla Vice-Presidenza è il Signor Wheeler dello Stato di Nuova-York. La convenzione democratica si riunirà il 27 del corrente mese a S. Louis.

(2) Non si pubblica.

192

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN,

D. 607. Roma, 23 giugno 1876.

Con rapporto dell'B di questo mese, n. 2668 politico (1), la S. V. Ill.ma mi ha riferito le osservazioni che le erano state fatte da S. E. il Signor Duca Decazes circa le manifestazioni concernenti la rivendicazione di Nizza alle quali diedero luogo le feste del centenario della battaglia di Legnano.

La S. V. ha risposto assai opportunamente a codesto Signor Ministro degli Affari Esteri, mostrandogli come a quelle manifestazioni non si abbia punto ad attribuire un carattere ufficiale, e come si tratti invece di uno di quegli incidenti che dovunque possono improvvisamente prodursi senza che possa derivarne una responsabilità qualsiasi ad altri che agli stessi autori del fatto.

Qui sta, infatti, .il vero nodo della questione. L'autorità di Milano ha bensi assistito ad una parte deUe f•e.ste pel centenario. Però vi intervenne come· inv·itata, e non ebbe ingerenza alcuna nella direzione delle feste stesse. Il Governo francese sa, al pari di qualunque altro Governo l'etto a forme liberali, che entro certi limiti devono necessariamente tollerarsi quelle dimostrazioni che sono di consueto la conseguenza della libertà di riunione.

D'altra parte, poi, è a riflettersi che il pensiero individuale non acquista certo importanza maggiore, né muta carattere pel modo in cui ne avviene la manife•stazione. Sia che esso si contenga in un discorso pronunciato in una riunione privata, ·sia che rice•va pubblicità mediante la stampa, trattasi pur

sempre di opiiilione personale, la quale né potrebbe influire sulla condotta del Governo, né ha, per fermo, .tanta efficacia da turbare le relazioni tra Stato e Stato. E questi stessi concetti voglionsi applicare a quest'altro modo di dimostrazioni che consiste nella esibizione di emblemi simbolici.

Non vorremmo certo negare che anche simili manifestazioni possano acquistare, in date circostanze, un carattere speciale di graVtità, V'hanno discorsi che, rivolti alla moltitudine, costituiscono un vero e proprio appello alle pressioni più pericolose, e v'hanno altresì momenti tali in cui la sola appari~ione di emblemi esteriori può, per la concitazione degli uomini, porre a vepentaglio la pubblica .tranquillttà. Però nelle recenti feste di Milano non ebbesi a deplorare alcuno di siffatti inconvenienti, in grazia, probabilmente, della tolleranza onde :llecero prova le autorità di pubblica sicurezza di fronte a manifestaziond che furono costantemente pacilfiche e furono contenute entro i limiti di enunciazione di opinioni personali.

Più ancora che la dichiarazione del nostro rincrescimento, parmi che debba dissipare ogni men che favorevole impressione, presso codesto Gove·rno, la notizia precisa dei fatti. Non è dubbio che quando questi siano considerati secondo le loro giuste proporzioni e secondo il loro vero carattere·, l'importanza ne riesce per tal guisa attenuata da non poter per certo ese!'citare influenza alcuna sulle nostre relazioni interna~ionali.

La base dell'amicizia che ci unisce alla Francia non è, al c•erto, così ma1l ferma da poter essere scissa da dimostrazioni quali furono quelle recenti di Milano. La cordialità dei nostri rapporti ha fondamento nella coscienza che abbiamo degli interessi comuni pei quali i due Gabinetti sono condotti a seguire le stesse vie in tutte le questioni più importanti e segnatamente in quelle che formano il soggetto delle attuali preoccupaZioni dell'Europa. Della solidità di siffatti rapporti avrebbe troppo inadeguato concetto chi •stimasse che incidenti affatto secondari possano sviare i due Governi da una politica che, ispirata da sentimenti di reciproca fiducia e simpatia, ha già dato ottimi risultamenti per i due Paesi.

Voglia, la prego, Signor Incaricato d'Affari, esprimersi in questo senso con

S. E. il Signor Duca Decazes tostoché ·le si presenti l'opportunità di tornare ancora una volta sopra questo argomento.

(l) Cfr. n. 160.

193

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 50/20. Londra, 23 giugno 1876 (per. il 26).

A mente del desiderio espresso da V. E. nel Suo dispaccio del 16 corrente (Serie Politica N. 19) (l) ho partecipato al Conte di Derby, ne11a sua conversazione d'ieri, le informazioni contenute in detto dispaccio relativo alle Cose Finanziarie di Egitto.

Come ne informai l'E. V. col mio telegramma d'•ieri (1), il Conte di Derby si mostrò grato per quella comunicazione, e sembrò accoglieve con piacere la notizia che si fosse aggiustata la posizione del Commendatore Scialoja, il quale, avendo ottenuto il ritiro dal nostro Governo, può, senza che nulla si abbia da opporre, attendere all'alto ufficio che dal Kedive gli venne affidato.

La istanza fatta dal Kedive per avere nella Commissione del debito Egizio un funzionario Inglese da designarsi dal Governo Inglese stesso, pervenne al Foreign Office che la trasmise al Ministro delle Finanze, ma fino ad ieri nessuna deliberazione venne presa in proposito. Il Conte di Derby conserva tuttora medesimi dubbii circa l'efficacia dei mezzi proposti per i!l riordinamento delle F\inanze Egizie; anzi egli tende a credere che le loro condizioni vadano peggiorando, imperocché è intimamente persuaso che l'Egitto non può reggere al peso del suo debito finché ne rimanga fissato l'interesse al 7 per %· Si scorge che, con questa finora inconcussa opinione, sarà difficile che il Governo Inglese voglia assumere qualsiasi responsabilità del resultato finale del sistema Frinanziario recentemente inaugurato in Egitto.

In un altro mio rapporto ho già fatto conoscere quale fosse (a detta di un abile diplomatico molto informato in questa quistione) il pensiero finale del Ministero Britannico; le poco favorevoli previsioni del Conte di Derby relative alle Finanze del Kedive, mi sembrano confermare quell'apprezzamento.

(l) Non pubblicato.

194

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 2680. Parigi, 23 giugno 1876 (per. il 26).

In un'udienza ch'ebbi jeri dal Signor Ministro degli affari esteri di Francia,

S. E. volle darmi sull'ultima fase delle trattative concernenti gli affari d'Oriente alcune indicazioni che credo mio debito di riferire aU'E. V ..

Il Signor Duca Decazes mi ripeté che dopo il 11ifiuto del Gabinetto inglese d'accedere al memorandum di Berlino, egli erasi attivamente adoperato per riavvicinare il Gabtnetto russo, irritato da quel rifiuto, e il Gabinetto di S. Giacomo. Finalmente, dopo un periodo di rallentamento nelle relazioni tra i due Gabinetti, il Signor Disraeli ed il Conte Derby avrebbero fatte al Conte Schouva~low Ambasciatore dello Czar a Londra, in conversazioni verbali alcune -non formali proposte -ma aperture indicate come base possibile d'un accordo che sarebbero state in sostanza le seguenti. Si sarebbe convenuto di lasciare la Turchia mettere in atto le l"iforme che promise, ma si sarebbe lasciata altl'esì libertà agl'insorti di accettarle e di tenersene paghi o di riprendere le armi (fu pronunziata la parola • di farsi un salassa • mi disse il Duca Decazes) e sarebbe stato anticipatamente .inteso di non ammettere ingerenze estere tra i combattenti.

Qualora con ciò gl'insorti fossero riusciti a conquistarsi l'indipendenza, le Potenze non v'avrebbero messo ostacolo; si sarebbero invece intese per guarentir [oro, se vinti, un trattamento equo e conforme almeno ai più urgenti bisogni delle popolazioni cristiane. Non sapeva ancora jersera, a qu31Ilto mi affermò, il Signor Duca Decazes che a queste aperture fossero state fatte formali controproposte dal Governo russo, e devo osservare che jerlaltro Lord Lyons, col quale ebbi una conversazione, ignorava anch'esso che controproposte fossero arrivate fino allora a Londra. Secondo ciò che mi disse il Duca Decazes, il Gabinetto di Pietroburgo doveva soltanto domandare o avrebbe dom31Ildato che H Gabinetto di

S. Giacomo formolasse nettamente una proposta conforme a quelle aperture.

Mentre i[ Signor Ministro degli affari esteri mi discorreva di ciò, gli furono recati telegrammi da Belgrado e da Vienna che gli annunziavano decisa l'entrata in campagna della Serbia. Gli si riferiva che il Principe Milano già fosse partito da Belgrado per mettersi alla 'testa del suo esercito. Da Vienna gli si telegrafava che il Conte Andrassy aveva espresso il profondo suo rammarico di non aver potuto trattenere il Gabinetto Serbo dal gettarsi nell'azione.

S. E. si mostrò mo[to preoccupata di tale notizia. Osservò poi che la risoluzione presa dalla Serbia era evidentemente una conseguenza delle dichiarazioni inglesi le quali, egli disse, oltrepassarono ciò che la Russia poteva attendere dal Gabinetto di S. James.

c Dopo le cose dette dal Si~or Disraeli il 9 giugno nella Camera de' Comuni • proseguì il Duca Decazes c tl Gabinetto russo a buon diritto poteva essere sorpreso dalle aperture fatte poco dopo al Conte SchoUJValow. Ed in fOilldo, è per me manifesto che l'Inghilterra non ha più tanto a cuore l'integrità dell'impero ottomano. L'interesse pubblicamente dimostrato alla Turchia dagli Inglesi è spiegato dalla necessità in cui sono di non offendere il sentimento dei musulmani de' loro propri domini. Egli è nondimeno certo per me che nell'evento d'uno sfacelo dell'Impero turco l'Inghilterra ha fermo ~n animo di tenersi indenne in Egitto, e che in cuore desidera di poterne venire a darsi un simile compenso •.

Domandai al Signor Duca Decazes che cosa egli si proponesse di fare in seguito della notizia avuta e quali, secondo lui, potessero essere le immediate conseguenze.

Egli mi rispose che per ora non vedeva altro partito all'infuori di quello di continuare, come sempre fece, di continuare c giornalmente • a dare alla Sublime Porta consigli di pronta azione nel senso delle larghe concessioni promesse. Le conseguenze dell'entrata in campo della Serbia gli apparivano pericolosissime, e meglio d'ogni altra sua parola a tale riguardo tradiva il suo pensiero il voto che emise di poter prontamente far ritornare la divisione navale mandata tn Oriente dopo i fatti di Salonicco.

Per quanto siano stati sinceri i tentativi del Duca Decazes di mantenere nella questione d'Oriente l'accordo delle sei Potenze, egLi fu p.i.ù volte giudicato favorevole in modo speciale al Governo russo. L'E. V. sa quale rimprovero gli fu mosso nella Commissione del bilancio perché con troppa prontezza aveva espressa la sua adesione al Memorandum di Berlino. Né posso negare che dalla conversazione che finora ebbi l'occasione di tenere con S. E. non traspirasse in

19 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

Lei qualche propensione verso quel Governo. Quando l'Inghi'loterra inviò la sua squadra nella baja di Besika, il Principe Orloff avrebbe invitato il Duca Decazes a mandarvi puve un'altra divisione della flotta francese, per servire di contrappeso alla presenza dei corazzati inglesi e per sorvegliarli. Mi fu assicurato che il Duca Decazes ne avesse fatta la proposta in consiglio dei ministri e che principalmente per resistenza del Contrammiraglio Fourichon, Ministro della Marina, il Consiglio l'avesse respinta. Ma comunque ciò sia, il Ministro degli affari esteri di Francia apertamente non cessò di spingere ad un accordo delle sei Potenze. Anche nella ultima fase egli comunicò a Lord Lyons la formola di due proposte che credeva accettabili da tutti, ma che poi rinunciò di mettere innanzi, dietro le osservazioni fattegli dall'Ambasciatore di Sua Maestà britannica.

La politica che l'opinione pubblica quasi unanime addita al Governo francese sarebbe quella dell'aspettazione. Il sentimento che più sovente odo esprimere è quello dell'apprensione che sieno presi prematuramente impegni o che sia già ora seguita una via la quale fatalmente conduca ad impegni verso una od altra Potenza qualora dovessero sorgere conflitti.

(l) Non pubblicato.

195

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 560. Vienna, 24 giugno 1876, ore l (per. ore 3).

Par un échange de notes en da,te d'hier, l'échéance du traité de commerce a été prorogée au 1•r juillet 1877, avec la olause qu'H est entendu que le nouveau traité qui serait conclu dans l'intervalle pourra etre appliqué, si faire se peut, meme avant rette date.

196

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI (l)

D. 58. Roma, 24 giugno 1876.

Approvo il linguaggio che la S. V. Illustrissima ha tenuto costì in base alle istruz,ioni che Le erano state impartite col Dispaccio Ministeriale del 12 Maggio scorso N. 29 di questa serie (2) V.S. riferivami sopra questo proposito col Rapporto n. 213 del 13 giugno corrente (3).

Le condizioni dell'Impero sono tali che riesce indispensabile, da parte delle autorità locali, un procedere rigorosamente corretto. I rapport>i dei RR.

Consoli non conteng<mo, a questo riguardo, informazioni pienamente rassicuranti. V'hanno bensì autorità le quali seppero mostrarsi animate da buoni sentimenti e SPiegare, in circostanze gravi, la debita energia. Così è avvenuto, ad esempio, a Gerusalemme, ove un panico, suscitato da cause non bene accertate ed alimentato dalle condizioni agitate della popolazione, poté in breve essere sedato grazie al sangue freddo ed alla fermezza di cui l'autodtà fece prova. In simiU casi la Sublime Porta non vorrà, certo, risparmiare agli Agenti suoi il debito elogio.

Sfortunatamente non può dirsi lo stesso d'altri funzionar-ii ottomani, quali, a quanto narrano i RR. Consoli, si sono mostrati inferiori d'assai alle esigenze della situazione. Il più delle volte sono gli agenti subalterni, lÌ Mutessarif ed i Caimacam, che non corrispondono alle buone intenzioni da cui sono animati i Governatori, e che, invece di tradurle in atto, le paralizzano e ile rendono inefficaci. Così a Salonicco fu mestieri che i Consoli d'Italia e di Inghilterra intervenissero per fare impartire convenienti istruzioni alle autori-tà distrettuali in occasione del passaggio dei Redifs chiamati dall'interno al Capo luogo dell'Eyalet. A Rettimo il Moutasserif, invece di assumere energicamente le difese dei cristiani, ricorse, durante le feste in onore d~l nuovo Sultano all'espediente pericolosissimo di consigliarli a non uscire per le vie.

In altri luoghi la responsabilità della azione ~nsuffidente o male esercitata risale ai Governatori. In Diarbekir, uno stuolo di Musulmani ricorse al Medjlis chiedendo che sia abbattuto il campanile della chiesa caldea. Quel Valì, ahmed Tewfik Pascià, non trovò, per disfarsi dei tumultuanti, miglior risposta che quella di dire essere stata la cosa riferita a Costantinopoli; con che si accrebbe l'arroganza dei Musulmani e se ne legalizzò, in certa guisa la pretesa. In altri dispacci ebbi pure a far oonno di mal governo in Albania ed in Tessaglia, e soprattutto delle imposte indebitamente riscosse, del reclutamento di Bachibuzuck, a minaccia dei cristiani e con pericolo immediato di disordini. 1 • .t ;

Sopra questo insieme di fatti e di tendenze giova che la S. V. Illustrissima non si stanchi di richiamare l'attenzione della Sublime Porta. Simili atti di debolezza, di arbitrio e di sgoverno, oltreché sono già per se stessi pericolosi e nocivi, indispongono la pubblica opinione e rendono difficile il compito deUe Potenze che, con propositi sinceramente amichevoli, cercano, a benefizio degli interessi generali, una soluzione delle presenti difficoltà.

(l) -Ed. in LV 22, p. 226. (2) -Cfr. n. 86. (3) -Cfr. n. 175.
197

IL MINISTRO A BRUXELLES, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 14. Bruxelles, 24 giugno 1876 (per. il 28).

D'après des nouvelles arrivées ici de source diplomatique, l'Empereur Alexandre ne se serait pas bien trouvé de sa cure d'Ems, d'où serait repar.ti plus souffrant qu'avant. Il paraìtrait meme que l'état de son esprit, toujours un peu reveur en affectant meme quelques fois des formes mystiques, aurait pris des nuances encore plus accentuées dans ce sens.

Quant au Prince Gortschakoff, sa position, après les différents incidents et événements dramatiques survenus dernièrement à Costantinople, ne serait plus aussi solide qu'autre.fois, et suivant l'expression employée par la personne de qui je tiens ces informations, le Chancelier se trouverait en ce moment quelque peu • chancelant •.

En me parlant des affaires d'Orient, le Ministre d'kngleterl'e m'a dit que dans l'intéret de la paix et pour prévenir une guerre qui aurait pu facilement devenir générale, le Gouvemement Anglais avait du par une attitude énergique arreter la Russie; qu'il faillait ma<intenant donner au nouveau Sultan le temps de se reconnaitre et de réorganiser le pays; et qu'en défìnitive si l'action des Puissances devenait plus tard absolument nécessaire, il fallait intervenire en amis et non pas en ennemis.

198

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI (l)

R. 235. Terapia, 25 giugno 1876.

Ieri mattina comparve il telegramma che l'E. V. mi faceva l'onore di rivolgermi ·la sera innanzi per ordinarmi, in segtliito alle notizie venute da Belgrado e da Vienna circa l'imminenza delle ostilità fra la Serbia e la Turchia, avessi ad insistere presso la Sublime Porta onde venissero prontamente adottate dal suo canto le misure di moderazione e prudenza delle quali l'E. V. aveva trarbtato nelle istruzioni trasmessemi per telegrafo e per posta.

Non indugiai un istante ad invitare il Cavaliere Vernoni a trasferirsi presso il Ministro degli Affal'li Esteri e presso il Gran Vizir affine di fare ogni possa per persuader1i di prendere prontamente la determinazione d'atlolllJtanare le loro truppe dalla frontiera Serba.

Esponeva infatti il Signor Vernoni a Safvet Pacha i gravi pericoli della situazione, im.sisteva sul grande effetto morale sarebbe prodotto presso i serbi da una si manifesta prova di moderazione da parte della SubLime Porta, e sull'importanza di mettere per tal modo quel Governo apertamente dalla parte del torto i:n faccia delle Potenze garanti. Safvet Pacha rispondeva la Sublime Porta non aver mai avuto né aver ora l'intenzione di attaccare la Serbia, le misure militari prese essere consigliate unicamente dalle prove s'avevano che

il Govemo Serbo nutriva progetti ostili contro la Turchia; queste prove essere ora talmente evidenti che nessuno più dubitava di siffatti progetti; esser egli convinto che la Serbia era decisa ad attaccare la Turchia, né essa sarebbe per mutare consiglio innanzi alla risoluzione per parte della Sublime Porta di ritirare le sue truppe da quella frontiera.

Più lungo ed importante fu il colloquio che seguì tra il Cavaliere Vernoni e Ruchdi Pacha. Quegli esponeva a Sua Altezza in termini altrettanto caldi ed urgenti il suggerimento !in discorso. Aggiungeva questo consiglio essergli dato a nome del R. Govemo, il quale unicamente ispirato da sentimenti d'amicizia per la Sublime Porta, e dal desidel'lio di contribuire per quanto da esso dipendeva al mantenimento della pace, suggeriva il mezzo che nelle presenti congiunture gli sembrava più efficace affine di raggiungere l'intento. Sua Altezza replicava i1l Governo Ottomano deplorare sommamente i conflitti, non averli mai provocati, ed aver anzi fatto ogni sforzo per prevenirli mediante tutte le concessioni possibili; non aver esso anche attualment,e la menoma intenzione di violare il territorio serbo; troppo stargli a cuore di non commettere dal suo canto alcun atto che non sia perfettamente conforme alle stipulazioni del Trattato di Parigi del 1856. • Ma non siamo noi che turbiamo la pace, proseguiva Sua Altezza; non furono da noi provocate ILe insurrezioni dell'Erzegovina e della Bosnia. Innan2li a quei moti la Sublime Porta era costretta

d:i mandarvi le sue truppe per reprimerli. Ed ora, senz'alcun motivo, la Serbia fa armamenti formidabili, mette alla testa delle sue truppe Ufficiali venuti dall'estero, eseguisce movimenti di truppe che non lasciano più alcun dubbio sulla sua intenzione di dar principio alle ostilità. Non avrà la Sublime Porta il diritto, anzi il dovere di prendere tutte quelle misure militari che crede opportune per la difesa dell'Impero? Il presente Governo adempirà a' suoi doveri; ma se le forze della Serbia si attenteranno di passare la frontiera, le nostre truppe le respingeranno col massimo vigore; né in tale eventualità il Governo Ottomano si crederà tenuto a limitare le sue operazioni in conformità di stipulazioni che si troveranno senza valore pegli atti altrui. E nutro fondata speranza che la vittoria sarà del lato del diritto e della giustizia •.

Così parlava il Gran Vizir, ed il Cavalier Vernoni insisteva essere prova di saviezza e di forza l'agire con prudenza e moderazione; essere contrario ai veri interessi della Sublime Porta di spingere le cose agli estremi; considerasse la gravità della situazione e l'urgenza di esaurire ogni mezzo di conciliazione. Si mostrava irremovibile Ruchdi Pacha, e conchiudeva tutta la responsabilità degli eV!enti ricadrebbe sulla Serbia, ché il Govemo Ottomano non solo non ebbe mai l'intenzione di attaccarla, ma se gli venisse ora proposto di mandarvi un Valì e di assumerne l'amministrazione, esso respingerebbe la proposta; le Po,tenze Garanti avrebbero piuttosto a rivolgersi a quella Provincia vassalla, e farle intendere in modo efficace come, non che appiccare }',incendio, dovrebbe disarmare prontamente e non attirare su quelle popolazioni le sventure della guerra.

Queste cose mi riferiva il Signor Vernoni al ritorno dalla Porta, ed io mi faceva premura di darne avviso telegrafico a V. E.

"' È mio dovere di aggiungere che ebbi a verHicare in questa circostanza che l'Ambasciatore d'Inghilterra, la cui voce, come l'E. V. conosce, è ora pressoché onnipotente alla Porta, dà consigli diametralmente opposti a quelli di cui è discorso più sopra. L'azione sua unitamente a quella dell'Ambasciatore Austro-Ungarico fu principalmente diretta nella giornata d'ieri a fare ogni sforzo per disinteressare il Montenegro nel prossimo conflitto, ed essi hanno qualche speranza di riuscire nell'intento, mediante la promessa di lievi concessioni territoriali da farsi dalla Sublime Porta *.

(l) Ed., ad eccezione del brano tra asterischi, in LV 22, pp. 234-235.

199

IL CONSOLE A GINEVRA, GAMBINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 103. Ginevra, 27 giugno 1876 (per. il 29).

Sono stato informato che a Basilea si costituì come a tierna una seZ~ione Internazionale d'operai Italiani appartenenti alle regioni del Biemonte, Lombardia, Venezia, Toscana ed Emilia; in tutto, coi Ticinesi, sono circa duecento.

Su proposta di Salvioni e di Brousse, si decise ad unanimità di fondare la lega contro i padroni ed una cassa di resistenza e di mutuo soccorso.

Il 16 Giugno corrente, il Consiglio Federale Giurassiano tenne a Neuchàtel una seduta la quale fu impegnata quasi tutta a discutere le teorie del socialismo.

Brousse disse che l'Internazionale d'oggidì, che è poi quella che fu fondata all'Esposizione Universale di Londra, dev'essere riformata totalmente; disse che le sezioni hanno copiato molto dalle Società democratiche borghesi. Propugna perciò l'idea che i singol.i Consigli federali delle regioni si facciano promotori delle Società per arti e mestieri.

In seguito al foglio del Terzaghi, foglio che io spedivo a V. E. coll'ultimo mio rapporto deUi 22 corrente, n. 102 di questa serie (1), l'Angelo Umiltà spedì a diversi giornali d'Italia copia del memoriale da lui indirizzato al Consiglio Federale Svizzero nel 1874 per non essere consegnato alle Autorità Italiane.

Non ho perduto di vista le norme dell'E. V. circa i nominati Squassi e di

Fabio, ma per quante indagini si siano fatte presso persone che ne potevano

sapere qualche cosa, nessuno poté dar notizie precise di quei due individui,

poiché da due anni non si parla più di loro né essi scrissero, come solev,ano fare,

a nessun giornale, comitato o sezione.

Si crede però probabile, ora che è terminato H processo di Bologna, che

vengano di nuovo in campo.

(l) Non pubblicato.

200

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 489. Vienna, 27 giugno 1876 (per. il 30).

L'imminente apertura delle ostilità per parte della Serbia è qui l'oggetto dell'universale preoccupazione. Ebbi occasione oggi di parlare su questo argomento al Conte Andrassy. S. E. ritiene il fatto come quasi certo. Egli caratterizza così la situazione • Ce sont des gens qui ont évoqué le diable et ont perdu la formule pour le faire disparaitre! •. In quanto all'esito del conflitto Egli lo considera come imprevedibile per ora: qualunque però possa 'essere, ritiene una crisi necessaria e al da farsi dovervisi pensare allorché si avrà dinnanzi agli occhi una situazione concreta. Questo suo modo di vedere è avvalorato anche dall'attuale situazione a Costantinopoli, che da tutte le informazioni che si hanno, risulta in sommo grado precaria. Con tutto ciò il Conte Andrassy dichiaravami, ch'Egli non è spiacente di quanto l'Europa ha fatto da un anno per evitar la crisi e dice anzi, che se fosse a ricominciare vorrebbe nuovamente prenderne l'iniziativa, poiché il primo dovere delle Potenze si era di non lasciare intentato mezzo alcuno che potesse dar speranza di prevenire quanto sta ora per succedere. • Ad ogni modo, però, soggiungevami, abbiamo ottenuto l'accordo dell'Europa nel non voler che la pace generale sia disturbata dalle questioni interne dell'Impero Turco: la cosa fu così localizzata ed a seconda di quanto sarà per nascerne si provvederà • .

In questo momento Egli ravviserebbe qualsiasi nuova azione pacificatdce inopportuna ed inutile ed ove anche si volesse tentarla colla minaccia di una pressione materiale, riterrebbe il rimedio peggiore del male per le conseguenze che ciò avrebbe. In quanto ad una nuova azione diplomatica Egli la respinge, non dovendosi sciupare un mezzo che non deve impiegarsi che con la quasi certezza di riuscire; inoltre Egli trova essersi già chi,esto alla Porta tutto quanto era chiedibile, voler da Lei di più non produrrebbe altro risultato se non di estendere l'incendio a provincie che ne sono ancora immuni. Insomma si aspetta la crisi, ed a seconda del suo svolgimento si piglierà colle Potenze quegl'accordi che le circostanze consiglieranno. Per intanto il fatto sta che qui si desidererebbe vivamente che la Turchia schiacciasse la Serbia, essendo questo il mezzo migliore per togLiere l'Austria-Ungheria dagl'imbarazzi gravi in cui è messa attualmente dall'agitazione delle sue popolazioni di razza Slava: agitazione però che di fatto sembra esser minore di quanto apparirebbe dalla lettura degl'articoli e corrispondenze dei giornali; sebbene sempre sufficiente da disturbare U!ll poco il Governo Imperiale e da creare anche aggravi al suo poco fiorente erario. Intanto, a quanto assicuravami il Conte Andrassy, e da quanto anche mi risulta altrimenti, disposizioni militari eccezionali non se ne prese fin qui; né pare si sia prossimi a prenderne.

Non conviene però dissimularsi che ove i Turchi fossero vincitori ed anzi volessero stravincere, come sembrerebbe probabile ove avessero il sopravento, la Russia forse non lo permetterebbe, e potrebbe anche veder di mal'occhio che l'Austria-Ungheria, siccome parmi ne abbia l'intendimento, mantenesse una neutralità troppo favorevole alla Turchia. In questo caso quindi potrebbero nascere malumori fra i Gabinetti di Pietroburgo e di Vienna, come probabilmente ne nascerebbero del pavi se l'Austria-Ungheria, essendo i Serbi vincitori, volesse opporsi all'annessione della Bosnia alla Serbia, come pare sia l'intendimento del Gabinetto di Vienna, sebbene il Conte Andrassy non me l'abbia detto esplicitamente, ed anzi abbia evitato di entrare preventivamente in ta1le ordime di idee.

Per intanto fermo mantiensi l'accordo fra i tre Imperi e continuo è lo scambio di comunicazioni e d'idee fra i tre Gabinetti.

In questo momento ad ogni modo l'assoluta astensione è all'ordine del giorno qui, si aspettano fa,tti per provvedere. Forse m'ingannerò, ma a me pare che l'idea a cui i Gabinetti Nordici si appiglieranno allorché il momento d'in1Jervenire onde impedire l'incendio si allarghi sarà giunto, sarà la proposta di un Congresso, che il Conte Andrassy senza che io gliene facessi menomamente cenno, dichiaravami oggi inopportuno.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. RR. 56/22. Londra, 27 giugno 1876 (per. 1'1 luglio).

Ho l'onore di trasmettere all'E. V. l'esemplare della Correspondence respecting the Finances of Egypt, presentata ultimamente al Parlamento Inglese, che venne dal Conte di Derby mandato a questa Ambasciata.

I documenti contenuti in questo fascicolo espongono l'e vavie fasi della quistione finanziaria d'Egitto rispetto all'Inghilterra, e spiegano i motivi che indussero questa potenza ad astenersi dal concorrere colla Francia e l'Italia al riordinamento di quell'amministrazione.

Porto particolarmente l'attenzione di V. E. sulle lettere n. l e n. 2, pag. la, che si riferiscono al modo con cui l'Italia fu portata a prender parte alle combinazioni escogitate in quello scopo; sulla lettera n. 64, pag. 49, dorve si accenna come il Signor de Soubeyran abbia infl.ui·to in quell'affare, ed infine sulla let~tera n. 86, pag. 77, in data del 26 maggio p.p. diretta dal Conte di Derby al Generale Stanton, nella quale l'illustre Lord riassume le fasi dell'ingerenza avuta dal Signor Cave nelle cose finanziarie di Egitto, accenna la scoperta fatta di nuovi debiti non prima sospettati, ed infine conchiude col dichiarare che il Governo Inglese non può accettare la responsabilità nella quale sarebbe involto dallà nomilna di un Commissario.

Non credo che il Governo Inglese sia disposto a recedere da questa determinazione. Ed infatti, col mio Rapporto del 23 corrente (1), io partecipai alla E. V. di avere interrogato il Conte di Derby sulla notizia, datami con dispaccio di codesto Ministero in data del 16 corrente; Serie Pollitica n. 19, che il Kedive faceva nuove istanze presso il • Foreign Office • perché il Gowrno Inglese delegasse un suo Commissario in Egitto. Tal notizia mi veniva confermata dal Conte

di Derby che l'aveva sottoposta al Ministro delle Finanze. Quest'oggi stesso mi sono informato presso il • Foreign Offioe • della deliberazione presa in pro· posito e seppi che finora non solamente nessuna risposta non era stata data al Kedive, ma che era quasi certo che il Gabinetto Inglese non avrebbe preso la l'esponsabilità di mandare ufficialmente il chiesto Commissario.

Torna in acconcio di far conoscere molto confidenzialmente all'E. V. una conversazione che, pochi giorni or sono, io ebbi con Nubar Pascià intorno all'Egitto. Egli mi confermò la molta gelosia che prova l'Inghilte-rra per l'ingerenza che vuole avere la Francia nelle cose d'Egitto; su quel punto essa non transigerà mai, ed alla prima minaccia di guerra avverrebbe per parte deU'Inghtlterra l'occupazione dell'Egitto. In quanto alle finanze di quel paese Nubar P·ascià è dello stesso avviso che Lord Derby, cioè che desse difficilmente si possono rialzare nelle condizioni attuali. Il Kedive non ha ancora potuto assuefarsi all'idea di non essere padrone di tutto e di non essere, al pari degli altri mortali, tenuto a pagare i propri debiti. Il prodotto delle imposte invece di essere versato direttamente nelle casse della Commissione finanziaria instituita per il serviZJio della rendita, passa al contrario prima per le mani del Kedive che ne lascia poi alla Cassa anzidetta solo quel tanto che gli talenta.

Con un altro sistema di cultura più liberale verso i Coloni, la terra, così feconda in quel paese, potrebbe produrre assai di più che attualmente, e se inoltre il Kedive si persuadesse che egli non deve essere che il primo reggitore dei suoi popoli, ed in conseguenza deve, per il primo, dare l'esempio di sottostare alla legge, Nubar Pascià è persuaso che l'Egitto basterebbe tuttora a far fronte ai suoi impegni. Ma colla sua reluttanza a qualsiasi freno, il Kedive precipita verso la sua rovina, e questo sarà il momento aspettato dall'Inghilterra per imporgli la sua volontà.

Volendo prendere accordi con q_uesto Governo negli affari d'Egitto, mi pare preferibile d'intendersi con esso qui in Londra sulle basi delle quistioni da risolvere. Gli uomini di Stato di questo paese trattano gli affari con molta schiettezza e semplicità per cui in generale c'è molto a guadagnare col concertarsi direttamente con essi. ·

(l) Cfr. n. 193.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 385. Roma, 28 giugno 1876.

Mi pregio di qui confermarle i due telegrammi del 26 di questo mese (1).

Prima di lasciare Ems, il Principe Gortchakoff ha informato confidenzialmente il Cavaliere Nigra di uno scambio di comunicazioni che aveva avuto luogo direttamente tra l'Inghilterra e la Russia per organo del Conte Schouvaloff, Ambasciatore dello Czar a Londra. Siffatto scambio di comunicazioni mirav:a soprattutto a ricercare una soluzione della auestione relativa alle pro

vincie insorte. L'Inghilterra proporrebbe l'applicazione alla Bosnia ed all'Erz,egovina di un regime amministrativo analogo a quello di Candia. Pel caso probabile che gli insorti non accettassero questo regime, il Gabinetto britannico opinerebbe che le Potenze abbiano ad astenersi da ogni intromissione, lasciando che i turchi e gli insorti definiscano tra loro la controversia: se gli insorti riuscissero vincitori, l'InghHterra accetterebbe anche l'indipendenza assoluta delle due Provincie; e se fossero battuti, il Gabinetto britannico proporrebbe che pur tuttavia le Potenze guarentiscano alla Bosnia ed all'Erzegovina il regime candiota.

Il Principe Gortchakoff ha replicato nel senso che non gli parrebbe necessario, in ogni ipotesi, una lotta armata fra i turchi e gli 'insorti, ed ha proposto che le Potenze chiedano alla Porta di accordare addirittura alle Provincie insorte qualcosa che stia tra H trattamento cretese e 'l'indipendenza assoluta, come sarebbe l'autonomia amministrativa e finanziaria. In pari tempo il Principe avrebbe formolato due desiderata: che si conceda al Montenegro uno sbocco nel mare, e che si assegnino alla Serbia certi territorii da gran tempo contrastati lungo la sua frontiera attuale.

Non ci è giunta finora notizia dello accogHmento che il controprogetto del Principe Gortchakoff ha incontrato a Londra. Ci fu fatta invece, il giorno 26, da questo Signore Incaricato d'Affari di Russia, in correlazione cogli avvenimenti di Serbia, l'altra comunicazione che telegraficamente le ho riferito.

Il Signor Schewitch aveva ricevuto un telegramma del Principe Gortchakoff concepito a un dipresso nei termini seguenti: • La Turchia, stimandosi in grado di schiacciare la Serbia, teme che le sue forze militari si esauriscano nella inazione. La Russia ha rinnovato gli officii suoi presso il Principe Milano per segnalargli il pel'icolo di un attacco da parte sua e per consigliargli la difensiva. Se la Sublime Porta attacca la Serbia, la Russia crede che le Potenze dovrebbero (devra,ient) protestare a Costantinopoli sulla base dei Tratta,ti. Se nonostante (si néanmoilns) la lotta s'impegna, le Potenze potrebbero (pourraient) proclamare il non intervento assoluto. Però, in questo caso, è temersi che la lotta non si estenda a tutta la Turchia d'Europa, e la soluzione dipenderebbe oramai da una forza superiore alle previsioni umane.

La comunicazione del Signor Schewitch avea carattere strettamente confidenziale, del che ebbi a porgerle avvertenza nel mio secondo ,telegramma, soggiungendo che non avevamo cercato di conoscere, intorno alla medesima, l'opinione di alcun'altra Potenza all'infuori della Germania. All'Incaricato d'Affari di Russia fu risposto che, trattandosi di officii eccedenti i limiti di meri consigli e tali da poter impegnare l'azione futura del

R. Governo, io stimava debito mio di prendere in proposito gli ordini di S.M. attualmente assente da Roma; cosicché un certo indugio sarebbe stato inevitabile prima che io potessi metterlo in grado di far conoscere a1l Principe Gortchakoff l'impressione prodotta sopra di noi dalla sua cortese comunicazione.

Sto ora attendendo che V. E. possa indicarmi (per quanto lo consenta l'assenza da Berlino di tutti i personaggi dirigenti la politica dell'Impero) se una analoga comunicazione sia stata fatta a codesto Governo, e quale accoglienza abbia avuto.

(l) Non pubblicati.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY E A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, E A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO

D. Roma, 28 giugno 1876.

Il Ministro ellenico degli Affari Esteri ebbe più volte, in quest'ultimi tempi, a manifestare al R. Incaricato d'Affari in Atene il desiderio che la Grecia non sia lasciata del tutto all'infuori nelle deliberazioni e nelle conferenze alle quali porgono occasione le presenti complicazioni.

Non è la prima volta che la Grecia mette innanzi questa sua domanda. Nella conferenza tenutasi a Parigi nel 1868-69 per gli affari cretesi, il Governo ellenico ottenne, però non senza molte difficoltà, che il Signor Rangabé, suo Ministro presso il Governo francese, fosse chiamato ad intervenire alle riunioni. Trattavasi, per verità, allora di una questione che 'interessava in sommo grado il Regno ellenico e che era posta davanti alla Conferenza, in termini perfettamenti definiti.

Il desiderio del Gabinetto di Atene assume ora nuova forma. In un suo recente colloquio col R. Incarlicato d'Affari, il Sig111or Contostavlos ha accennato esplicitamente alla convenienza somma che il Rappresentante ellenico a Constantinopoli sia ammesso a pigliar parte alle Conferenze che si tenessero tra i suoi Colleghi, rappresentanti delle Grandi Potenze, circa gli Affari orientali. Egli è bensì vero (così giustifica il Sig. Con,tostavlos la sua dimanda) che la Grecia, né è grande potenza, né ha partecipato alla guarentigia dell'integrità dell'Impero Ottomano, però la sua situazione particolare di fronte alla finitima Turchia, ove risiedono numerosissime popolazioni di stirpe greca, ~e fornirebbe, in certa qual guisa, un titolo speciale di ammissione. D'altra parte è a presumere che le popolazioni elleniche dell'Impero accoglierebbero con maggiore deferenza i Consigli deliberati nel consesso delle Potenze, quando sapessero che alla deliberazione pigliò parte un rappresentante della Grecia.

Il R. Incaricato d'Affari ha avuto istruzione di mantenersi ~~n grande riserbo, dichiarando di avere riferito la cosa al R. Governo e di aspettarne le direzioni. Mi gioverebbe intanto di sapere se alcuna entratura per questo stesso fine sia stata fatta anche. presso codesto Gabinetto, e come sia stata accolta.

204

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE DESTINATO A PIETROBURGO, NIGRA

D. 5. Roma, 28 giugno 1876.

Poiché l'E. V. sta per pigliare possesso del posto che è piaciuto a S. M. di affidarle, stimo utile di porgerle, con questo mio dispaccio, alcuna indicazione sommaria sullo stato presente della questione orientale, sull'a.tteggiamento nel quale sembrano tenersi le varie Potenze, e sulla linea di condotta che le circostanze e gli intevessi nostri paiono additarci.

Il riavvicinamento che si è operato, da ultimo, tra la Gran Bretagna e la Russia è. senza dubbio, nella fase attuale. il fatto più saliente. L'E. V. poté riferirmi da Ems, mercé le confidenze che Le furono fatte dal Principe di Gortchakow, i termini delle comunicazioni che si scambiarono, tra i due Gabinetti per organo del Conte di Schouwaloff, Ambasciatore dello Czar a Londra. Da Parigi, da Londra e da Costantinopoli giungevano di poi, a breve intervallo, la conferma del mutamento avvenuto negli intendimenti del Governo britanrnico, contrariamente a oiò che poteva presumersi in seguito a rifiuto suo da accedere al Memorandum di Berlino.

Il Duca Decazes accennava, fin dal 18 di questo mese, in una sua conversazione col R. Incaricato di Affari, al miglioramento notevole dei rapporti tra la Russia e la Gran Bretagna e rivendicava all'intromissione amichevole della Francia una buona par·te del risultato ottenuto.

A sua volta il Ge·nerale Menabrea mi esponeva, il 15 di questo mese, un colloquio che egli aveva avuto il giorno stesso col Conte Derby. Il Ministro Britamnico degli Affari Esteri, pur tacendo delle trattative pendenti tra il Foreign Office e l'Ambasciata Russa aveva enunciato concetti in tutto conformi a queUi ai quali s'informa il progetto trasmesso dal Conte di Schouvaloff al Principe Gortchakow. Lord Derby opinava, in sostanza, che si dovessero lasciare gli insorti in presenza dei Turchi: vincendo quelli la Turchia concederebbe loro lliila larga autonomia, od anche l'indipendenza assoluta, secondoché fosse più o meno completa la vittoria; v.incendo invece la Turchia, la SubLime Porta dovrebbe tuttavia fare qualche concessione, però in misura meno larga di quella che sarebbe forse ora disposto a consentire. Come Ella ben vede, non v'ha, tra le cose dette da Lord Derby al Generale Menabrea e la proposta del Foreign Office quale le fu fatta conoscere dal Principe di Gortchakow, un sensibile divario. Ed è anzi notevole che, proseguendo il suo discorso Lord Derby accennasse altresl ad uno dei due desiderata che il Principe di Gortchakoff ha incluso nel suo controprogetto. All'eventualità, cioè, di una rettificazione di frontiera a benefizio del Montenegro. Lord Derby non sarebbe alieno dall'incoraggiare la

S. Porta ad assegnare ai Montenegrini alcuni distretti di pianura per invog1iarli ad abitudini più pacifiche e sedentarie, e rispetto alla cessione di un territorio per cui il Montenegro possa aver adito al mare, Lord Derby ha solo obiettato che la cosa spiacerebbe certo all'Austria la quale ravviserebbe un porto russo in uno scalo montenegrino.

Giova, infine, a recar luce sopra il ravvicili1amento tra la Russia e la Gran Bretagna, ciò che in proposito mi fu scritto dal R. Ministro in Costantinopoli. Per iniziativa dell'Ambasciatore russo, i rappresentanti delle cinque potenze assenzienti al Memorandum di Berlino stavano considerando se convenisse spiegare alla S. Porta le cagioni dell'indugio frapposto alla presentazione della Nota identica, e riaffermare in questa circostanza, il loro unanime accordo, quando giunse, il 15 giugno, al Generale Ignatieff un telegramma col quale il Principe Gortchakow lo invitava a soprassedere da qualsivoglia pratica circa la presente questione. Soggiungeva il Principe, nel suo telegramma che il Governo britannico gli aveva chiesto cinque o sei giorni di ,tempo per vedere se vi fosse modo di escogitare un nuovo programma attorno al quale potessero trovarsi concordi tutte le potenze.

Dalle notizie che qui venni brevemente riassumendo, apparisce abbastanza chiaramente come sia sorto il pensiero del riavvicinamento, e quali fossero i concetti che mossero il Gabinetto di S. Gi,acomo ad una così notevole evoluzione. La quale non solo è importante pel mutato atteggiamento dell'Inghilterra, ma lo è altresì, e sopratutto, per l'influenza che potrebbe, col favore delle circostanze esercitare sopra lo svolgimento dell'intera questione.

Finora le preoccupazioni delle Potenze furono precipuamente rivolte a vicercare, per le provincie slave della Turchia uno statu quo migliorato. Non erano naturalmente pre:flissi i miglioramenti da attuarsi, e la diplomazia travagliasi appunto a determinare quella giusta misura che potesse appagare le popolazioni ed essere accettata dalla S. Porta. Questo era in sostanza il programma dell'Austria-Ungheria, alla quale potenza, come Ella sa, fu lasciata, fino al Convegno di Berlino, in certa qual guisa, l'iniziativa delle proposte atte ad allontanare i pericoli nascenti dai moti insurrezionali di BoSlliia e di Erregovina. Ln questo concetto generale, che è quello prevalente nella Nota 30 dicembre 1875, trovavansi concordi tutte le Potenze. Anche l'Inghilterra, dopo aver fatto qualche difficoltà, arveva fi:nito con appoggiare la nota, riconoscendo che essa nulla conteneva di contrario alle stipulazioni del 1856. E gli insorti stessi, quando, nell'aprile scorso, ebbero ad esprimere, nei convegni di Sutorina, al Generale Rodich ed al Signor Wesselisky i loro voti, chiesero bensì che fosse radicalmente migliorato l'ordinamento amministrativo, ma non pronunciarono parola che potesse implicare un mutamento della Sovranità territoriale.

Ora invece, le previsioni dell'Inghilterra includerebbero anche l'ipotesi di un'assoluta indipendenza; purché le provincie insorte sappiano guadagnarsela colla vittoria. Noi non sappiamo, per verità, se attorno al programma che risulterebbe dallo attuale scambio di idee tra la Russia e la Gran Bretagna, le varie Potenze potranno trovarsi concordi così facilmente come lo furono per il programma contenuto nella Nota Andrassy. La difficoLtà, poi, è certamente accresciuta dall'essersi aggiunta in questi giorni ad una questione la quale già tendeva ad uscire dai limliti che in origine le erano stati tracciati, una questione ancora più vasta ed importante qual'è queUa cui darebbe luogo le recenti notizie di Belgrado.

È noto a V.E. che, quando rmo scambio di telegrammi tra il Principe Milano ed il Gran Vizir pareva aver chiarito la reciproca posizione, si ebbe invece notizia improvvisa, da Belgrado, di apprestamenti tali che fanno temere inev1tabile la rottura delle ostilità. Noi stimammo conveniente di raccomandare alla S. Porta la massima moderaz>ione e ne ottenemmo l'assicurazione che, memore degli obblighi nascenti per essa dal trattato del 1856, non avrebbe attaccato la Serbia, e non ne avrebbe varcato il confine che nella sola ipotesi in cui venendo l'attacco della Serbia, la cosa divenisse necessaria per lo sviluppo delle operazioni miLitari. Soggiungeva poi il Gran Vizir che, a suo avviso, i consigli delle Potenze avrebbero potuto più utilmente rivolgersi a Belgrado per ottenere che desistesse dagli armamenti quel Governo il quale dimostra proposito deliberato di aHaccare. È notevole, a questo riguardo la circostanza che il Gabinetto principesco sembra non sentire H bisogno di dare spiegazione del suo atteggiamento, non avendoci fatto pervenire cenno alcuno né sul recente scambio di comunicazioni che esso ebbe colla Porta, nè sui motivi che lo spingono ad apprestare un attacco, ritenuto oramai come imminente.

Questa era la situazione quando veni·va data comunicazione da questo Signor Incaricato d'Affari di Russia di un telegramma in data di Iugenhein, 25 giugno, col quale il Principe Gortchakoff dichiara quale sarà il contegno della Russia di fronte al1e prevedibili eventualità. Il Gabinetto di Pietroburgo fa sapere che qualora la Turchia attacchi la Serbia, i Rappresentanti delle Potenze a Costantinopoli, dovrebbero, a suo avviso, protestare sulla base dei trattati; e che se ciò nonostante (si néanmoins) la lotta si impegnasse, le potenze potrebbero proclamare il Principio di non intervento assoluto.

Mentre Le· scrivo non è stata ancora pigliata da noi una risoluzione circa la comunicazione russa. Trattandosi di officii diplomatici i quali eccederebbero i limiti di una mera adesione a consigli di moderazione e· di pace, e che potrebbero, in certa misura, impegnare l'azione futura del Governo, ho dovuto dire al Signor Schewitch che, volendo io prendere gli ordini di S. M., ora a Valdie·ri, un indugio sarebbe stato inevitabile, prima che io potessi metterlo in grado di far conoscere al Principe Gortchakoff l'impressione prodotta in noi dalla sua cortese comunicazione.

Osservando poi che, a differenza delle proposte formulate dalla Russia nelle fasi anteriori della quistione orientale, non è cenno nella comunicazione attuale, di concerti preliminariamente presi cogli alt11i due Imperi, io dovevo anzitutto, ricercare maggior lume; ed a tale scopo mi sono rivolto di preferenza al Gabinetto di Berlino, poiché debbo supporre che anche nelle circostanze presenti perduri tra la Russia e la Germania la stessa intimità di rapporti che ha esistito finora.

Tale è adunque nei suoi lineamenti generali, lo stato delle cose. Abbiamo innanzi a noi, in termini ben definiti, due progetti russi, riferendosi l'uno alle provincie insorte, e l'a!ltro alla Serbia, ed un progetto britannico, relativo esclusivamente alle provincie insorte. Quali siano, di fronte a siffatti progetti, le disposizioni degli altl'i due Imperi e della Francia, è materia che per noi è limitata finora al campo delle induzioni e delle congetture. Fin d'oggi però, già si scorgono le difficoltà che avranno a sormontarsi per mantenere Hleso l'accordo.

Le difficoltà saranno gravissime per l'Austria Ungheria. In un colloquio col Generale Robilant, che quest'ultimo mi ha testé riferito, il Conte Andrassy ha formalmente disapprovato il progetto presentato dal Foreign Office al Conte Schouwaloff. Agli occhi suoi, manca a siffatto progetto qualsivoglia carattere pratico. Non solo egli crede che gli insorti, se vincitori, sarebbero incapaci di organizzarsi; ma egli crede altresì che la Turchia stessa, se vincitrice, non saprebbe usar bene della vittoria, nè trovare i .termini entro i qua1i possa attuarsi una giusta e buona autonomia delle provincie vinte. Secondo il Conte Andrassy il metodo che solo può condurre ad una soluzione è pur sempre quello consistente nell'ottenere a Costantinopoli tutte le concessioni necessarie, e neU'imporne l'accettazione agli insorti, premendo in pari tempo sul Montenegro e sulla Serbia perché si astengano dalla lotta. Egli è manifesto che questi concetti del Conte Andrassy possono bensì accordarsi col controprogetto russo per la pacificazione della Bosnia e dell'Erzegovina, ma sarebbero invece assai difficilmente conciliabili coi termini del progetto britannico. Si affaccia, pertanto, spontanea la domanda se, e fin dove, l'Austria-Ungheria possa seguire la Russia, qualora questa, nello sviluppo ulteriore· degli avvenimenti, e nel corso delle sue comunicazioni col Gabinetto di Londra, si accosti alle idee messe innanzi da quest'ultimo.

Ancor più intrigata apparisce la situazione dell'Austl"lia-Ungheria in ordine alla questione serba.

Non sembra che il Conte Andrassy si illudesse, in questi ultimi tempi, circa l'atteggiamento del Principe Milano. Ammetteva bensì, f.ino ad un certo pWlto, l'efficacia della dichiarazione, intimata a Belgrado dalla Russia, che la Serbia avrebbe fatto la guerra a suo rischio e pericolo, ma la sua fiducia era scossa dall'onda sempre crescente del partito ~i·voluzionario in Serbia, è dal timore che il dissesto finanziario, frutto delle esorbirtanti spese, spingesse il Principato a risoluzioni estreme. Quale sarà l'atteggiamento del Gabinetto di Vienna ora che gli avvenimenti stanno per imporre la necessità di una risoluzione?

Il Conte Andrassy è indubbiamente animato dal sincero desiderio di conservare intatto l'accordo fra i tre imperi. Ma la politica sua è vincolata dalle esigenze parlamentari e dall'influenza che l'opinione pubblica necessariamente esercita in uno stato costituzionale sopra le risoluzioni del Governo. Le Delegazioni delle due parti della Monarchia, durante la Sessione che testé si chiuse a Pesth, seppero, mediante stringenti interpellanze, rinchiudere il Conte Andrassy entro un cerchio di ferro, dal quale non poté uscire se non mediante la esplicita dichiarazione che non farebbe oramai un passo più in là nel senso della politica russa. Non le saranno d'altra parte, sfuggite, Si~or Cavaliere, le inquietudini della stampa austriaca, e sopratutto delrla stampa ungherese, né il malumore del partito militare e dei federalisti, i quali accusano il Conte Andrassy di non aver saputo, in tempo, volgere a vantaggio dell'Austria il movimento nazionale slavo e predicono nuove sciagure all'Impero.

A queste cagioni, che possono trattenere l'Austria-Ungheria dal seguire la Russia si aggiungono quelle che potrebbero creare, tra i due Imperi, un positivo dissidio.

Un complesso di circostanze che hanno potuto essere notate da chi abbia seguito gli andamenti della politica austriaca nelle sue provincie slave, fecero nascere l'opinione che l'insurrezione erzegovese e bosniaca fosse, in sul principio, favorita, se non dal Governo, dalle popolazioni che stanno lungo il confine. Più tardi, quando fattasi più risoluta l'aZJione del Governo, apparve vana la lusinga che agli slavi austriaci potesse derivare alcun vantaggio dalla insurrezione, questa fu abbandonata a se stessa, rimanendo però viva lUla corrente di simpatie tra gli slavi dell'Impero Ottomano ed i partiti rivoluzio· nari che si agitano nelle finitime provincie dell'Impero Austro-Ungarico. Il Governo Imperiale e Reale sarà probabilmente condotto a pigliare provvedi· menti di rigore. Posto pure che H Conte Andrassy si astenga come pro~tò sempre finora, da ogni disegno di intervento, egli è certo che, se un moto rivoluzionario scoppia nella Monarchia, mentre la rivoluzione perdura in Turchia, l'interesse di reprimere sarà identico così a Vienna come a Costantinopoli. Prov· vedimenti eccezionali, quasi equivalenti ad uno stato d'assedio, dovettero già essere presi nel Banato. Che avverrebbe, se le circostanze costringessero l'Austria-Ungheria a procedere oltre per questa via, del suo accordo colla Russia?

Fra i documenti diplomatici che Le sono oggi inviati, l'E. V. troverà un mio dispaccio scritto il 3 di questo mese al R. Ambasciatore in Londra (1), ove sono spiegate le ragioni e l'indo~e della politica per cui facemmo f1nora piena adesione, nella questione orientale, al programma comune dei tre Imperi. Noi non possiamo non preoccuparci dell'eventualità in cui venga meno siffatta comunanza di programma, ed importa che fin d'ora ci facciamo ad indagare quale sarebbe in tale ipotesi l'atteggiamento delle altre Potenze.

Della Francia sappiamo che il Duca Decazes si è adoperato col massimo impegno a ravvicinare l'Inghilterra alla Russia, e che intende sinceramente ad agevolare· qualsivoglia combinazione che miri ad assicurare il mantenimento della pace. Però consta da dichiarazione fattane dallo stesso Duca Decazes al

R. Incaricato d'affari, che nelle regioni parlamentari si fa rimprovero al Governo della Repubblica di essersi troppo affrettato ad aderire al Memorandum di Berlino. L'opinione pubblica, per confessione dello stesso Duca Decazes, raccomanda imperiosamente una politica di astensione e di raccogLimento. Il sentimento prevalente in Francia è l'apprensione che siano presi prematuri impegni,

o che si sia seguita tal via, la quale conduca fatalmente, qualora dovessero sorgere conflitti, ad impegni verso l'una o l'altra Potenza. All'E. V. non ho d'uopo d'aggiungere come questo sentimento corrisponda sopratutto al desiderio di uscire dall'isolamento in cui l'accordo dei tre Imperi mantiene la Francia.

Il Gabinetto di Berlino dal canto suo si mantiene in grandissimo riserbo, ed in questo momento, per l'assenza degli uomini che stanno alla direzione degli affari dell'Impero è quasi impossibile con esso ogni comunicazione. Argomentando dalle indicazioni preziose che si contengono nel carteggio del Conte de Launay, è da ritenersi che la Germania farà ogni sua mossa per mantenere l'accordo fra gli altri due Imperi, e che, qualora essa dovesse optare fra l'Austria-Ungheria e la Russia, opterebbe per quest'ultima. Rimanendo nell'ipotesi che la Russia e l'Inghilterra continuino a trovarsi in due campi opposti rispetto alle cose orientali, era naturale la previsione che soltanto nel caso 1in cui fosse divenuta affatto impossibile l'alleanza colla Russia, la Germania cercherebbe, presso l'Inghilterra un contrappeso a quella che in tal ipotesi si formerebbe probabilmente tra la Francia e la Russia. Questa previsione era anche avvalorata da ciò che accadde lo scorso anno, quando inaspritesi 1e relazioni tra la Germania e la Francia, la Gran Bretagna si intromise con utile effetto neLla controversia. Apparve allora manifesto che l'arrendevolezza del Pri.llwipe di Bismarck era principalmente consigliata dal desiderio di tenersi amico il Gabinetto inglese. Ma se il dissidio tra la Russia e l'Inghilterra, che finora sembrò l'ipotesi più

(ll Cfr. n. 147.

probabile, potesse •eliminarsi mercè alcuna combinazione la quale non toc

casse gli interessi proprii della Germania, sarebbe da considerare se in tale

ipotesi ed accentuandosi la difficoltà di mantenere l'accordo fra la Russia e

l'Austria, la Germania non possa essere condotta a prendere, nei concerti tra

la Russia e la Gran Bretagna, una parte eguale a quella che sostenne finora

fra i due altri Imperi. In questo caso, noi ci twveremmo di fronte ad una

situazione analoga a quella che precedette glli avvenimenti del 1854, e che

riuscì allora alla Frano1a di scongiurare. È, però, da avvertirsi che, nelle con

dizioni presenti, una simile situazione non farebbe che porre vieppiù in evidenza

l'isolamento della Francia che è lo scopo precipuo della politica germanica.

Certo è, ad ogni modo, che difficile ci riesce, nella fase attuale, di trarre consiglio dall'atteggiamento della Germania, la quale, o non ha un piano ben definito, o stima per ora, di non poterlo far conoscere.

Abbandonando il campo delle congetture suggeriteci dal contegno apparente dei varii gabinetti, io debbo, ora, accennarle, per grandi traU,i, le idee generali alLe quali, a~ll'infuori di ciò che possano consigliare le combinazioni diplomatiche o le esigenze della situazione, si ispira la nostra politica rispetto alla questione Orientale.

L'E. V. ben sa essere nostro concetto antico, che la soluzione del problema debba ricercarsi nello svolgimento graduale delle popolazioni di nazionalità diverse, che hanno stanza nella penisola dei Balcani. Siffatto concetto trovasi esposto .in più di un documento elaborato dalla cancelleria italiana, e forrù anche a me ed ai miei predecessori il tema di dichiarazioni parlamentari che incontrarono favorevole accoglimento.

Fra i varii modi nei quali può attuarsi lo svolgimento deUe nazionalità soggette al dominio del Sultano, noi non abbiamo preferenze assolute; epperò accettammo, sia la Nota Andrassy del Decembre scorso, sia il Memorandum di Berlino, appunto perché questi documenti, additando, come soluzione, uno statu quo territoriale con migliorata situazione delle popolazioni, si conciliavano entrambi senza difficoltà col concetto fondamentale che testé accennai. È però opinione generale, conJiermataci dai rapporti dei R. Agenti, che condizioni ·economiche, sociali ed intel1ettuali de·i paesi di cui si tratta siano insufficienti a porgere guarentigia di un ordinamento governativo indipendente. Lo sviluppo della vita autonoma riuscirà più sicuro procedendo a gradi. E tale sembra essere sostai17lialmente il pensiero delle Potenze. Imperocché, noi sappiamo che l'Austria professa un'opinione recisamente contraria all'indipendenza assoluta dei territori in questione; che la Russia nel controprogetto presentato a Londra dal Conte Schouwaloff, si arresta alla'utonomia amministrativa e finanziaria; e che tale era pure, almeno infino alla presente fase della controversia, l'avviso dell'Inghilterra. Dichiarava, infatti, Lord Derby, in una conversazione avuta il 2 di questo mese col Generale Menabrea, che nell'autonomia della Bosnia e dell'Erzegovina egli dovea fatalmente scorgere l'eccidio e l'esodo dei maomettani, i quali non potrebbero rimanere liberi possessori del suolo accanto ai cristiani ostlll e prevalenti di numero.

Sembra quindi potersi concludere essere finora prevalente presso la mallgioranza delle Potenze, l'opinione che il vero vantaggio delle popolazioni cui

20 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

si vuol giovare non possa attenersi che col solo sviluppo graduale, e che una soluzione prematura non potrebbe attuarsi senza favorire interessi particolari di Governi stranieri.

Non è nuova, sotto questi aspetti la questione. La si agitò anche da ultimo, come l'E. V. ben ricorda, nel 1867. Furono allora messi di fronte due programmi diversi, l'uno francese, l'altro russo; e l'Europa non ebbe occasione di scegliere fra i due. Fino d'allora, però, il Governo italiano stimava doversi tenere in gran conto le avvertenze, svolte con molta efficacia dal Principe di Gortschakoff nel suo Memorandum del 12/24 marzo 1867; ed anche aJl presente noi crederemmo che nelle idee svolte in quel documento si potrebbe ricercare un programma di pratica attuazione.

Su questo terreno, non è mestievi che l'Italia si discosti dai suoi precedenti per trovarsi d'accordo colla Russia. Nell'ordinamento organico di Creta, nelle questioni anche secondarie concernenti il Regolamento del Libano, nelle rimostranze ripetutamente fatte a Costantinopoli ogni qual volta [a Sublime Porta mostri di voler distruggere le autonomie secolari di cui sono in possesso alc\llrlle popolazioni delle isole e dell'Albania: in tutte queste circostanze, la politica italiana si è spiegata in un senso che non contraddice alle idee emesse in quel notevole documento. Noi avremmo desiderato che non ci fosse mancata, prima d'ora, l'occasione di assicurarci che la Russia e l'Italia danno lo stesso peso alle questioni che più dil'ettamente toccano l'aspetto politico del Mediterraneo.

Per questo rispetto i nostri interessi sono d'una rilevanza manifesta, ed è debito nostro di seguire con occhio attento tutti gli indizi che possono guidarci a ragionevoli e fondate conge,tture. Epperò noi non siamo senza preoccupazioni di fronte alle manifestazioni dell'Inghilterra a auesto riguardo. Le dichiarazioni dei Ministri britannici, gli armamenti straordinari che si stanno facendo nei punti fortificati che la Gran Bretagna possiede nel Mediterraneo, la flotta poderosa, che essa vi ha inviato, sono tali fatti che congiunti ad altri sintomi non meno significativi, inducono a credere che il Gabinetto di S. James non sia alieno dall'accettare pel problema orientale le più radicali soluzioni, purché gli sia lasciata piena balia di pigliare, in Egitto, quella posizione alla quale manifestamente aspira. Ed il pericolo apparirà ancor più grave quando si consideri la posizione speciale che gli avvenimenti hanno creato alle due altre grandi Potenze che, come l'Italia, sono interessate nella questione del Mediterraneo. I rivolgimenti dei paesi slavi assorbiranno per qualche tempo tutta l'attiv:ità dell'Austria. La Francia, poi, è bensì non meno impensierita di noi, e ci fa spontanea confidenza delle sue inquietudini, ma è a prevedere che, anziché impegnarsi ,ÌJn un tentativo di resistenza, essa potrebbe lusingarsi di trovare nella posizione che prenderebbe a Tunisi un certo compenso di quella che l'Inghilterra fosse per prendere in EgUto. In così delicata situazione, non potrei porgerle, Signor Ambasciatore, sopra questo soggetto, altra istruzione alil'infuori della preghiera di voler diligentemente tener dietro a ,tutto ciò che può riferirsi a questi nostri diretti interessi e suggerirmi, all'uopo, i mezzi che le sembrassero migliori per tutelarli.

Di due punti speciali mi rimane a tenerLe breve discorso: dell'eventualità di un intervento armato in Bosnia ed Erzegovina, e di quella in cui la soluzione delle difficoltà presenti si voglia commettere ad una conferenza.

L'ipotesi che si presenta più naturale rispetto all'intervento, è che esso si compia per opera di forze austro-ungariche. Mi giova ricordare lo scambio di idee che ebbe luogo, a questo proposito tra l'Italia e la Russia nel tempo in cui il Conte de Launay rappresentava a Pietroburgo il R. Governo. Il Prinèipe Gortchakow affermava allora, e dipoi ha ripetuto (però in forma meno affermativa) che l'occupazione austriaca in Bosnia sarebbe stata per la Russia, un casus belli. Ma le ripetute dichiarazioni del Conte A:ndrassy escludono questa ipotesi.

Nei rapporti diplomatici non fu mai ventilata altra ipotesi di inltervento. Però la stampa russa, il Golos in ispecie, accennando nei primi giorni di maggio agli accordi che stavano per prevedersi fra i tre Imperatori, fece allusione all'eventualità che forze militari italiane avessero ad appoggiare, per delegazione dell'Europa, l'opera di una commissione internazionale di sorveglianza pel miglioramento della sorte dei cristiani nelle provincie insorte. Non è d'uopo dire come il massimo riserbo sia indispensabile circa questo progetto che non divenne mai argomento di comunicazioni diplomatiche e che fin dal suo nascere ha provocato l'aperta opposizione del giornalismo di quel partito che nella Monarchia Austro-Ungarica, tien fisso gelosamente lo sguardo sull'Italia ogni qualvolta si .tratta di questioni interessanti •l'avvenire delle provincie adriatiche dell'Impero.

Per quanto spetta alla conferenza, noi sappiamo, che per ragioni diverse, essa rtpugna all'Inghilterra, alla Germania ed all'Austria Ungheria. Ad ammetterla è, forse più d'ogni altra Potenza, esitante la Germania, la quale sa di quanta fatica sia per essa il tenere d'accordo l'Austria-Ungheria e la Russia e temerebbe, forse non senza ragione, che in una Conferenza il dissidio si faccia manifesto e diventi irrimediabile. Al momento del Convegno di Berlino si è parlato di una con:lierenza per risolvere le questioni attuali, e si era anche accennato a Venezia come· a sede opportuna. Non ho bisogno di dirle che questa scelta sarebbe 11iuscita gradita all'opinione pubblica in Italia, la quale vi avrebbe ravVJisato un segno manifesto della simpatia delle Potenze, e delle buone posizioni che· abbiamo .saputo acquistarci tra esse. Ma di poi ci apparve chiaramente che il pensiero di una Conferenza, accettato in massima dalla Russia, era nato a Parigi; epperò, in vista della ripugnanza delle altre Potenze, diventa per noi necessario di toccare con molto riguardo di questo argomento, acciocché non sembri che da noi si voglia patrocinal'e, presso il Gabinetto di Pietroburgo, un progetto essenzialmente francese.

Da quanto Le espo.si, Ella scorge, Signor Ambasciatore, come gran parte delle difficoltà attorno aLle quali la diplomazia sta travagliandosi si avvolga nel vago e nell'incerto. Direzioni precise non possono esserle impartite, mentre tutte le previsioni si aggirano attorno ad eventualità più o meno probabili.

L'abilità e lo zelo di V. E. mi sono pegno che, mercé l'opera sua, saranno vieppiù rassodati i buoni rapporti esistenti tra l'Italia e la Russia ed avranno valida tutela tutti i legittimi nostri interessi, mentre per ·la diligente osservazione dei fatti so di poter far pieno assegnamento sopra la perspicacia e l'avvedutezza di cui l'E. V. già diede prove luminose.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 2686. Parigi, 28 giugno 1876 (per. l' 1 luglio).

Il Principe Orloff, Ambasciatore di Russia, diede j1erlaltro a S. E. il Duca Decazes comunicazione d'un telegramma del Principe Gortchakoff nel quale era espresso il desiderio che in caso di guerra tra la Serbia e 'la Turchia il Governo francese affermasse il principio di non intervento, tanto verso una parte quanto verso l'altra. Nello stesso telegramma il Principe· Cancelliere diceva d'aver dato l'ordine che nuove circostanze fossero fatte a Belgrado onde impegnare H Principe Milano a non attaccare.

Nel farmi menzione di questo telegramma in una conversazione ch'ebbi jeri col Signor Duca Decazes, S. E. mi disse che per parte sua era sicura che il primo attacco non verrà dai Turchi. Il Signor Ministro degli affari esteri di Francia considerava sempre come imminentissima la conflagrazione e mi ripeté ch'era naturale, a suo giudizio, che i fucili si scaricassero da sé dal momento che la Serbia ed il Montenegro non erano più contenuti dal pericolo di un intervento. Av,endo io fatto notare a S. E. che non s'era ancora avverata la partenza del Principe Milano da Belgrado, il Signor Duca Decazes mi rispose che da otto giorni gli si annunziava giornalmente che il Prtncipe andava a mettersi alla testa del suo esercito senza che fosse finora confermata la notizia, ma che ad ogni modo ·egli credeva sicura una tale risoluzione. • E così, aggiunse S. E., la fine del secolo decimonono avrà dopo lunghi sforzi della diplomazia visto assistere l'Europa spettatrice impassibile alle stragi, agl'incendi ed alle malattie cui sarà ben tosto preda la disgraziata penisola dei Balcani. Senornché noi, la Francia e l'Italia avremo per lo meno la coscienza di aver fino all'ora estrema tutto tentato, tutto messo in opera per ·evitare la soluzione sanguinosa che si prepara •.

Furono, a quanto egli mi disse, riferite al Signor Duca Decazes alcune parole dell'Imperatore di Germania colle quali S. M. in una recente occasione avrebbe espresso l'interesse • che ai Cristiani d'Oriente non doveva negarsi da' loro correligionarj cristiani •.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. 303. Roma, 29 giugno 1876, ore 22.

Le Senat a voté la loi relative aux chemins de fer. Elle sera publiée demain dans le JournaZ OfficieZ. Veuillez en informer le Gouvernement Austro~ Hongrois (le baron Rothschild).

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. 305. Roma, 30 giugno 1876, ore 14.

Je désire que vous soyez informé que j'ai prié le Marquis de Noail1es de demander à son Gouvernement l'agrément pour la nomination du général Cialdini en qualité d'ambassadeur de Sa Majesté à Paris. Le président du Conseil désil'e savoir quand aura lieu la réunion de l'assemblée de la HauteItalie pour l'approbation du compromis de Paris et de la Convention ·de Rome. Veumez vous en informer auprès de M. Rothschild.

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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 583. Costantinopoli, 30 giugno 1876, ore 19 (per. ore 22).

L'agent de Roumanie a fait hier communication à la Porte demandant neutralisation du Danube afin d'éviter attaque contre la Serbie par la rivière.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 65 Roma, 30 giugno 1876.

Deve giungere in questi giorni a Costantinopoli la missione spedita dal Bey di Tunisi a fare atto di ossequio al nuovo Sultano. L'inviato tunisino, il Generale Roustan, cercherà probabilmente, secondo la consuetudine, di essere presentato agli Ambasciatori e Ministri delle Grandi Potenze; epperò l'occasione mi torna opportuna per esporle confidenzialmente, a norma del suo linguaggio, le nostre impressioni oirca la politica attualmente prevalente nella Reggenza.

Oramai è cosa manifesta che l'indirizzo po11tico del primo Ministro del Bey, Generale Khérédine, mira ad agevolare l'assorbimento della Tunisia per parte della Franoia. Porti, miniere, ferrovie, industrie, tutto va man mano accentuandosi a benefizio di speculatori francesi. Già è francese l'amministrazione telegrafica. Non rimarrà in breve, a meno che sopraggiunga un mutamento di propositi, differenza alcuna, al punto di v:ista economico ed amministrativo, tra il terdtorio tunisino e la finitima Algeria.

Forse queste cose non sono sufficientemente note ed apprezzate dal Divano Imperiale, al quale non può, per certo, essere indiffevente che la Tunisia subisca una simile trasformazione. Dal canto nostro (e la S.V.I. vorrà farlo sentire agli Inviati tunisini) non senza rammarico vediamo rotta oramai quella giusta bilancia tra i reciproci interessi che è nei voti legittimi dehle Potenze aventi rapporti politici 'ed ~economici nella Reggenza, e che lo stesso Governo del Bey costituisce la migliore delle guarentigi•e.

L'unica industvia itailana, che si fosse oramai impianta.ta nella Tunisia, l'intrapresa per le miniere di Giebel Ras, è iniquamente angariata. Ad egregi cittadini italiani, che avrebbero voluto trattare ile scorie piombifere di giacimenti negletti, la concessione è ricusata con pretesti dilatorii che tradiscono il malvolere dell'Autorità. Questi fatti non possono giovare alla cordiaUtà delle mutue relazioni, impe·rocché il Governo italiano deve, suo malgrado convincersi che la sua amicizia per la Reggenza non ha recato alcun prò agli interessi dei nostri connazionali.

Il Ministero ha cura di farLe conoscere, mediante il periodico invio dei relativi documenti diplomatici, ciò che accade a Tunisi. Anche all'infuori della occasione speciale fornitaie dall'arrivo della Missione tunisina, converrà che Ella si mantenga, sopra questo soggetto in uno scambio di idee colla S. Porta, la quale è senza dubbio persuasa come coincidono, a questo riguardo, gl'inte~ ressi dell'Italia coi suoi.

Naturalmente però, H linguaggio di Lei dovrà essere strettamente riservato e tale da non potere, in ogni ipotesi, avere interpretazione meno benevola rispetto alla Potenza, verso la quale propende la politica di esclusivismo adottata dal Generale Khérédine.

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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 241. Terapia, 30 giugno 1876.

Ieri mattina ricevetti da Scutari un telegramma pel quale quel R. Console mi significava i Serbi essere ·entrati in campagna, i Montenegr:ini essere in marcia verso Scutari. -Mi recai immediatamente presso i miei Colleghi per intendere quello ne sapevano. Tutti credevano il principio delle ostiLità essere imminente, ma nessuno d'essi aveva ricevuto avviso che esse fossero state aperte. Più tardi uno dei meglio informati mi disse sapere da buona fonte che la Serbia dichiarerebbe la guerra alla Turchia oggi o domani, ed il Montenegro impegnerebbe in pari tempo la lotta dirigendo le sue forze verso No'VIi-bazaar. Stavo per tel,egrafare queste notizie a V. E. quando comparve il suo telegramma pel quale mi domandava ragguagli, ed io li spedii in risposta ad esso.

Io riferisco all'E. V. Quello che traggo dalle migliori fonti circa i movimenti delle rispettive forze, ma naturalmente Ella comprenderà quanto sia difficile

di conoscere il vero in simili materie, imperocché ciascuna parte ha troppo interesse a celare ri proprii progetti, ed a far anzi circoLare erronee voci.

Aggiunsi pel mio telegramma credere che la linea telegrafica da Belgrado fosse interrotta, perché né io avevo da qualche tempo ricevuto alcun telegramma dal Conte Ioannini, né alcuni de' miei Colleghi che avevano domandato speciali notizie avean ricevuto analoghe risposte. Però a sera avanzata comparve un telegramma per qual·e il R. Agente a Belgrado mi annunciava H Principe Milano essere partito la mattina stessa per l'armata, il che io aveva già telegrafato a V. E.

Seppi poscia che in giornata l'Agente Serbo erasi presentato al Gran Vizir per consegnargli una lettera direttagli dal Principe Milano. Sua Altezza prese la lettera e la pose su~ tavolo senza aprirla. Domandò il Signor Magazinovich se non intendeva prender conoscenza del suo contenuto; cui rispondeva Sua Altezza la leggerebbe più tardi, non aveva tempo rin quel momento; e congedava l'interlocutore con durissime parole. -Questa lettera conteneva l'enumerazione di tutti i gravami che per anni ed anni il Governo Serbo aveva avuto a sostenere da parte della Sublime Porta. Il Signor Magazinovich metteva pure nelle mani di Safvet Pacha una ·lettera a lui diretta dal Ministro degli Affari Esteri Serbo pe·r la quale si chiedeva alla Sublime Porta la cessione pura e semplice della Bosnia alla Serbia; né alcuna ragione, né alcuna parola di Sovranità. -Queste comunicazioni produssero al Dilvano un sentimento d'mdegnazione, e non servirono che a maggiormente irritare que·sti Ministri. Né si trattò delle risposte che sarebbero per farsi. Questi documenti furono qui spediti col mezzo del Tartaro, e del loro contenuto diedi ier sera un cenno telegrafico all'E. V.

Non v'ha dunque più alcun dubbio che sta per iscoppiare la lotta tra la Turchia da una parte e la Serbia ed il Montenegro dall'altra, lotta fatale di cui non si possono oggi misurare né l'estoosiorre né la dura.ta. Alla S. Porta si credOIIlO sicuri di poterla vincere in poche settimane; ma chi può prevedere gl1i effetti che sarà per produrre una guerra per la quale gli uni si battnno per iscuotere un giogo aborrito, gli altri per l'esistenza dell'Impero? Resteranno le vicine provincie cristiane spettatrici impassibili della lotta? Sarà il Governo Austro-Ungarico in grado di trattenere le propr:ie popolazioni eccitate dal sangue dei connazionali? Ed i Greci non crederanno giunto il momento di liberare i fratelli? E se ilie stragi e gli orrori della guerra continuano, potrà lo ste·sso Governo Russo resistere alle grida di dolore dei suoi Slavi? Questi sono i pericoli che si presentano alla mente al primo considerare gli eventi che stanno per inaugurarsi. E l'E. V. è in grado di apprezzarne, nella sua saviezza, tutta la gravità.

Questi sono i funesti efiletti della cessazione dell'accordo tra rle Potenze Garanti. La grave risoluzione presa dal Governo Inglese di separarsi dai tre Gabinetti Imperiali produsse uno stato di confusione, d'incertezza, di diffidenza nelle allean2le tra le Potenze Europee che la loro azione diplomatica ne venne completamente paralizzata. Un Rappresentante andava alla Porta a dare consigli di fermezza e d'energia, un altro di mitezza e di moderazione, un .terzo si avvolgeva in un silenzio di poco buon augurio per l'Impero. D'altra oarte il Governo ottomano si credette certo dell'appoggio della Gran Potenza mariHima d'Europa. La poderosa flotta che sta in vista delle sue coste, la grande attività spiegata in quelJli arsenali, il contegno assunto da quel Governo, diedero alla Sublime Porta un sentimento di sicurezza che i fatti proveranno se fosse fondato. Né questi fatti saranno per riuscire nuovi a V. E. alla quale io ebbi l'onore di farli presentire dal momento in cui fu rotto quest'accordo che tallito importava per far fronte a queste difficoltà. V'ha tuttavia un fatto confortante ed è che i tre Imperi sono tuttora uniti; e se la loro unione, e sopratutto quella tra la Russia e l'Austria-Ungheria, resiste agli scogli che sarà per incontrare, la pace europea n~n avrà nulla da temere. E per questa unione io faccio i più ardenti voti...

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 587. Vienna, l luglio 1876, ore 15,10 (per. ore 17).

J'ai eu l'honneur de présenter à S. M. l'Empereur, aujourd'hui à l heure, mes lettres de créance comme ambassadeur.

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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 242. Terapia, l luglio 1876 (per. il 15).

L'E.V. è senza dubbio esattamente ragguagliata d'altra parte degli incidenti del,la politica Inglese. Sono tuttavia venuti a mia conoscenza alcuni dettagli riguardo ad essa, dei Quali stimo mio debito d'intrattenere ad ogni buon fine l'E.V. Non ho bisogno di rammentare come (!Uel Governo ~~i separasse dal concerto delle sei Potenze Garanti nell'occasione della comunicazione del Memorandum di Berlino, né quali effetti immediati quell'importante atto politico abbia prodotto. Mi viene ora riferito in modo eminéntemente confidenziale che, per ragioni che io non mi farò ad indagare, nei passati giorni al Signor Disraeli fece intendere al Conte Schouwalow che il Gabinetto Inglese desiderava riavvicinarsi alla Russia. Il primo Ministro Britannico dichiarava il suo Governo nutrire sincero desiderio d'intendersi con quella sulle cose d'Oriente, ed esponeva le sue vedute generali sulla questione. A queste parole di concordia rispondeva l'Ambasciatore Russo con quella riserva che gli era ispirata dalla gravità della situazione e dalla novità della proposta. Analoga conversazione aveva quel Rappresentante Imperiale con Lord Derby, il Quale però espr,imevasi in modo più vago e riservato. Il Conte Schouwalow di tutto rendeva esatto conto al Principe Gortchakow, il quale replicava in da·ta del 22 giugno, l'Imperatore avergli ordinato di rispondere che Esso aveva provata molta soddisfazione nelll'intendere che il Gabinetto di Londra era animato dà siffatte disposizioni, il suo Governo avér sempre desiderato di procedere d'accordo con quello di S.M. Britannica, ed eS8er pronto a prendere nella più seria considerazione quelle proposte che esso fosse per formulare. I documenti che si riferiscono a questi colloqui, allorché vedranno la luce, saranno annoverati tra i più mèmorabili dell'età nostra. Ne seguiva uno scambio di comunicazioni, ma eta tardi. Gli eserciti stavano g.ià mettendosi in fila, e lo squillo delle trombe guerriere annunciava che il tempo dei memorandum e delle note era sospeso.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 491. Vienna, 1 luglio 1876.

Siccome ebbi l'onore di portare testé telegraficamente a conoscenza dell'E. V. (l) fui ricevuto oggi alla una in udienza solenne da S. M. l'Imperatore per la presentazione delle mie credenziali come Ambasciatore.

Sua: Maestà si compiacque dirmi essergli partdco1armente gradito l'innalzamento al rango di Ambasciata delle rispettive Legaz.ioni poiché un tal fatto è potente conferma delle eccellenti relazioni esistenti sìa fra i Sovrani che fra i rispettivi Stati. La Maestà Sua ebbe poi ad esprimersi meco in modo molto amichevole e simpatico per l'Augusto Re Nostro, e ben volle ancora rivolgermi parole lusinghier,e e benevoli per la mia persona.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1630. Berlino, 2 luglio 1876 (per. il 7).

Le Grand Maréchal de Cour m'a communiqué aujourd'hui un message de l'Empereur. Sa Majesté désire vivement que le Prince et la Princesse de Piémont consentent, en se rendant en Russie, à faire une halte à Potsdam, où le Palais de marbre (Marmor Palais) est mis à leur disposition. Sa Majesté espérait beaucoup QUe LL.AA.RR. accepteraient cette offre f!Ui Leur était faite de grand coeur. Leur incognito sera respecté à Potsdam aussi bien Qu'il l'eùt été à Berlin. Au reste le séjour de la Capitale dans cette saison n'offra:i,t aucun agrément. L'Empereur regrettait de ne pouvoir ètre de retour à cette époque, mais le Prince et la Princesse Charles seraient charmés de faire les honneurs de la résidence d'été au Marquis et à la Marquise de Monza.

Le Comte PUckler se rendait demain à Coblence pour y attendre son Auguste Souverain. Il me pri.ait de lui faire parvenir là une réponse, en lui indiquant les noms et le nombre des personnes de la suite de LL.AA.RR., et si possible la date de l'arrivée à Potsdam.

Il ne m'appartenait pas de préjuger les intentions de la Cour de Monza, mais j'ai exprimé à S.E. combien le Roi et nos Princes seraient touchés de ce nouveau bon procédé à Leur égard, et j'ai promis de transmettre aussitOt le message.

L'invitation est trop gracieuse et trop cordiale pour qu'à mon avis il soit possible de le décliner. C'est dans ce sens n..ue je me suis prononcé dans le télégramme que j'ai eu l'honneur d'expédier à V. E. (1). Maintenant que l'Empereur a reçu du Prince et de la Princesse Charles les explications et l'autorisation voulues (rapports N. 1623 et 1628) (2), la présence à Potsdam du Prince et de la Princesse Héréditaires n'offre plus l'ombre d'inconvénient.

Il me semble que le départ de Dresde pourrait s'effectuer le 16, de manière à arriver vers 6 heures de l'après-midi, afin d'éviter de passer à Potsdam toute la journée du dimanche, consacrée à la retraite, selon la coutume de la Cour de Prusse. Le départ pour St. Pétersbourg aurait lieu alors le 18 au soir, et le 19 vers 4 heures de l'après-midi le train serait rendu à la frontière russe à Wibballen. LL.AA.RR. pourraie•nt y passer la nuit dans les appartements Impériaux attenants à la Gare, et continuer .le lendemain le voyage jusqu'à destination.

Par mon télégramme précité je prie V. E. de me faire cormai·tre, par voie télégraphique, les intentions de Monseigneur le Prince de Piémont.

(l) Cfr. n. 211.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, MENABREA, E A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. 313. Roma, 3 luglio 1876, ore 2.

Le Gouvernement de Sa Majesté a reru hier de CollliStantinople et de Belgrade la nouvelle que l'armée serbe a franchi la frontière turn..ue. Le 26 juin, nous avions reçu une communication télégraphique du Gouvernement russe contenant les deux propositions suivantes: • Si la TurQuie attaque la Servie, les puissances devrai•ent protester sur la base des traités de 1856; si les hostil:ités éclatent autrement, les puissances pourraient proclamer la rnon-intervention absolue. Les événements ont écarté la première des deux hypothèses. Nous avons donc répondu hier au Cabinet de Pétersbourg qu'à notre avis il ne saurait plus àtre question de protester sur la base des traités de 1856 et que nous adhérons à la seconde proposition russe dans le sens que la politique de l'Italie, pour ce

qui la concerne et dans les circonstances actuelles, ne saurait etre que la nonintervention. Nous avons en meme temps constaté dans notre communication à la Russie qu'après avoir fait tous les effovts pour la conservation de la paix, le Gouvernement italien ne pouvait que former des voeux pour la localisation de la lutte dont, à juste titre, l'Europe se préoccupe si vivement.

(l) -Non pubblicato. (2) -Non pubblicati.
216

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI

T. 315. Roma, 3 luglio 1876 ore 14,50.

Répondant à une communication du Cabinet de St. Pétersbourg, nous avons déclaré hier qu'à notre avis, il ne saurait plus etre question de protester sur la base des traités de 1856 et que nous adhérons à sa proposition dans le sens que la politioue de l'ItaHe, pour ce qui la concerne, et dans lles circonstances actuelles, ne saurait etre que la non~intervention. Nous avons en meme temps constaté dans notre réponse à la Russie, que après avoir fait tous les efforts pour la conservation de la paix, 1e Gouvernement italien ne pouvait que forme·r des voeux pour la localisation de la lutte dont l'Europe se préoccupe, à juste titre, si vivement.

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IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 79. Madrid, 3 luglio 1876 (per. il 9).

Ho l'onore di trasmettere qui unito all'E. V. un numero della Gaceta de Madrid in data di ieri, nel quale vien promulgata la Costituzione testè votata dalle Cortes. Il testo definitivo non differisce dal progetto di cui inviai or fa un anno un esemplare a codesto R. Ministero con rapporto di questa serie N. 6, se si eccettua il Titolo III concernente la formazione del Senato, il quale fu approvato senza discussione da>lle due assemblee, quale fu in ultimo redatto da una commissione mista di Senatori e Deputati. Così il Titolo III come le altre insignificanti variazioni subite dal surrifevito Progetto trovansi segnati in rosso.

La stampa Madrilena ha accolto assai freddamente la pubblicazione della Legge fondamentale del Regno. Assai notevoli sono alcune considerazioni dell'Imparcial circa la inconciliabilità della oramai vigente legalità e delle garanzie costituzionali sanzionate col prolungamento della Ddttatura, o come ebbe ad esprimersi meco uno Statista di non comune levatura, coll'arbitrarietd governativa accompagnata dall'approvazione del Parlamento. In quanto alla popo!azione, il contegno della grande maggioranza fu quale potevasi pvevedére, argomentando dalla consueta e provata sua indifferenza. Furono peraltro notati, ignorò se in relazione col fatto di quella sanzione Reale resa di pubblica ragione, i non dubbi segni di disapprovazione coi quali fu accolta, al cominciare' della corsa dei Tori nel dopopranzo di ieri, la marcia Reale intuonata all'arrivo de11 Re Alfonso.

Oramai i lavori parlamentari volgono al loro termine, e la chiusura della Sessione legislativa annunciasi pel 20 corrente. Il progetto di abolizione dei fueros nelle pro·vincie Basche le leggi provinciale, municipale, elettorale, ed alcuni Bilanci preventivi trovansi all'ordine del giorno alternativamente nel Congresso dei Deputati .e. nel Senato, e di ogni discussione sugli accennati importanti argomenti non mancherò di ragguagliare l'E.V. nella mia prossima corrispondenza. Mi sia intanto concesso il segnalare alla di lei attenzione il fenomeno, forse unico negli Ànnali del Sistema Rappresentativo, offerto in ispecie da una carnera delibemnte (il Senato Spagnuolo) eletta in base a disposizioni affatto divergenti da quelle inserite nella vigente Costituzione di Alfonso XII.

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IL MINISTRO A WASHINGTON, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 50. Washington, 3 luglio 1876 (per. il 23).

La convenzione democratica si è riunita il 27 dello scorso mese a S. Louis. Essa fu altrettanto numerosa Quanto la repubblicana convocata precedentemente a Cincinnati, e dopo tre votazioni risultò eletto con 395 voti, il Signor THden, attualmente governatore dello Stato di Nuova-York, a candidato alla Presidenza ed il Signor Hendricks alla carica di Vice-Presidente. È superfluo il riassumere qui i lunghi discorsi pronunciati a S. Louis dai capi del partito democratico, l·e di cui tendenze sono già note all'E.V. Il partito democratico non formulò, al pari del partito avverso, un programma, propriamente detto, il quale non poteva del resto dissentire dai concetti dominanti nel programma di Siracusa. Solo dopo uno sçambio di idee avvenuto fra i delegati del partito convenuti a S. Louis, si cadde d'accordo sulle seguenti determinazioni: trovarsi l'amministrazione del Governo federale in urgente bisogno di immediata riforma: raffermare dl partito democratico, la sua fede nel mantenimento dell'unione fede~ale, e la sua devozione alla Costituzione degli Stati Uniti cogli emendamenti universalmente accettati come finale accomodamento delle controversie che hanno provocato la guerra civile: confidare nella perpetuità del Governo repubblicano autonomo, in assoluto accordo colla volontà della magg,ioranza del paese: nella supremazia dell'autorità civile sulla militare: nella totale separazione dello Stato dalla Chiesa a beneficio tanto della libertà civile quanto della religiosa: nella eguaglianza di tuUi i cittadini avanti alla legge: doversi sorvegliare l'amministrazione in tutti i suoi particolari onde impedire un centralismo dannoso alle istituz,ioni repubblicane: essere necessario di ristabilire

pagamenti in 1specie: di ristorare il pubblico credito e di mantenere intatto l'onore nazionale: doversi preparare a siffatte riforme era un giudizioso sistema di economia, di· diminuzione di stipendi, di una saggia amministrazione finanziaria per modo che la nazione possa presto assicurare il mondo intero della sua perfetta capacità e della sua prontezza a mantenere gli interessi assunti verso i credttori i Quali hanno il diritto di essere pagati: essere necessaria una riforma nella somma e nel modo delle imposte federali, affinché il capitale sia scevro ,di diffidenza e che H lavoro sia largamente retribuito: le presenti tariffe imposte in presso a poco quattromila articoli essere un'ingiustizia, un'ineguaglianza ed una falsa. pretesa: esse conducono ad una riduzione e non ad un aumento annuale di rendita: esse hanno impoveDito molte industrie pe·r favorirne alcune : esse impediscono le importazioni che possono comperare i prodotti dell'industria americana: hanno ridotto ad un grado inferiore il commercio amer<icano che occupava il primo posto in alto mare: esse hanno rinnovato la vendita delle manifatture americane tanto nel paese quanto fuori, ed hanno deprezzato i prodotti che l'agricoltura americana ricambiava: sìffatte tariffe costano ai popolo cinQ.ue vo>lte di più di quello che entra nella casse del tesoro: esse impediscono l'aumento della produZJione e minano i frutti del lavoro: esse fàcilitano la frode, proteggono il contrabbando, arricchiscono gli impiegati infedeli e conducono al fallimento onesti negozianti: domandarsi quindi che tutte le tariffe doganali siano soltanto per le rendite: essere necessaria una riforma in tutti i rami delil'amministrazione federale, statale e municipale: domandarsi una revisione delle convenzioni che regolano l'immigrazione, ed una modificazione del trattato colla China per impedire l'ulteriore importazione od immigrazione della razza rnongola, e finalmente essere più che mai necessaria una riforma nei più alti gradi del pubblico servizio: il Presidente, il Vice-Presidente, . i giudici, i Senatori, i deputati, i Ministri. auesti e tutti quelli che occupano una carica sono dipendenti del popolo: è la pubblica fiducia che loro conferisce !;autorità.

Tutti questi concetti sono ampiamente svolti nella dichiarazione che ho l'onore di Q.Ui unire all'E.V. (1).

Colla convenzion,e di S. Louis si è così chiusa la prima fase della campagna presidenziale: i due partiti hanno scelto i loro candidati. Hayes e Tilden si trovano di fronte e si lanciano nella lotta : è arduo il dire chi dei due sortirà vittorioso e nello stato attuale delle cose qualsiasi congettura sarebbe prematura. È aperto intanto un largo campo all'autorità dei due partiti né il tempo lor manca ed i mezzi nemmanco, per lavorare e guadagnarsi le masse: staremo a vedere se gli indipendenti, gli indifferenti, gli amici dello statu quo sapranno resistere aUe persuasioni dei capi popolo, se non ci saranno defezioni, e se voteranno secondo il proprio gusto o la propria coscienza: all'ultima ora può essere riservata ad essi una parte importante nel risultato dell'elezione.

Mando qui all'E.V. firmato il biglietto che accompagnava la spedizione dei documenti diplomatici delli 5 Aprile, incartamento n. 30 fogli l fino a 9, giuntomi soltanto avanti jeri...

(l) Non si pubblica.

219

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 493. Vienna, 4 luglio 1876 (per. il 7).

S. E. il Barone Hofmann, ch'io mi feci dovere d'intrattenere ieri, a riguardo del desiderio ripetutamente manifestato dal Ministro Ellenico degli Affard Esteri al R. Incaricato d'Affari ad Atene: che la Grecia non sia lasciata del tutto all'infuori nelle deliberazioni e conferenze alle qua>li porgono occasione le presenti complicazioni Orientali; risposemi dapprima, non esserci traccia ufficiale al Ministero di quest'affare. Dopo poi avervi alcun poco pensato mi soggiunse, che infatti il Principe Ypsilanti aveva tenuto parola di ciò col Conte Andrassy, ma che il Ministro erasi limitato a fargli una risposta evasiva e che quindi poteva ritenersi la questione non aver fatto passo di sorta. Per conto mio non dubito che qualsiasi ulteriore tentativo in questo senso della Grecia presso il Gabinetto di Vienna resterebbe del pari senza pratico effetto.

Avendo così riscontrato per quanto mi è possibile all'ossequiato dispaccio dell'E. V. del 28 scorso mese n. 212... (1).

220

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 494. Vienna, 4 luglio 1876 (per. il 7 ).

Confermando quanto ebbi l'onore di portare a conoscenza dell'E. V. con successivi telegrammi, mi onoro ripeterLe che il Gabinetto di Vienna di concerto con quello di Pietroburgo e di Berlino ed anche si può dire nel fatto speciale e temporardamente con quello di Londra, mantiene una perfetta astensione a fronte degli eventi militari, a cui già fin d'ora dà luogo la dichiarazione di guerra alla Porta, recentemente avvenuta per parte della Serbia e del Montenegro. Conviene poi notare che, dal punto di vista dell'Austria-Ungheria, la guerra mossa dalla Serbia non è né più né meno che l'insurrezione d'uno Stato vassallo verso la Potenza Alto Sorvrana, mentre che l'aggressione de1 Montenegro è considerata siccome vera guerra fra due Stati indipendenti, poiché il Gabinetto di Vienna. come llià altra volta ebbi a riferire all'E. V., ha sempre riconosciuto il Principe del Montenegro siccome il Capo di uno Stato affatto indipendente, e ciò malgrado la Porta abbia sempre accampato diritti d'Alta Sovranità sul suo Principato. Ho creduto conveniente porre in evidenza questi doppii punti di vista, poiché parmi non tarderanno a presentarsi circostanze in cui ciò servirà a spiegare il diverso modo col quale l'Austria-Ungheria applicherà la sua attitudine asten

siva a riguardo de' due Principati sceSI 1n campo colle armi alla mano contro la Sublime Porta. Sembrami anzi già siano intervenuti fatti che confermano questi apprezzamenti. Infatti non si è creduto di porre veto alla Porta di percorrere il Danubio co' suoi vapori da guerra, ammettendo che la sponda serba del fiume sia terra ottomana, e ad evitare possibili complicazioni si è ravvisato sufficiente consigliare a Costantinopoli di astenersi dal ciò fare. D'altra parte, poi, se non si è neppur creduto legalmente giustificabile· di chiudere il mare Austriaco di Kleck, porto turco, alle navi Ottomane, sembra si voglia, come per lo passato, per equa reciprocanza lasciare a disposizione del Montenegro libero sempre l'approdo a Cattaro e di là l'ulteriore accesso al territorio del Principato delle armi ed altri mezzi di guerra che liberamente vennero sin qui colà sbarcati a destinazione del Montenegro.

A queste informazioni una ancora deve aggiungersene ch'io ebbi jeri dall'Ambasciatore d'Inghilterra. A quanto Egli riferivami il Conte Andrassy avrebbegli poco prima detto, che ravvisando anzi tutto necessario spiegarsi cogli amici con assoluta franchezza, senza reticenza di sorta, Egli aveva chiaramente dichiarato al Principe Gortchakow, che l'Austria-Ungheria non acconsentirebbe mai, acché la Bosnia venisse a costituirsi in Stato autonomo sia da sola che in unione alla Serbia. Noto a questo proposito che il Conte Andrassy non aveva creduto spiegarsi meco alcuni giorni fa così categoricamente su questa questione, mentre ora che il dado della guerra è gettato nvu ravviserebbe più necessario una eguale riserva.

Parvemi non inutile riferire all'E. V. questi particolari, sebbene sia imminente U Convegno di Reichstadt, che potrebbe, tanto più stante la presenza de' due Primi Ministri a fianco de' rispettivi Sovrani, modificare in modo essenziale l'attitudine futura del Gabinetto di Vienna.

Riservandomi di tenerLa a giorno di quanto potrà pervenire a mia conoscenza sugli intendimenti del Governo Austro-Ungarico durante il successivo svolgersi degli avvenimenti.

(l) Cfr. n. 203.

221

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY A VITTORIO EMANUELE II

(ACR)

L.P. Berlino, 4 luglio 1876.

Depuis la dernière lettre particulière que j'ai eu l'honneur d'adresser à Votre Majesté en date du 18 mai échu (1), les événements ont marché. Les calmantes appliqués par les Puissances ont assoupi pour une courte durée la question d'Odent, mais la force des choses a repris le dessus. La parole est maintenant aux faits.

Ce ne sera qu'après une saignée qui aura un peu épuisé les belligérants, que la diplomatie pourra reprendre l'reuvre de pacification avec de meilleures

chances de succès. Victorieuse ou vaincue, la Turquie sortira difficilement de la lutte sans etre contrainte à des cessions territorialcs, ou tout au moins à des réformes dont le minimum est tracé dans la note du Comte Andrassy du 30 décembre.

, Un instant, par suite de l'attitude de l'Angleterre qui avait pris une position très accentuée contre la Russie, soit par le refus d'adhérer au Memorandum de Berlin, soit par des démonstrations navales, un instant, dis'je, les plus graves complications étaient à craindre. Ce danger s'il n'est pas complètement écarté, semble du moins ajourné. Des pourparlers directs. entre la Russie et l'Angleterre et dont celle-ci a pris l'initiative, ont eu lieu récemment à Londres par l'entremise du Comte Schouvalow. En cas d'une victoire des .insurgés, Lord Derby accepterait meme l'indépendance complète, et en cas de défai1te un régime semblable à celui qui est actuellement en vigueur dans l'ile de Candie, serait assuré à la Bosnie et à l'Herzégovine. Le Prince Gortchacoff voulait une autonomie administrative et financière, en exprimant en outre le desir que le Monténégro et la Serbie fussent désintéressés l'un par un débouché vers la mer, l'autre par quelque abandon de territoires juxtaposés aux frontières. Le Cabinet de Londres demanda,it des explications sur la portée que le Gouvernement russe entendait donner au projet d'autonomie.

C'est au beau milieu de cet échange de vues dont la Russie ce montrai~t satisfaite et dont elle avait soin d'instruire les Cours de Vienne et de Berlin, que la Serbie et le Monténégro ont résolument jeté l'épée dans la balance, soutenus au moins par les sympathies de la Russie. Cette Puissance, de meme que l'Angleterre, se prononce pour la non intervention. L'Angleterre pense que, laissée en tete à M!te avec ses sujets et vassaux révoltés, la Turquie en aura raison. La Russie incline à supposer le contraire. Les autres Puissances rallient aussi à la non intervention.

Telle est la situation aujourd'hui.

Tant que l'accord subistera entre les trois Empires, il n'y aura pas péril en la demeure pour la paix générale. Mais combien de temps durera cette entente? Là est le noeud de la question. L'Empereur Alexandre veut sincèrement la paix, mais il ne peut s'exposer à rester à peu près le seui de son opinion dans son pays, ce qui arriverait certainement s'il gardait l'impossibilité en présence d'actes de sauvagerie qui seraient commis par les ottomans contre les Chrétiens. D'un autre còté si la lutte se pro1longeait les Croates, les Serbes et les Tchèques en Autriche pourraient succomber à la tentation de s'organiser pour voler au secours de leurs frères Slaves, et rendre pvesque nuls les efforts du Comte Andràssy qui louvoie entre les différents partis. Si l'Empereur François-Joseph, pour sortir d'embarras, se décidait à prèter un appui à la Turquie, cela équivaudrait à une provocation contre le Gouve11nement russe qui relèverait sans doute un tel défi.

Heureusement que l'Allemagne veille à ce que l'orage ne se dechaine pas. La tàche est très ardue. Ce n'a pas été sans peine déjà que le Prince de Bismarck; a réussi, lors des conférences de Berlin, à amener une transaction entre l es vues divergentes de la Russie et de l'Autriche en se rangeant du còté de cette dernière Puissance à tendances plus modérées. Quand l'An

gleterre refusait d'accepter le Mémorandum, il a meme laissé comprendre à Londres qu'.H n'en avait pas été offusqué outre mesure; que c'était de l'eau à son moulin pour calmer et contenir à Saint Pétersbourg certains courants trop disposés à rompre les digues. Il se manifeste ici une certaine propension à se rapprocher de l'Angleterre. Une preuve, entre autres, en a été fournie par l'empressement avec lequel l'Allemagne donnait un satisfecit à Londres lors de l'achat des actions du Canal de Suez. Mais on ne saurait tirer de ces faits la conséquence que le Cabinet de Berlin, le jour où il devrait prendre position parmi les puissances, déserterait la Russie. Il répugnerait aux deux Empereurs de séparer leur cause. Le courant sympathique ne pourrait s'affaiblir qu'à un changement de règne. D'une part, la Russie est, aux yeux de l'Allemagne, la Puissance dont le concours serait le plus utile contre la France quand oelle-ci croirait le moment venu de venger ses défaites. D'autre· part, l'Allemagne est aux yeux de la Russie, la Puissance la plus désintéressée dans les affaires Orientales, et dont le concours par conséquent lui serait le plus précieux. Or c'est du còté où se placera l'Allemagne, ce colosse militaire en Europe, que les probabilités de la victoire se rencontreront.

C'est pourquoi je persiste dans la maniere de voir que nous devons continuar à nous joindre à sa politique sans ·en étre pourtant le satellite, et sans rien sacrifier de notre dignité. Il faut sans doute se préoccuper de l'attitude éventuelle de la France, de l'Angleterre, et de l'Autriche, et ménager dans une certaine mesure leur susceptibilité. Mais ces préoccupations ne doivent pas nous détourner de notre voie. L'Italie se trouve dans ces conditions où il lui suffit de· vouloir pour jouer un ròle qui réponde à ses intéréts et à un passé qui oblige. Il ne sera pas dit que l'Italie ne saura pas pr-endre sa place et s'assurer, le cas echéant, des avantages. 11 n'est pas admissible que l'ltalie, avec un Roi tel que le sien, ne se montre pas au moins à la hauteur de la Sardaigne.

Dernièrement le journal le Diritto a publié un tableau des forces dont nous pourrions disposer. Une partie de notre presse a crié haro comme si nous avions des arrière-pensées belliqueuses. On aurait du plutòt applaudir en constatant les progrès de notre organisation militaire, progrès bien faits pour inspirer au Pays une confiance qu'il importe de soutenir et de ne pas décourager.

Les nouveaux Ministres marchent sagement sur la trace de leur prédéoesseurs quant à la politique étrangère. Votre Majesté jugera Elle méme si, comme je l'enonçais dans ma dernière lettre, il ne serait pas opportun, sans nous livrer à aucune rodomontade, de laisser entrevoir -pour le cas où la ligne de conduite suivie jusqu'ici par les Puissances cesserait d'étre vraiment européenne et conforme au but général de la conservation de la paix que nous aurions aussi bien que tel ou tel autre État des intéréts particuliers à sauvegarder. A cet effet nous pourrions employer cet art qui permet de parler à demi-mot et de se fair-e comprendre. Il est évident qu'il nous reste à pourvoir à la sécurité de nos frontières vers le Tyrol et vers l'Isonzo. Nous aurions aussi nos convenances à posséder un port sur la cote orientale de l'Adriatique. Ce so n t là les points saillants. J'en omets d'autres qui doivent

21 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

etre inscrits dans le creur des anciens serviteurs de la Maison de Savoie. Il faut s'y prendre d'avance pour infiltrer peu à peu de telles idées dans l'oreille des hommes d'Etat, et les répandre adroitement dans l'opinion publique. Si ces désirs ou ces demandes étaient présentés ex abrupto et pour ainsi dire à bout portant quand chaque chose serait déjà disposée sur l'echiquier politique, nous risquerions d'arriver trop tard.

Je prie Votre Majesté de m'excuser si je reviens respectueusement à la charge sur l'opportunité d'un programme mieux défini de politique étrangère. Le Roi sait que mon langage n'est dicté que par le bien de la Couronne et du Pays.

L'Empereur a très gracieusement mis à la disposition du Prince et de la Princesse de Piémont le Palais de Marbre (marmor palais) à Potsdam pour tout le temps qu'ils passeront ici avant de continuer leur voyage vers la Russie. Leurs Altesses Royales ne pouvaient à moins que d'accepter l'offre.

(l) Cfr. n. 109.

222

IL CONSOLE A GINEVRA, GAMBINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 106. Ginevra, 5 luglio 1876 (per. il 7).

La sezione di Neuchàtel, per mezzo del James Guillaume, comunicò alla sezione di Ginevra, a quelle di Losanna, Vevey, Berna e Basilea, che, da notizie ricevute da Natta, Cafiero, Costa e Malatesta si sono ricostituite le Sezioni Internazionali su tutti i punti d'Italia, che oggi si riorganizzano e che anzi le federazioni Toscana, Romana, Napoletana e Bolognese sono diggià riorganizzate completamente.

Mi fu assicurato che entro questa settimana od al princip.io deH'altra, si terrà a Bologna od in qualche altra città di Romagna, il secondo congresso Socialista rivoluzionario delle sezioni Romagnole; dopo di questo si terrà quello delle sezioni di Marche ed Umbria.

Dopo questi due Congressi parziali avrà luogo, alla fine di questo mese od entro Agosto, il 3° Congresso Genera1le delle Sezioni e Federazioni Italiane.

A quest'ultimo congresso verranno assegnati i delegati che dovranno prendere parte a quello generale dell'Internazionale che si terrà in Settembre dn !svizzera.

Per ora la Sezione d'Imola funziona da Ufficio di Corrispondenza. H Guillaume dice nella suaccennata comunicazione che, mercé gli sforzi del Costa, degli ex detenuti di Bologna, del Natta, del Cafiero, del Malatesta e di diversi altri che si sagrificarono coll'intelligenza e colla borsa alla causa della rivoluzione sociale, spera che l'Internazionale condurrà gli operaj aNa completa loro emancipazione.

Nella seduta tenuta il l o del corrente mese dalla società di Propaganda di Ginevra, presidente E. Teullière, fu detto che il Malon sta preparando da Lugano un manifesto sociaUsta agli Haliani.

223

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 249. Terapia, 5 luglio 1876 (per il 13).

Ho regolarmente ricevuto il dispaccio che l'E. V. mi faceva l'onore di rivolgermi il 24 giugno n. 55 confidenziale (1), .intorno alle supposte mene di Halim Pacha per ristabilire l'antico stile nella successione al Vice Reame d'Egitto.

Già prima di ricevere il sullodato dispaccio erano giunte al mio orecchio delle vaghe voci sopra queste mene, ma, non avendovi rintracciato alcun solido fondamento, non avevo creduto opportuno d'intrattenere V. E. Mi feci in seguito ad istituire nuove indagini in proposito, e ne trassi il sospetto che veramente Halim Pacha nutra velleità di quel genere, e sia coadiuvato in esse da Khalil Cherif Pacha. Però le fonti da cui trassi siffatte informazioni non sono sicure, né saprei dire quanta fede esse possano meritare. Non mancherò di stare sull'avviso anche per l'avvenire e di quanto sarà per giungere a mia conoscenza sulla materia, darò pronto avviso all'E. V.

224

IL MINISTRO DEGLI ESTERI MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AGLI AGENTI E CONSOLI GENERALI A BELGRADO, JOANNINI, E A BUCAREST, FAVA, AI CONSOLI A JANINA, ZERBONI, A MOSTAR, USIGLI, A RUSCIUK, DE GUBERNATIS, A SCUTARI, BERIO, E A SERAJEVO, PERROD

T. 319. Roma, 6 luglio 1876, ore 18.

Le Ministère apprec1e le zèle lequel vous vous etes acquitté jusqu'à présent de vos délicates fonctions. En présence des événements qui se déroulent dans ce pays, redoublez d'activité et de vigilance, afìn que le Gouvernement du Roi soit toujours informé exactement et promptement de l'état des choses. Vous devez me télégraphier les nouvelles les plus importantes, après les avoir soigneusement controlées.

(l) Non pubblicato.

225

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 1632. Berlino, 6 luglio 1876 (per. l' 11).

Je suis très reconnaissant à V. E. de m'avoir communiqué les instructions destinés à mon collègue en Russie (l). Ce document dépeint on ne peut mieux la situation actueUe. Il aborde en méme temps maints sujets qui doivent à si juste titre fixer notre attention.

Je regrette que les rapports avec le Prince de Bismarck soient à peu près nuls. Son langage nous permettrait de mieux déméler quelles sont les vues sur les différentes combinaisons qui pourraient se présenter sur l'échiquier politique. Mais il s'applique à faire le vide autour des Chefs de Mission. Il se borne, à des intervalles éloignés, à recevoir les Ambassadeurs de Russie et de Autriche, et plus rarement encore Lord Odo Russell. La plainte est générale sur la difficulté de traiter les affaires. Le Secrétaire d'Etat se tient lui aussi sur une extréme réserve, de crainte de franchir les limites très étroites qui lui sont tracés par son Chef.

Nous sommes donc réduits à tacher de pénétrer par la voie du raisonnement, par des inductions. la pensée du Cabinet de Berlin, surtout en ce qui concerne la question d'Orient. Cet état de choses me rend très perplexe sur l'exactitude des renseignements que je fournis à V. E .. et je me sens sous le coup d'étre surpris, malgré toute ma vigilance, par des événements que je n'aurais su. ou pu prévoir.

Mais si le Chancelier se dérobe aux investigations, aux explications, il ne déserte jamais la place que lui assignent les véritables intéréts de l'Allemagne. Son patriotisme en est la meilleure garantie.

Or les intéréts de l'Empire lui conseillent de marcher d'accord avec la Russie pour 'la maintenir en dehors d'une coalition avec la France, quand celle-ci croirait le momerrt venu de venger ses défaites. Le Cabinet de S. Pétersbourg tient tout autant à son alliance avec l'Allemagne, qu'il considère comme la Puissance la plus désintéressée dans les Affaires d'Orient et dont le concours par conséquent lui serait le plus précieux. Là est la pierre angulaire du programme du Prince de Bismarck. Un changement de règne, soit ici, soit en Russie, pourrait ouvrir un autre horizon. Mais à moins de vouloir devancer les cours du temps et s'exposer ainsi à entrer dans le domaines des conjectures, il faut s'en tenir à la situation telle qu'elle se dessine aujourd'hui. Dans ce concert l'Autriche joue aussi son ròle, et il lui sera conservé tant que le Comte Andrassy restera au pouvoir. Si l'Empereur François-Joseph jetait par-dessus bord cet homme d'Etat, très sympathique aux deux Puissances du Nord, Ja défiance succéderait à leur amiHé. En attendant, l'entente subsiste, et il faut

espérer qu'elle résistera aux épreuves que lui ménagent les événements dans la Turquie d'Europe. Sans aucun doute le Ministre Austro-Hongrois des Affaire~ Etrangères s'est montré très-optimiste dans ces dernier,s temps, en se berçant de l'illusion de parvenir, en voie diplomatique, à pacifier la Péninsule des Balkans. Il a du moins montré un certain désintéressement et un esprit de conciliation qui ont éloigné, plutòt que rapproché, l'éventuaHté d'un conflit avec la Russie. L'entrevue prochaine du Tsar et de l'Empereur François-Joseph à Reichstadt, préparée à Jugenheim par l'Archiduc Albert, semble devoir etre interprétée dans ce sens. D'après certains indices, on serait induit à croire

qu'une entente pourrait s'opérer sur cette base, à savoir que l'anéantissement des Serbes par les Tures ne serait pas admis, et que la Russie, en cas d'une victoire du Prince Milan et des insurgés, ne se préterait pas à la formation d'un Etat serbe qui comprendrait d'autres provinces Slaves. Il répugnerait en outre au Cabinet de Vienne qu'on accordat méme une simple autonomie administrative et financière à la Bosnie et à l'Herzégovine. Mais quand le terrain sera un peu déblayé par la guerre, quand on se trouvera en présence de faits accomplis, peut-étre parviendra-t-on à donner un autre cours à ses idées. Il ne parait pas, jusqu'ici du moins, qu'il y ait des difficultés insurmontables de ce còté.

La conduite de l'Angleterre dans ces derniers temps donne lieu aussi à bien des observations. Un instant elle s'est séparée à grand fracas du concert européen. Son refus d'adhérer au memorandum de Berlin, a été accompagné d'armements considerables et de démonstrations navales, comme si l'on était à la veille d'une grande guerre. Un froissement d'orgueil de ne pas avoir eu le ròle principal dans les conférences diplomatiques; le désir exprimé par Ies trois Empires d'une réponse à bref délai, interprété à tort comme une espèce d'ultimatum; des renseignements fort sujets à caution sur un complot préparé et au moment d'étre exécuté par la Russie contre la Turquie; le projet peut-étre de prendre en cas une avance d'hoirie en Egypte; l'arrière-pensée enfin de se populariser à l'intérieur, en donnant un démenti public au reproche de trop s'effacer dans le maniement des affaires étrangères; tels paraissent étre les motifs qui ont provoqué l'attitude du Cabinet de Londres. Quel en a été le résultat? Un changement de décor à Constantinople. Un simple trompe-l'oeil, car on ne saurait prendre au sérieux des promesses de réformes ,libérales, dont au reste on n'entend déjà plus parler. En attendant, les Tures ont repris courage vis-à-vis des insurgés et se livrent, entre autres, en Bulgarie, à des excès que Lord Derby nai:vement ou cyniquement, cherche à atténuer, en les attl'libuant non aux troupes régulières, mais aux hordes indisciplinées des Bachi-bouzuks et des Circassiens Il semble que, à Londres, on n'a pas tardé à se rendre compte que le but qu'on se proposait a été dépassé. On aura compris que, victorieuse ou vaincue, la Turquie ne sortira pas de la lutte sans étre contrainte par l'Europe à faire des concessions réelles à la révolte. Le sentiment public ne permettrait pas, au point de vue de l'humanité et de la civilisation, que les chrétiens restassent soumis à l'arbitraire et aux brutalités de l'ancien maitre. La Porte regrettera

alors d'avoir suivi les conseils de ceux qui l'ont poussée à se prononcer d'avance cc:mtre les propositions formulées dans ce mème mémorandum repoussé à Londres, et sera trop heureuse si elles redeviennent le point de départ de nouvelles négociations.

Le fait est que M. Disraeli et Lord Derby ont pris l'initiative de pourparlers avec la Russie, dans lesquels ils semblaient disposés, selon les éventualités, à aborder un ordre d'idées allant au délà des arrangements concertés à Berlin. Ces pourparlers ont été interrompus par l'entrée en action de la Serbie et du Montenegro. La politique de non-intervention a momentanément le dessus. Les avances faites de Londres à St. Pétersbourg n'étaient pas moins un indice très significatif. Prépareront-elles la voie à un rapprochement plus intime? l'avenir le démontrera. Admettons que cette al1iance se réalise entre Puissances jusqu'ici si divisées et si jalouses de leur influence en Orient. Une telle alliance ne seraient pas moins l'objet de suspicions réciproques, et n'aurait des chances de durée que si l'Allemagne occupait la méme piace qu'elle a prise aujourd'hui entre l'Autriche et la Russi,e. Ce ne serait qu'à cette condition que le Cabinet de St. Pétersbourg consentirait à s'adjoindre un compagnon du route si mal noté dans son livre noir. La France ne saurait à ses yeux remplacer l'Allemagne. Celle-ci se retrouvera dans toutes les combinaisons à còté de la Russie. S'il y a de temps à autre des dissentiments entre les deux Chanceliers; si le Prince de Bismarck reproche au Prince Gortchakow certaines tendances personnelles de sympathie pour la France; si on a coupé un peu les ailes à l'aigle russe, qui voulait prendre un voi trop hardi au début des conférences de Berlin; si le Chancelier Allemand a laissé 'entendre que le refus d'adhésion du Cabinet de Saint James ne l'avait pas offusqué outre-mesure, parce que c'était de l'eau à son moulin pour modérer les ardeurs des impatients sur la Newa; oes dissentiments ne sont que passagers. Il surnagera toujours la ferme volonté des deux Souverains de ne pas séparer leur cause.

La France aurait certainement raison de s'alarmer de voir l'Angleterre en tiers avec l'Allemagne et la Russie. Ce serait le coup le plus rude porté à ses illusions de retourner un jour la Russie contre l'Allemagne. L'Autriche aurait également à se garer du nouveau trio, dans le cas où le comte Andrassy disparaìtrait de la scène.

Mais, pour ce qui concerne l'Italie, il me parait qu'il n'y aurait pas à redouter outre-mesure une semblable combinaison, si nous avons soin de cultiver nos bons rapports avec la Russi e et surtout aV'eC l'Allemagne. Celle-ci observe maintenant à notre égard une réserve, à mon avis, exagérée, lors méme qu'elle soit explicable jusqu'à un certain point par le programme qu'elle a adopté dans les Affaires Ol'lientales. Le Cabinet de Berlin assiste en spectateur, en apparence, indifférent, tant que la paix de l'Europe ne menace pas d'étre compromise par un désaccord entre Vienne et Pétersbourg. Quand les cartes semblent s'embrouiHer entre eux, il intervient pour les empècher de se désunir. C'est là, comme je l'ai dit dans une, autre dépéche, une action qui ne peut aboutir, qu'à la condition d'ètre poursuiV'ie dans le silence des Cabinets. C'est ce qui m'a été répété avant hier par M. de Radowitz. Cette réserve, toute regrettable

qu'elle soit, n'apporte dans le fond aucune modification à la communauté, à la solidarité de nos intérets. Le mot prononcé par Mr. de Bismarck • Si l'Italie n'existait pas, il faudrait l'inventer • est plein de vérité, surtout au point de vue allemand. L'AUemagne a tout profit dans le présent et dans l'avenir à rencontrer chez nous un contrepoids vis-à-vis de la France.

Il nous convient sans doute de ne pas nous aliéner l'Angleterre, car l'histoire de la Maison de Savoie 'est là pour prouver les avantages que nous avons retirés de nos bonnes relations avec cette Puissance. Tachons néammoins de résister à une pression de nous faire passer dans son camp avec armes et bagages. Nos préferences doivent rester pour l'Allemagne et la Russie. Ce sont les gros bataillons, et non les fl.ottes qui décident aujourd'hui du sort des Nations. Or c'est le colosse militaire de l'Allemagne qui offre le plus sur point d'appui. Si l'Angleterre saute un jour à pieds joints dans l'alliance du Nord, elle nous y donnera la main, et sera tenue en bride, si elle visait à étendre davantage sa suprématie dans la Méditerranée, sans donner aux autres intéressés de justes compensations. Si de son propre estoc ou avec l'aide de la France, et meme de l'Autriche, elle voulait affronter la ligne du Nord, elle trouverait une forte resistence, et ses alliés joueraient le jeu le plus périlleux.

Peut-etre réussira-t-on, après qu'une saignée aura été faite dans les Balkans, à reprendre l'oeuvre de paoification. Espérons qu'on arrivera à conclure une trève. Elle ne pourra etre que de courte durée. La force des événements pousse à une dislocation de la Turqui,e. La solution la plus désirable aurait été sans doute le maintien de son intégrité et l'amélioration graduelle du sort des Chrétiens. Mais on est distancé maintenant par les faits, qui laissent prévoir que la diplomatie ne parviendra pas en définitive à écarter l'orage.

L'Italie par une politique sage et prévoyante sera à meme de traverser cette crise, sans subir aucune perte. Je vais meme plus loin. Elle do,it se préparer à en recueillir des avantages. Il ne sera pas dit que l'ltalie, avec un Roi qui a déjà tant fait pour son unité, ne se montrera pas au moins à la hauteur de l'ancien Royaume de Sardaigne. A cet effet, il faut préparer les ressources du Trésor, et nos alliances; il faut encourager la confiance de nos populations, en développant chez elles un esprit militaire. Dernièrement -Il Diritto -a publié un tableau de nos forces militail'es, et s'est attiré bien des critiques, tandis Que chacun de nous eut du applaudir de grand coeur aux progrès de notre organisation. En présenter les résultats aux yeux du public, c'était un avertissement que, sans les rechercher, nous étions pretes à parer aux complications. Il est à propos q_ue l'Europe le sache.

J'estime aussi qu'il serait opportun de fixer un programme pour le cas où les Puissances, voyant la presque impossibilité de faire valoir le maintien de la paix générale, pencheraient à mettre en avant leurs convenances particulières. Dans cette prévision il ne suffirait pas de nous rappeler que nous avons une frontière mal assurée vers le Tyrol et vers l'Isonzo; qu'il nous manque un port sur la cOte orientale de l'Adriatique; que notre position médit,erranéenne doit etre renforcée, ou que du moins d'autres ne doivent pas s'y fortifier à nos dépens. Il faudrait que dès à présent notre diplomatie fiì.t autorisée à lais

ser tomber adroitement dans l'oreille des hommes d'Etat de l'Europe, que nous aussi nous avons des desiderata, dont nous poursuivrions la réalisation, si tel ou tel autre pays réclamait des agrandissements territoriaux. Je ne parle pas de la Savoie et de Nice, quoique ces deux noms doivent rester inscrit en lettres de feu dans le coeur des anciens serviteurs de la Maison de Savoie. Nous saurions employer l'art QUi consiste à se faire entendre et comprendre à demi-mot. Si ces désirs étaient présentés ex-abrupto, quand chacun aurait déjà fixé son lot, nous risquerions d'arriver trop tard.

Je me résume. La partie n'est pas encore perdue pour la conservation de la paix générale. Malheureusement il y a des indices de sérieuses complications qui pourraient partager l'Europe en deux camps. Les canons ne tarderaient pas alors à faire feu. Il suffit que l'Italie le veuille résolument pour qu'elle parvienne à jouer un ròle, digne d'elle. Mais il faut s'y préparer sans retard, pour ne pas etre pris au dépourvu par les événements.

(l) Cfr. n. 204.

226

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL MINISTRO AGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 275. Lisbona, 6 luglio 1876.

Il mio nuovo Collega Germanico, Barone di Pirch, ha intrattenuto oggi questo Ministro degli Affari Esteri, e S.E. me lo ha poco dopo ripetuto, circa un accordo segreto tra l'Inghilterra e la Spagna per la cooperazione della flotta spagnuola alla flotta inglese, nell'eventualità che la guerra Orientale, che si spera poter localizzare, prenda uno sviluppo allarmante e richieda imponenza di forze europee.

Il Barone di Pirch non ha accertato il fatto dell'accordo, ma ha indicato che informazioni ricevute ultimamente a Berlino lo supponevano probabile. Il Ministro Portoghese ha risposto che lo ignorava intieramente, né poteva

dare alcuna informazione in proposito.

Il Signor de Andrade Corvo mi soggiunse, nel parteciparmi confidenzialmente la domanda e la risposta, che la prima era evidentemente motivata o dal desiderio di sapere da qui la conferma del fatto, poiché Berlino sa che a Lisbona si è molto più al corrente della politica spagnuola che altrove, oppure volevasi dare un hint al Portogallo, che la sua Vticina non rimarrebbe neutrale, occorr,endo, in Oriente.

Il Signor De Andrade Corvo mi ha promesso, nel caso possa appurare a Madrid, come è nell'interesse portoghese, la verità del supposto accordo AngloSpagnuolo, di tenermi al corrente su tale importante soggetto.

Dalle parole dette inoltre dal Barone Pirch al Signor De Andrade Corvo sulla politica Germanica circa la fase orientale nel suo colloquio di ieri, risulta che nel caso di serie complicazioni Europee in Oriente, Berlino sembra già fin d'ora disposta ad allearsi piuttosto all'Inghilterra che alla Russia.

Il Signor De Andrade Corvo ,teme, per quanto sia del maggior interesse localizzare la guerra Serbo-Turca ed evitare l'intervento europeo, che sarà ben difficile la soluzione finale tra i soli belligeranti. • O la Turchia è vittoriosa, soggiunse S.E., e sarà ben arduo alla Russia di abbandonare la Serbia, con tutto l'elemento slavo di quelle contrade in ba1ia del vincitore; o la Serbia è vincitrice e l'Inghilterra entrerà in lizza per sostenere la Turchia •.

Quest'opinione del Ministro Portoghese parmi di maggior valore, poiché affermatomi mezz'ora dopo il suo colloquio col Ministro Germanico, il quale è giunto testé da Berlino, ove si era recato da qui tre mesi sono, quasi subito dopo presentate le sue credenziali.

227

IL CONSOLE A SCUTARI, BERIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 623. Scutari, 7 luglio 1876, ore 18 (per. ore 20).

Le prince Nicolas m'a fait envoyer aujourd'hui son manifeste de guerre. Le document parle de vexations et de menaces à la Principauté, de ses sentiments de solidarité avec l'Herzégovine, déclarant en meme temps que la Porte ne peut donner aux provinces insurgées, malgré sa bonne volonté, des institutions et garanties légitimes. Cependant U n'est pas encore entré en campagne. L'affaire dont j'ai parlé dans mon télégramme (l) n'était qu'une échauffourée entre les habitants de Luci qui sont insurgés, et quelques irréguliers et partisans tures. L'issue n'a pas eté favorable aux tures; événement de peu d'importance auquel, du reste, les monténégrins n'ont pris aucune part.

228

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 26. Roma, 8 luglio 1876.

Ringrazio l'E.V. dell'avermi inviato, con rapporto del 27 giugno se. n. 22 (2) di questa serie, il Blue Book testè presentato al Parlamento britannico circa la questione finanziaria egiziana e dell'averne accompagnato l'invio con indicazioni preziose, le quali giovano a chiarire viemmeglio gli intendimenti di codesto Governo nella presente materia.

Sono grato altresì a V.E. dell'avermi fatto conoscere gli apprezzamenti di Nubar pascià sopra questo soggetto. Nubar pascià ebbe, nelle cose egiziane, tal

parte che, qualunque possa essere il valore dei suoi giudizi, riesce pur sempre utile di averne notizia. Duro fatica, però, ad ammettere l'esattezza dell'affermazione· di Nubar pascià, riferitami da V.E., che cioè le rendite assegnate al servizio del debito pubblico egiziano passino per le mani del Khedive, il quale ne verserebbe, nella cassa speoiale all'uopo istituita, quella sola porzione che gli talenti. La supposizione di Nubar pascià implicherebbe la formale inosservanza dei Decreti del 2 e del 7 maggio, con cui fu istituita la cassa speciale ed ordinata l'uni:fficazione del Debito pubblico egiziano; né la cosa apparisce probabile a chi consideri che, presso la cassa sedono tre commissari stranieri, della cui integrità ed oculatezza non si può dubitare. Ed invero l'art. 3 del Decreto del 7 maggio (pag. 60 del Blue Book) enumera per un totale complessivo di circa sei milioni di sterline i cespiti assegnati al servizio del debito pubblico: e l'art. 2 del Decreto del 2 maggio (pagina 55 del Blue Book), dopo aver sancito che debbano versare presso la cassa tutte le entrate provenienti da quei cespiti, ammonisce esplicitamente gli agenti incaricati della riscossione che essi

• ne pourront etre valablement déchargés que par les quittances qui leur seront délivrées par la dite caisse de la Dette Publique. Tout autre ordre ou quittances sera sans effet •. Come concepire in presenza di così chiare istruzioni la distrazione di fondi che Nubar pascià ascrive al Governo vicereale?

La lettura del rapporto di V.E. ha lasciato in me l'impressione che cotesto Gabinetto stimi di non aver avuto, nel corso dei negoziati relativi alla presente controversia una sufficiente cooperazione da part•e del Governo italiano. Se veramente siffatta impressione sussistesse, non tornerebbe difficile a V.E. il dimostrare come essa non sia giustificata. Nel Blue Book figurano, è vero, due soli rapporti di Sir A. Paget (N. 9 e 13). Però l'uno e l'altro provano quanto il Governo italiano fosse sollecito di procedere,, in questa vertenza, in pieno accordo col Governo della Regina. Sotto la data del l" marzo è riferito un colloquio avuto dal Ministro britannico col mio predecessore, ed ivi è detto come questi, pur riservandosi di concertarsi con l'Inghilterra e colla Francia per una azione comune, desiderasse soprattutto di « essere informato, al più presto possibile, dell'opinione generica del Governo della Regina sopra questo soggetto •. E nel colloquio successivo, cui accenna il 2" rapporto (5 marzo) la conclusione del signor Visconti Venosta è riferita in termini tali che escludono ogni dubbio intorno al fermo proposito del R. Governo di mantenersi concorde col Governo britannico.

Questi furono, fin dal pricipio delle trattative, gli intendimenti nostri, bensì questi incontrarono ostacolo in un sentimento che non ci è dato di apprezzare, ma che si connette probabilmente colla coscienza che deve aversi costì della difficoltà di conciliare gli interessi legittimi dell'Italia con i disegni concepiti dalla Gran Brettagna sopra l'Egitto.

ANNESSO CIFRATC ALLEGATO

Je crois superflu de mettre V. E. en garde contre Nubar pascià, dont la situation vis-à-vis du Khedivé est devenue très delicate depuis le role qu'il a joué à l'oecasion du voyage du Prince de Galles et des missions de MM. Bartle Frère et Cave.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 201.
229

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 217. Roma, 8 luglio 1876.

Ho disposto perché si rechi presso codesta Ambasciata il consueto corriere di Udine. V.E. avrà così modo sicuro di farmi conoscere, col ritorno del Corriere stesso (al quale sarà affidato questo mio dispaccio) quelle notizie che potrò raccogliere, tostoché il Conte Andrassy sia reduce dal convegno di Reichstadt.

Le spiegazioni che a Reichstadt saranno scambiate avranno senza dubbio una efficacia notevole sopra lo sviluppo ulteriore degli avvenimenti, ed io ho piena fiducia nella persp,icacia e nella abilità di Lei per avere in proposito, sollecite e minute informazioni. Stimo, intanto, utile, di qui riassumere, per agevolare il compito dell'E.V., le nozioni che sono pervenute, da più lati, al R. Governo intorno alla reciproca situazione dei due Imperi.

Oramai apparisce manifesto che, verso la metà dello scorso giugno, si sperò, nelle disposizioni del Gabinetto di Vienna, una sensibile evoluzione. L'E.V. mi scriveva, sotto la data del 10 giugno (Rapp. n. 413 di questa serie) (l) che il Conte Andrassy ricqnosceva bensì lo screzio vieppiù crescente tra gli interessi dell'Austria-Ungheria e quelli della Russia, però, movendo dalla convinzione che la rottura deU'alleanza fra i tre Imperatori avrebbe fatalmente condotto alla guerra, traeva dalla gravità stessa della situa2lione un nuovo argomento per stringersi vieppiù ai fianchi del potente suo vicino, e per contrastargli, così, quella libertà d'azione onde certo si varrebbe, spinto com'è dalla pubblica opinione, per soddisfare alle aspirazioni della sua politica tradizionale. Senonché, in quei giorni appunto, accadeva tal fatto per cui il programma del Conte Andrassy subiva pericolosissima prova.

Fra i documenti diplomatici che oggi Le invio, l'E.V. troverà (Inc. n. 60, doc. n. 414) un mio dispaccio diretto alla R. Ambasciata in Berlino, ove è brevemente riassunto uno scambio di idee e di proposte che, tra il 10 ed il 20 giugno, ebbe luogo tra i Gabinetti di Londra e di Pietroburgo per mezzo del Conte Schouvaloff, Ambasciatore dello Czar presso il Governo della Regina. Sollecitato ad uscire dal suo isolamento (l'iniziativa parrebbe spettasse soprattutto al Gabinetto di ~ersailles) il Governo britannico aveva presentato una formula così concepita. Applicare alla Bosnia ed alla Erzegovina un regime amministrativo analogo a quello di Candia; se questo regime non è accettato dagli insorti, si astengano le potenze da ogni intromissione, lasciando che i Turchi e gli insorti definiscano tra loro la controversia; vincendo gli insorti, l'Inghilterra accetterebbe anche l'indipendenza assoluta delle due provincie; vincendo i Turchi, debba tuttavia la Porta accordare alle due provincie il regime candiota. Il Governo russo, dal canto suo, accettava in massima questi concetti, solo escludeva che fosse necessaria la guerra, e suggeriva si avesse a chiedere alla S. Porta di concedere

addirittura alle provincie insorte qualcosa che stesse fra il trattamento cretese e l'indipendenza assoluta.• come sarebbe l'autonomia amministrativa e finanziaria. Come fosse accolto dal Conte Andrassy il programma che servì di base alle comunicazioni scambiate, per mezzo del Conte Schouwaloff, tra l'Inghilterra e la Russia, apparisce dal rapporto che V.E. mi dirigeva il 19 giugno (1). Le parole del Conte Andrassy, riferitemi dall'E.V. alludevano, per verità piuttosto alla proposta britannica che non alla controproposta russa. Dicevale infatti il Conte essere destituito d'ogni carattere pratico il programma della assoluta astenzione, essendo, per suo avviso, incapaci gli insorti, se v,ittoriosi, di organizzarsi e reggersi da soli, ed incapace la Turchia di frenarsi, se a lei arridesse la sorte delle armi. E questo stesso concetto del Conte Andrassy avrebbe assunto in questi ultimi giorni un carattere ancor più reciso e categorico, avendo l'E.S. dichiarato al Principe Gortchakow (così mi riferisce V.E. nel suo rapporto del 4 luglio,

N. 494 (2), narrandomi un discorso tenutoLe dall'Ambasciatore d'Inghilterra) che l'Austria-Ungheria non acconsentirebbe mai a che la Bosnia venga a costituirsi in uno Stato autonomo, sia da solo che in unione alla Serbia. Al quale riguardo, debbo ancora aggiungere, per notizia pervenutamene da Parigi, che il Conte Andrassy avrebbe respinto non solo l'autonomia completa, ma anche l'autonomia puramente amministrativa della Bosnia, e che siffatto atteggiamento da parte del Gabinetto di Vienna non sarebbe stato estraneo alla risoluzione presa dal Gabinetto di St. James di declinare la proposta russa. In una parola, il Conte Andrassy, per quanto spetta alla sostanza del problema orientale, vorrebbe rimanere strettamente lig,io al programma dello statu qua migliorato e neppure accetterebbe che il miglioramento possa giungere fino all'autonomia amministrativa.

Non è mestieri che io spenda parola per dimostrarLe quanto sia profondo il dissidio, intorno a questo che è il nodo della quistione, tra Vienna e Pietroburgo. Senza dubbio è, per ora, dissidio latente e rimarrà tale fino a che le Potenze saranno concordi, come oramai lo sono dacché si apersero le ostilità, nel professare il principio di non intervento. Ma la difficoltà si riaffaccierebbe tosto, in tutta la sua pienezza, quando la politica dei varii Gabinetti dovesse, per effetto degli avvenimenti, o per volontaria risoluzione, cessare d'essere, per dir così, negativa e riassumere il carattere di una azione diplomatica. Per questo rispetto il convegno di Reichstadt, quando pure non dovesse avere altro effetto che di sancire una volta di più la regola attuale del non intervento, eserciterebbe tuttavia una influenza decisiva sulle eventualità future. Esso porgerà, in ogni modo occasione ai due governi di scandagliare ancora una volta, le reciproche intenzioni, e di tradurle, se sarà possibile, in un programma comune.

Non so se nel convegno di Reichstadt sarà esaminato il concetto di una azione che le Potenze avrebbero ad esercitare, in tempo opportuno per far cessare una lotta che offenderebbe i sentimenti di tutti i popoli civili. Il progetto di siffatta azione comune parrebbe esistere digià presso alcuni Gabinetti, e l'iniziativa ne spetterebbe, per quanto sembra, alla Francia. Poco prima che si aprissero le ostilità, l'Inghilterra aveva suggerito che le Potenze facessero un ultimo tentativo per il mantenimento della pace. Il Duca Decazes, dopo aver osservato

nella sua risposta, che era oramai troppo tardi, pigliò atto, esprimendone il suo compiacimento, delle buone disposizioni dimostrate in questa oircostanza dal Gabinetto britannico, ed aggiunse che egli vedeva in esse il pegno della possibilità d'una azione comune pel momento in cui la stanchezza dell'uno o dell'altro dei belligeranti, ovvero di entrambi potesse renderla accetta. Vuolsi però soggiungere, a tale riguardo, che, secondo il pensiero del Duca Decazes, l'azione delle potenze avrebbe dovuto eventualmente aprirsi sulla base dello scambio di idee intervenuto tra Lord Derby ed il Principe Gortchakow per mezzo del Conte Schouwalow; per modo che già lo stesso Duca Decazes riconosceva che, per tradurre in atto il disegno suo. si sarebbe dovuto anzitutto sgombrare il terreno mediante opportuni uffici a Vienna da quegli ostacoli che sono creati dall'atteggiamento del Governo Austro-Ungarico.

Questi concetti corrisponderebbero del resto ai desideri del Principe Milano. Riferisce in proposito il R. Agente a Belgrado che avendo il Principe fatto scandagliare il terreno a Parigi vi trovò accoglienza favorevole abbastanza per sentirsi incoraggiato a fare colà delle entrature che non sarebbero state assolutamente respinte.

Questa sarebbe adunque per sommi capi la situazione.

Il tentativo fatto dalla Francia per ravvicinare la Gran Bretagna al concetto delle altre cinque Potenze ebbe per risultato quel programma che suscitò, presso il Gabinetto di Vienna, la più assoluta ripugnanza.

Il concetto di una azione comune delle Potenze, intesa a far cessare il conflitto mediante la proposta di una acconcia soluzione, da presentarsi in tempo debito, parrebbe urtare anch'esso a Vienna contro lo stesso ostacolo.

Rimarrebbe adunque, di tutta l'opera della diplomazia, questo solo resultato: il principio di non intervento proposto dalla Russia ed accettato dalle varie Potenze.

In tanta incertezza, creata soprattutto dallo atteggiamento di codesto Gabinetto, ci riuscirà preziosa ogni indicazione che l'E.V. possa fornirsi intorno agli intendimenti del Conte Andrassy. Ora che la questione è posta dai fatti, a noi preme di conosc,ere, pel giorno in cui si presentasse indeclinabile la necessità di una soluzione, quale sarebbe precisamente l'obiettivo a cui mira la poLitica del Governo Imperiale e Reale, sotto l'impulso degli interessi propri e della opinione pubblica prevalente nelle provincie varie della Monarchia.

(l) Non pubblicato.

(l) -Cfr. n. 186. (2) -Cfr. n. 220.
230

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

D. 610. Roma, 8 luglio 1876.

Sono grato alla S.V. Illustrissima per i particolari fornitimi con Rapporto del 18 giugno scorso, n. 2674 (l) circa la missione marocchina testè giunta in Francia. Per avere norma sicura quando la missione verrà in Italia, gioverebbe

che la S.V. potesse favorirmi ogni più minuto ragguaglio circa il trattamento che essa ebbe in codesto paese, soprattutto per ciò che concerne la ospitalità avuta, il trasporto per ferrovia, gli onori resi, il cerimoniale osservato ecc.

Nella stessa occasione la S.V. dovrebbe anche indagare quale accoglimento sia stato fatto da codesto Governo alla missione marocchina per quel che riflette l'oggetto per cui essa venne in Europa. Secondoché riferisce il R. Ministro al Marocco, scopo ostensibile dell'Ambasciata è quello di ringraziare il Re d'Italia, la Regina d'Inghilterra ed il presidente della Repubblica francese per le missioni mandate all'Imperatore Hassan e di cementare così le buone relazioni reciproche. Ma lo scopo reale sarebbe quello di far conoscere ai tre Governi le continue molestie e minacce del Governo spagnuolo e di attenerne l'appoggio per far fronte alle esigenze di quest'ultimo.

(l) Non pubblicato.

231

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 496. Vienna, 8 luglio 1876 (per. il 12).

In questo momento precisamente gli Imperatori Alessandro e Francesco Giuseppe si incontrano a Bodenbach. da dove si recheranno per alcune ore al castello Imperiale di Reichstadt. Per me non v'ha dubbio che lo scambio d'idee che in quel breve tempo avrà luogo fra i due Sovrani, come fra i loro rispettivi primi Ministri, eserciterà una notevole influenza sullo svolgimento non solo ma anche sull'esi,to finale dell'attuale crisi, senza però ch'io mi creda che questa soluzione, di cui la sorte delle armi fra gli attuali belligeranti è indubbiamente notevole fattore, abbia ad essere immediata. Il punto sul quale parmi certo i due Sovrani cadranno d'accordo si è sulla necessità, qualunque abbia ad essere il risultato della presente lotta, che la Bosnia e l'Erzegovina ottengano la loro autonomia! Sulla interpretazione però a darsi a questa parola, sulla forma e sostanza però che questa autonomia dovrà avere, non conviene dissimularsi che lo screzio sarà profondo. Al mio egregio collega l'Ambasciatore del Re a Pietroburgo spetta il far conoscere all'E.V. H modo di vedere in proposito del Gabinetto Russo, dover mio si è il chiarirLe gli intendimenti di quello AustroUngarico per quanto almeno ho potuto formarmi l'impressione: in conseguenza delle conversazioni in proposito ch'io ebbi ripetutamente su questo argomento tanto col Conte Andrassy quanto cogli altri funzionari del Ministero, avvalorate da quelle informazioni altrimenti avute.

Pel gabinetto di Vienna dunque, stando le cose come sono attualmente, l'autonomia per la Bosnia 'e l'Erzegovina è un'organizzazione amministrativa e giudiziaria autonoma, politica anche se vuolsi per l'apparenza impiegare questa parola; ma sempre sotto l'autorità Sovrana della Porta, insomma qualche cosa di analogo a quanto già fu fatto per Creta o meglio ancora pel Libano, poiché colà esiste una specie di controllo delle Potenze. Un tale stato di cose già fu tratteggiato nella Nota del Conte Andrassy del 30 scorso dicembre, informata nella sua sostanza dal Memorandum di Berlino, e quella nota nella sua sostanza continua ad esprimere il limite massimo delle concessioni che il Gabinetto di Vienna è disposto ad ammettere si chieda alla Porta. Con ciò non intendo escludere che il risultato del convegno di Reichstadt e l'esito della lotta che attualmente ferve fin quì con dubbia sorte nella penisola Balkanica non abbia a far sì che il Gabinetto di Vienna non ammetta più tardi una più radicale soluzione: ma ove ciò dovesse verificarsi una profonda trasformazione dovrebbe operarsi nel Governo Imperiale ed anzi tutto il Conte Andrassy dovrebbe cedere il posto ad un altro personaggio e del pari dovrebbero ritirarsi i due Ministeri di Vienna e di Pest. L'attuale Governo cioè dovrebbe cedere il posto ad una Amministrazione conservatrice, dandosi a questa parola il senso precisamente opposto a quello che Essa avrebbe letteralmente, poiché la nuova amministrazione dovrebbe essere reazionaria.

Infatti se il Conte Andrassy non potesse avanzare d'un passo nel senso di una più radicale trasformazione nell'attuale assetto dell'Impero Turco per gli impegni presi col Ministero di Vienna, il potrebbe ancora meno in conseguenza dell'assoluta pressione su di lui esercitata dal Governo Ungherese. L'AustriaUngheria quale è attualmente costituita, respinge nel modo il più assoluto la formazione di nuovi Stati Slavi indipendenti e più ancora quella di un unico grande Stato Slavo. Il partito reazionario solo potrebbe ciò favorire, trovando così il mezzo di ritornare al vecchio sistema che consisteva nell'appoggiarsi sugli Slavi per tenere in freno i Tedeschi ed i Madgiary.

Conchiudo quindi, o la soluzione sarà l'accordo colla Russia sulle basi preindicate con poche varianti, o necessariamente il Conte Andrassy dovrà dimettersi ed allora il campo resterà aperto alle soluzioni radicali con tutte le loro conseguenze che se in parte si possono prevedere in oggi, difficile però sarebbe l'indicare fin d'oggi con precisione nel loro assieme.

232

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 255. Terapia, 8 luglio 1876.

Quantunque non dubiti che l'E. V. conosce assai meglio d'altra parte i negoziati che seguirono tra l'Inghilterra, la Russia, e l'Austria immediatamente innanzi al principio delle ostilità, stimo tuttavia mio debito di riferire dal mio canto quelle nozioni che mi vengono da fonte sicura sulla materia.

Pel mio rapporto n. 242, confiden:l)iale del 1° luglio (1), rimasi al punto in cui il Principe Gortchakow replicava al Gabinetto di Londra avesse questo a formulare delle proposte concrete, ed il Governo dell'Imperatore le prende

rebbe in seria considerazione. Il Ministero Inglese faceva indi conoscere al Conte Schouwalow essere esso d'avviso che il miglior consiglio fosse di lasciar lscoppiare la guerra; se i Turchi fossero vincitori, gl'insorti sarebbero contenti delle riforme che la S. Porta sarebbe per accordare, -se i Turchi fossero battuti si darebbe all'Erzegovina ed alla Bosnia l'autonomia erigendole a Stati tributarii come la Serbia e la Rumania. Il Principe Gortchakow replicava partecipare all'avviso del Gabinetto Inglese per quanto riguardava l'autonomia a darsi all'Erzegovina ed alla Bosnia, però differire circa al tempo in cui sarebbe opportuno di darvi esecuzione; imperocché il Governo dell'Imperatore preferirebbe che si:ffatto progetto avesse la sua applicazione immediatamente affine di evitare la guerra, e se il Gabinetto di Londra fosse per accettare la controproposta Russa, si lascierebbe ad esso la cura di prenderne l'iniziativa affine di farla accettare alla S. Porta. Questi scambi di idee erano naturalmente comunicati al Conte Andrassy il quale rispondeva, credo in data 27 Giugno, l'idea di dare l'autonomia alla Bosnia non esseve realizzabile a cagione dei due elementi musulmano e cristiano che vi si trovano sovrapposti in numero presso che eguale, esser preferibile di attenersi alle riforme colle dovute garanzie. Queste pratiche seguivano dunque negli ultimi giorni del passato giugno. Ma le cose camminavano rapidamente dal 27 giugno al l o luglio, ed i documenti che contengono la relazione di esse ora non hanno guari che un interesse storico retrospettivo. Aggiungerò solo sembrami che il Gabinetto di Londra, nel considerare i rimedii da portarsi alle difficoltà della situazione, non abbia sufficientemente apprezzati i gravi pericoli che ponno venire all'Europa da un serio conflitto fra le diverse parti dell'Impero Ottomano.

(l) Cfr. n. 212.

233

IL MINISTRO A WASHINGTON, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 51. Washington, 8 luglio 1876 (per. il 26).

Ho l'onore di accusare ricevuta all'E. V. del pregiato dispaccio delli 16 giugno u. s. n. 9 (l) della presente Serie col quale mi trasmetteva la lettera di felicitazione, colla copia d'uso, che S. M. il Re rivolge a S. E. il Presidente di questa Repubblica nell'occasione in cui si celebra il centenario dell'indipendenza Americana, e non ho mancato di rivolgermi senza ritardo alla compiacenza di questo Dipartimento di Stato pregandolo di voler far pervenire l'Augusto autografo alla sua alta destinazione.

S. M. l'Imperatore di Germania ha parimenti scritto una lettera in questa occasione al Generale Grant, la cui traduzione qui unita trovasi nei giornali americani (1).

Mando qui all'E. V. firmato il biglietto che accompagnava la spedizione dei documenti diplomativi delli 17 Giugno...

(l) Non pubblicato.

234

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, A VITTORIO EMANUELE II

(ACR)

L.P. Londra, 9 Luglio 1876.

Je croyais pouvoir expédier ma précédente lettre hier au soir; mais, en Angleterre, la poste aux lettres se repose depuis le samedi soir jusqu'au lundi; c'est ce qui me permet de joindre à ma lettre ces quelques pages en réponse au télégramme que le Commandeur Aghemo m'a adressé de la part de Votre Majesté. Comme la copie de tous les rapports que j'ai adressés au Mi:nistère, aurait pris beaucoup de temps, j'ai pensé qu'il était plus simple d'en résumer la substance ainsi que je l'ai fait précédemment. J'exposerais dans les pages qui suiv·ent ma manière de voir sur la question qui a surgi en Turquie et qui menace d'amener des complications en Europe.

Comme j'ai déjà eu l'honneur de l'écrire à Votre Majesté l'Angleterre ne tient pas d'une manière absolue à l'intégrité de l'Empire Ottoman et ne verrait pas avec beaucoup de regret que les provinces insurgées parvinssent à acquérir une indépendance plus ou moins complète; mais elle ne veut pas que d'autres puissances interviennent entre le Sultan et ses sujets; de son còté elle admet rigoureusement le principe de non intervention dont elle ne s'écartera qu'autant qu'il serait violé d'autre part. Elle craint l'influence de la Russie et fera tous ses efforts pour l'empècher de dominer à Costantinople. Dans ce but l'Angleterre ne commettra aucun acte qui puisse paraitre hostile aux musulmans, comme elle n'aidera pas ceux-ci contre les Chrétiens, à moins toutefois que d'autres puissances ne se mèlent de la question contre· sa volonté et contre ses intérèts. Elle a d'ailleurs à ménager les populations mahometanes des Indes qui lui sont dévouées et par .conséquent elle ne fera rien qui puisse les irriter. D'un autre còté elle entend à tout compte ètre maitresse en Egypte ne veut pas qu'une autre puissance maritime domine dans la Mediterranée. Aussi les pretentions de la France à vouloir reprendre son ancienne influence en Orient, irritent vivement l'Angleterre et si nous voulons ètre dans de bons rapports avec elle, nous ne devons rien faire qui puisse faire supposer que nous subissons l'influence de la France ou d'une autre puissance quelconque. Si nous excitons ses soupçons elle nous sera hostile en tout. Si nous nous tenons en-dehors des intrigues politiques, elle nous respectera; si enfin nous secondons sa politique elle sera pour nous une arnie dévouée et fidele. Les moyens d'action de l'Angleterre dans la Mediterranée sont formidables. Elle arme maintenant une marine militaire plus puissante que celles de tous les autres Etats réunies, et les moyens dont eUe dispose, lui permettent de créer en moins de six mois une autre flotte aussi considérable, (ou peu s'en faut), que la première; tandis que les autres puissances se voient incapables de former une autre marine, après que celle qu'elles réunissent actuellement aurait été détruite ou gravement endommagée. Si la lutte venait à s'engager entre ,}es puissances Européennes pour la question d'Orient, ce serait une lutte suprème dans la

2Z -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

quelle l'Angleterre semble disposée à développer toute sa puissance, pour maintenir une préponderance qui est pour elle une question de vie ou de mort.

Il est certain que dans ce cas elle chercherait des alliés. Je pense que l'!talie serait recherchée; il parait qu'un rapprochement existe entre l'Angleterre et l'Allemagne que le Comte de Derby considère comme une alliée naturelle de la Grande Bretagne. On ne parait pas avoir une grande confiance dans la direction politique de la France, ni mème dans la stabilité des choses darns ce pays. La Russie est toujours l'objet des soupçons. Cependant un accord s'est établi momentanément entre les puissances, pour laisser les adversaires aux prises entr'eux. Le vif désir de l'Angleterre est que la guerre soit localisé, l'opinion manifestée par les hommes d'Etat est que lorsque l'un ou l'autre des deux partis aura remporté des avantages incontestables sur son adversaire, l'Angleterre elle meme doi t proposer aux combattants des arrangements qui puissent donner satisfaction aux exigeances d'une pacification fondée sur des bases solides. On a lieu de croire que les Tures ne s'y refuseraient pas, s'ils étaient vainqueurs, et que les provinces insurgées, sans obtenir certainement l'indépendance qu'elles réclament, auraient néanmoins un modus vivendi qui améliorerait leur position et feraient disparaitre les causes d'agitation qui ont produit la guerre actuelle. Si au contraire les insurgés l'emportent, il rn'y aurait rien qui s'opposerait à ce que les provinces obtiennent leur autonomie et que meme le Monténégro et la Servie puissent s'agrandir. Quand à costituer un seul état de toutes ces provinces on y voit des difficultés politiques et sociales à cause des intérèts des puissances voisines et à cause des populations qui diffèrent tellement de religions et de mceurs. Ce qu'il y a de singulier c'est que les Catholiques y préfèrent la suprematie des Mahometans à celle des Grecs orthodoxes.

Comme qu'il en soit, toutes les questions devraient ètre reglées, autant que possible, d'un commun accord, avec les puissances. Je ne dois pas cacher que, en général, ici, on désire que la Turquie triomphe tout en reconnaissant que après son triomphe, s'il a lieu, on juge indispensable qu'elle donne quelques satisfactions aux populations insurgées; on ne croit pas celles-ci encore capables de se gouverner convenablement et l'exemple de la Grèce que l'on cite souvent, n'est pas fait pour encourager à les émanciper entièrement.

Tel est le but que poursuit actuellement le Cabinet Anglais; s'il réussit, on évitera la guerre générale. Si au contraire celle-ci a lieu il faut examiner les chances ou'elle présente. Avant tout il est nécessaire de se rendre compte des intérèts des diverses puissances dans la question Turque. La Russie veut évidemment étendre son action sur les provinces occupée par le populations slaves du rite orthodoxe, et arriver s'il est possible à Costantinople qui est la porte de la Mer Noire d'où la Russie ne pourra jamais faire sortir librement ses flottes tant qu'elle ne sera pas maitresse à Constantinople.

L'occupation de Constantinople lui donnerait en outre, dans l'Asie Centrale, une préponderance menaçante pour l'Empire Anglais des Indes. L'on comprend pourquoi la Russie fait tous ces efforts pour réaliser le rève de Pierre le Grand et comment d'un autre còté l'Angleterre est disposée à une lutte supreme pour l'empecher d'atteindre ce but. La Russie a une puissante armée, mais qui est difficilement mobilisable à cause des grandes distances à parcourir et des moyens de transport qui lui font, en partie, défaut; d'ailleurs la nouvelle organisation qu'on a introduite dans l'armée Russe, a momentanément paralysé son action vu qu'on commence seulement à la reconstituer. Toutefois on considère comme probable que la Russie a déjà concentré des troupes sur la frontière Turque pour etre prete aux éventualités. Mais il y a un élément qui manque à la Russie pour faire la guerre. C'est l'argent... Comme j'ai eu l'honneur de le dire à V. E. dans mon précedent rapport, elle n'en peut pas trouver à Londres et elle n'en trouvera certainement pas ailleurs; sans argent on ne peut guère soutenir une longue campagne. L'Allemagne n'est pas directement interessée dans la question et elle penchera du còté de celui qui recompensera le mieux son alliance. Dans ce moment elle semble s'etre rapprochée de l'Angleterre et je ne serais pas étonné que, dans le cas où les hostilités se déclarassent entre le Russie et l'Angleterre, on ait promis à l'Allemagne les provinces Allemandes qui appartiennent maintenant à la Russie et qui ont toujours formé l'objet des aspirations de la Prusse.

La France n'a aucune ligne politique bien tracée; elle s'agite pour reprendre quelque influence en Orient, pour étendre sa domination dans la Méditerannée et y contester la puissance de l'Angleterre comme elle l'a fait dernièrement en Egypte où nous avons commis l'erreur de nous s'associer à la France dans les arrangements qui ont été proposés pour les finances Egyptiennes, tandis que l'Angleterre refusait de s'y joindre. Les faits prouvent que celle-ci avait raison et ici, l'on s'attend d'un jour à l'autre à une nouvelle faillite du Kedivé. Mais l'Egypte n'en conservera pas moins son indépendance sous la protection de l'Angleterre qui établira au besoin à Alexandrie une garnison déjà toute prete à partir. La France cherche d'un autre còté à s'étendre du còté de Tunis où une compagnie française a eu une concession de chemin de fer dans le but de se réunir à ceux de l'Algerie.

L'Angleterre suit d'un reil jaloux ces tentatives de la France et j'ai lieu de croire que difficilement elle permettra que celle-ci occupe le grand port proche de Tunis qui, s'il était entre les mains de la France serait une menace continuelle pour la Sicile.

Peut-etre la France se voit-elle disposée à entreprendre une campagne pour

donner une diversion aux passions qui l'agitent. Mais ici on n'a pas grande

confiance dans son concours et l'on se méfie de ses aspirations qui certainement,

du reste ne peuvent rien avoir d'avantageux pour l'Italie.

L'Autriche semble, en ce moment, la plus 'embarassée; elle craint la forma

tion d'un Etat Slave indépendant qui serait un centre d'attraction pour les

provinces Slaves Autrichiennes; d'un autre còté elle redoute l'annexion à l'Em

pire de nouvelles provinces Slaves qui donneraient à cette race la prépondérance

dans ce meme Empire. Elle craint également l'annexion à l'Italie de quelques

unes des provinces riveraines de l'Adriatique. Toutes ces circonstances produi

sent une grande incertitude dans la politique de l'Autriche qui veut ménager

la Russie et redoute en meme temps la prépondérance de celle-ci sur le bas

Danube.

De meme qu'à la Russie, il manque à l'Autriche le nerf de la guerre: l'Argent...

L'Angleterre comme je l'ai exposé plusieurs fois a un but net et bien determiné: soustraire Constantinople à la domination russe; étre maitresse de ses communications avec l'Inde par la Mediterranée et par conséquent, s'assurer non seulement de Gibraltar et de Malte qu'elle possède déjà mais encore de l'Egypte et, avec celle-ci du Canal de Suez.

Si l'Italie reste en bonne harmonie avec l'Angleterre, celle-ci ne nous demandera Qu'une chose c'est-à-dire de ne pas menacer ses communications; mais du jour où elle aurait quelque doute sur notre amitié envers Elle, il est presque cel'tain qu'elle commencerait par s'emparer des principaux ports de la Sicile, sauf par s'assurer, par des moyens plus énergiques, au moins de notre neutralité. Si au contraire, dans le cas d'une lutte générale nous prétions un concours actif à l'Angleterre, nous avons tout à attendre de sa reconnaissance et de son amitié qui ne failliront pas. Quand je considère l'ensemb1e des intérets qui s'agitent actuellement, il me semble que si nous devons prendre part à la lutte, c'est l'accord avec l'Angleterre qui nous offre le plus d'avantages réels. Je redouterais beaucoup pour l'Italie si elle se laissait entrainer par la France qui ne nous aime pas et qui certainement ne ferait jamais rien pour nous rendre plus forts, tandis que nous, pays essentiellement montain, aurions contre nous la plus grande puissance maritime du monde. Comme la lutte si elle a lieu, devrait se développer dans la Mediterranée je ne met pas en doute que l'Angleterre s'y trouvant sur so n élément, n'y triomphe de ses ennemis. Elle possède des moyens formidables d'action. Elle est riche tandis que les autres sont relativement pauvres. Elle est résolue et sait nettement ce qu'elle veut; toutes les chances sont en sa faveur.

J'espère que dans ces graves contingences, l'Italie qui a toujours montré tant de tact politique, ne se laissera pas dominer par le doctrinarisme qui a été si fatal à la France. Nous sommes un peuple positif: tout en aimant le progrès chez nous et chez les autres, nous savons que prima caritas incipit ab ego, et l'Italie dirigée par la main habile et heureuse de Votre Majesté saura tirer de sa position actuelle tous les avantages désirables, car elle est appelée à devenir un des éléments les plus influents pour la solution de la question d'Orient.

P. S. -Aux considérations précédentes je dois ajouter quelques informations qui ne seront pas inutiles pour mieux apprécier la situation. Dans le Cabinet Anglais, il y a deux opinions qui se contrastent un peu et se modifìent par ce contraste méme. M. Disraeli est plus ardent et voudrait trouver un moyen prompt d'en finir avec la question Turque, non pas qu'i,l veuille abolir la Turquie bien loin de lui, mais il voudrait au besoin activer la séparation ou l'autonomie des provinces insurgées afin d'òter aux Russes un pretexte d'intervenir dans les démélés. Le Comte de Derby est au contraire plus prudent et, quoique il n'ait pas lui-méme une grande foi dans les réformes que peuvent promettre les Tures il veut qu'il y ait, avan:t tout, quelque fait accompli qui fasse connaitre de quel còté penche la balance de la fortune, afin de savoir à quel parti il convient de s'arreter pour amener une solution. Au Ministère des Affaires Etrangères (Foreign Office) on croit généralement que la France agit sous l'inspiration de la Russie en qui elle espère trouver un appui dans ses projets de vengeance contre l'Allemagne. Le projet de Conférence ou de Congrès mis, il y a peu de temps, en avant par le Due Decazes n'a pas été accueHli avec faveur à Londres; ici on se tiendra dans une attitude de réserve jusqu'à ce que de nouveaux faits exigent une attitude plus active. En attendant on arme et l'on se prépare.

235

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO A WASHINGTON, BLANC

T. 640. Vienna, 10 luglio 1876, ore 17 (per. ore 17,50).

Voici résultat conférence Reichstadt d'après rédaction textuelle faite par Gortchakoff. Les deux Empereurs se sont séparés dans le meilleur accord décidés proclamer le principe de non-intervention dans le moment actuel; ils se réservent une entente ultérieure avec les grandes puissances chrétiennes si les circonstances en démontrent nécessité.

236

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A WASHINGTON, BLANC

D. 11. Roma, 10 luglio 1876.

Ringrazio V. S. Illustrissima dello avermi comunicato, con rapporto del 14 giugno scorso, n. 44 di questa serie (1), il carteggio da Lei scambiato da ultimo col Signor Hamilton Fish circa la questione de crediti italiani verso il Governo del Venezuela.

Dei dispacci scritti, nella via officiale e nella via officiosa, al Dipartimento di Stato dal Ministro degli Stati Uniti in Caracas, apparisce che ·l'abbiezione del Governo Venezuelano è sempre la stessa: dovere cioè la questione essere regolata dal principio di equiparazione ai nazionali, sancito dall'art. 4 del nostro Trattato, e non già da quello del trattamento sul piede della nazione più favorita.

Siffatta argomentazione è largamente svolta nel precedente carteggio, di cui la S. V. Illustrissima ebbe comunicazione; e sono ivi sciolte del pari, le ragioni per cui ci sembra essere in facoltà nostra di invocare, a nostro favore, così l'uno come l'altro criterio.

Ad ogni modo, ed in linea di fatto, è pur troppo a prevedersi che non ci sarà dato di ottenere dal Governo del Venezuela una soluzione migliore, in fino a che le mutate circostanze non gli suggeriscano l'opportunità di più benevole disposizioni a nostro riguardo.

Gioverà intanto che Ella ringrazi della cortese intromissione il Governo Federale.

(l) Non pubblicato

237

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL CONSOLE IN MISSIONE A RAGUSA, DURANDO

D. S.N. Roma, 11 luglio 1876.

Ho telegrafato, parecchi giorni or sono, alla S. V. Illustrissima pregandola di restituirsi senza indugio da Galatz a Ragusa, ove la presenza di Lei nelle circostanze attuali, si è fatta indispensabile.

Anzitutto era d'uopo che non venisse meno ogni modo di comunicazione tra il R. Governo ed il Principe di Montenegro. Conformemente a consuetudine oramai antica è accreditato presso il Principe il R. Console a Scutari. Però i casi della guerra renderanno probabilmente difficile, e forse affatto impossibile, tra breve, ogni rapporto tra il Cavaliere Berio e il Principe Nicola. Rimetto, pertanto, qui acchiusa (l) aHa S. V. illustrissima una lettera credenziale diretta al Principe di Montenegro, la quale attribuisce a Lei, rimpetto al Governo principesco quello stesso carattere che finora ha spettato al Cavaliere Berio.

Giungendo a Ragusa, la S. V. vorrà tosto far pervenire al Principe una comunicazione nella quale Ella avrà ad annunciare il mandato conferitole dal

R. Gov,erno, aggiungendo essere nelle mani di Lei la lettera credenziale la quale sarà da Lei rassegnata, di persona, a Sua Altezza tosto che l'opportunità sarà per presentarsene.

L'altro oggetto della missione di Lei è in certa guisa la continuazione dell'incarico che Ella sostenne già per parecchi mesi, nello scorso inverno, risiedendo a Mostar dapprima e indi a Ragusa. All'infuori dell'eventualità in cui si avesse a procedere una seconda volta alla nomina di una Commissione consolare nelle provincie insorte (ed in questa ipotesi il R. Governo intenderebbe valersi di nuovo dell'opera di Lei), preme al Governo del Re di avere, nella

S. V. Illustrissima persona che diligentemente informi di ciò che accade in Bosnia ed in Erzegovina, e che eserciti in pari tempo se ne sorgesse il bisogno, una azione di legittima tutela sopra gli interessi nazionali in quene regioni.

Ragusa è senza dubbio il centro ove riesce più facile raccogliere pronte ed esatte notizie dal teatro della lotta. Però trovandosi Ragusa in territorio austro-ungarico, né avendo la S. V., rimpetto al Governo Imperiale e Reale una posizione ufficiale, è mestieri che Ella continui a contenersi, come per lo

passato, nel massimo riserbo, evitando, con ogni studio, tutto ciò che possa suscitare rimostranze o diffidenze da parte delle autorità locali. La quale avvertenza torna ora tanto più opportuna, in quanto che è a presumere che, per il nuovo aspetto assunto dalla quistione dacché entrarono in campagna i due principati slavi, siansi notevolmente modificati i sentimenti che l'amministrazione della Monarchia sembrava nutrire verso l'insurrezione bosniaca ed erzegovese. Dal canto mio, per schivare ogni malinteso, ho pregato il Generale Robilant, con dispaccio dell'8 di questo mese, di far conoscere al Gabinetto di Vienna il duplice oggetto del!la missione di Lei: somministrare, cioè, al R. Governo importanti notizie che altrimenti ci farebbero difetto, e mantenere col principe di Montenegro le relazioni precluse oramai al R. Console in Scutari.

Invio, con questo mio dispaccio, alla S. V. Illustrissima due cifre. Tostoché Ella giunga a Ragusa, converrà che si procuri un immediato abboccamento col Signor Usigli, al quale una di quelle cifre è destinata, ritirando da lui quella che attualmente possiede e che, con occasione sicura, la S. V. vorrà poi restituire al Ministero. Entrambe le cifre potranno poi servire, tra non molto, anche per corrispondere colla R. Legazione in Costantinopoli. Sarà però d'uopo che Ella ne aspetti ,esplicito avviso dal Ministero, dovendosi fare in questi giorni, l'invio al Conte Corti del corrispondente esemplare. In questo frattempo Ella potrebbe, in caso di bisogno, valersi per telegrafare a Costantinopoli, della cifra ritirata da Mostar.

Nulla essendo innovato nella posizione del Signor Usigli (salvo la sua dipendenza gerarchica verso la S. V. Illustrissima), Ella potrà autorizzavlo a carteggiare direttamente col Ministero, sia per la posta, sia per telegrafo, con l'avvertenza di tenerne in pari tempo informata, potendolo, la S. V. llustrissima.

Nella fiducia che anche nella presente circostanza la S. V. Illustrissima saprà corrispondere degnamente all'aspettazione del Ministero e prestare servizii sempre più preziosi...

(l) Non pubblicata.

238

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL CONSOLE A SCUTARI, BERIO

D. S.N. Roma, 11 luglio 1876.

Nella previsione che in breve siano per divenire affatto impossibili le comunicazioni tra la S. V. Illustrissima ed il Principe di Montenegro, e volendosi provvedere a che non venga meno ogni rapporto tra il R. Governo ed il Governo Principesco, ho stimato opportuno di accreditare presso l'Altezza Sua, il Cavalier Cesare Durando, R. Console in missione, il quale, in conformità degli ordini ricevuti, giungerà in questi giorni a Ragusa, ove fermerà, di nuovo, la sua residenza. Da Ragusa il Cavaliere Durando annuncierà senza indugio al Principe l'incarico che gli è affidato riservandosi di presentare, a tempo opportuno, di persona la lettera credenziale.

Di che mi pregio porgerle notizie, mentre Le segno ricevuta e La ringrazio dei Suoi pregiati rapporti di serie politica, regolarmente pervenutimi fino al n. 175, in data del 28 Giugno scorso (1).

239

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 72/27. Londra, 11 lugLio 1876 (per. il 14).

Io debbo anzitutto confermare con questo mio Rapporto la notizia che io trasmetteva all'E. V. con telegramma delli 8 corrente (1), della favorevole impressione prodotta sul Conte Derby dalla comunicazione, che io gli feci, della risoluzione presa dal nostro Governo di attenersi al principio di non intervento nella quistione Slavo-Turca.

Gli ordini diramati ai nostri Prefetti, d'impedire gli arruolamenti in favore degli insorti, diedero una nuova prova della lealtà colla quale l'Italia intende procedere in questa come in tutte le altre quistioni. Ad una certa diffidenza contro di noi, che era facile di scorgere, è succeduta la fiducia; lo prova il linguaggio stesso dei giornali più importanti, il quale era prima piuttosto ostile a noi ed ora è diventato, al contrario, assai lodativo e benevolo.

Non occorre che io ripeta quanto già più volte ebbi l'onore di scrivere all'E.V. intorno all'importanza che qui si attribuisce all'atteggiamento dell'Italia nella quistione d'Oriente, l'amicizia dell'Italia è molto desiderata dall'Inghil· terra; e non v'è da meravigliare che dessa si mostri gelosa, od indispettita, ogni qualvolta sospetta che quel sentimento si menomi per parte nostra, o che sottostiamo ad influenze straniere.

I giornali esteri parlarono di alcuni gravi dissensi sorti fra il Conte di Derby ed i suoi Colleghi; queste sono voci esagerate. È vero che nel Gabinetto vi sono due correnti, l'una più spinta, diretta dal Signor Disraeli, che vorrebbe accelerare la soluzione della quistione Slavo-Turca, l'altra contraria, rappresentata dal Conte di Derby, che vorrebbe lasciare al tempo la cura di risolvere il problema.

Ma da queste due opinioni ne risulta una media che si manifesta col contegno stesso del Gabinetto Inglese, il quale, tuttoché si attenga al principio di non intervenzione, riconosce che, per ristabilire la pace in modo alquanto stabile, è necessario che, in qualsiasi ipotesi, la Turchia, vittorioso o vinta, faccia delle larghe concessioni alle popolazioni Cristiane.

L'integrità assoluta dell'Impero Ottomano non è più considerata come una cosa indispensabile; si ha poca fiducia nelle riforme che possono essere fatte nell'amministrazione Turca; ma non si vuole la dominazione Russa, o di altri, a Costantinopoli; e non si vuole compromettere l'Inghilterra presso le popola

zioni Maomettane, avuto riguardo ai numerosi popoli delle Indie che professano quella religione.

Intanto non si tralasciano per un istante gli apparecchi guerreschi. Uno degli Ambasciatori meglio informato mi assicurava testé che sopra le navi Inglesi s'imbarca un personale doppio di meccanici e di ingegneri per il caso che la Flotta Turca dovesse, di buon grado o per forza, essere diretta da ufficiali Inglesi.

Si parla sempre di un Corpo di Esercito pronto ad imbarcare, al primo cenno, per Alessandria di Egitto.

Bisogna ben persuadersi che lo scopo politico dell'Inghilterra è chiaro e ben definito. L'indirizzo che prende attualmente il suo Governo, nella presente vertenza, incontra la generale approvazione. Si desidera sinceramente la pace, ma non si paventa la guerra che avrebbe un carattere principalmente marittimo. Siccome i mezzi di cui l'Inghilterra dispone le danno la superiorità sopra tutte le Marine militari riunite delle altre Potenze, essa nutre fiducia che la fortuna sorriderà alle sue grosse navi, come negli eserciti sorride ai grossi battaglioni.

L'Inghilterra possiede inoltre il nerbo della guerra: il denaro, che fa difetto a parecchie aUre grandi Potenze e specialmente alla Russia, che non ha potuto trovare un imprestito nella City quantunque essa si sia indirizzata al Barone Rothschild che ha dovuto rinunziare a ricercarlo.

(l) Non pubblicato.

240

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 647. Pietroburgo, 12 luglio 1876, ore 17,20 (per. ore 21,30).

J'ai remis aujourd'hui à l'Empereur mes lettres de créance d'ambassadeur. Sa Majesté m'a di t qu'il avait été convenu entre l'Empereur d'Autriche et lui, dans leur récente entrevue, que leurs Gouvernements observeraient strictement la non intervention dans le conflit turco-serbe et que seulement dans le cas où la guerre prendrait ·le caractère d'un massacre, il y aurait lieu à provoquer une entente entre les puissances pour y mettre fin. Sa Majesté a ajouté qu'elle espère que les autres puissances suivront la meme conduite. J'ai annoncé à l'Empereur que, sur ce point, son désir avait été exaucé à l'avance par le Gouvernement du Roi, qui m'avait chargé de déclarer ici que la politique de l'Italie, dans l'état actuel des choses, ne pouvait etre que celle de la non-intervention. L'Empereur m'a dit alors qu'il était très satisfait de voir que la conduite de nos deux Gouvernements dans cette question avait été et continue à etre concorde, et qu'il espère qu'il en serait de mème pour l'avenir. Il a répeté qu'il était reconnaissant au Roi de toutes les attentions qu'il avait pour les membres de la famille impériale, toutes les fois qu'ils se sont trouvés en Italie et qu'il attendait avec plaisir l'arrivé de nos princes; enfin, il m'a dit que les rapports entre les deux Cours et les deux Etats étaient excellents, qu'il pensait Que ma présence à sa Cour aurait eu pour effet de les rendre encore plus étroits. J'ai remercié Sa Majesté et l'ai assurée que tous mes efforts tendront à ce résultat et que je me permettais de compter à cet effet sur la haute bienveillance de l'Empereur. Ma réception a eu lieu dans la forme établie pour la remise des lettres de créance d'ambassadeur. L'Empereur portait le collier de l'annonciade. Je pars lundi soir pour aUer à la rencontre des princes.

241

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 500. Vienna, 12 luglio 1876 (per. il 16).

Ringrazio l'E.V. per le non poche notizie e direzioni tornitemi col suo ossequiato dispaccio dell'8 corrente n. 217 (1), e ben vorrei dal canto mio trovarmi in grado di rispondere con precisione ai quesiti che m pari tempo piacque all'E.V. formularmi: ma la cosa è assai difficile, le occasioni di poter vedere il Conte Andrassy e di seco lui conversare essendo rarissime, quando non si hanno precise comunicazioni a fargli in quell'ordine di cose a cui Egli riserba a se la trattazione. Ad ogni modo parmi aver già risposto m parte a quanto l'E.V. mi chiede col mio rapporto dell'8 corrente n. 496 (2) e finalmente col mio telegramma del 16 (3), col quale Le trasmetteva testualmente il riassunto della conferenza di Reichstadt, siccome veniva formulato dal Principe Gortchakow, allo scopo evidentemente di precisare i termini nei quali i Gabinetti di Vienna e Pietroburgo potrebbero manifestare il complessivo risultato di quella conferenza. Ad ogni buon fine ripeto quì quella dichiarazione:

• Les deux Empereurs se sont separés dans le meilleur accord, décidés à proclamer le principe de la non intervention dans le moment actuel. Ils se réservent une entente ultérieure avec les Grandes Puissances Chrétiennes si le circonstances en demontrent la nécessité •.

Credo però superfluo lo aggiungere che quella dichiarazione, redatta come dissi dal Cancelliere Russo, fu bensì accettata dal Ministro Austriaco, ma non fu rivestita da alcuna firma. Come di ragione l'attenzione di quanti ebbero a leggere quel documento, si arrestò sulle narole dans le moment actuel e su quelle ove dicesi les Grandes Puissances Chrétiennes, non persuadendo gran ché la ragione data che si volesse così stabilire la Turchia non dovere aver parte a l'entente, poiché ciò si sarebbe anche espresso valendosi delle denominazioni usate sempre per lo passato, Grandes Puissances ovvero Puissances garantes.

Questa variante nella locuzione ammessa fin quì, fu anche addebitata alla fretta colla quale Quel documento fu redatto: potrebbe essere ma non pare probabile, e non volendo tener conto di quella tal quale reminiscenza della Santa Alleanza che Quella parola potrebbe implicare, resta per me indubbio ch'essa esprime un concetto che andrà mano mano sempre più affermandosi, e

che d'una questione d'eQuilibrio Europeo, tende a farne una il di cui movente sarebbe la fede cristiana e che per conseguenza ultima dovrebbe avere la completa liberazione dalla dominazione Musulmana delle popolazioni Cristiane. Ma tralasciando di proseguire su questo argomento, che ha più essenzialmente tratto all'avvenire, ed arrestandosi alla situazione presente, non posso se non confermare all'E.V., che da tutti gli indizi ch'io m'ebbi e concretando tutte le impressioni da me raccolte, l'accordo fra l'Austria e la Russia ha trovato a Reichstadt nuova occasione di cementarsi. Non v'ha dubbio che l'Austria-Ungheria, quale è oggi costituita e governata, non vuole e non può ammettere la formazione alle sue frontiere di una grande Serbia e neppure di nuovi Stati indipendenti.

In questo stato di cose vi sarebbe evidentemente fondamento a profondo screzio colla Russia, se non fosse la Germania, la cui politica, a parer mio, tende unicamente per ora a mantenere l'accordo fra i suoi due vicini ,non volendo né potendo in oggi separarsi dalla Russia e dovendo in vista dell'avvenire guarentire l'Austria da una rovina che le tornerebbe fatale il giorno in cui si sarà reso inevitabile il formidabile urto fra i popoli Tedeschi e quelli Slavi. Mercé quindi della Germania, l'Austria e la Russia ritardando sempre il più possibile di entrare nel vivo delle questioni che le dividono profondamente, continueranno, salvo intervenga un fatto inaspettato, a mantenersi unite, facendosi reciprocamente lievi concessioni, riservandosi ad intendersi dinnanzi a fatti compiuti e non precipitando lo svolgersi degli avvenimenti come infallantemente succederebbe, ove fin d'ora si volesse statuire il da farsi di poi.

L'incontro dei due Sovrani d'Austria e di Germania che avrà luogo il 19 corrente a Salisburgo, sarà evidentemente una nuova guarentigia data a questa situazione.

Intanto gli eventi che si svolgono nella penisola Balcanica favoriranno questo sistema temporeggiatore: giacché contrariamente a quanto molti, chi in un senso chi nell'altro s'aspettavano, la vittoria non si mostra sollecita di pronunciarsi in un modo assoluto né per gli uni né per gli altri. Sembra in verità che fin quì i maggiori successi li abbiano avuti i Turchi, ma non però tali da decidere fin d'ora in modo irrevocabile la sorte della campagna: sebbene risulti da informazioni attendibili che questo prolungarsi della guerra, non potrà a meno di riuscire fatale ai Serbi riguardo a quanto si assicura un entusiasmo molto negativo nelle loro masse armate.

Riassumendo dunque io pure i miei apprezzamenti dirò: che l'accordo fra l'Austria e la Russia si è rafforzato a Reichstadt, che per intanto il non intervento sarà mantenuto e che tanto da una parte come dall'altra non si piglieranno determinazioni senza che di caso in caso uno scambio d'idee ed una preventiva intelligenza sia intervenuta. L'Austria intanto ha modificato alquanto le sue idee sulla portata che intende annettere alle parole la situation actuelle ameliorée, e la Russia sembra che dal canto suo abbia promesso di moderare essa pure i suoi desideratum al riguardo. L'esito della guerra che ora ferve, deciderà, a parer mio, quale dei due Gabinetti dovrà fare il passo più lungo per raggiungere l'altro. Non si piglieranno poi determinazioni assolute senza il concorso delle Grandi Potenze Cristiane (una delle quali potrebbe anche essere l'America?).

(l) -Cfr. n. 229. (2) -Cfr. n. 231. (3) -Cfr. n. 235.
242

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 2698. Parigi, 12 luglio 1876 (per. il 16).

A solo scopo di conferma della notizia che l'E.V. già dovette ricevere da più dirette fonti, ebbi l'onore d'inviarle in data di jeri un telegramma (l) con cui Le riferii le informazioni avute da S.E. l'Ambasciatore di Russia e dall'Incaricato d'affari d'Austria circa l'esito del Convegno fra le LL.MM. lo Czar e l'Imperatore d'Austria-Ungheria a Reichstadt.

Il telegramma diretto dal Conte Andrassy al sig. Conte Keufstein diceva quasi testualmente: • Eliminando tutte le proposte recenti, fu convenuto di mantenere nelle circostanze presenti il principio di non intervento. Allora soltanto quando fosse per presentarsi un fatto speciale si provocherebbero intelligenze (on engagerait des pourparlers) tra tutte le grandi Potenze Cristiane •.

Il telegramma ch'ebbe dal suo lato S.E. il Principe Orloff dal Principe Cancelliere è concepito in termini simili, ma non precisamente identici, e secondo la chiusa dovrebbesi supporre che le intelligenze da provocarsi eventualmente sarebbero prese in primo luogo tra i tre Imperi. Seppi che secondo il dispaccio che fu inviato dal suo Governo al Principe D'Hohenlohe, sarebbe anzi stato espressamente convenuto a Reichstad che nel momento opportuno nuovi accordi saranno presi tra i tre Gabinetti di Pietroburgo, Vienna e Berlino.

243

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 262. Terapia, 12 luglio 1876 (per. il 20).

Quando veniva a mie mani il dispaccio che l'E.V. mi faceva l'onore di rivolgermi il 24 giugno n. 62 della presente Serie (1), io Le aveva già scritto i miei rapporti n. 242 e 255 (2) confidenziali del l o ed 8 corrente, i quali trattavano del medesimo soggetto; e comparve di poi il telegramma di V.E. del 10 luglio (3).

Quantunque queste discussioni, in seguito alla rottura delle ostilità, non abbiano ora guari che un interesse retrospettivo, tuttavia stimo prezzo dell'opera di ritornarvi, sia per meglio stabilire quella fase diplomatica, sia per la maggior luce che la piena conoscenza dei fatti può recare sopra i negoziati che saranno per seguire.

Verso il mezzo di giugno scorso il Governo Britannico prendeva la risoluzione di fare delle proposte direttamente a quello di Russia. Queste proposte

consistevano nell'applicazione alle provincie insorte d'un sistema amministrativo conforme a quello ora in vigore nell'isola Creta; oppure, nel caso probabile che gl'insorti non accettassero quest'aggiustamento, cessasse l'intervento diplomatico, e si lasciasse decidere la questione dalle armi: nel caso gli insorti vincessero, avrebbero l'indipendenza, nel caso fossero battuti s'accontenterebbero di minori riforme. Nessuno ignorava in que' giorni che gli insorti non accetterebbero riforme di sorta; la proposta Inglese riducevasi dunque all'abbandono della questione alla sorte delle armi; la quale tesi era infatti sostenuta nei termini più categorici dal signor Disraeli nelle sue conversazioni col Conte Schouvalow.

Rispondeva il Principe Gortchakow il Governo Imperiale non aver alcuna obbiezione all'indipendenza o quanto meno all'autonomia delle provincie insorte, ma essere fermamente di avviso che siffatto rimedio dovrebbe applicarsi immediatarr:.ente invece di differirne l'applicazione in fino a che la questione fosse decisa dalla sorte delle armi.

E questo si chiamò accordo (entente) stabilito tra l'Inghilterra e la Russia, chè l'una voleva la lotta, e l'altra la continuazione dell'azione diplomatica. Mentre seguivano questi scambi d'idee ognuno sapeva che la Serbia dava l'ultima mano ai preparativi di guerra.

A me sembra che il Governo Britannico, nel sostenere che la questione dovesse essere decisa dalle armi, si rendeva poca ragione dei due gravissimi pericoli cui la guerra esponeva l'Europa. Il primo si è che una guerra in Oriente si può sapere dove comincia, ma non si sa dove finisce. Che la Serbia ed il Montenegro vi prenderebbero parte era cosa già sicura; che altre provincie ne seguirebbero l'esempio era assai probabile. E l'E.V. conosce sufficientemente le condizioni di quest'Impero per apprezzare le gravi conseguenze che ponno venire da siffatto incendio. Il secondo pericolo non è meno grave. L'Inghilterra parlava d'indipendenza da darsi all'Erzegovina e alla Bosnia nel caso le armi degli insorti fossero vincitrici; ed il Principe Gortchakow suggeriva l'autonomia. Ma ignorava forse il Governo Inglese che .}'Austria non permetterà mai la formazione d'un forte Stato slavo adiacente al suo territorio? E quando quelle provincie fossero sottratte all'Impero Ottomano dalle forze Serbe e Montenegrine, sarebb'egli agevole di far rientrare quelle forze nei rispettivi territori per costituirle in !stati indipendenti od autonomi? E non sarebbe l'Austria allora trascinata a prender quelle misur,e che cvederebbe necessarie alla difesa de' suoi interessi slavi? Oppure verrebbero in quel caso gli eserciti Inglesi e Russi ad imporre all'Austria ed alla Serbia la soluzione convenuta fra Lord Derby ed il Principe Gortchakow? Ed oltre le difficoltà politiche, che massacri, che crudeltà si commetterebbero dall'una e dall'altra parte! Basta enunciare questi quesiti per comprendere a quali gravi scogli s'andava incontro per quella via. A meno che lo scopo dell'Inghilterra fosse precisamente quello di mettere la discordia tra la Russia e l'Austria.

Allorché le basi di quell'accordo (se accordo vuol chiamarsi) furono comunicate al Conte Andrassy, egli ne provò infatti non poca meraviglia, e le dichiarò inammissibili per le ragioni che V. E. Conosce.

Non è facile discernere auanto vi fosse di serio in auesti negoziati tra

Londra ed Ems. Stà di fatto che il gran rifiuto del Gabinetto Inglese, paralizzando l'azione diplomatica dell'Europa, ed incoraggendo la S. Porta alla resistenza, faceva auasi interamente svanire le ultime speranze d'una soluzione pacifica. Ed ora ferve la lotta, ed i primordi non sembrano favorevoli alle armi ottomane. Le Potenze seguono con animo ansioso auesta guerra, e spiano il momento opportuno per intervenire nell'interesse del ristabilimento della pace; e gi:ì s'intende pronunciar attorno a me la parola armistizio. Senonchè parmi difficile d'imporre alle parti contendenti una soluzione qualunque prima che la sorte delle armi non abbia pronunciato fino ad un certo punto un giudicio fra di esse. Però non dubito che, appena aualche importante fazione sarà per fornirne l'occasione, le Grandi potenze faranno uno sforzo per arrestare lo spargimento di sangue. L'Ambasciatore di Russia dichiara a auesto proposito che se non si trova mezzo di stabilire un'armistizio tra quindici giorni, l'Impero correrà gravi pericoli per la sua esistenza. E frattanto sarà utile di stabilire tra le grandi Potenze uno scambio d'idee che serva al doppio scopo di riavvicinare

vari Governi e di concretare qualche idea sulle basi d'un futuro accordo.

Nel compiegare un annesso in cifre...

ANNESSO CIFRATO ALLEGATO

L'action commune des Ambassadeurs ici demeure complètement suspendue. L'Ambassadeur d'Angleterre est mal avec ses collègues de France et d'Allemagne, à cause de la procédure de l'affa~ire de Salonique. Les relations entre M. Elliot et le Général Ignatiew sont plus que jamais tendues. Ils se voient rarement et ne parlent jamais politique. En causant avec l'Ambassadeur d'Autriche de l'accord esistant entre l'Autriche et la Russie, je lui ai demandé quel était l'arrangement qui, d'après cet accord, devrait ètre appliqué à la Bosnie et à l'Herzégovine, dam, le cas de succes des Serbes. S. E. me répondait avec une réticence facile à expliquer. Ayant adressé la mème question à l'Ambassadeur de Russi e il m'a di t, sous !c sceau du plus grand secret, qu'il croyait que le Gouvernemt Autrichien caressait l'idée de leur donner l'autonomie sous le protectorat de l'Autriche, et qu'il était d'avis que la Russie n'y ferait aucune objection, car elle ne désire rien pour elle mème. La susdite éventualité semble frapper aux portes, et il serait de la plus haute importance qu'un accord réel s'établisse à ce sujet entre les deux Empires. Le spectre de la Bulgarie se présente en seconde ligne.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 212 e n. 232. (3) -Non rinvenuto.
244

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 10. Pietroburgo, 12 luglio 1876 (per. il 21).

Ho l'onore d'informare l'E. V. che S. M. l'Imperatore Alessandro è giunto a Peterhoff lunedi 10 luglio/28 giugno e venne oggi a Pietroburgo dove fui ammesso a presentargli in giornata le lettere Reali che mi accreditano in qualità di Ambasciatore presso Sua Maestà Imperiale. Io aveva precedentemente, secondo le regole qui osservate fatto visita al Signor de Giers, facente funzione di Ministro degli Affari Esteri in assenza del Principe Gortchakoff ed al facente fun

zione di Gran Maestro delle Cerimonie i quali mi restituirono la visita in persona. L'udienza accordatami da Sua Maestà l'Imperatore in questa occasione ebbe luogo nella forma solenne usata per l'introduzione degli Ambasciatori presso Sua Maestà Imperiale. Un Maestro delle Cerimonie venne a prendermi nelle carrozze imperiali di gala accompagnato da un ajutante delle Cerimonie che prese posto nella prima carozza. lo mi coUocai nella seconda carozza col Maestro di Cerimonie dirimpetto. Nella terza carozza presero posto il primo ed il secondo Segretarii dell'Ambasciata. Fui ricevuto alla soglia degli appartamenti imperiali da un gentiluomo della Camera di Sua Maestà Imperiale ed alla porta interna fui incontrato dal facente funzione di Gran Maestro delle Cerimonie e dal Maresciallo della Corte i quali mi accompagnarono fino all'appartamento di Sua Maestà preceduti dal Maestro delle Cerimonie dal gentiluomo della Camera e dai forieri della Corte. Tutte le persone sopra indicate rimasero nella sala che precede quella fissata per l'udienza ed io entrai solo presso l'Imperatore egualmente solo. Sua Maestà Imperiale mi ricevette in piedi in uniforme, mi diede la mano e, dopo scambiate le prime parole m'invitò a sedermi. L'udienza durò circa mezzora o tre quarti d'ora. L'Imperatore portava il Collare dell'Annunziata. Finita l'udienza fui ricondotto al palazzo dell'Ambasciata con lo stesso cerimoniale.

245

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 658. Pietroburgo, 13 luglio 1876, ore 20 (per. ore 22).

Prince Gortchakoff m'a annoncé que l'Empereur a signé le decret nommant le baron d'Uxkull son ambassadeur à Rome.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 221. Roma, 13 luglio 1876.

Debbo all'E. V. speciali ringraziamenti per le minute indicazioni che, intorno agli intendimenti di codesto Gabinetto, mi furono da Lei fornite col Rapporto dell'8 di questo mese, n. 496 (1), della presente serie. Lo scritto di Lei, il quale reca la data stessa del giorno in cui convenivano a Reichstadt i due Imperatori, getta non poca luce sopra le conclusioni che in quel Convegno sono state pigliate, e ne porge, in certa guisa, anticipato commento.

Il punto sul quale debbono oramai convergere le nostre indagini, per ciò che spetta alla politica del Governo Austro-Ungarico, è quello che si riferisce

alle condizioni nelle quali avrebbero ad essere costituite le provincie di Bosnia e di Erzegovina. Non è dubbio che la soluzione del problema dipenderà in parte dalle sorti della guerra. V'hanno però fin d'ora, a quanto sembra, limiti estremi in fino ai quali, e non oltre, taluna delle Potenze sarebbe eventualmente disposta a sancire, col suo consenso, una modificazione dello Statu quo anteriore. Tra il programma che si volle concretare nella Nota del 30 dicembre 1875 e la indipendenza assoluta delle provincie insorte si possono infatti concepire altrettante combinazioni intermedie, ciascuna delle quali segna il maximum oltre cui ogni singolo Gabinetto ricuserebbe di procedere. Or bene, esiste a questo riguardo, un concetto già fermo ed irrevocabilmente risoluto nella mente di chi dirige la politica della Monarchia? Quali sono, se veramente siffatto concetto già esiste, i termini in cui lo si possa praticamente esprimere?

Alla E. V. non può sfuggire la importanza capitale del presente quesito, che già adombrai nel mio dispaccio dell'8 di questo mese (1), e che tanto più mi preme di qui riproporle, in quanto che sembra che indarno se ne ricercherebbe la soluzione nelle deliberazioni di Reichstadt. Il Carteggio di V. E. (già mi piacque di notarlo nel dispaccio dell'B) contiene sopra questo soggetto, indizii preziosi.

• Gli insorti sarebbero incapaci, se vittoriosi, di reggersi da soli •, così le diceva il Conte Andrassy nel colloquio che è riferito nel Rapporto del 15 giugno

(n. 486) (2).

• L'Austria-Ungheria si apporrebbe alla annessione della Russia alla Serbia vittoriosa, così opinava V.E. nel rapporto del 27 giugno (n. 489) (3). L'AustriaUngheria non acconsentirebbe mai a che la Bosnia venisse a costituirsi in forma di stato autonomo, sia da sola, sia in unione alla Serbia •, così dichiarava il conte Andrassy tl 3 di questo mese all'Ambasciatore d'Inghilterra (Rapporto del 4 luglio n. 494) (4). • I due sovrani cadranno d'accordo sulla necessità che la Bosnia e l'Erzegovina ottengano la loro autonomia pel Gabinetto di Vienna, sarà una organizzazione amministrativa e Giudiziaria autonoma, politica anche, se vuolsi per l'apparenza impiegare questa parola, ma sempre sotto l'autorità sovrana della Porta; insomma qualche cosa di analogo a quanto fu fatto per Creta,

-o meglio pel Libano •, cosi infine, la E. V. pronosticava (Rapporto dell'8 luglio n. -496) dei risultati probabili del convegno di Reichstadt. A queste manifestazioni ed induzioni varie, che volli qui riprodurre perché esse attestano uno svolgimento progressivo di propositi, subordinato però sempre allo stesso concetto fondamentale, terrà dietro probabilmente tra breve con programma meglio definitio e tale, per cui la Monarchia sia in grado di impegnarsi, quando che sia, in uno scambio ili idee che penetri più addentro nel vivo della questione orientale. E tale programma è appunto ,l'oggetto al quale debbono mirare le nostre ricerche.

Per così delicata ed importante investigazione debbo soprattutto affidarmi alla perspicacia dell'E. V. Imperocché riuscirà sempre malagevole ai Rappresentanti di Sua Maestà presso le altre Corti di procacciarmi, intorno a questo tema, dati concreti; né, quando Le scrissi il mio dispaccio de11'8 luglio, fui in grado di

porgerle altro elemento di raffronto all'infuori della notizia, pervenutami da Parigi, che il Conte Andrassy avrebbe respinto anche l'autonomia puramente amministrativa delle provincie insorte. La quale dichiarazione, qualora si volesse assumerla in un senso strettamente letterale, parrebbe anche escludere il regime candiota ed il regime libanese, che pure, secondo le impressioni raccolte da V. E. sarebbero ammessi da codesto Gabinetto.

ALLEGATO.

ANNESSO CIFRATO

L'échange d'idées quti. s'est ouvert en Juin dernier, sous les auspices de la France, entre la Russie et l'Angleterre, parait toujours se poursuivre. D'après une communication que le Marquis de Noailles m'a faite aujourd'hui, les deux Cabinets seraient meme déjà sur 1e point de s'entendre sur une double solution, à laquelle l'assentiment de toutes les Puissances sauf l'Autriche-Hongrie semblerait désormais acqu1s et dont 1a :réa1isation ne dépendrait plus par {!OIIlSéquent, que des difficultés qui pourraient ,encore étre soulevées à Vienne. Il est donc pour nous du plus haut intéret de savoir à quoi nous en tenir au sujet des vues réelles du Cabinet Austro-Hongrois sur le point qui forme l'objet de ma dépéche d'aujourd'hui.

L'arrangement dont il s'agit, porterait d'abord l'adoption du principe de non intervention, comme règle générale de conduite pour 1es grandes puissances.

L'issue de la guerre fournirait en 'son temps, 1e programme de l'action diplomatique que les grandes puissances ,geraient plus tard appelées à exercer. On fait à cet égard, deux hypothèses. Ou bi·en le Sultan ne réussit pas à dompter la révolte, et en ce cas les puissances interviendraient pour assu11er aux provinces insurgées une situation 'autonome et analogue à celle de 1a Serbie et de la Roumanie; ou bien le Sultan triomphe soit de l'insurreation, soit des Pdncipautés, et en ce cas on appliquerait à la Bosnie et à l'Herzégovline le régime crétois, le statu quo ante bellum restant assuré à 1a Serbie et au Monténégro. L'hypothèse où les Serbes et Monténégrins victorieux refuseraient de dessaisir des provinoes occupées par eux, n'est pas comprise dans les prévisions de l'arrangement. Laissant de coté cette hypothèse spéciale, et en nous bornant aux deux hypothèses vis-à-vis desquelles l'adhésion soit de l'Angleterre, soit de la Russie et de la France, est dès aujourd'hui certaine, ce qu'il faut rechercher, c'est si le Gouvernement Impérial et Royal aurait, le cas échéant, la volonté et la force d'accepter soit l'une, soit l'autre des deux combinaisons susénoncées.

(l) Cfr. n. 231.

(l) -Cfr.n. 229. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 200. (4) -Cfr.n. 220.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. R.R. 73/28. Londra, 13 luglio 1876 (per. il 16).

Quantunque nulla di nuovo sia testé avvenuto riguardo alle condizioni finanziarie dell'Egitto, debbo però esporre alcune osservazioni circa l'importanza da attribuire alla conversazione da me avuta con Nubar Pascià, e della quale io ebbi l'onore di dare un ragguaglio all'E. V. con mio Rapporto del 27 Giugno p.p. (1).

23 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

Io non ignoro la posizione di Nubar Pascià presso il Kedive; io so come egli sia momentaneamente incorso in disgrazia presso quel principe che egli rimprovera di avere vincolato la propria autorità coll'instituzione dei nuovi Tribunali misti, e di avere provocato in Egitto delle riforme che inceppano la libera volontà del Sovrano; per cui è naturale di sospettare che i di lui discorsi si risentano alquanto dalla specie di esilio al quale quell'alto funzionario trovasi tuttora condannato. Ma io non avrei dato tanta credenza alle di lui parole, se desse non venissero in conferma di quanto io ebbi a sapere da altre fonti sicure, e da quanto si poteva conchiudere dalle diverse conversazioni che io ebbi col Conte di Derby. Quel concorso di identiche opinioni su quell'argomento, emesse da uomini seri, dà molto peso alla veridicità delle medesime. Non spettava a me di discuterle poiché, a tal scopo, non ho altri elementi fuorché quelli, tutti concordi che ho potuto raccogliere attorno a me; era però dover mio di rassegnarle alla

E. V. che, meglio di me, potrà apprezzarne il valore. Tuttavia, mi occorre aggiungere che qui, finora, il giudizio portato sugli ultimi accomodamenti finanziari dell'Egitto rimane lo stesso, e nulla è venuto a mutare la poca fiducia che si ha tuttora nell'assestamento di quelle finanze. La riluttanza testé manifestata dal Kedive a sottostare alle sentenze dei nuovi Tribunali, in ciò che riguarda le sue sostanze private, non è di natura a scemare le meno favorevoli impressioni.

In quanto ai sentimenti manifestati dagli Inglesi a nostro riguardo nella vertenza Egiziana, è d'uopo distinguere due parti, cioè: quella che si riferisce alla quistione materiale dei nostri interessi finanziari, e quella che riguarda la nostra propensione verso la politica della Francia, anziché verso quella dell'Inghilterra. Sul primo punto non si muovono osservazioni imperoché non si contesta a chicchessia il diritto e la libertà di tutelare i propri interessi finanziari nel modo che stima più opportuno, e se l'Italia ha creduto che la combinazione

proposta dalla Francia fosse la migliore essa era certamente libera di adottarla senza riguardo a ciò che poteva fare l'Inghilterra. Tuttavia qui si persiste ad essere persuasi che la combinazione Francese fu fatta più nell'interesse particolare di un Instituto di credito di Parigi che in quello della generalità dei creditori. Dirò di più, a questo proposito, che testé un alto funzionario Francese riconosceva che la Francia aveva, in quell'affare, seguito una falsa via ed esprimeva il suo rincrescimento dell'avvenuto.

Sul secondo punto, quello cioè che si riferisce alla politica della Francia nell'Egitto, gli Inglesi sono meno tolleranti. Come più volte io ebbi l'occasione di riferire all'E. V., l'Inghilterra ha gli occhi fissi sull'Egitto, lo considera come uno scalo, assolutamente indispensabile, per le sue comunicazioni colle Indie, al pari di Gibilterra e di Malta; essa, in conseguenza, non ammette in Egitto altra influenza politica che possa contrastarle quella che intende esercitarvi per uno scopo che per essa è vi,tale. Questo è un'opinione generale in Inghilterra, epperciò siccome scorge nella Francia una Potenza che pretende rivaleggiare con essa, non v'è da meravigliare che Qui si prenda in sospetto chiunque sembri sottostare all'influenza Francese.

Non discuto se queste pretese dell'Inghilterra siano o non siano legittime, ma il fatto così sta, e non vi è un Inglese che non consideri come dovere assoluto del suo Governo di conservare ad ogni costo il predominio Britannico sullo Egitto e di trattare come nemico chiunque tenti di asteggiarlo.

Nei aiversi miei Rapporti Riservatissimi ho creduto dover mio di riferire all'E. V. i più minuti particolari di alcune mie conversazioni con diversi personaggi, non occorrerebbe ch'io accennassi che questa non sono destinate a figurare in qualsiasi Raccolta Litografico o Libro Verde che sia. Ma queste raccomandazioni le faccio specialmente per ciò che si riferisce a Nubar Pascià che, essendo mio antico amico, mi ha parlato forse più apertamente che non avrebbe fatto con altri, epperciò le di lui parole non possono essere oggetto di qualsiasi altra comunicazione all'infuori di quella riservatissima che io ne feci a codesto Ministero e più particolarmente all'E. V.

(l) Cfr. n. 201.

248

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, E A PIETROBURGO, NIGRA

T. 331. Roma, 14 luglio 1876, ore 15.

En vue d'une action diplomatique éventuelle de toutes les puissances pour le moment où les événements la rendront opportune, la France a continué ses efforts pour amener une entente entre la Russie et l'Angleterre, sur les bases qui suivent: première hypothèse, impossibilité de la part de la Turquie d'avoir raison des insurgés et des vassaux: en ce cas, la Bosnie et l'Herzégovine recevraient une organisation semblable à celle de la Serbie et de ,la Roumanie.

Deuxième hypothèse, vietoire des tures: on assurerait aux provinces insurgées le traitement crétois, aux Principautés belligérantes le status quo ante bellum. Si vous avez des informations à me fournir sur ce sujet, elles pourront m'etre très utiles. Il serait important de connaitre avant tout si on compte sur l'adhésion de l'Autriche à un pareil programme. Les déclarations du comte Andrassy antérieures à l'entrevue de Reichstadt ne nous autoriseraient pas à l'espérer.

249

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

D. 615. Roma, 14 luglio 1876.

Ebbi occasione, a più riprese, di accennare, nel mio carteggio telegrafico, a negoziati strettamente confidenziali che, a quanto sembra, per iniziativa della Francia si apersero, verso la metà dello scorso giugno, tra l'Inghilterra e la Russia.

In un dispaccio che ebbi a dirigere sotto la data del 28 giugno, al R. Ambasciatore in Berlino (Inc. n. 60 Doc. 414) (l) sono sommariamente riassunte le prime fasi di quelle trattative. Il Governo britannico aveva presentato una for

mula così concepita: • Applicare alla Bosnia ed all'Erzegovina un regime amministrativo analogo a quello di Candia; se questo regime non è accettato dagli insorti, si astengano le Potenze da ogni intromissione, lasciando che i turchi e gli insorti definiscano tra loro la controversia: vincendo gl'insorti, si consenta anche l'indipendenza assoluta delle due provincie; vincendo i turchi, debba tuttavia la

S. Porta accordare alle due provincie insorte il regime candiota •.

Il Governo russo, dal canto suo, accettava in massima questi concetti; solo

escludeva che fosse ineluttabilmente necessaria la guerra, e suggeriva si avesse

a chiedere alla S. Porta di concedere addirittura alle provincie insorte qualcosa

che stesse fra il trattamento cretese e l'indipendenza assoluta come sar,ebbe una

autonomia amministrativa e finanziaria.

Quale accoglimento incontrasse presso il Governo britannico la controproposta russa, non ci constò finora in modo positivo. Solo, per indicazioni fornitemi così dalla S. V. I. come dall'Ambasciatore di S. M. a Vienna, si poté argomentare che il Governo della Regina, conscio della ripugnanza del Gabinetto austroungarico, avesse rinunciato alla prosecuzione del negoziato.

Sopravveniva intanto la dichiarazione di guerra da parte della Serbia e del Montenegro. E questa, mentre escludeva la possibilità di quelle riserve che la Russia aveva suggerito nel caso in cui la Turchia avesse aggredito la Serbia, forniva al Governo del Re l'occasione di manifestare, a somiglianza degli al:tri Governi, il suo proposito di mantenersi ligio al principio del non intervento (!ne. n. 60 Doc. n. 421). Infine, pochi giorni or sono convenivano a Reichstadt i due Imperatori di Russia e di Austria-Ungheria; e dall'altro mio dispaccio d'oggi (l) apparisce come le conclusioni del convegno si concretino nella conferma del principio di non intervento, e nella riserva di accordi ulteriori pel caso in cui lo svolgersi degli avvenimenti rendesse necessaria la intromissione delle Potenze.

Sembra ora che malgrado le ripugnanze incontrate a Vienna, e malgrado gli incidenti sopravvenuti nel frattempo, siasi continuato tra la Russia e l'Inghilterra, auspice sempre il Gabinetto francese, quello scambio d'idee che poteva supporsi interrotto. Sembra anzi che il Gabinetto francese abbia tratto nuovo argomento per condurre innanzi il negoziato con vigoria maggiore dalla proposta che dalla vigilia dell'ostilità era venuta dal Governo britannico perché si facesse dalle Potenze un ultimo tentativo per impedire la guerra. Rispondeva il Signor Duca Decazes essere oramai troppo tardi per scongiurare un fatto divenuto inevitabile; non potere gli offici delle Potenze raggiungere i contendenti sui campi di battaglia; essere però debito delle Potenze stesse di apprestare intanto tra loro quelle eque soluzioni che a tempo debito si potranno mettere innanzi, quando fosse per ridivenire opportuna l'opera della diplomazia.

Sembra che l'insistenza del Governo francese abbia già conseguito un risultato concreto. E' venuto. infatti, ieri da me il Marchese di Noailles comunicandomi una serie di dispacci pervenutigli da Parigi, dai quali risulta come anche dopo scoppiata la guerra, l'azione del Gabinetto di V:ersailles siasi ancora spiegata, non senza effcacia, all'oggetto di conseguire un accordo tra Londra e S. Pietroburgo rispetto alla sostanza della questione orientale.

Volendo, di fronte agli ultimi avvenimenti e segnatamente in presenza della lotta impegnatasi tra la Turchia ed i Principati di Serbia e di Montenegro, stabilire in forma precisa i termini delle proposte alle quali sarebbe oramai acquisita l'adesione del Governo britannico, S. E. il Duca Decazes scrisse, nei primi giorni del mese, al Conte di Harcourt apposito dispaccio, nel quale quelle proposte erano riassunte. Ed il Conte Derby riconobbe che esse corrispondevano ai concetti del Governo della Regina. Questi sarebbero i punti fondamentali delle proposizioni di cui si tratta :

• -Per ora sarebbe definitivamente adottato il principio di non intervento come regola generale di condotta per tutte le Grandi Potenze; • -L'esito degli avvenimenti avrà a determinare il programma della azione diplomatica che di comune accordo esse saranno più tardi chiamate ad esercitare; • -Relativamente a quest'azione diplomatica si fanno due ipotesi: • -l. Se il Sultano sarà condotto dai casi della guerra a riconoscere l'insufficienza dei mezzi di cui dispone per aver ragione così dei due Principati come degli insorti, le Potenze interverranno diplomaticamente per assicurare alla Bosnia ed all'Erzegovina una situazione autonoma ed analoga a quella della Serbia e della Rumania;

• 2. Se invece il Sultano riesce a domare l'insurrezione ed a trionfare della Serbia e del Montenegro, ai due Principati sarebbe dalle Potenze assicurato lo statu quo ante beUum, ed alle provincie insorte la Porta avrebbe ad applicare il regime preteso •.

Accertatosi, come accennai più innanzi, dell'adesione del Governo britannico a questi concetti, il Duca Decazes riferì ogni cosa a Pietroburgo in un dispaccio del 6 luglio, incaricando il Marchese di Noailles, con successivo dispaccio del 9 luglio, di porg,erne comunicazione al R. Governo.

L'assenso del Governo russo non sembrava poter essere dubbio, quando si raffrontino le proposizioni formulate dal Duca Decacuzes con la contropropog,ta che, poco prima della apertura delle ostilità, il Principe Gortchakow apponeva alla primitiva proposta della Gran Bretagna. Le difficoltà maggiori si incontreranno manifestamente a Vienna ove a tutto ciò che riflette lo sviluppo delle nazionalità di razza slava si attribuisce una influenza inevitabile sopra le questioni di politica interiore. A Questo proposito mi preme di qui ricordare, benché si trattasse di colloquio officioso e confidenziale, che il Signor Duca Decazes alludeva, nel discorrere con la S. V. il 5 di questo mese, alla opposizione del Gabinetto viennese in termini tali che parrebbero rivolgere nel veto dell'Austria Ungheria anche una autonomia puramente amministrativa. Se veramente fossero ancora così assoluti gli intendimenti del Governo Imperiale e Reale, appena potrebbe sperarsi sul consenso suo alla proposizione riflettente la seconda ipotesi, certo sarebbe vano sollecitarlo per la proposizione spettante alla prima. Ma anche astrazione fatta dalla recisa affermazione che Ella raccolse dal labbro del duca Decazes, non possiamo dissimularci che gli indizi somministratici dal R. Ambasciatore a Vierìna condurrebbero a conclusione non molto diversa. In un colloquio che il Conte di Robilant ebbe il 19 giugno scorso, col Conte Andrassy, que

sti discorreva della prima proposta britannica, e non esitava a dichiarare destituito d'oggi carattere pratico il programma dell'assoluta astensione, essendo, per suo avviso, incapaci gli insorti, se vittoriosi, di organizzarsi e reggersi da soli,

ed incapace la Turchia di frenarli, se a lei arridesse la sorte delle armi. E questo stesso concetto ribadiva il Conte Andrassy pochi giorni di poi 3 luglio, in forma ancor più signtficativa, dichiarando all'Ambasciatore d'Inghilterra che l'Austria Ungheda non acconsentirebbe mai che la Bosnia venga a sostituirsi in uno Stato autonomo, sia da sola che in unione alla Serbia. Ed in data ancor più recente (8 luglio) (l) il R. Ambasciatore pronosticando dei risultati probabili del convegno di Reichstadt, raffigurava, rispetto a questo lato della questione, il pensiero del Governo austro-ungarico in termini che mi giova qui riprodurre:

• I due Sovrani cadranno d'accordo sulla necessità che la Bosnia e l'Erzegovina, qualunque sia per essere il risultato della presente lotta, ottengano la loro autonomia; ... pel Gabinetto di Vienna sarà un'organizzazione amministrativa e giudiziaria autonoma, politica anche se vuolsi per l'apparenza impiegare questa parola, ma sempre sotto l'autorità sovrana della Porta; insomma qualche cosa di analogo a quanto già fu fatto per Creta, o meglio ancora pel Libano dove esiste una specie di controllo delle Potenze •.

Apparisce insomma dal carteggio del Conte di Robilant che probabilmente il Gabinetto di Vienna vorrà arrestarsi al regime candiota od al regime Hbanese, non mai s'indurrà ad accogliere così radicale concetto qual'è quello cui si informa la proposizione formulata dal Duca Decazes per la ipotesi dell'insurrezione vittoriosa.

Intorno a questo punto, che a nostro avviso, è il nodo della quistione, le impressioni del Gabinetto di Versailles parrebbero aver subito dopo il colloquio che la S. V. ebbe il 5 di questo mese col Duca Decazes, una notevole modificazione. Imperoché nel dispaccio diretto a Pietroburgo (che reca, come già dissi, la data del 6 luglio), il Duca Decazes si esprime in termini tali dai quali parrebbe risultare che secondo le notizie giunte a Parigi, l'Austria Ungheria si opporrebbe bensì in modo assoluto all'annessione della Bosnia alla Serbia, ma la repugnanza del Governo Imperiale, argomentandosi dal modo in cui è manifestata, verrebbe meno quando si trattasse di concedere alla Bosnia una situazione autonoma. Questo sarebbe anzi il giudizio che l'Ambasciatore di Francia a Vienna avrebbe recato su tale soggetto, dopo i suoi più recenti colloquii col Conte Andrassy.

All'infuori da questa dubbiezze circa gl'intendimenti dell'Austria, è pure

notevole che tra le previsioni enunciate nel carteggio del Duca Decazes non figu

ra in alcun modo la ipotesi in cui i Serbi ed i Montenegrini, dopo aver ottenuto

colla vittoria il possesso di tutto o di parte del territorio della Bosnia e dell'Erze

govina, ricusino di ritirarsi entro i limiti delle loro antiche frontiere. Una siffatta

eventualità, qualunque ne sia il grado di possibilità, porrebbe, manifestamente,

le Grandi Potenze in non lieve imbarazzo.

Alla comunicazione del Marchese di Noailles risposi con parole di compiacimento. Mi limitai a notare che tra la duplice previsione e la duplice soluzione,

così come furono le une e le altre formulate, interceda anche per nostro avviso, quel nesso logico che si richiede in così gravi materie. Ciò che preme, intanto, di accertare si è quali siano di fronte a queste nuove proposi:zJioni le disposizioni del Gabinetto Austro-Ungarico, ed il compito ne spetta soprattutto ai Gabinetti che ebbero parte principale in questo negoziato.

(l) Cfr. n. 202.

(l) Non pubblicato.

(l) Cfr. n. 231.

250

L'INCARICATO D'AFFARI A BERNA, MARTUSCELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 288. Berna, 14 luglio 1876 (per. il 18).

Dal R. Consolato in Ginevra io ero stato informato, come l'è stata l'E. V., del,le mene degli Internazionalisti che anche qui hanno cercato di formare una Sezione Italiana.

Benché non annettessi grande importanza al fatto, contando sul buon senso dei nostri Operai pure ad ogni buon fine ebbi occasione di intrattenerne S. E. il Presidente della Confederazione il quale mi disse sapere, invero, che fra gli aderenti all'Internazionale in !svizzera noveravansi dopo i Tedeschi molti Italiani. Se non che riteneva egli non essere qui propizio il terreno per manovre sovv,ersive.

Or domenica scorsa gli operai erano riunti nella Cappella venuta su dopo che i Vecchi Cattolici hanno preso l'antica Chiesa con grave ingiustizia perché non in maggioranza fra i Cattolici del Comune di Berna, e mentre si celebrava la Messa venne distribuito su Cartoline volanti, l'una delle quali mi reco a dovere di trasmettere qui acclusa (1), un appello agli Italiani per riunirsi il giorno stesso nell'albergo del Cavallo Bianco. Posso però informare l'E. V. che mi si assicura niuno dei nostri essersi visto a~ Convegno, ed è quindi da sperarsi che con gli avvertimenti avuti e col buon senso degli operai gli agitatori r~n riusciranno a far breccia sui nostri i quali col venir qui sanno bene di trovarsi in contraddizione con coloro che appunto li vogliono distrarre dal retto sentiero, poiché se il prezzo del lavoro andasse, come dicesi, veramente diminuendo non avrebbero che a restare in Italia, mentre la giornata di un semplice manuale varia qui da 3,40 a 5 franchi, e benché la vita sia più cara che da noi, trovano modo di mandare, come dissi altra volta, i loro risparmi alle loro famiglie.

In ogni modo terrò al corrente l'E. V. di q11anto potesse, per avventura, esser degno di nota circa le mene dell'Internazionale specialmente a riguardo dei nostri i quali finora per la sobrietà della vita e per l'assiduità al lavoro meritano ogni elogio, a giudizio stesso degli !svizzeri che li adoperano.

(l) Non si pubblica.

251

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE DESTINATO A PARIGI, CIALDINI

D. 26. Roma, 15 luglio 1876.

Non ispenderò molte parole per dimostrare all'E. V. come gli avvenimenti del 1870 modificassero profondamente il sistema della politica europea. Ella sa che in essi vuolsi ricercare la cagione prima della situazione reciproca in cui trovansi presentemente i Grandi Stati. Quelli che insieme all'Italia si lusingarono, nell'interesse stesso del vincitore che non sarebbero stati imposti alla Francia gravi sacrifizi territoriali, ebbero chiaro il concetto di ciò che sarebbe per nascere quando a qualunque interesse politico generale avrebbero costantemente sovrastato, dal lato di Francia il pensiero della rivincita, da quello di Germania la convinzione di poter trovare la propria sicurezza soltanto nella debolezza e nell'isolamento del Governo di Parigi. Dal giorno in cui questa situazione è stata creata in Europa, la politica di due fra i maggiori Stati ha perduto quel carattere di assoluta libertà che è condizione precipua e necessaria della loro azione influente sulle quistioni d'interesse comune. E gli altri gabinetti tennero in ogni occasione fissi gli occhi sopra una condizione di cose che in piena pace costituiva un permanente gravissimo pericolo di guerra. Quanto questo contrasto nella politica di due grandi Stati abbia potuto nuocere alla solidarietà degli interessi delle potenze nelle grandi quistioni ,europee, appena è mestieri ricordare. L'opera del Gabinetto di Berlino si trovò facilitata dalle ripetute e gravi imprudenze colle quali la Francia, prima di acquietarsi nel regime di settennato, sembrò favorire essa stessa la politica che ha per iscopo principale il suo isolamento.

Allo spettacolo delle imprevedute, rapide ed immense rovine che travolsero il secondo impero napoleonico e la fortuna di una grande Nazione, impararono i popoli ed i Governi a meglio librare i veri, proprii e diretti interessi con i rischi della guerra moderna. E la politica dei grandi Stati ne ebbe un'impronta speciale poiché una circospezione prima d'ora inusitata e forse non totalmente disgiunta da un sentimento di reciproca diffidenza, s'impose come regola generale di condotta a tutti i Gabinetti. I popoli ed i loro reggitori si accorsero che per ~offetto della solidarietà dei grandi interessi sociali ed economici esistente fra tutte le Nazioni, le conseguenze delle grandi catastrofi politiche e finanziarie oltrepassano le frontiere del paese vinto. E di qui il bisogno di pace da tutti vivamente sentito al quale sembrò contrastare la sola Francia e che favorì conseguentemente il compimento del disegno germanico. Le alleanze si aggrupparono in fatti intorno a quello dei due grandi Stati rivali che dai benefici della pace spera maggiori vantaggi e così nacque la potente lega dei tre Imperi, alla quale la Conferenza di Londra appianò la via col prosciogliere la Russia dalla seiWitù impostale in Mar Nero per effetto del Trattato del 30 Marzo 1856. Parve infatti che, data alla Russia la soddisfazione da tanto tempo agognata, i tre Imperi potessero per lungo periodo d'anni riposarsi nello statu qua creato dagli avvenimenti, e la non alterazione del medesimo divenne il programma della loro unione, programma negativo che, mentre lasciava aperto l'adito a tutte le Potenze

che vi volessero accedere, assicurava però alla Germania l'indiretta guarentigia delle attuali sue frontiere.

L'Italia, sino da auando nei ripetuti convegni dei tre Imperatori si formò la lega che tuttora sussiste, fu informata che quella alleanza nulla avea di esclusivo e che il suo scopo essenzialmente pacifico permetteva a tutti gli Stati interessati al mantenimento della pace, di aderire alla politica inaugurata dai tre Imperatori. Malgrado le diffidenze che questo importante fatto politico dovea naturalmente suscitare presso alcuni Stati d'Europa, l'esperienza degli ultimi anni ha dimostrato che anche degli accordi puramente negativi possono contribuire potentemente al conseguimento dello scopo sovr'indicato. Sebbene non impegnata da alcun accordo formale, l'Italia si trovò moralmente associata alla lega dei tre Imperatori, anche per il fatto delle relazioni ognor più intime che si sono stabilite fra il nostro Re e gli Imperatori di Germania e d'Austria-Ungheria nelle visite scambiatesi fra i tre Sovrani. Questo posto ·era assegnato al nostro paese e dai suoi proprii interessi e dall'obbligo suo contratto verso tutta l'Europa di essere per essa un potente elemento di pace.

Rimase invece estranea alla lega l'Inghilterra la quale, sia per naturale opposizione d'interessi colla Russia, sia per una eccessiva applicazione della politica di astensione nelle quistioni delle Potenze continentali, preferì porsi da sé medesima in uno stato di quasi perfetto isolamento. Come questa politica del Gabinetto di Londra fosse :la causa principale del disfavore in cui cadde il Ministero Gladstone importa qui accennare unicamente perché questa circostanza può dare la spiegazione di parecchi atti recenti del Gabinetto che a quello è succeduto, atti che altrimenti riuscirebbero quasi inesplicabili.

Vi ha però fra l'isolamento volontario dell'Inghilterra e quello in cui la Germania ha ridotto la Francia, una grandissima differenza la quale è costituita dalla diversità dei sentimenti che a Berlino si professano fra le due Nazioni. Mentre infatti sta fisso per la Germania lo scopo d'impedire che la Francia trovi un alleato in una delle grandi Potenze militari, lo stesso Gabinetto di Berlino in più occasioni ha dimostrato di non voler trascurare l'amicizia della Gran Bretagna forse in vista di eventualità future. Tanto nell'incidente sollevato per i pretesi eccessivi armamenti francesi, quanto negli altri che producessero per un momento una certa .tensione nei rapporti dell'Impero tedesco col Belgio, si è potuto chiaramente osservare che intendimento del Gabinetto di Berlino è di non urtare il sentimento pubblico del popolo inglese.

È in questo stato di cose che scoppiò il conflitto che da più mesi tiene agitata l'Europa per le sorti dell'Impero Ottomano.

Le difficoltà che la quistione orientale avrebbe potuto creare al sistema politico inaugurato colla lega dei tre Imperatori, non erano imprevedute per il Gabinetto di Roma. Gli interessi divergenti della Russia e dell'Austria in tutto ciò che si attiene alle quistioni degli Slavi del Sud avrebbero bastato per mettere ad assai dura prova una lega che aveva soltanto un programma negativo. Ma ad impedire che da una situazione assai delicata nascessero palesi conflitti, ha vegliato finora con esito favorevole il Gabinetto di Berlino e l'Italia, dal canto suo, si è adoperata ad assecondarlo, persuasa che seguendo questa via, tutelava gli interessi che le sono più cari, quelli cioè della pace d'Europa.

Lo svolgimento che ebbero gli ultimi avvenimenti risulta dalle comunicazioni che V. E. troverà negli archivi dell'Ambasciata di Parigi. La parte che vi prese l'Italia Le farà palese che il Governo del Re ha continuato senza interruzione quella politica che, approvata dall'opinione pubblica in Italia, fu confermata dalle dichiarazioni fatte dal nuovo Ministero innanzi al Parlamento.

Lo aver seguito nelle quistioni d'interesse generale la politica dei tre Imperi non fu causa che s'interrompesse fra il Governo del Re ed il Gabinetto di Versailles uno scambio di amichevoli comunicazioni quale si conviene fra due Stati limitrofi che possono avere qualche divergenza di idee sovra alcuni punti, ma che sentono l'uno e l'altro ugualmente il bisogno di vivere in intimo accordo. E finché l'opera dei Gabinetti, in presenza delle difficoltà della questione orientale, si limitò a dar consigli di moderazione e di pace, a suggerire riforme amministrative, a provocare provvedimenti in favore delle popolazioni della Bosnia e dell'Erzegovina, l'Italia ebbe la soddisfazione di vedere che la sua azione si trovava sempre e senza esitazione associata a quella del Gabinetto francese. Ma la situazione si è alquanto modificata dopoché la guerra scoppiata fra la Turchia ed i Principati di Serbia e di Montenegro, allargò notevolmente i termini della quistione. Ai semplici consigli, alle esortazioni, ai suggerimenti, i Gabinetti delle Potenze trovarono necessario di accopiare una più positiva dichiarazione della linea di condotta politica che ciascuna di esse intendeva seguire.

Alla proposizione della Russia di dichiarare che le Potenze adotterebbero la politica del non intervento, la Francia rispose affermativamente vari giorni prima che noi fossimo in grado di prendere una risoluzione. Non è già che l'Italia nutrisse alcun progetto contrario a siffatta dichiarazione; ma, nella posizione da noi presa e mantenuta rispetto ai tre Imperi, una risoluzione sarebbe riescita intempestiva finché non ci fosse nota con sicurezza l'acquiescenza dell'Austria e della Germania alla proposizione del Gabinetto di Pietroburgo. Né qui si arresta la differenza sensibile che passa fra la politica dell'Italia nelle circostanze presenti e quella che il Duca Decazes ha seguito negli ultimi tempi. Nei dispacci del Ministero dall'Incaricato d'affari di Sua Maestà a Parigi si trovano le indicazioni precise dell'azione del Gabinetto di Versailles tendente a prestabilire degli accordi fra Londra e Pietroburgo per il momento in cui le Potenze, od almeno alcune di ,esse, trovassero opportuno di intervenire diplomaticamente. Non spetta a noi lo investigare se in questa condotta della Francia predomini l'interesse di evitare un conflitto fra la Russia e l'Inghilterra oppure se tale condotta abbia un secondo fine della sperenza che il Gabinetto di Versailles può aver concepito di approfittare dell'occasione presente per rompere la lega che tenne la Francia fin qui isolata e preparare una eventuale alleanza di quest'ultima colla Russia. Il certo è che mentre a Berlino e a Roma l'attenzione è rivolta principalmente ad ademdire un conflitto d'interessi fra la Russia e l'Austria-Ungheria, del pericolo di un tale conflitto non sembra preoccuparsi ugualmente il Gabinetto di Versailles.

Il Governo di Sua Maestà non disconosce di quanta importanza sia il rassicurare l'Inghilterra sulle conseguenze finali della lotta in cui è impegnato l'Impero ottomano. Se il Gabinetto di Londra potrà essere completamente rassicurato, svaniranno i timori che i poderosi suoi armamenti navali nel Mediterraneo hanno fatto concepire per l'Egitto. L'Italia è essa stessa troppo interessata nelle

quistioni del Mediterraneo per non dividere colla Francia il desiderio di vedere allontanata qualsiasi causa di mutazione nello statu quo dei possessi ottomani nel Nord dell'Africa. Questo nostro interesse si estende anche alla Reggenza di Tunisi e se esso ci pose taluna volta in condizione di dover contrastare a certe tendenze che avrebbero favorito la preponderanza della Francia nella Tunisia, la nostra azione diplomatica a Tunisi come altrove non ebbe mai altro intento forché quello di conservare la posizione politica della Reggenza nel suo stato attuale. Se a V. E. venisse fatto di scorgere che a questo riguardo esistano nel Gabinetto di Versailles delle prevenzioni non giustificate dallo scopo che noi ci siamo ognora proposti, Ella potrà rettificare tale erronei giudizi i quali potrebbero influire sfavorevolmente sull'intimità delle nostre relazioni con il Governo francese.

Le cose fin qui esposte bastano certamente per dare a V. E. una norma sicura per la condotta da tenere col Governo presso il quale Ella è accreditata. Se la riserva che ci è imposta dalla speciale nostra posizione rispetto alle altre Grandi Potenze deve renderei assai cauti nello associare la nostra azione a quella separata di alcune di esse, quella stessa nostra posizione ci consiglia di mantenerci in rapporti intimi ed amichevoli con tutti i Governi, in guisa che le nostre intenzioni non possano essere sospettate e la nostra azione possa liberamente svolgersi a vantaggio di quegli interessi che l'opinione pubblica in Italia c'impone di tutelare e che soli possono nelle presenti condizioni finanziarie, economiche e politiche del paese assicurarne l'avvenire.

252

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 80. Roma, 15 luglio 1876.

L'Incaricato d'Affari Ottomano è venuto nella giornata di jeri a comunicarmi un telegramma della Sublime Porta relativo alla chiusura del porto di Klek.

Il telegramma recava, in sostanza, che il Governo Austro-Ungarico ha risoluto di chiudere tutti gli scali di Dalmazia, compreso quello di Klek; che la Sublime Porta ravvisa in auesta risoluzione un provvedimento disastroso per le truppe ottomane che operano in Erzegovina, poiché, chiusi oramai gli sbocchi per Stolatz e per Gatzko, non potranno più rifornirsi per alcuna via; e che la deliberazione del Gabinetto di Vienna sembra inconciliabile con la dichiarazione di non intervento, in quanto che la chiusura di Klek assicura 'la vittoria della insurrezione ed implica la distruzione della parte Musulmana ed anche della parte cattolica della popolazione erzegovese. Era, pertanto, fatto urgente invito all'Incaricato d'Affari ottomano di presentarsi a me, affinché il R. Governo voglia manifestare in proposito la sua opinione e fare officii opportuni a Vienna.

Risposi al Signor Chryssidi che avrei chiesto al R. Ambasciatore presso il Governo Austro-Ungarico informazioni atte a chiarire la questione; locché mi sono affrettato a fare per la via telegrafica.

Egli è manifesto che la situazione si è fatta difficile, rispetto al presente incidente dopoché l'Ambasciatore Austriaco (così la S. V. Ill.ma mi ha telegrafato) ebbe a dichiarare irrevocabile la chiusura di Klek. Per quanto, poi, ci concerne più specialmente è anche a notarsi che l'Italia si trova, rimpetto all'Austria-Ungheria, in una posizione assai delicata. Il Gabinetto di Vienna ha, infatti, motivato presso gli altri Governi, la chiusura dei porti di Dalmazia, allegando le condizioni particolari di quella provincia. Nella comunicazione a noi diretta dal Gabinetto di Vienna era detto soltanto che, volendosi far prova di imparzialità, era stata simultaneamente ordinata la chiusura delle bocche di Gattaro e quella del forte di Klek. Il riserbo in cui si tenne a questo riguardo, rispetto a noi, il Governo Austro-Ungarico impone a noi l'obbligo di non minore circospezione.

Forse la Turchia fu troppo corriva nel disinteressarsi, come fece, dalla quistione relativa alla libertà di navigazione nella baja di Klek, quando in tempo di piena pace, le sarebbe stato più agevole rivendicare i propri diritti. Dovrebbe ora comprendere la esitazione delle Potenze neutrali nello impigliarsi in questione così delicata. E, per quanto ci spetta, egli è ovvio che, se le condizioni della Dalmazia sono realmente, per il Governo Imperiale e Reale, un soggetto di inquietudine, l'Italia deve andare vieppiù guardinga nel muovere passi che, senza ragione, susciterebbero a Vienna spiacevoli sospetti, e nuocerebbero, anziché giovare, allo scopo cui mira la Sublime Porta nello invocare i nostri uffici.

253

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

D. 10. Roma, 15 luglio 1876.

Con telegramma di jeri (l) feci conoscere a V. E., in termini sommari, una duplice proposizione, intesa a comporre eventualmente il problema orientale, la quale formulata dal Gabinetto di Versailles, avrebbe già assenziente il Gabinetto britannico, e sarebbe ora sottoposta alla Russia dapprima e indi alle altre Potenze. Invio oggi, qui unito, a V. E. una copia del dispaccio che jeri diressi sopra questo soggetto al R. Incaricato d'affari in Parigi (2) e nel quale la combinazione di cui si tratta è riassunta in ogni suo particolare.

Secondoché è notato nel dispaccio qui acchiuso il nodo della questione consiste precipuamente nelle disposizioni dell'Austria-Ungheria, le quali, se dobbiamo argomentare dalle dichiarazioni recenti del Conte Andrassy, non parreb

bero favorevoli a disegni implicanti anche solo l'autonomia amministrativa della Bosnia e dell'Erregovina. E benché i'l compito di tali indagini spetti piuttosto alle Potenze che ebbero parte principale nel negoziato di cui qui si tratta, ho tuttavia pregato V. E., per l'importanza eccezionale dell'argomento, di volermi sollecitamente fornire tutti quei dati che, a tale riguardo, le venisse fatto di raccogliere.

(l) -Cfr. n. 248. (2) -Cfr. n. 249.
254

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 12. Pietroburgo, 15 Luglio 1876 (per. il 21).

Pel caso in cui l'E. V. non ne fosse stata informata d'altra parte, mi pregio c'li riferirle quanto è pervenuto a mia notizia intorno all'accoglienza fatta dal Gabinetto di Londra alla controproposta del Principe Gortchakow della quale le scrissi da Ems. Il Principe Cancelliere aveva risposto alle entrature del Conte di Derby proponendo una modificazione alle idee espresse dal Capo del Foreign Office sulle basi seguenti. Le provincie insorte di Bosnia e di Erzegovina avrebbero l'autonomia amministrativa e tributaria, ma continuerebbero ad essere vassalle della Suplime Porta. Questo programma proposto dalla Russia all'Inghilterra prima dell'apertura delle ostilità, escludeva quindi la formazione di un principato indipendente di Bosnia e di Erzegovina ed escludeva parimenti ogni idea di annessione delle due provincie al Principato di Serbia o a quello del Montenegro. Su questi due punti si sarebbe del resto presentata come ostacolo previsto, l'opposizione recisa del Governo Austro-Ungarico il quale non ammetterebbe né la costituzione di un nuovo Principato slavo indipendente sulla sua frontiera, né l'annessione delle provincie turche insorte alla Serbia. Ora mi risulta, da quanto mi disse qui Lord Loftus, che il Conte di Derby avrebbe in massima accettato per parte sua le idee in tal guisa formolate dal Principe Gortchakow senza entrare però in una discussione considerata come immatura intorno ai particolari ed all'applicazione di tale programma. Lord Loftus è d'avviso che il Governo Austro-Ungarico potrebbe aderire a questo modo di vedere.

Senonché ora la questione è entrata in una fase n~vella colla dichiarazione di guerra e colle ostilità cominciate dalla Serbia e dai Montenegro contro la Turchia. I due Principati slavi e sovratutto la Serbia gettando il guanto alla Turchia in difesa delle provincie insorte, comeché possano svolgere gli eventi della guerra, eserciteranno sulle popolaZiioni turche della loro razza e della !oro religione, un'attrazione che può diventar tosto o tardi invincibile. La soluzione che prima del conflitto sarebbe stata possibile con l'accordo unanime dei grandi Stati d'Europa diventa ora assai problematica anche con questo accordo, e se vi è qualche probabilità che possa ancora riescire, farebbe d'uopo che le Potenze si risolvessero ad imporla senz'indugio e prima che la lotta si estenda ad altre provincie e vada forse a battere alle porte di Costantinopoli. Intanto

ferve il conflitto senza che finora si sappia in modo preciso da qual parte inclini la fortuna delle armi. Devo constatare, ciò che certamente non giunse ignoto all'E. V., che l'opinione pubblica in Russia si pronunzia, come è naturale, ogni dì più in favore degli insorti e dei serbo-montenegrini, benché il Governo I:nperiale osservi lealmente il principio del non intervento.

255

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 501. Vienna, 15 luglio 1876.

La chiusura del porto di Klék che mi feci premura di annunciare telegraficamente all'E. V., impressionò vivamente l'opinione pubblica tanto in Austria quanto in Ungheria, poiché non a torto si credette ravvisar in quel fatto una conseguenza immediata degli accordi presi a Reichstadt, cioè una concessione fatta alla Russia a danno della Turchia. La Borsa di Vienna salutò quella disposizione con un sensibile ribasso che però non durò oltre le 24 ore. Evidentemente la Porta che non ebbe mai ad ammettere il diritto dell'Austria di permettergli o rifiutargli il passo delle acque di Klek protesterà, ma di questa sua protesta non verrà tenuto conto; siccome già ebbe a farsi in altre analoghe circostanze. Contemporaneamente venne proibito in tutti i porti Dalmati compresa le Bocche di Cattaro lo sbarco di materiali da guerra di qualsiasi genere e per qualunque destinazione. Molto probabilmente questa misura non si estenderà alle spedizioni della Croce-Rossa, sembra però ch'esse saranno soggette ad una più o meno scrupolosa visita, onde accertarsi che con tal mezzo né i Montenegrini né gl'insorti abbiano a ricevere armi o munizioni da guerra.

Non mtnore impressione del pari, desta in questi giorni il movimento prodottosi nei Cattolici della Bosnia, nel senso dell'annessione di quella Provincia all'Austria.

Sembra fuor di dubbio, che un tal fatto sii opera dei numerosi frati Francescani sparsi nella Bosnia, che ciecamente obbediscono all'Arcivescovo Strossmayer.

Devo però dire, che poco gradito riesce qui quel movimento poiché sta sempre di fatto che il Gabinetto di Vienna pienamente appoggiato in ciò dall'opinione pubblica, è avverso del pari all'annessione di nuovi popoli Slavi come alla loro costituzione autonoma alla sua frontiera. Intanto continua la guerra al confine Turco-Serbo, senza rilevante risultato fin qui né per una parte né per l'altra. • Non credevamo incontrar simil resistenza nell'esercito Turco • dicevami ieri il signor Zukitch Agente Serbo in Vienna. È poi anche evidente che i Serbi s'aspettavano acché alla loro dichiarazione di guerra, tenesse immediatamente dietro un potente risveglio dell'insurrezione nella Bosnia e particolarmente nella Bulgaria, fatto che non ebbe fino ad ora a verificarsi. Potrebbe

darsi che prima che questo mio rapporto pervenga all'E. V., il telegrafo abbia ad annunciarle una battaglia o per lo meno un grosso scontro più decisivo di quelli che ebbero luogo fin qui, tale insomma da mutare l'attuale situazione, ciò non di meno parmi fosse dover mio il riferirle quale essa mostrasi al giorno d'oggi.

256

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 270. Terapia, 16 luglio 1876 (per. il 25).

Pel rapporto ch'ebbi l'onore di rivolgere all'E. V. il 14 corrente n. 269 della presente serie (1), ebbi a riferire la comunicazione fatta dall'Ambasciatore Austro-Ungarico alla S. Porta rispetto alla determinazione presa dal Governo Imperiale di chiudere il passaggio marittimo che conduce al porto di Klek. Vengo ora ad aggiungere alcuni ulteriori ragguagli che mi venne fatto di raccogliere sulla materia.

Il Conte Zichy nel fare auesta comunicazione dichiarava la misura in discorso essere conforme alla posizione di neutralità che il Governo Imperiale intendeva assumere nella lotta tra la Turchia ed il Montenegro; per le quali parole per la prima volta l'Austria dichiarava riconoscere il Montenegro come parte belligerante.

L'annuncio di questa comunicazione produceva naturalmente una viva impressione in questi circoli diplomatici. Quest'impressione veniva poi in me aumentata da quello che trassi di poi da fonti autentiche. Seppi infatti che la risoluzione in discorso era stata presa d'accordo tra i due Imperatori al convegno di Reichstadt, ed essendomi noto che il Principe Gortchakow, nell'andare a Reichstadt, era passato per Berlino onde conferirvi col Principe Bismark, non dubitai che la misura fosse il risultato di un accordo fra i tre Imperi.

Seppi del pari, in modo confidenziale, che il Principe Gortchakow aveva telegrafato questa notizia al Generale Ignatiev, aggiungendo che i due Imperatori erano perfettamente intesi pel presente e per le eventualità a venire, di modo che la chiusura di Klek non era che il primo passo nella nuova via convenuta fra di essi.

È pure venuto a mia conoscenza che il Cancelliere Russo telegrafava in pari tempo in chiaro allo stesso Ambasciatore i due Imperatori essere convenuti d'astenersi da ogni intervento, nelle presenti vicende della Turchia, quando fia d'uopo le Potenze Cristiane s'intenderebbero sulle misure da prendersi. E questo telegramma (ne unisco copia al presente), essendo spedito in chiaro, turbava alquanto le menti di questi Ministri i quali vi scorgevano la minaccia da parte

di quei Governi di escludere la Turchia dalle deliberazioni che sarebbero per seguire. Il Gabinetto di Russia, dacché ha adottato il sistema d'astenersi dall'esercitare alcuna influenza sugli atti del Governo Ottomano, s'appigliò a questo mezzo dei telegrammi spediti in chiaro al suo Ambasciatore per fare le sue comunicazioni alla S. Porta.

Questi fatti, uniti ad altri indizii, mi avevano già data la convinzione che i tre Imperi avevano stabilito un accordo più concreto che per lo passato sulle cose d'Oriente. Ebbi poscia conoscenza del senso di questo accordo insieme col grato annuncio che le Potenze Occidentali partecipavano interamente ad esso; né mi farò a riferirne i dettagli all'E. V. la quale deve necessariamente averne più esatta contezza.

La S. Porta era dunque assai commossa per la comunicazione fattale dal Conte Zichy. Essa indirizzava caldi officii al suo Rappresentante a Vienna, nonché a quelli presso le altre Potenze Garanti, affine di ottenere, se era possibile, la rivocazione della misura. Però il Cancelliere Austro Ungarico rispondeva senza indugio al Principe Vogorides per Nota Verbale non poter rivenire sopra una determinazione che era dettata dalla necessità della situazione, né violava in alcun modo principii di neutralità. In questa comunicazione era menzione non solo del Montenegro, ma anche della Serbia. La S. Porta prendeva allora senz'altro la risoluzione di ordinare alle navi che già si trovavano in cammino per Klek di recarsi invece ad Antivari.

Nel Consiglio Straordinario che radunavasi ieri alla S. Porta il Gran Vizir annunciava la comunicazione fattagli a nome del Governo Austro-Ungarico, ed aggiungeva la S. Porta sapere ora che non aveva solo a combattere la Serbia ed il Montenegro, ma eziandio un'altra Potenza la quale si mascherava dietro a quelle. Un'altra versione gli farebbe dire due altre Potenze invece di una, e questa mi parrebbe la più verosimile. Lascio a V. E. d'interpretare il significato di quelle parole che mi vengono riferite da troppo buone fonti per dubitarne.

Mentre queste cose seguivano alla S. Porta, qualcuno iva a riferire all'Ambasciatore Austro-Ungarico la flotta Inglese aver salpato da Bessica prendendo la direzione di Klek. Che Sir H. Drummond avesse lasciato quelle acque colla flotta era un fatto, epperò quell'annuncio cagionava al Conte Zichy sufficiente inquietudine perché ne riferisse immediatamente al Generale Ignatiew pregandolo di verificare il fatto all'Ambasciata Inglese. Ed il Generale rivolgevasi indi a me per tale, missione. Essendomi infatti trasferito senza indugio a questo scopo presso Sir H. Elliot, questi mi rispondeva siffatta voce essere completamente falsa, la flotta esser partita per una escursione di tre o quattro giorni,

a. quell'ora trovavasi probabilmente già di ritorno a Bessica. La quale risposta

io comunicava senz'altro ai miei Colleghi. Ho l'onore di qui compiegare un articolo in cifra.

ANNESSO CIFRATO ALLEGATO

V. E. connait la ferme opposition que l'Autriche ferait à l'agrandissement de la Serbie et la formation d'un fort état slave. Le Général Ignatieff pense que dans le cas de ,succès des serbes, on pouvait peut-etre trouver une transaction sur la base de l'annexion de la Croatie turque à l'Autriche et du reste de la Croatie à la Servie. Le Général Ignatieff continue à garder le plus grande réserve. Au Grand Visir, qui lui fit demander pourquoi il n'allait le voir, il fit répondre que autrefois on mettait sur son dos toutes les fautes de la Turquie et maintenant il voulait la voir en commettre pour son compte.

(l) Non pubblicato.

257

IL SEGRETARIO GENERALE DEGLI ESTERI, TORNIELLI ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 394. Roma, 17 Luglio 1876.

Il Governo rumeno ha riassunto in un Memorandum le questioni pendenti colla Sublime Porta, delle quali vorrebbe sollecitare, presso quest'ultima la soluzione, e del Memorandum stesso porge comunicazione alle Potenze garanti, pregandole di manifestare in proposito la loro opinione.

L'assenza momentanea di un Agente rumeno in Roma, fu cagione per cui il Governo rumeno limitassi, per ora, rispetto a noi, aHa comunicazione ufficiosa del documento per mezzo del R. Agente a Bukarest. Il Governo germanico, invece, ha già ricevuto comunicazione officiosa del Memorandum ed in questi giorni è venuto da me il Signor de Keudell con un dispaccio del suo Governo, nel quale è espresso il desiderio di conoscere, sopra questo soggetto, l'avviso del Gabinetto Italiano. Il Signor di Keudell non aveva incarico di manifestare, circa il Memorandum rumeno, giudizio od apprezzamento alcuno.

Egli è certo che se tutte le questioni accennate nel Memorandum fossero risolute nel senso desiderato dalla Romania, il Principato verrebbe a trovarsi nella posizione di uno stato indipendente, anche verso la Sublime Porta, alla quale sarebbe soltanto continuato il pagamento del tributo, tenue corrispettivo della guarentigia internazionale che i trattati assicurano al territorio rumeno. Alcune delle quistioni svolte nel Memorandum hanno, invece, importanza minore, e da gran pezza avrebbero potuto essere risolute se la Turchia non si fosse sempre mostrata assai restia a cedere, anche in materia di pura forma. Così è ad esempio della questione relativa al titolo di Rumania che ìl Governo Principesco da gran tempo viene indarno invocando. Ad ogni modo, però, alla discussione dei singoli punti sovrasta ora una questione di opportunità, che non sembra potersi risolvere in senso favorevole alla Rumania, alla iniziativa del Governo Principesco non è probabilmente estranea la speranza che la Sublime Porta sia assai più arrendevole nelle presenti contingenze. Volendo, poi, evitare che da questo incidente sorgano nuove complicazioni, abbiamo consigliato al Governo Principesco di trattare del presente argomento (quando non voglia soprassedere affatto) con quella calma e con quella ponderazione che si addicono a questioni, né urgenti, né suscettibili di rapido studio; ed, in pari tempo, alla Sublime Porta abbiamo raccomandato di condursi con la massima prudenza e di evitare soprattutto che un suo reciso rifiuto susciti difficoltà maggiori.

24 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

258

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

(Carte Robilant)

L.P. Roma, 17 luglio 1876.

Ho letto al Ministro Melegari la lettera che Ella ebbe la bontà di scriverrni il 12 corrente (l) relativamente ai nostri rapporti col Governo Austriaco inacerbiti da piccoli incidenti che si sono succeduti a breve distanza di tempo. A questo riguardo se mi fosse lecito emettere un avviso direi anzi tutto: Unicuique suum!

Il cambiamento ministeriale avvenuto a.m m marzo, complicandosi con la quistione della convenzione ferroviaria, era certamente un tal fatto che da solo poteva bastare a creare una situazione delle più delicate nei nostri rapporti con Vienna. Se si considera però spregiudicatamente la condotta del Ministero, io credo che essa sia stata non solamente corretta, ma sinceramente amichevole verso l'Austria. Il Conte Wimpffen che sul principio, ascoltando forse più del dovere alcune insinuazioni in realtà poco patriottiche che giungevano sino a lui, sembrava poco persuaso delle buone intenzioni del nuovo gabinetto e favoriva forse il disegno di chi avrebbe voluto vedere il nostro Governo inciampare in qualche grossa difficoltà internazionale, finì per convincersi del contrario. Egli stesso prima di partire me ne diede a più riprese la più esplicita dichiarazione. È ben doloroso, caro Generale, per noi, voglio dire per le persone che come Lei ed io vediamo le cose ad un punto di vista che sta al dissopra deUe ire e delle guerre di partito, vedere attraversata l'opera che facciamo per mantenere le buone relazioni con l'estero da ogni sorta di piccoli e meschini maneggi che fanno pur troppo dubitare persino del patriottismo di coloro che ricorrono a simili mezzi. Voglio, in ciò dicendo, alludere alle voci che si fanno correre costantemente anche nei giornali più serii della destra, di due politiche estere del Governo italiano: una politica per il mondo diplomatico; un'altra occulta che sarebbe la vera quella del partito radicale. Le diffidenze che sono il risultato di queste voci, nuocciono a parer mio assai più alle nostre relazioni con l'Austria che qualche imprudente manifestazione che per quanto sia riprovevole non ha proprio e non può avere importanza nei rapporti ben stabiliti di amicizia fra due grandi paesi.

Per prevenire 1la ripetizione di ciò che è avvenuto a Milano, abbiamo interessato il Ministero dell'Interno a provvedere ed ha _:r~romesso di dare istruzioni volta per volta in occasione di quelle feste dove simili inconvenienti potrebbero riprodursi.

Ma per verità la passata amministrazione che cosa ha fatto, che cosa seppe fare per impedire ai pochi emigrati di Trento e Trieste di far atto di presenza

in quasi tutte le occasioni di riunioni popolari? Eppure gli uomini di quell'amministrazione avevano le coudées j1·anches verso il loro partito, ma esitavano davanti il timore' dell'impopoLarità.

Ella avrà certamente capito, caro Signor Generale, che il Diritto non può essere in buona fede considerato come organo ufficioso del Governo nelle cose della politica estera. A Lei non è mestieri ch'io dica che non vi è in Italia un giornale di una certa importanza che non abbia anzi tutto il carattere che gli imprime la personalità del suo direttore. Questi appartenendo ad un partito

o all'altro, darà al suo diario un colore più o meno marcato nel senso del proprio partito; ma chi dicesse che in Italia vi è un giornale che risponda alle condizioni vere di un organo ufficioso del Governo, direbbe cosa contraria alla r,ealtà delle cose. Mi ricordo che alcuni anni sono, quando già eravamo a Roma; in seguito alle osservazioni fatti al Ministero dall'Incaricato d'affari d'Austria, chiamai l'attenzione di Bonghi che dirigeva ancora la Perseveranza sopra un articolo (non una corrispondenza) nel quale si affermavano i diritti dell'Italia sul Trentino in termini impossibili per qualunque giornale serio. La sola risposta che ottenni da Bonghi fu che quell'articolo era probablimente stato scritto da un redattore tirolese che lavorava nell'ufficio del giornale.

Quello che importa dunque a questo riguardo è di mantenere in codesti signori la convinzione che la condotta del Governo italiano ha nulla che possa eccitare le ragionevoli diffidenze del Gabinetto di Vienna. Per contribuire a questo risultato io mi lusingo che non Le sarà mai per mancare la nostra leale cooperazione.

Quando si trattò di determinare se i RR. Principi passerebbero a Vienna io insistetti perché, dal momento che passavano a Berlino, non si facesse cosa che potesse sembrare a Vienna un fatto a posta per marcare la diversità dei nostri rapporti con le due Corti imperiali. Passando in forma incognita per Vienna non si incontrano certe difficoltà che altrimenti potrebbero nascere. Sono forse queste stesse difficoltà quelle che indussero l'Imperatore a non fare delle avances. Ma io credo che nel pubblico lo evitar Vienna avrebbe sembrato cosa degna di speciale rimarco e per ciò stesso avremmo sollevato delle polemiche de' giornali che in questi momenti sarebbero st~te sommamente dispiacevoli e nocive.

Le nostre relazioni con l'Austria non sono di sentimento, sono relazioni de raison per una parte e per l'altra. Ma appunto per questo mi pare che si dovrebbe dalle due parti badare più al sostanziale che alle minuzie ed alle apparenze.

Da un dispaccio d'ufficio Ella vedrà come si è p!:ovveduto per la cifra. Certamente il servizio inglese è assai meglio ordinato dal nostro a questo riguardo; ma la diplomazia inglese ha delle tradizioni di disciplina e d'ordine che mancano a molti dei nostri e malgrado ciò qualche volta anche gl'Inglesi non ossservano tutta la discrezione voluta. In ogni modo Ella può star certa che tengo presente tutte le savie raccomandazioni che Ella mi fa e mi vorrà fare perché non domando di meglio che d'istruirmi dei consigli di chi so che è disposto a darmene con tanta benevolenza.

(l) Non pubblicata.

259

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 2638. Parigi, 17 luglio 1876 (per. il 20).

Mi pregio d'accusare ricevuta del dispaccio della Serie politica N. 615 che l'E. V. mi fece l'onore di indirizzarmi in data del 14 corrente (l) intorno ai negoziati confidenziali che per iniziativa del Gabinetto francese s'aprirono nello scorso giugno tra l'Inghilterra e la Russia.

Sono molto grato all'E. V. di avermi comunicato circa quei negoziati una serie d'informazioni chiaramente riassunte che, completa~l!do quelle ch'io fui dal mio lato nel caso di riferirle, mi mettono meglio in grado di discorrerne col Ministro degli Affari Esteri di Francia. E me ne gioverò per chiarire alcun punto dubbio da Lei segnalato subito che avrò l'occasiQ_ne di intrattenerrn.i di nuovo col Duca Decazes. Intanto devo accennarle che in un breve colloquio ch'ebbi jeri con esso, il Duca Decazes mi disse che a Vienna erasi fatto il silenzio da quando l'Ambasciatore di Francia gli riferì quei colloquj col Conte Andrassy ai quali alludeva il sopracitato dispaccio dell'E. V. Il più riservato contegno del Gabinetto Viennese in discussioni sulla sorte futura della Bosnia sembra d'altronde spiegato anche dalla dichiarazione inserita nel telegramma del Conte Andrassy del 10 luglio (disp. rn.inis. Pol. n. 614) (2) diretto agli Agenti imperiali presso le grandi Potenze dopo il Convegno di Reichstadt, che cioè, • si elimineranno nuove proposte • frase che nel testo comunicato dall'Incaricato d'Affari d'Austria al Signor Duca Decazes suonava così: • en écartant les propositions récentes • e che non esiste nell'analogo telegramma del Principe Gortschakoff.

260

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 502. Vienna, 17 luglio 1876 (per. il 20).

Segno ricevuta all'E. V. del suo ossequiato dispaccio del 13 corrente N. 221 (3), col quale le piacque riassumere le principali informazioni che successivamente ebbi a porgerle, nonché i miei particolari apprezzamenti intorno agl'intendimenti del Gabinetto di Vienna, in ordine alla futura organizzazione a darsi alla Bosnia

ed all'Erzegovina, onde assicurare nuovamente per qualche tempo ancora la pace in Oriente.

L'E. V. bramerebbe sapere se • esiste a tluesto riguardo un concetto già fermo ed irrevocabilmente risoluto nella mente di chi dirige la politica della Monarchia? E quali sono, se veramente siffatto concetto esiste, i termini in cui lo si possa praticamente esprimere? •

L'E. V. mi soggiunge poscia che per così delicata ed importante investigazione deve soprattutto affidarsi a me, imperocché riescirà sempre malagevole ai Rappresentanti di Sua Maestà presso le altre Corti di procacciarle intorno a questo tema, dati concreti. Non intendo certamente esimermi da un compito che per ogni ragione è di mia spettanza, e terrò a strettissimo dovere il tenere il Regio Governo a giorno di tutto ciò che in questo importantissimo argomento verrà a mia cognizione. Debbo però dichiarare essere mio assoluto convincimento che al giorno d'oggi nessuno sarebbe in grado di dare una concreta, precisa risposta al quesito che mi viene posto. Ritornando dal primo convegno dei Tre Imperatori, ch'ebbe luogo in Berlino nel 1874, il Conte AI1drassy dicevami essersi bensì stretto un accordo generico fra le tre Corti, ma che di più non s'era fatto, poiché allo stato presente dell'Europa non vi erano due Governi che si troverebbero in grado di stringere fra loro alleanze con uno scopo ben determinato. Ove ciò si volesse fare avrebbe principio il disaccordo.

Non ebbi difficoltà a convincermi della sincerità di questa dichiarazione ed i successivi fatti me ne dimostrarono sempre maggiormente la verità. In fatti da quell'epoca in ogni occasione le Tre Corti Nordiche procedettero d'intelligenza di caso in caso, senza spingere, dirò così, oltre l'indomani i loro accordi. È mio avviso che il Principe Gortchakow avrebbe desiderato a Berlino pochi mesi fa e più ancora testé a Reichstadt gettare le basi e vederle accettate, di una soluzione definitiva, ma tutta l'azione politica del Conte Andrassy ebbe a svolgersi nel senso di ciò evitare, e di rimanere fedele al suo principio dell'accordo di caso in caso, che si può dire incarnato nelle tendenze di quell'uomo di Stato. Quindi ritengo, e non credo d'ingannarmi, che al giorno d'oggi il Conte Andrassy stesso non potrebbe segnare il maximum oltre cui il Gabinetto di Vienna ricuserebbe di procedere; ciò dipenderà assolutamente dalla risultante di fattori vari, quali sarebbero in prima linea l'esito della presente guerra e le risoluzioni della Russia. Come punti fissi esistono per me unicamente, fino a che S. M. l'Imperatore conserverà alla direzione degli Affari il Conte Andrassy, l'esclusione dell'autonomia assoluta delle Provincie insorte sia in modo isolato che in unione ad altri Stati Slavi autonomi, ed il mantenimento dell'accordo della Russia.

Oramai l'esito della guerra Serbo-Turca non pare più dubbio, quindi naturalmente scemeranno le pretese dinnanzi alle quali il Gabinetto di Vienna sarebbe stato costretto dalla forza delle circostanze a fare alcuna concessione al maximum da esso adombrato.

Questo fatto animerà vieppiù il Conte Andrassy a non concretare innanzi tempo proposte determinate, che gli eventi potrebbero porgergli occasione di modificare più tardi in senso più conforme agl'interessi Austro-Ungarici.

Con ciò naturalmente non intendo dire, che il giorno non verrà in cui con precisione il Governo Imperiale e Reale avrà a tracciare il programma del

l'ordinamento, che a seconda dei suoi desideri, dovrà servire alla Bosnia ed alla Erzegovina, ma solo reputo questo momento non essere ancora giunto. Sotto l'impulso dei fatti compiuti, Pietroburgo e Vienna andranno mano mano facendosi concessioni, auspice l'Imperatore Guglielmo, e se l'Inghilterra non viene ancora una volta ad attraversare quell'opera di pace, si riescirà probabilmente, essenzialmente ripeto visto la piega presa dalle sorti de1la presente guerra, ad una soluzione mercé la quale la pace dell'Europa non ·verrà compromessa. Il partito Panslavista in Russia non avrà conseguito la completa emancipazione degli Slavi da esso agognata, ed i Tedeschi dell'Austria, nonché i Magiari non vedranno raggiunto il loro desideratum, lo schiacciamento degli Slavi sotto la scimitarra Turca, ma gli Imperatori Francesco-Giuseppe ·ed Alessandro saranno riesciti a mantenel'e la pace, locché precisamente ebbero ad assumere reciprocamente l'impegno di fare.

P.S. Ringrazio per le informazioni fornitemi coll'annesso cifrato e sarà mia cura scandagliare il terreno intorno ad esse: per intanto rimango fermo su quanto -ebbi ad esporle più sopra.

(l) -Cfr. n. 249. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr.n. 246.
261

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 13. Pietroburgo, 17 luglio 1876 (per. il 23).

Con decreto di S. M. l'Imperatore Alessandro del 13 luglio corrente menzionato nel giornale ufficiale d'oggi il Barone Uxkull già Inviato Straordinario e Ministro Plenipotenziario di Russia presso la Real Corte, fu nominato Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario dello Czar presso la persona di Sua Maestà il Re.

Mi pregio di portare con la corrispondenza ordinaria a notizia dell'E. V. questa decisione di Sua Maestà Imperiale che ebbi cura di farLe già conoscere a suo tempo per corrispondenza telegrafica (1).

Ho pure l'onore di confermarLe la mia partenza per oggi stesso alla volta della frontiera russa a Wiesbaden per incontrarvi le Loro Altezze Reali il Princit~e e la Principessa di Piemonte.

Partono con me i Delegati di Sua Maestà Imperiale per accompagnare le

Loro Altezze Reali i signori Principe Sergio Galitzine ajutante di Campo Gene

rale di Sua Maestà l'Imperatore Principe Lapoukhine Demidoff Colonello Aiu

tante di Campo della predetta Maestà Sua e Principe Demidoff di San Donato

facente funzione di Cacciatore della Corte Imperiale Avrò cura di informare

per telegmfo l'E. V. dell'arrivo a Wiesbaden delle Loro Altezza Reali.

(l) Cfr. n. 245.

262

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R.R.S.N. Parigi, 17 Luglio 1876 (per. il 20).

Il R. Corriere di Gabinetto Anielli, arrivato oggi da Roma, mi ha consegnato il piego contenente le istruzioni che l'E. V. volle impartirmi col Suo dispaccio riservato del 15 corrente (1).

Ho letto attentamente quelle istruzioni e ne La ringrazio. Porrò ogni maggiore cura ad attenermi con esattezza a ciò che mi prescrivono.

Tuttavia, nelle presenti circostanze, gravi e mutabili d'ora in ora, sento il bisogno di conoscere il pensiero intimo del Governo del Re per modellare sopr'esso ogni mio passo, ogni mia parola. Epperò fui lieto di ricevere poc'anzi col telegramma che l'E. V. m'ha indirizzato l'invito di recarmi in Italia subitoché avrò presentate le mie credenziali al Presidente della Repubblica. Spero che in occasione di quella gita il Governo di S. M. vorrà mettermi in grado di conformare appieno la mia opera alle vere Sue intenzioni.

263

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 675. Vienna, 18 Luglio 1876, ore 15 (per. ore 16).

L'Empereur part aujourd'hui pour Salzbourg, où il rencontr,era demain l'Empereur Guillaume. Comte Andrassy ne l'accompagne pas; cette rencontre n'aura, à ce qu'on assure, qu'un caractère absolument intime.

264

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

D. 2. Roma, 18 Luglio 1876.

In un colloquio che il Cav. Ressmann ebbe il 3 di questo mese col Signor Duca Decazes, questi si lagnò di offici che il R. Governo avrebbe fatto a Londra in seguito a concessione ferroviaria che una compagnia francese ha da ultimo ottenuto a Tunisi. S. E. esprimeva il rammarico che il Governo del Re, procedendo in tal guisa, siasi quasi data l'apparenza di v9ler cercare altrove un appoggio alle tendenze anti-francesi della propria politica nella Tunisia.

Non mi parrebbe il caso che V. E. riconduca di sua iniziativa il discorso sopra questo argomento. Piuttosto mi preme che l'E. V., quando Le ne si offra propizia occasione, ristabilisca, conversandone col Signor Duca Decazes, le cose sotto il loro vero aspetto. I documenti diplomatici da ultimo spediti a codesta Ambasciata, e segnatamente i N. 309 e 310 dell'Inc. n. 9, chiariscono in modo non dubbio i nostri intendimenti. Ben lungi dal ricercare a Londra un puntello per opporci in comune all'influenza francese in Tunisi, noi non abbiamo esitato a giudicare intempestive le proteste che il Console Britannico aveva formulato tostoché ebbe notizia della concessione ferroviaria. I nostri veri intendimenti appariscono dai Termini in cui furono concepite le mie istruzioni a!l Comm. Pinna.

• -Sarebbe eccessiva pretesa la nostra (così io gli scriveva il 17 maggio (l) s. Doc. N. -309), se volessimo contrastare al Governo del Bey il diritto di fare quelle concessioni che gli sembrino utili agli interessi del paese. Tutto al più si potrebbe, in ogni opportuna occasione, manifestare il desiderio che S. A. non s'impegni esclusivamente, per simili combinazioni, con compagnie franco-algerine, e lasci che compagnie di altra nazionalità abbiano pur parte nelle operazioni intese a migliorare le condizioni economiche della Reggenza.

(l) Cfr. n. 251.

265

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. RR. 80/30. Londra, 18-19 luglio 1876 (per. il 3 agosto).

In ampliazione del mio telegramma d'ieri (1), mi pregio di rassegnare all'E. V. alcune maggiori informazioni intorno all'Ambasciata dell'Imperatore del Marocco.

Il nome dell'Ambasciatore è Sid Hagi Mohamed Zebdì; egli ha un seguito di parecchie persone, e fu messo a sua disposizione u11 Ufficiale Diplomatico Inglese che si serve ad un tempo d'interprete. Il nostro Governo dovrà, probabilmente, fargli una simile cortesia. L'Ambasciata è, in Inghilterra, intieramente spesata dal Governo.

Al suo sbarco in Dover, l'Ambasciatore fu ricevuto dal Maggior Generale Parkes, Comandante del Distretto, e dal Capitano di Vascello Bruce, ivi sovraintendente dell'Ammiragliato. Una guardia d'onore di 78 Highlanders venne data all'Ambasciatore, il quale fu salutato dall'artiglieria d~ forti al momento in cui partiva col treno per Londra, dove prese alloggio all'Alessandra Hotel, (Piccadilly, Hyde Park corner).

Non pare che la Regina abbia intenzione di ricevere l'Ambasciatore in udienza solenne; sino ad ieri nulla in contrario era deciso in proposito, e si supponeva che sua Maestà l'avrebbe ricevuta nella sua Villeggiatura di Osborne, in modo privato, come si fa per gli altri Ambasciatori.

Non è determinato se si faranno o no feste speciali per l'Ambasciatore Marocchino, o se le cortesie si limiteranno a fargli visitare le cose più interessanti di Londra.

Egli offrirà alcuni regali per la Regina. Ne ~rta anche per il Maresciallo Mac Mahon, e ne aspetta a Genova per il Nostro Sovrano: questi consistono principalmente in cavalli.

Siccome l'udienza della Regina non era ancora stabilita ieri, e siccome inoltre egli deve presentarsi ancora a Parigi al Presidente della Repubblica, non è stato in grado di dirmi quando sarebbe rimasto libero per recarsi in Italia. Non tralasciai d'informarlo che Sua Maestà si sarebbe trovata disposta a riceverlo in Torino dal 20 al 25 di questo mese. Questo termine essendo protratto fino al 30, dietro l'ultimo telegramma di V. E., sarà mia cura di farne avvertito l'Ambasciatore. Ad ogni modo, per non disturbare Sua Maestà, è pronto a recarsi dove Essa si troverà, anche alla sommità delle Alpi, ed egli si terrebbe come molto onorato se la Maestà Sua gliene concedesse il permesso. Terrò ulteriormente informato l'E. V. dell'epoca della pa:r:tenza dall'Inghilterra dell'Ambasciatore Marocchino.

Lo scopo apparente dell'invio in Europa di quell'Ambasciatore è di venire ad ossequiare, per parte del suo Imperatore, i Sovrani e i Capi di Stato che mandarono Ambasciate al Marocco. Ma non è improbabile che dessa abbia un nggetto più importante, benchè, da quanto mi disse ieri il Conte di Derby, nessuna apertura speciale gli sia finora stata fatta. Come io lo accennava a V. E., ilel mio telegramma, il Conte di Derby mi disse che effettivamente il Governo Spagnuolo aveva pensato di mandare nel Marocco una spedizione per dare qualche occupazione ai suoi numerosi Generali che, per il solito, cospirano quando non hanno altro da !are. L'Inghilterra e la Germania-vennero informate di queste disposizioni della Spagna, ed è probabile che non l'avrebbero lasciata fare senza qualche serio avvertimento. Intanto la repressione degli insorti di Cuba essendo stata ripresa con maggiore vigore, i Generali vi trovano uno sfogo; ma siccome, da quanto si crede, il successo del Governo Spagnuolo è dubbio assai, è possibile che l'idea d'una spedizione al Marocco baleni di nuovo nella mente dei Reggitori di quel Paese; per cui è da supporre che l'Ambasciata Marocchina vorrà conoscere gli intendimenti degli altri tre Governi più interessati alla quistione, quelli cioè di Inghilterra, Fra;:cia ed Italia, i quali, a quanto mi pare, hanno interesse comune a che rimanga integra l'indipendenza del Marocco, specialmente riguardo alla Spagna. Il Conte di Derby mi parve dividere quest'opinione e si può arguire che, il caso occorrendo, un'azione comune dell'Inghilterra e dell'Italia, alla quale potrebbe unirsi la Francia, porrebbe ostacolo ai tentativi che volesse fare la Spagna contro il Marocco.

Mostrando favorevoli disposizioni verso quel paese, io penso che potremmo attenervi una posizione vantaggiosa per il nostro commercio, imperocchè il modo con cui l'Ambasciatore si espresse riguardo al nostro Paese, mi sembra indicare che nel Marocco si ha un gran concetto dell'Italia e del suo Re.

P.S. Londra, 19 luglio 1876.

Era già scritto questo rapporto quando incontrai l'Ambasciatore del Marocco al quale partecipai, per mezzo del suo interprete, che S. M. il Re aveva protratto sino al 30 Luglio corrente, l'epoca alla quale avrebbe potuto riceverlo a Torino. Ma egli non fu in grado di darmi nessuna indicazione circa il tempo durante il quale doveva rimanere in Inghilterra, imperocché ignorava tuttora quando S. M. la Regina gli avrebbe fissata l'udienza. L'Ambasciatore deve inoltre fermarsi in Parigi per ossequiare il Presidente della Repubblica; ed espresse il suo desiderio di non recarsi in Italia prima che vi siano arrivati i regali destinati a Sua Maestà. Però egli promise di fare ogni premura per giungervi in tempo opportuno.

(l) Non pubblicato.

266

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AL MINISTRO A MADRID, GREPPI

D. 15. Roma, 19 luglio 1876.

La ringrazio delle notizie che la S. V. Illustrissima mi ha fornito, con rapporto del 7 di questo mese, N. 81 (1), circa la controversia relativa alle contribuzioni di guerra fatte pagare, a Cuba, anche a sudcÙti stranieri.

Dopo le dichiarazioni enunciate, in Senato, da cod~sto Signor Ministro di Stato, è manifesto, secondochè opina anche la S. V. Illustrissima, che a noi conviene aspettare che la questione sia risoluta tra la Germania e la Spagna. Imperocchè, quando prevalga, rispetto all'atto addizionale ispano-tedesco del Giugno 1868, l'interpretazione sostenuta dalla Cancelleria di Berlino, già fin d'ora il Gabinetto di Madrid si mostra consenziente, per bocca del Signor Calderon Collantes, a che lo stesso trattamento si accordi alle Potenze le quali come l'Italia, hanno diritto al regime della nazione più favorita.

La S. V. Illustrissima accenna altresì, nel suo rapporto, alla circostanza che

i Gabinetti d'Inghilterra e di Francia sono in grado d'invocare con efficacia,

nella presente controversia, il principio della reciprocità; il ouale argomento

farebbe difetto all'Italia, che non possiede territorii d'oltremare. A questo pro

posito, convengo bensì colla S. V. Illustrissima, se la osservazione di Lei si

riferisce ad una maggiore pressione che da altra Potenza si possa esercitare sul

Governo di Madrid mercè la minaccia di possibili rappresaglie. Ma, al punto di

vista strettamente giuridico, la impossibilità materiale di una reciprocità di fatto

tra la Spagna e l'Italia, in QUesta materia, non affievolisce in modo alcuno il

nostro diritto. Il nostro titolo si fonda sopra l'articolo XVI del Trattato di Com

mercio del 22 Febbraio 1870, ove la reciproca guarentigia del trattamento di

favore non è punto subordinata alla condizione della reciprocità. Dal momento

che fosse ammessa la applicazione della clausola di favore anche all'argomento

delle imposte di guerra (e su questo punto non dovrebbe più cader dubbio alcuno,

dopo le dichiarazioni del Signor Calderon Collantes), il nostro diritto alla parità

di trattamento coi sudditi germanici o d'altra Potenza qualsiasi non potrebbe

più essere oggetto di contestazione.

Confermo, ad ogni modo, l'istruzione, già impartitale, di attendere che la

questione sia definitivamente risoluta tra i Gabinetti di Berlino e di Madrid.

(l) Non pubblicato.

267

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 275. Terapia, 19 luglio 1876.

Ho l'onore di annunciare a V. E. che Monsignor Hassoun qui giunse pochi giorni sono da Roma e prese stanza a Buyukdere. Poco ttopo il suo arrivo S. E. mandò il suo Vicario a salutarmi a questa residenza; ed io pregai poscia il Cavaliere Vernoni di contraccambiargli i miei doveri.

Mi viene ora riferito che Monsignore non solo fu accolto con grandi feste dagli Armeni Cattolico-Romani, e visitato dagli Ambasciatori d'Austria-Ungheria e di Francia, nonchè dal Ministro di Spagna, ma ebbe eziandio la visita di varii dei principali Armeni dissidenti, il che farebbe credere che questi nutrano qualche desiderio di far cessare la divisione che tanto male fec·e alle due parti.

Monsignor Hassoun sta ora facendo strenui sforzi per-ottenere dalla Sublime Porta il suo riconoscimento in qualità di Arcivescovo Primate degli Armeni Cattolici. Nè il momento sarebbe inopportuno per la riuscita di tali pratiche, essendochè è della più alta importanza per la Sublime ~orta di cattivarsi sempre più le simpatie dei Cattolici nelle varie provincie dell'Impero. Nella Bulgaria si videro infatti i Cattolici prendere le armi in difesa del Sultano, ed in Albania si spera parimenti d'indurii a fornire i relativi contingenti. E basta prendere in mano un giornale clericale d'Italia per vedere da qual parte siano le simpatie del Vaticano.

In tali circostanze sarebbe assai abile da parte di questo Governo d'incoraggiare quelle tendenze. Senonchè l'attuale Gran Vizir è l'autore principale delle severe misure adottate in altri tempi contro gli Hassounisti, nè cederà facilmente malgrado le mutate circostanze.

268

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. CONFIDENZIALE 84. Roma, 20 luglio 1876.

Ringrazio la S. V. l. per le interessanti notizie che, con rapporto confidenziale del 5 di questo mese, N. 249 (1), mi furono da Lei fornite circa i maneggi che si starebbero ordendo a danno del Vicerè d'Egitto. Questo è argomento che cl sta particolarmente a cuore e che raccomando in modo speciale alla vigilanza di L·ei. Del resto il linguaggio di Lei deve essere tale, sopra questo soggetto, da far comprendere, a tempo e luogo, che a nostro avviso, è necessario, in

Egitto, il mantenimento dello statu quo. E ciò dovrebbe essere sopratutto nell'interesse della Sublime Porta, studio della quale parrebbe dover essere quello di evitare qualunque novità la quale, atterrando lo stato di cose attuale, potrebbe fornire occasione o pretesto ad altra Potenza di seguire l'esempio a proprio benefizio. A questo punto di vista coincidono interamente, come già altra volta ebbi a farle notare, gli interessi della S. Porta e dell'Italia.

(l) Cfr. n. 223.

269

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 1647. Berlino, 20 luglio 1876.

Par ma dépèche n. 1643 (1), j'ai eu l'honneur de faire à V. E. un récit sur l'excellent accueil fait à Postdam à LL.AA.RR. le Prince et la Princesse de Piémont. J'ai aussi mentionné le fait de I'arrivée du Prince Impérial, venu expressément ici à cette occasion pour donner une preuve de ses sympathies pour la Maison Royale de Savoie.

Le 17, j'ai eu une longue conversation avec S.A.R. Le Prince se réjouissait des excellents rapports qui existaient entre les deux Dynasties, entre deux nations si bien faites pour se comprendre et pour apprécier la communauté et la solidarité de leurs intérèts. Il se félicitait notamment que les chefs des deux Dynasties eussent échangé des visites. Et, pour ce qui le concernait, le Prince Jmpérial attachait la plus grande importance aux relations cordiales qui s'étaient établies entre Lui et Mgr. le Prince de Piémont, et qu'il s'appliquerait a maintenir en toute circostance. • Je tiens extrèmement, ajoutait-il à tout ce qui rappelle Votre Auguste Souverain, Sa famille, et I'Italie. Vous aurez remarqué que je porte toujours sur mon uniforme, avec la croix du Mérite de Prusse, la médaille d'or pour la valeur militaire qui m'a été conférée par votre Roi •. Faisant allusion aux mots adressés par le Tsar au Comte Andràssy en Mai dernier à l'entrevue de Berlin, j'ai répondu que le fait n'avait pas échappé à mon attention, et que j'interprétais cette association de distinctions comme un symbole du programme politique du Prince Héritier.

S.A.I. a répliqué qu'il n'y avait pas l'ombre d'un doute qu'il en était ainsi.

Le séjour si limité de nos Princes à Potsdam ne m'a pas permis de Leur offrir, comme c'eut été pour moi un devoir et un plaisir, une réception à l'Ambassade. Leur temps a été si rempli par Ies invitations faites au nom de l'Empereur et par celles du Prince et de la Princesse Charles, que c'est à peine si LL.AA.RR. on pu y suffire. C'est le seui regret qui m'ait été laissé de leur passage trop rapide, et je le leur ai exprimé très respecteusement.

(l) Non pubblicato.

270

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

L.P. (Carte Corti)

Vienna, 20 luglio 1816.

Ho ncevuto a mezzo dell'Ambasciata Inglese Ja tua lettera del 7 (1). Ti farò pervenire queste righe pel medesimo canale. L'indomani del giorno in cui mi scrivevi ebbe luogo il convegno di Reichstadt, tutte le questioni vi furono toccate in termini generali, ma non vi fu concretato altro se non ciò che H Ministero nostro ti avrà indubbiamente comunicato. Rttieni però come certo che i due Sovrani si strinsero più che mai cordialmente la mano e che salvo imprevedibili eventi, l'accordo fra di loro si manterrà. Mi si disse ieri che Ignatiev ha ottenuto un congedo, l'avvenire per ciò che lo riflette è ancora incerto, sebbene mi consti se ne sii tenuto parola a Reichstadt. Pe;r quanto ha tratto alla presente guerra, credo in verità di non saperne granché più di te, non avendo cifrari cogli Agenti che potrebbero darmene notizie, neppure col Durando, sebbene egli si trovi sul territorio di mia giurisdizione. Sembrami però non vi sii dubbio intorno all'esito. I Serbi non si aspettavano ad incontrar così gagliarda resistenza ed una guerra lunga è per 'loro cosa impossibile. Mi chiedi cosa farà l'Italia? Parmi il Governo non intenda compromettersi e quindi ben a ragione badi di più agli interessi d'Italia, che non alle simpaltie dei popoli! Constato però il fatto abbastanza curioso, che i giornali nostri ufficiosissimi tengono un linguaggio in assoluta contraddizione colla politica manifestamente dichiarata dal Governo. Intanto però sta di fatto che non abbiamo in questo momento l'audivi che dovressimo avere in Europa, locchè è natural conseguenza del trovarsi al potere Uomini nuovi; i Gabinetti non tenendo mai in gran conto chi non ha ancora avuto occasione di dar prova di sè, di mostrar coi fatti la sincerità dei suoi intendimenti, la possibilità di attuarli. Deplori di non aver una cifra per comunicare liberamente meco, il deploro quanto te, tanto più avendo dovuto constatare quanto sii vantaggioso alla diplomazia Inglese l'incessante scambio di notizie ed apprezzamenti che verificasi fra i vari Rappresentanti della Regina nei posti i più importanti. Ho creduto doverne far cenno al Ministero sebben con nessuna speranza di successo, poichè il sistema di accentramento che sempre prevarrà alla Consulta non permetterà mai l'attuazione di un simil sistema. Da noi non si vuol capire che per aver notizie, conviene già averne, e che poco si dice a chi non si mostra già bene informato. Divido pienamente la tua idea intorno al nuovo elemento introdotto nella nostra Diplomazia, lo conosco però troppo per non essere persuaso che la sua azione non sarà di lunga durata, mi si assicura anzi già che non avrebbe neppur principio! Basta vedremo. Il Conte Andrassy se ne va in campagna per otto giorni, locchè prova che per il momento non si vede qui perilen la

demeure, nè cosa alcuna da fare. Oggi l'Imperatore Guglielmo e Francesco Giuseppe passano la giornata assieme a Salisburgo, ma da questo nuovo convegno aHro non uscirà se non un maggiore rafforzamento delle buone relazioni fra l'Austria e la Russia, obbiettivo unico della politica Germanica.

(l) Non pubblicata.

271

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. RR. 81/31. Londra, 21 luglio 1876 (per. il 24).

Il mio telegramma del 15 corrente (l) avrà informata l'E. V. della risposta del Conte di Derby ai miei quesiti intorno ai supposti impegni che il Gabinetto Inglese sarebbe stato in procinto di prendere rispetto alla quistione Slavo-Turca, e dei quali l'E. V. mi dava avviso con suo telegramma del 14. Mi pervenne ulteriormente il Dispaccio del 15 corrente, n. 30 (l) col quale l'E. V. mi comunica il Rapporto del R. Incaricato d'Affari di Sua Maestà a Parigi, che espone in modo più particolareggiato i progetti attribuiti all'Inghilterra di concerto colla Francia e la Russia, i quali però avrebbero incontrato un ostacolo nella riluttanza della Austria ad associarsi a tali vedute.

Le informazioni da me raccolte in proposito, all'infuori del • Foreign Office • confermano quanto mi fu asserito da Lord Derby la di cui parola non poteva d'altronde essere messa in dubbio, imperoché se l'illustre Conte è assai parco nelle sue comunicazioni, egli ha pure il vanto di un'intemerata lealtà e di una robusta fermezza di opinione. Ripeterò adunque che il Governo Britannico non ha presentato nessuna formola per la soluzione della quistione Slavo-Turca; che in conseguenza l'Austria non ebbe occasione di fare opposizione alla medesima, mentre il Governo Inglese si è sempre rinchiuso nel principio di non intervento finché altra Potenza non avesse vulnerato questo principio medesimo. Ciò non ostante il Conte di Derby non aveva tralasciato nelle sue conversazioni coi diversi Rappresentanti delle Grandi Potenze, di esaminare le differenti soluzioni che potevansi proporre nei due casi opposti o della vittoria dei Turchi o di quella degli Slavi, o per meglio dire delle provincie insorte. Io ebbi occasione di riferire all'E. V. le idee in proposito che più di una volta furono da me contraccambiate col Conte di Derby, e fin d'allora si ,esaminarono le varie ipotesi di una autonomia più o meno completa delle provincie anzidette, ed anche fu messo innanzi un ordinamento come quello dell'Isola di Candia per il caso della vittoria dei Turchi. Si parlò anche dell'opportunità di cedere al Montenegro qualche territorio, specialmente in pianura ed un accesso al mare, per temperare alquanto il carattere bellicoso e turbolento di quelle popolazioni. Ma il Foreign Office rimase sempre fermo nel pensiero di lasciare i Turchi e gli Insorti dibattersi fra loro salvo poi al finire della lotta ad interporsi per aiutare una conciliazione fra le parti contendenti. In quanto all'Austria, il Conte di Derby riconosce che dessa non consentirà mai a che le provincie Slav;e, attualmente in guerra con la Tur·

chia, vengano a costituire uno stato indipendente; essa non ammette nemmeno che desse abbiano un'amministrazione autonoma. E' certo che la Francia si è molto adoperata per indurre l'Inghilterra a venire a qualche accordo, e pare che abbia interpretato nel senso dei suoi desideri le idee svolte nelle conversazioni con Lord Derby.

Vennero considerati come un importante avvenimento i discorsi testé pron:.mziati dall'illustre Conte in risposta alle due Deputazioni che si presentarono a lui per avere informazioni precise sull'indirizzo che il Governo intendeva prendere nella vertenta quistione d'Oriente. Egli fu molto esplicito nel confermare il principio di rwn intervento finché dagli altri sia rispettato, senza però, disconoscere i mali che travagliano l'Impero Ottomano e che richiedono potenti rimedii. Queste dichiarazioni sono considerate sempre proprie a fissare l'attitudine del Gabinetto nel quale, come ebbi l'onore di scrivere a V. E., vi furono due correnti: una per l'aspettazione e l'altra per un'azione più attiva.

Gli uni considerano i discorsi di Lord Derby come una vittoria dei wighs; altri, al contrario, scorgono in queste medesime dichiarazioni un ostacolo ai tentativi che i wighs volessero fare per riacquistare il potere. Intanto mentre quei discorsi hanno in generale incontrato l'approvazione pubblica, rnon si dà gran peso al motivo addotto per lo sviluppo immenso di forze marittime Britanniche in Levante, quello cioè della semplice protezione dei Sudditi Inglesi in Oriente. A questi armamenti si attribuisce uno scopo assai più importante. Epperciò l'opposizione ne farà oggetto di speciale discussione nell'interpellanza, già annunziata al Parlamento, sui discorsi del Conte di Derby; la quale i~terpellanza che doveva aver luogo Lunedi prossimo venturo sarà rimandata di alcuni giorni per /'IVere tempo di di,stribuire i documenti che si riferiscono alla quistione Slavo-Turca.

Questa quistione viene nuovamente a complicarsi colle recenti esigenze

inoltrate dalla Romania. Gli armamenti sarebbero annll_nziati ai quali essa si

preparerebbe, (però oggi in parte smentiti), sarebbero forieri di nuovi attacchi

contro la Turchia. Alcuni credono che i consigli della Germania non sarebbero

estranei a questo atteggiamento della Moldo-Valachia; si suppone anche che la

Grecia ove veda la Romania sorgere, non rimarrà inerte spettatrice della confla

grazione attorno a se. Ma, per non lasciar correre l'immaginazione ad infondate

ipotesi, mi riservo di scrivere ulteriormente a V. E. sopra quello argomento

allorché avrò potuto raccogliere informazioni più precise, specialmente presso

il Conte di Derby che debbo vedere domani.

(l) Non pubblicato.

272

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 693. Parigi, 22 luglio 1876, ore 17 (per. ore 23).

Le Journal officiel publie deux décrets, par lesquels ila 1egation près du Roi d'Italie est élevée au grade d'ambassade et le marquis de Noailles nommé ambassadeur.

273

IL MINISTRO AGLI ESTERI MELEGARI, AL CONSOLE A SCUTARI, BERIO

D. S.N. Roma, 22 luglio 1876.

Le porgo i miei ringraziamenti per le notizie particolareggiate da Lei for!litemi con rapporto dell'8 di questo mese N.177 (1). Ad ogni buon fine, avverto che il telegramma, del Principe Nicola, non si trovò annesso a quel rapporto, contrariamente all'annuncio contenuto nel rapporto stesso.

La lettera del parroco di Podgoritza, la quale è, per verità, molto interessante, m'induce a pensare che V. S. Ill.ma saprà senza dubbio trarre profitto dalla presenza, in Albania, di ben sessanta parroci cattolici, tutti, o quasi tutti, italiani. Sarà utile che Ella coltivi le buone relazioni che già possegga con alcuno di essi, e se ne valga per influire nel senso della conciliazione ed in conformità delle istruzioni ministeriali. La S. V. dov~ebbe soprattutto insistere perché l'influenza di quegli ecclesiastici si eserciti efficacemente a rendere meno barbara la guerra anche da parte dei Cristiani, predicando il rispetto dei feriti e dei prigionieri e stimmatizzando l'uso feroce delle mutilazioni, di cui vedo cenno, pur troppo, nella lettera del parroco di Podgoritza. Ella potrebbe far sentire a quegli ecclesiastici essere data a Lei istruzione di riferire quale sarà la loro condotta al R. Governo, il quale certamente saprà tenerne il debito conto.

La causa stessa dovrebbe essere da Lei patrocinata, presentandosene propizia occasione, presso il pascià di codesto Vilayet. Certo farebbe pessimo senso se in Europa si leggesse il Bollettino N. l ove è detto essersi prese varie teste di insorti. Già il Conte Corti ebbe istruzioni di formulare, in proposito, le nostre amichevoli osservazioni presso la S. Porta. Ed anche la S. V. I. vorrà far sentire al Valì come il sentimento pubblico, in Europa, si commuova per così flagrante inosservanza delle regole di guerra universalmente ammesse fra i popoli civili.

P.S. Fu rinvenuto il telegramma del Principe Nicola, di cui qui le avevo segnalato la mancanza.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. l. Parigi, 22 luglio 1876 (per. il 25).

Oggi alle ore 4 pomeridiane ho avuto l'onore di consegnare nelle mani di

S. E. il Maresciallo di Mac-Mahon, Presidente della Repubblica francese, in udienza solenne le Lettere colle quali S. M. il Re volle accreditarmi presso S. E. in qualità di Suo Ambasciatore.

Sono stato a tal fine condotto dal Palazzo della R. Ambasciata all'Eliseo col solito cerimoniale cioè nella vettura della Presidenza, seguito da tutto il

personale dell'Ambasciata ed accompagnato dall'introduttore degli Ambasciatori Signor Mollard. Secondo l'uso, era schierato nella corte dell'Elysée un battaglione d'infanteria con musica e bandiera.

Ho indirizzato al Maresciallo di Mac-Mahon che mi ricevette presente il Ministro degli Affari esteri ed il personale della sua Casa militare e la seguente allocuzione :

• Ho l'onore di presentare a V. E. le lettere colle quali S. M. il Re d'Italia mi accredita presso di Lei in qualità di suo Ambasciatore.

Le istruzioni che il Re, mio Augusto Sovrano, degnò impartirmi mi prescrivono di continuare l'opera del mio predecessore e di contribuire, per quanto sarà in mio potere, a mantenere ed a stringere i vincoli che uniscono i nostri due paesi.

Queste istruzioni mi sembrano corrispondere ai consigli de' nostri veri interessi. Esse corrispondono senza dubbio alle mie convinzioni ed a' miei sentimenti.

È gran ventura per me l'aver a compiere tale nobile missione presso all'E. V. per la 11uale risentii viva ammirazione alla Torre di Malakoff, cui consacrai la mia riconoscenza nella pianura di Magenta •.

Il Presidente della Repubblica mi rispose:

• Sono sensibile alle memorie che vi compiacete di rammentarmi: esse mi riconducono al tempo di gloriosa fratellanza d'armi in cui conobbi il Re, vostro augusto Sovrano, e potei apprezzare da me stesso il brillante suo valore sul campo di battaglia.

Siate sicuro che le istruzioni di Sua Maestà corrispondono a' miei sentimenti come ai vostri.

Voi mi troverete sempre disposto ad ajutarvi nel compimento dell'alta missione che v'è affidata ed a fortificare tra la Francia e l'Italia le relazioni d'amicizia sl necessarie a' loro interessi. •

Sono stato col mio seguito ricondotto collo stesso cerimoniale alla Sede della R. Ambasciata, ed ho quindi reso visita a S. E. il Ministro degli affari esteri della Repubblica che immediatamente venne a restituirmela.

(1) Non pubblicato.

275

L'INCARICATO D'AFFARI A BERNA, MARTUSCELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 289. Berna, 22 luglio 1876 (per. il 25).

Facendo seguito al rapporto che ebbi l'onore di dirigere all'E.V. in data delli 14 corrente n. 288 di questa serie (1), credo mio debito di trasmettere a codesto Ministero il primo numero di un giornale venuto qui alla luce La Gazzetta degli Operai, non perché contenga peregrine dottrine su l'Internazionale, su fatti

25 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

e sulle gesta di questa sedicente benefattrice dell'Umanità, ma perché vi ravviso un appello ai lavoranti Italiani che sarebbe venuto fuori ad Imola. Il R. Governo sarà al caso di apprezzare meglio di quanto potrei farlo io il giusto valore della prosa di cui si tratta.

(l) Cfr. n. 250.

276

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 85. Madrid, 23 luglio 1876 (per. il 28).

Credo mio dovere fissare l'attenzione dell'E. V. sul brano qui unito del giornale n Cronista, nel auale trattasi della questione tuttora pendente tra il Governo Italiano e quello Spagnuolo circa il regolamento dei possessi di quest'ultimo in Italia. Il Giornale il Cronista è in fama di pubblicare comunicazioni di funzionarj Spagnuoli, ed il modo col quale l'articolo in discorso è svolto rinforza questa opinione. Benché il Cronista si esprima con poca benevolenza a riguardo del Governo Italiano, a mio avviso gli attacchi sono più particolarmente diretti al Conte Coello, accusato di avere agito in Roma in senso contrario agli interessi Spagnuoli. Non sono !ungi dal supporre che l'articolo venne inspirato dal Signor Cordero, già Segretario presso la Legazione di Spagna in Roma, ed ora qui dimorante, il quale tiene rancore contro il Coello, il cui ritorno a Roma deve verificarsi fra pochi giorni.

277

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 5. Parigi, 24 luglio 1876 (per. il 29).

Col dispaccio della Serie Politica n. 2 che l'E. V. indirizzò in data del 18 corrente (l) all'Ambasciatore di S. M., Ella volle indicare a S. E. in quale senso Le pareva convenevole di rispondere, venendone propizia l'occasione, alle osservazioni del Duca Decazes sui passi fatti dal R. Governo a Londra in segui'to alla concessione ferroviaria ottenuta a Tunisi da una Compagnia Francese. L'E. V. consigliava tuttavia l'Ambasciatore di non ricondurre il discorso di sua iniziativa su quell'argomento.

Nei colloqui che dopo il 3 del corrente ebbi col Ministro degli Affari Esteri di Francia, S. E. mi fece una volta passando menzione della prima conversazione che a quel proposito ebbe con me, e ciò per dirmi d'aver saputo dal Marchese di Noailles che i fatti riferiti a Parigi erano stati ingranditi. Non vi fu più altrimenti quistione di ciò. Non di meno terrò per parte mia presenti le istruzioni dell'E. V. onde conformarvi il mio linguaggo, se si offrisse l'occasione. Potei già desumere dall'ultima serie dei documenti diplomatici che Le

piacque di inviare a questa R. Ambasciata che il Signor Duca Decazes era stato inesattamente informato dei termini e dello scopo della comunicazione da Lei diretta all'Ambasciatore di S. M. a Londra intorno alla concessione della ferrovia tunisina.

(l) Cfr. n. 264.

278

IL VICECONSOLE A GINEVRA, G. BASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 112. Ginevra, 26 luglio 1876 (per. il 29).

La Sezione di Propaganda di Ginevra ricevette da Bologna la seguente comunicazione:

• Il lavoro di riorganizzazione marcia in Italia a gonfie vele.

Le sezioni di Romagna ed Emilia devono celebrare il loro 2• congresso provinciale che sarà seguito da quello delle Federazioni delle Marche, Umbria e Toscana.

La disorganizzazione del partito repubblicano è al colmo e così favorisce l'opera dell'Internazionale.

I repubblicani d'Italia non sono che l'appendice del partito monarchico gli operaj hanno pietà di cotesti repubblicani borghesi. I mazziniani puri possono ormai contarsi sulle dita e ciò che era una volta un gran partito Nazionale oggi non è altro che una piccola setta religiosa.

La riorganizzazione della Internazionale porta il colpo di grazia al Mazzinianismo. Le assolutorie date ai nostri compagni rivoluzionarj di Firenze e Bologna dai giurati borghesi indiziarono l'alba della rivoluzione. •

La stessa sezione di Propaganda nella seduta del 22 corrente lesse una lunga circolare proveniente da Firenze e firmata Natta e Grassi facente appello alle sezioni Italiane per un Congresso Internazionale Italiano in Agosto.

Tutte le circolari dell'Internazionale in Italia sono, a quanto mi viene assicurato, l'opera del Cafiero, Costa o Malatesta; gli operaj delle sezioni non fanno che prestare la loro firma. Chi inspira il movimento è il Guillaume di Neuchàtel.

Attualmente le Commissioni di Corrispondenza in Italia sono due: quella d'Imola e quella di Firenze. Ma questa ha poca importanza; la dirigente è quella d'Imola, ove trovasi il Costa.

In Agosto probabilmente uscirà in Ferrara un periodico socialista che sarà l'organo di quel Club.

Il Comitato dell'Associazione operaia Svizzera, residente nella Svizzera tedesca e che dirige la maggioranza delle corporazioni operaie nella Svizzera Francese e Tedesca ha diramato una circolare per mettere in guardia gli operai contro le mene del Comitato del Giura Bernois che tende a far aderire alla Internazionale le associazioni Svizzere.

L'associazione operaia Svizzera farà uscire quanto prima un periodico scritto nelle due lingue, il Quale farà polemica ogni volta che il Comitato del Giura proporrà l'adesione alla Internazionale a qualche Società Svizzera.

279

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 508. Vienna, 26 luglio 1876 (per. il 5 agosto).

La manifestazione a favore dell'annessione all'Impero Austro-Ungarico dei Cattolici Bosniani, in previsione dell'eventualità che la Provincia a cui appartengono avesse a cessare di far parte dell'Impero Turco, diede come di ragione luogo a molti e diversi apprezzamenti. Dovetti però constatare, che se alcun tempo fa ben pochi od a meglio dir nessuno del partito liberale voleva sentir parlare d'annessioni Slave, la cosa è alquanto cambiata in oggi. Da molti che prima mi tenevano ben diverso linguaggio mi sentii dire in questi giorni: che se in fondo l'annessione della Bosnia alla Monarchia non sarebbe un fatto desiderabile, non lo si potrebbe neppur considerare siccome un malanno. Quelli che mi parlano appoggiano il loro asserto alla considerazione che il possesso della Dalmazia senza la Bosnia sarà sempre di peso più che di vantaggio alla Monarchia, e conchiudono poi col dire: che uno Stato che non si sente in grado di sopportar annessioni confessa in modo pericoloso la propria sua debolezza costituzionale. Questa mia impressione sul rivolgimento che sta operandosi nell'opinione pubblica è anche divisa da altri miei colleghi da cui ebbi a sentire conformi apprezzamenti.

Con ciò non intendo dire: che il Gabinetto di Vienna abbia modificato il suo modo di vedere; ché anzi fino a questo momento ho ogni ragione di credere si mantenga alienissimo da ogni idea d'annessione. Ho però creduto dover mio riferire all'E. V. questa mia impressione, il fatto a cui essa si riferisce, potendo pur esercitar una qualche influenza sulle decisioni che l'Imperatore sarà per prendere in seguito, a seconda dello svolgersi degli avvenimenti.

280

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 711. Pietroburgo, 27 luglio 1876, ore 15 (per. ore 18,30).

J'ai sondé le prince Gortchakoff au sujet des bruits d'un projet de protectorat autrichien en Bosnie et Herzégovine. Son Altesse m'a déclaré sruns hésitation qu'il n'était nullement question d'une semblable solution et que si elle était mise sur le tapis la Russie ne donnerait son appui ni son consentement. Le prince admet seulement qu'il puisse y avoir, au besoin, sur la cote de Dalmatie, quelque rectification de frontière n'ayant aucune importance politique.

281

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R.R. 510. Vienna, 27 Zuglio 1876 (per. il 30).

Fin dal 6 corrente avevo l'onore di comunicare all'E. V. telegraficamente (1), il mio personale convincimento, che al convegno di Reichstadt, sarebbesi posta sul tappeto la questione del richiamo del Generale Ignatiew siccome la misura la meglio atta a chiaramente manifestare la serietà dell'amichevole accordo col quale la Russia intendeva procedere negli Affari Orientali in unione coll'AustriaUngheria.

Pel Gabinetto di Vienna nell'ottener ciò vi era un doppio scopo da conseguire: poiché oltre allo sbarazzarsi d'un aperto avversario del Conte Andrassy, quale ebbe a mcunifestarsi in modo non dubbio in questi ultimi anni il prefato Ambasciatore Russo a Costantinopoli, gli si porgeva pure, mezzo naturale di richiamare il Conte Zichy che non si era mostrato pienamente all'altezza della sua posizione, e di surrogarlo con un altro Ambasciatore che sapesse meglio di Lui rendersi fedele interprete della politica Austro-Ungarica presso alla Porta.

Come ebbi più tardi a nuovamente telegrafare all'E. V., mi risultò che la questione fu infatti ventilata a Reichstadt, senonché parrebbe che il Principe Gortchakow non abbia creduto pronunciarsi in modo assoluto intorno al desiderio fattogli sentire, ed abbia lasciato capire, che se il richiamo di Lord Elliot avrebbe potuto essere una concessione atta a compensar in parte almeno quello del Generale Ignatief, egual peso IIlOn poteva darsi al ritiro del conte Zichy. n Principe Cancelliere avrebbe però fin d'allora fatto presentire che si sarebbe dato un temporario congedo all'Ignatiew, in attesa di ulteriori decisioni che il corso degli eventi potrebbe motivare.

Ieri l'altro infatti, il Generale Ignatiew siccome ci annunciava il telegrafo, partiva in congedo di tre settimane! Nessuno però ritiene ch'Egli abbia a ritornare a Costantinopoli dove la sua attività non troverebbe più nelle attuali drcostanze gl'elementi necessari onde spiegarsi. Sembra ora s'aspetti ad ogni modo di conoscere le definitive risoluzioni del Gabinetto di Pietroburgo per prendere una decisione a riguardo del Conte Zichy, a cui probabilmente si offrirebbe il posto d'Ambasciatore presso l'Augusto Nogl;ro Sovrano, volendo così dimostrare che la fiducia del Suo Signore non gli è venuta meno, ma che le mutate circostanze soltanto motivarono la presa determinazione. Ciò non di meno credo poter dire, che in qualunque maniera, il Conte Zichy non tarderà a lasciare il posto di Costantinopoli, dove la sua posizione sembra sii irremissibilmente compromessa dai legami che in conseguenza cièlle istruzioni ricevute al principio della sua missione, lo stringevano all'Ambasciatore Russo, e di cui come è ben noto, questi ebbe a valersi nel modo il più compromettente per l'Inviato di S. M. Apostolica.

(l) Non pubblicato.

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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

(Carte Robilant)

L.P. Belgrado, 27 luglio 1876.

Non fu per pigrizia né per mancanza di tempo che rimasi senza scrivere a V. E. più di due settimane: si fu IJ€r mancanza di materia. Non posseggo il talento dell'invenzione né quello dell'amplificazione (e quest'ultimo non Le sembra venga un po' di moda) e quando non ci ò musica non canto. Diplomaticamente non si scuopre nulla: nessuna Potenza può fare piani concreti prima di vedere in modo più chiaro chi alla fine sarà per vincerla colle ermi. E la Serbia, s'essa dice che non poserà le armi, se anche città o provincie s!eno invase, e se anche per armi a venire non riesca a stancare il mondo e Turchia, non bisogna prenderla con tutto il serio : ma nemmeno poi darvi nessuna importanza. A Roma vorrebbero ch'io indagassi, scoprissi, indovinassi, fiutassi, prevedessi, profetizzassi, ma ò un bel spremere il cervello mio e fare di quegl'interrogatorii alla lunga che fanno un posto a noi diplomatici fra i reporters americani e gli avvocati fiscali, io non scuopro l'America, e forse, mia colpa, nemmeno l'uovo di Colombo. Il solo Agente inglese tiene un linguaggio favorevole alla Serbia ed è perchè nel suo paese si desidera che la quistione sia rapiJ€ZZata col filo più forte possibile, e che trascorra il più lungo tempo possibile fra questo ed il successivo squarcio. E noi, parmi, non la dovressimo intendere altrimenti: e poi meno deboli saranno questi od altri che saranno scelti a egemoni in questa contrada, meno dipendenti saranno dalla Russia, e quantunque ortodossi, dovranno cercare nell'occidente un appoggio che si farebbe e spero si farà sentir utile e perciò piglierà radice. Ed Ella non la pensa un pò anche così? Militarmente le cose camminano poco bene agli occhi miei: è fatto un mutamento di fronte dal sud all'est, il quale fu poco inquietato. Ma la peggio si è che molti battaglioni non si battono, ma se la battono. Nei fucili v'è troppa inferiorità. Osservo però che quando o Turchi o Serbi son dietro terra smossa non v'è modo di scacciarli: è il loro modo tradizionale di combattimento, quella terra raffigura il sasso, il macigno ed il [par. ill.] della montagna. Anche in Grecia ove vidi una giornata di fucilate le cose andarono così. Moltissimi feri·ti nelle membra inferiori, e moltissimi morti fatta proporzione coi feriti: non sicuro che i Turchi non li raccolgono, e non dan loro il colpo di grazia. Quei tre italiani per i Quali interessai il Cavaliere Salvini, e per i quali questi scrisse a V. E., furono il dì dopo essere stati in prigione, posti in libertà. Mandai il Vice Console ad informarsene: erano stati posti al bujo IJ€rchè apertamente annunciavano l'intendimento di venire aui ad arruolarsi. E' vero che il maggiore Corsi verrà da noi a questo quartiere generale? Di Cernajeff si dice un male d'inferno: ma, credo, che questo publico, come tante altre volte altri pubblici ebbero torto, lo abbia anche lui. Del rimanente

non lo si può accusare di fanfarone: [fa] quel che può con soldati che non tutti fanno quel che potrebbero.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

D. 4. Roma, 28 luglio 1876.

Con dispaccio del 14 di questo mese n. 614 (1), ho comunicato a V. S. il testo dei telegrammi giunti a questi Incaricati d'Affari di Austria-Ungheria e di Russia circa le conclusioni adottate nel convegno di Reichstadt; e riuscirebbe forse superfluo, ora, ogni ricerca intorno alle altre versioni che sono state date di quelle conclusioni. Sono tuttavia grato alla S. V. dei particolari e dei rilievi che si contengono in proposito nel pregiato suo rapporto del 12 luglio n. 2698 (2).

E' degno di nota che in entrambi i testi a noi comunicati si parla bensl di una eventuale entente entre les Puissances chrétiennes, ma non è punto fatto cenno di accordi preliminari che prima dell'accordo generale dovrebbero intercedere fra i tre Imperi. Sembra quindi che a siffatti accordi preliminari si conserverebbe, ad ogni modo, il carattere di un semplice scambio di idee. Ed è pure a ritenersi, sopratutto dopo i convegni di Reichstadt e di Salisburgo, che, per effetto della cresciuta intimità fra i tré. Imperi, la procedura che essi osserveranno, nelle prossime fasi dell'azione diplomatica dell'Europa, non sarà molto dissimile da quella precedentemente seguita. Da ogni lato ci giungono indizi manifesti della inutilità degli sforzi che da talune Potenze si volessero fare per ottenere, a questo riguardo, un mutamento di prammatica.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

D. 5. Roma, 28 luglio 1876.

La S. V. Illustrissima mi ha segnalato, con rapporto del 22 luglio n. 2641 (3),

due Decreti che il Journal officiel del giorno stesso aveva pubblicato, e relativi l'uno, all'ele·vazione della Legazione di Francia in RÒma al grado di Ambasciata, e l'altro alla nomina del Marchese di Noailles in qualità di Ambasciatore. Entrambi questi Decreti recano la data del 18 luglio, che è appunto auella del giorno in cui S. E. il Generale Cialdini presentava al Maresciallo presidente le sue credenziali.

L'o.pinione pubblica, in Italia, si è compiaciuta di questa coincidenza, la quale dimostra come premesse al Governo della Repubblica di porgere nuova testimonianza della sua amicizia e del suo impegno nello assodare vieppiù i vincoli di simpatia e di benevolenza che legano l'uno all'altro paese. La prego, Signor Incaricato d'affari di voler cogliere la prima oppÒrtunità che Le si presenta per far conoscere questi nostri sentimenti a S. E. il Signor Duca Decazes.

n Re essendo assente per parecchie settimane da Torino e trovandosi nelle

Alte Alpi non sarà probabile che la udienza del Marchese di Noailles abbia luogo prima che Sua Maestà faccia ritorno ad alcuna delle sue residenze. Sarà bene che questo si sappia a Parigi, acciocchè non sembri che da parte nostra si voglia essere poco solleciti nel mettere il rappresentante della Francia in grado di assumere la nuova dignità di cui il suo Governo lo ha investito.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 242. (3) -Non pubblicato ma cfr. n. 272.
285

IL VICECONSOLE A GINEVRA, G. BASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 113. Ginevra, 28 luglio 1876 (per. il 30).

Ho l'onore d'informare V. E. che, secondo tutte le probabilità, il Congresso Generale della Internazionale sarà tenuto a N euch.atel perchè vi è la sede del Bureau Federale.

Mi si assicura inoltre che il mandato di funzionare da Bureau Federale dell'Internazionale d'Europa verrà affidato pel 1876-1877 alla Federazione Itali:ana la quale, interpellata dal Guillaume, rispose per mezzo del Costa che • coll'attuale Ministero non vi sono grandi pericoli e che perciò si potrebbe stabilire il centro direttivo della Internazionale in Italia •.

Ed infatti tocca all'Italia per turno, poichè in Francia e Spagna l'Internazionale è proibita; Svizzera e Belgio funzionarono dal 1873 in poi, in Germania poi l'Internazionale fa da sè e si è quasi certi che non aderirà al prossimo Congresso.

Beninteso che di sottomano la direzione morale resterà sempre alla Federazione del Giura.

286

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 97. Roma, 29 luglio 1876.

Nei due documenti annessi al mio dispaccio del 14 Luglio, n. 78 (1), è riprodotto il testo delle comunicazioni che ci furono fatte dai Gabinetti di Vienna e di Pietroburgo circa le conclusioni del convegno del Reichstadt. Le quali conclusioni, secondo le notizie pervenuteci da più lati, sarebbero state confermate nel convegno di Salisburgo.

E' di poi sopravvenuta la chiusura del porto di Klek ed io ebbi cura di farle conoscere le comunicazioni che in proposito ci sono pervenute dalla Sublime Porta e dal Gabinetto Austro-Ungarico (dispacci del 15 e 20 luglio N. 80 (2) e 85 (1). Alle quali informazioni posso ora aggiungere questo: avere, cioè, la Russia dichiarato che il provvedimento preso dall'Austria-Ungheria di chiudere il porto di Klek è considerato dal Gabinetto di Pietroburgo come pienamente conforme ana politica di neutralità e di non intervento adottata dal Gabinetto

di Vienna e che i due Governi Imperiali sono perfettamente d'accordo a questo riguardo.

Dal complesso di queste notizie risulta in modo non dubbio che l'unione fra i tre Imperi si è consolidata nei convegni di Reichstadt e di Salisburgo. Però la politica dei tre Gabinetti si mantiene essenzialmente pacifica, nè ci sembrano fondate le preoccupazioni che la S. V. Illustrissima mi riferisce, nel suo Rapporto del 16 Luglio, N. 270 (1), essersi, da ultimo, suscitate presso la Sublime Porta. E rispetto alle cose esposte nel rapporto stesso, debbo anche soggiungere non constarci punto della esattezza della supposizione che l'azione personale del Principe di Bismarck siasi esercitata, in questi ultimi tempi, con insolita efficacia ed in guisa che siano da attribursi alla medesima i risultati ottenutisi nei convegni degli Imperatori. Certo è, ad ogni modo, che è destituita d'ogni fondamento la notizia di abborcamenti che avrebbero avuto luogo fra il Principe di Bismarck ·ed il Principe Gortchakow a Berlino, prima che i due Sovrani convenissero a Reichstadt; il Principe di Bismarck era da parecchie settimane a Kissingen, dove fu invece notato come vi si recasse direttamente Lord Odo Russell, reduce da Londra.

Riconosco, del resto, quanto sia difficile per la S. V. Illustrissima discernere in me7.zo alle voci contraddittorie e vaghe provenienti da varie fonti, la norma da cui Ella possa trarre consiglio per procedere in buona armonia col Governo locale e con tutti i colleghi. Però tra le notizie già a primo aspetto inverosimili, va, senza dubbio, annoverata quella della partenza della squadra britannica per Klek, di cui è cenno nel precitato Rapporto del 16 luglio. Ritengo, anzi, che per ciò appunto la S. V. abbia accettato l'incarico di tenerne parola coll'Ambasciatore d'Inghilterra, rimpetto al quale Ella si sarebbe naturalmente trovata in una posizione delicata se la cosa fosse stata vera.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 252.
287

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 294. Terapia, 29 luglio 1876 (per. l' 11 agosto).

Ricevetti a suo tempo il dispaccio che l'E. V. mi faceva l'onore di rivolgermi il 15 del presente, Serie Politica N. 79 (2), per trasmettermi copia di un dispaccio che Essa dirigeva al R. Incaricato d'Affari a Parigi riguardo ai negoziati che erano seguiti tra l'Inghilterra e la Russia sotto gli auspici della Francia affine di trovare una soluzione della questione d'Oriente. Per esso V. E. facevami ·l'onore di domandarmi Le fornissi tutti quei ragguagli che mi venisse fatto di raccogliere sull'accoglimento che il Governo Austro-Ungarico sarebbe per fare alle proposte di cui tra di esse si trattava.

L'E. V. conosce come sia stata sempre mia cura di trarre dalle migliori fonti quelle maggiori informazioni che per me si potè sopra questo importante argomento, e d'esse abbia reso pronto conto a V. E.

Affine di rispondere adeguatamente alla speciale domanda che l'E. V. si compiace ora rivolgermi, riprenderò l'argomento da una fase più remota.

Verso la metà di Giugno, come l'E. V. conosce, l'Inghilterra rivolgevasi direttamente alla Russia affine di vedere se v'era mezzo di trovare una base d'accordo. Questa base in vero era quasi trovata nell'applicazione alle Province insorte di una autonomia amministrativa. Senonché l'Inghilterra era d'avviso in quella situazione di cose si dovesse dapprima lasciare scioglier la questione dalle armi (une saignée). La Russia rispondeva essere avversa alla politica basata sull'effusione del sangue, e preferire d'applicare le misure che sarebbero convenute tra le Grandi Potenze evitando siffatta calamità. Mentre seguivano questi scambi d'idee tra Londra ed Ems, i Serbi ed i Montenegrini s'incaricavano di rimuovere quello screzio tra le due parti, ed il sangue scorse a torrenti. Né rimaneva quindi alcuna seria difficoltà all'intelligenza tra i due Gabinetti di Londra e di Pietroburgo.

Seguiva poco appresso il convegno di Reichstadt. Quali intelligenze fossero prese in esso è tuttora avvolto nel mistero. Al pubblico fu annunciato essere stato convenuto che le Grandi Potenze adottassero per ora la politica di non intervento, per le eventualità future si metterebbero d'accordo le Grandi Potenze Cristiane. Questa conclusione per me non significò che la constatazione d'un fatto presente, e l'espressione d'una aspirazione per l'avvenire. L'Hlustre mio Collega che sì degnamente rappresenta l'Italia a Vienna avrà detto all'E. V. se qualcosa di più concreto fu conchiuso in quella occasione tra i due Imperatori. A me parrebbe a priori che qualcosa più di quello che fu pubblicato debba esservi stato inteso.

Continuava frattanto il Duca Decazes ad interporre i suoi ufficii presso i Governi della Gran Bretagna e di Russia affine di condurli ad un accordo completo sulle eventualità avvenire, ed il Ministro Francese formulava certi punti fondamentali ai quali aderiva il Governo britannico. E bene osservava l'E. V. • l'assenso del Governo Russo alle proposte già accettate dall'Inghiiterra non essere dubbio quando queste si raffrontino colla contro-proposta che, poco prima dell'apertura delle ostilità, il Principe Gortchakow opponeva alla primitiva proposta Inglese •.

Senonché sorgeva allora un penoso dubbio: sarebbero queste proposte accettate dal Governo Austro-Ungarico? Qui sta il vero nodo della questione. È per me arduo d'entrare in questo argomento, imperocché io non posso avere altri dati all'infuori delle parole sfuggite ai miei Colleghi di Russia e d'Austria; ed è noto come il primo non esprima spesso che le sue idee personali, mentre il secondo mai non si diparte da una condotta sì corretta che nulla se ne trae che non si riferisca al suo officio dir~tto.

V'hanno tuttavia per guidarmi i principii ineluttabili della politica Austro

Ungarica, la necessità delle cose. Quella è contraria a qualunque incremento

dell'elemento Slavo indipendente alla sua frontiera; né può essere altrimenti.

L'Austria è quindi avversa sia all'ingrandimento della Serbia, sia all'indipen

denza della Bosnia, che significherebbe probabilmente annessione alla Serbia,

ed è evidentemente per ragioni analoghe che essa non sa rassegnarsi neppure

all'autonomia delle Provincie insorte. Che cosa vuole dunque l'Austria? Io credo veramente che il suo pm vivo desiderio sarebbe che, mediante riforme amministrative bene intese e fedelmente applicate, quelle provincie si riconciliassero alla dominazione Turca. Ma ora che la lotta è aperta sopra grande scala, è egli verosimile che siffatta eventualità possa ancora verificarsi? Se la sorte delle armi infatti fosse avversa alla Turchia, quelle Provincie sarebbero irremissibilmente perdute per essa; e se la Turchia riescisse vincitrice, essa si presterebbe difficilmente a subire le condizioni imposte dalle Grandi Potenze, ed in ogni caso le sue truppe inebbriate dal sangue commetterebbero tali crudeltà che sarebbe arduo per l'Europa civile d'assistere impassibile a quello spettacolo. Né sarebbero le popolazioni per accontentarsi delle istituzioni Cretesi, ché ,la lunga esperienza ha insegnato che cosa significhino le riforme accordate dalla Sublime Porta. L'Austria deve sentire queste verità meglio di qualunque altra Potenza, ad eccezione forse d'una sola. Tra i diversi mali avrebbe quindi a scegliere il minore; e se ne viene naturalmente alla conseguenza che alla costituzione d'un torte Stato Slavo alle sue porte, l'Austria preferirebbe l'annessione d'una parte almeno delle vicine Provincie Slave all'Impero.

Voglio qui riferire un aneddoto che illustra grandemente questa posizione. L'indomani della presentazione alla Sublime Porta dell'ultimatum della Serbia, stavano innanzi a me il Signor Magazinovich, ed il suo primo Interprete. Il primo dopo aver detto alcune cose che provavano l'emozione del suo animo, si rivolse al secondo e disse: • Non credete voi che potrebbe capitare alla Serbia di servire di capro emissario ad altri? • Cui rispondeva l'interlocutore con un segno di affermativa tristezza.

Di queste impressioni io già diedi qualche contezza all'E. V. alla quale scrivevo in cifre, sotto la data del 12 del presente, l'Ambasciatore di Russia essere d'avviso che il Governo Austro-Ungarico accarezzava l'idea di dare alla Bosnia ed all'Erzegovina l'autonomia sotto il protettorato austriaco, il che rassomigliava assai ad una annessione; ed il 16 del medesimo scrivevo H Generale Ignatiew credere che in certe eventualità si potrebbe trovare una base di accordo all'annessione della parte nord-ovest della Bosnia all'Austria, del resto alla Serbia. Aggiungerò ora che l'Ambasciatore di Russia avendo pronunciate queste parole in una conversazione intima col suo Collega d'Austria, questi rispondeva non poter entrare nell'argomento, queste essendo materie che non potevano trattarsi che tra i Gabinetti. Ed il Conte Zichy è impenetrabile sopra questo argomento. Sta tuttavia di fatto che il Rappresentante della Russia in questa residenza non mancava mai, quando se ne presentava il destro, di far balenare siffatte idee allo spirito del suo Collega Imperiale, assicurandolo che niuna opposizione si avrebbe ad incontrare da parte deHa Russia nella loro realizzazione.

E qui sarebbe il caso di ammirare l'apparente disinteresse della Russia la quale per tal modo tentava l'Austria senza nulla chiedere per se stessa. Di questo disinteresse l'E. V. avrà maggiori spiegazioni d'altra parte. A me risulterebbe, più forse dalla natura delle cose che da alcune parole raccolte in aria, che tutto quello che la Russia sarebbe per desiderare e forse per domandare, quando l'occasione si presenti, sarebbe la libera navigazione di questi mari, la cessazione delle stipulazioni che imprigionano la sua marina nel Mar Nero.

Sopra questa ed altre basi potrà forse continuarsi l'accordo tra l'Austria e la Russia anche in seguito a più gravi eventualità; ed a questo accordo, qualunque sia per essere, aderirebbe indubbiamente la Germania la quale non domanda che di non essere posta nella dolorosa posizione di dover optare tra i due Imperi. Né ho bisogno d'aggiungere che i tre Imperi riuniti trascinano, volentem aut nolentem, il resto dell'Europa.

Di soluzioni assai più radicali della questione d'Oriente fu anche discorso in altre regioni; ma qui non se ne trattò; né io vedo ora l'opportunità d'entrare in si:ffatte dissertazioni.

Queste considerazioni ho l'onore di sottomettere all'E. V. come il frutto delle osservazioni per me fatte in mezzo a questi elementi. Ma chi può prevedere l'avvenire quando gli eventi sono abbandonati alle sorti delle armi, e le passioni di razza e di religione si scatenano con violenza ognor crescente? Chi può dire se fra due mesi saranno i Turchi a Belgrado, oppure i Serbi a Serajevo? Arroge le condizioni in cui versa l'Impero -Sultano demente -dissenso fra i Ministri -finanze in istato di fallimento -credito distrutto -guerra interna -guerra esterna.

Che cosa uscirà da questo stato di cose? Le Grandi Potenze sono senza dubbio animate dal sincero desiderio d'arrestare il fuoco alla prima occasione, ed operano assai saggiamente nel preparare il terreno affine di poter riuscire nell'intento. Ma è chiaro che i progetti ora formulati avranno ad essere modificati a seconda degli avvenimenti che si saranno verificati nell'intervallo. E sarà importante che allora le Grandi Potenze spieghino disposizioni concilianti, e prendano risoluzioni pronte; nè dubito che la Diplomazia Italiana, sotto la saggia direzione dell'E. V., potrà in quelle congiunture rendere segnalati servigii alla causa della pace.

Un'ultima osservazione aggiungerò nel chiudere il presente rapporto. ed è che quando le Grandi Potenze avranno stabHito un accordo concreto sulla soluzione da darsi alla questione d'Oriente, la relativa deliberazione sarà probabilmente a presentarsi alla Sublime Porta, non a guisa di consiglio o suggerimento, ma come una misura che deve eseguirsi; e potrebbe anche divenire opportuno di appoggiarla d'una dimostrazione di fatto che sia conforme alla dignità ed agli interessi delle Alte Parti, e ne assicuri la regolare riuscita.

(l) -Cfr. n. 256. (2) -Non pubblicato.
288

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 36. Roma, 30 luglio 1876.

Ringrazio l'E. V. per il fattomi invio del Blue Book, regolarmente pervenutomi assieme col pregiato Rapporto del 22 di questo mese, N. 32 (1). Tra i documenti contenuti nella Raccolta hanno richiamato in particolar modo la nostra attenzione quelli che si riferiscono alle comunicazioni scam

biate fra l'Inghilterra e l'Italia in questi ultimi mesi. Come spesse volte avviene in pubblicazioni di questo genere, il pensiero svolto in lunga e diffusa conversazioné, è stato in alcuni dispacci, troppo brevemente riassunto perchè PQssa appalesarsi in tutta la sua pienezza. Da siffatto modo di pubblicazioni derivano sempre inevitabili inesattezze, sopratutto per ouello che concerne il valore attribuito a frasi incidentali, di cui sovente si esagera la importanza.

Sotto questo punto di vista, non poche sarebbero le rettificazioni di cui sono suscettibiU i rapporti di Sir A. Paget relativi a colloqui avuti meco. Potrei citare ad esempio la dichiarazione che mi si attribuisce nel Documento N. 280: avere cioè accentuato, nel rispondere al Memorandum di Berlino, la importanza che il Governo italiano annette a che non si adottino in avvenire simili procedimenti senza che prima intervenga un previo accordo fra tutte le Potenze. Così pure, nel Documento N. 307, è· dato un carattere ben più assoluto alla mia osservazione che il Memorandum di Berlino era sopratutto opera della Cancelleria Russa. Così, infine, e per non moltiplicare gli esempi, veggo che, per riferire la mia risposta ad una interpellanza parlament~re, Sir. A. Paget si è valso (Doc. N. 356) del rendiconto del Giomale Italia, rendiconto che nè ha carattere officiale, nè suoi essere molto esatto.

Non mi sembrerebbe opportuno, trattandosi di inesatta gradazione nella espressione del pensiero, e non già di veri errori, una domanda di rettificazione. Certo però, qualora alcun altro Gabinetto ci interrogasse intorno all'esattezza delle parole che mi sono attribuite, potrebbe divenir necessario che si ristabilisca, da parte nostra, la realtà delle cose. Per quanto concerne la E. V., basterà che, presentandosi opportuna occasione (la qua,Ie, però, non dovrà essere espressamente ricercata), Ella faccia intendere, in termini generali, che il sistema delle pubblicazioni inglesi offre, il più sovente, gli inconvenienti sovrindicati, e che abbiamo dovuto farne l'esperimento in questa circostanza.

(l) Non pubblicato.

289

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 513. Vienna, 30 luglio 1876 (per. il 2 agosto).

Trovando ripetuta con interesse nei giornali la voce che continuino tuttora i negoziati fra l'Inghilterra e la Russia onde addivenire ad una mediazione in Oriente; sebbene per conto mio non prestassi gran fede a simili dicerie, ho però creduto conveniente interpellar in proposito il Barone Hoffmann. S. E. risposemi: il Gabinetto di Vienna non aver affatto conoscenza di tali trattative; potermi però dire che il Conte Andrassy respingerebbe assolutamente per conto suo proposte di questa natura, sino acché la sorte delle armi non avesse pronunciato il suo verdetto fra i combattenti in modo assoluto. Addivenire ad una mediazione prima che ciò si verifichi, renderebbe imPQssibile qualsiasi soluzione ed esporrebbe in modo non dubbio ad un nuovo prossimo incendio. Per quanto quindi possa essere crudelmente condotta la guerra attuale forse da ambe le parti, indispensabile si è ch'essa continui, non essendosi voluto dar ascolto ai consigli che non fecero dìfetto in tempo opportuno.

Come di ragione, mancando d'istruzioni in proposito, mi limitai ad ascoltare il mio interlocutore senza far osservazioni di sorta; il silenzio mi era d'altronde tanto più facile a serbare che per conto mio non dissentivo dall'apprezzamento svoltomi, ritenendo io al pari del Conte Andrassy, ancor prematuro il momento attuale per una mediazione che malcontenterebbe le due parti, e non troverebbe d'altronde il terreno opportunamente preparato onde prepararvi sopra l'erezione di un edificio di almen probabile stabilità.

290

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

D. 13. Roma, 31 luglio 1876.

Con Rapporto del 21 di questo mese, N. 14 (1), l'E. V. mi ha riferito i particolari dell'accoglienza che ebbero, così al loro ingresso sul territorio russo, come al loro arrivo in codesta capitale, le LL. AA. RR. il Principe e la Principessa di Piemonte. Telegrammi di data posteriore mi hanno fatto conoscere le notizie relative al soggiorno delle loro Altezze Reali presso la Corte Imperiale.

La festosa e cordiale ospitalità che i Reali Principi trovarono in Russia ha prodotto la più eccellente impressione in Italia, ove, in quelle dimostrazioni di simpatia tra le case regnanti nei due paesi, si vuole scorgere, con ragione una prova novella ed un pegno dell'amicizia che unisce l'uno all'altro Stato. Per questo rispetto il viaggio degli Augusti Principi avrà senza dubbio efficacia positiva sui reciproci rapporti dei Governi, epperò mi giova di qui esprimere il nostro vivo compiacimento, affinché se ne serbi memoria nel carteggio tra il Ministero e codesta Reale Ambasciata.

291

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, MENABREA, A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. 367. Roma, l agosto 1876, ore 22.

Le bruit que des journaux ont répandu au sujet de l'envoi de deux navires de guerre en Egypte, n'a point de fondement. Bien que nous n'ayons pas lieu d'etre satisfaits de la conduite des autorités égyptiennes de Zeila envers l'expédition géographique italienne, nous comprenons assez ce qu'il y a de difficile et de délicat dans la situation aotuelle des affaires en Egypte, pour vouloir appuyer nos réclamations envers le Khédive par une démonstration armée.

(l) Non pubblicato.

292

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AL MINISTRO A BRUXELLES, DE BARRAL

D. 5. Roma, l agosto 1876.

Con rapporto del 18 luglio scorso, n. 20 (1), la S.V. Illustrissima mi ha segnalato il breve discorso che codesto Signor Ministro di Russia ha pronunciato a Gand, in occasione di un banchetto datosi alla chiusura di quel concorso agricolo che ivi si tenne nella prima quindicina del mese.

Rispondendo, in nome della diplomazia, ad un altro brindisi, il Conte Bloudoff, che non ne aveva mandato dei suoi colleghi, non ha certamente inteso a parlare in nome del corpo diplomatico. Tuttavia le dichiarazioni pacifiche del Ministro Russo riuscirono senza dubbio gradite e con ragione ebbero lieta accoglienza. Sono quindi riconoscente alla S. V. Illustrissima di avere richiamato su quell'incidente l'attenzione del R. Ministero.

293

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 737. Lisbona, 2 agosto 1876, ore 13 (per. ore l del 3).

Suivant mon télégramme du 12 juillet (1), j'ai l'honneur d'informer V. E. que d'après échange d'idées entre Madrid et Lisbonne, le président du Conseil espagnol a donné instructions à son ambassadeur à Rome, qui les avait demandées d'urgence, attendu l'état de plus en plus affaibli du Pontife, de se mettre d'accord avec les puissances catholiQues pour l'élection d'un Pape modéré et conciliant. De Lisbonne on a insisté pour accord spécial avec M. de Thomar. Andrade Corvo accompagne demain le Roi pour une course d'un mois da1ns le nord du Portugal. En cas de besoin, il reviendra de suite.

294

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

D. 9. Roma, 2 agosto 1876.

Negli ultimi giorni di Questa settimana sarà reduce a Parigi dall'Inghilterra l'Ambasciata marocchina. S. E. Mohamed-el-Zebdì è già avvertito che S. M. il Re gli darà udienza a Torino tra il 29 ed il 30 agosto, e sembra essere

sua intenzione di venire in Italia verso la metà del mese. La S. V. vorrà quindi mettersi in comunicazione con l'ambasciata stessa, affinché si possano avere in tempo opportuno, gli avvisi necessari e prendere le convenienti dispo. sizioni pel ricevimento alla frontiera italiana.

Gioverà, intanto, che la S. V. faccia conoscere a S. E. l'Ambasciatore che i doni destinati da S. M. l'Imperatore del Marocco a S. M. il Re sono già arrivati a Genova, e ,tosto fu disposto perché siano inoltrati a Torino, ove l'ufficio doganale li terrà in custodia fino all'arrivo dell'Ambasciata. L'Imperatore del Marocco dona pure a S. M. il Re un certo numero di cavalli. Affinché il trasporto di quest'ultimi si possa compiere con maggiore sicurezza, il R. Governo ha pensato di valersi, per imbarcarli a Tangeri, dello stesso legno della Rea,! Marina che ricondurrà l'Ambasciarta al Marocco dopoché avrà condotto a termine la sua missione in Italia.

(l) Non pubblicato.

295

L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI MELEGARI

R. 23. Bruxelles, 2 agosto 1876 (per. il 6).

Il Barone Lambermont, Segretario Generale al Dicastero degli Affari Esteri del Belgio, mi diede oggi alcune notizie sul congresso geografico Affricano, che deve aprirsi in Bruxelles verso li 12 del prossimo venturo Settembre. Credo dover mio riferire Questi particolari benché V. E. sia già probabilmente informata per altra via di tale dotta riunione.

S. M. il Re Leopoldo riconosciuto da turtti com'e un Sovrano sempre pronto a sostenere le belle idee di filantropia e di progresso umanitario, nella sua ultima gita a Londra ebbe varii colloquii cogli Inglesi che più specialmente si occuparono delle esplorazioni Affricane. Ora questi personaggi diedero alla Maestà Sua il pensiero di riunire in Bruxelles un congresso degli uomini più competenti di tutta l'Europa, per le loro conoscenze teoriche e pratiche del continente Affricano, onde discutere i provvedimenti da prendersi affinché le scope11te degli ultimi anni producessero i maggiori risultati favorevoli al commercio ed alla civiltà mondiale.

Il Sovrano Belga volle mettere in pratica il pensiero, ed in questo momento fa preparare nel suo palazzo stesso di Bruxelles alloggi speciali pei varii esimii dotti che assisteranno alla detta assemblea la quale avrà per presidente probabile la stessa Maestà Sua.

Il Barone Lambermont mi disse che vi saranno 4 Tedeschi, varii Inglesi e Francesi e due Italiani, l'Onorevole Commendatore Correnti Consigliere di Stato ed il Commendatore Negri Antico Ministro Residente. Questa riunione è sotto il patrocinio personale e speciale del Re ed il Gabinetto Belga non vi entra, di più è affatto indipendente dell'Esposizione di Igiene e Salvataggio.

Il mio interlocutore mi asserì ancora che le vosi sparse dalla stampa francese di una possibile riunione diplomatica in Bruxelles per la questione d'Oriente non meritano veruna fede e che al Ministero Esteri non avevano avuto cenno alcuno della cosa.

296

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. CONFIDENZIALE 38. Roma, 3 agosto 1876.

Assieme con questo mio dispaccio, perverranno a V. E. i documenti più recenti relativi alla situazione di Tunisi. Le apparirà così dal carteggio stesso come stanno veramente le cose e quali incidenti siansi precisamente suscitati.

Intanto, poiché mi si offre occasione di trasmissione sicura, mi giova richiamare l'attenzione di V. E. sopra le doglianze mosse dal Ministro francese per gli affari esteri rispetto al nostro atteggiamento nel1a questione di cui si tratta. Figurano nell'incartamento n. 9 i rapporti dire,ttimi, sopra questo proposito, dal R. Incaricato d'Affari in Parigi, ed il dispaccio contenente le nostre osservazioni circa quei lamenti, del tutto infondati. Secondo nostre notizie positive l'incidente ebbe origine dall'avere il gener,ale Kheredine comunicato all'Agente di Francia, Signor Roustan, un dispaccio diretto da Lord Derby al Signor Wood, nel quale era detto che l'Italia aveva offici a Londra, segnalando alla sollecitudine dell'Inghilterra i progetti ambiziosi ed i progressi (envahissements) della Francia nella Tunisia. Siccome trattasi in sostanza di affare non avente altro fondamento all'infuori di parole riprodottesi in più conversazioni successive e, per conseguenza passate per la bocca di più persone, alcuna delle quali poté, anche involontariamente mutarne od .esagerarne il senso, non parrebbe opportuno di procedere a rettifiche, le quali accrescerebbero solo l'importanza della cosa. Scopo della mia presente comunicazione è, quindi, questo so·lo: che, cioè, V. E. sappia la fonte dell'avvenuta indiscrezione·.

297

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R.R.S.N. Vienna, 3 agosto 1876 (per. il 7).

A malgrado lo studio incessante a cui attendo onde pormi in grado di soddisfare al ben naturale desiderio dell'E. V. di conoscere con quella maggior precisione possibile, il modo di vedere del Gabinetto di Vienna, in ordine alla miglior soluzione a darsi alla presente crisi orientale, d'uopo mi è confessare

·che a ben poco di concludente riesco. Anzitutto difficilissimo, per non dire

impossibile, si è l'attingere al riguardo dal Conte Andrassy informazioni atte

a servire di meno incerta base agli apprezzamenti. Da oltre un mese non

26 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

ebbi la buona sorte d'incontrare il Conte, che Hene la sua porta chiusa a tutti, salvo all'Ambasciatore Russo, e qualche volta eccezionalmente a quello di Germania. Il Barone Hoffmann riceve pel Ministro i diplomatici, ma da lui non è dato di conoscere se non i fatti compiuti e talvolta le cause che li motivarono: in quanto alle conseguenZJe che se ne potrà trarre, nonché agli apprezzamenti a cui danno luogo, evidente si è che il Barone manifesta più la sua personale opinione, che non quella del suo Capo, che si ha ogni ragione di ritenere Egli non conosca perfettamente. Mancano qui affatto quegli uomini politici, le cui tendenze ed opinioni in altri Paesi riflettono ed inspirano quelle del Personaggio del loro partito che tiene in mano le redini del Governo. La stampa periodica nota per la sua venalità, non esercita grande influenza sull'opinione pubblica, e non è se non una ben pallida manifestazione di alcuni giornali, fra i quali la Rivista del Lunedì, H Frembenblatt, la Presse (vecchia), il Pester Lloyd ed anche il Tagblatt, la Cancelleria di Stato si serve talvolta, ma più per tastare l'opinione pubblica che per manifestare precise opinioni del Governo; il più delle volte poi, questi stessi giornali scrivono per conto proprio anche in senso diametralmente opposto al modo di vedere della Cancelleria Aulica, il Ministero comune non essendo propriamente parlando l'emanazione di nessuno dei partiti Parlamentari. Ben false strade rischierebbe dunque di fare chi desse grande pe·so agli articoli dei giornali. Appositamente dissi più sopra che la Cancelleria di Stato si serve qualche volta della stampa e non feci nessun cenno su ciò del Ministro: ben noto essendo che il Conte Andrassy non fa nessun conto dei giornali ed anzi affetta la maggiore indifferenza, a dir poco, per essi. Egli, a quanto pare, non ne legge neppur uno, e ben di rado scorre anche soltanto il resoconto settimanale che uno dei suoi Segretari ha l'incarico di compilargli.

La politica estera in questa Monarchia è condotta esclusivamente dal Sovrano e dal suo Primo Ministro: più che difficile riesce dunque il saperne qualche cosa, allorché manca il mezzo di conversare in proposito seco Loro. La sola maniera dunque di guidarsi negli apprezzamenti che si deve farne si ~: di studiare attentamente le circostanze d'ogni genere, di cui il Governo di questo Paese è il portato, e colla scorta della conoscenza che si ha degli uomini che li dirigono, ed appoggiandosi sui successivi loro atti nonché sulle opinioni che di quando in quando manifestano, conghietturare, se non il partito a cui saranno per appigliarsi, le decisioni almeno che nella loro testa si starebbero maturando. In condizioni diverse dalle attuali od in altri momenti, un tale stato di cose presenterebbe forse maggior facilità anzi a servire di retta guida nel giudicare dell'avvenire, ma nelle presenti circostanze ciò non può invece se non generare confusione nella mente, poiché, non v'ha dubbio per me, che chi governa in Austria-Ungheria, non sa né potrebbe in verità sapere quale soluzione accettare siccome la meno nociva alla Monarchia, onde por termine alla presente crisi Orientale, l'assoluto antecedente statu-quo essendo ormai chiaro non potersi ristabilire, tanto a causa dell'eccitamento delle passioni di razza, sviluppatosi mercé un anno d'impune audace lavorio, come in conseguenza della ormai dimostratasi impotenza della Porta a rigenerarsi.

Ad ogni modo mi proverò a manifestare all'E. V. le mie impressioni intorno al partito a cui sarà per appigliarsi il Gabinetto di Vienna, allorché sarà costretto ad uscire dalla attitudine negativa a cui con passione si mantenne fino ad oggi vincolato. Anzi tutto Egli si studierà, mercé l'aiuto della Germania di conservare l'accordo colla Russia. Farà ogni suo possibile onde evitare una conferenza Europea e tanto meno un Congresso, fino a che le basi delle decisioni a prendersi non sian<> in modo ben preciso concretate ed accettate dalla Confederazione dei Tre Imperatori. Sì rassegnerà allora all'annessione della Bosnia probabilmente alla Cisleythania, e se non sarà possibile diversamente, all'indipendenza assoluta della Serbia e della Rumania. Non s'opporrà poi all'ingrandimento del Montenegro ed alla concessione di un'autonomia amministrativa all'Erzegovina ed alla Bulgaria che non si allontani il meno possibile dalle basi tracciate nella nota del 30 dicembre dello scors<> anno. A tutto ciò però l'Austria-Ungheria non consentirà se non mostrando di cedere alla pressione morale dei suoi alle•ati, onde ev1tare di dover dare ai vicini compenso qualsiasi in contraccambio dell'avuto aumento di territorio. Ove poi le circostanze che da un momento all'altro possono nascere, rendessero neanche più possibile questa soluzione, ed una qualche altra più radicale si rendesse indispensabile, ritengo fermamente il Conte Andrassy non vi si piegherebbe e si adatterebbe anche ad andare incontro ad una guerra Europea, procurandosi all'ultimo momento quelle alleanze che potrebbe trovare. L'E. V., colla scorta delle informazioni che riceve dalle altre grandi capitali d'Europa, potrà nel suo alto giudizio formarsi un criterio più esatto del mio che forzatamente spazia su un limitato orizzonte. Ove però conformi ai miei fossero gli apprezzamenti forn.itigli dai miei Egregi colleghi sulle vedute della maggioranza degli altri Gabinetti delle Grandi Potenze, ho ogni ragione di supporre che Quel pal'tito non incontrerebbe opposizione per parte del Gabinetto di Roma, almeno come tappa atta a rallentare il pericoloso prematuro scioglimento radicale della questione d'Oriente. Se mercé quella soluzione tutte le aspirazioni nazionali non trovassero la desiderata soddisfazione, un gran passo sarebbesi già fatto e parzialmente almeno le più gravi ragioni di malcontento sarebbero tolte. Non ho poi d'uopo di aggiungere, la cosa essendo troppo chiara, che a noi dovrebbe indubbiamente convenire l'Austria riceva un aumento di territorio in Ortente, questo essendo il solo mezzo per noi, se avremo potuto procacc.iarci in tempo il necessario appoggio di potenti alleanze, di ottenere soddisfazione alle nostre aspirazioni nazionali a riguardo del Tirolo Italiano, e di procurarcl fors'anche un miglior confine sull'Adriatico. Credo però dover far presente che questa non impossibile felice conseguenza per l'Italia di tale combinazione, è così ovvia, che sarebbe necessario procedere con somma prudente riserva nel mostrare di non osteggiare l'annessione della Bosnia all'Austria, onde togliere i prematuri sospetti contro di noi, che a questo riguardo sembrasi scorgere già si facciano giorno qui, tanto più dopo il viaggio dei reali Principi in Russia, e non siano anzi ultima causa di quella ripugnanza che il Governo manifesta ad accettare l'idea dell'annessione eventuale di quella parte del Territorio Turco.

Intanto però. tutto mi conferma nella credenza. che per comune accordo fra i tre Imperatori la parola verrà per qualche tempo ancora lasciata alle

armi degli attuali combattenti, ed un'effettiva intromissione troverà soltanto il momento di spiegarsi allorché una delle parti avrà ottenuto indiscutibili concludenti vittorie, ovvero 'l'impotenza di arrivare a questo risultato si sarà manifestata in ambi i campi.

Deggio poi pregare l'E. V. a voler fare uso riservatissimo del presente rapporto, che mi permetto pregare non venga compreso negl'incartamenti litografati che si spediscono alle R. Missioni all'Estero.

298

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 43. Londra, 4 agosto 1876 (per. il 7).

Col mio telegramma cifrato d'ieri (l) l'E. V. venne succintamente informata del motivo che aveva determinato il Governo Britannico a mandare il Signor Baring, secondo segretario dell'Ambasciata Inglese a Costantinopoli, in Bulgaria per accertarsi dei fatti rimproverati ai Maomettani contro le popolazioni Cristiane di quelle regioni. Il Conte di Derby mi disse che questa missione aveva per precipuo oggetto di corrispondere ad un deside,rio espresso dall'opinione pubblica in Inghilterra, la quale si era commossa alle narrazioni delle atrocità che sarebbero accadute.

Le notizie che giungono al riguardo sono molto contraddittorie; il Gabinetto Inglese le cvede generalmlente assai esagerate, però le ravvisa in buona parte vere. Si accusano principalmente i Circassi di essersi mostrati i più ardenti; v'ha tuttavia chi, senza scusarli, spiega la loro ferocia; al quale proposito alcuni giornali pubblicano una recente lettera del celebre viaggiatore Signor Vambery, che occupa un'alta posizione in Ungheria, .il quale, per menomare la colpa dei Circassi, pretende che la ferocia che dessi dimostrano oggidì non è che una rappresaglia di atti di barbarie assai più grandi che i Russi avrebbero usati contro di essi quando furono cacciati dalle loro montagne per venire a cercare un rifugio in Turchia. Ma, lasciando a parte queste Decriminazioni, il fatto sta che orrende violenze ebbero ed hanno tuttora luogo nelle provincie che sono attualmente il teatro della guerra; il Governo ottomano stesso se ne commuove, ma si dubita ch'egli abbia la forza di poterle reprimere.

Intanto avendo io chiesto al Conte di Derby se il Gabinetto avesse escogitato qualche mezzo per porre un termine alle ostilità, egli mi rispose che per ciò era necessario di aspettare che qualcuna delle due parti ricorresse alla mediazione delle grandi Potenz·e, e che allora l'Inghilterra sarebbe lieta di concorrere coi suoi sforzi a ristabilire e consolidare la pace. Ma fino allora essa rimaneva fedele al suo principio di non intervento. La missione affidata al Signor Baring non ledeva in nul1a quel principio, e con questa il Gabinetto Inglese non intendeva in nulla intromettersi nell'Amministrazione interna del

l'Impero Ottomano, ma che questa missione, oltre di corrispondere alle esigenze dell'opinione pubblica, aveva per oggetto di esonerare il Governo Inglese della risponsabilità che l'Opposizione cercava di addossargli col rimproverargli di non mostrare sufficiente interesse per le popolazioni Cristiane quando esitava ad accogliere come vere tutte ·le notizie esagerate riportate dai giornali.

Questa missione del Signor Baring è per ora il solo risultato apparente della discussione che ebbe luogo ultimamerute nel Parlamento Inglese sulla quistione Slavo-Turca. La politica generale di non intervento inalberata dal Ministero, V'enne implicitamente approvata. Le spiegazioni date circa la presenza a Besika di una flotta Inglese più formidabile del necessario, non ham.no chiarito le vere intenzioni del Governo; ma l'amor proprio inglese si sente lusingato dal vedere che la Gran Bretagna è tuttma la dominatrice dei mari.

Il discorso di Lord Salisbury all'ultimo banchetto dato dal Lord Mayor ai Ministri, e che si riferisce alla quistione di Oriente, nulla ha aggiunto di nuovo a ciò che si sapeva sulle intenzioni del Gabinetto.

Molte supposizioni si fanno sull'esito finale della ·lotta attuale. Si crede in generale che l'Austria sta paventando tra il timore della costituzione di un grande Stato Slavo alle sue porte, ed il timore di dovere annettere alcune di quelle provincie al suo Impero. Ma che av,endo da scegHere fra quei due mali essa propende per le annessioni.

(l) Non pubblicato.

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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 302. Terapia, 4 agosto 1876 (per. il 15).

Dopo la partenza del Generale Ignatiew le relazioni tra la Turchia e la Russia non che migliorarsi continuano ad essere assai tese. Un giornale turco pubblicò pochi giorni sono la notizia che una grave insurrezione era scoppiata nell'Armenia Russa, alla cui testa erasi messo un fratello dell'Imperatore. Questa notizia essendo evidentemente falsa, il giornale che la pubblicava nonché altri due che la ripetevano furono soppressi. Il Levant Herald, malgrado l'avvertimento ricevuto, inseriva nuovi attacchi contro l'Ambasciata di Russia. Ma, quel che è più grave, si diffonde sempre più presso i Turchi l'idea che l'Impero avrà a sostenere una guerra colla Russia. Questa voce corre tra le file dell'esercito, né è raro di udire alti funzionari della Porta ripeterla nelle loro conversazioni private.

Queste manifestazioni sono il risultato di una complicazione di fatti ben noti a V. E., né io vorrei esagerarne l'importanza. Però sta di fatto che l'Incaricato d'Affari di Russia credette suo dovere di farne soggetto di severe rimostranze presso il Gran Vizir, al quale fece intendere i pericoli di proseguire in una via che potrebbe divenire fatale all'Impero.

S'intende in pari tempo che la Russia stia aumentando considerevolmente le sue forze nelle Provincie del Caucaso. E del fondamento che siffatte voci ponno avere, l'E. V. avrà migliore contezza d'altra parte.

300

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 749. Vienna, 5 agosto 1876, ore 15 (per. ore 17).

S. M. l'Empereur est arrivé à Ischl pour se trouver à Vienne pendant le séjour de Leurs Altesses Royales. Le Premier Aide de Camp est venu ce matin offrir de la part de l'Empereur un lieutenant général et autre officier pour ètre à disposition des princes, ainsi que voitures de Cour. J'ai répondu que d'après les instructions que j'avais, les princes voyageant en strict incognito, je n'étais pas autorisé à accepter, mais QUe je me serais empressé, Leurs Altesses à peine arrivées, de leur faire connaitre l'offre gracieuse. Le premier aide de camp m'a ·ensuite demandé si le Roi n'enverrait pas d'officers aux grandes manoeuvres qui auront lieu à Nikolsburg les 5, 6, et 7 septembre. Je crois qu'ils seraient très agréés par l'Empereur, et comme tout le monde en envoie, il me paraitrait nécessaire Que l'armée italienne y fUt aussi représentée par des officiers spécialement envoyés.

Je vous prie de me répondre à ce sujet et me faire connaitre les noms des officiers désignés.

301

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 753. Vienna, 5 agosto 1876, ore 17 (per. ore 21).

Je reçois à l'instant le texte suivant que le Cabinet de Vienne propose:

• Déclaration au moment de procéder à l'échange des ratifications du traité conclu à Vienne le 29 février 1876 entre l'Autriche-Hongrie et l'Italie. Les soussignés représentant le Gouvernement impérial et royal d'Autriche-Hongrie et représentant le Gouvernement royal d'Italie, à ce dument autorisés, déclarent ce qui suit. Un compromis ayant été conclu à Paris le 11 juin 1876 entre M. le commandeur Correnti au nom du Gouvernement royal d'Italie et le baron Alphonse de Rothschild au nom de la société des chemins de rer de la SudBahn, un contrat additionnel à celui de Bàle du 17 novembre 1875 a été signé en conséquence à Rome le 17 juin 1876 entre LL. EE. le commandeur Depretis Président du Conseil des ministres de S. M. le Roi d'Italie et le chevalier Zanardelli son ministre des travaux publics, au nom du Gouvernement royal d'Italie d'une part, et M. Horace Landau, au nom de la dite Société des chemins de fer d'autre part. Il est bien entendu Que ces deux documents, dont copie authentique est jointe à la présente déclaration, n'altèrent pas les dispositions des contrats de Bàle et de Vienne du 17 novembre 1875 et 25 février 1876, en tant que ces contracts, en vertu de la déclaration échangée lors de la signature de traité international de Vienne en date du 29 février 1876, auquel ils ont été annexés, forment partie intégrante de ce traité. A la demande du Gouvernement royal d'Italie, le Gouvernement impérial et royal d'Autriche-Hongrie, déclare par la présente qu'il a pris acte des documents ci-annexés et qu'il a donné, pour ce qui le concerne, à la dite société de chemins de fer son approbation à la signature du compromis de Paris du 11 juin 1876 et du contrat additionnel en date de Rome le 17 juin 1876. La présente déclaration a été échangée en méme temps Que les instruments ratifiés du traité international du 29 février 1876, et mention en a été faite dans le procès verbal constatant l'échange des ratifications. Fa,it à Vienne double expédition le... aout 1876 »,

Si le Gouvernement du Roi accepte, je vous prie de me le faire savoir et de m'envoyer au plus tòt les pleins pouvoirs pour signer, ainsi que tous les instruments dans lesquels doivent étre compris copie authentique de toutes les pièces mentionnées dans le traité ainsi que dans la déclaration. Aussitòt que je recevrai ces pièoes, on m'assure uu'on procédera à l'échange des ratifications avec moi à Vienne, comme V. E. l'a déjà accepté.

302

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. 378. Parigi, 5 agosto 1876, ore 23,40.

Nous nous chargeons, bicn entendu, de l'ambassade marocaine depuis Madane. Faites-lui comprendre, en attendant, que d'après les arrangements pris à Londres, l'audience royale devra avoir lieu le 29 au plus tòt. Il n'y aurait à Turin, avant le 20, personne pour la recevoir.

303

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, LACAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

N.R. 4241. Roma, 5 agosto 1876 (per. il 6 ).

Per quanto mi viene riferito si starebbero facendo attive pratiche dal Vaticano presso il Governo francese per stabilire in massima come luogo del futuro Conclave la Contea di Nizza, ed il Governo di Francia sembrerebbe disposto ad aderire a questo desiderio del Papa.

Sebbene tale notizia mi sia data colle debite riserve, credo tuttavia conveniente comunicarla all'E. V. per ogni opportuno effetto.

304

IL MINISTRO DEGLI ESTERI MELEGARI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

D. CONFIDENZIALE 11. Roma, 5 agosto 1876.

Lt> notizie che ho ricevuto negli ultimi tempi dall'Egitto sono così poco rassicuranti per il buon esito finale degli sforzi che il Governo Italiano ha fatto per sottrarre quel paese a qualunque influenza esclusiva, che io credo necessario di mettere la S. V. in grado di avere sopra questo delicato soggetto delle confidenziali spiegazioni con S. E. il Duca Decazes. A ciò mi induce non solamente 'la certezza ch'io ho della parità dei nostri interessi con quelli che la Francia deve in questo momento cercare di fare prevalere al Cairo, ma ancor più il sapere che codesto Signor Ministro degli Affari Esteri in non poche occasioni ha mostrato di apprezzare al pari di noi i vantaggi che possono derivare da un'azione concorde dell'Italia con la Francia, preparata e mantenuta con un continuo ed intimo scambio di idee.

Fin da quando la vendita all'Inghilterra delle azioni del Canale di Suez ebbe il duplice effetto di mettere quella grande via di comunicazione in mano del Governo Britannico e di costituire il Khedive debitore verso lo stesso Governo degli interessi delle azioni per un assai lungo periodo di anni, noi abbiamo diviso con la Francia l'emozione che un fatto di tanta importanza al punto di vista politico ed economico dovea necessariamente produrre. Non istarò qui a ricordare le circostanze che accompagnarono la vendita delle azioni del canale né quelle che la seguirono da vicino. La S. V. Illustrissima ebbe nelle comunicazioni del Ministro ogni desiderabile informazione a tale riguardo.

Nello scambio d'idee che avvenne allora fra Parigi e Roma, il mio Onorevole predecessore sembrò dissentire dal modo di vedere di S. E. il Duca Decazes in questo solo: che, mentre a Parigi il Governo non sembrava volersi subito acquietare davanti un fatto che poteva avere indubitabilmente delle gravissime conseguenze, da parte nostra invece prevalse sin da principio l'idea essere ormai inutile il rimpiangere ciò che non poteva distruggersi, ma doversi invece non perdere tempo e mettersi subito all'opera per neutralizzare, nella misura del possibile, gli effetti prevedibili di un fatto compiuto.

Il Khedive, dal canto suo, meglio ripensando alla situazione ch'egli stesso si era imprudentemente creata per togliersi da momentanee strettezze finanziarie, sembrò voler entrare francamente in un'altra via e ripudiando tutto un sistema di provvedimenti ,che avrebbero messo nehle mani di Inglesi, le ferrovie, i telegrafi, i porti ed il maneggio delle finanze delLo Stato, si rivolse particolarmente a noi perché gli facilitassimo il mezzo di uscire da così grave imbarazzo.

Fu allora che nacque l'idea d'indicare a Sua Altezza una persona che per dottrina, esperienza ed autorità di posizione e di carattere, potesse esser chiamata al Cairo per esaminare la s1tuazione ,e dare quegli assennati consigli che la medesima suggerisse. Il Governo di Sua Maestà non intende,va prendere con ciò alcuna responsabilità, neppure morale, per i futuri atti dell'Amministrazione Egiziana; ma il sentimento di fiducia generale con cui fu accolta la notizia che il Khedive aveva assunto a suo intimo consigliere il Senatore Antonio Scialoja, bastò a dimostrare che non poco potevasi ottenere ancora battendo questa via.

Era evidente infatti che il solo modo di sottrarre l'Egitto alla influenza esclusiva dell'Inghilterra e di qualsiasi altra Potenza, in altro non poteva consistere, fuorché nel riformare seriamente e radicalmente l'Amministrazione finanziaria in guisa da rendere impossibile la catastrofe che, perseverando negli antichi errori, sarebbe stata inevitabile e vicina. Non avrebbe bastato infatti assicurare, mediante l'istituzione di una Cassa speciale per il servizio del debito p<>sta sotto la sorveglianza di Commissari europei, questo importante ramo della pubblica amministrazione, se il disordine in ogni altra parte del servizio relativo alle entrate ed alle spese avesse dovuto continuare come per lo passato.

Le ripetute dichiarazioni del Khedive, l'accoglienza fatta da Sua Altezza ai consigli del Senatore Scialoja, l'incarico affidato al medesimo e dal medesimo compiuto di preparare tutto un sistema di Diforme per tagliar corto agli antichi abusi, ci fecero credere che l'opera riformatrice in ma1teria di amministrazione sarebbe stata condotta a termine in brevissima ora. Dalla medesima dipendeva in gran parte il ristabilimento del Debito Egiziano così profondamente scosso dagli ultimi avvenimenti. Ed io credo anche oggi che se un concorso sfavorevole di circostanze politiche, che abbracciano non il solo Egitto, ma tutto l'Oriente, non avesse fatalmente contrariata l'opera incominciata al Cairo, questa, ancorché non condotta a compimento, avrebbe bastato a rialzare il credito delle finanze egiziane quanto era necessario per escludere dalle previsioni del momento il pericolo di una catastrofe.

L'appoggio morale dell'Italia e della Francia furono un elemento essenziale dei buoni effetti ottenuti.

Ma era da aspettarsi che un siffatto concorso sarebbe mancato per parte dell'Inghilterra. Il Governo Britannico che fino a tanto che credette di dover essere chiamato solo a riformal'e, a dirig.ere ed a governare l'amministrazione finanziaria dell'Egitto aveva promesso al Khedive l'invio di funzionari che avrebbero dovuto incaricarsi di tale ufficio, si ricusò irremovibilmente di designare un Commissario per la Cassa del Debito pubblico, ed a tutte le istanze e le offerte del Khedive oppose quel contegno che a Parigi è ben noto, e che il Duca Decazes avrà prima d'ora osservato ed appr·ezza.to al pari di noi senza che sia bisogno che V. S. spenda molte parole per indicarne lo scopo presumibile.

In questo stato di cose la politica nostra ebbe tre punti di mira. Verso l'Egitto noi ci siamo proposti di mantenere il Khedive fermo nel proposito di applicare seriamente un vasto piano di riforme nella amministrazione e finanziarie, mediante le quali col rinascere della fiducia egli avrebbe ristabilito il credito e conservata la sua indipendenza finanziaria rispetto alle estere Potenze. Verso l'Inghilterra noi ci adoperammo a rimuoverla da un contegno che creava il maggiore ostacolo alla riuscita della riforma alla quale volonterosamente si sarebbe piegato il Khedive quando in lui fosse nata la convinzione che per essa egli poteva riacquistare il simpatico appoggio dei tre Governi principalmente interessati nelle cose egiziane. Finalmente verso la Francia noi ci siamo studiati di condurci in guisa di far cospirare al conseguimento di un medesimo scopo l'azione che i Gabinetti di Roma e di Parigi potevano spiegare in Egitto. Se questo triplice intento fosse stato ottenuto anche soltanto parzialmente, la situazione attuale delle cose in Egitto sarebbe certamente assai più rassicurante che non ce la descrivono i rapporti e le lettere che riceviamo da quel paese.

Ma è giuoco forza riconoscere che i nostri sforzi non ottennero sin qui un effetto corrispondente alla fiducia della quale ci siamo unicamente inspirati quando abbiamo lealmente voluto ajutare il Khedive ad uscire dalle difficoltà nelle quali pareva si fosse quasi irrimediabilmente impegnato.

Gratissimo da principio il Viceré all'ajuto che gli prestava il Cavalier Scialoja, questi poté formare in breve ora il piano di riforme che i Decreti del Khedive hanno sanzionato. Ma, ben tosto, prendendo motivo dal timore di inimicarsi l'Inghilterra, se a Questa Potenza non si fosse mostrata la maggiore deferenza, Sua Altezza incominciò ad indugiare nella applicazione di ciò che già aveva decretato. Né questo indugio doveva influire sfavorevolmente soltanto sul credito finanziario dell'Egitto, le sue conseguenze furono anche più gravi poiché del ritardo approftttarono tutti coloro che dalla cessazione degli antichi errori ed abusi vedevano seriamente minacciati i personali loro interessi, e vi è ragione di credere che, mettendo a profitto il tempo che gli indugi del Viceré loro offriva, costoro riacQuistassero nell'animo del Principe tanrta influenza quanta basta per renderlo sempre maggiormente dubbioso ed irresoluto. Se mai avessimo potuto vincere la opposizione creata dal contegno dell'Inghilterra, non dubitiamo che il Khedive si sarebbe prestato assai più agevolmente a ciò che il suo interesse richiede. Ma i passi da noi fatti a Londra non riuscirono a smuovere quel Gabinetto dal concetto a noi senza reticenze più volte espresso in questi termini: essere vano lo sperare che il Khedive rinunzierebbe al sistema finanziario che lo ha condotto sull'orlo del precipizio; non essere ancora venuto il momento per la Gran Bretagna di occuparsi delle finanze dell'Egitto; quando la inevitabile catastrofe sarà accaduta, il Gabinetto di Londra provvederebbe.

Non è mestieri che io svolga in lungo discorso tutto ciò che contiene una cosi esplicita dichiarazione. Debbo credere che un identico linguaggio avranno udi,to gli agenti francesi in Londra. La base sulla quale riposava per lo passato la politica dell'Italia, della Francia e dell'Inghilterra verso l'Egitto, veniva manifestamente a mancare dal momento che quest'ultima, separandosi dalle alt!'e due potenze, rinunciava a cooperare nel senso del rispetto degli interessi reciproci che richiedono l'esclusione di qualsiasi influenza preponderante straniera.

Il Governo di Sua Maestà non avrebbe però creduto che la partita dovesse considerarsi come completamente perduta finché gli pareva di poter calcolare che i suoi sforzi troverebbero un appoggio sicuro nella valida cooperazione degli Agenti che la Francia ha mandato essa stessa in Egitto.

Se prima d'ora io non volli incaricare la S. V. di toccare così delicato soggetto nelle intime conversazioni col Duca Decazes, ciò ha dipeso unicamente dalla fiducia che io aveva che la assoluta uniformità dei nostri interessi con

quelli della Francia era per la nostra azione comune una migliore guarentigia che qualunque accordo che noi avessimo tentato di prestabilire col Gabinetto di Versailles col pericolo evidente di suscitare sempre più le diffidenze del Gabinetto di Londra, dal quale sapevamo si era addebitata 'la nostra condotta in Egitto come quella che tendeva ad osteggiare gli interessi britannici per favorire i francesi. Non sarà verso il Duca Decazes che noi dovremo discolparci di aver seguito l'unica via che ci era suggerita nelle ultime gravi congiunture da interessi che sono essenzialmente italiani. Noi abbiamo però sempre creduto, e crediamo ancora, che questi nostri interessi non possono trovarsi in opposizione con quelli degli altri Stati che in Egitto non si propongono di seguire una politica di influenza esclusiva. Epperò abbiamo finora fatto conto che anche la Francia mantenendosi in questo ordine di idee, avrebbe pl'eferito seguire l'antica politica, nella quale era sicura di camminare d'accordo con l'Italia; anziché mettersi per un'altra via in cui essa non tarderebbe a trovarsi impegnata da sola in una lotta di influenze esclusive con l'Inghilterra. Non posso ammettere, finché i fatti più chiaramente non me lo dimostrino, che tale possa essere la diversità del mio modo di vedere da quello di S. E. il Duca Decazes, da far sì che codesto Uomo di Stato non abbia a convenire meco che peggior momento non si potrebbe scegliere per separare la nostra azione in Egilito. Eppure, ed è qui il punto di questo mio dispaccio, ciò che certamente non può essere voluto né dal Duca Decazes, né da me, potrebbe accadere se non vegliassimo attentamente e continuamente sulla condotta degli agenti rispettivi dei due Governi in Egitto. A questo riguardo io debbo affidare alla prudenza e aUa abilità di V. S. il delicato incarico di far sentire a codesto Signor Ministro degli Affari Esteri che l'attitudine presa dagli Agenti francesi, particolarmente verso il Senatore Scialoja, non è conforme a quell'interesse comune dal quale io non dubito sia intenzione del Gabinetto di Versailles di lasciarsi guidare. Fra coloro che dalla applicazione pronta e seria dei nuovi ordinamenti per l'amministrazione finanziaria sentono minaccati i loro particolari interessi, non pochi sono stranieri. Costoro paventano assai meno una catastrofe per le finanze egiziane, che il loro ristabilimento ottenuto con l'introduzione di ordinamenti che renderebbero difficili gli abusi e lo sperpero del pubblico denaro. Una coalizione di codesti interessi in opposizione con qualunque riforma si è formata in Egitto e mette capo allo stesso Ministro delle finanze vicereali. Per vincere gli ostacoli che ne sono la conseguenza non sarebbe soverchio lo sforzo comune di tutti gli Agenti esteri e di quegli egregi funzionarii che la Francia ed aUri Stati hanno designato al Khedive e che attualmente sono riuniti al Cairo. Sembrerebbe appena necessario, tanto è evidente da Qual parte sta il comune interesse, il far cenno qui della opportunità che tutti costoro agiscano in guisa da opporsi efficacemente a qualunque tentativo che si facesse per dividerne le forze e scemare così l'efficacia della loro opera comune. Ma le notizie che noi abbiamo ci fanno purtroppo desiderare

invece che istruzioni ben precise siano date a quegli Agenti e funzionari, per tenersi in guardia contro il lavoro dissolvente della coalizione degli interessi avversi alla riforma dalla quale l'avvenire finanziario e politico dell'Egitto può dipendere.

Io mi affido dunque nella mente illuminata del Duca Decazes, il quale non vorrà certamente permettere che i mezzi d'influenza di cui la Francia dispone in Egitto possano essere impiegati in un'opera di demolizione che gioverebbe soltanto ad interessi certamente non meritevoli dell'appoggio del Governo della Repubblica. Al Ministro degli Affari Esteri non mancheranno mezzi, valendosi forse anche del concorso del suo Collega delle Finanze, di influire efficacemente, principalmente sul Signor Villet, che, per la posizione che occupa, potvebbe meglio di ogn'altro assecondare il Senatore Scialoja nella sua opera riformatrice.

Lasciando alla S. V. Illustrissima la scelta del modo di persuadere il Duca Decazes deHa necessità di dare ai funz1onari francesi in Egitto delle istruzioni precise affinché le intenzioni del Govevno della Repubblica abbiano ad essere fedelmente interpretate, io non debbo qui tacere che la personalità del Commendator Scialoja non mi lascia dubitare un istante che, quando egli si vedesse osteggiato da coloro stessi che dovrebbero venirgli in ajuto, non esiterebbe ad abbandonare un paese dove certamente egli non vorrebbe rimanere ad ogni costo anche a scapito dell'alta posizione che ha meritatamente acquistato in Italia ed all'estero. Ella sa infatti, e potrà opportunamente farlo sentire anche al Duca Decazes, che il Senatore Scia,loja, se ha voluto rinunziare a qualunque vincolo verso l'Amministrazione italiana per potere appunto dedicarsi intieramente e senza alcun'altra preoccupazione all'importante ufficio al quale lo chiamava il Khedive, egli non ha voluto però rinunziare in nessuna maniera alla indipendenza di posizione che un uomo di Sta,to deve sempre conservare. Il Senatore Scialoja, che fu parecchie volte Ministro, Vice Presidente del Senato del Regno, è ben noto anche in Francia ove i meriti scientifici gli valsero l'onore di essere iscritto fra i membri corrispondenti dell'Istituto. Il suo nome è attaccato ad uno dei negoziati più importanti per gli interessi reciproci dell'Italia e della Francia. Ora io non esito a dirle, Signor Cavaliere, che se le opposizioni personali dovessero costringere il Senatore Scilrloja a scegliere fra lo scendere a difendersi contro una guerra di influenze a lui ostili od a ritirarsi completamente, quest'ultimo partito sarebbe da lui adotta,to. Il ritiro del Senatore Scaloja segnerebbe, a mio credere, l'ora della catastrofe per l'Egitto. La fiducia, già tanto scossa nelle intenzioni del Viceré, farebbe luogo ad una diffidenza che non sarebbe ingiustificata. H giudizio che il Governo Inglese ha finora recato della inutilità degli sforzi che si volessero fare per riformare seriamente l'amministrazione vicereale, riceverebbe dai fatti la più solenne conf,erma.

Credo mio debito di richiamare l'attenzione del Duca Decazes sopra uno stato di cose che non esito" a considerare altrettanto pericoloso per gli interessi della Francia che per quelli dell'Italia. Una conversazione intima e confidenziale che la S. V. vorrà procurarsi con codesto Ministro degli Affari Esteri la metterà in grado di svolgere i pensieri che io venni sin qui esponendo. Noi abbiamo troppo fiducia nella identità di interessi che l'Italia e la Francia hanno di mantenersi strettamente unite nella loro azione diplomatica verso l'Egitto per poter mettere in dubbio la efficacia delle pratiche che Ella è incaricata di fare

per impedire che strane influenze abbiano a nuocere al perfetto conseguimento di ciò che è nei voti delle due nazioni.

L'indole riservatissima di questo mio dispaccio non permette che di esso Ella possa lasciar prendere copia a S. E. il Duca Decazes. Quando Ella avrà oralmente esposto le considerazioni in esso contenute, io credo che l'impressione che ne rimarrà nell'animo di S. E. basterà per conseguire l'intento che noi dobbiamo proporci: quello cioè che, per rivalità perso,nali od altri interessi, abbiano ad essere meno perfettamente interpretate in Egitto le intenzioni dei due Governi.

305

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 306. Terapia, 6 agosto 1876 (per. il 15).

L'E. V. conosce le manifestazioni fatte a Mostar da una parte della popolazione cattolica sotto gli auspici di quel Vescovo, allo scopo di dichiarare che, se quella provincia avesse a cessare di far parte dell'Impero, quella aspirerebbe ad essere unita all'Impero Austro-Ungarico; né ignora come il Console d'Austria-Ungheria in quella residenza prendesse qualche parte a siffatta manifestazione.

La Sublime Porta ebbe conoscenza di queste pratiche, e domandò spiegazioni in proposito al Gabinetto di Vienna. Questo fece immediatamente rispondere pel suo Ambasciatore non aver esso avuto alcuna ingerenza nelle mene in discorso, le quali erano contrarie ai sentimenti che nutriva verso la Sublime Porta; se il Console Imperiale aveva tenuto alcuna parte in esse, avrebbe agito contrariamente alle sue istruzioni. E per dare maggior valore alle sue dichiarazioni il Governo Austro-Ungarico ordinava senz'altro al Signor Vassich di lasciare immediatamente Mostar e di far ritorno alla sua residenza abituale di Scutari. Ho l'onore di segnar ricevuta a V. E. dei suoi ossequiati dispacci del 23 luglio n. 86 al 91, del 24 n. 92, del 28 n. 93, e del 29, n. 94, 95, 96 e 97 (1).

306

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, A VITTORIO EMANUELE II

L.P. Berlino, 6 agosto 1876.

Par sa lettre du 24 juillet (2) et d'après Vos ordres, M. le Commandeur Aghemo, m'a transmis ie texte d'un télé.e;ramme que Votre. Majesté se proposait de m'adresser en suite d'un de mes derniers rapports.

Avec son parfait discernement, Votre Majesté trouve le moment opportun de commencer à préparer l'avenir. Je ferai de mon mieux pour seconder les intentions du Roi aussitòt q_ue son Ministère m'indiquera une ligne de conduite, nettement tracée. Vous connaissez, Sire, aussi bien que lui ma manière de voir.

Je suis d'avis au'il faut prévoir le cas où l'une ou l'autre des Puissances, poussée par l'ambition ou par la force des choses, cherche-rait à mettre ses convenances particulières au dessus des intérets généraux de l'Europe engagés dans la question Orientale. Dans cette prévision, iJ. importe que les Cabinets étrangers sachent que l'Italie aussi, pour ce qui la concerne, aurait alors à rechercher, à s'assurer certains avantages. Il appartient à notre diplomatie de les signaler avec le tact voulu pour n'effaroucher personne et gagner peu à peu les Gouvernements et l'opinion publique surtout en Allemagne à laquelle sa force militaire assigne aujourd'hui un ròle prépondérant.

Je crois que notre action ne doit pas encore dépasser cette limite de travail préparatoire. Il faudrait en un mot laisser la porte· ouverte à une entente formelle, de manière à ce que cette entente puisse se réaliser quand le moment sera venu. Le Prince de Bismarck, je le sais, est opposé en principe à tout accord à long terme et sans un but clairement déterminé. Je ne pense donc pas que, dans les conditions actuelles, des ouvertures pour une alliance selon l'entière acception du mot, auraient des chances de réussi·te. Mais cela n'empeche pas que nous nous mettions à l'ceuvre pour rendre le terrain de plus en plus favorable à une pareille éventualité. Au reste je n'ai pas besoin de dire que mon opinion est tout-à-fait subordonnée à celle de Votre Majesté.

La situation générale n'a pas sensiblement varié. Les brui.ts propagés de tentatives de médiation, n'ont pas de fondement. Aucun Cabinet, à ce que m'assure le secrétaire d'État Impérial, n'a encore fairt de démarche dans ce sens. Les Puìssances sont d'accord pour attendre des fai.ts décisifs sur le théatre de la guerre avant de présenter des propositions d'armistice ou de paix. On en viendra à des conférences. Elles seraient maintenant encore trop prématurées. A propos de conférences, j'ai entendu expr.imer l'avis que Baden Baden serai-t peut-etre choisi comme lieu de réunion, si tant est qu'il puisse convenir au Prince de Bismarck d'en présider les séances. Son ròle en effet y serait des plus délicats, et les conditions de sa santé ne lui permettraient peut-etre pas de prendre une part très active.

Je sais par M. de Biilow QUe l'Ambassadeur d'Allemagne à Saint P.étersbourg a écrit ici Urn long rapport sur l'accueil si cordial et si significati! fait par la Cour de Russie à LL.AA.RR. le Prince et la Princesse de Piémont. Le Secrétaire d'État se plaisait à constater l'à-propos de cette visite dans les circonstances politiques que nous traversons. Le mérite en revient à Votre Majesté.

Depuis plus de deux ans, je n'ai pas eu de congé, car je ne compte pas comme un repos le séjour de l'année dernière à Milan, malgré toute la satisfaction que j'ai ressentie de l'extreme bienveillance de Votre Majesté à mon égard. Le Ministère m'a permis de faire une absence de quelques semaines, en se réservant de me rappeler si cela devenait nécessaire. J'ai été devancé par les Ambassadeurs d'Autriche, de France et d'Angleterre.

Le Chevalier Tosi, Conseiller à cette Ambassade que je ne saurais trop signaler à Votre Majesté comme un de nos meilleurs diplomates et ayant toutes les aualités requises pour parcourir avec distin~tion la carrière jusqu'au rang le plus élevé, me remplacera durant cette absence. Il me fera parvenir Vos ordres, Sire, dans le cas où Votre Majesté aurait à m'en transmettre. Dans l'intervalle des affaires privées m'obligent à des excursions en France, en Suisse et peut-etre en Angleterre. Le Roi sera averti de mon retour...

(l) -Cfr. n. 286; gli altri dispacci non sono pubblicati. (2) -Non pubblicata.
307

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 385. Roma, 8 agosto 1876, ore 23.

J'ai reçu votre rapport confidentiel du 3 (1). Le Gouvernement de Sa Majesté observait depuis quelque temps avec une attention inquiète les symptòmes qui accusent un revirement de l'opinion publique en Autriche dans un sens contraire aux intérets de l'Italie sur l'Adriatique. Ainsi que vous me le faites observer, l'Autriche, ayant l'air de se sacrifier pour les intérèts de l'Europe, veut avant tout se soustraire au danger de devoir céder d'autres territoires en compensation de ceux qu'elle gagnerait aux dépens de la Turquie. Si 1'Europe accepte une violation aussi complète du principe sur lequel est fondé le traité de 1856, elle démontrera par ce fait mème qu'elle se refuse à aborder les difficultés des questions politiques d'un intéret général. Ces circonstances ne seraient donc pas favorables pour poser la question du Tyrol, ni méme celle de la rectification de nos frontières. Je pense donc que dans cet état de choses nous devons prendre une atti,tude et tenir un langage excluant absolument l'idée que l'Italie puisse voir avec indifférence l'accomplissement de tout projet qui aurait pour conséquence d'accroitre et de consolider par Ul'>. agrandissement territorial dans la Bosnie la position de l'Autriche dans les anciennes possessions vénitiennes de la còte de Dalmatie.

308

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

T. 386. Roma, 8 agosto 1876, ore 24.

Nous suivons depuis quelque temps avec beaucoup d'attention le travail qui se fait dans la presse et dans certains cercles politiques à Vienne pour préparer l'opinion publique à considérer l'annession de la Bosnie à l'Empire Austro-Hongrois comme une nécessité politique et un sacrifìce que le Gou

vernement autrichien ferait à la paix de l'Europe. Si l'on prend comme point de dépal'lt l'état des esprits au moment où les délégations se sont, la dern~ère fois, séparées à Pesth, on n'a pas de peine à se persuader que beaucoup de chemin a déjà été fait pour préparer une solution qui a trouvé, dès le commencement de l'insurreotion en Herzégovine, de chaleureux et puissants partisans dans les hautes sphères de l'Empire. On voudrait faire croire que placé dans l'alternative de choisir entre la formation d'un grand état slave et l'annexion à la Monarchie d'un million de slaves, en grande pariie oatholiques, le Cabinet de Vienne devra, bien qu'à contre coeur, rendre à l'Europe le service de se prèter à la solution qui seule peut assurer une paix durable. Je vous ai écrit ces jours derniers pour appeler votre attention sur quelques

symptòmes de la situation actuelle qui pourrait devenir très inquiétante pour les intérèts de notre pays sur l'Adriatique. Dans ma dépéçhe du 28 Juin (1), j'avais appelé votre attention sur un échange d'idées qui a eu lieu, il y a quelques années, entre le Comte de Launay et le Prince Gortchakow et qui s'était terminé par la déclaration de ce dernier que la Russie considérerait comme casus belli l'occupation de la Bosnie par l'Autriche. Or, il s'agirait à présent non pas d'une occupation temporaine, mais de l'annexion définitive de ce territoire, qui augmenterai,t à notre détriment la position de l'Autriche sur l'Adriatique. Je crois que le moment est venu de ne pas laisser ignorer au Cabinet de Pétersbourg que notre manière de voir dans cette question est toujours restée le mème et que l'Italie ne saurait sacrifier au désir de conserver ses bons rapports actuels avec l'Autriche, des intérets qu'elle n'a jamais cessé de considérer comme de la plus haute importance. Je pense qu'il peut ètre très utile que la Russie ne conserve aucun doute sur nos dispositions réelles à ce sujet, mais la nature très secrète des communications que vous devriez faire dans ce but, exige que vous sondiez avant soigneusement le terrain, pour avoir la certitude qu'entre les trois Empires il n'existe à cet égard aucune entente contraire à nos intérets.

(l) Cfr. n. 297.

309

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

D. CONFIDENZIALE 14. Roma, 8 agosto 1876.

Parecchi giorni or sono ebbi a telegrafarle circa la voce secondo la quale la Russia non sarebbe stata aliena dallo ammettere, come soluzione delle presenti difficoltà, un protettorato austro-ungarico in Bosnia. E l'E.V. rispondeva con telegramma 27 luglio (2) significando che il Principe Gortchakow, da Lei scandagliarto, aveva dichiarato, senza esitazione, non essersi mai trattato di una simile soluzione e che se fosse recata innanzi la Russia non preste

rebbe nè appoggio, nè assenso. Altre voci ci giungono ora da Vienna e farebbero credere che, in quelle regioni politiche, si ritenga non essere la Russia contraria all'eventuale occupazione della Bosnia da parte dell'Austria-Ungheria. La quale ipotesi sarebbe anche avvalorata dal singolare !linguaggio dell'Agente russo a Belgrado, il Quale, mentre discorre di accordi già prestabiUti tra Vienna e Pietroburgo per un intervento a momento opportuno, opina che una occupazione militare austriaca in Bosnia potrebbe essere giustificata dai massacri onde sono minacciati i cattolici di Q.uena regione.

Veramente· a noi sembra assai poco verosimile che le idee di codesto Gabinetto siansi di tanto modificate da ammettere senza riluttanza l'effettuazione di un progetto che condurrebbe fatalmente, in un prossimo avvenire, alla definitiva annessione della Bosnia aU'Austria-Ungheria. Tuttavia mi premerebbe di ricevere sopra questo soggetto, positive indicazioni. Le indagini le torneranno meno difficili in questo momento imperocché il movimento del partito militare austriaco in senso annessionista deve avere suscitato l'attenzione del Governo dello Tzar. Ed il programma di quel partito (ne pubblicò testé i tratti sostanziali il Fremdenblatt, giornale che è in fama di ricevere comunicazioni dal Ministero degli Affari Esteri di Vienna) deve avere provocato costi commenti dai quali si può argomentare delle disposizioni costì prevalenti a questo riguardo.

(l) Cfr.n. 204. (2i Cfr. n. 280.

310

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 520. Vienna. 8 agosto 1876 (per. il 14).

Siccome ·ebbi a telegrafare testé all'E.V. (l) ebbi oggi l'opportunità di avere un breve colloquio con S.E. il Conte Andrassy intorno alla crisi Orientale. S.E., essendo venuto da me per pregarmi di attenergli un'udienza dalle LL.AA.RR. i Principi di Piemonte, approfittai della Sua visita per chiedergli cosa pensasse della nuova fase in cui già si può dire di essere entrati dopo Le recenti vittorie dei Turchi sui Serbi. Ai che Egli risposemi non ritenere i fatti avvenuti finora abbastanza decisivi da presentare· l'opportunità di una azione mediatrice per parte delle potenze; convenire, perché ciò sia possibile, che la Serbia si riconosca impotente a proseguire la lotta, ed implori a suo salvamento la partecipazione dell'Europa. Affinché una mediazione sia possibile è indispensabile, soggiungevami Egli, essere in grado di proporre qualche cosa di accettabile, ed inoltre è necessario ·essere già anticipatamente assicurati di non trovare resistenza in una delle due parti a1lmeno. Ciò non potendo ancora essere il caso oggi, devesi quindi aspettare la situazione si semplifichi. Intanto dalle notizie pervenute al Gabinetto di Vienna emergerebbe che il Ristich ed i suoi colleghi intendono resistere ad oltranza, però il Conte Andrassy

27 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

mostravami creder possibile la pacificazione degli spiriti, mediante la venuta al potere di un personaggio meno compromesso dai suoi antecedenti. Di volo poi facevami cenno della eventualità della deposizione del Principe Milano, ch'Egli dicevami esser già stata nelle intenzioni della Porta un mese fa, misura però a cui si era in allora rinunciato a Costantinopoli dietro i consigli dell'Austria, siccome inopportuna in quel momento. In verità il Conte Andrassy nel toccar meco quella quistione non reprimeva l'idea che in oggi quel provvedimento potesse essere maggiormente indicato, anzi sembrava voler dire r:he la guarentigia di pace per l'avvenire sarebbe maggiore ove fosse conservato sul suo Trono un Principe, che avea fatto così mala prova nel rivendicare la sua patria a libertà: ad ogni modo però mi persuasi dal suo linguaggio che poco o niente si farebbe a Vienna per proteggere all'evenienza il Principe Milano contro la Turchia.

Essendo poi venuti a parlare dello stato delle cose a Costantinopoli, il Conte Andrassy mostrossi assai preoccupato della situazione che sarebbe per formarsi colà all'avvenimento al Trono del futuro nuovo Sultano, che, a quanto si assicura affiderebbe la direzione degli Affari Esteri al noto Khalil Pacha, che in questi ultimi tempi ebbe a spiegare con affettazione tendenze ultra-Maomettane tali da aspirar timori per l'avvenire. Però Egli dicevami che col comune accordo delle potenze pur si potrebbe sempre far ascoltare savi consigli alla Porta.

Cercai di far manifestare al Conte Andrassy qualche sua idea intorno ahle basi sulle quali dovrebbe a seconda degli intendimenti del gabinetto di Vienna poggiar l'ordinamento delle provincie insorte, allorché sarebbesi ottenuta la cessazione delle ostilità necessaria a preparare una duratura pace; ma a questo proposito il nobile Conte evitò di esprimersi in maniera alcuna (1).

(l) Non pubblicato.

311

IL MINISTRO A WASHINGTON, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 60. Washington, 8 agosto 1876 (per. il 27).

Con riferimento al mio rapporto delli 8 luglio scorso n. 51 della presente Serie (2), ho l'onore di partecipare all'E. V., che S. E. il Presidente Grant risponderà direttamente per mezzo de'l suo Ministro a Roma, alla lettera che

S.M. -il Re, Nostro Augusto Sovrano, gli ha indirizzato in occasione del centenario dell'Indipendenza americana. Il Presidente Grant, oltre la lettera di S.M. -H Re d'Italia, ha riCevuto lettere di felicitazione dagli Imperatori di Germania, di Russia e d'Austria.
(l) -Annotazione marginale: • Invitare l'Ambasciatore a dichiarare quando sia il caso che da noi si identificano gli interessi della Serbia con quelli della sua dinastia e che egli è pure nell'interesse della Turchia che lo statu quo sotto ogni aspetto sia mantenuto •· (2) -Cfr. n. 233.
312

IL MINISTRO A WASHINGTON, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 61. Washington, 8 agosto 1876 (per. il 27).

Don Carlos, giunto a Baltimora due mesi or sono, dopo aver fatto un breve viaggio al Messico, è ritornato agli Stati Uniti, meno una visita fatta al Cardinale Mc Closkey, non mi risulta ch'egli siasi messo in rapporto cogli ultramontani di qui, né fu fatto segno dalla parte di questi ad ovazioni di sorta. Gli spagnuoli non si sono né punto né poco occupati di lui. A Newport, l'elegante ritrovo della parte eletta della società di Nuova York, egli accettò alcuni inviti, nei quali le opinioni politiche erano affatto estranee, trattandosi semplicemente di un atto di cortesia e di deferenza verso un forestiero di distinzione.

313

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1658. Berlino, 9 agosto 1876 (per. il 12).

J'ai l'honneur d'accuser réception du télégramme de V. E. en date du 8 courant (1).

Il résute de mon rapport du 6 de ce mois N. 1656 (1), que M. de Billow ne croyait pas au projet d'annexion de la Bosnie à la Cisleithanie. Je me suis cependant ménagé hier un entretien avec le Secrétaire d'Etat, pour obtenir si possible une réponse plus ca,tégorique.

D'après une version récente des journaux de Berlin, la polémique soulevée à ce sujet dans 'la presse de Vienne, tendait à faire place à des appréciations plus justes sur les véritables intéréts de l'Autriche-Hongrie. Etait-ce là un indice de la non-existence d'un accord sur ce point entre les trois Empires, soit séparément entre les Cabinets de Vienne et de Berlin?

Le Secrétaire d'Etat n'a pas hésité à dire qu'il n'en avait pas été question. Il ne s'expliquait pas d'où les bruits d'annexion tiraient leur origine, à moins de ,}es attribuer aux partis fédéraliste et ultramontain, qui travaillent à renverser le Comte Andrassy, en cherchant à flatter certaines ambitions résolument combattues par ce Ministre. En effet, lors des conférences de Berlin, en Mai dernier, le Comte Andrassy déclarait hautement que, bien loin de viser à un agrandissement territorial dans ces régions, il le refuserait si l'offre en était faite à l'Autriche-Hongrie.

J'ai exprimé ma satisfaction d'entendre qu'une semblable combinaison n'avait pas été mise, sur le tapis, et j'ai témoigné en mème temps l'espoir que le Cabinet de Berlin, le cas échéant, ne se préterait point à sa réalisation.

Il ne pouvait échapper à la perspicacité de S. E. que, du moment où il surviendrait un écart parmi 1es Gouvernements qui s'appliquent si soigneusement aujourd'hui à subordonner toute vue particulière à l'intéret de l'Europe, il en surgirait un grand danger pour le maintien de la paix générale. Chacun serait tenté alors de ne prendre conseil que de ses propres convenances, au risque de provoquer de sérieux conflits. L'Italie nommément, malgré son vif désir de conserver les meilleures relations av·ec l'Autriche, ne pourrait à moins d'aviser le plus tòt possible aux moyens de parer aux conséquences qui dériveraient d'une déviation du programme auquel elle n'a cessé de preter son concours. Un seul coup d'oeil sur la carte géographique, suffit pour démontrer que nous ne saurions envisager de sang froid une extension territoriale de l'Autriche vers l'Adriatique. Or comme l'exécution d'un projet de ce genre, si tant est qu'il doive se produire, aurait précisément pour effert de fortifier en AutricheHongrie les adversaires de l'Allemagne aussi bien que de l'Italie, je ne pensais pas que le Cabinet Impérial y donnat jamais la main.

M. de Btilow, sans prendre d'engagement pour l'avenir, (au reste je ne le lui demandais pas, car c'eùt été dépasser la juste mesure) m'a tenu néanmoins un langage qui indique assez nettement, que les dispositions du Cabinet de Berlin ne sont pas aujourd'hui dans l'ordre d'idées qui un instant avaient semblé gagner du terrain à Vienne. Il ajoutait la phrase accoutumée, que l'Allemagne se bornait en quelque sorte à apposer son visa à ce que l'Autriche et la Russie concertaient entre elles, et QUe cette· entente n'embrassait pas un horizon étendu. Sa tache était plutòt d'étudier la solurtion de chaque cas à mesure qu'il se présentait: Fall zu Fall, selon le mot du Comte Andrassy.

L'opposition très décidée du Prince Gortchakow quand je me trouvais en Russie (opposition qui depuis lors s'est manifestée une fois encore ici en ma présence), à une cession de la Bosnie à l'Autriche, est une cerrtaine garantie qu'un accord dans un sens opposé n'est guère dans le calcul des probabilités. Il ne faut pas perdre de vue cependant que des variations peuvent s'imposer sur l'échiquier po<litiQue, et rendre sans valeur les affirmations actuelles. Mais c'est loyal, et utile à la fois, de laisser comprendre que 'l'Italie, aussi bien que toute autre Puissance, aurait à sauvegarder ses propres convenances, quand l'une ou l'autre des Puissances s'écarrterait du status quo, surtout vers l'Adriatique et la Méditerranée.

J'ai donc saisi avec empressement l'occasion qui m'était donnée de tenir un tel langage dans la mesure que compo1.1tait le sujet. Je me réfère au télégramme que j'ai expédié hier à V. E. (1).

J'ai annoncé au Secrétaire d'Etat que je partais incessamment en congé. A son avis, on avait devant soi une période de six semaines environ, durant lesquelles une absence ne présentait pas d'inconvénient. Je lui ai présenté en mème temps le Chevalier Tosi comme Chargé d'Affaires.

(l) Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

314

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 521. Vienna, 9 agosto 1876 (per. il 14).

Mi si presentò oggi occasione assai propizia di avere un colloquio col Conte Andrassy, più rilevante di quanti forse mi fu dato di procurarmene in questi ultimi tempi. Trovandomi seco Lui a Schi:inbrunn al pranzo dato da S. M. l'Imperatore in onore dei Reali Principi di Piemonte, colsi un momento in cui il Conte trovavasi solo in una finestra e l'abbordai dicendogli scherzando:

• S. E. il Commendatore Melegari mi chiede ripetutamente ch'io sappia dirgli quali sono gli intendimenti di V. E. intorno alla soluzione da darsi alla presente crisi orientale, per assicurare la pace; al che io rispondo costantemente che non riesco a ciò scoprire, l'E. V. mantenendo me,co un assoluto mutismo a questo riguardo; vi tengo in questa finestra e vi chiedo di fornirmi una migliore e più conchiudente risposta che soddisfaccia il mio Ministro •. Preso così d'improvviso alle strette, il Conte cominciò col rispondere, scherzando Egli pure, che trovava ottima la risposta da me rifedtagli e perfettamente esatta. Ma avendogli io osservato, che se quella poteva essere una risposta in bocca mia, non lo era in bocca sua, si risolvette, una parola dopo l'altra, ad entrare nel vivo della questione: dicendomi prima, che tosto i turchi avrebbero avuto ragione appieno dei serbi, si avrebbe potuto riprendere le trattative, sempre sulla base della nota del 30 dicembre scorso anno, perché il pretendere di più era un assurdo, né la Turchia né le popolazioni insorte essendo in grado di sopportare un regime quale è sognato da taluni. • Pensare a cambiamenti territoriali nell'interno della Turchia sarebbe follia •, dicevami Egli, • altro non si farebbe se non aguzzare l'appetito degli uni e degli altri senza contentare nessuno, ed incoraggiare alla rivolta anche quelle provincie che si mantennero tranquille, mostrando loro premiata l'insurrezione: tutt'al più si potrebbe dare qualche valle in più al Montenegro. Del resto poi persuadetevi, soggiungevami Egli, che per ogni mese in più che lascieremo battere i serbi dai turchi, saranno tanti anni di aumento di cui si prolungherà la tranquillità in Oriente, tranquillità che non mi riprometto affatto guarentita a lungo con simili palliativi; ma in ogni modo sarà già tanto di guadagnato •. L'E. V. avrà senza dubbio rilevato, ponderando le surriferite parole del Conte Andrassy, ch'esse accennavano solamente a mutamenti territoriali nell'interno della Turchia, o meglio ancora esprimevano il concetto di non allargare le frontiere degli attuali stati vassalli. lo però, per meglio scandagliare il pensiero del mio nobile interlocutore, feci mostra di non intenderla così e risposi • dunque vi manterrete fedele alla conservazione dello statu quo e devo quindi ritenere senz'ombra di fondamento la voce corsa che pensate ad annettervi la Bosnia? • a questa mia uscita il Conte rimase per un momento freddamente riservato, poi dissemi • vi mantengo quel che vi ho sempre detto; non intendiamo annetterci niente; non vogliamo annette1·ci la Bosnia •. Ciò sentendo parvemi fosse opportuno, vista la riserva colla quale quella dichiarazione mi era stata fatta, ed appoggiandomi d'altronde sulle

istruzioni impartitemi dall'E. V. col suo telegramma di stamane, ore 12,50 antimeridiane (1), di mostrarmene particolarmente soddisfatto, per invitarlo ad essere più esplicito, dicendogli: che l'Italia non poteva se non compiacersi di tali propositi, non avendo essa altro miglior desiderio che la conservazione dello statu quo.

Vedendosi siffattamente preso in parola, il Conte restò un momento sopra pensiero, poi mi disse: • si lo statu quo per intanto; ma, come vi ho detto già, niuno più può coscienziosamente ritenere possibile che l'arttuale stato di cose possa ancora durare a lungo in Oriente; l'essenziale si è di prolungarne l'esistenza per alquanto, cioè sino al giorno in cui ci porremo a tavola per mangiarne ognuno un pezzo •. Al che io risposi ritenere pericolosissimo quel concetto a cui Egli accennava, perché l'appetito sarebbe venuto ai convitati mangiando, e che difficile sarebbe stato saziavli tutti. • Non sono del vostro avviso, Egli risposemi, cominciando da voi, vi prenderete parte della Turchia...! • e nel ciò dirmi si arrestò a guardare l'effetto su me prodotto da Quella subita proposta. Ma io, senza frapporre indugi, credetti bene fare un haut le corps e respingere in modo reciso di prenderla in considerazione, dicendo che l'Italia non sapeva cosa farsi di una terra africana. Egli volle allora cercare di persuadermi che l'annessione di quel territorio sarebbe stata vantagiosissima aU'Italia, ma io persistetti a non mordere a quell'amo, dicendogli • che noi non avevamo affatto simili velleità; che gli ripeteva, altro non desideravamo se non che lo statu quo per tutti e che anche noi, come già egli avevami detto altra volta, ciò desideravamo ferocemente •. Qui fuvvi un nuovo tempo di arresto, dopo il quale il Conte mi replicò: • si, desiderate lo statu quo, non volete annessioni... per ora... voglio crederlo, ma ciò non di meno le circostanze vi spingono in senso contrario a tali propositi... e vi sono dei sintomi... •. Forse Egli, nel ciò dirmi, voleva fare allusione alle tendenze verso il Tirolo, ma il tempo gli mancò per esprimersi più esplicitamente, come pur troppo fece difetto a che Egli continuasse a svolgere l'intrapreso tema, dicendomi ciò che l'Austria-Ungheria e gli altri stati avrebbero trovato a loro convenienza; il circolo di Corte era finito e la conversazione fu improvvisamente troncata, senza purtroppo ch'io speri per Qualche tempo di poterla ripigliare in modo sì propizio.

Evidentemente a questo colloquio non si può dare maggior rilevanza di quanrto il comporti ·effettivamente. Una conversazione, metà seria metà scherzevole, in una finestra dopo pranzo, non ha il valore che avrebbe se avesse avuto luogo nel Gabinetto del Ministro od in casa mia, ed è precisamente per darle il suo vero carattere, che mi sono studiato di riferi.tlla all'E. V. con un eccesso forse di particolari, non pienamente al loro posto in un rapporto ufficiale, ma che valgono, parmi, a darle il suo vero colore. Ciò non di meno le cose dettemi dal Conte Andrassy non sono senza portata, e se non confermano punto per punrto il mio rapporto riservato del 3 corrente (1), dimosrtrano però che ciò ch'io esprimeva in esso esclusivamente siccome previsioni mie, non era del tutto privo di fondamento. A mio avviso non sarebbe conveniente mostrare di dar peso a ciò che mi fu detto dal Conte, tenendone parola coll'In

caricato austriaco a Roma o ritornandovi io appositamente sopra. Sembrami basterebbe t,enerne conto per valersene all'evenienza, non fosse altro che allo scopo di spingere più oltre le nostre indagini, essenzialmente _per assicurarci se analoghe idee siano coltivate dagli altri due Gabinetti Imperiali, evitando però ch'essi abbiano conoscenza, anche lontana, delle cose dettemi dal Conte Andrassy, per togliere il pericolo ch'Egli, informato della rilevanza che noi ci avremmo dato, si mantenga meco più riservato un'altra volta.

Finalmente devo rivolgere una pr,eghiera all'E. V. e si è che: ove per avventura si dovesse riprendere da noi la felicemente perduta abitudine di presentare al Parlamento la corrispondenza diplomatica, si ometta di comprendervi 14uesto mio rapporto, perché esso solleverebbe indubbiamente reclami per parte del mio interlocutore, la nostra conversazione avendo avuto luogo all'improvviso, senza ch'Egli avesse campo di pesare prima la portata di ciò che mi dice,va, ed essendovi anche il pericolo ch'Egli, che certamente non si curò di scrivere dopo la nostra conversazione, più non se ne ricordi colla precisione necessaria per ammetterne l'assoluta autenticità. A questo proposito credo inutile aggiungere che, per conto mio, ho riportato si può dire testualmente, tanto ciò che da me fu detto, quanto ciò che fummi risposto.

Gradirei poi sommamente piacesse all'E. V. farmi conoscere se approva l'atteggiamento a cui ebbi ad attenermi in auesta circostanza e fornirmi i necessari lumi perché io possa all'evenienza perdurare in esso, o mutarlo in qualche parte, ciò che non mi riescirebbe difficile, se per avventura si ritornasse a tenermi altra volta analogo linguaggio.

(l) Cfr. n. 307.

315

IL CONSOLE IN MISSIONE A RAGUSA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 8. Ragusa, 9 agosto 1876 (per. il 15).

Il Segretario di cotesto Consolato Generale di Russia che era partito per Vienna sul finire del luglio ritornò in questi giorni a Ragusa.

Da confidenze fattami risulterebbe che egli abbia avuto ordine dall'Ambasciatore di Russia a Vienna di far confermare che l'alleanza dei tre Imperatori è più decisa e franca che mai; ed abbia pure ricevuto incarico di consigliare a Questo Console Generale di Russia di moderare la sua attività a procacciare soccorsi alla guerra erzegovese-montenegrina. Sembrerebbe ancora che la partenza del Console Generale per H campo del Principe gli sia stata ordinata dallo stesso Signor di Novikoff all'oggetto di predisporre il Principe Nicola e i suoi Consiglieri ad accettare trattative di tregua.

Mi fu poi ancora aggiunto che, all'epoca in cui il Principe di Gortchatkoff era a Berlino questo Console Generale di Russia essendosi recato in quella città a visitarlo, ebbe severi rimproveri dal Principe per avere esso spinto gli animi degli insorti alla guerra a vece di calmarli, per cui si imputerebbe

al Console una grande responsabilità d'aver fatto e quanto meno lasciato sviluppare l'attuale pericolosa situazione.

Riferisco queste confidenze fatte dallo stesso Segretario a persona sua amica; ma io sarei incline a dubitare assai sulla loro verità. Mi pare che se il Governo Imperiale di San Pietroburgo non fosse soddisfatto del contegno del suo Agente, lo avrebbe già richiamato; e mi conferma nel parere il continuo passaggio per questa città diretti pel campo della guerra di molti russi. È vero che essi si Qualificano per medici e direttori di ambulanze, ma si suppone invece che molti siano uffiziali dell'esercito russo, e molti siano agenti dei comitati russi, specialmente quello di cui era prima capo e presidente il Generale Cernajeff.

Da tutti i detti Comitati si continuano a spedire vistose somme a questo Consolato di Russia, e mi fu assicurato che ogni piroscafo postale porta gruppi di denaro russo per sollievo degli emigrati, denaro che però è speso invece per mantenere gli insorti che combattono.

Nella situazione di Muktar Pascià a Trebigne nulla è cambiato finora. I Montenegrini lo circondano; ma però nulla tentano. Per tal modo la cosa potrebbe ancora andare in lungo. Si dice che da Mostar si sia mosso, o sia per muoversi Gelai el Din P a scià con 3 mila uomini per soccorrere Muktar; e che il capo degli insorti Petro Paulovich lo tenga d'occhio per sorprenderlo in qualche brutto passo.

316

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

D. CONFIDENZIALE 14. Roma, 10 agosto 1876.

È stato riferito al mio CoHega, Ministro dell'Interno, che dal Vaticano si stanno facendo attive pratiche presso il Governo francese, per stabilire, in massima, la città di Nizza come luogo del futuro conclave, e che il Governo francese non sarebbe alieno dall'aderire a tale desiderio.

Da parecchio tempo il Governo aveva avuto sentore che questo progetto si andava ventilando fra i CardinaU; e siccome Queste voci persistono, e si aggiunge anche, da qualche lato, che trattative già siano aperte, all'uopo, presso il Gabinetto di Versailles, così giova che la R. Ambasciata sia informata di tali voci, per potere, dal canto suo, coadiuvare il R. Governo nell'opera di vigilanza che egli deve compiere, a questo riguardo, per non essere sorpreso dagli avvenimenti. Mi riuscirà prezioso ogni indizio, ogni sintomo che la S. V. Illustrissima possa raccogliere intorno a questo grave argomento.

Annesso cifrato ALLEGATO

Il n'y a naturellement pas lieu d'entretenir le Due Decazes des bruits qui forment le sujet de ma dépeche d'aujourd'hui. Si cependant vous en avez le moyen ;ndirect, il serait bon de sonder adroitement, sur ce point, la manière de voir des hommes du parti libéral. Il conviendrait, en effet, de savoir quelle ligne de conduite ils suivraient en pareille éventualité. D'après certaines données confidentielles, il paraitraìt que le Due Decazes aurait dit avec une entente parfaite de la situation, à un diplomate étranger, que, dans son opinion, le Conclave ne peut se tenir qu'à Rome, selon les règles traditionnelles sans quoi on laisserait le champ ouvert à des discussions dangereuses sur l'élection papale. Decazes aurait ajouté que selon ses renseignements le pape personnellement aussi que les cardinaux Antonelli et di Pietro, parmi les membres influents du Sacré Collège, sont tout à fait contraires à un conclave hors de Rome.

Veuillez mettre M. Cerruti, avanti son départ pour Nice au courant de ces bruits, afin qu'il puisse dès son arrivée, se mettre en mesure d'avoir l'reil ouvert sur les dispositions qui pourraient etre prises pour réaliser un pareil projet et d'exercer, sur tout ce qui concerne cette affaire, une surveillance, à la fois active et réservée. S'il devait m'écrire sur ce sujet, M. Cerruti aurait soin de mettre la lettre à la poste au plus prochain bureau italien. On lui enverrait plus tard, si la chose devenait nécessaire, un chiffrant s'il avait quelque communication urgente à m'adresser, il pourrait envoyer le texte au préfet de Port Maurice qui me le transmettrait avec

son chiffre.

317

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI (l)

R. 19. Pietroburgo, 10 agosto 1876 (per. il 16).

Jeri al mio ritorno a Pietroburgo trovai una lettera del Signor de Giers con la quale questi mi pregava di recarmi al Ministero Imperiale degli Affari Esteri avendo egli a farmi una comunicazione per parte di S. A. il Principe Gortchakow, ritenuto a Peterhoff presso Sua Maestà l'Imperatore.

Mi recai subito al Ministero ed il Signor de Giers dopo avermi annunziato che un uguale comunicazione era stata fatta o doveva farsi il giorno stesso agli Ambasciatori d'Austria, di Francia, d'Inghilterra e di Germania, mi espose quanto segue.

Il Principe Tzertelen, inviato recentemente a reggere i Consolati Russi ad Adrianopoli e Filippopoli aveva inviato da quest'ultima città, in data 7 agosto (26 luglio) al Ministero Imperiale degli Affari Esteri un telegramma contenente gravi e dolorose notizie intorno ai fatti accaduti in Bulgaria. Secondo queste notizie la Commissione Inglese diretta dal Signor Baring giunta a Filippopoli, dopo aver percorso molti villaggi Bulgari avrebbe confermato i dati raccolti dallo stesso Principe Tzertelen. Il Signor Baring avrebbe detto a quest'ul,timo che nel solo distretto di Filippopoli il numero degli uccisi è di 10.000. In un villaggio avrebbe visto un migliaio di cadaveri insepolti. La miseria della popolazione è estrema e l'azione delle Autorità è impotente. Il Signor Baring continuava la sua corsa a Tirnovo e Gabrovo. La presenza sul luogo di Kiani-Pascià

non avrebbe prodotto alcun risultato. Gli oggetti depredati non furono restituiti né rimborsati. I Mussulmani non permettono la ricostruzione delle case incendiate. Essi conttnuano ad opprimere ed a torturare le popolazioni. Le raccolte agrarie sono abbandonate sui campi, i campi non arati, il bestiame depredato. All'avvicinarsi della stagione fredda mi~liaia di persone rimangono senza tetto e senza vitto. La mortalità fa strage principalmente dei ragazzi. Nelle carceri sevisce il tifo. La popolazione è quindi ridotta alla disperazione.

Un telegramma posteriore in data del 9 agosto (28 luglio) dello stesso Agente Russo, aggiunge che i corrispondenti Americani e Tedeschi che si trovano in Turchia esprimono la loro indignazione per ciò che vedono. A Batak si trovano più di 3.000 cadaveri, centinaja di teste tagliate, i resti di circa 300 donne date alle fiamme. Parecchi cadaveri pendono appiccati. Le bande mussulmane, invase da fanatismo, minacciano lo sterminio.

NeWespormi queste tristi notizie, le quali se anche fossero grandemente esagerate, sarebbero pur sempre molto gravi e molto dolorose, il Signor de Giers non mi celò che esse avevano prodotto sullo spirito dell'Imperatore Alessandro la più penosa impressione.

Il Principe Gortchakow volle che l'attenzione dei Gabinetti delle Grandi Potenze Europee fosse chiamata su questi fatti e desidera conoscere i loro sentimenti ed il loro apprezzamento a questo riguardo.

In presenza di tali eventi e come risposta alla comunicazione del Principe Gortchakow, mi sembra che il Governo di Sua Maestà consultando all'uopo altri Gabinetti, sia autorizzato ad esprimere l'avviso che oramai sia venuto il momento opportuno perché le Potenze Garanti s'interpongano diplomaticamente nello soopo di procurare la pacificazione deLl'Oriente sulle basi dello statu-quo territoriale e della riforma amministrativa e tributaria delle provincie cristiane della Turchia che sono ora in preda agli orrori della depredazione e della guerra. Queste basi, che già erano state messe in campo prima che scoppiasse il conflitto tra la Turchia e i Serbo-Montenegrini, certamente non darebbero piena soddisfazione ai desiderii delle provincie insorte e tanto meno poi a quelli della Serbia e del Montenegro. Ma dall'un lato la fortuna delle armi non arride all'esercito Serbo e dall'altro lato né l'Austria consente ad ammettere sulle sue frontiere un nuovo principato slavo indipendente o l'ingrandimento considerevole della Serbia, né l'equilibrio delle Potenze mediterranee potrebbe mantenersi quando una parte qualsiasi di territorio turco passasse sotto il dominio o sotto i:l protettorato dell'una o dell'al,tra delle Grandi Potenze Europee.

Le basi sudde>tte sono ad ogni modo le sole che nello stato presente delle cose abbiano probabilità di essere accolte da tutte le Grandi Potenze compresa la Turchia. Ogni altro programma solleva obbiezioni assolute per parte dell'uno

o dell'altro Gabinetto e si urta contro l'opposizione egualmente assoluta della Porta. Certo l'applicazione di uueste basi presenta difficoltà gravi anche senza tener conto d'una opposizione eventuale della Turchia. lmperocché si tratta di stabilire un modo di amministrazione che permetta di vivere pacificamente e civilmente a popolazioni diverse di religione, di sentimenti, di costume e di

condizione, e talora anche di razza, animati da odio reciproco e secolare, eppure agglomerate e confuse sullo stesso suolo.

Ma le difficoUà quantunque gravi non sono insuperabili, purché vi sia il concorde volere, e la concorde azione delle Potenze Europee, e purché le riforme, quando siano stabilite e sancite siano sorvegliate nella loro applicazione da una Commissione Europea duratura per parecchi anni, nominata dalle Potenze stesse, la quale fungerebbe in concorrenza con CommJssarii Ottomani e colla cooperazione di notabili cristiani e mussulmani scelti sui luoghi. A questo progetto si può obbiettare che esso viola l'indipendenza e la sovranità della Porta. Ma quando una lunga e dolorosa esperienza ha constatato che il Go\'erno Ottomano è nell'impossibilità di mantenere da solo la tranquillità delle sue popolazioni, Quando gravissimi interessi europei sono compromessi, quando è minacciata la pace del mondo, quando la coscienza umana è così vivamente scossa dallo spettacolo di selvaggie carneficine, questo argomento dell'inviolabilità della sovranità della Porta perde molto del suo valore, nè dovrebbe essere di tal peso dall'impedire che le Grandi Potenze provvedano ai propri interessi, alla pace dell'Europa, alle esigenze dell'umanità*.

Sarò grato all'E. V. se vorrà farmi conoscere l'impressione ed il modo di vedere del Governo di Sua Maestà specialmente intorno all'oggetto della comunicazione del Gabinetto di Pietroburgo, H quale si mostra desideroso di sapere l'opinione dei varii Gabinetti a questo proposito.

(l) Ed., ad eccezione del brano tra asterischi, in LV 22, p. 286.

318

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 42. Roma, 11 agosto 1876.

L'E. V. mi ha riferito col pregiato suo rapporto del 4 di questo mese,

n. 43 (1), una conversazione che Ella ebbe col Conte Derby e che è senza dubbio della più alta importanza.

Ammettendo, ed anzi dichiarando spontaneamente che la missione Baring fu deliberata in omaggio alle esigenze della pubblica opinione, commossa pei fatti di Bulgaria, Sua Signoria implicitamente riconosce che le Potenze dovranno trarre norma dalle esigenze stesse, nel loro contegno futuro, qualora le indagini conducano, secondoché oramai sembra dimostrato, all'accertamento delle atrocità imputate ai turchi. È certo ad ogni modo che il sentimento generale in Inghilterra spingerebbe necessariamente in tale ipotesi, il Governo della Regina ad adottare una diversa linea di condotta, in ciò che riguarda !l'ingerenza che le Potenze sono in diritto e in dovere di spiegare anche negli affari interni di uno Stato di cui esse hanno guarentito l'esistenza.

Soprattutto poi ci riescono preziose le dichiarazioni che, nel corso del colloquio l'E. V. poté provocare da Lord Derby circa l'attuale politica britannica. Imperocché noi sentiamo tutta l'utilità di uno scambio continuo di idee, per cui il Governo del Re possa avere notizia sollecita di qualsivoglia mutamento fosse per sopravvenire in quena politica rispetto aUe cose orientali. Oltre di che, nel processo di siffatti scambi di idee, potrebbe venir fatto alla sagacia dell'E. V. di indagare il pensiero della Gran Brettagna in ordine a certa combinazione 'la quale, anche allo stato di eventualità ipotetica e rimata, deve richiamare tutta la nostra vigilanza: voglio alludere al progetto di una annessione della Bosnia all'Austria, progetto che sarebbe meno contrario ai Trattati del 1856 che lesivo dei nostri più chiari ed evidenti interessi.

(l) Cfr. n. 298.

319

IL CONSOLE A SERAJEVO, PERROD, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 71. Serajevo, 11 agosto 1876 (per. il 18).

Da varii lati giungono legnanze sul trattamento che i Basci Bozuk fanno subire ai Cristiani. Si scrive da Tuzla in data 4 agosto • la settimana è scorsa senza che sia successo nulla di rilevante, tutto il danno ci viene ora dai Basci Bozuk i auali intercettano le strade ed impediscono qualsiasi viaggio od uscita ai contadini ed ai negozianti; invece di combattere contro il nemico essi fuggono pei villaggi, saccheggiano ed uccidono tutto ciò che loro cade sotto le mani, ieri un ebreo fu ucciso senza che lo si potesse incolpare di nulla, e ciò accresce tanto più la paura che il nemico si avvicina ogni giorno di più. Spero che questa settimana avrà luogo qualche battaglia felice per H Sultano altrimenti se questo continuerà così saremo tutti perduti • queste sono le precise parole della lettera. Da buona fonte so inoltre che vicino a Brska venti soldati Redifi entrarono nella casa di un prete che si trovava ammalato, gli domandarono da cenare, e questi avendo fatto uccidere a tal uopo cinque montoni, appena ebbero mangiato i soldati uccisero il prete ne misero la testa sopra un palo che piantarono in mezzo alla piazza di Brska stessa.

A Travnik senza provocazione di sorta fu ucciso un cristiano ed in Serajevo passeggia armato come un brigante il famigerato Hadji Lojo capo dei birbanti della città il quale erasi recato a Mitrovitza e si vanta pubblicamente di avere ucciso strada facendo sette Cristiani. Un mercante che fece la stessa strada da Mitrovitza a qui racconta che il detto Lojo avendo un giorno incontrato un Cristiano che portava del latte lo accostò, gli domandò a bere il latte, questo glielo diede, e dopo avere bevuto sguainò il suo Iatagan e lo fece a pezzi.

Nei dintorni di Belina quattordici vmaggi furono del tutto saccheggiati, settanta cinque individui, donne vecchie e ragazzi furono uccisi; della Chiesa O~todossa di Belina si fece una moschea, ed i Cristiani della Città stanno tutto il giorno riuniti nella casa del fornitore delle truppe per paura di essere trucidati isolatamente. Leggo in una lettera scritta da Sienitza il 4 corrente che il giovedì 3 agosto a meno di un quarto d'ora da Sienitza i Serbi furono respinti lasciando un cannone nelle mani dei Turchi e che il combattimento 'essendosi rinnovato il giorno in cui si scriveva, lo scrivente terminava con dire che non poteva scrivere a lungo perché sentiva tuttora i cannoni.

Dalle particolari informazioni ricevute in quel modo mi risulta infine che si trovano a Belina dodici battaglioni di truppe regolari con a capo Zeki Pascià di cui tutti lodano il valore, mentre Djeladin Pascià da otto giorni partì per Mostar; che a Zvornik la guarnigione ammonta a quattro battaglioni; a Srebrenitza a due battaglioni soltanto con circa venti mila Basci Bozuk tra Belina e Zvornik. Tali dettagli essendo conformi a quanto precedentemente scrissi ho creduto poterli nuovamente riferire perché si conosca per quanto è possibile l'effettivo delle forze disseminate lungo la frontiera.

A dare maggiore unità alla repressione di qualsiasi moto insurrezionale senza distogliere dall'armata né Ufficiali né truppe regolari il Governo nominò Comandante di tutti i Basci Bozuk che trovansi sotto le armi nei Sandjakati di Bihac, Travnik e Banjaluka un certo Dervis Pascià Teskeregic di Travnik che andò il 6 di questo mese a prendere possesso del suo comando. Tale nomina accenna ad un ultimo appello che il Governo intende fare alla popolazione Musulmana sì contro i nemici che stanno alla frontiera come contro quelli che potrebbero sollevarsi all'interno del Vilayet qualora i Serbi potessero con qualche abile manovra penetrare nel paese ed in qualche modo spalleggiare una generale insurrezione.

Continuano ad arrivare dai varii centri del Vilayet grani che tosto sono ridotti in farina e spediti nei varii accampamenti ed anche messi in ailcuni depositi in Città. Siccome fra due mesi spirano tutti i contratti fatti cogli appaltatori e che non si troverà nessuno che voglia rinnuovarli, questi accentramenti di farina sono una eccellentissima ed assolutamente necessaria misura, ma constatano ad un tempo l'assoluto discredito in cui è caduto il Governo e le immense difficoltà che dovrà d'ora innanzi superare per giungere al regolare nutrimento della sua armata.

Nel .trasmetterLe i bollettini che l'Autorità fece pubblicare sulle operazioni Militari, devo notare che i fatti riferitivi sono tutti di data poco recente, di poca entità in se stessi e non provano altro da un lato se non che le linee telegrafiche sono rotte da Novi Bazar e Visegrad e daU'altra che l'insurrezione si è ravvivata nei tre Sandjacati di Bihac, di Banjaluka e Travnik ciò che spiega meglio ancora la nomina del Teskeregic. Quanto all'asserzione che gli insorti depongono le armi e ritornano nei loro Villaggi non è necessario di rifiutarla essa cade da se stessa e mostra una volta di più quanto quei bollettini siano privi di qualsiasi verità, lo che poi è reso per così dire ridicolmente manifesto da quanto riferiscono sugli ultimi fatti avvenuti nell'Erzegovina.

Se Grahovo e Priedor i due siti ove maggiormente si riaccese l'insurrezione pajono accennare che l'Austria non vi è estranea il fatto non ha minor valore in se stesso e dimostra che appena potranno trovarsi armi e munizioni non che un centro di operazione tutta la popolazione cristiana sarà pronta ad unirsi alle truppe liberatrici, ciò che mi viene confermato nel momento in cui scrivo da una lettera di Tesanie in cui mi si annunzia che una banda di volontarj passò da

Prnjavor nella Nahia di Tesanje nei villaggi Detlak, Drien e Brestovo (nelle vicinanze della strada di Brood). Tutti i Bey di Te8anje con due cento Basci Bozuk andarono contro di loro, si sospetta, che daranno battaglia a Bajkovtzi.

Le truppe Serbe da Novi Bazar a Belina conservano le loro posizioni e non mi pare possibile augurar male ancora della loro difficile intrapresa

Mi mancano parole adeguate ad esprimerLe la mia viva riconoscenza pel telegramma che l'E. V. si degnò spedirmi il 5 corrente (1), posso assicurarLe che mente e cuore adoprerò nel miglior modo possibile a meritare tanta benevolenza e nel pregarLa di gradire la mia gratitudine Le offro...

P.S. Con questo corriere parte per Brood, dicesi diretto a Vienna questo Console Russo.

320

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 782. Parigi, 12 agosto 1876, ore 0,35 (per. ore 1,45).

Decazes vous engage à ne pas faire connaitre au Caire vos opinions sur la Question des jugements avant d'avoir reçu la note qu'il me remettra bienJtot. La France se trouve d'accord avec l'Allemagne, l'Angleterre, l'Autriche et la Russie pour ne pas laisser porter atteinte à l'autorité des nouveaux tribunaux

M. Decazes voit dans la réforme judiciaire et dans la commission de la dette, notre sauvegarde et notre plus puissant moyen d'action en Egypte, et pense que nous devons soutenir l'un et l'autre de ·toutes nos forces. Il m'a dit confìdentiellement au'il venait de recevoir le rapport du ministre de la justice sur le mémoire du viceroi. Le rapport n'admet pas le bien-fondé du mémoire. M. Villet sera rappelé et reviendra en France à la fin de septembre.

321

IL CONSOLE A GINEVRA, GAMBINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 118. Ginevra, 12 agosto 1876 (per. il 14).

La commissione di propaganda di Livorno scrisse alla sezione di propaganda di Ginevra.

La lettera constata, come al solito, che i processi fatti dal Governo alla Internazionale entusiasmarono le popolazioni operaie e la gioventù borghese, e che il socialismo in Italia, continuando di questo passo, diverrà una potenza. Il Mazzinianismo fu oscurato e i Mazziniani stessi sono obbligati quasi a constatarlo, mentre negli anni addietro erano essi i padroni della posizione.

Continuando, la lettera dice che parecchi giornali, che propagano nettamente la rivoluzione sociale, cioè la demolizione del Governo e dello Stato per cura delle varie Commissioni della Internazionale site nei varj punti d'Italia, vengono distribuiti alla gioventù; che tali giornali vanno mano mano aumentando, di modo che non tarderà il momento che anche la più piccola borgata d'Italia avrà la sua sezione.

Il 'lavoro che dà molto a fare aUa Internazionale è la propaganda nelle campagne, ove il prete ed il proprietario dominano ancora gli animi. Se si può riuscire di avere delle sezioni di contadini, si potrà dire che il problema sociale è risolto ed il Governo vinto, poiché sono i contadini che in maggioranza forniscono al Governo le braccia per soffocare le rivoluzioni nelle città.

La lettera conclude: ringraziando le sezioni del Giura che si fanno le iniziatrici della rivoluzione in Europa. Il Governo non è più in tempo a salvarsi; se ci lascia la libertà di agire coi giornali coi meeting, coi congressi, organizzeremo la Rivoluzione pubblicamente; se l'Intevnazionale verrà proibita, noi faremo allora agire i nostri numerosi Comitati segreti, che ad ogni buon caso fino da oggi ne compiliamo i quadri d'organizzazione; anzi, per po' che si attenda, il'Internazionale sarà sì compatta che lo scioglierla diverrà impossibile.

Unito (l) alla lettera vi è un resoconto del congresso tenutosi a Firenze il 23 luglio sotto la Presidenza del Francesco Natta.

Continua la polemica epistolare fra Malon e Costa. Malon ora sconfessa il movimento delle bande armate e dice che il popolo Italiano bisogna educarlo alquanto, prima di spingerlo alla Rivoluzione. Costa, Cafiero, Malatesta ed altri vorrebbero agire da un momento all'altro.

Il Cafiero trovasi ora a Roma (2).

(l) Non pubblicato.

322

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 93. Madrid. 12 agosto 1876 (per. il 17).

Ringrazio l'E. V. delle informazioni trasmessemi a mezzo del dispaccio delli 31 luglio scorso n. 16 di questa serie (1), sui negoziati pendenti tra il Governo del Re e quello di Spagna riflettenti i possedimenti Spagnuoli in Italia. Oggi mi è dato aggiungere qui due nuovi articoli del Cronista nei quali si ritorna sull'argomento con maggiore forza di prima. Gli attacchi sono più specialmente diretti all'Epoca ed al suo proprietario Conte Coello.

Frattanto non mancai di raccogliere informazioni più precise sull'origine di quelli attacchi. Il Giornale Il Cronista anzitutto fu fondato pochi mesi or sono

da un deputato della maggioranza Signor Navarro conosciuto per la sua smania di attirave sopra di sé la pubblica attenzione. Gli articoli da me recati alla conoscenza dell'E. V. sono però usciti, per quanto mi si assicura, dalla penna del Signor Don Francesco Aguado, che per varj anni fu amministratore delle cosiddette fondazioni di Spagna, intorno alle quali pubblicò in Roma col titolo:

• Las Fundaciones de Espafi.a en Roma y las leyes italianas d es desamortizacion •. (tipografia Romana) un libro che certamente sarà conosciuto dall'E. V. Sembra ora che il Signor Aguado venne allontanato dal posto da lui occupato per opera del Conte Coello, essendosi scoperti abusi nella sua amministrazione. Questa sarebbe adunque la origine della vivissima polemica destatasi fra il Cronista e l'Epoca.

Intorno a questi fatti ebbi occasione di tenere discorso col Signor Prendergast, Direttore al Ministero di Stato, il quale appunto accudisce al negoziato tra l'Italia e la Spagna. Egli mi confermò quanto altre volte mi disse del modo correttissimo col qual procede il Governo Italiano, animato sempre da spirito di conciliazione e di giustizia. Mi disse che al certo rimanevano ancora taluni punti bastantemente importanti da chiarirsi. ma che non dubitava che anche questi sarebbero appianati mercé quel desiderio di conchliazione che sempre anima ambo i Governi. Per ultimo mi assicurò che l'Epoca interpretava i sentimenti del Governo Spagnuolo; non così il Cronista, sul qual giornale confermò parte dei particolari più sopra da me riferiti.

(l) -Non pubblicaio. (2) -Annotazioni marginali: • Portare il contenuto a cognizione del Ministero dell'Interno che sembra attribuire una grande importanza all'Internazionale •. • Comunicato all'Interno il 23 agosto 1876 •.
323

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 793. Pietroburgo, 13 agosto 1876, ore 18,20 (per. ore 22).

Dans la conversation que j'ai eu aujourd'hui avec le prince Gortchacoff, en revenant sur les bruits d'annexion de 'la Bosnie à l' Autriche, je lui ai demandé si, le cas échéant, la Russie y consentirait, et si on avait pris uuelque engagement à Reichstadt. Le prince chancelier, mis en présence d'une demande directe, a été moins net que la première fois. Il m'a répété qu'il ne saurait étre question d'un protectorat autrichien, mais que dans certaines éventualités, sur 'lesquelles il ne s'est pas expliqué, il pourrait y avoir utilité à une rectification de la frontière autrichienne, par suite de laquelle une portion de territoire turc pourrait étre annexée à l'Autriche. Son Altesse a évité de se prononcer sur l'entité de ce qu'il appelle une rectification de frontière, et il ne m'a pas dit non plus s'hl y avait un engagement pris avec l'Autriche, mais son silenc,e méme, en présence d'une interrogation directe, me semble indiquer qu'un engagement existe qui comporte l'annexion éventuelle à l'Autriche d'une partie de la Bosnie. J'ai cru indispensable de ne pas laisser ignorer dès à présent au prince Gortchacofl' que je croyais que l'Italie n'était disposée en aucune manière à se préter à modifier à son désavantage l'équilibre des forces dans l'Adriatique.

324

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

D. 16. Roma, 13 agosto 1876.

Ho ricevuto il telegramma (l) col quale la S. V. mi ha informato di alcune pratiche che sarebbero state fatte dal Gabinetto di Londra a Parigi ed a Berlino in vista di esercitare un'azione mediatrice fra la Turchia e la Serbia od almeno di impedire che sul territorio serbo occupato dalle milizie ottomane non si ripetano le atrocità commesse in Bulgaria.

Una comunicazione che mi è fatta dal Marchese di Noailles conferma le notizie datemi dalla S. V. Il Governo francese ha fatto sapere al suo rappresentante in Roma che la Russia sembrava accingersi a fare una proposta di mediazione; ma a Vienna le disposizioni non sarebbero favorevoli ad una tale proposta. Lord Derby dal canto suo avrebbe manifestato l'opinione che una intervenzione diplomatica sarebbe inopportuna finché la Serbia non ne avrà fatto la domanda. Intanto però il Gabinetto britannico si è rivolto alla Germania esprimendo il desiderio che le grandi Potenze possano mettersi d'accordo per insistere presso il Governo ottomano allo scopo d'impedire che le Città serbe cadute nelle mani dei Turchi siano esposte ad essere trattate crudelmente come lo furono varie località della Bulgaria. La risposta del Governo di Berlino non era ancora stata fatta a Londra in modo definitivo; ma pareva che le disposizioni di quel Governo fossero favorevoli al progetto inglese.

Il Marchese di Noailles desiderava di sapere se da Londra ci fosse stata fatta una proposta analoga a ouella che quel Governo ha fatto alla Germania. Egli avrebbe inoltre desiderato di poter informare il suo Governo dell'accoglienza che noi avremmo fatto a tale proposta se ci fosse stata comunicata.

Il Gabinetto di Londllél non avendoci fatto conoscere il suo desiderio che noi ci associassimo ai passi da farsi a Costantinopoli per preservare 1e città serbe dal trattamento inflitto alle popolazioni bulgare, io non ebbi occasione finora di scambiare in proposito le nostre idee con quelle della Gran Bretagna. L'opinione pubblica si è commossa in Italia, non meno che in Inghilterra e negli altri paesi, al pensiero che la Serbia possa essere ben tosto il teatro di atrocità allo spettacolo delle quali l'Europa civile non potrebbe assistere impassibile. H Governo del Re non esiterà dunque ad associarsi ai passi che concordemente od anche separatamente le Potenze intendessero di fare a CostantinopoU per richiamare il Governo Ottomano all'osservanza delle leggi della guerra stabilite dal diritto internazionale e confermate dagli usi invalsi fra le nazioni civili. Noi abbiamo troppe volte chiamato l'attenzione della Porta Ottomana sopra il grave pericolo al quale essa si esponeva armando bande irregolari e tribù conosciute per istinti rapaci e feroci, lanciando quelle mHizie prive di qualunque organizzazione militare contro il paese nemico per portarvi l'incendio e la strage, per non essere autorizzati ora ad esprimere tutto il nostro dolore che la voce di un Governo amico non sia stata. megUo ascoltata nei consigli del

28 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

Sultano. Ciò che noi abbiamo preveduto in più di una nostra comunicazione alla Turchia, si è verificato. La condotta delle milizie ottomane ha eccitato un ~entimento di raccapriccio e di sdegno che sta per prevalere nella pubblica opinione sopra qualunque altra considerazione d'ordine puramente politico. La saviezza dei Governi interessati consisterà appunto nel saper dare ai sentimenti umanitari una giusta soddisfazione cogliendo il momento più favorevole per interporre la loro opera mediatrice fra i belligeran-ti. Giammai l'azione diplomatica dell'Europa sarebbe stata, come in questa circostanza così potentemente appoggiata dal consenso unanime di turtte le popolazioni.

È con questi sentimenti che noi abbiamo accolto la comunicazione che il Gabinetto di Pietroburgo ci fece fare il 9 di questo mese per mezzo del Cavaliere Nigra. Il racconto dei massacri e delle devastazioni commesse in Bulgaria avea prodotto sull'animo del:l'Imperatore Alessandro un'impressione dolorosa che il Principe Gortchacoff era incaricato di far conoscere ai rappresentanti delle Grandi Potenze. Nella nostra risposta al Governo Russo noi abbiamo creduto opportuno di esprimere quei sentimenti che, pl'evalendo diggià nella pubblica opinione del nostro paese, dovranno necessariamente influire sulla condotta politica del Governo del Re nella fase presente della questione orientale.

(l) Non pubblicato.

325

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DEPRETIS

T. 398. Roma, 14 agosto 1876, ore 11,55.

Les nouvelles que je reçois au sujet d'une occupation éventuelle de la Bosnie par l'Autriche me font croire qu'il serait urgent de rappeler dans le Golfe de Taranto l'escadre de Smyrne et qu'il serait utile qu'une des concentrations de troupes pour les grandes manoeuvres ait lieu en proximité du litoral Adriatique. Autorisez-moi à m'entendre pour cela avec les ministres de la Guerre et de la Marine. Le plus grand secret est nécessaire sur le but de ces mesures.

326

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

T. 400. Roma, 14 agosto 1876, ore 19,35.

Je considère comme très grave le changement d'opinion qui ressort de votre conversation avec le prince Gortchakow (1). Depuis 1867, la politique symphatique de l'Italie pour la Russie dans les affaires d'Orient avait eu pour base les déclarations explicites qui nous avaient été faites par les Chancelier impérial, et qui nous donnaient l'assurance que nos intérets particuliers sur l'Adriatique trouvaient une garantie dans la rivalité d'intérèts existant entre l'Autriche et la Russie, et dans l'attitude résolue de cette dernière puissance

pour s'opposer à tout agrandissement territorial de la Monarchie austro-hongroise en Bosnie. Si cette base venait à manquer, nous devrions aviser à ce que l'Italie, où l'opinion publique a déjà été mise en éveil à cet égard, ne s:e laissat pas surprendre par !es événements et nos intérets ne fussent pas sacrifiés à d'autres considérations. Je vous approuve d'avoir dit au prince Gortchakow que nous ne sommes pas disposés à nous preter à modifier à notre désavantage l'équilibre d es forces dans l'Adriatique. Si o n voulait poser la question des rectirfications de frontière, je ne crois pas qu'il y aurait en ce moment un seui état du continent qui n'e(it des réciamations à formuler. Il y a mème lieu de supposer que quelques puissances pourraient à cette occasion prendre sur les possessions ottomanes de l'Afrique d es satisfaotions bien autl'ement importantes que celies dont semble se contenter l'Autriche. C'est pour cela que nous avons dit qu'actuellement les questions ,territoriales et de souveraineté, ne sauraient etre posées. Nous avons voulu pressentir le prince Gortchakow sur les points principaux qui pourraient servir de base à l'ouverture d'une négociation de paix. Le chancelier ne nous a pas fait connaìtre si l'avis de la Russie à cet égard est conforme au nòtre. Il vous a au contraire parlé du projet d'une conférence européenne devant se réunir sans programme déterminé et ètre composée des ministres à portefeuille. Le choix de Venise flatterait certainement notre amour propre, mais je ne pense pas qu'une proposition ainsi formulée aurai,t la chance d'ètre acceptée par les autres Cabinets. On assure que l'Allemagne se montre contraire à tout projet de convocation d'une conférence. Le prince de Bismarck aurait mème dit qu'il se refuserait absolument à y intervenir personnellement. Je crois que dans l'état actuel des choses, nous devons témoigner au Cabinet russe une certaine froideur, qu'explique suffisamment le sans-gène avec lequel il a montré d'envisager ce qui touche à nos intérèts particuliers. Si le prince Gortchakow vous interroge pour savoir quelle impression a produit sur nous sa réponse, vous pourriez vous inspirer à ce qui précède pour ne laisser aucun doute dans

son esprit que cette impression a été très fàcheuse.

(l) Cfr. n. 323.

327

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 20. Pietroburgo, 14 agosto 1876 (per. il 22).

Con telegramma del 23 luglio scorso (1), l'E. V. riferendosi a voci persistenti sparse nella stampa ed altrove, mi diede l'incarico d'investigare se il progetto di un protettorato Austriaco sulla Bosnia e sull'Erzegovina fosse ammesso dalla Russia come soluzione delle presenti difficoltà. Come mandai per telegrafo a V. E. in data del 27 luglio scorso (2) ebbi cura di scandagliare a questo proposito il Principe Gortchakow il quale rispose alle mie allusioni dicendo che non era mai stato questione d'una simile soluzione, per la quale del resto non si sarebbe potuto contare né sull'appoggio né sul consenso del

Governo Imperiale di Russia. Bensì il Principe Cancelliere ammetteva che in date eventualità, sulle quali evitò di spiegarsi, potesse esservi utilità d'una rettifica della frontiera Austriaca. Ma soggiungeva che anche ove ciò si verificasse, il che era naturalmente molto dubbio, l'eventuale estensione di frontiera Austriaca che ne risulterebbe, non avrebbe alcuna importanza politica. Ora, poi, cessate le voci relative al protettorato austriaco, sorsero specialmente nella stampa Austriaca, altre voci destinate, a quanto sembra, a preparare l'opinione pubblica non più ad un protettorato ma ad un'annessione Austriaca de:l!Ia Bosnia. Queste voci erano poi avvalorate da altre notizie, a cui l'E. V. accennò nel suo dispaccio confidenziale dell'8 corrente (l) e nel telegramma del giorno successivo. L'E. V. osservando giustamente che l'annessione della Bosnia all'Impero Austro-Ungarico modificherebbe a scapito dell'Italia l'equilibrio delle forze nell'Adriatico, mi diede l'istruzione di tentare di verificare se per avventura fosse corso fra i tre Imperi del Nord qualche impegno d'ammettere e sostenere una tale soluzione.

Avendo avuto ieri l'occasione di intrattenermi a lungo col Principe Gortchakow a proposito della risposta di V. E. alla comunicazione fattaci dalla Russia de1le notizie relative ai massacri di Bulgaria, approfittai di quest'occasione per condurre Sua Altezza sulla via delle confidenze rispetto al progetto che preoccupa il Governo del Re. Il Principe, nella sua risposta, fu questa volta meno reciso di Quanto lo era stato prima. Egli ammise che in date eventualità e quando le provincie cristiane della Turchia dovessero essere sottratte al giogo ottomano, una parte delle popo'lazioni e del territorio della Bosnia potessero passare sotto il dominio Austro-Ungarico. Avendo io osservato incidentalmente che le opinioni del Governo Russo erano ben cambiate da quando il Principe Cancelliere dichiarava al Conte de Launay che un'occupazione Austriaca della Bosnia sarebbe stata considerata dalla Russia come un caus beni, Sua Altezza mi disse che certamente vi erano soluzioni migliori, a suo avviso, della questione, come per esempio, l'indipendenza delle provincie insorte, od anche l'ingrandimento dei Principati di Serbia e di Montenegro. Ma soggiunse che tutto era preferibile allo stato presente, e che se le migliori soluzioni non erano possibili, bisognava adattarsi alle meno buone purché cessasse la condizione attuale di cose che è veramente intollerabile. Senza parlare a nome del Governo del Re, ma parlando in mio nome, non esitai a porre il Principe Cancelliere in avvertenza, dichiarandogli che io non dubitava che s'ingannerebbe a partito di credere che l'Italia, la quale desiderava d'altronde vivissimamente conservare e coltivare l'amicizia dell'Austria, potrebbe sacrificare al desiderio di mantenere questa, benché preziosa, amicizia, interessi per lei capitali. Interrogato se avesse preso coll'Austria, o coll'Austria e la Germania, un impegno relativamente all'annessione eventuale predetta di una parte della Bosnia all'Austria, il Principe Gortchakow mi rispose che non poteva spiegarsi su questo punto, e mi chiese alla sua volta se l'Italia farebbe la guerra per ciò. Io gli domandai il permesso di osservare, rispetto alla sua domanda, la medesima riserva che egli aveva osservato rispetto alla mia. Ora il fatto stesso del silenzio dal Principe Cancelliere apposto

alla mia domanda, è un indizio abbastanza chiaro, che un impe~o c'è. La mia opinione è che quest'impegno fu preso a Reichstadt, probabilmente in forma verbale, e che ha un carattere naturalmente eventuale e condizionale. Non potrei dire se la Germania vi ha partecipato. In ogni caso avrebbe dovuto esserne informata.

Il progetto che giustamente preoccupa il Governo di Sua Maestà, esiste dunque, e non solo non sarebbe combattuto dalla Russia, ma sarebbe ·eventualmente approvato da essa. Da un altro lato il Governo Russo fin d'ora è informato, benché quest'informazione non abbia rivestito un carattere ufficiale, che l'Italia è recisamente opposta a qualsiasi progetto che turbi a suo svantaggio l'equilibrio sull'Adriatico.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 280.

(l) Cfr. n. 308.

328

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

D. 17. Roma, 15 agosto 1876.

Da alcun tempo il R. Governo seguiva con molta attenzione la evoluzione che veniva manifestandosi nella stampa ed in certe sfere politiche a Vienna, collo scopo evidente di preparare la pubblica opinione a considerare l'annessione della Bosnia all'Impero austro-ungarico come una necessità politica ed un sacrificio che il Governo Imperiale e Reale avrebbe a far a prò della pace europea. Prendendo come punto di partenza lo stato degli animi, quale si appalesava nel momento in cui separavansi, in ultimo, a Pesth le delegazioni della monarchia, è facile accorgersi del cammino che già si è fatto verso una soluzione, che fin dal principio della insurrezione erzegovese ebbe caldi e potenti fautori nelle alte sfere dell'Impero. Negli organi più importanti della stampa ungherese non mancarono in questi ultimi giorni articoli tendenti a preparare la pubblica opinione di quella parte della Monarchia austriaca nel senso che quando l'Austria .fosse posta nell'alternativa di scegliere tra la formazione di un grande stato slavo e l'annessione (dicono quei giornali) di un milione di Slavi, in buona parte cattolici, il Gabinetto di Vienna non potrebbe rifiutare all'Europa il servizio di assicurare una pace durevole solo col rassegnarsi ad una soluzione che, se non è senza inconvenienti per l'Impero non può però alterarne sensibilmente l'interna costituzione.

Di queste voci e di queste preoccupazioni ebbi ad intrattenere V. E. col mio telegramma dell'8 agosto (1). Però, già alcuni giorni prima io avea avuto già occasione di scriverle per richiamare la vigilanza di Lei sopra i sintomi di una situazione che poteva divenire piena di pericoli per gli interessi del nostro paese sull'Adriatico. E fin da quando V. E. assumeva la direzione di codesta R. Ambasciata, io avea avuto cura di ricordarLe, col dispaccio del 18 giugno (2), uno scambio di idee che, parecchi anni or sono, ebbe luogo tra il Conte de Launay, in allora rappresentante di Sua Maestà presso lo Czar, ed il Principe Gortchakow;

il quale scambio di idee erasi concluso con la dichiarazione del Principe Cancelliere che la Russia avrebbe considerato come casus belli l'occupazione della Bosnia da parte dell'Austria.

Tratterebbesi ora (ebbi cura di accennarlo nel mio telegramma dell'8 di questo mese), non già di un'occupazione temporaria, sibbene di progetti tali che implicando l'annessione definitiva del territorio, rafforzerebbero, a nostro det:dmento, la posizione dell'Austria sull'Adriatico. Parevaci quindi venuto il momento di non lasciare ignorare al Gabinetto di Pietroburgo che il nostro pensiero non è punto mutato nelle presenti circostanze, e che l'Italia non s'indurrebbe mai a sacrificare al desiderio di conservare i suoi buoni rapporti attuali coll'Austria-Ungheria, interessi che non cessarono mai di essere, agli occhi nostri, della più alta importanza. Ci premeva (e per questo appunto le opportune istruzioni venivano significate a V. E. in via telegrafica) che la Russia non conservasse dubbio alcune sulle nostre vere disposizioni a questo riguardo. Avvertiva però V. E. secondoché richiedevasi per la natura segretissima della comunicazione da farsi, di volere anzitutto scandagliare accuratamente iJ. terreno per avere la certezza che non esistesse a questo riguardo, fra i tre Imperi, un accordo contrario ai nostri interessi V. E. ebbe tosto la opportunità di intrattenere di questo tema il Principe Gortchakow. Discorrendo delle voci di annessione della Bosnia all'Austria, l'E. V. domandò al Principe Cancelliere se, data la eV'entualità, la Russia presterebbe il suo consenso, o si fosse pigliato a Reichstadt qualche impegno a questo proposi,to. Il Principe (così V. E. mi ha telegrafato il 13 di questo mese) (1), trovandosi di fronte ad una diretta interrogazione, fu questa volta meno esplicito che non nella circostanza da me ricordata nel dispaccio del 18 giugno (2) Sua Altezza ha ripetuto essere fuori di questione un protettorato austriaco, ma che in certe eventualità, rispetto alle quali non si è spiegato, potrebbe riuscire u1ile una rettificazione della frontiera austriaca, per effetto della quale una porzione di territorio turco sarebbe annessa alla monarchia. Sua Altezza evitò di pronunciarsi sulla entità di ciò che dovrebbe intendersi per una simile rettificazione di frontiera, e neppure disse se un impegno si fosse preso, a questo riguardo, coll'Austria-Ungheria. Ma questo stesso silenzio, in presenza di una diretta interrogazione, pareva a V. E. indicare l'esistenza di un impegno per la eventuale annessione di una parte della Bosnia alla monarchia austro-ungarica. Epperò le parve indispensabile di non lasciare ignorare fin d'ora al Principe Gortchakow che l'Italia non era punto disposta ad acconciarsi a che si modifichi a suo svantaggio l'equilibrio delle forze rispettive nell'Adriatico.

-Approvai tosto, con telegramma del 14 agosto (3), il linguaggio di V. E. Appa

riva infatti gravissimo il mutamento di opinione che emergeva dalla conver

sazione di Lei col Principe Gortchakow. Dal 1867 in poi la politica dell'Italia

verso la Russia negli affari d'Oriente andò scostandosi in parecchie occasioni

da quella delle Potenze occidentali e non mancarono le circostanze nelle quali

il Gabinetto di Pietroburgo ebbe a rallegrarsi della maggiore intimità stabili

tasi nelle nostre relazioni con lui. Ancora, nelle recenti fasi della quistione dell'Erzegovina, fu con vero reciproco compiacimento che i Gabinetti di Roma e di Pietroburgo si trovarono d'accordo, senza quasi che fossero necessarii preventivi concerti. Il Principe Gortchakow ne fece egli stesso l'osservazione e se ne rallegrò con noi. Ma nell'adottare questa linea di condotta, che le era suggerita dai suoi proprii interessi, l'Italia avea fatto assegnamento sopra le dichiarazioni esplicite che sino dal 1867 le erano state fatte dal Cancelliere imperiale. Esse erano ad un tempo il fondamento di una politica più simpatica verso la Russia ed una guar,entigia sulla quale noi credevamo di poter contare per il momento in cui le, circostanze avessero messo in pericolo gli interessi nostri particolari nei mari che ci circondano. Dal momento che questa base fosse per vcenir meno, sarebbe debito nostro provvedere a che l'Italia, ove l'opinione pubblica oramai si è fatta vigile a questo riguardo, non si lasci sorprendere dagli avvenimenti ed a che i nostri interessi non sieno sacrificati ad altre considerazioni. Ben fece dunque V. E. dichiarando al Principe Gortchakow che noi non siamo punto disposti ad ammettere che si modifichi a nostro svantaggio l'equilibrio delle forze sull'Adriatico. Quando si volesse porre la questione delle rettificazioni di frontiera, io stimo che non vi sarebbe un solo stato sul continente che non abbia reclami a formul,are. È anzi a presumere che alcune Potenze potrebbero pigliarsi, a spese dei possessi ottomani di Africa, compensi ben altrimenti importanti che non siano gli acquisti di cui parrebbe accontentarsi l'Austria. Ed è appunto per questo, che, in altro mio cavteggio, volendo mostrare l'opportunità d'una mediazione tra le pavti contendenti, non tralasciai di avvertire che il momento attuale presentava questo vantaggio: mancare, cioè, ora l'opportunità di proporre questioni territoriali e di Sovranità.

Ad ogni modo, nello stato attuale delle cose, è debito nostro manifestare con un contegno riservato al Gabinetto Imperiale l'impressione spiacevolissima prodotta in noi dal modo in cui si ravvisa costì cosa che tocca vivamente ai nostri interessi particolari. E col mio telegramma del 14 pregai V. E., pel caso in cui il Principe Gortchakow fosse per interrogarla, di volersi inspirare alle considerazioni ivi accennate, e che qui le confermo, per tenere coll'Altezza Sua tale linguaggio che non lasci nella mente sua dubbio alcuno intorno alle nostre impressioni.

(l) -Cfr. n. 308. (2) -Non pubblicato. (l) -Cfr. n. 323. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 326.
329

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 244. Roma, 15 agosto 1876.

V. E. mi telegrafava, il 12 di questo mese (1), il sunto di una conversazione da Lei avuta col Conte Andrassy. L'incaricato d'affari austro-ungarico in Roma aveva riferito al suo Governo constargli da dichiarazione mia che il Gabinetto italiano stimerebbe ormai giunto il momento opportuno per una mediazione,

mercé la quale abbiano termine le atrodtà della guerra presente. Il Ministro Imperiale degli Affari Esteri chiedeva se veramente fosse nostra intenzione di pigliare l'inizi'ativa di una proposta. Rispondeva V. E. non aver notizia della cosa; ed il silenzio del Ministero farLe credere che ciò non fosse. Replicava allora iil Conte Andrassy presso a poco nel senso stesso delle cose riferitemi da

V. E. nel suo rapporto dell'8 corrente (l) dopo avere avuto in quel medesimo giorno un colloquio con codesto Ministro degli affari esteri. Ripeteva cioè a Lei il Conte Andrassy non parergli ancora venuto il momento propizio per attendere ad una mediazione; doversi aspettare che questa sia invocata dall'una e dall'altra delle due Parti contendenti, affinché, in caso di rifiuto da entrambi i lati, la Potenza proponente non abbia a trovarsi costretta ad appoggiare colle armi la propria iniziativa. Ossel'Vava inoltre il Conte Andrassy che una mediazione non potrebbe proporsi se prima non siano chiarite e fermamente stabilite le proposte susseguenti. Nel corso del colloquio V. E. ebbe occasione di lasciar comprendere al Ministro Imperiale che, pur dividendo l'opinione sua in tesi generale, Ella non poteva tuttavia dissimularsi che la situazione attuale non potrebbe definitivamente protrarsi; imperocché la pubblica opinione, commossa per gli orrori di questa guerra, finirebbe per imporsi alle risoluzioni dei Gabinetti, secondoché manifestamente già accade in Inghilterra. Né il Conte Andrassy pareva dissentire dalla opinione di Lei.

Giova ancora avvertire che, mentre Le teneva questo discorso, il Conte Andrassy stava in aspettazione di una certa comunicazione che doveva essergli fatta, tostoché giungesse da Pietroburgo un corriere già annunciato dall'Ambasciatore di Russia. Ma fino dal giorno successivo, così V. E. ebbe a telegrafarmi il 13 di questo mese (2), il Conte Andrassy era venuto a sapere che que~ Corriere recava al Signor di Novikoff, non già istruzione alcuna per una entrata qualsiasi nel senso de<lla mediazione, sibbene una dispaccio circolare esprimente il senso d'orrore che gli atti di barbarie testé accertati in Bulgaria hanno suscitato presso il Governo dello Czar.

Ad ogni modo io m'affrettai ad approvare col telegramma del 13 agosto (2), il linguaggio che V. E. aveva ,tenuto al Conte Andrassy. Assai opportunamente l'E. V., replicando al Ministro Imperiale, lo aveva forzato, in certa tal guisa, a convenire che la pubblica opinione, già troppo profondamente commossa per l'eco dolorosa dei casi di Bulgaria, non tarderebbe ad imporre il voler suo ai Gabinetti, costringendoli ad intromettere la loro azione mediatrice per far cessare tanta gravità di mali. In questo senso appunto io aveva parlato all'incaricato d'affari austro-ungarico, senza che però le mie parole dovessero indurlo a pensare che il R. Governo fosse per pigliare l'iniziativa di una proposta concreta presso le Potenze.

Bensì, debbo ora aggiungere che, il Cavaliere Nigra avendomi r,eso conto, 1'8 di questo mese (2), della comunicazione che a lui ed ai suoi colleghi era stata fatta dal Principe Cancelliere in ordine ai fatti di Bulgaria (quella comunicazione stessa che apposito corriere recò indi al Signor di Novikoff), io autorizzai il R. Ambasciatore a trarne argomento per rispondere al Principe Gort

chakow che l'Italia, inspirandosi a sentimenti che noi crediamo comuni a tutti i Gabinetti, chiede oramai a se stessa se non sia giunto il momento per le Grandi Potenze cristiane, di mettersi d'accordo per uno scopo di pacificazione che s'impone così ai popoli come ai Governi. Le istruzioni impartite al Cavaliere Nigra l'autorizzavano ad entrare, per questo intento, in uno scambio di idee circa i particolari interessi politici delle varie Potenze e ciò all'oggetto di mostrare come, protraendosi la lotta, siffatti interessi potrebbero facilmente suscitarsi e porre i singoli Gabinetti in tale condizione da non potersi più lasciar guidare unicamente da sentimenti umanitarii.

Benché questo scambio di idee poco dianzi iniziato col Gabinetto di Pietroburgo fosse per natura sua segretissimo, stimai tuttavia conveniente di porgerne sommaria notizia a V. E. Parevami infatti utile che l'E. V. potesse preparare abilmente il terreno a Vienna pel momento in cui fosse acquisita la certezza che la nostra iniziativa, mercé la accettazione da parrte della Russia, avesse tal base diplomatica per cui ne fosse assicurato il successo. D'altra parte già avevamo, fin da quel giorno, ragione di credere che il Governo serbo fosse alla vigilia di invocare la mediazione e che solo ne fosse trattenuto dal dubbio che l'Austria-Ungheria fosse per avversare l'apertura immediata dei negoziati per la pace, stimando la disfatta comple,ta dei Serbi come condizione necessaria per la riuscita dei negoziati stessi.

Tali essendo le disposizioni del Governo principesco, pareva oramai potersi considerare siccome adempiuta quella che il Conte Andrassy, nel colloquio avuto con Lei, additava come condizione di opportunità per la mediazione, che cioè questa fosse invocata dall'una o dall'altra delle due parti contendenti. Né, d'altro lato, era a supporsi che il Conte Andrassy volesse prendere sopra di sé la responsabiHtà morale dei disastri che sarebbero necessaria conseguenza delle protratte ostilità e di una invasione turca in Serbia. lmperocché l'Austria non tarderebbe a trovarsi isolata, qualora persistesse a mantenersi in tale atteggiamento che urterebbe la coscienza di tutti i popoli civili.

Così ebbi a telegrarle sotto la data del 13 (1), e V. E. mi replicava con telegramma di ieri (1), esprimendo l'opinione che il Conte Andrassy si indurrebbe a pigliar parte ad una intromissione tra le parti belligeranti qualora l'iniziativa ne venisse dalla Russia, cosa oramai probabile ed anzi da ritenersi come imminente. Soggiur,geva l'E. V. che il Conte Andrassy farebbe certo ogni suo passo per mandare a vuoto ogni tentativo di mediazione qualora la iniziativa procedesse da altra Potenza, e non fosse il resultato d'un previo e positivo accordo col Gabinetto di Pietroburgo.

Dallo scambio di comunicazioni telegrafiche che io ebbi con V. E. in questi giorni, non risulta che il Conte Andrassy abbia porta,to di nuovo il discorso sopra l'eventualità di un cambiamento di dinastia in Serbia. Ciò che a Lei disse codesto Signor Ministro degli affari esteri nel colloquio del giorno 8 corrente merita però tutta l'attenzione di quei Governi i quali nell'interesse di evitare complicazioni maggiori non vedrebbero senza apprensione introdurre in una situazione già così piena di difficoltà elementi nuovi che certamente

potrebbero far naseere imprevedute complicazioni. Noi abbiamo al pari dell'Austria-Ungheria sconsigliato alla Porta di dar seguito al progetto che le era stato attribuito di voler proclamare la deposizione del Principe Milano dall'autorità principesca che egli tiene come tributario della Turchia, e non crediamo che lo stato presente delle cose potrebbe autorizzarci ad ·entrare in un altro ordine di idee. Prego pertanto l'E. V. di dichiarare, quando ne sia il caso, che da noi si persiste a credere che convenga identificare gli interessi della Serbia con quello della sua attuale dinastia poiché consideriamo essere nell'interesse comune del Principato, della Sublime Porta e delle potenze che lo statu quo sotto ogni aspetto sia conservato.

Di queste prime fasi di un negoziato il quale potrebbe avere in breve ulteriore e pratico sviluppo, stimo utile riassumere in questo mio dispaccio i tratti più salienti, affinché ne rimanga traccia nel carteggio officiale di questo Ministero con codesta Ambasciata.

(l) Non pubblicato.

(l) -Cfr. n. 310. (2) -Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

330

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, 1'\'IELEGARI

R. :S5. Parigi, 15 agosto 1876 (per. il 18).

S. E. il Signor Duca Decazes m'informò jeri verbalmente essergli stato trasmesso dal suo Collega dell'Interno un rapporto del Prefetto di Nizza dal quale risultava che in occasione dell'inaugurazione del monumento di Mameli a Genova vi si fece figurare la bandiera di Nizza coperta con un velo nero che portava l'iscrizione « Nizza • e che la bandiera della stessa città sventolava pure con un segno di lutto, presso a quella di Trento, sopra una nave ancorata nel porto durante le regate. La presenza di Ministri del Re in quelle occasioni e il non remoto precedente di Legnano davano a quel fatto, nell'opinione del Duca Decaz,es, un carattere doppiamente spiacevole.

Dissi al Ministro che se il fatto, da me finora ignorato, fosse vero, potrei soltanto ripetergli ciò che ebbi l'onore di rispondere alle sue osservazioni sull'esibizione della bandiera di Nizza nelle feste di Legnano e ch'io aveva ferma fede che incidenti tali non avranno influenza sulle nostre relazioni. S. E. mi replicò sorridendo: • No; spero anch'io che non turberanno il buon accordo tra i due Paesi; mi scriverete esprimendomene il vostro rincrescimento, e tutto sarà detto •.

331

IL CONSOLE A GINEVRA, GAMBINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 119. Ginevra, 16 agosto 1876 (per. il 18).

Ho l'onore di trasmettere qui unita (l) a V. E. una circolare della Federazione Haliana, la stessa che fu spedita dal Costa alla sezione Italiana di Basilea.

Non è una novità, poiché già le segnalai all'E. V. tosto uscita e poscia ne parlarono anche i giornali ma la invio perché essa povta il bollo della Commissione di Corrispondenza.

Vi è da osservare poi un'altra cosa: la Circolare porta la data di Firenze e fu invece stampata in Bologna; ciò fa credere che il redattore fu il Costa e che il Natta ed il Grassi non fecero altro che prestare la loro firma.

Al Congresso Giurassiano del 6 e 7 agosto corrente, erano presenti i rappresentanti delle sezioni di Losanna, Vevey, Neuchatel, Chaux-de-fonds, Sonvillier, St. Imier e Courtelary; di quelli delle sezioni francese, tedesca, ed italiana a Berna; idem, di Basilea; delle sezioni di Zurigo e di Porrentruy; assistevano inoltre molti Internazionalisti appartenenti alle diverse sezioni.

Il Congresso fu presieduto da certo Kahn, della sezione di Losanna.

Fra i delegati presenti, rimarco Alli Eberhardt, Voges, H. Ferré, Guillaume Pindy, Brousse, Salvioni, Joukowski, L. Jenny, Getti, Schwitzguebel, Spichinger, Exquis.

All'unanimità, la sezione di Neuchatel rimane rieletta per funzionare durante l'anno 1876-1877 da Comitato Federal·e. Essa in pari tempo viene incaricata di preparare i lavori pel prossimo Congresso Generale e la località nella quale sarà tenuto verrà designata ulteriormente ma è molto probabile che sarà NeuchiHel.

La proposta della sezione di Basilea, di mutare il nome di Federazione del Giura in quello di Federazione Svizzera, viene respinta perché a tale Federazione non solo aderiscono le sezioni svizzere ma anche molte di quelle che si trovano all'estero.

Circa alla proposta di Brousse pella pubblicazione popolare sull'organizzazione della Internazionale, viene deciso di far circolare questo lavoro in seno alle sezioni per essere studiato e modificato se occorre, prima di darlo alle stampe.

Sulla proposta Salvioni per la creazione in !svizzera delle sezioni Italiane, il Congresso incarica il comitato di Neuchàtel di redigere una circolare e trasme•tterla aHe sezioni delle diverse Città Svizzere onde formino dei nuclei d'operaj Italiani, i quali sono più sfruttati di tutti e più di tutti hanno d'uopo d'essere emancipati.

Il Salvioni s'offre di portarsi a sue spese nei posti ove abbisognasi della sua presenza per la propaganda.

Il Salvioni aggiunge: che la formazione di Sezioni Italiane in !svizzera è un gran passo che si fa fare all'Internazionale in Italia poiché gli operaj, ritornando alle loro case, fonderanno delle sezioni nei loro paesi, se non ne esistono.

La proposta della sezione di Sonvillier concernente la propaganda socialista per l'anno 1876-1877, viene rimandata ad una Commissione per essere meglio studiata, indi diramata alle sezioni per via di circolare.

Il Congresso spedì diversi telegrammi •e lettere a diverse Federazioni d'Eu

ropa fra le· quali una lettera al Congresso dei socialisti tedeschi a Gotha, chie

dente la Conciliazione, ed una lettera al Circolo Socialista di Palermo, per

felicitarlo dell'iniziativa presa di promuovere un Congresso Internazionale in Sicilia, ritenuta per terra rivoluzionaria e nella quale ,l'Internazionale potrà fare rapidi progressi al punto che non si estirperà più.

Indi si sono discusse cose amministrative di poca importanza e venne raccomandato alla lettura dei socialisti tedeschi l'Arbeiter-Zeitung, foglio internazionalista testé comparso a Berna.

(l) Non si pubblica.

332

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 324. Terapia, 16 agosto 1876 (per. il 21).

Ieri verso le 9 1/2 del mattino comparve il telegramma che l'E. V. mi faceva l'onore di rivolgermi il giorno innanzi (1).

Tosto che potei prendere conoscenza del contenuto di esso mi misi in cammino alla volta di Stambul affine di eseguirvi gli ordini che V. E. m'impartiva.

Poca era la confidenza ch'io sentiva nella riuscita de' miei ufficii. In questi ultimi tempi ebbi più volte l'onore di riferire all'E. V. quali fossero le disposizioni della Sublime Porta riguardo alle Potenze Estere, e mi permetterò di rammentare tra le altre le parole per le quali conchiudeva il mio rapporto

n. -294 del 29 luglio (2). M'era noto inoltre che nei passati giorni l'Ambasciatore d'Inghilterra tenne alla S. Porta discorsi analoghi alle istruzioni che V. -E. m'impartiva, sebbene più favorevoli alla Sublime Porta imperocché non si trattava per essi di statu qua ante bellurn, né essi aveano alcun effetto.

Sapevo d'altra parte che tra la Sublime Porta ed il Governo Austro-Ungarico erano di recente state scambiate delle penose comunicazioni le quali avevan prodotto non poca irritazione presso di quello. Però non credo queste comunicazioni si riferissero ad una violazione del territorio Austro-Ungarico. Un incidente di tal genere era invero occorso cinque o sei mesi or sono, ma ch'io sappia, non ne fu discorso in questi ultimi tempi.

Essendomi dunque trasferito al Ministero degli Affari Esteri, mi fu detto che S. E. stava in Consiglio. È qui ammesso che i Rappresentanti Esteri facciano conoscere la loro presenza alla Porta al Ministro allorché hanno qualche comunicazione di entità a fare, e gli feci dire sarei riconoscente se volesse darmi qualche minuto d'udienza. Poco appresso mi fu recata la risposta mi riceverebbe senz'altro. Fui quindi condotto in altra sala dove mi trovai al cospetto del Gran Vizir, del Ministro degli Affari Esteri e di Midhat Pascià. Ebbi un momento d'esitazione e dissi la comunicazione avevo a fare essere segreta, e guardai un individuo che trovavasi presente. Sebbene il Signor Vernoni mi dicesse sotto voce esser egli un sordo-muto, pure il Gran Vizir lo faceva uscire. Mi trovavo quindi innanzi ai tre personaggi che in questo momento dirigono tutte le cose civili e militari dell'Impero, né v'era più luogo ad esitare. Ne seguì la conversazione che ho l'onore di riferire nell'allegato in cifre, e della quale resi senz'indugio conto telegrafico a V. E.

ALLEGATO. ANNESSO CIFRATO.

J'ai commencé par dire que le Gouvernement du Roi, considérant la position de l'Empire comme très grave, désirait connaitre l'accueil que la Porte ferait à une proposition d'armistice. Seul but qu'on avait en vue en faisant oette question était d'écarter les dangers qui menaceraient l'Empire et d'assurer le maintien du statu quo.

Le Ministre des Affaires Etrangères me demanda quels étaient les dangers qui menaçaient l'Empire. J'ai répondu que les excès commis naguère avaient produit une profonde sensation en Europe, témoin les récentes discussions du Parlement anglais, et que ces faits avaient donné lieu à un échange d'idées entre les Grandes Puissances, dont il pourr3Jit venir de graves complications. Safvet Pacha reprit d'un ton ferme qu'une proposition d'armistice serait prématurée et ne pourrait etre accueillie dans les circonstances actuelles.

Midhat Pascha me dit alors: • Savez-vous que la communication que vous nous faites est très grave? • Je lui répondis que j'en sentais toute la gl"avité, mais que je pouvais assurer qu'elle n'étatt inspirée que par le sentiment d'amitié qui anime le Gouvernement du Roi. Son Altesse répliqua qu'il connaissait les sentiments d'amitié qui animent le Gouvernement du Roi et lui était reconnaissant pour la sympathie qu'il avait toujours témoignée à celui du Sultan.

Le Grand Vizir, qui s'était tenu jusqu'alors dans le silence, me dLt en souriant:

• Je trouve votre communkation étrange; vous voudriez maintenant arreter nos troupes sur le chemin de la victoire. Pourquoi n'avez-vous empeché nos ennemis de nous attaquer sans ,raison et sans prétexte •? J'ai répondu que le Gouvernement du Roi avait fait tous les efforts possibles pour l'empécher, mais le passé était passé et il fallait maintenant pourvoir aux dangers du présent. Son Altesse reconnut les dispositions amicales du Gouvernement du Roi, mais il a dit que 1es Serbes avaient été les provocateurs et n'avaient pas été suffisamment punis, la Sublime Porte étant bien déterminée à donner à ses ennemis une leçon qUJi. assuràt la paix pour longtemps.

Je demandai alors si mes interlocuteurs ne voulaient pas se réserver de me faire une répouse après avoir mieux considéré le communication. Après avoir échangé quelques mots avec ses collègues, le Grand Vizir me dit: • il est inutile, car la Porte est inébranlable dans sa résolution de ne preter oreille à aucune proposition d'armistice en ce moment •. J'ai répété alors que je demandais de garder le secret le plus absolu sur ma démarche; à quoi le Grand Vizir répondit qu'il n'en parlerait pas meme à ses collègues non présents, car leur avis ne pourrait porter aucune modification à la réponse qu'il avait formulée. Il ajouta que tout en me faisant cette réponse, il exprimait sa gratitude pour une démarche, dans laquelle il ne voyait qu'une nouvelle preuve de l'intérèt que le Gouvernement du Roi porte à l'Empire, et nous nous séparàmes dans les meilleurs termes.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 287.
333

L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 26. Bruxelles, 17 agosto 1876 (per. il 21 ).

A norma degli ordini che V. E. ben volle darmi nel suo riverito dispaccio di questa Serie n. 6, in data deUi 10 del corrente agosto (1), non ho mancato di esprimere, ieri al Barone Lambermont i sentimenti di compiacimento e soddisfazione provati dal R. Governo per l'invito diretto ai due Illustri scienziati Italiani i Commendatori Correnti e Negri, di far parte della dotta assemblea

che discutere dovrà, nel pa·lazzo Reale di Bruxelles il problema delle spedizioni Africane. Il Barone Lambermont mi ha promesso di far conoscere, la sera stessa, a S.M. il Re Leopoldo la gentile comunicazione di V. E.

Il Signor I. de Vaux capo del Gabinetto di Sua Maestà avendomi favorito una lista dei varii personaggi che prenderanno parte alla sovradetta assemblea penso che .tale documento possa interessare V. E.; ed ho quindi l'onore, di qui unito (1), trasmetterglielo. La Russia non ha ancora verun delegato perché il Granduca Costantino, Presidente della Società Geografica di Pietroburgo, si è riservato di indicare 1lui stesso, al Re Leopoldo lo scienziato Russo che dovrà venire a Bruxelles. Mancano pure nella lista due Austriaci.

P. S. -Ad ogni buon fine credo dover mio l'osservare che il dispaccio Ministeriale Politico n. 6 (l) mi giunse aperto, e che avendo fatto i debiti lamenti dell'occorso al Dicastero Belga competente, mi venne replicato che, dalla forma della lacerazione doveva attribuirsi solo all'attrito prodotto dal viaggio ed alla forma e qualità della busta.

(1) Non pubblicato.

334

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, E A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. 415. Roma, 18 agosto 1876, ore 23,45.

Le consul général de Sa Majesté à Belgrade m'a télégraphié hier que le Prince se propose de convoquer les représentants des Cours garantes et de leur déclarer qu'il sollicite les bons offices des Puissances pour amener la cessation des hostilités. On n'attendait à Belgrade pour donner suite à ce projet, qu'une réponse du Montenegro. Ced pour votre gouverne. Il est utile que vous sachiez que cette résolution a été prise à Belgrade à la suite d'un échange de communications que nous avons eu ces jours derniers avec le Gouvernement princier. Je vous informe que les frégates qui étaient dans les eaux ottomanes, ont été rappelées à Taranto.

335

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 328. Terapia. 18 agosto 18 76 (per. l' 1 settembre).

Il 15 del presente avevo l'onore di ricevere il telegramma (l) che l'E. V. si compiaceva di dirigermi la sera innanzi per ordinarrni avessi a fare intendere ai Ministri del Sultano in modo intimo ed amichevole quanto importasse agli

interessi derll'Impero di metter pronta fine alla presente lotta, e constatare le disposizioni di quelli riguardo all'accettazione d'una proposta d'armistizio che sarebbe seguita da trattative di pace.

Grave era l'incarico che V. E. mi affidava per quel telegramma, ed io ne sentiva tanto maggiormente l'importanza che le saggie considerazioni svolte in quel documento corrispondevano perfettamente agli intimi sentimenti del mio animo. V. E. conosce quanto io senta l'interesse dell'Italia di tener lontano ogni pericolo di guerra, di spegnere quindi al più presto il presente incendio. Ed ho in pari tempo il profondo convincimento che l'ostinazione della Sublime Porta di protrarre la lotta sarebbe una aberrazione che potrebbe riescirle fatale.

E questa persuasione era in me sì ferma che nelle mie recenti conversazioni private con l'Ambasciatore d'Inghilterra colsi ogni occasione per fargli intendere precisamente gli argomenti che si trovano citati nel telegramma di

V. E. Senza conoscere i fatti, io aveva il presentimento della situazione quale mi è ora da V. E. con tanta forza e chiarezza esposta, e non potendo farlo direttamente, poiché non ne avevo la autorizzazione dall'E. V., procuravo di mettere innanzi il mio collega d'Inghilterra la cui voce è di gran lunga la più ascoltata nelle presenti congiunture alla Sublime Porta.

Sir H. Helliot partecipava interamente alle mie convinzioni; senonché egli era d'avviso che la Sublime Porta avrebbe il diritto di mettere per condizione del ristabilimento della pace il diritto di tener guarnigione .in alcune piazze forti del mezzogiorno della Serbia. Sir H. Helliot aveva evidentemente già intrattenuto di questi argomenti i Ministri della Sublime Povta, imperocché trovavasi fin d'allora in grado di edificarmi sulle loro diverse disposizioni. Mi diceva egli infatti né il Gran Vizir, né la maggioranza dei suoi Colleghi essere disposti ad intendere parole di pace; essere essi completamente accecati dall'ardore della lotta; non vedere i gravi pericoli ai quali espongono l'Impero; ogni sforzo per far loro intendere ragione essere vano; Midhat Pacha essere il solo che comprendeva il vero stato delle cose; ma essere egli costretto a reprimere i suoi mi·ti sentimenti. E queste confidenze m'erano fatte prima che mi venisse fra le mani il telegramma in discorso.

V. E. comprenderà dunque di leggieri con quanta alacrità io m'accingessi ad agire nel senso prescritto. Ma all'amore poteva corrispondere la fede? Potrei io scuotere quegli animi nei quali l'Ambasciatore d'Inghilterra non aveva potuto fare alcuna breccia? QUJesto era il dubbio che mi tormentava.

Mi trasferii dunque, come ebbi l'onore di riferire a V. E. al Ministero degli Affari Esteri. Mi si disse il Ministro stava col Gran Vizir, né si sapeva se farebbe ritorno rul suo Ufficio in quel giorno. Il fatto è che da qualche tempo i principali Ministri di Sua Maestà sono quasi sempre riuniti, ed è uso che i Rappresentanti Esteri che hanno d'uopo di conferire con alcuni di essi li fanno chiamare. L'indomani poi era il giorno fissato pel Consiglio dei Ministri, e sarebbe stato ancor più difficile di vederli. lo dunque feci pregare Safvet Pacha di venire a vedermi per brevi istanti. Poco appresso fui introdotto in altra sala dove mi trovai al cospetto del Gran Vizir, del Ministro degli Affari Esteri e di Midhat Pacha. Ebbi un momento d'esitazione poiché la mia comunicazione non era da farsi che ai due primi. Ma come poteva in quel momento far obbiezioni ad alcuno dei presenti? D'altra parte conoscevo che Midhat Pacha era fra i Ministri quello che sarebbe per accogliere più benignamente le mie parole di conciliazione e di pace, e mi decisi a parlare.

L'E. V. m'aveva ingiunto di dare un carattere intimo ed amichevole alle mie parole, ed io feci ogni passo affine di uniformarmi ai suoi ordini, per quanto le rispettive qualità, la natura dell'argomento e la necessità di parlare per un Interprete, 1lo comportavano.

V. E. principiava il suo telegramma per comunicarmi la notizia ricevuta da Vienna, il Governo Austro-Ungarico essere grandemente irritato contro la Sublime Porta per una violazione della frontiera commessa dalle truppe regolari Turche le quali avevano incendiato due villaggi Ungheresi. Di questo io non feci parola, imperocché mi parve si trattasse non d'un fatto presente, ma di un incidente occorso vari mesi sono, e di cui non fu discorso in questi ultimi tempi.

Io incominciai dunque dall'esporre in poche paroie la gravissima posizione cui versava l'Impero; toccai degli scambi d'idee avvenuti tra alcune delle Grandi Potenze in seguito agli eccessi commessi dalle truppe irregolari, feci balenare i pericoli che sovrastavano all'Impero se si continuava la lotta; dissi il Gov.erno di S. M. il Re non avere altro interesse in Oriente all'infuori di quello del mantenimento dello statu quo territoriale, faceva i più ardenti voti pel ristabilimento della pace e desiderava quindi conoscere quali fossero le disposizioni della Sublime Porta pel caso le venissero fatte proposte d'armistizio allo scopo d'aprire indi trattative di pace.

Il Ministro degli Affari Esteri fu il primo a prendere la parola, e mi domandò con vivacità a quali pericoli io facessi allusione. Cui rispondevo non tutte le Potenze essere forse animate dallo stesso desiderio di mantenere l'integrità dell'Impero, e dalla prolungazione della lotta potevan sorgere complicazioni che fossero per porla a repentaglio.

Io non credetti opportuno d'entrare in maggiori dettagli a questo riguardo, imperocché stimai che quelli che l'E. V. mi forniva avessero solo per iscopo di meglio farmi intendere la gravità della situazione, né fossero da comunicarsi ad altri. Per quanto infatti io cercassi di dare un carattere privato ed amichevole alle mie parole, pure era sempre il Ministro d'Italia che parlava al gran Vizir ed al Ministro degli Affari Esteri dell'Impero. A me non parve quindi fosse conveniente di pronunciare innanzi ai Ministri del Sultano parole che in alcun modo potessero essere interpretate come accuse contro gli intendimenti di Governi amici dell'Italia. Né ho dubbio che siffatte accuse non avrebbero avuto altro effetto che di maggiormente provocare quell'irritazione che sfortunatamente già esiste in a1to grado contro di essi.

Il Ministro degli Affari Esteri mi diceva indi esser impossibile di accogliere favorevolmente alcuna proposta di armistizio nelle presenti congiunture. E questa opinione mi esprimeva S. E. in termini così recisi e pronti che era facile comprendere la questione era già stata tr!llttata tra i Ministri della Corona e quella era la conclusione cui ·erano venuti.

Parlò indi Midhat Pacha e mi domandò se sentivo la gravità della domanda che avevo fatta. Risposi la sentivo profondamente, e l'assicuravo che H Go

verno di Sua Maestà dava una grande prova d'interesse e di simpatia a quello del Sultano nel fornire i presenti consigli. Cui S. E. replicava non aver alcun dubbio sui sentimenti amichevoli e disinteressati da cui era animato il Governo d'Italia; e queste parole ripeteva ai suoi Colleghi.

Durante questo tempo il Gran Vizir teneva alcune carte in mano che fingeva di leggere, ma bene intendeva la conversazione quantunque seguisse in francese. A:lzò allora il capo, sorrise ironicamente, e disse alcune parole in turco, che il Signor Vernoni mi traduceva per le seguenti: • Come potete voi farmi una simile proposta? • Midhat Pacha lo riprese e evidentemente cercò di calmarlo. Però il Gran Vizir soggiunse: • Ora che la sorte arride alle armi Turche voi vorreste arrestarci sul cammino della vittoria. La Sublime Porta non cercò la guerra, e fece ogni concessione per evitarla. Però la Serbia, senz'alcuna ragione, senz'alcun pretesto si ribellò all'Autorità Sovrana; volle la guerra, e l'abbia. Essa non è ancora abbastanza punita per la sua follia. Le Potenze Estere non hanno saputo arrestarla dall'insorgere, ed ora non hanno il diritto d'impedire al Governo legittimo di infliggerle un castigo che le serva di lezione per lungo tempo •.

Risposi al Gran Vizir che il R. Governo aveva fatto tutti i possibili sforzi affine di trattenere :la Serbia da quel passo; però il passato era passato, ed ora conveniva provvedere al presente. Feci nuovi sforzi per far intendere quali erano i veri interessi della Sublime Porta. Domandai infine se non si consideravano i miei consigli come abbastanza gravi per dover prendere qualche tempo per meditarli, e farmi poscia una risposta.

La determinazione dei Ministri era irrevocabile, e, come dissi più sopra, era evidentemente presa in seguito a matura deliberazione. Il Gran Vizir scambiò poche parole co' suoi Colleghi, e poscia mi disse, non senza una certa espressione di tristezza, esser ora prematuro di parlare di sospensione di ostilità; quando si presentasse l'occasione non dimenticherebbe le benigne disposizioni manifestategli dal Governo del Re, e ne profitterebbe con premura.

Espressi aHora ai miei interlocutori il desiderio di mantenere il più assoluto segreto sopra la seguita conversazione. Cui quelli aderirono, ed il Gran Vizir aggiunse non se ne farebbe parola neppure coi Colleghi, poiché l'avviso di quelli non potrebbe in verun caso far modificare la risposta fattami. E mentre m'alzavo per partire il Gran Vizir mi richiamò e disse desiderava esprimessi aJ Real Governo la sincera riconoscenza che la Sublime Porta gli professava per un atto in cui ravvisava una nuova prova de' suoi sentimenti d'amicizia per questa; alla quale dichiarazione si associavano Safvet Pacha e Midhat Pacha.

E questa è la relazione esatta di una conversazione che ha senza dubbio una importanza storica.

Io adempii come meglio per me si poteva agli ordini dall'E. V. impartitimi, e la risposta dei Ministri del Sultano fu negativa. V. E. avrà in ogni caso la soddisfazione di nulla aver omesso di quanto poteva contribuire ad arrestare l'Impero in una via irta di tanti e sì gravi pericoli.

La Sublime Porta declinò di ascoltare le parole di moderazione e di pace pronunciate a nome dell'E. V. Né questo risultato deve recarLe grande meraviglia, imperocché da più mesi io non cessai di riferirLe come la cessazione

29 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

dell'accordo tra le Potenze Garanti avrebbe per effetto di metter fine alla efficacia della azione di ciascuna di esse nelle cose d'Oriente; sul quale argomento ebbi ad insistere in termini che allora parvero forse troppo severi, nella occasione dei negoziati che si riferivano a:l Memorandum di Berlino. Uno dei Rappresentanti delle Grandi Potenze ebbe indi a monopolizzare l'influenza estera alla Sublime Porta, ed è quello della Potenza che allora assumeva la responsabilità della divisione. Quella politica sembrò trionfare per un momento, un nuovo Sultano favorevole alle Potenz.e Occidentali, ridenti promesse di istituzioni rappresentative, di rigenerazione amministrativa. Quel sogno è svanito, e la memorabile seduta dell'll del presente alla Camera dei Comuni, sarà un terribile disinganno pegli Statisti della Turchia.

Ed ora sarebbe urgente che le Grandi Potenze mediante mutue concessioni, riuscissero a ristabilire l'accordo tra di esse. Esiste qui una corrente irresistibile che minaccia di trascinare l'Impero nel precipizio; né l'azione comune di queHe sarà di troppo per porvi opportuno riparo.

(l) Non pubblicato.

336

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 110. Roma, 19 agosto 1876.

Questo Signor Incaricato d'Affari Austro-Ungarico mi ha comunicato parecchi giorni or sono il documento di cui la S. V. discorre nel pregiato rapporto del 7 di questo mese n. 307 (l): la replica cioè del Governo I. e R. alla protesta presentata a Vienna dalla Sublime Porta per la chiusura del porto di Kleck. Oltre quel documento che è un dispaccio diretto dal Conte Andrassy al Conte Zichy sotto la data del 31 luglio scorso, il Barone di Gravenegg mi ha pur comunicato altro dispaccio successivo in data del 7 agosto ove la questione di Kleck è trattata con molto maggiore sviluppo. Entrambi i dispacci della Cancelleria Austro-Ungarica figureranno a suo tempo nella consueta serie dei documenti diplomatici.

La S. V. non può ignorare tutta la importanza che il R. Governo ha sempre attribuito alla questione della Hbera navigazione mercantile· nelle acque di Kleck. Già ce ne occupammo parecchi anni or sono mentre volgevano tempi più pacati, ed ora ne stiamo facendo oggetto di studio più maturo per essere pronti eventualmente a ripigliare la trattazione tostoché siano venute meno le ragioni di manifesta convenienza che escludono per ora qualsivoglia discussione sopra così delicata materia. Affinché questo studio possa riuscire più completo ci gioverebbe conoscere il testo dei documenti che nella presente contingenza sono usciti dalla Cancelleria Ottomana.

Nel comunicarmi i due documenti che accennai PIU innanzi, l'incaricato d'Affari Austro-Ungarico mostrava desiderio di udire quale fosse in proposito la opinione del R. Governo. Stimai conveniente di non emettere giudizio alcuno, ed anche la S. V. Illustrissima dovrà tenersi nello stesso riserbo. Ciò che a noi importa si è che la questione non venga maggiormente pregiudicata. A questo punto di vista sarebbe cosa imprudente anche solo il mostrare che noi ci occupiamo della questione; imperocché vi ha chi potrebbe trarne argomento per precipitarne la soluzione. Gli stessi interessi nostri raccomandano adunque un procedere essenzialmente cauto e avveduto.

(l) Non pubblicato.

337

IL MINISTRO A L'AJA, BERTINALTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI.

R. 135. L'Aja, 19 agosto 1876 (per. il 23).

L'E. V. non si appone nel credere che la domanda fatta a Vienna dal Ministro de' Paesi Bassi al Governo austro-ungarico relativamente agli ex Consoli pontificii (Dispaccio Ministeriale N. 42 serie politica) (1), si connette colle trattative da me, non già iniziate, ma proseguite con qualche insistenza sopra questo argomento.

Non è ignoto in fatti a codesto R. Ministero che, fin dall'epoca in cui il Barone de Gericke sopraintendeva aHe relazioni esterne io mi rivolsi a lui dietro apposite istruzioni, perché vedesse modo di far scomparire Io stemma pontificio tuttavia inalberato sulla casa di abitazione del Signor Hazeman, in Amsterdam, il cui ufficio era convel'tito intanto in una tesoreria, a cui accorrevano gli ex-Zuavi per ivi riceve-re la loro paga mensile, e come se ancor fossero all'attuai servizio del Papa-Re.

Il Gericke, dopo aver assunte le occorrenti informazioni, mi fece avvertire, che, quanto al togliere I'exequatu1· all'Hazeman, siccome io gli avevo suggerito, essere questa una faccenda di opportunità più che altro e che si saria provveduto in merito con quei temperamenti che sarebber del caso. In ordine poi alle paghe che si andavan facendo nell'uffizio dell'Hazeman esser queste in adempimento di contratti regolari di ingaggio che i Zuavi ollandesi avevano stipulati col Governo romano, e che Pio IX intendeva tener per validi, ed obbligatorii sino alle scadenze dei medesimi tuttoché risolti da forza maggiore per fatto della nostra occupazione di Roma, e del rinvio di questa accozzaglia soldatesca alla loro patria.

Ripigliai questa pratica coll'attuai Ministro degli affari esteri allorché presi notizia dei documenti diplomatici, ai quali accenna il Dispaccio Ministeriale

N. 41 serie politica (1), e precisamente nell'occasione in cui chiamai la sua attenzione sul progettato convegno degli ex-Zuavi pontificii a Breda.

Il Willebois, la cui opinione privata è conforme alla nostra, mi disse che si sarebbe preoccupato della mia domanda coll'intendimento di appagarmi,

facendomi in pari tempo conoscere che avrebbe incontrata qualche difficoltà per parte de' suoi colleghi. E queste difficoltà si resero manifeste come tosto tornammo a parlar dell'Hazeman, che si vorrebbe persuadere a dimettersi spontaneamente dalla sua carica senza umiliarlo di soverchio col ritiro dell'exequatur, che il farebbe morir di dolore, siccome mi disse il Ministro degli Interni, Signor Heemskerk, se gli fosse tolto altrimenti.

A quest'uopo si fa fondamento sullo spirito conciliante deH'Internunzio Apostolico, Monsignor Capri, assente da questa residenza da due mesi a questa parte, ma che si spera aver per cooperatore efficace, come tosto tornerà all'Aja. Il Willebois mi disse altresì che avrebbe cercato di far fare buoni uffizii presso l'Hazeman da qualche persona influente in Amsterdam, e collo scopo medesimo, qualora Monsignor Capri non volesse intromettersi in questo negozio, o non potesse raggiunger l'intento. Fecemi osservar, per altra parte, che un Ministero dimissionario (e la dimissione collettiva dura da due mesi in qua) si trova assai impacciato nel prendere in extremis una misura di carattere politico quale è quella di cui si tratta • Quoi qu'il en soit, soggiunsemi egli, je ne suis pas bien sùr si nous avons le droit de retirer l'exequatur en question. Puisque vous accordez au Pape le droit de légation pourquoi voulez vous lui refuser le droit d'avoir des Consuls? Qui peut le plus peut le moins •.

Ho combattuto il ragionamento del mio collocutore con argomenti, che mi parvero acconci all'uopo, e dedotti dall'indD'le intrinseca della materia sopra la quale verteva la discussione, né il Willebois seppe addurmi argomenti in contrario. Quindi conchiusi coi seguenti termini il mio lungo ed amichevole colloquio. « Vous me ditez que: "qui peut le plus peut le moins" soit; mais dans le cas actuel je n'ai qu'à rétorquer votre argument. Puisque vous avez pu le plus, lorsque vous avez supprimé votre légation près du Saint Siège, pourquoi vous ne pouvez pas le moins en retirant l'exequatur à un Consul, et en obligeant à abaisser l'écusson papal placé sur sa maison? Vous etes forcé par la logique à agir dans ce sens •.

Il Willebois, che probabilmente si aspettava questo -retorqueo argomentum, rimase alquanto silenzioso quindi replicò: • Vous savez, mon cher Ministre, que, prenant en considération vos observations antérieures, nous [avons] déjà refusé, il y a deux ans, d'accorder un nouvel exequatur, lorqu'il s'agissait de remplacer à Rotterdam le Consul pontificai y décédé. Je ferai de mon mieux pour aplanir cette difficulté si je reste encore quelque temps dans le poste que j'occupe dans ce moment ». Tale è l'ultimo colloquio avuto sul conto del Signor Hazeman pochi giorni sono, e prima ancora d'aver ricevuto l'ultimo dispaccio dell'E. V. in proposito, e tale è lo stato della pratica.

Non v'ha alcun dubbio che questo Ministero desidera di far buona la domanda nostra. Ma è altresì vero che esso teme di far gridare a gola questi cattolici se, facendo cosa grata a noi si vien a far cosa od ingrata o molesta al Papa. Si ha paura di torcere un capello all'Hazeman, uno fra i capi del partito clericale, che dispone di nove voti alla Camera, mercé i quali può far inclinar la bilancia, or a destra ora a sinistra ad libitum nello stato attuale dei partiti. Un Mimstero conservatore, benché protestante in maggioranza, cerca di non inimicarsi questi oltremontani arrabbiati, e procaccianti, onde tuttavia abbisogna per mantenersi in sella, ed è costretto di vezzeggiarli finché non può spegnerli, come il vorrebbe più d'uno di essi, e il Willebois pel primo, benché cattolico egli medesimo.

(l) Non pubblicato.

338

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI,

R. CONFIDENZIALE 132/49. Londra, 21 agosto 1876 (per. il 25).

In conformità del mio telegramma d'ieri (domenica) (l) ho l'onore di trasmettere a V. E. la traduzione della risposta Privata e Confidenziale di Lord Derby alla Nota che per mezzo del Signor Lister, F.F. Sotto Segretario di Stato, io gli aveva fatto pervenire intorno alla cessazione della guerra SlavoTurca.

Come scorgerà lE. V., il Conte di Derby non crede che l'Austria abbia intenzione di annettersi veruna parte delle provincie insorte, la quale annessione ne trarrebbe con sé una consimile da parte della Russia; soluzione questa che dal Governo Inglese non potrebbe essere né proposta, né approvata. Questa dichiarazione assai esplicita del Conte di Derby mi sembra propria a fare svanire, almeno per ora, i timori espressi alla fine de'l dispaccio di codesto Ministero in data delli 11 corrente (Serie politica n. 42 Confidenziale) (2).

Lord Derby riconosce l'urgenza di por fine alle ostilità; ma mentre egli esprime il pensiero che delle riforme amministrative effettive sarebbero una soluzione efficace per ridonare la pace alle provincie turbate, egli si astiene dallo esprimere una opinione intorno ai mezzi da impiegare per ottenere un tale risultato, perché non crede che per ora se ne possono discutere i particolari senza avere prima sotto gli occhj un piano ben determinato di riforme da proporre.

l'vii pare adunque che formulando un progetto esplici.to secondo le idee espresse dall'E. V. nei suoi dispacci, le quali sembrano, in sostanza, conformi a quelle del Gabinetto Britannico, si agevolerebbe di molto la soluzione di una quistione che importa di condurre a buon fine per onore della civiltà e nell'interesse dell'Italia. La discussione a cui darebbe luogo l'esame di un tale progetto porgerebbe l'occasione di studiare anche le varie altre soluzioni che si possono escogitare affine di dare a quelle provincie un assetto che, fondato sull'equità, somministri le maggiori garanzie di tranquillità e di stabilità. Se tale intento non fosse raggiunto colle riforme da introdurre nelle provincie insorte, è certo che nuove insurrezioni avrebbero luogo. In questo caso, mentre la guerra attuale ha potuto essere circoscritta e localizzata, sarebbe assai da temere che una nuova guerra che sorgerebbe in seguito a falliti tentativi di pacificazione, prendesse una estensione assai maggiore e tale da minacciare l'Europa di una conflagrazione generale.

ALLEGATO.

DERBY A MENABREA

(traduzione)

L.P. CONFIDENZIALE. Fairhill, 19 agosto 1876.

Il Signor Lister mi ha trasmesso il di Lei Memorandum confidenziale, e

risponderò subito ai diversi punti che sono in esso menzionati, per quanto ne abbia

i mezzi in questo momento.

In prima, per ciò che riguarda la possibile annessione di una parte della Bosnia dall'Austria, noi non abbiamo nissuna conoscenza di una qualunque siffatta proposizione. L'idea è stata spesso discussa nella stampa, ma il Governo Austriaco ha sempre rinnegato ogni progetto di questa specie. Le obiezioni a questo progetto sono ovvie, e non è una soluzione che il Governo Inglese potrebbe o proporre od approvare. Condurrebbe inevitabilmente ad un reclamo per qualche consimile estensione di territorio da parte della Russia.

Rispetto alle negoziazioni per la pace fra la Turchia e la Servia, noi abbiamo già informato il Governo Serbo che, se chiede i nostri buoni uffici o la nostra mediazione, noi siamo pronti a fare quanto megliio potremo, di concerto con altre Potenze, per addivenire ad un accomodamento. Una dichiarazione per questo effetto fu inserita nel discorso della Regina alla proroga del Parlamento, e noi abbiamo già spedito un messaggio telegrafico al nostro Console Generale lin Belgrado, il quale l'ha comunicato al Principe di Servia. Ho appena bisogno di assicurare l'E. V. che noi concordiamo col suo Governo nel pensare sarebbe assai desiderabile che la guerra fosse condotta a una fine il più presto possibile.

La quistione dei mezzi da essere impiegati per effettuare un assettamento permanente delle regioni turbate è più complicata. Noi abbiamo sempre avvocato il principio delle riforme amministrative come quello che offrirebbe il miglio·r metodo per una soluzione, a condizione che sieno effettualmente condotte in atto ma senza avere un piano determinato dinnanzi a noi, egli è difficile discutere dettagli.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 318.
339

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 322. Terapia, 21 agosto 1876.

Pel mio rapporto del 18 N. 328 di questa Serie (l) ebbi l'onore di rendere conto a V. E. della conversazione da me avuta con alcuni di questi Ministri in seguito agli ordini impartitimi col suo riverito telegramma del 14 corrente (2).

Nella mattina del 19 comparvero poi due telegrammi che l'E. V. mi faceva l'onore di dirigermi la sera innanzi (3).

Pel primo di essi V. E. mi ingiungeva facessi tutti gli sforzi affine di condurre i Ministri del Sultano a meglio apprezzare gli interessi della Sublime Porta ed a prestarsi all'azione diplomatica di quelle tra le Potenze Garanti

le quali non hanno nel loro programma che la conservazione dell'integrità territoriale quale era stabilita dal Trattato del 1856. Risposi immedia,tamente agirei nel senso indica,tomi; però temevo l'azione isolata d'uno tra i Rappresentanti delle Potenze Garanti non avrebbe grandi probabilità di successo; le pratìche avrebbero maggior probabilità di riuscita se l'iniziativa venisse dalla Serbia. E siccome il Signor Vernoni stava per recarsi alla Porta per altri affari, gli dissi, se se ne presentava il destro, facesse di nuovo intendere parole di moderazione e di pace al Ministro degli Affari Esteri. Il Cavalier Vernoni eseguiva la Commissione, e Safvet Pacha dicevagli aver egli ed il Gran Vizir grandemente apprezzati i consigli dati loro dal R. Governo, se ne terrebbe conto, e tornasse il giovedì, 24 agosto, ché nell'intervallo egli avrebbe il tempo di trattare la questione co' suoi colleghi. Aggiungeva S. E. le pratiche in discorso avrebbero assai maggior probabili<tà di riuscita se l'iniziativa ne venisse dalla Serbia, imperocché in tal caso savebbe salvo l'onore del Governo Imperiale. Ne mancherò di continuare ad agire prudentemente nel medesimo senso.

Pel secondo dei predetti telegrammi l'E. V. si compiaceva ragguagliarmi delle comunicazioni scambiate con Principe di Serbia riguardo alla domanda che questi avrebbe a fare alle Grandi Potenze d'interporre i loro ufficii affine di aprire trattative di pace. E faccio i più caldi voti perché queste pratiche abbiano il desiderato effetto.

L'Ambasciatore d'Inghilterra m'informava dal suo canto Lord Derby aveva fatto conoscere al Principe Milano che se Sua Alltezza domandasse gli officii delle Grandi Potenze nel senso predetto, il Governo Britannico darebbe ad esso il suo valido appoggio. Sir H. Elliot mi diceva a questo proposito non credeva sarebbe facile cosa di far accettare alla Sublime Porta le proposte di armistizio che le Grandi Potenze si troverebbero nel caso di fare, se i predetti suggerimenti fossero per approdare però sperava che l'azione comune di esse riuscirebbe a far intendere ragione ai Ministri del Sultano.

(l) -Cfr. n. 335. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 334; l'altro telegramma non è pubblicato.
340

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 333. Terapia, 21 agosto 1876.

Dopo avere scritto il rapporto d'oggi n. 332 della presente Serie (1), ebbi una lunga conversazione col Ministro degli Affari Esteri, durante la quale impiegai tutti i possibili argomenti affine di fargli intendere l'urgenza, nell'interesse della Sublime Porta, di ristabilire prontamente la pace. Lo assicurai non essere che gli avversarii della integrità dell'Impero che desideravano la pro

lungazione della lotta; dissi come i nemici celati di quella troverebbero un valido sostegno nelle atrocità che si stavano commettendo dalle truppe Turche, e citai a questo riguardo l'eccidio dei prigionieri e l'uso del petrolio; gli domandai quali vantaggi l'Impero poteva trarre dalla continuazione della guerra; gli dichiarai infine il R. Governo essere mosso a dare alla Sublime Porta questi consigli non solo dall'interesse aveva di evitare le complicazioni Europee che ne potrebbero venire, ma eziandio dalla sincera amicizia che professava pel Governo del Sultano.

S. E. riconobbe la forza de' miei ragionamenti; disse il Governo Imperiale desiderava esso pure il ristabilimento della pace; e mi dichiarava che, se la Serbia facesse proposte di pace, la Sublime Porta le accoglierebbe benignamente e farebbe ogni sforzo per ristabilire la tranquHlità e la concordia nell'Impero. E di questa dichiarazione io dava immediatamente contezza telegrafica a V. E.

Non credo andar errato nell'affermare che le pratiche fatte in questi giorni presso la Sublime Porta a nome del R. Governo hanno non poco contribuito a far sentire a quella i gravi pericoli d'una guerra prolungata ed a farla più arrendevole alle voci di conciliazione di pace.

(l) Cfr. n. 339.

341

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 22. Pietroburgo, 22 agosto 1876 (per. il 30).

Con telegramma del 19 corrente (1), l'E. V. mi fece l'onore d'informarmi

che il Principe di Serbia aveva espresso al R. Console Genera•le a Belgrado la sua intenzione di convocare i Consoli delle Potenze garanti e d'impegnarli ad ottenere che i loro rispettivi Governi propongano la cessazione delle ostilità. Il Principe Milano si era però riservato di consultare il Principe di Montenegro, suo alleato, prima di dar corso a questo suo progetto. Lord Loftus, Ambasciatore d'InghiHerra a Pietroburgo, ha ricevuto un'informazione analoga dal suo Governo. Nel farmene partecipe, Lord Loftus mi disse pure che il Conte di Derby aveva fatto pervenire al Principe Milano il consiglio di rivolgersi alle Potenze per chiedere un armistizio. L'Ambasciatore predetto m'informò pure che risultava da un telegramma trasmesso a Costantinopoli al suo Governo, che la Sublime Porta, la quale fino a questi ultimi giorni aveva messo in campo pretese gravissime, e fra queste il ripristinamento della guarnigione Turca a Be•lgrado, si mostrava ora propensa a consigli più moderati e non sembrava lontana dall'adattarsi allo statu quo ante territoriale.

Se queste intenzioni sono sincere dall'una e dall'altra parte, converrebbe profittarne senza ritardo per ottenere la cessazione d'una guerra che l'esperienza

\lJ Cfr. n. 334.

degli scorsi mesi ha dimostrata pregiudizievole agli interessi dei belligeranti ed a quelli dell'Europa. Se si lascia continuare la lotta non è possibile il prevedere gli eventi che possono conseguirne. Ho già segnalato a V. E. il movimento che va aumentandosi ogni giorno delle simpatie deUa popolazione russa in favore dei Serbo-Montenegrini ed in generale dei cristiani ortodossi d'Oriente. Queste simpatie, che sono del resto naturali, e che il Governo Russo non può né vuole impedire, si traducono in soccorsi di denaro, facilitazioni d'imprestiti, organizzazione di ambulanze, ed anche nella partecipazione al,la guerra di numerosi militari Russi che pigliano congedo dall'esercito Imperiale per arruolarsi nelle truppe Serbo-Montenegrine.

Il Governo Imperiale Russo è vivamente preoccupato di questi fatti, e si può prevedere l'eventualità possibile d'un cambiamento, reso inevitabile dalla necessità, nell'attitudine finora riservata, da esso tenuta. Come indizio di queste preoccupazioni, devo chiamare l'attenzione di V. E. sopra un aumento, recentemente deliberato, della marina da guerra Russa, per cui fu chiesto ed ottenuto dal Gran Duca Costantino un apposito fondo nel bilancio dell'Impero.

Ho l'onore di segnare ricevuta e di ringraziare l'E. V. dei dispacci di questa serie nn. 15 ,e 16 che Ella mi diresse in data del 15 e 17 corrente (1).

342

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. CONFIDENZIALE 828. Parigi, 23 agosto 1876, ore 14 (per. ore 16).

J'ai eu hier entretien avec M. Gambetta, au sujet du conclave. Il est persuadé que le Gouvernement actuel n'admettrait pas la réunion du conclave à Nice. :U dit tout le premier que ce serait une provocation et trouve cette idée insensée. Il est d'avis que de toute façon le Gouvernement jouerait gros jeu en consentant à laisser tenir le conclave sur un point quelconque du territoire français sans qu'on consulte les chambres. Selon lui, cet acte ne serait justifiable que dans le cas où des événements à Rome rendraient la réunion du conclave en cette ville impossible, ou, peut-etre, pour empècher le choix d'un autre terrain plus dangereux. Toutefois il reconnait que certains esprits pourraient ,envisager la question au point de vue de l'intérèt français, vis à vis de l'Allemagne. Il m'a dit que le plus sage est de prévenir une pareille éventualité et qu'il agira dans ce sens. M. Cerruti a reçu les instructions que je lui ai transmises conformément à votre dépèche n. 14 (2).

(l) -Cfr. n. 328; il d. del 17 agosto non è pubblicato. (2) -Cfr. n. 316.
343

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 529. Vienna. 23 agosto 1876 (per. il 26).

Siccome ebbi a telegrafare all'E. V. ieri l'altro (1), il Conte Andrassy incaricò il Principe di Wrede di dire al Principe Milano, che, allorché Egli crederebbe giunto il momento di fare appello all'azione mediatrice delle Potenze, l'appoggio concorde colle altre Potenze dell'Austria-Ungheria non gli avrebbe fatto diffetto. Ve·ramente il Conte Andrassy non troverebbe ancora la situazione abbastanza definita dalla sorte delle armi onde trarre da una mediazione i voluti frutti: ciò non di meno non credette conveniente accentuare maggiormente questo suo apprezzamento e d'altronde, come mi si disse, trovò potersi ammettere il fatto di una domanda di mediazione per parte della Serbia ove avesse a verificarsi, come sufficiente a precisare la situazione·, tale insomma da tenere luogo di un fatto d'arme il cui esito avrebbe dimostrato l'impossibilità per la Serbia di raggiungere lo scopo pel quale aveva impugnato le armi.

Dalle notizie che giungono al Ministero Imperiale emergerebbe che l'azione mediatrice dell'Inghilterra, poiché di quella che altre potenze starebbero esercitando non si parla qui, sta portando i suoi frutti. Si crede il Signor Ristic stesso disposto ad accettarla ed a fare appello alle potenz.e, si ha luogo di ritenere il Montenegro anche lui non alieno dall'aderire al desiderio della Serbia, e dalle informazioni che si hanno da Costantinopoli emergerebbe che la Porta non sarà per opporre grave resistenza ad accettare la mediazione. Fin d'ora quindi s'affaccia il problema: della base su cui dovrà poggiare la mediazione delle potenze allorché accettata, nonché dell'ulteriore svolgimento a darglisi.

Difficile si è il conoscere con precisione ciò che pensa al riguardo il Conte Andrassy: primo perché, come l'E. V. sa, mancano le occasioni di seco lui conversare, tanto più ch'Egli lascia oggi Vienna e rimarrà assente una diecina di giorni, salvo eventi straordinari, secondo perché non è nella sua natura di concretare idee intorno ad eventualità di là da venire. Credo però non andare errato nell'affermare: che nel successivo prossimo svolgimento della presente questione, il Conte Andrassy si sforzerà a far sì che lo statu quo ante beHum sia mantenuto entro quei limiti almeno che sarà indispensabile raggiungere, onde rimanga fermo l'accordo colla Russia, che ben si comprende trovasi in obbligo di dare certe soddisfazioni all'opinione pubblica del suo paese. Ieri sera ebbi propizia occasione di parlare lungamente di tutto ciò col Barone Hofmann, che sebbene sia stato testé assunto ad altra carica, pure conserva ancora momentaneamente la direzione del Ministero degli Affari Esteri: e pare anzi continuerà anche in seguito ad esercitare non lieve influenza sull'andamento di quel Dicastero. Sebbene S. E. m'abbia ripetutamente detto ch'Egli non mi esprimeva se non i suoi personali apprezzamenti, il Conte Andrassy non avendo ancora creduto il momento fosse giunto di manifestargli

le sue idee, pure credo opportuno riassumere all'E. V., il meglio che mi è possibi1le, tutto ciò ch'Egli ebbe a dirmi, poiché è evidente per me, che le idee che mi furono in tale maniera svolte, costituiscono se non intieramente in molte parti almeno i criteri fondamentali in base ai quali sarà per spiegarsi la politica del Gabinetto di Vienna nella fase in cui stanno per entrare.

Anzi tutto il Barone Hoffman dicevami: converrà, per stipulare la pace fra la Turchia e la Serbia ed il Montene·gro, che le Potenze si sostituiscano a questi due stati, poiché la Porta non consentirebbe mai trattare seco loro, ritenendoli unicamente siccome vassalli ribelli. Questo risultato si potrebbe conseguire, o con uno scambio di dispacci fra le Potenze, locché ben si capisce sarebbe il partito che meglio converrebbe qui, o per mezzo di una conferenza, adottando il modo di procedere di quella di Londra: tanto un sistema quanto l'altro potrebbero condurre alla stipulazione di un pro·tocollo fra le grandi potenze cristiane. Sembrerebbe che l'iniziativa di questi negoziati sarebbe di buon grado lasciata (se la Russia se ne contenta) al Gabinetto di Londra, siccome quello a cui si riconosce l'iniziativa della mediazione. Il protocollo a compilarsi ammesso che la Russia non vi faccia opposizione, potrebbe prendere a punto di partenza il Trattato di Parigi; ove ciò desse luogo ad opposizioni non sarebbe di:fificile girare le difficoltà, facendo cioè soltanto cenno delle stipulazioni esistenti e non nominando il trattato di Parigi di cui pare la Russia tenga essenzialmente acché non si parli più, come ne sarebbe prova la denominazione da Lui introdotta di Grandi Potenze Cristiane, invece di quella, Potenze garanti. Onde ev1tare poi che troppe questioni vengano sollevate anche durante le trattative, convervebbe anzi tutto far presto ed inoltre limitare con precisione Quelle che nelle circostanze attuali necessitano una soluzione. Queste sarebbero: l o Il ristabilimento della pace e come conseguenza di ciò le modificazioni da introdursi nella posizione della Serbia e del Montenegro a fronte della Porta, onde impedire una nuova presa d'armi a bveve scadenza. 2° La situazione dei Cristiani soggetti alla Porta. Anche ridotti a questi termini i negoziati potrebbero sempre implicare un esteso e pericoloso sviluppo che si vorrebbe evitare. Nell'analizzare i due suaccennati punti, il Barone Hofmann non fu meco molto esplicito in verità, ma pure alle mie insinuanti questioni, non si astenne intieramente dal manifestarmi alcune idee che in riassunto esprimerebbero: che il Gabinetto di Vienna mantenendo come base assoluta lo statu qua territoriale della Serbia e la sua condizione di Stato vassallo della Porta, non si opporrebbe acché i legami di vassallaggio verso la Corte Sovrana venissero, ove possibile, alquanto diminui·ti, forse sostituendovi in parte a guarentigia della Porta, una tal qual tutela delle potenze; di ciò però non ne fece parola, e quindi l'E. V. voglia considerare questo tempera·· mento a cui accenno, più come una supposizione, anzi un'idea mia, che altro.

In quanto al Montenegro, il linguaggio tenutomi dal Barone Hofmann non mi lascia dubbio di sorta, che si trarrà partito di questa circostanza, valendosi delle non dubbie vittorie riportate dal Principe Nikita, per attenergli un piccolo aumento di territorio ed il riconoscimento in diritto della sua assoluta indipendenza anche da parte della Porta. Evidentemente il più od il meno a cui annuirà l'Austria-Ungheria a favore dei due Principati, dipenderà

dalla maggiore o minore insistenza che sarà per spiegare la Russia a loro favore, poiché ripeto, anzi tutto vuolsi mantenere l'alleanza Russa. In quanto poi al 2° punto, quello che si riferisce alla situazione dei Cristiani in Oriente, parmi aver capito che il Conte Andrassy si distaccherà difficilmente dalle proposte contenute nella sua nota del 30 dicembre, cioè di ciò ch'Egli chiamò

lo statu qua amélioré.

Questa mia conversazione col Barone Hofmann avendo avuto luogo in massima parte dopo un pranzo dall'Ambasciatore di Russia alla sua villa, il Signor di Nowikof ebbe a prendervi parte a più riprese e sempre il fece con abbastanza moderazione, manifestando però sempre il concetto che l'attuale situazione dei Cristiani in Oriente non era più tollerabile e che il sentimento delle popolazioni in Russia erasi sì chiaramente manifestato a questo riguardo, che il Suo Governo sarebbe nella impossibilità anche se il volesse, di acquietarsi e vederne la continuazione.

Siccome l'E. V. rileverà da questo mio rapporto nel parlarmi delle trattative in corso per la mediazione, il Barone Hofmann non fece mai cenno che dell'Inghilterra, come se ogni iniziativa al riguardo fosse venuta esclusivamente da Lei: sebbene dalle preziose informazioni fornitemi mano mano dall'E. V. mi risulti che in questa faccenda l'Italia pure stia interponendo in modo efficace la sua azione.

Non ho però creduto conveniente rilevare la cosa, non avendo avuto fin qui incarico di far cenno di ciò al Governo Imperiale.

(l) Non pubblicato.

344

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 335. Terapia, 23 agosto 1876 (per. l' 1 settembre).

Molto si parlò di proposte di armistizio e di trattative di pace in questi giorni nei circoli politici. Gli occhi erano soprattutto rivolti alla Serbia dalla quale si attendeva il primo segno di desiderio di pace.

La Sublime Porta infatti non sarebbe ora disposta a prendere l'iniziativa di negoziati per le ragioni che l'E.V. conosce. Ma essa incomincia a comprendere come nulla abbia da guadagnare dalla prolungazione della lotta e ne potrebbero anzi venire dei gravi pericoli per l'Impero. Epperò io son d'avviso che i Ministri del Sultano prenderebbero in seria considerazione le relative proposte che le fossero sottomesse dal Governo Serbo. Essi desidererebbero inrvero che siffatte proposte venissero direttamente da Belgrado. Ma dubito assai che il Principe Milano sarebbe disposto ad avventurarsi ad aprire trattative con questo Governo senza far appello agli ufficii delle Grandi potenze, né vedo come queste potrebbero rifiutarli.

L'E. V. conoscerà meglio di me le presenti disposizioni del Governo Serbo. Uno de' miei Colleghi ricevette or sono tre giorni un telegramma da Belgrado nel quale era detto che il Principe Milano interpellato in proposito aveva risposto che prima di prendere una risoluzione aspettava risposta dal Principe di Montenegro e dal Governo Imperiale di Russia. E nulla intesi di poi.

Senonché nel considerare le basi sulle quali si potrebbe trattare della pace si presenta un grave problema. Come stanno ora le cose, sarebbe forse possibile di trattare colla Serbia sulla base dello statu quo ante bellum. La Sublime Porta domanderebbe invero di tenere in sue mani per un determinato tempo alcune piazze forti del Mezzogiorno della Serbia, ma la pressione unanime delle Potenze garanti potrebbe indurla a rinunziare a questa pretesa.

La differenza tra la Sublime Porta e la Serbia potrebbe dunque essere composta. Ma sorge allora la grave difficoltà alla qua,le facevo già allusione pel mio rapporto del 14 del presente n. 321 (l) di questa serie. È egli possibile che le Grandi Potenze interpongano i loro uffici per ristabilire la pace tra la Sublime Porta e Quel Principato, ed abbandonino il Montene,gro alle ire del Governo Ottomano il quale, liberato da ogni pericolo dal lato della Serbia, potrebbe piombare sopra di esso con tutte le sue forze regolari ed irregolari? Arroge la Bosnia e l'Erzegovina che furono all'origine delle presenti difficoltà, ed alle quali le Potenze hanno contratto l'obbligo di provvedere. Dalle quali cose mi pare risultare chiaramente che le Grandi Potenze non potrebbero guari aprir negoziati per ricondurre la pace nella Serbia senza trattare in pari tempo a prò del Montenegro nonché delle provincie predette.

Basta enunciare questo problema per comprendere di quante difficoltà sarebbero irti i negoziati di pace. Come più sopra dissi non crederei impossibile di ottenere lo statu quo ante bellum per la Serbia. Ma il Montenegro ebbe finora favorevole la sorte delle armi, e le sue forze occupano parte del territorio Turco al Nord ed al Mezzogiorno del Principato. S'accontenterebbero i Governi amici del Principe Nicola d'intimargli di rientrare nei propri confini, e rinunciare ai vantaggi ottenuti, alle antiche aspirazioni? D'altra parte il Governo Ottomano non ha cessato di mandare rinforzi in quella direzione, e si crede in grado di riprendere fra breve l'offensiva con grande probabilità di successo. Come si avrebbe a comporre queste difficoltà?

Questo pel Montenegro. E che si farebbe della Bosnia e della Erzegovina? Dalla lettura dei documenti diplomatici recentemente presentati al Parlamento Inglese risulta manifestamente quanto poco si trovassero d'accordo nel Giugno scorso i due Governi che sono più direttamente interessati nelle cose d'Oriente, ché mentre l'uno sosteneva ila autonomia tributaria, l'altro non usciva dalle riforme amministrative. Io voglio sperare che quei due Governi si saranno a quest'ora messi d'accordo su sì importante questione. Nel Qual caso non resterebbe che la difficoltà di far accettare la soluzione convenuta dalla Sublime Porta.

Di queste questioni io mi permetto oggi di far menzione a V. E. imperocché mi sembra della più alta importanza che le Potenze Garanti abbiano stabilito in proposito qualche intelligenza tra di esse il giorno in cui si avranno ad intavolare trattative di pace. Ebbi più voilte a riferire all'E. V. come il Governo Ottomano, in seguito agli avvenimenti dei tre ultimi mesi, sia divenuto assai meno arrendevole ai consigli delle Potenze Estere, che fu sempre sua politica di profittare delle divisioni tra di esse, alle quali divisioni dovette talvolta la propria esistenza. È quindi evidente che se, quando si presenti il

caso, non esistesse pieno accordo fra le Potenze, tanto che una avesse a a sosteneve una soluzione, e l'altra tenesse diverso linguaggio, arduo sarebbe d'ottenere che la loro voce fosse ascoltata dalla Sublime Porta.

Di questi argomenti naturalmente si fa talvolta prudente cenno nelle conversazioni intime fra questi rappresentanti delle Grandi Potenze. Ma è mio debito di constatare che né esiste tra di essi pieno accordo sul modo di considerarli, né l'indole delle materie è tatl.e che esse si possano efficacemente trattare a Costantinopoli. Non è che per uno scambio d'idee tra i rispettivi Gabinetti che q_ueste gravi questioni possono essere sciolte. I Gabinetti soli conoscono gl'intimi sentimenti che li guidano, ed alcuni tra di essi potranno anche esercitare una salutare influenza allo scopo di fare scomparire gli screzii che per avventura esistessero tra di altri. lo mi limito a sottoporre all'E. V. quelle considerazioni che mi sono suggerite dalla situazione delle cose.

(l) Non pubblicato.

345

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 46. Parigi, 23 agosto 1876 (per. il 4 settembre).

Con un dispaccio confidenziale del 10 corrente, n. 15 della Serie Politica (1), l'E. V. volle informarmi essere stato riferito al R. Ministro dell'Interno che dal Vaticano si facevano attive pratiche presso il Governo francese per stabilire in massima la città di Nizza come sede del futuro Conclave e che il Governo francese non sarebbe alieno dall'aderire a tale desiderio. L'E. V. m'invitava poi a tenere conto d'ogni indizio che potesse confermare la esistenza di simili pratiche, e col foglio cifrato annesso allo stesso dispaccio m'impegnava a scandagliare come l'eventualità della riunione del Conclave in Francia sia giudicata dagli uomini del partito liberale e quale linea di condotta essi seguirebbero se quest'eventualità minacciasse d'avverarsi. Ella mi dava pure l'incarico di raccomandare al R. Console generale in Nizza un'attiva vigilanza sopra sintomi che potessero sorgere o preparativi che potessero farsi in quella città e servire di conferma alle voci riferite al Barone Nicotera.

Nell'accusarle con telegramma del 12 corrente (2), ricevuta di quel dispaccio, io già ebbi l'onore d'esprimere all'E. V. la mia opinione sul fondamento delle supposizioni che lo dettarono. Che l'idea di scegliere Nizza a sede del futuro Conclave possa essere venuta ad alcuni Cardinali e che tale progetto abbia sedotto il Vaticano fino al punto da indurlo a tentare q_ualche pratica presso il Gabinetto di Versaglia allo scopo d'accertarsi della possibilità di effettuavlo a suo tempo, ciò può non essere molto inverosimile, sebbene i noti sentimenti della popolazione Nizzarda, o almeno di una parte di essa, non dovrebbero sembrare ai promotori del progetto la migliore guarentigia, per la piena tranquillità del Conolave e pel rispetto dovuto ai suoi componenti. Ma è certo più probabile che il Governo francese, quand'anche fosse disposto a consentire alla riunione del Conclave sul suo territorio, accresca quest'imbarazzo coll'altro maggiore e più pericoloso di accordare un'ospitalità importuna sopra

un terreno sui cui diventerebbe odiosa. Nessun indizio, finora, mi permette di sospettare una velleità di risoluzioni sì poco conformi ai sentimenti che il Governo della Repubblica dimostra verso il Governo di Sua Maestà, e sì poco conformi eziandio all'attuale poHtica di questo Gabinetto, suggerita, voluta dalla grande maggioranza del paese e che mira anzi,tutto ad evitare con cura scrupolosa ogni atto il quale possa trascinare a complicazioni coll'estero, involgere o attirare provocazioni, e compromettere la dignità nazionale o la pace. Ho ragione di credere che l'opinione persona~ del Duca Decazes è in fatto tale quale risulta dalle parole che furono confidenzialmente riferite all'E. V., ed anche senza tenere conto del preponderante valore dell'opinione del Ministro degli Affari Esteri in una questione di tal natura, non credo che la maggioranza nell'attua[e Consiglio dei Ministri si lascierebbe guidare nelle sue risoluzioni da tendenze che di quell'opinione non facessero nessun caso.

A ogni modo, profitterò d'ogni occasione che mi si offrirà per raccogliere sicuri indizi delle intenzioni di questo Governo, ed ho anche già trasmesse al Commendatore Cerruti le istruzioni dell'E. V. Egli mi rispose che eserciterà dal suo lato 1la possibile vigilanza e che occorrendo si porrà in corrispondenza col Prefetto di Porto Maurizio, giusta gli ordini ricevuti.

Ebbi pure jeri una conversazione su quest'argomento col Signor Gambetta. Gli domandai se gli pareva possibile che il Governo Francese acconsentisse a lasciare tenere il Conclave in Nizza, in Avignone, o sopra un altro punto qualsiasi del territorio della Repubblica, qualora dal Vaticano fossero fatte pratiche a tal fine, e quale linea di condotta egli seguirebbe o impegnerebbe il suo partito a seguire se ciò avvenisse.

Il Signor Gambetta mi dichiarò in primo luogo che l'idea di riunire il Conclave in Nizza gli pareva addirittura insensata. Ammettere come sede del Conclave Nizza, o anche Avignone, sarebbe agli occhi suoi una vera provocazione, né egli crede che il Gabinetto attuale sogni a !asciarvisi indurre. Il Signor Gambetta considera d'altronde la riunione del Conclave sopra un punto qualsivoglia del territorio francese come un fatto talmente grave e pericoloso per imprevedibili conseguenze, che il Governo, anziché ammetterla sotto la sua sola responsabilità e dietro intelligenze clandestine, dovrebbe farsi sicuro dell'assenso del paese. Epperò egli dubita che un tale fatto possa compiersi senza che sieno state consultate le Camere. Un diverso procedere sarebbe appena spiegabile, se non giustificabile, nel caso in cui straordinarj avvenimenti in Roma, un atteggiamento minaccioso della popolazione, un'insurrezione o una grave crisi politica nel Regno rendessero mani:llestamente peri

colosa o impossibile la riunione del Conclave nella capitale d'Italia.

• E se invece, diss'io al Signor Gambetta, la necessità dell'immediata convocazione dru Conclave si presentasse dura!I1te un intervallo delle sessioni parlamentari, se vi fosse urgenza di pronunciarsi sul luogo della sua riunione e se per esempio H Governo francese fosse informato che ad ogni modo il Conclave sarebbe tenuto fuori d'Italia, quand'anche egli rifiutasse di lasclarlo riunirsi in Francia, non credete che il Ministro potrebbe lasciarsi trascinare a prendere una pronta decisione da sé, giustificandola poi tanto coll'urgenza quanto colla ragione d'aver voluto impedire la scelta di un altro terreno non italiano? •

Il mio interlocutore riconobbe che forse si potrebbe tentare qualche raggiro in tali condizioni ed aggiunse che pur troppo nelle questioni relative al Papato alcuni uomini politici, anche nelle file dei liberali, potrebbero lasciarsi sedurre da considerazioni sull'interesse e sulla situazione della Francia rimpetto alla Germania.

• Il più savio consiglio, concluse il Signor Gambetta, si è di non aspettare gli eventi, ma di pensare fino da ora al modo d'impedire impegni o risoluzioni compromettenti, e per parte mia agirò in questo senso •.

(l) -Cfr. n. 316. (2) -Non pubblicato.
346

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 24. Pietroburgo, 23 agosto 1876 (per. il 6 settembre).

Dalle informazioni che ho potuto raccogliere direttamente dai miei colleghi gli Ambasciatori di Francia e d'Inghilterra, mi risulta che il Principe Gortchakow interrogato da essi sul convegno di Reichstadt, dopo aver loro annunziato la risoluzione presa relativamente al non intervento, avrebbe detto che i due Gabinetti d'Austria e di Russia avevano esaminato tutte le eventualità e si erano messi d'accordo su tutte le questioni che ne emergevano. Ma soggiunse che non poteva entrare in particolari né dare spiegazioni 1n proposito, almeno per ora. A Lord Loftus, che gli chiese specialmente se era stata convenuta una cessione eventuale di territorio Bosniaco, il Cancelliere rispose parimenti che non poteva spiegarsi su ciò. Quest'attitudine del Principe Cancelliere lascia supporre, come ebbi l'onore di scrivere precedentemente all'E. V., che realmente si trattò a Reichstadt dell'annessione eventuale all'Impero Austriaco d'una porzione della Bosnia. Parlando con me, il Principe si servì dell'espressione rettifica di frontiera, e non parve annettere alla cosa una grande importanza; mostrò anzi qualche sorpresa nell'intendermi ad esprimermi risolutamente contro un simile progetto. Tenendo conto di questa circostanza, e collegandola con altri indizii, sembra probabile che il territorio Bosniaco che si vorrebbe annettere all'Austria sia quella parte della Bosnia che costituisce la Croazia Turca, situata tra il Verbasz e l'Unna, e contenente una popolazione slava interamente o quasi interamente cattolica. Non posso ammettere che la Russia, consentendo a quest'annessione eventuale, abbia chiesto compensi diretti per sé. Il Gabinetto di Pietroburgo ha dichiarato a parecchie riprese ch'esso agiva in uno scopo del tutto disinteressato; e nessuno deve mettere in dubbio la sincerità dell'Imperatore Alessandro. Se fu chiesto un compenso, questo deve essere indiretto. Io inclino a credere che la concessione eventualmente fatta all'Austria ha per iscopo di condurre il Gabinetto di Vienna a consentire sia l'annessione della Erzegovina al Montenegro, sia un aumento territoriale in favore della Serbia, sia tl'autonomia della rimanente Bosnia e forse anche della Bulgaria.

Quello che par certo si è che il Principe Gortchakow mostra una certa ripugnanza ad accettare come base d'una pacificazione lo statu quo ante bellum territoriale e le sole riforme amministrative e tributarie. Egli desidererebbe che nel caso della riunione d'una conferenza le basi della soluzione siano fissate dalla conferenza stessa. In ogni caso poi non sembra disposto a prendere un'iniziativa qualsiasi, dichiarandosi solamente pronto ad aderire ad una proposta d'armistizio e di mediazione, ed anche alla riunione d'una conferenza, purché questa non abbia sede in una delle Capitali delle Potenze conferenti e purché vi assistano i Ministri dirigenti delle Potenze stesse.

Parlando col Principe Gortchakow e coi miei colleghi, io m'attenni e m'atterrò alle direziO<lÙ impartitemi dall'E. V. L'interesse dell'Italia è di concorrere ad una pronta pacificazione che abbia per effetto d'evitare ogni complicazione europea, di dare le necessarie soddisfazioni e le necessarie guarentigie di sicur.tà e di civiltà alle popolazioni cristiane d'Oriente, compresa anche l'autonomia, compreso anche l'aumento territoriale dei Principati Slavi esistenti, se vi può essere su questi due punti l'accordo delle Potenze. Ma è suo interesse l'opporsi a che l'equilibrio delle forze nell'Adriatico si sposti a suo danno. Se una qualsiasi delle Grandi Potenze deve aumentare il suo territorio nel Mediterraneo l'Italia, potenza Mediterranea ed Adriatica, reclama la sua ~)arte; e se v'è luogo a rettifiche di frontiere, anche l'Italia, e roprattutto l'Italia, ha diritto di domandarne e d'attenerne.

Voglia, La prego, indicarmi, se cosi pensando interpreto rettamente le intenzioni del Governo di Sua Maestà.

347

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

Roma, 25 agosto 1876.

D. 20.

Questa mattina ho annunziato a V. E., per telegrafo, la dichiarazione fatta jeri dal Principe Milano agli Agenti delle Potenze garanti per ottenere che queste interpongano i loro buoni ufficii pel ristabilimento della pace. Sua Altezza ha soggiunto che coMidera come un dovere di coscienza di chiedere che nello stesso tempo le Potenze si adoperino per far cessare le ostilità fra la Sublime Porta ed il Montenegro, giacché la cessazione parziale delle ostilità non basterebbe a raggiungere lo scopo che si vuoi conseguire.

Sebbene le mie comunicazioni precedenti abbiano messo V. E. in grado di conoscere abbastanza esattamente le disposizioni del Governo di Sua Maestà, stimai opportuno che Ella fosse subito informato che l'adesione dell'Italia era stata anticipatamente assicurata alla domanda del Principe di Serbia. Prescindendo da qualsiasi considerazione, sino dal primo momento in cui il Govemo Serbo ci manifestò il desiderio di aprire trattative di pace, noi abbiamo creduto che la nostra azione diplomatica, tanto a Belgrado, quanto a Costantinopoli dovesse spiegarsi senza esitazione per facilitare il conseguimento di uno scopo che gli interessi politici comuni a tutte le Potenze ed i sentimenti umanitari rendono urgente di ottenere.

Noi non ci siamo però fatta alcuna illusione sulle difficoltà che a questo

fine bisognava vincere. Alcune nascevano dalla disposizione degli animi pre

30 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

valente nei consigli del Sultano. Altre invece sembravano aver la loro origine nelle disposizioni particolari di alcune Potenze.

A tale riguardo stimo cosa opportuna che V. E. conosca sotto quale aspetto si è palesata agli occhi nostri l'azione diplomatica della Russia durante la fase dei negoziati che preparano la dichiarazione fatta jeri dal Principe Milano.

L'eccitazione della pubblica opinione in Russia, segnalatami da V. E., era conosciuta a Belgrado, dove l'arrivo di copiosissimi soccorsi d'ogni specie forniti dai Comitati russi poteva sino ad un certo punto mantenere la speranza che l'azione dei comitati medesimi dovesse essere foriera di quella più vigorosa e efficace dello stesso Governo imperiale. La dissensione messasi fra gli uffiziali serbi e quelli venuti di Russia e le idee panslaviste altamente professate dai Russi accorsi in grandissimo numero e sotto diversi pretesti a Belgrado, servivano di correttivo alla tendenza degli animi ad illudersi e le simpatie dei Serbi per coloro che si presentavano più come protettori che come ausiliari ne riuscivano assai affievolite. Intanto però a Pietroburgo, dove probabilmente aueste circostanze non erano avvertite, pare che le manifestazioni della pubblica opinione non fossero senza influenza sulle risoluzioni del Gabinetto Imperiale il quail.e non seppe decidersi a prendere l'iniziativa di un'azione pacificatrice, forse nel timore di perdere le simpatie del partito slavo e di vedere scemata la deferenza di quest'ultimo a suo riguardo.

Vero è che, in occasione della nascita del primogenito del Principe Milano lo Tzar telegrafava a Sua Altezza in chiare lettere augurare egli che il momento della cessazione delle ostilità fosse vicino; ma non poté scorgersi che questo voto dell'animo elevato dall'Imperatore Alessandro fosse assecondato da un'azione efficace della diplomazia russa.

L'esitazione manifestatasi nel Gabtnetto di Pietroburgo spiega alcuni fatti, dei quali gioverà che V. E. abbia notizia, ancorché i medesimi si riferiscano ad una fase ormai chiusa dei negoziati. Pare agli occhi nostri degna di attenzione l'insistenza colla quale l'Agente russo a Belgrado si sforzava di dimostrare al Conte Ioannini come all'Italia spettasse d'intraprendere l'opera di mediaziooe. E siccome il R. Agente, i1n obbedienza all'istruzioni ricevute, manteneva il più assoluto segreto sullo scambio di comunicazioni incominciato fra il Governo Principesco e Quello del Re, il Signor Kartzoff in ultimo rivolgevasi allo stesso Principe Milano per consigliargli d'incaricare l'Italia di aprire il negoziato per la mediazione. Contemporaneamente, il Cavalier Durando mi avvisava da Ragusa che il Signor Ionine, in procinto di recarsi al campo montenegrino per preparare negoziati di pace, aveva insistito perché quel R. Agente lo accompagnasse presso il Principe Nicola. Questi adoperamenti degli Agenti russi nei principati erano in armonia col linguaggio di alcuni giornali notoriamente inspirati dal Gabinetto di Pietroburgo, i quali in quei giorni ripetutamente additavano l'Italia come la Potenza che meglio di ogni altra avrebbe potuto prendere l'iniziativa dei negoziati di pace.

Ora io avrei trovato cosa ben naturale che questi suggerimenti, invece di venirmi per indirette vie, ci fossero stati dati, o per mezzo di V. E., o per mezzo del Rappresentante Russo in Roma, al quale, in un recente colloquio, io non mancai di far sentire che, qualora il Governo Imperiale fosse stato al pari di noi persuaso della necessità di metter fine alla lotta serbo-turca, l'iniziativa di una mediazione gli spettava per ogni riguardo. Ma io non sarei lontano dal credeve che ciò appunto la Russia non abbia voluto fare perché, messo sull'avviso dalle prime dichiarazioni del Gabinetto di Vienna, che cioè la mediazione sarebbe stata opportuna solo quando la Russia ne avesse pigliato l'iniziativa, codesto Gabinetto imperiale ha temuto che, proponendo egli la mediazione, le altre Potenze lo invitassero a formare il programma delle trattative di pace. Ciò avrebbe tolto alla Russia di riservare a sé la parte di difensore delle ragioni dei Serbi e dei Montenegrini, poiché a Pietroburgo, come altrove, non si può ignorare che, neLla reciproca situazione che la guerra ha fatto ai belligeranti, una mediazione che non prendesse per base lo • statu quo ante bellum • per i due Principati e per la Turchia, non avrebbe probabilità di essere ben accolta da questa ultima.

Il contegno abbastanza singolare della Russia a nostro riguardo quale ci si palesava nei fatti sovra riferiti, non poteva essere per noi un motivo di soprassedere negli sforzi per condurre ad una pronta pacificazione. L'emozione prodottasi in tutta l'Europa per il modo col quale i Turchi hanno condotto la guerra, poteva creare un pericolo che era nostro dovere di allontanare con tutti i mezzi possibili.

Noi avevamo ricevuto per mezzo dell'Incaricato d'Affari di Russia una memoria nella quale erano esposte quelle stesse impressioni che, in seguito alle notizie ricevute sulle atrocità commesse in Bulgaria, il Signor de Giers aveva comunicate a V. E. Ma noi sapevamo che a Vienna, insieme a quella comunicazione, un'altra n'era stata fatta la quale certamente aveva ben maggiore importanza. La Russia (questo sarebbe il senso di tale seconda comunicazione) ravvisava bensì inopportuno, pel momento d'intervenire con una proposta di mediazione, ma non poteva omettere di avvertire che le vittorie dei Montenegrini ed i rovesci toccati ai Serbi avevano già fin d'ora creato una situazione che il Gabinetto di Pietroburgo giudicava tale da dover fra brevissimo tempo rendere necessaria una intromissione, essendovi, in tutto ciò che accade in Oriente, una quistione di Cristianità che deve primeggiare sulla questione politica. Non è a nostra notizia che questa comunicazione conchiudesse con una proposta formale. Al pari di quella che ci era stata fatta relativamente all'emozione, provata dallo Tzar al ricevere le notizie dei funesti casi di Bulgaria, la comunicazione colla quale si annunciava vicino il momento di una intromissione della Russia a tutela degli interessi della Cristianità, non richiedeva, per parte del Gabinetto di Vienna, una risposta, benché le parole stesse adoperate in quella comunicazione indicassero bastantemente che la medesima si riferiva alle eventualità prevedute nel convegno di Reichstadt.

Era dunque pur troppo a temersi che si avvicinasse il momento in cui

l'emozione già prodotta in tutta Europa, fatta ancor più viva dalle notizie che

giungerebbero dalla Serbia, avrebbe acquistato tanta forza sull'opinione pub

blica di tutti i paesi da far prevalere, sopra qualsiasi considerazione di inte

resse e d'avvenire politico, delle risoluzioni inspirate unicamente dai senti

menti umanitari. Questa previsione, V. E. lo sa, non era scevra di pericoli per

il nostro paese.

Noi abbiamo pertanto considerato che una pace prontamente conchiusa avrebbe dato al sentimento pubblico una soddisfazione ben maggiore di quella che il medesimo avrebbe potuto ottenere se con nuove complicazioni si fossero estesi maggiormente i termini della questione. Il Governo del Re non ha dunque creduto di dover lasciarsi distogliere da considerazioni secondarie nella scelta della via ch'egli doveva seguire. Noi sapevamo che il Gabinetto di Vienna non poteva vede11e di buon occhio la nostra iniziativa nei negoziati di pace. Noi avevamo però fiducia nello spirito illuminato del Conte Andrassy, il quale certamente avrà modo di conoscere che l'azione dell'Italia non è stata guidata in questa circostanza dall'interesse della Russia.

La nostra posizione rispetto all'Austria-Ungheria non meno che verso altre Potenze è assai delicata e potrebbe diventarlo ancor più se noi non ci muovessimo in tutti i nostri passi con la massima circospezione.

A questo fine io stimo opportuno che anche V. E. sia posta in avvertenza contro un piano secondo il quale, giudicando dai sintomi sovr'accennati, la Russia mirerebbe a che 'l'Ltalia, abilmente lusingata nel suo amor proprio, si induca a renderle insignì servigi di cui essa vorrebbe dispensarsi di mostrarsele grata. E' dunque bene che a questo riguardo non abbiano a sussistere opinioni inesatte sui motivi che spinsero il Governo di Sua Maestà a prendere una parte attiva nelle preliminari trattative della pace. Fu per consiglio attinto ai nostri inlteressi e per il desiderio di porgere legittima soddisfazione al sentimento pubblico del nostro paese che tale parte fu da noi assunta. Con ciò noi non escludiamo che la nostra politica, pur ispirandosi alle ragioni degli interessi italiani, possa anche esplicarsi nel senso di un'azione concertata con altri Gabinetti ugualmente solleciti del ristabilimento della pace. Però le comunicazioni confidenziali scambiate fra V. E. ed il Principe Gortchakow indicano sufficientemente a quest'ultimo sopra quale terreno egli dovrebbe collocarsi se vuole che l'opera diplomatica dell'Italia e della Russia si svolga con maggiore efficacia verso l'obiettivo cui mirano sopratutto i Gabinetti dei due Paesi.

348

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 835. Pietroburgo, 26 agosto 1876, ore 17 (per. ore 21).

J'ai fait savoir à M. de Giers que le Gouvernement du Roi avait adhéré à la demande du prince de Servie tendant à obtenir la cessation des hostilités.

M. de Giers m'a informé que le Gouvernement russe avait télégraphié à son agent à Belgrade de se joindre à ses collègues. Je verrai demain le prince Gortchakoff. En attendant, je crois qu'il serait util1~ que vous ayez sur place un officier de l'armée royale, dont la présence conjointement à celle des autt'es officiers européens agissant sous la direction des consuls, pourrait faciliter la démarcation militaire.

349

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 837. Parigi, 26 agosto 1876, ore 18 (per. ore 21,40).

M. Decazes croit qu'il y a lieu de demander à Constantinople un armistice, par une démarche collective des représentants des puissances garantes, et il donne à l'ambassadeur de France des instructions dans ce sens.

350

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 839. Parigi, 26 agosto 1876, ore 18 (per. ore 22).

Le Gouvernement français désirerait q'un prince de la famille royale acceptàt la présidence du comité italien pour l'exposition universelle de 1878 et se chargeat de la formation de ce comité. Le prince de Galles a déjà accepté pour l'Angleterre. Avant de faire une démarche officielle, M. Decazes m'a prié de pressentir les dispositions du Gouvernement de Sa Majesté.

351

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AL CONSOLE A SERAJEVO, PERROD

D. S.N. Roma, 26 agosto 1876.

Sono assai grato alla S. V. Illustrissima delle informazioni fornitemi col Rapporto dell'll di questo mese, N. 71 (1). Benché si possa oramai sperare prossima la fine della guerra tra la Serbia e la Turchia, e sia quindi da ritenersi non lontana la pacificazione anche di codeste regioni, sarà pur sempre utile che Ella continui ad informarmi esattamente, come fece finora, di ciò che accade in Bosnia. Le notizi'e di codesto paese difficilmente giungono, per altra via, in forma giusta ed imparziale. Così, ben può affermarsi che se il Rapporto di Lei non fosse sopravvenuto a modificare il nostro giudizio, il R. Governo, fondandosi sopra relazioni procedenti da aUre fonti, avrebbe potuto continuare a credere completamente cessata la insurrezione bosniaca, mentre nei primi giorni di questo mese essa avrebbe ripreso novello vigore.

352

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 843. Costantinopoli, 27 agosto 1876, ore 12 (per. ore 13,40)

Les ambassades d'Angleterre, de France et de Russie ont reçu instruction d'appuyer l'armistice; celles d'Autriche et d'Allemagne, seulement communi

(l) Cfr. n. 319.

356

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TOSI, E A PARIGI, RESSMAN (l)

D. Roma, 27 agosto 1876.

Ebbi, jeri l'altro a telegrafarle in se·guito a notizia telegrafica, pur allora giuntami da Belgrado.

S. A. il Principe di Serbia convocati attorno a sé, nel pomeriggio del 24,

Rappresentanti delle Potenze garanti, aveva dichiarato loro che il Governo principesco volendo assecondare i voti delle Potenze stesse, e sollecito oramai di ristabilire i buoni rapporti t'"f. la Sublime Porta ed il Principato, invocava gli officii dei rispettivi Governi per ottenere la cessazione delle ostilità. Sua Altezza aveva soggiunto considerare egli come debito di coscienza richiedere, in pari tempo, i buoni ufficii delle Potenze per la cessazione delle ostilità tra la Sublime Porta ed il Montenegro; imperocché la cessazione parziale non sarebbe stata di tal natura da condurre allo scopo che si aveva di mira.

Io non aveva mestieri di manifestare a V. E. quali fossero di fronte a

siffatta comunicazione, gli intendimenti del R. Governo. Ed invero, come

Le era noto, già da parecchi giorni noi ci venivamo adoperando a Belgrado

ed a Costantinopoli, per preparare il terreno a negoziati di pace. La nostra

adesione alla richiesta del Principe Milano era adunque anticipatamente assi

curata. Epperò mi limitai, nel mio telegramma di jeri l'altro, ad invital'la a

porsi in rapporto con codesto Signor Ministro degli Affari esteri ed a farmi

conoscere i passi che codesto Gabinetto si proponeva di fare per raggiungere

il risultato che nelle circostanze presenti sembrava unanimemente desiderato.

Tre giorni interi sono scorsi dopo la dichiarazione solennemente fatta dal

Principe Milano. E le informazioni giuntemi dalle varie parti non sono ancora

tali da porgerei un concetto adeguato del procedimento che si intende seguire.

Da Costantinopoli ove naturalmente si accentrano <le istruzioni concrete dei

varii Gabinetti, mi telegrafa il Conte Corti che, per una parte, le Ambasciate

d'Inghilterra, di Francia e di Russia hanno già ricevuto, in termini generali,

l'ordine di appoggiare la domanda d'armistizio, e che, d'altra parte, le Amba

sciate di Germania e d'Austria-Ungheria non hanno ricevuto finora che la

comunicazione del passo dato dal Principe Milano.

Intanto, non essendo ancora presentata in proposito una domanda formale,

le operazioni militari continuano a svolgersi sul teatro della guerra. All'infuori

delle considerazioni di umanità, le quali ci vietano di assistere impassibili ad

inutile spargimento di sangue, non è a dissimularsi che, per le vicende muta

bili della guerra, potrebbe anche sopravvenire una modificazione delle dispo

sizioni delle parti contendenti, le quali abbiamo ragione di credere, in questo

momento, favorevoli entrambe alla pace.

Noi stimiamo, pertanto, urgente che le Potenze si mettano senz'altro d'accordo sopra alcuni punti essenziali, colle risoluzione dei quali si connetta la possibilità di una spedita azione in comune. Importa anzitutto sapere se le

Potenze intendano di chiedere alla Sublime Porta la sospensione delle ostilità mediante un officio collettivo, sostituendosi così in certa guisa ai due Governi principeschi, in nome dei quali esse negozierebbero dapprima le condizioni dell'armistizio ed indi quelle della pace. In secondo luogo giova sapere se per avventura le Potenze stimino che la domanda d'armistizio sia fatta direttamente dai Comandanti Serbi e Montenegrini ai Comandanti dell'esercito ottomano, nel qual caso Ja loro azione si restringerebbe ad appoggiare, a Costantinopoli, il negoziato per tal guisa impegnato fra le parti contendenti. In terzo luogo, un punto che sembra doversi chiarire è quello che riflette il Principe di Montenegro. Nel formulare la sua dichiarazione del di 24, il Principe Milano limitossi a dire che sentiva l'obbligo, quasi per debito di coscienza, di chiedere l'armistizio anche per il Principe di MontJenegro. Nulla dimostra però in modo positivo e formale che questi voglia accettare l'azione mediatrice delle Potenze; e quantunque siffatta accettazione debba ritenersi probabile, inquantoché essa dovrebbe essere consigliata al Principe da manifeste considerazioni così politiche come militari, è pur sempre indispensabile che le Potenze siano in grado di porgere risposta officiale se la Sublime Porta si fa loro a domandare in nome di chi esse chiedano l'armistizio. A questo riguardo posso anzi aggiungere di avere dato, ad ogni buon fine, istruzione al R. Console Cavaliere Durando, il quale è pur accl'editato presso il Principe Nico,la, di recarsi a Cettinje per poter così più prontamente riferirmi le intenzioni eventuali di Sua Altezza. Infine (e questo sarebbe un quarto punto da chiarirsi) giova sapere se i Gabinetti sono preparati ad accettare fin d'ora una discussione, colla Sublime Porta, rispetto ai preliminari di pace, o se invece vogliano limitarsi pel momento ad insistere per una sospensione d'armi, la quale però dovrebbe naturalmente comprendere tutti i 'territorii ove presentemente si combatte. Egli è infatti a prevedersi che la Porta voglia subordinare il suo assenso per l'armistizio alla comunicazione, almeno per tratti generali, delle condizioni che le Potenze intenderebbero dover esser base della pace da conchiudersi.

Se un accordo non interviene senza ritardo sopra questi quattro punti, noi temiamo che sia per riuscire assai malagevole il conseguimento d'uno scopo che è nel comune desiderio che potrebbe essere messo a repentaglio dal protrarsi della lotta sanguinosa che tuttora è impegnata sul teatro della guerra. Per questo appunto, diressi oggi a V. E. un telegramma in cui questi stessi concetti sono riassunti, affinché Ella fosse tosto in grado di farmi conoscere il risultato delle indagini che per tal guisa ebbi a commetterle.

(l) Ed., con qualche variante, in I.V 22, pp. 202-204.

357

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 48. Parigi, 27 agosto 1876 (per. il 30 ).

Col telegramma del 25 corrente (l) l'E.V. mi fece l'onore d'informarmi che nella sera del giorno precedente il Principe Milano aV1eva chiamati a sé

i Rappresentanti delle Potenze garanti ed aveva invocato i buoni uffici dei loro Governi per far cessare le ostilità tra la Sublime Porta, la Serbia ed il Montenegro. Premettendo che l'adesione del Governo italiano alla domanda del Principe di Serbia era già anticipatamente assicurata dallo stesso fatto che il Governo di Sua Maestà erasi negli ultimi giorni attivamente adoperato in Belgrado e in Costantinopoli onde preparare il terreno a trattative di pace, l'E. V. mi dava l'incarico d'informarla quali pratiche il Gabinetto francese si proponesse di fare per ottenere il risultato da tutti desiderato.

In un'udienza che il Signor Duca Decazes, tornato il giorno prima da Bordeaux, mi fece l'onore d'accordarmi ieri, S. E. da me interrogata in proposito mi disse che aveva data poc'anzi all'Ambasciatore di Francia a Costantinopoli l'istruzione d'associarsi alla domanda che probabilmente sarebbe fatta in modo collettivo dai Rappresentanti delle Potenze garanti presso la Sublime Porta allo scopo di ottenere un armistizio colla Serbia e col Montenegro.

In quanto alle trattative che dovranno succedere alla sospensione delle ostilità, qualora questo avvenga, il Signor Duca Decazes mi disse che secondo un telegramma giuntagli la mattina stessa dal Generale Le Flo, il Principe Gortchakoff avrebbe detto all'Ambasciatore di Francia che all'armistizio seguirebbe successivamente una conferenza dei Capi dei Gabinetti.

• Per parte mia, mi disse S. E., io non ho ragione né di desiderare vivamente, né di temere una conferenza. Sono indifferente. Non vedo che si possa trattare oggetto veruno che sia un imbarazzo diretto per la Francia. Credo bensì che verbali discussioni possano più facilmente condurre allo scopo che trattative a colpi di telegrafo, nulla essendo più duro e più secco che il linguaggio dei telegrammi. Ma, lo ripeto, in fondo il modo di trattare mi è indifferente. Fu detto che prima della guerra io m'era fatto il propugnatore d'una Conferenza; ma ciò non è. Per sapere che cosa gli altri ne pensassero, era pure mestieri ch'io pronunciassi queLla parola •.

Il Signor Duca Decazes mi disse poi che Lord Lyons era poco prima venuto a domandargli in nome di Lord Derby quali fossero le sue idee intorno alla base delle trattative di pace. Il Duca Decazes rispose all'Ambasciatore di Sua Maestà britannica ch'egli credeva ciò essere stato già definito nella nota, approva'ta da Lord Derby, in cui egli stesso in principio dello scorso Luglio aveva riassunto le proposte fatte allora dal Gabinetto inglese, secondo le quali in caso di vittoria della Turchia sarebbesi mantenuto nella Serbia e nel Montenegro lo statu quo ante bellum e si sarebbe stabilito un modus vivendi Quale per esempio il regime cretese per le popolazioni cristiane delle provincie insorte.

In rm altro colloquio che ho avuto oggi col Ministro degli Affari Esteri di Francia, informai S. E., giusta un telegramma dell'E. V. pervenutomi ieri dopo che io era uscito dal Gabinetto del Signor Duca Decazes (1), che secondo l'opinione del R. Governo era il caso di chiedere la sospensione dell'azione militare della Turchia anche nella Bosnia e nell'ErZJegovina. S. E. mi disse che questa domanda gli pareva naturalmente implicata nell'estensione della domanda di armis,tizio al Montenegro.

(lJ Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

358

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 49. Parigi, 27 agosto 1876 (per. il 30).

Con rapporto confidenziale in data del 16 agosto, il Marchese di Noailles riferì molto partitamente a S. E. il Duca Decazes un colloquio che in quel giorno egli aveva avuto col Conte Tornielli sugli affari d'Oriente. Il Signor Ministro degli aff.ari esteri mi fece l'onore di darmi jeri lettura delle dichiarazioni che in quel colloquio il Conte Tornielli fece all'Ambasciatore di Francia.

S. E. mi si mostrò soddisfa,tta di quell'esposizione franca e chiara delle vedute e delle intenzioni del Gabinetto di Roma, (che giudicherei superfluo di qui riassumere) e vi rispose alla sua volta con franche dichiarazioni, autorizzandomi a ripeterle aH'E. V.

Il Duca Decazes mi disse anzitutto che non ammetteva potervi essere tra noi dissensi in Egitto, e neppure dissapori personali. I nostri interessi, le nostre tendenze vi sono comuni, egli lo riconosce, e concorde dev'esservi la nostra azione. Mi annunziò che entro otto giorni il nuovo Console generale di Francia Signor De Michel partirà, munito deUe Sue istruzioni, per l'Egitto e che quarant'otto ore dopo il suo arrivo al Cairo tornerà in Francia il Signor Villet.

In quanto alle considerazioni del Conte Tornielli circa gli interessi politici dell'Italia sulle coste orientali dell'Adriatico e circa le aspirazioni particolari dell'Austria da quel lato, il Duca Decazes dubita dell'energia di tali aspirazioni, sebbene sospetti qualche connivenza in ordine ad esse tra Vienna e Pietroburgo. Battuta però com'è da contrarie correnti l'opinione pubblica nella Monarchia Austro-Ungarica, il Duca Decazes non crede di dover temere che di là sorgano pretensioni violente e pericolose.

Per ciò che concerne la Russia, S. E. non crede che nello stato attuale delle cose essa pensi ad accampare esagerate rivendicazioni. Il Duca Decazes presume che il Governo russo potrà forse chiedere che nello stabilire un modus vivendi per le popolazioni cristiane della Bosnia e dell'Erzegovina si stipuli anche per la Bulgaria un trattamento conforme.

Alludendo alla propensione verso la Russia che nella politica da lui finora seguita si volle notare, il Duca Decazes mi dichiarò recisamente • che non aveva nessun impegno con chicchessia • e che il suo programma nella mediazione o presentandosi alla Conferenza sarà il mantenimento de1l'integrità territoriale dell'Impero turco, e un modus vivendi per le popolazioni cristiane.

359

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 430. Roma, 28 agosto 1876, ore 20.

Les doutes que nous avions conçus au sujet de l'existence d'un projet fait d'accord entre les trois empires et par suite duquel l'Autriche aurait eu un

agrandissement territorial en Bosnie étaient fondés. Le prince G<.lrtchakow vient de déclarer à M. Nigra qu'en présence des événements militaires peu favorables aux serbes, il ne pouvait plus etre question de remaniement territorial, que, du reste, la Russie n'avait pas pris avec l'Autriche un engagement formel et qu'il n'y avait rien d'écdt.

Nous avons échappé à un grand danger, dont il faudra nous souvenir pour aviser à ce qu'il ne se reproduise plus à l'avenir. Le chancelier russe a dit en meme temps Que le Cabinet impérial ne prendra pas l'initiative d'une conférence, mais qu'il adhèrera à toute proposition faite dans ce sens. La première idée de cette conférence nous a été communiquée par le Gouvernement russe. Il aurait voulu Que les ministres dirigeants des différentes Puissances se réunissent dans une ville qui ne fiìt pas la capitale d'un de ces états, et sans programme arrèté d'avance. Dans la dernière conversation avec M. Nigra, le prince Gortchakow a admis au contraire que la conférence pourrait avoir pour base le status quo territorial ante bellum. Nous connaissons à ce sujet seulement les dispositions du Gouvernement français. Le due Decazes aurait fait dire au prince Gortchakow que la France ne désire pour sa part ni ne craint cette conférence mais que de toutes façons il faudrait s'entendre au préalable sur la base des arrangements à prendre. Je ne crois pas que la France veuille prendre elle mème, pour cette proposition, l'initiative que la Russie semble abandonner. Il est donc peu probable que nous nous trouvions en présence d'une proposition que l'Allemagne et l'Autriche ne seraient pas disposées à accepter. Reste cependant à régler le modus procedendi entre les Puissances, pour que leur action obtienne le résultat qu'on en attend. L'expérience doit avoir appris à tout le monde que la méthode suivie pour la note Andrassy et pour le mémorandum de Berlin n'est plus de mise dans les circonstances actueHes. Les lenteurs et les incertitudes résultant d'une négociation par échange de télégrammes et de notes entre les Cabinets, nuiraient certainement à l'efficacité de l'action unanime des Puissances. Il nous semble impossible de contester l'avantage qu'il y aurait à élaborer dans une conférence les détails soit de la paix entre la Turquie et les deux Principautés, soit des garanties que devrait offrir le nouveau régime administratif et tributaire destiné à assurer la coexistence pacifique des populations des provinces troublées de la Turquie d'Europe. Il nous semble donc prématuré de nous prononcer sur le choix du modus procedendi et nous nous boDnons pour le moment à exprimer le voeu qu'une discussion sur la procédure ne vienne pas à retarder les démarches à faire à Costantinople pour arrèter l'effusion du sang.

360

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 854. Londra, 28 agosto 1876, ore 19,15 (per. ore 23).

Voici le résultat de la conversation que je viens d'avoir avec lord Derby. Le Foreign Office ayant reçu vendredi la nouvelle de la demande de médiation du prince Milan, lord Derby a télégraphié immédiatement aux représentants anglais près des Puissances qu'il s'associerait à elles pour demander un armistice au Gouvernement turc. Il a télégraphié particulierement à l'ambassadeur à Constantinople d'engager vivement :la Porte à ne pas perdre cette occasion de faire la paix, car un retard pourrait amener des complications qui ne lui seraient pas favorables. Le samedi lord Derby a reçu des représentants les réponses suivantes aux ouvertures précédentes.

La Russie a donné des instructions pour appuyer la demande du prince et obtenir un armistice. La France est d'avis que l'on ne doi,t pas perdre du temps pour suspendre les hostiUtés. L'Autriche et l'Allemagne n'ont pas encore répondu. Aujourd'hui M. Elliot télégraphie que la Porte demande si les Puissances sont autorisées par le prince de Monténégro à traiter en son nom. Aujourd'hui on reçoit de Pétersbourg (lue l'animation en Russie est très grande, que beaucoup de volontaires ont quitté la capitale pour aUer s'enr<Jler dans l'armée serbe. Voici maintenant les réponses de lord Derby sur les points qui font l'objet de la dernière dépeche de V. E.

l o Il est d'avis que les puissances doivent faire une démarche colledive, d'abord pour la suspension des hostilités et ensuite pour traiter de la paix.

2° Que la demande d'armistice soit faite directement par les Puissances ou par les commandants des forces n'est qu'une question de forme, qui se résoudra d'elle meme, lorsque le premier point sera établi.

3° On doit demandar au prince de Monténégro (lu'il accepte la médiation, et comme les Puissances n'ont pas de rèprésentant auprès de lui, il faudrait trouver quelque moyen de lui faire connaitre leurs dispositions et d'avoir une réponse de lui. Peut-etre, la Russie pourrait-.elle servir d'intermédiaire, mais ce n'est là qu'une supposi,tion.

4° Lord Derby est disposé à agir d'accord avec les autres Puissa.nces pour obtenir une suspension des hostilités, non seulement dans les deux Principautés, mais encore dans les provinces insurgées; mais il croi1t qu'il serait en m~me temps nécessaire de fixer sans retard les préliminaires de la paix; les autres questions se résoudraient ultérieurement. Lord Derby m'a confirmé la nouvelle de M. Lister que le Foreign Office est d'avis (}Uè le tribunal égyptien était dans son droit. Il croit nécessail.'e un accord avec les Puissances sur ce point et il a écrit en ce sens. Il a ajouté que les nouvelles d'Egypte étaient fort mauvaises; l'argent y fait défaut. Je prie V. E. de m'adresser directement, sans passer par Paris, ses dépeches importantes, comme la demière; car peu s'en est fallu, à cause du retard, qu'elle ne soit pas arrivée en temps pour en parler aujourd'hui à Derby.

361

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 251. Roma, 28 agosto 1876.

In occasione dello scambio di idee che il R. Ambasciatore a Pietroburgo ebbe in Questi giorni col Principe Gol'tchakow, questi accennò ancora una volta al progetto di una conferenza, de'l quale, non ha guarì, e prima che sopravvenisse la dichiarazione formulata il 24 di questo mese dal Principe Milano, il Cancelliere Imperiale aveva già tenuto discorso col Cavalier Nigra. Il linguaggio di Sua Altezza sopra questo soggetto ora apparve, però, notevolmente mutato. Secondoché V. E. avrà potuto scorgere dal mio recente carteggio col Cavalier Nigra, e segnatamente dal dispaccio del 15 corrente (l) (che è appunto tra quelli che, per questo scopo, feci passare, a piego aperto, pel tramite di codesta Ambasciata) il Principe Cancelliere pareva in allora decisamente propenso al concetto di una conferenza, scorgendovi il miglior mezzo per comporre convenevolmente le cose d'Oriente. Solo poneva una duplice condizione: che la riunione avesse luogo in città che non fosse capitale di alcuna tra le Grandi Potenze, e che vi sedessero, senza programma predeterminato. Ministri dirigenti dei rispettivi Stati. In oggi invece il Principe Gortchakow senza pronunciarsi contrario al concetto di una conferenza, dichiara che il Gabinetto imperiale non ne piglierà l'iniziativa, pur essendo disposto ad aderire a qualsiasi proposizione che fosse per essere fatta in questo senso. D'altra parte Sua Altezza ammette che la conferenza possa prendere per base delle sue deliberazioni

lo statu quo ante bellum territoriale.

Per quanto concerne le altre Potenze, noi conosciamo a questo riguardo, in modo abbastanza sicuro, le disposizioni del solo Governo francese. H Duca Decazes avvebbe fatto dire al Principe Gortchakow che la Francia, né desidera, né teme la Conferenza; che, però, in ogni modo sarebbe mestieri mettersi anticipatamente d'accordo sulla base degli accordi che vi si avrebbero a pigliare; la quale base dovrebbe consistere, secondo il Duca, nel mantenimento dello statu quo territoriale ed in un modus vivendi per le popolazioni cristiane. Oltre di che giova anche avvertire, rispetto alla Francia, che questa stima doversi lasciare l'iniziativa della proposta a tale fra le Potenze, la quale sia in grado di formulare un ordine del giorno per la Conferenza. Volendo adunque giudicare dalla situazione apparente del momento, la probabilità di una conferenza sarebbe notevolmente scemata. Imperocché per una parte l'iniziativa, abbandonata daUa Russia, sembra che si voglia lasciare dalla Francia ad altra potenza che non scorgiamo quale possa essere tranne l'Inghilterra, sempre restia a siffatte proposte. E d'altra parte quantunque da Vienna e da Berlino non ci siano giunte a questo proposito notizie positive, si hanno dalle stesso carteggio di Lei indizii abbastanza conclusivi per ritenere che siffatto disegno non abbia punto il favore delle due Cancellerie. Da Berlino anzi mi consta già ciò che V. E. mi conferma ora, che, cioè, la Germania sarebbe decisamente ostile alla proposta e che il Principe di Bismarck declinerebbe di intervenire alla riunione.

Resterebbe, pertanto, pur sempre a definire il modus procedendi tra le Potenze, all'oggetto di far si che si giunga al risultato di pacificazione cui si mira. Io ho manifestato, sopra questo punto, a V. E. l'animo mio col telegramma d'oggi (2). L'esperienza dovrebbe avere dimostrato oramai a tutti i Governi che il metodo seguitosi, cosi in occasione della Nota Andrassy, come in occasione del memorandum di Berlino, non è più adattabile alle circostanze presenti. Gli indugi e le incertezze che sono inevitabile effetto di un negoziato condotto per via di telegrammi e di dispacci scambiati tra i Gabi

netti, nuocerebbero senza dubbio alla efficacia di una azione la quale, per essere utile, è d'uopo che sia non solo unanime (come lo è oramai) ma altresì pronta e spedita. A questo riguardo, ci sembra impossibile di contestare i vantaggi che si potrebbero ottenere mediante la elaborazione, in una Conferenza dei particolari relativi così alla pace tra la Turchia e i due principati, come alle guarentigie che dovrebbe offrire il nuovo regime amministrativo e tributario destinato ad assicurare la coesistenza pacifica delle popolazioni varie per religione più che per razza, che risiedono nelle provincie ottomane d'Europa ove si manifestarono i rorbidi presenti.

In tale stato di cose, sembrerebbe prematuro di pregiudicare coll'esprimere un'opinione qualsiasi, la scelta del modus procedendi. E, come ebbi oggi stesso a telegrafare a V. E. noi stimiamo savio consiglio di !imitarci per ora a formare il voto che una discussione di procedura non venga ad attraversare gli officii che urge di fare a Costantinopoli per far cessare lo gpargimento del sangue.

(l) -Cfr. n. 328. (2) -Cfr. n. 359.
362

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1664. Berlino, 28 agosto 1876 (per. l' 1 settembre).

Ho l'onore di segnalarLe ricevuta del telegramma della notte scorsa (1). Mi affrettai oggi di ritelegrafarlo alla R. Ambasciata a S. Pietroburgo, dopo di che mi recai da S. E. il Signor de Biilow per avere il suo giudizio sulle idee svolte dall'E. V.

Il Segretario di Stato mi ascoltò con somma attenzione, facendosi ripetere i quattro punti così saviamente indicati dall'E. V. Egli conveniva con Lei, Signor Ministro, nelle considerazioni del vantaggio che risultevebbe da un accordo fra le Potenze, se l'idea della pacificazione deve uscire dalle generaHtà ed avere un valore pratico; nonché sull'urgenza di far sì che i voti pacifici riescano al più presto a porl'e termine allo spargimento del sangue. Però è mio debito di notare che il Segretario tedesco di Stato non si scostò, nemmeno in questo incontro, da·l suo sistema di riserva. Il Gabinetro di Berlino aveva telegrafaro da ogni parte per conoscere gli indendimenti pratici delle altre Potenze. Conosciuti questi, si sarebbero fatte all'Imperatore le proposte del caso. Una sola cosa mi affermava il Signor de Biilow, ed era che questo Gabinetto non avrebbe preso assolutamente nessuna iniziativa. Naturalmente è d'uopo, per concretare un accordo e· agire in conseguenza, che qualcuna delle Potenze metta avanti delle proposte formali. Di queste, i1l Gabinetro di Berlino non ne aveva peranco ricevuto nessuna.

Feci osservare quanto era spiacevole che delle idee pratiche, come quelle comunicatemi dall'E. V. e che avevo la soddisfazione di veder così apprezzate dal Segretario di Stato, non potessero ancora condurre al risultato che tanto si desidera. L'Italia, quantunque più prossima al teatro della guerra, non ha guarì più che la Germania un interesse diretto nella guerra che si combatte in

Oriente: essa, come la Germania, è spinta dal desiderio di por fine ad una guerra crudelissima e di spegnere un incendio che alla lunga potrebbe propagarsi oltre gli attuali suoi limiti.

S. E. il Signor de Biilow sperava che, tanto Belgrado come Costantinopoli essendo in comunicazione rtelegrafica con i rispettivi eserciti, le istruzioni relative ad una sospensione d'armi avrebbero potuto essere messe in atto prontamente, e che l'armistizio sarebbe prossimo. L'Ambasciatore turco, Edhem Pascià, era stato dal Signor de Biilow pochi momenti prima di me, e gli aveva comunicato un telegramma secondo il quale la Sublime Porta avrebbe fatto onore agli impegni da essa presi a Ginevra per le ambulanze internazionali della Croce Rossa. Le notizie ricevute da Edhem Pascià non contestavano qualche successo militare che, secondo gli ultimi telegrammi di Belgrado, i Serbi avevano riportato.

Mi spiace di non essere in grado di rirerire all'E. V. notizie positive sugli intendimenti di questo Gabinetto; so~tanto ci giova prendere atto della situazione del momento. Da quanto mi risulta, il Segretario di Stato persiste in questa attitudine di riserva anche verso i Rappresentanti delle altre Potenze.

(l) Non pubblicato.

363

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. RR. 53. Parigi, 28 agosto 1876 (per. il 4 settembre).

Jeri, in una conversazione strettamente confidenziale ch'ebbi col Signor Ministro degli affari esteri di Francia, S.E. venne a far menzione d'un colloquio avuto qualche tempo addietro dal Marchese di Noailles col Commendatore Mancini intorno a supposti progetti di propaganda in favore d'una elezione del futuro Pontefice o • Vescovo di Roma •. Il R. Ministro di Grazia e Giustizia e dei Culti fece in quell'occasione al Marchese di Noailles esplicite dichiarazioni circa le vedute ed intenzioni dell'attuale Gabinetto italiano, dicendogli che specialmente per ciò che riguarda l'elezione del futuro Papa egli con1iermava tutte le più ampie assicuraZioni che poterono essere date da' suoi predecQSsori e che il Ministero attuale intendeva rispettare e far rispettare in ordine alla libertà del Conclave la legge delle guarentigie nella sua lettera e nel suo spirito. Il Duca Decazes mi espresse il suo compiacimento per tale linguaggio e mi disse di averlo fatto conoscere al Vaticano, ove le voci di quei progetti avevano destato qualche inquietudine.

Afferrai l'occasione che non meglio poteva presentarmisi per mettere il discorso sul tema del futuro Conclave, e avvedutomi che il Duca Decazes non lo evitava, incruzai e feci quant'era in me per conoscere non solo le sue proprie idee, ma anche il fondamento delle voci che furono riferite all'E. V. e da Lei accennate nel dispaccio confidenziale del 10 corrente (1). • Le dichiarazioni del Commendatore Mancini, io dissi entrando in quest'argomento, corrispondono al sentimento ed al voto dell'immensa maggioranza degl'Italiani i quali anzi

sarebbero gravemente feriti da quell'atto di suprema ed ingiuriosa diffidenza

che sarebbe un appello fatto dal Conclave all'ospitalità d'altra Potenza e diffi

cilmente perdonerebbero una tale ospitalità, perocché dovrebbero giudicare

che fu da lunga mano premeditata e offerta per calcolo di politica, non già

accordata per apprensioni giustificate e per un vero interesse della Chiesa.

Non nascondo all'E. V. che temo potervi essere in Italia qualche preoccupa

zione sulle disposizioni esistenti a tale proposito in alcun paese all'estero, e

per parte mia cr,edo che dissipandole si servirebbe meglio che con ogni altra

precauzione gl'interessi dai quali fu inspirata l'interpellanza del Marchese di

Noames a'l Commendatore Mancini •.

Il Signor Duca Decazes mi rispose con animo aperto e con fermezza. Non solo egli è convinto della necessità che il Conolave si tenga in Roma, ma lo è altresì del fatto che la grande maggioranza dei Cardinali non medita punto di riunirlo altrove. Egli mi disse che su questa quistione non avrebbe potuto se non ripetermi ciò che circa un anno fa già dichiarò al Cavaliere Nigra. • Non ho nessuna ragione di credere, continuò S. E., che si siano finora mutate o debbano mutarsi le disposizioni che con molta cura io mi studiai e mi studio di accertare. Io vi dò la mia parola d'onore (je vous donne ma parole d'honneur) che presso di me non fu fatta nessuna pratica, da nessun lato, nel senso del,la tendenza di allontanare il futuro Conclave da Roma e che ignoro esserne stata fatta alcuna presso altri. Ho relazioni confidenziali dal campo dei gesuiti come da quello dei cardinali. Né nell'uno, né nell'altro prevale il pensiero di riunire il ConclaV1e fuor di Roma. Sui venti Cardinali reazionarj dei quali ho qui la !lista (e me la mostrò) so con certezza che dieci sono favorevoli alla riunione in Roma, e non potrei affermare che tutti gli altri sieno d'opinione recisamente contraria. Tra tutti i nostri Cardinali francesi non conosco uno solo che voglia il Conclave fuori di Roma, o almeno certo non uno solo che ne abbia manifestato il voto a me o del quale sappia che l'abbia manifestato ad altri. Non sono molti giorni, per esempio, io esaminava in questo stesso ordine. d'idee col Cardinale Arcivescovo di Bordeaux Monsignor Donnet quanto tempo presumibilmente gli occorrerebbe per avere la notizia del decesso di Sua Santità, quando fosse avvenuto, e per arrivare a Roma. Invero, se m'ingannassi, se il Conclave volesse uscire da Roma, dichiaro che mi considererei gabbato come un fanciullo (je déclare que je me considérerais dupé, joué comme un enfant) •. E questa frase il Duca Decazes la ripetè per ben due volte con molto vigore nel corso della conversazione. • Perfino dal Portogallo che non avendo sovente a trattare meco di politica ama ad intrattenermi delle questioni religiose e del Pontefice, non mi V'enne la manifestazione del voto che il futuro Conclave esca dall'Italia. Se voi avete altri indizi sulle disposizioni dei Cardinali, aggiunse, segnalatemeli, nominatemi le persone dalle quali credete possa venire un pericolo serio, affinché io m'informi, agisca e v'ajuti a combatterlo. I gesuiti, come sapete, sono divisi in due campi. In uno d'essi si prende la parola d'ordine da Berlino. Ignoro che cosa si mediti in quello. Ma v'ho detto che cosa si pensi nell'altro •.

Finalmente il Duca Decazes mi confidò ch'ebbe conoscenza del Breve di Pio IX concernente il Conclave e mi disse che non v'è in esso la raccomandazione di riunirlo fuori di Roma.

31 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

Se le parole del Ministro degli Affari Esteri di Francia che ho riferito all'E. V., senza poter né ripeterJe tutte, né animarle col calore e colla franchezza di espressione con cui furono proferite, non bastassero da per sé a chiarire ·l'animo del Ministro che le pronunziò, non ristarei dal dichiarare che in me esse lasciarono l'impressione d'essere state dettate da perfetta sincerità.

(l) Cfr. n. 316.

364

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

D. 24. Roma, .29 agosto 1876.

La sera di jeri l'altro V. E. mi faceva conoscere per telegrafo (l) il sunto di una' conversazione poco dianzi avuta col Principe di Gortchakow. Tra le cose che Le furono dette da Sua Altezza in questa circostanza, hanno, agli occhi nostri, specialissima importanza quelle relative alla questione territoriale. Riuscita sfavorevole ai Serbi la fortuna delle armi, il Principe Cancelliere opinava essere oramai esclusa ogni eventualità di rettificazione di frontiera. E Sua Altezza soggiungeva che, del resto, non era stato preso, a questo riguardo alcun impegno formale verso l'Austria-Ungheria e che non esisteva in proposito alcun documento scritto.

Siffatte dichiarazioni, siccome jeri stesso te•legrafai a V. E. (2), hanno prodo.tto in noi buona impressione. Il pericolo di modificazioni territoriali, implicanti per noi danno manifesto, sembra adunque per ora eliminato. Per l'avvenire spetta a noi di provvedere a che non si riproduca.

Intanto mi piace di scorgere come il Gabi<netto Imperia·le, concorde su questo punto col Gabinetto di Sua Maestà, mira anzttutto all'ottenimento dell'armistizio; il quale dovrebbe estendersi a tutti i territori ove si combatte. Siffatte disposizioni constano dai telegrammi di V. E., come dalle comunicazioni fattemi da questo Incaricato d'Affari di Russia. Al quale proposito, stimo utile di far notare che, così nel telegramma diretto H 27 di questo mese a V. E. (2), come nel rispondere al Signor Schevitch, io adoperai una formola la quale sola mi sembra corretta e di tal natura da evitare eccezioni preliminari da parte della Sublime Porta. Imperocché non è a presumere che questa voglia accordare un armistizio regolare agli insorti cui certo essa ricusa di considerare come belligeranti. Salvo que·sta differenza di forma noi siamo nella sostanza, mi giova ripeterlo, perfettamente d'accordo colla Russia su questo punto.

Ed è pure consenziente con noi, a questo riguardo, la Germania. Da una comunicazione fattami questa mattina dall'Incaricato d'Affari tedesco apparisce che il Gabinetto di Berlino desidera del pari H pronto armistizio ed opina che la cessazione delle ostilità debba aver luogo, non solo rispetto alla Serbia ed al Montenegro, ma altresì rispetto agli insorti; e ciò anche per la considerazione che in tal modo l'azione delle Potenze si collegherebbe con le risoluzioni che si erano prese a Berlino.

Senonché, come ebbi a telegrafarle, e secondoché già accennai nel mio dispaccio di jeri (1), dobbiamo aspettarci a che il Governo ottomano risponda agli officii delle Potenze chiedendo, a sua ·volta, sopra quale base si intenda ristabilire la pace.

Questa previsione che ci stava già dinnanzi prima ancora che il telegramma del Conte Corti ne avvalorasse la probabiutà, ci aveva indotto, fin dal 27 di questo mese, nel formulare le quattro proposizioni di cui ci pareva utile la immediata soluzione, a chiedere se i Gabinetti fossero preparati ad affroo.tare fin d'ora una discussione circa i preliminari di pace.

Intorno a questo grave soggetto un primo punto è oramai accertato dal momento che la Russia accetta per base del negoziato lo statu quo ante bellum. Però, come rammentai a V.E. col mio telegramma di jeri, noi avevamo suggerito fin dall'll di QUesto mese, che si avessero, eventualmente, ad assumere per base di negoziato due altri punti, cioè, l'applicazione a tutte le Provincie della Turchia d'Europa, ove si manifestarono i torbidi, di tale regime amministrativo e tributario che renda possibile la coesistenza pacifica, sullo stesso territorio, di popolazioni appartenenti in gran parte alle stesse razze, ma profondamente divise tra loro dalle passioni religiose, e l'impegno che la Sublime Porta prenderebbe di interdire a se stessa per l'avvenire di alterare, colonizzando i suoi dominii d'Europa con Musulmani d'aUre razze, le proporzioni attualmente 'esistenti tra le varie frazioni della popolaziooe. Per quanto spetta al nuovo regime amministrativo e tributario, gioverebbe anche sapere se il Gabinetto Imperiale si proponga di ripigliare il programma enunciato nel suo Memorandum del 1867.

Tali sono i tre punti che, a nostro avviso, dovrebbero costituire il programma delle risoluzioni da pigliarsi d'accordo tra le Potenze. Noi non possiamo dissimulare a noi stessi H vantaggio che si avrebbe elaborando in una conferenza i particolari così della pace tra la Turchia ed i due Principati, come delle guarentigie che dovrebbe porgere il nuovo regime amministrativo e tributario destinato ad assicurare la coesistenza pacifica del1e popolazioni di cui si tratta. Ma le informazioni che mi sono fol'nite dal R. Ambasciatore a Vienna inducono a credere che la Germania si opporrebbe alla riunione di una Conferenza e che il Principe Bismarck rifiuterebbe d'intervenirvi. L'Austria stessa sembra al pari disposta a mandar a vuoto un simile progetto. La Francia sola, per quanto ci consta finora, non sarebbe aliena dall'accettare una Conferenza, di cui però vorrebbe lasciare la iniziativa a tale fra le Potenze che sia in grado di formularne l'ordine del giorno completo; per guisa che la sola ipotesi che si possa ancora fare per questo rispetto, quando il Principe Gortchakow abbia realmente abbandonato, come V.E. mi telegrafa, ogni pensiero d'iniziativa, sarebbe quella in cui essa venga dall'Inghilterra di cui sappiamo soltanto che desidera, non SOilo la pronta sospensione delle ostilità, ma altresì la sollecita definizione dei particolari di pa0e.

In tale stato di cose, come ebbi a telegrafarle jeri, stimo che sia urgente di presentare anzitutto a Costantinopoli la proposta di tregua e che importi di non pregiudicare, mediante premature dichiarazioni circa il • modus procedendi • lo svolgersi ulteriore del negoziato.

(l) -Cfr. n. 354. (2) -Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

365

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 252. Roma, 29 agosto 1876.

L'interessante rapporto di V.E. in data del 23 agosto (l) mi è giunto in buon punto per farmi conoscere le idee prevalenti a Vienna circa il prossimo componimento che per opera delle Potenze dovranno ricevere le quistioni relative alla Serbia ed al Montenegro, alla Bosnia ed all'Erzegovina.

Emerge anzitutto da quel rapporto che l'Austria-Ungheria volendo mantenere l'alleanza con la Russia, si dimostrerà molto probabilmente deferente a quest'ultima quando si tratterà di determinare la posizione della Serbia e del Montenegro rispetto alla Porta. Inclina V.E. a credere che l'AustriaUngheria tenendo ferma la base assoluta dello statu quo territoriale della Serbia, non dissentirebbe dallo ammettere una diminuzione dei vincoli esistenti fra quel Principato e la Turchia sostituendo in parte ai medesimi, a guarentigia della Porta, una forma di tutela collettiva delle potenze. Per il Montenegro parrebbe che a Vienna si sia disposti ad accettare una proposta che tendesse ad attenergli un piccolo aumento di territorio ed il riconoscimento in diritto della sua indipendenza anche per parte della Porta. Per ciò poi che riguarda la pacificazione della Bosnia e dell'Erzegovina la nota del Conte Andrassy del 30 dioembre dell'anno passato continuerebbe ad essere il programma che il Gabinetto di Vienna adotterebbe nelle ormai imminenti trattative. A queste importanti nozioni raccolte da V.E. in un colloquio avuto col Barone Hoffman, sono da aggiungersi quest'altre che il Gov,erno austroungarico, il quale sino al 21 agosto non seppe risolversi ad accordare il suo appoggio a Belgrado all'opera della pace, dimostra ora con qualche affettazione di credere che di quest'opera debba riconosoersi l'iniziativa all'Inghilterra ana quale si lascierebbe quindi di buon grado, qualora vi consenta la Russia, anche l'iniziativa circa il modus procedendi. A questo riguardo poi codesto Gabinetto Imperiale avrebbe già manifestato le sue idee sopra tre punti essenziali. E primieramente egli sarebbe d'avviso che, nel negoziato di pace fra la Turchia e i due Principati, le Potenze dovrebbero sostituirsi a quest'ultimi poiché la Sublime Porta non consentirebbe mai a trattare direttamente con coloro che essa considera come vassalli ribelli; in secondo luogo, malgrado il desiderio di compiacere alla Russia, l'Austria-Ungheria metterebbe probabilmente tutto in opera per mandare a vuoto il progetto di una conf,erenza europea, progetto particolarmente accarezzato in questi ultimi tempi dal Principe Gortchakow; ed in terzo luogo finalmente, QUalora una riunione diplomatica sembrasse inevitabile, la procedura adottata per quella di Londra del 1871 otterrebbe l'adesione di codesto Governo imperiale.

In relazione con ciò che EUa mi ha riferito intorno alle disposizioni dell'Austria Ungheria, io desidero che ad ogni buon fine V.E. conosca perf\ettamente ciò che da parte nostra si è fin fl.Ui operato sia per assicurarci contro

la adozione di progetti che avrebbero potuto nuocere ai particolari interessi del nostro paese, sia per facilitare con tutti i mezzi di cui disponiamo un'opera di pacificazione che agli occhi nostri è imperiosamente richiesta tanto dal sentimento generale manifestatosi presso tutti i popoli civili quanto dagli interessi comuni delle Potenze sinceramente desiderose di allontanare i pericoli nascenti da prevedibili maggiori complicazioni.

Circa la base da darsi agH accordi preliminari delle Potenze, noi abbiamo avuto sin Qui poche occasioni di scambiare le nostre idee cogli altri Gabinetti. Possiamo però fin d'ora credere che lo statu qua territoriale ante bellwm abbia probabilità di essere accettato da tutti come base fondamentale di ogni trattativa. Da nessuna parte ci è stato fatto cenno che possa trattarsi di rallentare i vincoli della Serbia verso la potenza alto-sovrana, nè ancor meno ci è nota l'esistenza di un progetto secondo il quale, a guarentigia della Turchia, le Potenze eserciterebbero una tutela su quel Principato. Qualche proposizione favorevole al Mont,Emegro potrebbe sembrare suggerita dall'esito delle sue operazioni di guerra. Sebbene le milizie del principato abbiano fatto buona prova in varii scontri colle truppe ottomane, non devesi però perdere di vista che le forze montenegrine non seppero conservare le posizioni che volontariamente hanno sempre abbandonato forse perchè non avrebbero potuto lungamente mantenervisi se si fossero di troppo allontanate dalle frontiere del Principato. Ad ogni modo la quistione della delimitazione delle frontiere montenegrine non fu mai chiusa e le contestazioni che in vario tempo furono sollevate a questo proposito, potrebbero in una modesta· misura offrire il mezzo di dare a quel principato qualche soddi.sfazione territoriale. Non sarà forse cosa agevole il condurre la Porta a riconoscere in diritto ciò che dalla maggior parte delle Grandi Potenze è già ammesso, cioè l'indipendenza assoluta del Principato da qualsiasi vincolo di alta sovranità. Ma anche in questa dichiarazione della condizione giuridica del Montenegro si potl'ebbe ravvisare un compenso per la fortuna avuta nelle armi.

Dal momento in cui i Gabinetti delle Grandi Potenze saranno unanimi nello escludere in occasione delle pro.ssime trattative oualunque progetto di mutamenti territoriali, le difficoltà che loro si affaccieranno non potranno derivare che dalle pretese che la Turchia, ritenendosi vittoriosa, potrà mettere innanzi per assicurarsi delle guarentigie verso i due Principati e sopra tutto V'erso la Serbia. Non bisogna dissimularsi che l'esitazione che si palesa in questo momento nell'azione diplomatica delle Potenze. può avere appunto la sua causa nel non essere ancora i Gabinetti preparati ad aprire una discussione colla Turchia circa i preliminari della pace. Fors'anche alcuni Governi prevedono che quando si tratterà di stabilire di comune accordo questi preUminari, l'Austria-Ungheria e la Russia potranno difficilmente intendersi fra di loro poichè mentre la Russia per ragioni ben note dovrà favorire la Serbia sino a negarsi ad acconsentire a qualunQue aggravio o servitù che a questa si voglia imporre, l'Austria-Ungheria invece, la quale sino all'ultima ora ha considerata come prematura la mediazione delle Potenze, si troverà indotta a fare in guisa che la Serbia abbia a sentire duramente il peso della disfatta.

La previsione di questi dissensi che può essere motivo ad altri di dimo

strare una esitazione tanto nociva agli interessi della pace, non deve agli occhi nostri essere una ragione sufficiente per rallentare l'opera che abbiamo intrapresa.

Ella conosce, Signor Ambasciatore, i motivi particolari che ha l'Italia per desiderare che una pronta pacificazione allontani il pericolo di complicazioni che non si risolverebbero probabilmente senza manifesto nostro danno. Le comunicazioni che abbiamo scambiato confidenzialmente con il Gabinetto di Pietroburgo e delle quali Ella troverà il riassunto nei dispacci diretti al Cavaliere Nigra e che invio a Lei in piego aperto, metteranno l'E. V. in grado di vedere quanto sia stato grave ed imminente un tale pericolo. Gli avvenimenti e fors'anca la vrigilanza che abbiamo usata in queste difficili circostanze, hanno in questi giorni modificato in nostro vantaggio lo stato delle cose. Non ho ancora la relazione scritta degli ultimi colloqui avuti dal R. Ambasciatore a Pietroburgo col Principe Gortchakow; ma per via telegrafica io fui informato che il Gabinetto dehlo Czar, dopo gli ultimi avvenimenti militari considerati come poco favorevoli ai Serbi, ritiene che non può farsi quistione di cambiamenti territoriali. Ed il Principe Gortchakow finì col dichiarare che coll'Austria non erano stati presi a tale riguardo impegni formali e che del resto nulla esisteva di scritto fra i due imperi.

Queste notizie che confermano le nostre supposizioni precedenti, sono gravi. Esse lo sono ancor più se si tien conto che un improvviso cambiamento nella situazione odierna delle cose potrebbe rimetterei in presenza delle più temute difficoltà.

Cinque giorni sono trascorsi senza che le Potenze le quali accettarono dal Principe Milano l'incarico di ottenere la cessazione delle ostilità siansi trovate in grado di fare a Costantinopoli i passi necessarii per conseguire un tal fine. L'azione militare intanto continua e certamente noi possiamo domandarci se il ritardo frapposto nt:llo ,intavolare le pratiche di pace potrà mai essere giustificato al punto di vista degli interessi della umanità e delrla fiducia riposta dalla Serbia nella protezione delle Potenze. Ma non è sopra quest'ordine di considerazioni ch'io debbo oggi fermare lungamente l'attenzione di V.E.. Nella spedizione che insieme a questo dispaccio Le sarà consegnata dagli ufficiali che si recano al campo di Nicolsburgo, Ella troverà le notizie che Le possono occorrere circa l'azione nostra così a Belgrado come a Costantinopoli per affrettare l'ora della pace. Poco c'importa che a Vienna si attribuisca ad altre Potenze l'iniziativa di tale azione. Ciò che a noi interessa è che l'effetto della medesima sia prontamente ottenuto. G1i interessi nostri a tale riguardo sono perfettamente d'accordo con il sentimento pubblico che altamente domanda la cessazione di una guerra di sterminio. A noi dunque riesce indifferente in gran parte tutto ciò che si attiene al modo di procedere purchè questo riesca spedito e tale da assicurare il buon esito del negoziati. In altri miei dispacci d'oggd V.E. troverà confermate ~e indicazioni che già Le trasmisi per telegrafo circa l'impressione prodotta sopra di noi dal progetto russo di una Conferenza. Mi riservo di tenerla informata di qualunque modificazione che gli avvenimenti ci suggerissero di introdurre nella nostra linea di condotta. Intanto Ella contribuirà potentemente al buon esito della nostra azione diplomatica adoperandosi in guisa da appianare tutti gli ostacoli che potessero ancora ritardare l'opera della pace.

(l) Cfr. n. 343.

366

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 435. Roma, 30 agosto 1876, ore 0,30.

Je vois d'après vos dépeches que personne ne prenant l'initiative de la démarche à faire auprès de la Porte, les jours se passent sans que la déclaration faite le 24 par le prince Milan obtienne le résultat auquel elle visait. Je sais cependant qu'à Paris et à Londres, on considère comme urgente la demande d'armistice et que ces deux Gouvernements n'ont aucune hésitation à ce que cette demande se fasse par démarche collective des ambassadeurs à Constantinop1e. L'Allemagne et la Russie m'ont informé que des •instructions ont été envoyées à leurs représentants respectifs auprès de Ja Porte, afin qu'ils s'associent aux démarches de leurs collègues pour amerrer la suspension des hostilités. L'Autriche seule s'écarte des autres Puissances. Le comte Zichy doit avoir reçu des instructions lui enjoignant de déclarer que le Cabinet de Vienne, avant de faire une démarche formelle concernant la médiation, attend une invitation de la part du Monténégro. En attendant, le comte Zichy, tout en se bornant à porter à la connaissance de la Porte la démarche du prince Milan et à lui communiquer les voeux du Cabinet lmpérial pour le rétablissement de la paix, demandera aux ministres du Sultan si, et sur quelle base, la Sublime Porte serait disposée à entrer en négociations.

Il ressort de ces instructions que, contrairement aux dispositions des autres Puissances, l'Autriche n'est pas pressée que les négociations aboutissent à un résultat satisfaisant. En prévoyant que quelques entraves pourraient surgir des cOté du Monténégro, j'avais ordonné à M. Durando de se rendre auprès du prince Nicolas. Cet agent se trouvera a Cettinjé avec les agents d'Autriche et de Russie et il sera, je l'espère, à méme de neutraliser toute influence hostile à une prompte pacification. En attendant, les informations que l'on reçoit de Pétersbourg ont un caractère alarmant. L'agitation de l'opinion publique va toujours en augmentant, et il est à craindre que le Gouvernement du Tzar ne sache pas résister indéfiniment à l'entrainement qui envahit meme les classes les plus élevées. Nous ne pouvons plus avoir de doutes, à l'heure qu'il est, C!Ue si les ·événements avaient permis de poser la question d'un remaniement territorial, l'Autriche y aurait eu une part, du consentement de la Russie. Aujourd'hui, cette éventuaHté est écartée, mais elle pourrait rev·ivre demain, si l'interruption de l'action militaire· ne vient pas rompre court •toute espérance à cet égard.

Je m'aperçois par vos télégrammes que les dispositions de la Porte indiquent assez qu'on n'est pas non plus sans inquiétudes à Constantinople. Dans des entretiens dont l'intimité ne doit pas étre trahie, vous devez vous appliquer à entretenir cette ddsposition des esprits, qui répond à l'état des choses. Je viens d'apprendre que le baron Werther a télégraphié hier à son Gouvernement que la Porte refuse d'accepter la médiation pour l'armistice et est prete à l'accepter pour la paix. J'espère qu'i•l n'en soit pas ainsi. Ce refus de la Porte serait très funeste pour tous les intérets qui se rattachent à la prompte cessation des hostilités. Je pense donc que sans attacher trop d'importance aux divergences qui se sont produites à Vienne le temps est venu de mettre en avant une propositìon formelle dans les entretiens que vous avez avec les autres représentants des Puissances, et je vous engage à leur dire que vos instructions vous autorisent à concerter avec eux et à faire ensuite à la Porte une demande d'armistice pour la Servie et le Monténégro sur la base de la situation respective des armées et de suspension de l'actiOIU militaire de la Turquie dans les provinces où H y a des hostilités. Quant à la démarcation de la ligne à garder par les armées qui se trouvent en présence, une entente directe pourrait avoir lieu entre les commandants militaires, et, si besoin en est, des officiers étrangers pourraient èt!'e expédiés le plus tòt possible de Vienne pour faciliter cette besogne. Ne négligez rien pour arriver le plus tòt possible au résultat q_ue nous avons en vue. Tàchez de persuader les ministres ottomans que si les Puissances retardaient encore à faire la proposition formelle d'armìstice, il serait tout de meme dans l'intéret de la Turq_uie de suspendre ·les opérations de son armée, afin de déjouer les projets qui se fondent sur un changement éventuel dans la situation présente.

367

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

T. 436. Roma, 30 agosto 1876, ore 7,30.

Merci pour vos communications. Je partage votre manière de voir au sujet de l'extreme importance qu'il y a pour nous que la paix se fasse le plus •tòt possible.

Il y a, •en ce moment contradiction entre le programme de la Russie qui ne saurait admettre la demande de la TurQuie de fixer les bases de la paix avant d'accorder l'armistice et le mode de procéder adopté par l'Autriche dont l'ambassadeur à Constantinople, avant de faire une démarche formelle concernant la médiation doit attendre q_ue le Monténégro ait adressé une invitation aux Puissances et doit, en attendant, demander à la Porte si, et sur quelle base elle serait disposée à entrer en négociations. Vous voyez que l'Autriche provoque de la Turquie une demande que la Russie déclare au contraire vouloir écarter. Je crois m'apercevoir en meme temps que le Ca

binet de St. Pétersbourg recule de plus en plus devant l'impopularité d'une initiative tendant à mettre fin à la guerre.

Les impressions q_ue vos collègues d'Ang·leterre et de France ont transmises à leur Gouvernements respectifs sont très alarmantes. Je n'ai pas eu de nouvelles des combats du 28. Le récit q_ue les correspondants de Belgrade en font n'est pas de nature à faciliter l'oeuvre de la pacification. Il y a évidemment en dehors des illusions •excusables de la nation serbe d'autres intérets en jeu qui entravent les négociations. L'absence de l'Empereur et du prince Gortchakow de St. Pétersbourg est très regrettable. Elle le serait plus encore si l'archiduc Albert devrait se rendre au camp de Varsovie. Nous verrons s'il ne convient pas que vous vous rendiez tout de meme dans cette dernière ville. Je crois que tout en respectant les motifs qui peuvent dans une certaine mesure explif!.uer le désir de la Russie de rester au second rang dans la phase actuelle des négociations nous ne devons rien omettre pour contrecarrer l'influence de l'Autriche auprès du Gouvernement impérial.

368

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 533. Vienna, 30 agosto 1876 (per. il 3 settembre).

Credo opportuno riferirle in modo più particolareggiato la conversazione ch'io ebbi oggi col Conte Andrassy e che già ebbi a comunicare telegraficamente in riassunto all'E.V.

Sapendo che S.E. era arrivata stamane a Vienna e che doveva ripartirne questa sera, gli feci conoscere che desideravo vederla e gentilmente fui tosto ricevuto. Entrai in materia riassumendo la parte dei due telegrammi dell'E.V. del 27 (l) e 28 corrente (2), in cui esprimevasi il voto che la discussione intorno al modus procedendi per manifestare alla Porta il desiderio di veder cessare le ostilità, non avesse per avventura ad essere causa di una prolongazione dell'effusione di sangue, e concludeva, siccome stava scritto nel secondo dei succitati telegrammi, che: converrebbe trarre immediato profitto deUe buone disposizione che la Povta già volle manifestare per chiederle collettivamente la sospensione delle ostilità tra le milizie Serbe e Montenegrine e l'esercito Imperia,l!e, nonché la sospen!01ione dell'azione militare in Bosnia e Erzegovina; salvo ad intendersi in seguito sulle condizioni della pace e della pacificazione delle Provincie. Il Conte ascoltommi con attenzione, poi cominciò ad espormi ciò che già era stato da Lui fatto, principiando dal telegramma spedito da Bayreuth al Principe Wrede, affinché facesse conoscere al Principe Milano che, allorquando avrebbe ravvisato giunto il momento di fare appeMo alle Potenze per la cessazione deUe ostilità, l'Austria-Ungheria non gli avrebbe, col concorso delle altre Potenze, rifiutato il suo appoggio: e progredì nel suo racconto che per intiero si riferiva a' fatti già ben conosciuti, sino a che mi disse aver ricevuto dal Principe Nikita, a mezzo dell'Agente Austro-Ungavico al campo Montenegrino, preghiera di vol,er essere il suo intermediario presso le Potenze, onde far loro conoscere ch'Egli intendeva pienamente associarsi alla domanda di mediazione già Loro diretta dal Principe di Serbia. • In conseguenza dunque dell'espressomi desidevio io vi do in questo momento ufficiale comunicazione della domanda, per mezzo mio diretta dal Principe di Montenegro al Vostro Governo •. Al che io credetti dover rispondere, che gli davo atto della cosa e che l'avrei riferita all'E.V.

{l) Non pubblicato.

Tosto quindi Egli continuava il suo discorso dicendomi: che venendo cosi posto in sodo l'indispensabile assenso del Montenegro, aveva telegraficamente ordinato al Conte Zichy di fare ufficialmente presso la Porta una comunicazione nel senso preciso da me poco prima indicatogli, ed anzi mi soggiungeva essere lieto di constatare l'uniformità delle istruzioni date dai vari Governi ai rispettivi loro Agenti. Credetti allora a proposito chiedergli se non ravVliserebbe più conveniente s'addivenisse ad un simile passo collettivamente, onde dargli maggior peso. Egli cominciò coll'eludere la mia domanda: ma essendo io tornato alla carica un momento dopo, risposemi recisamente di no, non ravvisando Egli opportunità di sorta a compiere collettivamente quell'atto poiché, dissemi Egli: c se anche si riuscisse a mettersi d'accordo su ciò oggi, potrebbe sorgere domani un altro fatto in cui la collettività più non si potesse conseguire, ed allora daremmo prova di debolezza; il meglio si è che ognuno agisca per conto proprio •.

Non credetti contradire :intieramente questo suo modo di vedere, ma volli però fargli osservare che quest'azione isolata racchiudeva del pari in sé un grave germe di debolezza a che d'altronde alla lunga non si potrebbe andare avanti a quel modo. A ciò Egli risposemi che per il momento si trattava di chiedere la sospensione delle ostilità e che già si sapeva la Porta avrebbe risposto col manifestare i suoi intendimenti intorno alle basi da cui Ella desiderava far dipendere la sua adesione. • Aspettiamo che questa risposta ci sia comunicata e poi discuteremo •. • Ma come faremo ciò, dissigli io allora; mediante dispacci e telegrammi da una capita~e all'altra? Voi converrete che non sarà un mezzo spiccio per arrivare ad intendersi, ed intanto potrà verificarsi un qualche fatto di guerra che venga a mutare essenzialmente l'·attuale stato di cose più d'ogni altro propizio per una mediazione •.

Questa mia osservazione poco gli garbò. Ed infatti mi rispose press'a poco in questi termini: c devesi evitare anzi tutto, tutto ciò che è formalità, poiché sotto il pretesto di voler far presto si finirebbe per far più adag,io. Il sistema che non credete conveniente si è quello che fu seguito con successo per la mia Nota del 30 dicembre e poscia pel Memorandum di Berlino, e per conto mio non intendo di cambiarlo •. Si venne poi a parlare delle voci corse della riunione d'un Congresso e dichiarommi recisamente che personalmente Egli non v'interverrebbe, ove si riunisse: eliminò del pari l'idea d'una conferenza, dicendo che non credeva poter delegare ad altri i poteri necessari per discutere cose di sì grave momento: e qui ritornò a fare l'apologia del sistema sopra espresso.

Conchiuse · poi il suo discorso dicendomi a mo' di perorazione e con un accento alquanto vibrato: c du reste l'Autriche-Hongrie est par sa posUion géographique aux premières places dans cette question; c'est nous qui encourrons le plus grave danger et les charges .les plus graves de cette situation. J'en comprends la gravité, j'en assume toute la responsabiUté, mais aussi on doi t comprendre que j'ai besoin pour cela de toute ma liberté d'action •.

Con queste parole Egli voleva farmi capire ch'Egli intendeva conservare quella specie di egemonia che (almeno in apparenza) eragli stata lasciata al principio della presente questione daHa Lega dei Tre Imperatori e che quindi desiderava fare Egli alle Potenze, quando il crederebbe necessario, 'le opportune proposte e non riceverne. Come di ragione non ebbi l'aria di accorgermi di ciò e voltai in ischerzo il fatto di trovarsi l'Austria al primo posto, dicendogli non venire in mente a nessuno di contestargli il vantaggio di un sì bel posto per godere dello spettacolo.

Ho omesso di dire che nel parlare delle pretese che i Turchi accamperanno per la cessazione delle ostiLità, il Conte Andrassy dioevami, che probabilmente chiedera,nno di occupare le fortezze Serbe, cosa però a cui, a suo avviso, non si potrebbe accondiscendere, poiché ciò sarebbe sorgente di continue nuove complicazioni. Intorno al pagamento di una indennità di guerra, dissemi non esserne fin qui stato questione e credere probabile non se ne parlerà, il chiedere denaro potendo essere cosa che ripugni alla fierezza Musulmana.

Da quanto ebbi l'onore di riferire all'E.V. nel presente rapporto, parmi emerga, non vi sia né convenienza né utilità pratica a fa11e in modo continuo ulteriori passi onde procedere d'accordo col Gabinetto di Vienna, e tanto meno poi a sottoporgli proposte qualsiasi: sembrami quindi che anche noi ci potremmo limitare a fargli conoscere i passi che, dietro intervenuti accordi colle altre Potenze, intendiamo compiere, e ciò sino a che di comune concerto siasi stabilito un modo di procedere un po' più pratico di quello che si vorrebbe qui veder mantenuto in vigore.

(2) Cfr. n. 359.

369

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 25. Pietroburgo, 30 agosto 1876 (per. il 5 settembre).

Per mezzo della R. Ambasciata a Berlino ho ricevuto jer l'altro sera, 28 corrente, il telegramma col quale l'E. V. m'indicava essere urgente che <le Potenze si mettessero d'accordo su alcuni punti essenziali ch'Ella così formolava:

l) Intendono le Potenze domandare collettivamente alla Sublime Porta la sospensione delle ostilità, sostituendosi così ai Governi dei due Principati di Serbia e di Montenegro nel nome dei quali esse negozierebbero prima le condizioni dell'armistizio, e poi quelle della pace?

2) Ovvero intendono le Potenze che la domanda d'armistizio sia fatta direttamente dai Comandanti Serbi e Montenegrini ai Comandanti Turchi, restringendo così la loro azione dentro i limiti di un semplice appoggio ch'esse darebbero a Costantinopoli a tali negoziati diretti?

3) Si propongono le Potenze di chiedere al Principe di Montenegro se la loro mediazione è accettata da esso?

4) I Gabinetti sono dessi preparati ad ,entrare fin d'ora in una discussione colla Porta relativamente ai preliminari di pace, ovvero intendono essi di limitarsi ad insistere per una sospensione d'armi che comprende non solo la milizia Serba e Montenegrina ma anche gli insorti della Bosnia e dell'Erzegovina?

Mi feci premura, Signor Ministro, di far pervenire queste quattro interrogazioni al Principe Gortchakow a Tsacrkroe Selo prima che Sua Altezza partisse per Varsavia. Il Principe Cancelliere mi fece tenere la sua risposta al momento stesso in cui si metteva in viaggio. Ho avuto cura di mandare questa risposta a V. E. per via telegrafica, ed ora mi pregio di mandargliela per la posta trascrivendola testualmente.

Sua Altezza mi rispose in questi termini, medesimi per iscritto:

• p,el momento si tratta che d'una domanda d'armistizio per la Serbia, pel Montenegro ecc. ecc.

Questo passo sarebbe fatto a CostanNnopoli dai rappresentanti di tutte le grandi Potenze unanimamente. Esse potrebbero fare questo passo collettivamente o isolatamente; ma identicamente.

Quando l'armistizio fosse stato accordato, sembra utile che ufficiali stranieri partecipino alla demarcazione. Noi consigliamo arl Principe di Montenegro di dirigersi alle Potenze per domandare un armistizio, la di cui durata sarebbe da due a tre mesi.

Il secondo atto dovrebbe essere un accordo fra le sei grandi Potenze per convenire del modus vivendi ulteriore delle provincie suddite e vassalle. Secondo noi il modo più logico e più efficace per stabilire quest'accordo sarebbe una conferenza composta dei Capi dei Gabinetti. Se una Potenza prendesse un'iniziativa a ouesto riguardo, noi l'appoggeremmo immediatamente.

No~ non sapremmo ammettere che la Porta chiegga di fissare le basi di padficazione prima d'accordare l'armistiZJio. Queste basi non possono risultare che da un accordo previo tra le grandi Potenze ».

In una lettera particolare con cui il Principe Cancelliere accompagnò questa risposta, Sua Altezza, mi scrive: • Che sarebbe impossibile di stabilire le basi di pace simultaneamente coll'armistizio •. Ed aggiunge: • Queste basi dovranno essere discusse fra ,le grandi Potenze. Sarebbe inammissibile che tale discussione abbia luogo in presenza d'una situazione militare che si muterebbe ogni giorno. L'armistizio è dunque la condizione previa, indispensabile, e deve formare anzi tutto l'oggetto degli sforzi dei Gabinetti •.

370

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 27. Pietroburgo, 30 agosto 1876 (per. il 5 settembre).

Le dimostrazioni favorevoli ai Serbo-Montenegrini ed in genere agli Slavi di Turchia, continuano senza interruzione in tutta la Russia. I Comitati d'ambulanze, i Comitati Slavi di beneficenza ed altr.i simili si moltiplicano; qui si fanno sottoscrizioni e vendite sotto il patronato di signore appartenenti alle classi più elevate della Società. Il movimento d'opinione in favore degli

Slavi Cristiani dell'Impero Turco, e dei Serbo-Montenegrini è generale ed intenso in q_uasi tutte le Provincie Russe. L'E. V. sa che un'ambulanza, costituita sotto l'alto patrona·to dell'lmperat11ice, si organizzò ·e partì per la Serbia. Fu sparsa la voce che le milizie Turche, non rispettando le insegne pacifiche di detta ambulanza, hanno fatto fuoco sopra di essa, ed uccisero e ferirono alcuni dei suoi membri. Non ho il mezzo di verificare se il fatto sia esatto. Ma questa notizia, benché non ufficialmente constatata, ha prodotto nella popolazione Russa un'impressione della q_uale V. E. può farsi facilmente un'idea.

In Pietroburgo vd. fu ieri, in presenza di una numerosa assistenza una c•erimonia funebre in memoria del volontario Russo Erochenko, ucciso recentemente in Serbia. Qui poi ed a Mosca, per cura di privati, si celebrarono nelle Chiese uffizii d'az.ione di grazia all'occasione delle notizie di vittorie Serbe.

Il Governo Imperiale lotta contro le difficoltà che sorgono da un tale stato di cose. Esso non si dipartì finora dalla riS!erva che s'impose fin da principio. Alla moderazione ed aHe intenzioni pacifiche dell'Imperatore Alessandro, secondato dal P11incipe Gortchakow, l'Europa è debitrice della pace finora conservata.

Ma è opinione unanime dei miei colleghi e di molti uomini politici di questo paese che se la pacificazione non si fa prontamente e se non si migliorano le sorti degli Slavi in Oriente, sarà molto difficiLe che il Governo Russo possa continuare nell'attitudine che tenne fino ad ora.

371

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 339. Terapia, 29-30 agosto 1876.

Li 25 del presente comparve il telegramma (l) pel quale l'E. V. mi faceva l'onore di significarmi il Principe Milano aveva domandato alle Potenze Garanti d'interporre i loro ufficii affine di condurre al ristabilimento delle buone relazioni colla Sublime Porta; Sua Altezza aveva aggiunto che considerava come un dovere di coscienza di fare analoga domanda pel Montenegro; avessi a preparare il terreno per facilitare la riuscita dei negoziati che stavano per apvirsi.

L'indomani ricevetti quello del 26 (l) relativo alla comunicazione il Governo di Russia aveva fatto a V.E. in proposito; e per esso l'E.V. mi ordinava La tenessi a giorno delle istruzioni che i miei Colleghi sarebbero per ricevere.

Ieri comparve finalmente quello che V.E. si compiaceva rivolgermi la sera innanzi (1).

Fin dal momento che ricevetti il primo dei precitati telegrammi, io mi metteva senza indugio in relazione co' miei Colleghi affine di concertare un'azione analoga. Trovai che quello d'Austria-Ungheria non aveva ricevuto

che la comunicazione del fatto dal suo Agente a Belgrado; il che si spiegava per la momentanea assenza del Conte Andrassy da Vienna. Quello di Germania aveva ricevuto la comunicazione del fatto da Belgrado e da Berlino, ma nessuna istruzione. L'Ambasciatore della Gran Brettagna era in possesso dell'ordine di consigliare alla Sublime Porta di prestarsi alle trattative tendenti a stabilire la cessazione deUe ostilità. Domandai a Sir H. Elliot se queste trattative s'intendevano riferirsi alla Serbia sola od anche al Montenegro; cui S.E. rispondeva il relativo telegramma di Lord Derby non parlare che della Serbia, né credere che le Potenze avessero finora considerato la questione sotto questo punto di vista. L'Ambasciatore di Francia, e più tardi l'Incaricato d'Affari di Russia ricevevano l'ordine di concertarsi coi loro Colleghi affine di consigliare alla Sublime Porta l'accettazione della proposta d'armistizio. Ebbi fra le mani ~e istruzioni ricevute da questi due Rappresentanti, e nè nell'una, né nell'altra era discorso del Montenegro. Ed alla domanda ch'io loro faceva a questo riguardo essi mi rispondevano in modo vago ed incerto.

Era evidente che non era stato ben defini,to tra le Potenze se l'armistizio si doveva domandare soltanto per la Serbia, oppure per la Serbia ed il Montenegro. E mi parve che, affine di formulare una domanda concreta ana Sublime Porta, fosse necessario di constatare previamente tra quali belligeranti aveva a richiedersi la sospensione delle ostilità.

Io rivolg,eva q_uindi a V. E. il telegramma del 27 corrente (2), ed i miei Colleghi d'Inghilterra, di Francia e di Russia indirizzavano analoga comunicazione telegrafica ai rispettivi Governi.

Nell'intervaHo giungevano poi analoghi ordini d'appoggiare la domanda d'armistizio all'Ambasciatore d'Austria-Ungheria. N è dubito che la ricevesse parimenti quello di Germania.

Ieri mi trasferii quindi presso il Signor Ministro degli Affari Este11i affine di intrattenerlo dell'argomento. Dovetti naturalmente tenermi sulle generali, imperocchè non ero ancora in grado di presentare una domanda formale, poichè non s'era peranco potuto stabil1re un accordo concreto fra i sei Rappresentanti.

Io cominciai a rammentare a Safvet Pacha che la missione di pace che oggi avevano a compire i Rappresentanti delle sei Potenze Garanti non era nuova pel Ministro d'Italia il quale, in seguito agli ordini ricevuti dal R. Governo, aveva già fatto intendere alla Sublime Porta quanto fosse conforme agli interessi di essa di far cessare la presente lotta. E dissi il Governo Ottomano non potrebbe a meno di riconoscere come quello del Re g1i avesse per tal modo data una prova speciale di amicizia. Gli ripetei poscia gli argomenti che militano per la pace. S.E. mi rispose la Sublime Porta desiderare la pace; essa avrebbe preferito che la Serbia si fosse rivolta direttamente al Governo Ottomano; ma postochè quella aveva preferito ricorrere alla mediazione delle Grandi Potenze, esso ne accetterebbe i buoni officii. Av,endo io poscia toccato incidentalmente del Montenegro, S.E. mi rispondeva il Principe Milano aver pal'lato fino · ad un certo punto anche per esso, ed invero la Sublime

Porta desidererebbe di ristabilire la pace in ogni parte. Conchiudeva S.E.

che nel Consiglio dei Ministri di mercoledì prossimo, 30 agosto, si delibe

revebbe sui suggerimenti forni·ti dai Rappresentanti delle Potenze Garanti.

Non indugiai a render conto di questa conversazione all'E.V. pel mio

telegramma del 28 (1).

Seppi di poi il Ministro degli Affari Esteri aver tenuto analogo linguaggio ai miei Colleghi. Coll'Ambasciatore d'InghHterra parlò di garanzie materiali da domandarsi alla Serbia per l'avvenire. Ma Sir H. Elliot è d'avviso che la Sublime Porta non insisterebbe sopra questo punto. Con altri S.E. disse che sarebbe miglior consiglio di stabilire prima le basi sulle quali s'avrebbe a trattare la pace. Ma se grandi son già le difficoltà di conchiudere un armistizio, quanto maggiori sarebbero se s'avesse a stabilire un accordo prima fra le sei Potenze e poi colla Sublime Porta sulle basi di pace per la Serbia e pel Montenegro? Io rivolgeva indi a V.E. il telegramma che porta la data di oggi (1). E di quanto sarà per seguire darò pronto ed esatto ragguaglio all'E.V....

30 agosto

P.S. Ebbi poscia a constatare che fino a iersera l'Ambasciatore di Germania non aveva ricevuto che l'annuncio da Berlino della domanda fatta dal Principe Milano, nè alcuna istruzione d'agire.

(l) Non pubblicato.

(2) Cfr. n. 352.

372

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 341. Terapia, 30 agosto 1876 (per. il 5 settembre).

È mio debito di significare a V. E. come questi negoziati per la pace non facciano alcun progresso. L'E. V. conosce la posizione di questi Ambasciatori. L'Ambasciatore d'Inghilterra ha ricevuto l'istruzione di sostenere le proposte di armistizio. I Rappresentanti d'Austria-Ungheria, di Francia, di Russia e d'Italia hanno ricevuto l'ordine di associarsi alle pratiche che sarebbero fatte dagli altri Rappresentanti delle Potenze Garanti. Formale proposta di sospensione d'armi non fu fatta finora alla Sublime Porta poiché nessuno di noi conosce in modo positivo fra quali belligeranti s'abbia a trattare l'armistizio. Il Principe di Serbia disse bensì a quegH Agenti ch'egli sentiva un dovere di coscienza di proporre si trattasse anche pel Montenegro. Ed interpellato dall'Agente Austriaco se aveva autorità di parlare anche a nome del Principe Nicola, Sua Altezza rispondeva, in seguito a comunicazioni scambiate con esso, Essa cl'edeva poter usare quelle parole. Ma basta la soddisfazione d'un dovere di coscienza da pavte del Principe di Serbia perché le Potenze Garanti si facciano ad intavolare trattative per conto del Principe di Montenegro?

Mi pare ,esista tuttora del vago sopra questo punto importantissimo, e prima ch'esso sia chiarito è difficile di iniziare serii negoziati. Il fatto è che a Cettigne non si sente la pressione che d'una Potenza in Europa. Se questa Potenza non interpone presso del Montenegro i suoi caldi officii, il Principe Nicola non si muov,erà. Taluni suppongono che l'Inghilterra abbia preso l'iniziativa per decidere il Principe Milano a domandare la mediazione delle Potenze Garanti. La Russia può bensì lasciare l'iniziativa ad altre Potenze quando è stabilito un previo accordo. Dubito che essa si presti di buona voglia a negoziati nei quaH essa sarebbe posta in seconda linea. Nel caso presente a me sembra, che, se l'Inghilterra si fosse francamente rivolta alla Russia per invitarla ad agire presso il Principe Nicola, si sarebbe seguito buona politica nell'interesse della pace.

I negoziati non fanno dunque alcun progresso podché ciascuno dei Rappresentanti delle Potenze Garanti aspetta che siasi potuto stabilire un accordo tra di essi.

D'altra parte la Sublime Porta si mostra ora meno disposta ad ammettere la sospensione d'armi, e preferirebbe si conchiuda invece la pace. Essa vorrebbe frattanto continuare le sue operazioni militari. Né ho bisogno di esporr'e all'E. V. i pericoli che verrebbero da siffatta condotta. Come si può trattare della pace quando i fatti d'armi ponno d'un giorno all'altro modificare grandemente la situazione? Ma che far~ebbe il Governo del Sultano, durante l'armistizio, dei 60.000 uomini di truppe irregolari che vivono di saccheggi e di rapine? La Sublime Porta domanderà inoltre di ritenere alcune piazze forti nella Serbia come garanzia della condotta avvenire di questa. Vengono poscia la questione del Montenegro, e quella della Bosnia e dell'Erzegovina. Come si fa a trattare Queste questioni tra la Sublime Porta e le parti interessate, mentre non è peranco stab~lito un accordo sopra di esse tra i Governi delle Potenze Garanti? In tali circostanze sarà quindi mestieri d'insistere perché si stabilisca primieramente una sospensione d'armi. Né sarà facile di arrestare il corso delle operazioni militari. Se si getta lo sguardo sul teatro della Guerra e si considerano la vastità di esso, la divisione delle forze, la qualità dei soldati, non si può a meno di venirne alla conclusione esser d'uopo di grande buona volontà da tutte le parti per arrestare il fuoco. E se la buona volontà esiste, s'avrà la potenza? L'E. V. sarà megLo di me edificata sulle disposizioni che animano i Governi delle Potenze Garanti. Fra questi Rappresentanti esiste perfetta armonia di relazioni personali, ma poco accordo d'azione. Tutti parlarono nel medesimo senso al Ministro degli Afl'ari Esteri, ma non si trattò che di conversazioni accademiche, ed interamente prive di effetti pratici. Se i governi non fanno tenere ai rispettivi Rappresentanti ordini più categorici e concreti, non sarà facile di venire a pratiche conclusioni.

Queste considerazioni è mio dovere di sottomettere all'E. V. affine di ragguagliarla esattamente dell'odierno stato delle cose. V. E. ne farà quel caso che nella sua saggezza crederà opportuno. E m'auguro che, prima che le presenti linee vengano sotto gli occhi dell'E. V., un accordo più completo sia intervenuto tra le Potenze affine di mettersi in grado di condurre i negoziati con quell'alacrità che sarebbe tanto desiderabile.

(l) Non pubblicato.

373

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A LON· DRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, E A VIENNA, DI ROBILANT, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TOSI, E A PARIGI, RESSMAN

T. 445. Roma, 31 agosto 1876, ore 21.

Hier après une longue conférence, les six représentants des puissances à Constantinople sont tombés d'accord de se réunir demain vendredi pour tacher de formuler la proposition formelle d'armistice, ou bien pour demander des instructions défin:itives aux Gouvernements respectifs. Les six représentants sont pour la suspension immédiate des hostilités. On assure que le Conseil réun:i hier à la Porte n'a pris aucune décision relativement aux bases de la paix. On croit qu'une délibération à ce sujet ne pourra avoir lieu avant quelques jours à cause de l'avènement du nouveau Sultan.

(Per Berlino, Parigi e Pietroburgo). L'adhésion du prince de Monténégro à la demande adressée aux puissances par le prince de Servie nous a été communiquée officiellement.

374

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 53. Roma, 31 agosto 1876.

Ho ricevuto col pregiato rapporto del 23 agosto scorso n. 51 di questa serie (1), la lettera che fu diretta a V. E. dal Signor G. E. Cerruti per impegnarla a patrocinare, presso il R. Governo, la ripresa del suo progetto di colonia nella Nuova Guinea ed in alcuni gruppi d'isole adiacenti.

Gli studi iniziati sopra questo argomento negli anni 1868 e 1869 quando

V. E. stava a capo di questo Dicastero, presiedendo in pari tempo al Consiglio dei Ministri, sono stati continuati negli anni successivi, segnatamente per opera di apposita commissione reale, che esaminò la materia nell'anno 1871. Si posseggono quindi in proposito, presso questo Ministero, notizte copiose e diUgentemente raccolte. Però trattandosi di soggetto che non spetta esclusivamente alla competenza del Ministero degli Affari Esteri, sibbene alla competenza promiscua di parecchi Ministeri, ho stimato mio debito di trasmettere la proposta del Signor Cerruti alla Presidenza del Consiglio, alla quale sono devolute quistioni circa le quali parecchi Ministri debbono pronunciarsi. Mi riservo di far conoscere a V. E. la decisione che sarà presa.

32 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

(l) Non pubblicato.

375

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 54. Roma, 31 agosto 1876.

Come ebbi a telegrafarle a più riprese, ed apparisce altresì dal mio carteggio di questi giorni, sembra prossimo a Costantinopoli, un accordo tra Rappresentanti delle Grandi Potenze rispetto agli officii da farsi presso la Sublime Porta, per la sospensione delle ostilità. Imperocché egli è certo, oramai, che i varii Gabinetti sono consenzienti nel volere: che la domanda sia immediata; che la si faccia mediante officii identici, se non collettivi; che comprenda i due Principati belligeranti non solo, ma altresì la Bosnia e l'Erzegovina; che infine non si tocchi per ora il grave argomento delle condizioni per la pace. Nondimeno, indizii varii ed il raffronto tra il linguaggio tenuto in questa circostanza dai Ministvi dirigenti di taluni stati, suscitano in noi un sentimento di inquietudine che manifestai a V. E. coi miei telegrammi di jeri e d'oggi. Le preoccupazioni nostre si riferiscono soprattutto al reciproco contegno della Russia e dell'Austria-Ungheria ed all'atteggiamento dubbio di questa se<:onda Potenza. Fin tanto che si tratti solo di chiedere alla Sublime Povta la cessazione delle ostilità, sarà meno sensibile la divergenza di pensiero che esiste tra l'uno e l'altro Gabinetto. Il divario consisterà quasi esclusivamente in ciò che la Russia accostandosi alla opinione della Francia ed anche alla nostra, avrebbe forse preferito un officio collettivo, mentre >l'Austria-Ungheria, per bocca del Conte Andrassy, respinge recisamente il concetto della collettività. Ma il dissidio si chiarirà tosto maggiore quando si abbia ad affrontare il tema ben più arduo della padficazione. Anche astrazione fatta dalla sostanza della gravissima questione, intorno a che noi siamo per ora ridotti al campo delle congetture, già è manifesta la discrepanza rispetto a1lo stesso modus procedendi. La Russia non vuole assolutamente che si parli dei patti della pace in fino a che non sia conchiuso l'armistizio. Questo sarà (diceva in questi giorn:i il Principe Gortchakow all'Ambasciatore di Sua Maestà) quasi il secondo atto dell'azione diplomatica: la ricerca, cioè, di comune accordo tra le sei grandi Potenze, d'un modus vivendi da attuarsi per le provincie vassahle o suddite della Sublime Porta. Invece il Conte Andrassy, nelle sue prime istruzioni; invitava l'Ambasciatore Austro-Ungarico a chiedere ai Ministri del Sultano se, e sopra quale base, la Turchia sarebbe disposta ad entrare in negoziato per la pace. Egli è bensì vero che, dipoi, l'incarico veniva alquanto modificato nelle istruzioni definitive impartite al Conte Zichy. Però questi, a differenza dei suoi Colleghi, i quali hanno ordine di tene·rsi nel più grande viserbo rispetto a quello che il Cancelliere Russo definì il secondo atto dell'azione diplomatica, deve ancora cercare di sapere quali siano, a questo riguardo, gli ,intendimenti della Sublime Porta; cosicché in sostanza il Rappresentante Russo ha positivo incarico di declinare qualora procedessero spontaneamente dalla Sublime Porta. Altro fatto notevole è questo che il Gabinetto di Vienna, dopo avere espressamente subordinato ogni suo officio alla notizia certa e formale della

accettazione della mediazione da parte del Principe di Montenegro, non si è punto affrettato a darne conoscenza ai vari>i Gabinetti dopoché il Principe

Nicola ebbe fatto sapere la sua adesione, pregando lo stesso Governo Imperiale e Reale di darne partecipazione ai Rappresentanti delle Potenze garanti, tranne .il Russo, già direttamente avvertito. La comunicazione veniva fatta dal Conte Andrassy al Generale di RobHant nel pomeriggio di jeri, mentre già fin da jeri l'altro la cosa era nota a Berlino donde veniva significata telegraficamente, nel dì stesso, a Roma.

Da questo complesso di fatti e di sintomi, di cui si può variamente giudicare a seconda del concetto che si abbia delle aspirazioni v•ere di questo

o di quel Gabinetto, emerge però in modo incontestabile questa conclusione: che cioè fa difetto in talune delle Potenze quella prontezza di risoluzione che sarebbe stata indispensabHe perché riuscissero a Costantinopoli rispettati ed efficaci gli officili dei Governi garanti. Dopo ben sette giorni d'indugio, dopo i segni manifesti delle preoccupazioni varie cui sembra obbedire taluno dei Gabinetti, sarebbe illusione sperare che la Sublime Porta si pieghi agli officii delle Potenze, se queste non si inducano a pigliare un atteggiamento più risoluto e palesemente concorde.

Queste sono le considerazioni che mi mossero a spedire a V. E. il mio telegramma d'oggi (1). Io persisto a ritenere che, allo stato attuale delle cose, solo una proposta concreta veniente dall'Inghilterra possa avere probabilità di conciliare assieme le tendenze divergenti delle altre Potenze. Noi non possiamo supporre, ora che la guerra intrapresa dai Principa·ti di Serbia e di Montenegro ha posto una questione veramente europea, che Lord Derby voglia accordare la sua approvazione al sistema di negoziati separati al quale iii. Gabinetto di Vienna annuncia di volersi attenere. Se il progetto di un Congresso quale sembra essere stato concepito nella mente del Principe Cancelliere di Russia, fosse per tradursi in atto, ne potrebbe essere controbilanciata e paralizzata la tendenza ad una azione separata che sembra prevalere presso il Gabinetto di Vienna, V. E. conosce quali dovrebbero essere secondo il pensiero del Principe Gortchakow, le condizioni di un simile progetto: che cioè la riunione si componga di Ministri dirigenti dei varii Stati, ed abbia luogo in città che non sia capitale di alcuna tra le Potenze garanti. Sarebbe mesUeri indagare se il Gabinetto Britannico sia disposto ad accogliere simili concetti, rispetto ai quali già conosciamo la avversione dell'Austria Ungheria e dubitiamo di quella della Germania. Uno scambio di idee, che dovrebbe però rimanere intimo e gelosamente segreto tra i due Gabinetti di Roma, e di Saint James, ci sembra affatto necessario nelle presenti contingenze. Imperocché la situazione offre più di un pericolo che è interesse comune di entrambi i paesi di scongiurare.

376

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 256. Roma, 31 agosto 1876.

L'E. V. mi ha telegrafato nel pomeriggio di ieri (l) riferendomi una conversazione avuta col Conte Andrassy circa le istruzioni impartite all'Ambascia

tore Austro-Ungarico in Costantinopoli per la domanda di armistizio da presentarsi alla Sublime Porta. Il Conte Andrassy respinge assolutamente ogni idea di offici collettivi ed è altresì recisamente contrario ad un Congresso di Minist11i dirigenti non meno che ad una Conferenza qualsiasi, essendo fermo nel proposito che si abbia a continuare, nella fase attuale, il metodo della nota 30 dicembre 1875 e del Memorandum di Berlino.

Le notizie che abbiamo da Parigi, da Londra e da Pietroburgo dimostrano che quei Governi non dividerebbero le idee del Conte Andrassy circa il modus procedendi; ed anzi le informazioni che abbiamo intorno alle disposizioni di taluni fra quei Gabinetti proverebbero che essi sono preoccupati degli indugi cagionati dalla deficienza di una azione rigorosamente concorde e degli effetti che ne sono derivati nell'atteggiamento stesso della Sublime Porta. Dal canto nostro, dopo l'esperienza fatta, così in occasione della nota del 30 dicembre come in occasione del Memorandum di Berlino, non ci sembra che un siffatto sistema sia atto a raggiungere l'intento che si ha in mira. Ad ogni modo poiché il Governo Imperiale e Reale dichiara di non volere accettare ogni aHra maniera di negoziato, ne viene per necessaria conseguenza che noi dobbiamo tenerci in un certo riserbo.

Io potrò bensì tenere informata V. E. (né mancherò di farlo) di tutto ciò che possa influire sulla linea di condotta seguita dal R. Governo, ma io penso che la continuazione di uno scambio di idee col Gabinetto di Vienna, neUe circostanze presenti, non avrebbe pratica utilità.

(l) Non pubblicato ma cfr. n. 367.

377

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 120. Roma, 31 agosto 1876.

Ebbi a telegrafarLe, il 25 di questo mese (1), in seguito a notizia telegrafica pure allora giuntami da Belgrado.

S. A. il Principe di Serbia, convocati attorno a sé, nel pomeriggio del 24, i Rappresentanti delle Potenze garanti, aveva dichiarato loro che il Governo principesco, volendo assecondare i voti delle Potenze stesse, e sollecito oramai di. ristabilire i buoni rapporti tra la Sublime Porta ed il Principato, invocava gli officii dei rispettivi Governi per ottenere la cessazione delle ostilità anche tra la Sublime Porta ed il Montenegro; imperocché la cessazione parziale non sarebbe stata di tale natura da condurre allo scopo cui si mirava.

Io non avceva mestieri di manifestare a V. S. Illustrissima quali fossero, di fronte a siffatta comunicazione, gli intendimenti del R. Governo. Ed invero, già da parecchi giorni ci venivamo adoperando, a Belgrado ed a Costantinopoli, per preparare il terreno a negoziati di pace. Epperò mi limitai, nel mio telegramma del 25, a farLe conoscere che tosto ci eravamo messi in comunicaz:one cogli altri Gabinetti, per concertare, di comune accordo, gli officii da

farsi presso la Sublime Porta. Esortavo intanto la S. V. Illustrissima a proseguire, presso i Ministri del Sultano, l'opera pacificatrice che già spontaneamente ave'Vamo da parecchio tempo intrapreso.

Scorsero, dopo 'la dichiarazione del Principe Milano, tre giorni interi, senza che le informazioni giunteci da varii lati ci porgessero un concetto adeguato del procedimento che si intendeva seguire dalle Potenze. Da Costantinopoli, ove naturalmente dovevano accentrarsi le istruzioni concrete dei Gabinetti, la S. V. Illustrissima mi telegrafava che, per una parte, le Ambasciate d'Inghilterra, di Francia e di Russia avevano già ricevuto, in termini generali, l'ordine di appoggiare la domanda di armistizio, e che, d'altra parte, le Ambascia,te di Germanda e di Austria-Ungheria avevano solo ricevuto la notizia del passo fatto dal Principe Milano.

Intanto, le operazioni militari continuavano a svolgersi sul teatro della guerra. All'infuori delle considerazioni di umanità, le quali ci vietavano di assistere impassibili ad inutile spargimento di sangue, non era a dissimularsi che, per le vicende mutabili della guerra, avrebbe anche potuto sopravvenire una modificazione nelle disposizioni delle parti coniendenti, le quali avevamo ragione di credere, in quel momento abbastanza favorevoli alla pace.

Noi stimammo pertanto urgente che le Potenze si mettessero d'accordo sopra alcurni punti essenziali, colla risoluzione dei quali si connette la possibilità di una azione spedita. Importava, anzitutto, sapere se le Potenze sostituendosi, in certa guisa, ai due Governi principeschi, intendessero di negoziare in nome di essi dapprima le condizioni dell'armistizio, ed indi queHe della pace; e se le Potenze stesse volessero procedere collettivamente o con officii separati. In secondo luogo giovava di sapere se per avventura le Potenze stimassero che la domanda di armistizio fosse fatta direttamente dai Comandanti serbi e montenegrini ai Comandanti dell'Esercito ottomano, nel qual caso la loro azione si sarebbe ristretta ad appoggiare, a Costantinopoli, il negoziato impegnato tra le due parti contendenti. In terzo luogo, un punto che sembrava doversi chiarire era quello che riflette la situazione del Principe di Montenegro. Nel formolare la sua dichiarazione del dì 24, il Principe Milano limitossi a dire che sentiva obbligo di coscienza di chiedere l'armistizio anche per il Principe di Montenegro. Nulla dimostrava però in modo posiUvo e formale, che questi volesse accettare l'azione mediatrice delle Potenze; e quantunque siffatta accettazione dovesse ritenersi probabile, come quella che era consigliata al Principe da manifeste considerazioni politiche e milituri, era pur sempre indispensabile che le Potenze fossero in grado di porgere risposta officiale, se la Sublime Porta si facesse loro a domandare in nome di chi ~esse chiedevano l'armistizio. A questo riguardo devo anzi aggiungere di avere tosto dato, ad ogni buon fine, istruzione al R. Console Cavaliere Durando il Quale è pure accreditato presso il Principe Nicola, di recarsi a Cettinj'e, per poter così più prontamente riferirmi le istruzioni di Sua Altezza. In:Eine (~e questo era un quarto punto da chiarirsi) conveniva sapere se i Gabinetti fossero preparati ad accettare fin d'ora una discussione, colla Sublime Porta, rispetto ai preliminari di pace, o se invece volessero limitarsi, pel momento, ad insistere per una sospensione d'armi, la QUale però dovrebbe comprendere tutti i territorii ove presentemente si combatte. Era infatti a pre

vedersi (ed il telegramma da Lei speditomi il 28 (l) corroborava le nostre prevh:ioni) che la Sublime Porta avrebbe voluto subordinare il suo assenso per l'armistizio aUa comunicazione, almeno per tratti generali, delle condizioni che le Potenze intenderebbero porre a base della pace da concludersi.

Questi concetti formarono il tema di un telegramma che spedii, il 27 del mese corrente, ai Rappresentanti di Sua Maestà presso le Potenze garanti (1).

Le indicazioni che questi ultimi mi hanno fornito intorno agli intendimenti dei Gabinetti presso i quali sono accreditati, mi sono pervenute, in parte prima, ed in parte dopo che ebbi spedito il telegramma di i·eri mattina. Nondimeno, volendo qui svolgere H concetto da cui movevano le istruzioni che con quel telegramma Le furono impartite, credo utile di riassumere in una esposizione unica, e rispetto ad ogni singola Potenza, le notizie che mi sono state somministrate.

Dopo una Sua conversazione col Signor de Biilow, il Cavaliere Tosi te,legrafava, il giorno 28 (1), che la Germania stava in atteggiamento di riserbo, e nella aspettazione di conoscere le disposizioni delle altre Potenze. Però, nel di successivo, il Segretario di Stato significava al R. Incaricato d'affari essere stata impartita istruzione all'Ambasciatore tedesco in Costantinopoli di associarsi ai suoi Colleghi. Opinava S. E. essere urgente, anzitutto, che si sospendessero le ostilità, e che questa sospensione si estendesse anche alle provincie insorte, ciò essendo in correlazione cogli impegni presi nel Memorandum di Berlino, il Quale riesce pur sempre applicabile nelle circostanze presenti. Soggiungeva poi il Signor de Bi.ilow che, se si dovessero fissare, d'accordo tra le Potenze, i preliminari della pace, se ne dovrebbero ricercare le basi nel Memorandum di Berlino.

Lord Derby comunicò al Generale Menabrea che, fin dal 25, egli aveva telegrafato ai Rappresentanti britannici presso le Potenze garanti che l'Inghilterra si sarebbe associata ai loro officii, e che aveva pur telegrafato a Costantinopoli esortando vivamente la Sublime Porta alla conclusione della pace. Lord Derby opinava doversi procedere ad officii colletth~;i, dapprima per l'armistizio ed indi per la pace. L'armistizio avrebbe dovuto estendersi a tutto il teatro della guerra, ed a Sua Signoria pareva necessario di chiedere al Pr,incipe di Montenegro se accettasse la mediazione delle Potenze. A loro volta, le Potenze avrebbero poi dovuto mettersi d'accordo per i preliminari della pace.

Il Duca Decazes manifestò, fin da principio l'opinione che la domanda d'armistizio si dovesse fare dalle Potenze, per mezzo dei rispettivi Rappresentanti a Costantinopoli, non sembrandogli conveniente che la domanda si facesse tra i comandanti militari. L'armistizio avrebbe dovuto comprendere anche la Bosnia e l'Erzegovina. Il Duca stimava da principio, inutile e forse imprudente di irnterrogare il Montenegro. Però non fece obbiezione quando apparve diversa, su questo punto, l'opinione di altri Gabinetti. La Francia sembra ben risoluta a non parlare delle condizioni della pace prima della cessazione delle ostilità. Toccare di simile argomento (osservava il Duca Decazes) implicherebbe il concetto di una Conferenza, della quale S. E. opina doversi lasciare la iniziativa a tale fra le Potenze, che possa formolarne il pro

gramma. Circa la Conferenza, il Duca Decazes aveva, del resto già dichiarato al R. Incaricato d'affari che la Francia, né la desidera, né la teme. Se dovesse riunirsi, suo programma dovrebbe essere lo statu quo ante bellum territoriale ed un modus vivendi per le popolazioni cristiane secondo la base adottata nello scambio di idee che in principio di Luglio ebbe luogo fra l'Inghilterra e la Russia, sotto gli auspicii del Gabinetto di Versailles.

Il Principe Gortchakow manifestò subito la opinione che la cessazione delle ostilità debba estendersi a tutti i punti ove si combatte. Pel momento i Rappresentanti delle Potenze a Costantinopoli debbono limitarsi a chiedere l'armistizio, la quale domanda sarebbe a farsi unanimemente, in forma isolata

o collettiva, purché identica. Ammetteva il Principe Cancelliere che, conchiuso l'armistizio, ufficiali esteri possano utilmente partecipare alla demarcazione tra i combattenti. Dichiarava, d'altra parte, che la Russia aveva esortato il Principe di Montenegro a rivolgersi alle Potenze per un armistizio di due o tre mesi. Sua Altezza opinava inoltre che della pace debba solo trattarsi dopo concluso l'armistizio. L'Ambasciatore Russo a Vienna, accentuando vieppiù questo concetto, dichiarava nettamente che la Russia per ora vuole solo associarsi agli officii per l'armistizio, e si tiene in riserva per ciò che concerne la pace. La Russia, osservava il Principe Gortchakow, non ammetterebbe che la Sublime Porta chieda, prima di accordare l'armistizio, che siano fissate le basi della pacificazione; tali basi non possono essere che l'effetto di un previo accordo tra le Grandi Potenze. Questo sarebbe appunto, secondo l'opinione di Sua Altezza quasi il secondo atto della azione diplomatica; vale a dire uno scambio di idee tra le Potenze per concordare il modus vivendi da attuarsi nelle provincie suddite o vassalle della Porta. Le riforme dovrebbero applicarsi anche alla Bulgaria. Ed il metodo migliore per la ricerca delle riforme stesse, sarebbe, sempre secondo l'opinione del Pr.incipe Cancelliere una conferenza. Sua Altezza però mette due condizioni: che la Conferenza si componga di Ministri dirigenti dei varii Governi e che non sia convocata in città capitale di alcuna delle Potenze garanti. Di siffatta proposta, la Russia non prenderebbe l'iniziativa; ma la appoggerebbe e la accetterebbe se altro Gabinetto la mettesse innanzi. Ad ogni modo, base della conferenza sarebbe lo statu quo territoriale.

Degli intendimenti del Gabinetto austro-ungarico, si ebbe da principio ragione di dubitare. Secondo una prima versione, il Conte Zichy avrebbe dovuto aspettare, prima di fare un officio formale, che ~iungesse l'accettazione della mediazione. Oltrediché, pareva, secondo la versione stessa, che pur comunicando aUa Sublime Porta la richiesta del Principe Milano ed i voti del Gabinetto Imperiale per il ristabilimento della pace, l'Ambasciatore austriaco dovesse chiedere ai ministri del Sultano se, e sopra qual base, la Sublime Porta sarebbe disposta a negoziare. Questa versione discostavansi alquanto dalle dichiarazioni più recenti del Conte Andrassy, il q_ual:e ieri sera significava al generale di Robilant che al Conte Zichy era stata data istruzione di fare, presso 'la Porta, gli stessi ufficii come gli altri Ambasciatori Intanto però è giunta a Vienna l'adesione del Principe di Montenegro alla mediazione, ed un telegramma del Conte Andrassy a questa Ambasciata Imperiale e Reale, comunicatomi oggi stesso, indica quali sono precisamente le istruzioni del Conte Zichy. Questi ha incarico di fare alla Sublime Porta l'offerta formale di mediazione, mettendosi d'acordo coi suoi Colleghi; deve chiedere anzi tutto la sospensione delle ostilità su tutti i punti, anche rispeHo agli insorti e cercare di venire intanto in cognizione delle condizioni sulla base delle Quali la Sublime Porta entrerebbe in negoziato di pace con ciascuno dei due Principati. Il Conte Andrassy respinse però ogni idea di offici collettivi. • Che ciascuno si adoperi per conto suo (così ieri S. E. dichiarava al Generale di Robilant): così si evita il pericolo che più tardi venga meno la collettiv:tà; dopo che gli Ambasciatori avranno presentato Ia loro domanda, e ciò si può far subito, si discuterà la risposta della Sublime Porta •. Il Conte Andrassy è poi recisamente contrario ad un congresso di Minist11i dirigenti dei rispettivi Stati: non vi interverrebbe ad ogni patto. Del pari sarebbe contrario ad una conferenza qualsiasi, essendo fermo nel proposito che si abbia a continuare, nella fase attuale, il metodo della nota 30 Dicembre 1875 e del Memorandum di Berlino. Agli occhi del Conte di Robilant è chiaro -che all'Austria-Ungheria preme sopratutto, e, se occorre, esclusivamente di andare d'accordo cogli altri due Imperi. Incidentalmente, poi, il Conte Andrassy ebbe ad affermare inammissibile la pretesa, che per caso fosse affacciata dalla Turchia, di occupare delle fortezze in Serbia.

Dalla analisi sommaria che qui precede, delle disposizioni delle varie Potenze, apparisce bensì che esiste sopra alcuni punti, e segnatamente per ciò che concerne il modus procedendi per i successivi negoziati di pace, notevole discrepanza di pensieri. Nondimeno è pur manifesto che sopra altri punti, ·e più precisamente per ciò che riflette l'armistizio un accordo riuscirebbe oramai facile e di pronta attuazione. Sono infatti concordi tutti i Gabinetti nello ammettere:

Che la domanda di armistizio si faccia dai rispettivi Rappresentanti a Costantinopoli;

Che la si faccia mediante offici identici, scostandosi solo l'AustriaUngheria dalle altre Potenze in quanto che queste sono indifferenti a che quelli officii siano isolati o collettivi e quella invece respinge il concetto della collettività;

Che la sospensione d'armi si estenda anche al Montenegro;

Che si estenda del pari alle provincie insorte;

Che gli officii si facciano senza indugio ulteriore;

Che nella comunicazione della Porta si parli solo deH'armistizio. Circa le condizioni di pace per le varie Potenze si tengono in grande riserbo, e la st,es~a Austria-Ungheria vuole soltanto che, fatta la domanda di sospensione deUe ostilità, il suo Rappresentante cerchi di sapere a qua1i condizioni la Porta entrerebbe in negoziato per la pace con i due Governi principeschi.

La situazione, miglioratasi di poi, era però meno chiara quando Le diressi il telegramma di ieri mattina (1). Oltreché non erano ancora venute meno le dubbiezze che il contegno di taluna tra le Potenze aveva potuto, in prin

cipio, farci concepire, si aggiunsero a giustificare le nostre preoccupazioni le notizie venutcci da più lati circa le condizioni della pubblica opinione in Russia. Sembra, infatti, che in quell'Impero vada crescendo l'agitazione degli animi, anche tra le classi più elevate, né mancano le ragioni di temere che il Governo dello Czar non sappia a lungo resistere alla corrente sempre più

poderosa. Che se, per effetto di nuove complicazioni da quel lato, fosse posta a repentaglio la causa della pace, il R. Governo avrebbe ben ragione di concepirne le più gravi e legittime apprensioni. Oramai non è più dubbio che, se gli avvenimenti avessero consentito di mettere innanzi la questione di un rimaneggiamento territoriale, l'Austria-Ungheria avrebbe potuto, consenziente la Russia, farne suo pro. Una pronta pacificazione, nelle condizioni attuali 'escluderebbe ogni eventualità di questa fatta; ma il pel'icolo rinascerebbe qualora la sospensione dell'azione militar,e non sopravvenisse tosto a troncare ogni speranza.

D'altra parte, una risoluzione immediata parevami manifestamente suggerita da ciò che la S. V. Illustrissima mi veniva telegrafando circa le disposizioni dei Ministri del Sultano. Intorno al quale proposito, io non avevo omesso di segnalare alle Potenze questo che era potente argomento per cui si avessero a rompere senz'aUro gli indugii.

Mosso dane considerazioni di varia natura che qui ho accennato, e che già io aveva adombrato nel telegramma di ieri mattina, impartii, col telegramma stesso, alla S. V. Illustrissima, istruzioni di carattere più positivo e stringente. Era venuto, a nostro avviso, il momento di procedere ad una proposta formale. Epperò io invitava la S. V. Illustrissima a mettersi d'accordo cogli altri Rappresentanti per concertare con essi, e per presentare indi alla Sublime Porta una domanda di armistizio per la Serbia ,e per il Montenegro sulla base della posizione rispettiva dei combattenti, e di sospensione dell'azione militare da parte della Turchia nelle provincie ov,e si pugna tuttora. Richiamo, anzi, l'attenzione di Lei sopra questa formola della nostra domanda, la quale sola mi parrebbe corretta e tale da evitare ,eccezioni pregiudiziali da parte della SubUme Porta, che certo non vorrebbe riconoscere agli insorti la qualità di belligeranti. Per la demarcazione della linea di separazione tra gli eserciti che si trovano reciprocamente di fronte, io osservavo, nel mio telegramma, che avrebbe potuto interveni~e un accordo diretto tra i Comandanti militari, e che si sarebbe anche potuto, in caso di bisogno, far partecipare alla operazione gli ufficiali esteri addetti aHe rispettive Ambasciate a Vienna. Io conchiudevo il mio telegramma, raccomandando in modo speciale queste pratiche ano zelo di Lei, ed ,insistendo perché volesse persuadere la Sublime Porta essere, in ogni ipotesi, suo interesse di sospendere le operazioni del suo eserdto ancora che non fosse presentata una domanda formale di armistizio.

La S. V. Illustrissima rispondeva alla mia comunicazione coi telegrammi di jeri e di oggi (1). Dopo conferenza da Lei avuta coi Rappresentanti delle Grandi Potenze, sarebbe stato concordato apposito convegno pel giorno di domani, presso l'Ambasciata d'Inghilterra. Scopo della riunione sarà quello

di ricercare la formola della domanda officiale , di armistizio, ovvero di accertare se siano ancora :necessarie istruzioni definitive dei rispettivi Governi.

Le informazioni più recenti, come· Ella stessa può ~iudicarne dalla esposizione che qui ne feci, dovrebbero condurci a credere che nella riunione di domani potrà costì definitivamente determinarsi il programma degli officii da farsi presso la Sublime Porta. Ad ogni modo, qualunque sia per essere lo svolgimento ulteriore della l'!uistione, il Governo del Re può ben rendere a se stesso la testimonianza di nulla aver risparmiato per l'ottenimento di uno scopo, al quale così per le ragioni della umanità, come per la tutela degli interessi nazionali, dovevano convergere tutti i nostri sforzi.

(l) Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

(l) Cfr. n. 366.

(l) Non pubblicato.

378

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CIFRATO 534. Vienna, 31 agosto 1876 (per. il 3 settembre).

Les confidences faites par le Prince Gortchakow au Chevalier Nigra confirmeraient les indications contenues dans quelques-uns de mes précédents rapports, par Iesquels je faisais ,enrtrevoir la possible éventualité de l'annexion de la Bosnie à l'Autriche. Cependant je persiste à croire que tout ceia n'a été qu'un projet assez en l'a,ir auquel le Prim~e Gortchakow a cru devoir donner, poùr des raisons à lui, en parlant avec Nigra, plus d'importance que cela n'avait réellement. En causant à Reichstadt on aura touché la question d'un partage de l'Empire turc et on aura ainsi en discourant octroyé la Bosnie à l'Autriche, comme Andrassy offrait à nous, à Schonbrunn, la Tunisie. C'est évidemment à la suite de ça, que, pour 11lter l'opinion publique ici, on a fait tenir le langage que je rapportais à V. E. le 25 juil1et sous le n. 508 (1), et que Andrassy m'a tenu discours dont j'ai rendu compte dans le rapport du 9 aout n. 521 (2). A ce propos je me permets de faire observer que enrtre ces deux rapports trouve piace celui du 3 aout s.n. (3) dans le-quel, me livrant à d es... ( 4) qui reposaient plus sur une secrète intuition que sur des faits positifs, j',indiquais, assez exactement cependant, une solution temporaire qui tout en n'ayant plus l'air de devoir se vérifier maintenant, pourrait 'encore etre celle d'un avenir pas trop éloigné.

379

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 342. Terapia, 31 agosto 1876 (per. il 7 settembre).

Ieri comparve il telegramma (5) pel quale l'E. V. mi ordinava facessi :intendere ai miei Colleghi come le mie istruzioni m'autorizzassero a mettermi d'ac

cordo con. essi affine di fare alla Sublime Porta una domanda d'armistizio per la

Serbia ed il Montenegro, nonché per le provincie nelle quali esistono le ostilità.

Fui quindi a veder·e l'Ambasciatore d'Inghilterra, il quale nell'assenza

del Generale Ignatiew, occupa la posizione di decano di questo Corpo diplo

matico. Gli esposi come i giorni passavano e nulla si concretava; i nostri

Governi averci dato l'ordine di associarci alle pratiche che sarebbero con

venute coi Colleghi; epperò si aspettavano che qualcosa si facesse; ma se

nessuno d'essi pigliava la iniziativa, non se ne· verrebbe ad alcuna conclu

sione. Sir H. Elliot mi rispose le sue istruzioni non portare che di dar consigli

alla Sublime Porta nel senso dell'armistizio, però esse non andavano fino a con

ferirgli l'autorità di fare una formale proposta alla Sublime Porta, né facevano

alcuna menzione del Montenegro. Soggiunse tuttavia esser pronto di domandare

per telegrafo istruzioni più precise, né dubitàva ch'egli sarebbe autorizzato a

procedere co' suoi Colleghi nel senso da me indicato.

Vidi poscia il Conte Zichy al quale tenni identico discorso; e S. E. risposemi aver per istruzione d'agire d'accordo co' suoi Colleghi allo scopo di giungere al ristabilimento della pace; considerarsi quindi come autorizzato a fare una proposta d'armistizio, poiché quello era il miglior mezzo ed il più effi~ cace per raggiungere lo scopo. Aggiungerò che l'Ambasciatore Austro-Ungarico mostrossi animato dalle migliori disposizioni per prestarsi a tutto quello potesse contribuire alla pacificazione, la quale ripetutamente dichiarava di esser l'oggetto del più vivo desiderio da parte del suo Governo.

Nella sera si trovarono dunque radunati i Rappresentanti delle sei Potenze Garanti. Io faceva parola de' miei concetti co' miei Colleghi di Germania e di Francia, i quali convenivano meco che qualcosa doveva farsi, e ne nacque il pensiero di radunarci nuovamente due giorni appresso affine di vedere se si poteva formulare una domanda da presentarsi alla Porta. Suggerii due giorni appresso, affinché l'Ambasciatore Britannico avesse il tempo di procurarsi le istruzioni che stava per domandare. Ed ebbi indi una seconda conversazione a parte con Sir H. Elliot affine di fargli conoscere come gli altri colleghi fossero disposti a concertarsi sopra qualcosa di concreto, e si desiderava riunirsi alla sua residenza per istabilire un accordo completo.

Ne seguiva una conversazione comune alla quale prendevano parte i se1 Rappresentanti. L'Incaricato d'Affari di Russia dichiarò le sue istruzioni autorizzarlo a prender parte a quelli atti che sarebbero convenuti co' suoi CoUeghi; epperò era pronto ad intervenire alla riunione proposta. Avendo toccato poscia dei belligeranti cui doveva riferirsi la domanda d'armistizio, il Signor Nelidow diceva aver ricevuto in giornata un telegramma da Ragusa, pel quale quel Console Russo gli significava il Principe di Montenegro aver dichiarato che, avendo fatto conosc·ere ai Governi di Russia e di Austria-Ungheria il suo desiderio di trattare della pace, s'intendeva ch'egli si associava alle pratiche fatte in proposito dal P11incipe di Se·rbia, né stimava opportuno di fare uLteriori comunicazioni agli altri Governi, poiché egli non era stato invitato da questi com'era occorso pel Principe Milano. In seguito a questa comunicazione fummo tutti d'avviso che si poteva .trattare anche pel Montenegro.

Si discorse poscia alquanto dell'estensione dell'armistizio alla Bosnia ed all'Erzegovina per Quanto riguardava le bande insorte. Si disse che veramente l'esistenza di queste bande non era ben constatata, poiché la maggior parte degli insorti ,erasi evidentemente incorporata negli eserciti belligeranti. Ma se alcune si presentavano chi rispondeva per esse? Era tuttavia probabile che quando la sospensione delle ostiHtà fosse convenuta fra le parti belligeranti, siffatte bande non si mostrerebbero; nel qual caso le forze Ottomane non avrebbero a far,e alcun movimento per andare a cercarle.

L'Ambasciatore d'Inghilterra fece menzione del desiderio da parte della Sublime Porta di trattare della pace invece dell'armistizio. Ma tutti fummo d'avviso che nelle circostanze presenti dovevasi insistere per l'armistizio, sì perché noi non avevamo né l'autorità né le istruzioni necessarie per istabilire dei preliminari di pace, né la discussione sopra quest'argomento sarebbe breve ed agevole. Si convenne quindi che noi limiteremmo la nostra azione presente alla domanda di sospensione delle ostilità.

M'era noto in pari tempo che i M;inistri del Sultano erano esclusivamente occupati dell'importante questione del mutamento del Capo dello Stato, tantoché, nel Consiglio dei Ministri tenutosi in giornata, la Questione della pace non era stata trattata, né essi intendevano prestarsi alla discussione di questa fino a che, il nuovo Sovrano fosse proclamato. Si consulterebbero allora gli intendimenti del Sultano, e le relative determinazioni sarebbero sottomesse aHa deliberazione d'un Gran Consiglio radunato ad hoc.

Queste cose m'erano state r,iferite in giornata da fonte autentica, e ne fu discorso nella nostra riunione serale. Insistetti però presso i miei Colleghi acciocché non si soprassedesse in alcun modo alle nostre deliberazioni, affine di trovarci pronti ad agire tosto che verrebbe il momento opportuno. E si convenne di radunaroi domani aHe 3 pomeridiane alla residenza d eH' Ambasciatore Britannico affine di vedere se v'era mezzo di formulare una domanda identica d'istruzioni definitive da rivolgersi ai rispettivi Go,verni. Sebbene io avessi piena autorità per procedere alla domanda in discorso nondimeno dovetti acconsentire a questa conolusione per riguardo a quelli che non credevano aver istruzioni sufficienti per ag,ire.

Delle quali cose diedi immediatamente avviso telegrafico all'E. V.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 314. (3) -Cfr. n. 297. (4) -Gruppo indecifrato. (5) -Cfr. n. 366.
380

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 883. Costantinopoli, l settembre 1876, ore 19 (per. ore 20).

Dans la conférence d'aujourd'hui les représentants des six Puissances ont convenu de télégraphier à leurs Gouvernements ce qui suit: • l es représentants des six Puissances garantes sont d'avis qu'un aide-mémoire concordant soit remis par eux au ministre des affaires étrangères pour lui faire connai<tre que le prince Milan et le prince Nicolas ayant exprimé le désir de voir un terme mis aux hostilités, les Puissances proposent leur médiation pour les faire cesser sur tous les points et dans le plus court délai •. Si rien n'intervient, on a l'intention de faire la proposition lundi.

381

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, BALBI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 101. Madrid, l settembre 1876 (per. l' 11).

Avendo avuto occasione di avvicinare recentemente in San Ildefonso la Corte di S.M. il Re Alfonso, non sarà affatto fuor di proposito che io comunichi all'E.V. le impressioni raccolte così sulla persona del Sovrano come sui rapporti mantenuti da Sua Maestà coi personaggi che compongono il suo seguito, ,e mi lusingo che queste notizie attinte a fonti autorevolissime, potranno riuscire di qualche interesse pel Governo del Re.

Le doti di mente e di cuore riunite dal giovane Monarca, e delle quali notaronsi già non rare prove nel breve Suo Regno, sono da ogni lato spontaneamente riconosciute per parte di chi ha occasione di avvicinarlo, indipendentemente dal partito politico che rappresenta. 01trecchè Alfonso XII palesa grande ,integrità di carattere, serietà di proponimenti, ed in generale molte qualità che difficilmente s'incontrano in un adulto, la sua svegliate·zza ed affabiUtà gli cattivano l'animo di quanti hanno opportunità d'intrattenersi seco Lui, non esclusi molti personaggi che voglionsi rappresentare quali avversari non solo del presente sistema di governo, ma ben anco del principio Dinastico. Fra questi il più spiccante è senza dubbio il Duca Della Torre, il quale malgrado la parte sostenuta negli ultimi anni che precedettero la Restaurazione e gli intendimenti più o meno sovversivi che da varii lati e persino odiernamente gli si attribuiscono, mostrasi, almeno apparentemente, devoto a Sua Maestà e non dissimula le sue simpatie per il giovane sovrano. A questo proposito sembra che i rapporti personali dell'ex-Reggente col Re e colla Principessa delle Asturie siansi recentemente migliorati, ed una prova potrebbesi ravvisare nell'intervento del Maresciallo Serrano e della sua Consorte ad una festa di Corte data pochi giorni or sono in San Ildefonso, e nella quale dessi furono oggetto della par,ticolare attenzione e deferenza di Sua Maestà e di Sua Altezza Reale.

Ad ogni modo a chiunque conosce le tradizioni della Corte Borbonica di Spagna non è lecito azzardare un giudizio sul significato di simili cortesie. Sta di fatto intanto che in quella medesima circostanza fu notata la freddezza della quale s'improntarono invece reciprocamente i rapporti fra il Duca e la Duchessa Della Torre da una parte, ,ed i Ministri presenti ed il Seguito di Sua Maestà dall'altra.

Il Re Alfonso mostrasi negH ultimi tempi ansioso di attendere alle cure militari. L'interesse per l'Esercito appare in lui vivo ed ognor crescente: e le frequenti visite ai quartieri militari stanziati nei dintorni della sua residenza estiva, non che le ripetute riviste e manovre che egli presenzia e soventi volte dirige, confermano la sua attività per lo studio delle armi e pei progressi militari delle sue truppe, passando pure sotto silenzio il tempo assai ragguardevole ch'Egli dedica quotidianamente al proprio insegnamento teorico sulle scienze marziali, e sull'arte della guerra, diretto dai suoi aiutanti di campo generale La Serna e Marchese di Mirasol. Alcune ore del giorno sono

parimenti consacrate da Alfonso XII allo studio del diritto pubblico e privato, nel quale è validamente coadiuvato dal suo segretario particolare Conte Morphy, persona di non comune cultura e sotto ogni aspetto degna della illimi.tata fiducia che i suoi saggi consigli e direzione gli seppero procacciare nell'animo del Principe nei lunghi anni dacchè questi venne sin dall'infanzia affidato alle sue cure pressocchè esclusive. Non v'ha dubbio che l'influenza in ogni tempo esercitata dal Conte Morphy, mentre fu e continua ad essere la più sincera e disinteressata, contribuì potentemente allo sviluppo delle tendenze sinceramente liberali e consentanee co·l progresso dei tempi, non che delle rare virtù che adornano il giovine Monarca, come uomo e come Principe. Resa questa dovuta giustizia alla benefica influenza del personaggio che occupa la carica di segretario particolare del Re, passo ora a discorrere del più alto dignitario della Corte, Duca di Sesto e Marchese di Alcaiiices, il quale per i suoi antecedenti collegati intimamente colla vita e coll'educazione di Alfonso XII al pari che col programma Alfonsino di cui si fece iniziatore l'attuale Presidente del Consiglio, per l'eleva•ta posizione sociale, e finalmente per le numerose cariche supreme di Corte ch'egli ha riunite nella sua persona quali conseguenze dei suaccennati antecedenti, dispone forse deHa maggiore deUe influenze di Corte. In realtà esaminando con attenzione le istituzioni attualmente vigenti in !spagna, traspare di leggieri un fatto, le conseguenze del quale coll'andar del tempo, giudicando disinteressa•tamente, sembrano potere riuscire pregiudichevoli, se non fatali, alla sorte della Monarchia Regnante. A questa opinione forse arrischiata, induce l'evidenza dell'opera non interrotta di assorbimento simultaneo deg1i Affari di stato per parte del Signor Canovas del Castillo, e

degli Affari di Corte per parte del Duca di Sesto, quasichè questi due personaggi formassero i soli piedistalli sui quali l'edificio della Monarchia regnante può essere assicurato, e trovar base incrollabile. Il Marchese di Alcaiiices è a un tempo grande maggiordomo, grande scudiero, e grande Cacciatore di Sua Maestà, è inoltre l'autorità suprema in Corte nell'ordine civile, e vivendo quasi incessantemente a lato del Re Alfonso la sua influenza nelle cose di Palazzo è incontestata. Egli è gelosissimo della Regia fiducia ed intimità, a tal punto che crede di scorgere nel Conte Morphy un suo antagonista, provocando non di rado attriti e dispiaceri reciproci fra i due confidenti, dei quali l'origine più attendibile deve ricercarsi nella natura delle attribuzioni domestiche, per quanto est·ese, del primo. Del rimanente convien riconoscere che per quanto riguarda l'organamento della Casa Reale, H cerimoniale di Corte ecc., il Duca di Sesto seppe in breve spazio di tempo condurre le cose ad uno stato assai soddisfacente. Non occorre toccare delle altre Dignità di Palazzo, le quali riduconsi ad un numero assai ristretto, e sono disimpegnate da persone affatto aliene da ingerenza di qualche momento nella vita del Re, incluso eziandio il Primo Aiutante di campo Generale La Serna, vecchio militare di schietta lealtà e devozione alla Dinastia, ma nulla più.

Nella sua vita privata, o più propriamente, galante, il Re Alfonso ha sinora mostrato grande ritenutezza; rare furono le sue avventure col bel Sesso malgrado gli incoraggiamenti mal dissimulati di alcuna fra le Signore della società aristocratica che maggiormente avvicinano la sua Corte, ed ai quali non sono affatto estranei, da quanto si assicura, motivi politici di origine talvolta opposta, e rappvesentata daUe due correnti disparate che fiancheggiano quella che può dirsi di transazione, e che è seguita dal presente indirizzo governativo.

Soggiornano parimenti nella residenza di San Ildefonso S.M. la Regina Cristina, madre della Regina Isabella, e Sua Altezza Reale l'.infanta, vedova di Don Sebastiano; queste due Auguste persone conducono però un'esistenza ritivatissima, nè i loro rapporti col Re e colla Principessa delle Asturie si estendono all'infuori delle mura del Palazzo. Il Re si mostra in pubblico, il più delle volte accompagnato da sua Sorella, verso la quale Egli nutre i sentimenti del più profondo affetto e della maggiore stima e considerazione

S.A.R. la Principessa delle Asturie è efrettivamenrte la vera confidente del Re, e se nell'ordine politico essa si astiene dall'esercitare ingerenza di sorta, almeno apparentemente; nell'ordine privato, la sua intromissione ed i suoi consigli sono sempre indubitamente i più graditi ed ascoltati da Alfonso XII, premuroso di rendere omaggio all'affetto fraterno ed alla riconosciuta intelligenza, affabilità, e maestria nelle relazioni cortigiane e sociali della Principessa.

lì ritorno della Corte alla capita,le si effettuerà verso la metà del corrente mese. Frattanto il Re Alfonso ospita odiernamente nel suo Castello di San Ildefonso S.A.I. il Granduca Pietro di Oldemburgo, cugino germano dell'Imperatore di Russia, il quale da Biarri.tz si recò testè a visitare Madrid in compagnia di una sua figlia.

I fatti e le considerazioni che precedono sono la conseguenza dell'impressione in me prodotta nel breve mio soggiorno in San Ildefonso, e nutro speranza che potranno interessare l'E.V. Quale conclusione, credo di poter aggiungere che col progredire degli anni, il Re Alfonso, assumendo negli affari di Stato, se pure gliene verrà lasciato il tempo, quella ingerenza che compete al Sovrano e che per la sua· giovanile età fu sinora pressochè nulla, possi·ede sufficiente ingegno ed energia di carattere per scuotere quelle influenze che potrebbero per avventura mettere a repentaglio la sua corona, e per dirigere 1a Nazione in una via più sicura e tranquilla.

382

IL CONSOLE IN MISSIONE A RAGUSA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 886. Danilovgrad, 2 settembre 1876, ore 14,20.

Le prince Nicolas dans une conversation tout à fait amicale, m'a exprimé qu'il compte sur sympathie et appui du Gouvernement du Roi. Il m'a confirmé qu'il croyait nécessaire conclusion préalable d'armistice avant de formuler ses idées sur la médiation de paix. Cependant H tenait à faire connaitre d'avance ses désirs à ce sujet. Par la configuration de ses frontières du còté de Nichic et de la vallée de Sputz le Monténégro se trouve dans une situation qui n'est bonne f!U'à perpétuer l'état de guerre avec la Porte.

Avec l'annexion, ces deux districts avec les pays qui les contournent et qui sont déjà tenus par les monténégrins seraient soustraits à cet état de choses. Le prince Nicolas ne m'a point parlé du port de Spitza. Je crois qu'il en fera une demande subsidiaire et qu'il préfère avoir les ports dans la baie d'Antivari. Il m'a dit qu'il doit s'efforcer à ce qu'on n'impose pas de graves conditions à 1la Servie.

383

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. CONFIDENZIALE 124. Roma, 2 settembre 1876.

Ho ricevuto ieri i rapporti di V.S. sino al N. 336 inclusivamente e mi affretto di porgerLe i miei più vivi ringraziamenti per le informazioni in essi contenute.

Fra que·i rapporti due hanno una speciale importanza nelle circostanze odierne; quello, cioè, col quale Ella mi riferiva il 21 agosto (l) le disposizioni più favorevoli alla pace di cui dimostravasi animata la Porta e quello riguardante le condizioni che si suppone possano essere poste dalla Turchia al ristabilimento delle pacifiche sue relazioni colla Serbia.

Ella osservava, Signor Ministro, molto giustamente che un notevole cambiamento si era prodotto nelle disposizioni dei Ministri Ottomani dal giorno in cui Ella ebbe ad esporre, in presenza del Gran Vizir, del Ministro degli affari esteri e di Midhat Pascià, le ragioni che ci inducevano a consigliare amichevolmente alla Turchia di provvedere, finchè ne è tempo, alla conservazione della sua integrità territoriale la quale potrebbe essere seriamente minacciata se la prolungazione delle ostiHtà facesse sorgere altre complicazioni.

In verità Safvet Pascià non dimostrava di conoscere sufficientemente le condizioni dell'Europa quando in quella occasione domandava con vivacità a

V.S. a quali pericoli Ella facesse anusione. Ella si tenne, nel rispondere a S.E., in una grande riserva. Questa Le era imposta dal carattere che aveva preso il colloquio coi tre Ministri del Sultano e da ragioni di particolari riguardi ai quali Ella si credeva tenuta affinchè le di Lei parole non fossero interpretate come accuse contro Governi amici dell'Italia. Ella aveva inoltre la convinzione che l'esposizione che Ella avesse fatta in (!uel momento dei progetti di annessioni territoriali di cui l'Austria avrebbe approfitta,to d'accordo con la Russia, ad altro non avrebbe giovato che ad accrescere }',irritazione già esistente fra la Porta e quei due Governi. Non è però che la conoscenza perfetta della situazione e di tutti i pericoli che ne possano nascere, che potrà illuminare la Turchia sui suoi veri interessi.

Sino dal primo sorgere della (!uistione della Erzegovina, l'Italia ha tenuto nei suoi rapporti col Governo Ottomano una linea di condotta così franca ed amichevole che io credo non sia possibile che i ministri del Sultano met

tano in dubbio la benevolenza che ci ha inspirati ogniqualvolta che abbiamo stimato nostro debito di far sentir,e alla Porta dei buoni consigli. Se le osservazioni che abbiamo presentato a codesto Governo relativamente all'armamento dei volontari mussulmani, all'applicazione delle regole generalmente ammesse per la guerra fra Nazioni civili, alla repressione severa di qualunque violazione delle regole stesse, fossero state ascoltate, la Turchia non avrebbe eccitato imprudentemente contro di sè il sentimento pubblico di tutta l'Europa ed i Governi amici della Porta ·troverebbero in una maggiore libertà di azione un modo più sicuro di provvedere agli interessi comuni che li legano alla Turchia.

L'eccessiva fiducia nella vittoria delle armi ottomane sarebbe funestissima alla Sublime Porta se essa dovesse avere per effetto di farle chiudere gli occhi sopra i pericoli che la circondano. Noi non vorremmo che nell'esitazione prodottasi in questi giorni per istabilive un accordo eirca i passi da farsi per la mediazione, la Turchia vedesse un sintomo della debolezza dell'azione delle Grandi Potenze a suo riguardo. La Porta si iHudel'ebbe assai se stimasse che dei disaccordi che potrebbero verificarsi nelle disposizioni delle Potenze si debba cercare la causa altrove che nei particolari segreti di alcune di esse. Appunto perchè è manifesto che non tutti i Gabinetti vorrebbero in questo momento la conclusione della pace, la Porta Ottomana dovrebbe persuadersi anzi avrebbe dovuto già essersi persuasa che il suo interesse richiede il pronto ristabilimento delle relazioni pacifiche coi Principati. Gli indugi di questi giorni aumentano le preoccupazioni di quei Governi che come l'Italia non hanno in vista che l'utilità di allontanare complicazioni sempre più gravi. Si conoscerà, io suppongo, a Costantinopoli, lo stato dello spirito pubblico in Russia. Non mancheranno neppure alla Porta le notizie sopra i facili mutamenti che gH avvenimenti militari possono produrre nelle risoluzioni dei Governi di Belgrado e di Cettinje.

Il momento da noi scelto per consigliare la pac·e era favorevole al ristabilimento dello statu q·uo territoriale ante bellum. Sopra questa base, che tutte le Potenze avrebbero accettata, un accordo avrebbe dovuto riuscire facile se sovra tutte le parti avessero avuto influenza soltanto i sentimenti di umanità ed un'intelligenza perfetta dei comuni interessi. Il Governo del Re si augura che questa condizione di cose non abbia repentinamente a mutarsi. Se nei giorni che passano senza che il lavoro di pace progredisca sensibilmente, la sorte delle armi volgesse favorevole ai Serbi, noi dubitiamo fortemente che le disposizioni dei varii Gabinetti possano rimanere 1e stesse di cui noi avevamo potuto accertarci. Risorgeranno allora i proget,ti che negli ultimi giorni parevano abbandonati ed io non vorrei, per il particolare danno che ne soffrirebbe ,l'Italia, che una siffatta situazione si verificasse, poichè purtroppo sarebbe illudersi a partito il credere che per opporsi a qud progetti la Porta troverebbe oggi degli alleati pronti a discendere in campo.

Ora se a queste nostre legittime preoccupazioni Ella aggiunge, Signor Ministro, quelle che fanno nascere le informazioni che Ella stessa avrà dello stato delle forze ottomane che si trovano sul teatro deHa guerra, io non dubito che V.S. si persuaderà che essendo nel nostro interesse di evitare che le difficoltà attuali prendano proporzioni ancor maggiori, non bisogna perdere

33 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

nessuna occasione per far comprendere ai Ministri del SuHano che ormai la salute dell'Impero richiede da parte loro una grandissima moderazione ed ogni sacrificio purchè la pace si conchiuda.

(l) Cfr. n. 340.

384

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 57. Parigi, 2 settembre 1876 (per. il 6).

Conformemente all'incarico che l'E.V. mi diede con telegramma del 31 agosto (1), io ho pregato oggi il Signor Desprez di ringraziare in di Lei nome il Duca Decazes delle comunicazioni che nell'udienza del 26 agosto egli m'aveva messo in grado di farle, e di quelle che Le furono fatte da codesto Incaricato d'Affari di Francia circa le vedute del Governo francese sulla questione orientale. Dissi al Signor Desprez che l'E. V. si felicitava vivamente d'aver potuto in loro linea generale di condotta in quella questione.

In quello stesso telegramma, l'E.V. mi aveva espresso il desiderio di conoscere le intenzioni del Governo francese pel caso in cui fosse per accentuarsi

o per prevalere la tendenza che pareva essersi manifestata a Vienna di non abbandonare il sistema del previo accordo dei tre Imperi nelle quistioni cui darà luogo l'ulteriore regolamento delle difficoltà orientali.

Discorrendo col Signor Desprez del probabile prossimo sviluppo della questione palpitante, io gli chiesi se al par di me egli altresì non avesse qualche indizio di velleità di separati accordi fra i tre Imperi, e se segnatamente da Vienna non gli fosse pervenuta nessun'informazione che l'autorizzasse a sospettare l'esistenza di vellettà simili. Egli mi rispose che non credeva ad un

pericolo di tal genere, che anzi il linguaggio che qui udiva dai Rappresentanti dei tre Imperi sovente dinotava discrepanze considerevoli e tali quali certo non si produrrebbero qualora vi fossero speciali intelligenze tra i loro Governi. A giudizio del Signor Desprez, la modificazione ch'era avvenuta nei rapporti tra i Gabinetti di Londra e di Pietroburgo pareva dover escludere la probabilità d'un ritorno al sistema già una volta sperimentato poco efficace e pieno di rischi. D'altronde, egli ravvisava nel fatto dell'imminenza d'un primo passo in comune a Costantinopoli il pegno d'uguale accordo tra le sei Potenze sul modo di deliberare in appresso.

Non insistetti di più, giacché suppongo che in ogni caso, il Signor Desprez, anche se lo volesse, difficilmente potrebbe pronunciarsi in quest'ora sulla condotta che il Gove11no francese seguirebbe qua,lora si avverasse quella previsione. Il Gabinetto francese che già dall'opinione pubblica fu vivamente censurato per la precipitata sua adesione al memorandum di Berlino si ,troverebbe in una situazione particolarmente delicata e difficile, e certo, dpetendosi il caso, non vorrebbe essere il primo a pronunciarsi. Dovrò aspettare il ritorno

del Duca Decazes a Parigi per tentare di penetrar su ciò il suo pensiero. Per ora credo che una simile preoccupazione debba tanto meno preoccuparlo inquantochè gli fu fatta dall'Incaricato d'Affari di Russia un'entratura che implicherebbe la prova essere intenzione almeno d'uno dei tre Imperi di risolvere le difficoltà pendenti per mezzo d'una conferenza. Quel mio Collega mi disse difatti che conformemente ad una lettera particolare che egli ebbe dal Principe Gortchakoff, egli intrattenne il Signor Desprez dell'eventualità della riunione d'una conferenza e dell'opinione del Principe Cancelliere in proposito. Vedendo che i giornali s'erano occupati di questo mezzo di soluzione che sembrava presentarsi come uno dei più opportuni, il Principe Gorchakoff si dichiarerebbe non alieno dall'esaminarlo e dall'accettarlo, se fosse proposto da altre Potenze, benchè non abbia l'intenzione di prendere l'iniziativa e di proporlo ,egli stesso. Soltanto esprimerebbe fino da ora l'avviso che un'eventuale Conferenza non dovrebbe comporsi di semplici Delegati, ma bensì dei Capi dei Gabinetti stessi delle Potenze interessate, e ciò affinchè 1e decisioni possano essere prese più prontamente e con maggiore autorità. Anche sulla sede stessa della Conferenza, il Principe Cancelliere di Russia già manifestò il suo pensiero, osservando che essa più opportunamente che in una delle capitali interessate potrebbe riunirsi in una città in cui sarebbero salve le convenienz,e di tutti, come Brusselle, Baden-Baden, Ginevra o Venezia.

(l) Non pubblicato.

385

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, BALBI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 102. Madrid, 2 settembre 1876 (per. il 9).

Ho l'onore di inviare qui unito (l) a V.E. un ritaglio del giornale ufficioso La Epoca contenente alcune considerazioni intorno al prossimo pellegrinaggio Cattolico a Roma organizzato in queste sfere ultramontane lo spirito e l'opportunità delle quali mi sembrano tali da meritare la attenzione dell'E.V.

Da indagini assunte in ordine a quell'avvenimento, mi risulta inoltre che fra i pellegrini contemporanei che muoveranno dalla Spagna, annoveransi alcune personalità di ambo i sessi appartenenti a quella frazione dell'aristocrazia nota per le sue tendenze Carliste, ed assicurasi pure alcuni prelati. In generale vuolsi che la spedizione sia stata organizzata sotto auspicj, non che reazionarj, più specialmente riannodati alla Causa del Pretendente; cosicchè gli opportuni concerti sarebbero stati presi senza il concorso del ProNunzio Cardinale Simeoni. H giorno del ricevimento dei pellegrini al Vaticano affermasi qui essere fissato pel 15 Ottobre, ricorrenza di Santa Teresa.

Con questa medesima occasione credo pure utile di rendere l'E.V. informata che fra la Santa Sede ed il Governo Spagnuolo fu finalmente stabilito l'accordo che rHiette il giuramento da prestarsi alla Costituzione di Alfonso XII per parte dell'Episcopato nazionale, e secondo il quale fu convenuto che al giuramento saranno soltanto tenuti i prelati insediati nelle rispettive Curie

Vcscovili posteriormente al promulgamento della Costituzione. Per quanto concerne i termini del giuramento medesimo, la loro redazione formerà oggetto di una prossima conf·erenza speciale fra il Cardinale Simeoni ed il Signor Canovas del Castillo, il quale è atteso oggi di ritorno da San Ildefonso.

P.S. Il rapporto di questa serle N. 101, Confidenziale (1), sarà trasmesso con prossima occasione privata alla R. Ambasciata in Parigi, per l'ulteriore recapito a Roma.

(l) Non pubblicato.

386

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 344. Terapia, 2 settembre 1876 (per. l' 11).

Pel mio rapporto del 31 agosto N. 342 (2) della presente Serie ebbi l'onore di ragguagliare l'E.V. come l'indomani i Rappresentanti delle Grandi Potenze avessero a riunirsi di nuovo affine di vedere d'intendersi sulla proposta di armistizio da farsi alla Sublime Porta. Ci radunammo infatti ieri alle 3 pomeridiane all'Ambasciata d'Inghilterra, presenti gli Ambasciatori della Gran Brettagna, di Austria-Ungheria, di Germania, e di Francia, il Ministro d'Italia, e l'Incaricato d'Affari di Russia.

L'Ambasciatore d'Inghilterra cominciò dal dire che egli non aveva ancora ricevuto dal suo Governo le istruzioni necessarie per fare alla Sublime Porta una formale proposta di armistizio; però, non dubitando che sarebbero per comparire senza ritardo, era pronto ad entrare in discussione sul modo dl procedere.

L'Incaricato d'Affari di Russia dal suo canto dichiarava che neppur egli era in possesso d'istruzioni sufficienti per formulare una proposta ufficiale a quel riguardo, gli ordini ch'egli aveva ricevuto non portando che d'appoggiare quella sarebbe fatta dagli altri.

L'Ambasciatore Austro-Ungarico ci dava allora lettura d'un telegramma

che aveva ricevuto poco innanzi dal Cancelliere Imperiale, nel Quale era detto

che il Principe di Montenegro aveva significato a quel Governo associarsi

egli alla domanda indirizzata dal Principe Milano alle Potenze Garanti d'in

terporre i loro officii per la conclusione d'una sospensione d'armi, pregare il

Governo Austro-Ungarico di far conoscere q_uesto suo desiderio agli altri Go

V'erni, ad eccezione della Russia alla quale aveva parimenti rivolto una comu

nicazione diretta in proposito. Il Conte Andrassy invitava quindi il Conte

Zichy ad intendersi co' suoi Colleghi allo scopo di proporre alla Sublime

Porta una sospensione delle ostilità in tutti i luoghi dove stavasi combattendo,

e domandasse in pari tempo alla Sublime Porta quali sarebbero le basi sulle

quali essa sarebbe disposta a trattare della pace.

Ringraziammo il Conte Zichy della comunicazione fattaci. Indi domandai al mio Collega se intendeva che la comunicazione relativa all'armistizio avesse

a farsi contemporaneamente a quella che si riferiva alle basi di pace, osservando che se si procedeva in tal modo si correrebbe il pericolo che la Sublime Porta facesse dipendere H suo consenso alla proposta d'armistlz:o dall'accettnzione delle sue basi di pace, e l'accettazione della prima potrebb'esserne ritardata. Questa osservazione fu trovata opportuna, e si convenne quindi di trattare primieramente della sospensione delle ostilità. S'entrò allora a parlare dell'estensione che s'avrebbe a dare all'armistizio. L'Ambasciatore d'Inghilterra si fece ad esprimere l'avviso ch'•esso non avesse ad applicarsi agli insorti, allegando che nessuno aveva autorità di trattare per questi, e quindi nessuno poteva assumere gli idonei impegni da loro part:e. Gli facemmo intendere come fosse indispensabile di estendere la sospensione delle ostilità a tutti i combattenti, e S. E. finiva per acconsentire a siffatta conclusione.

Si venne poscia a trattare della forma da darsi alla relativa proposta. Io emisi il parere si facesse una nota identica la quale fosse concepita in termini conformi alla gravità cd all'urgenza del caso. Nessuno de' miei Colleghi mi sostenne in quest'idea; e fu messa innanzi quella di fare una proposta verbale al Ministro degli Affari Esteri al quale si lasciel'ebbe un aidemémoire da combinarsi tra di noi. L'Ambasciatore d'Inghilterra dichiarava non si presterebbe in verun caso alla presentazione d'un aide-mémoire identico, poichè sapeva che le comunicazioni identiche non andavano a genio alla Sublime Porta. Nè fu possibile di smuovere il nostro Collega Inglese da questa risoluzione.

Si discorse indi a lungo sul modo di formulare l'armistizio. Io misi innanzi le idee contenute nel telegramma di V. E. del 30 agosto (l): si adottasse la base della presente situazione delle rispettive armate; s'incaricassero i relativi Comandanti ,tn Capo d'intendersi sui dettagli, f!Uesti potrebbero essere ajutati dagli Agenti Militari Esteri. Fu assai approvata l'idea del concorso da prestarsi dagli Agenti Esteri, tanto più che quelli si trovano a Vienna potrebbero in brevissimo tempo trasferirsi all'uopo alla frontiera Serba. Quanto alla situazione attuale delle forz•e, si presentarono varie obbiezioni. L'Incaricato d'Affari di Russia osservò che, per un armistizio che avrebbe forse a durare qualche tempo, s'avrebbe ad adottare delle linee più pl'ecise di demarcazione L'esercito Turco aveva, per esempio, dei corpi avanzati sulla riva sinistra del Timok; sarebbe forse opportuno di stabilire il Timok come linea di divisione. Sarebbe difficile eziandio che le forze Turche ritenessero le posizioni che occupavano attorno ad Alexinatz. Si toccava pure della posizione delle truppe irl'egolari. Si metteva innanzi a questo riguardo l'idea o di stabilire tra le forze rispettive una zona neutrale, o gli irregolari avrebbero a tenersi d:etro alle truppe regolari. D'altre cose si parlò, ma se ne venne alla conchiusJone che la prima cosa era di fare adottare alla Sublime Porta il principio della sospensione immediata delle ostilità, e poi s'incaricherebbero le specialità di dare esecuzione al progetto.

Non essendo dun(!ue tutti i Rappresentanti muniti delle istruzioni necessarie per procedere alla proposta in discorso, uno degli Ambasciatori suggeriva che quello di Francia redigesse un progetto di telegramma identico che

tutti avremmo ad indirizzare ai rispettivi Governi, ed avrebbe poi a servire

di base all'aide-mémoire da lasciarsi al Ministro degli Affari Esteri. Il Conte

Bourgoing ci dava indi lettura del progetto di telegramma nel quale era

detto, fra le al·tre cose, che i Rappresentanti esprimevano il desiderio che

la Sublime Pol'ta stabilisse un armistizio tra le parti belligeranti. Mi permisi

di osservare che, a mio avviso, i nostri Governi non c'incaricavano di espri

mere un desiderio, ma bensì di fare una formale proposta di media:llione per

conchiudere un armistizio, e mi sembrava quindi opportuno di modificare la

redazione in questo senso. Ne seguiva una lunga discussione il cui risulta.to fu

di adottare la forma che ebbi l'onore di trasmettere all'E.V. per telegrafo.

Prima di separarci io proposi di riunirei nuovamente domani, Domenica,

affine d'1intenderci definitivamente sulla proposta che, se nulla interveniva in

contrario, s'avrebbe a fare il lunedl.

Io indirizzai QUindi a V. E. il mio telegramma della sera del l o settem

bre (1), Quale era stato convenuto nella conferenza; e lo feci seguire dall'altro (2)

che rivolgevo stamane all'E. V.

(l) -Cfr. n. 381. (2) -Cfr. n. 379.

(l) Cfr. n. 366.

387

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1669. Berlino, 3 settembre 1876 (per. il 6).

La notizia pervenuta Qui jeri, della decisione adottata a Costantinopoli

dai rappresentanti esteri nella riunione di Venerdì, di presentare H 4 corrente

alla Sublime Porta la richiesta d'un armistizio generale, produsse in questo

Gabinetto una viva soddisfazione. Le disposizioni favorevoli che si attribui

scono al Governo turco e l'efficacia che la proposta in discorso riceve dalla

unanimità dell'accordo delle Potenze, danno a sperare che nel corso della

settimana entrante possa aver termine la effusione del sangue. All'infuori del

sentimento di umanità che si manifestò cosi potente in tutta Europa, il Ga

binetto di Berlino aspira tanto più a veder conchiuso con ogni possibile solle

citudine un armistizio, in quanto esso ravvisa come un pericolo serio il feno

meno che in questi ultimi tempi andò crescendo così rapidamente in Russia.

Gli spiriti non sono meno esaltati in Turchia e, sintomo poco rassicurante, le piazze forti di quelle provincie, asiatiche •ed europee, vengono approvvigionate ed ogni prepara·tivo di guerra è spinto con precipitazione, come se fosse imminente tutt'altro che la pace.

La riserva dalla o_uale non si scosta ouesto segretario di Stato, non perme.tte di fermarsi con fondamento di ragione sovra alcuna deHe congetture che si odono fare al riguardo delle basi di una pacificazione, più o meno duratura, in Oriente. La sola parola detta da lui che rischiari forse un po' le disposizioni di questo Governo. è quella che tel•egrafai a V. E., e che consisteva in una allusione alla necessità a cui si verrebbe di rimettere sul tappeto la sostanza del Memorandum di Berlino. Si udì persino accennare da

taluni aUa eventualità di un muovo convegno del Principe Gortchacow e del Conte Andrassy con il Prirncipe di Bismarck. Senza annettere troppa importanza a simile voce, volli nondimeno tenerne parola a questo Ambasciatore di Russia. Il quale si limitò a dirmi che, avendo egli interpellato il Signor de Biilow sovra le idee che si avrebbero qui circa il modus procedendi dopo che si sarà ottenuta una tregua, non ebbe altra risposta se non che il Gabinetto di Berlino aspirava innanzi tutto a veder sospese al più presto le ostilità, e che ottenuto ciò si sarebbe poi pensato al modus procedendi. Ritengo tuttavia che, fra i Gabinetti di Berlino e di San Pietroburgo, .lo scambio confidenziale di idee deve avere un carattere più preciso, poiché la loro intimità appare più grande che mai. H Maresciallo Barone di Manteuffel parti jersera per Varsavia, delegato dall'Imperatore Guglielmo a salutare lo Tsar in quella città. Il Segretario di Stato si recò jeri stesso a dar notizia al Signor d'Oubril di siffatta decisione, e più tardi, ricevendo la visdta dell'Incaricato d'Affari inglese, lo pregò d'informarne il suo Governo, volendo forse prevenire così ogni commento sovra una tale missione, definita come un atto di cortesia. I commenti però non mancheranno, e con apparenza almeno di rag:ione, stante la scelta del Maresciallo von Manteuffel, il quale è considerato come una personalità politica ·e come specialmente addentro nell'intimità del Suo Sovrano.

Se realmente il desiderio che anima ora tutte le Potenze è quello di soffocare senza ritardo i germi di rivalità che furono desta.ti dalla insurrezione in Oriente, si dovrebbe credere che le tre Potenze del Nord eviteranno di accentuare fra di loro un'azione separata, misteriosa negli scopi ed isolata nella forma. Tutto ciò che fosse per accennare ad una alterazione dello status quo nei possedimenti turchi, avrebbe probabilmente per effetto immediato di allontanare di nuovo l'Inghilterra dal concerto generale, nel quale è evidente che essa teme di lasciarsi trarre più in là di quello che esigono i suoi interessi politici. Il sentimento di raccapriccio e di pietà per le stragi della Bulgaria, H convincimento che la Turchia, per protrarre la sua esistenza, deve assolutamente effettuare delle riforme nella Bosnia e nell'Erzegovina, costituiscono un terreno sul quale l'accordo fra le varie Potenze non è impossibile. Chi volesse invece parlare di una cessione di territorio turco a qualche Potenza estera, renderebbe probabilmente inutile ipso facto ogni discussione ulteriore. La parola d'ordine deHo status-quo migliorato è pur stata costantemente quena del Gabinetto di San Pietroburgo. Dalle conversazioni che ebbi qui, riportai la impressione che si accarezzerebbe piuttosto l'idea da parte della Russia, d'ottenere per le Provincie insorte una specie di autonomia che lasci esistere i vincoli che le l·egano all'Impero turco. La qual cosa sarebbe un vantaggio per le popolazioni di quelle Provincie, ed agli occhi del popolo russo una tal quale soddisfazione delle aspirazioni di razza.

Il 1° corrente, Edhem Pacha ebbe per telegrafo l'ordine di dare comunicazione al Gabinetto di Berlino della elevaz,ione al trono di Abdul Hamid. Egli ne informò tosto il Segretario di Stato, il quale rispose che avrebbe preso al riguardo gli ordini dell'Imperatore. Non credetti che fosse il caso di telegrafare ciò a V. E., cui la medesima comunicazione sarà stata fatta contemporaneamente da codesto Inviato Turco.

Ho l'onore di segnar ricevuta dei dispacci della Serie Politica n. 402 e 403 a me diretti, nonché del n. 401, confidenziale, indirizzato a S. E. il Signor Conte de Launay (l) il Quale, in conformità a quanto gli telegrafai a nome dell'E. V., sarà Quanto prima di ritorno a Berlino.

(l) -Cfr n. 380. (2) -Non pubblicato.
388

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 346. Terapia, 3 settembre 1876 (per. l' 11).

Ieri comparve il telegramma che l'E. V. mi faceva l'onore di rivolgermi in giornata (2) per significarmt Essa trovava che la proposta che i Rappresentanti delle Potenze Garanti avevano in animo di presentare alla Sublime Porta era insufficiente per produrre sul Governo Ottomano l'effetto desiderato. Dopo le tergiversazioni degli ultimi giorni non si poteva riguadagnare il tempo perduto senonché presentando alla Sublime Porta una proposta identica nettamente formulata e contenente le domande sulle Quali i Gabinetti erano caduti d'accordo. Le informazioni che ·l'E. V. aveva ricevuto sulle disposizioni degli altri Gabinetti darle la speranza che la formula, da Essa indicatami nel telegramma del 30 agosto (3) sarebbe accettata dai miei Colleghi. Tenere V. E. a conoscere quello che io avevo fatto per farla accettare e le obbiezioni che essa aveva solleva·te. Mi farebbe tenere le ultime istruzioni prima di lunedì.

Risposi all'istante per telegrafo quello che l'E. V. avrà ricevuto poco appresso, e fu il terzo telegramma di ieri (2). Maggiori dettagli si trovano riferiti nei precedenti miei rapporti.

Non mi fa meraviglia che V. E. sia stata poco soddisfatta della conclusione adottata nella conferenza del l o settembre. Né v'ha dubbio che vi furono in f!Uesti ultimi giorni delle esitazioni e de.rrli indugii che non erano conformi alla gravità della situazione. Ma sta di fatto che l'azione· di questi Rappresentanti non è né può essere che la risultanza delle istruzioni che essi ricevono dai rispettivi Governi. Dirò di più: quest'azione si atteggia inoltre, entro certi limiti, ai sentimenti dai quali essi credono animati i rispettivi Governi. È quindi per me evidente che le esitazioni o gli indugi nel presente caso non vennero da questi Rappresentanti, ma bensì dai Gabinetti che non seppero o non vollero dare ad essi istruzioni positive e categoriche riguardo a quello avevano a fare. Non istà a me di indagare le ragioni delle titubanze che si manirestarono presso alcuni fra i Governi delle Potenze Garanti. Sopra di esse V. E. sarà, nella sua saggezza, assai meglio di me in grado di portare un adeguato giudizio. Ora io ignoro se nell'avvenire QUei Governi spiegheranno maggiore prontezza e maggiore energia nelle ulteriori determinazioni che saranno a prendersi. Ma è ben sicuro che la condotta di questi Rappresentanti continuerà ad informarsi alle istruzioni che essi saranno per ricevere dai rispeHivi Governi, ed ai sentimenti dai quali li crederanno animati.

12) Nnn pubblicato. (3J Cfr. n. 36G.

Quanto alla parte che io ebbi in questi negoziati, l'E. V. ne ha piena contezza dai miei telegrammi e dai miei precedenti rapporti. Né altro ho da aggiungere in proposito.

11 l Cfr. nn. 355. 356. n d. 403 non è pubblicato.

389

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

D. 30. Roma, 4 settembre 1876.

Dopo un laborioso negoziato, che durò quasi dieci giorni, oggi finalmente

Rappresentanti d'Italia, Allemagna, Francia, Austria e Russia hanno domandato alla Sublime Porta un armistizio, non solo per la Serbia ed il Montenegro, che ne espressero il desiderio, ma anche per tutti gli altri combattenti. Tale è, presso a poco, la formula adottata per il • promemoria • che i Rappresentanti suddetti hanno consegnato a Safvet Pascià. Per rompere gli indugi che trattenevano il corso dei negoziati, convenne che il Governo Bdtannico ordinasse, sino dal giorno 2 corrente, al suo Ambasciatore a Costantinopoli di presentare alla Porta la proposizione di un armistizio, almeno di un mese, per la discussione immediata delle condizioni di pace, armistizio che doveva comprendere tutti i combattenti. Nel dì stesso Sir Henry Elliot eseguiva le istruzioni ricevute. Contemporaneamente egli comunicava ai Rappresentanti delle altre cinoue Potenze l'ordine che egli aveva di chiedere il loro appoggio.

A far adottare questa risoluzione, la sola che, a nostro avviso, potesse tagliar corto alle esitazioni manifestatesi a Costantinopoli fra i Rappresentanti delle Potenze, noi abbiamo contribuito coll'insistere presso Lord Derby sulla necessità di non permettere che cogli indugi si compromettesse l'esito dell'opera mediatrice, per la quale il terreno era stato nei giorni passati favorevolmente predisposto, così a Belgrado e Cettinjie, come a Costantinopoli. In colloquii ai quali desideriamo sia mantenuto un carattere di grande intimi•tà e di assoluta segretezza, riuscì a S. E. il Generale Menabrea di esercitare, a questo riguardo, un'azione persuasiva sull'animo del principale Segretario di Stato della Regina. Il Conte Corti, dal canto suo, adoperandosi in conformità delle istruzioni ricevute, poté persuadere i suoi Colleghi a seguire l'esempio dell'Ambasciatore Inglese, ed a mettersi d'accordo sopra una formola identica che contenesse la proposta di armistizio. Così questa proposta, se non fu fatta simultaneamente da tutti i Governi, ha avuto almeno il carattere di una comunicazione identica; cosa questa che non sembrava potersi sperare, quando si rifletteva, da un lato, che le istruzioni dei singoli Governi ai loro Rappresentanti a Costantinopoli erano in varii punti divergenti, e d'altro lato, che i Rappresentanti stessi non si dimostravano disposti a deviare, fosse pure di una sola linea, dagli ordini ricevuti.

La fatica che ha costato il riunire in un'azione comune tutte le Potenze per proporre alla Porta Ottomana una domanda pura e semplice di armistizio, non è di buon augurio per l',esito finale di un negoziato, esito il quale può

avere, come V. E. ben sa, le più gravi conseguenze per interessi che ci toc

cano direttamente.

Ella conosce, Signor Ambasciatore, come sin dal giorno 13 agosto, noi fummo invitati dalle prime entrature del Governo Serbo a preparare, sia a Costantinopoli, sia presso le altre Potenze, un terreno favorevole ad una domanda di armistizio. Da varii dispacci confidenziali, dei quali Ella ebbe comunicazione, risulta in qual modo la nostra azione diplomatica si svolgesse, così presso i Ministri del Sultano, come presso i principali Gabinetti europei. Chiunque conosca che, non soltanto ragioni di umanità, ma necessità imperiosa di provvedere a nostri interessi particolari ci spingeva a prendere una parte attiva nei negoziati, riconoscerà, senza dubbio, che ,i nostri passi furono circondati da tutte le precauzioni possibili per assicurarne l'efficacia.

Pochi giorni bastarono perché tutte le Potenze dichiarassero a Belgradò essere il loro appoggio assicurato ad una proposta di mediazione. L'AustriaUngheria, che fu l'ultima a pronunziarsi in questo senso, fece essa pure ila sua dichiarazione il giorno 20 Agosto. Le disposizioni recisamente contrarie della Turchia per entrare in trattative, si erano nel frattempo assai modificate. Non ci demmo per vinti alle prime ripulse che i nostri consigli incontrarono a Costantinopoli. La spe·ranza di complete vittorie poteva momentaneamente accecare i Ministri del Sultano, ma considerazioni di sana politica dovevano pure aver per effetto di aprir loro gli occhi sopra i pericoli che circondano la Turchia, se questa non provvede a se stessa, col moderare le sue pretensioni, e soprattutto coll'affrettare il momento in cui le sarà dato di godere i benefizii della pace.

Si dubitò per un istante che l'opera della mediazione potesse essere ritardata per effetto delle disposizioni del Principe di Montenegro a questo riguardo. Questo dubbio però si dissipò ben tosto, quando si seppe che il Principe Nicola aveva incaricato il Gabinetto di Vienna di portare a cognizione anche degli altri Governi le sue disposizioni favorevoli alla pace. Nel timore che la incertezza, nella quale si era di ·tali disposizioni, potesse influire sfavorevolmente sui negoziati intrapresi, il Governo di Sua Maestà aveva ordinato al Cavaliere Durando di recarsi sollecitamente al campo morntenegrino. Egli doveva chiedere l'adesione del Principe Nicola alla domanda fa·tta al.le Potenze dal Principe di Serbia; e, siccome nell'intervallo ci era giunta la notizia dell'adesione già data, così il R. Agente ebbe istruzioni telegrafiche di esprimersi con Sua Altezza nel senso di farle intendere che la conclusione della pace fra la Turchia ed i Principati era necessaria, perché le Potenze potessero ripigliare l'opera della pacificazione generale delle contrade che ebbero tanto a soffrire durante gli ultimi avvenimenti. Non doveva il Cavaliere Durando omettere di far sentire che senza una grande moderazione da tutte le parti uno scopo così desiderabile difficilmente avrebbe potuto esser raggiunto. L'arrivo dell'Agente ItaHano al campo di Danilograd produsse un'ottima impressione sull'animo del Principe Nicola, e noi abbiamo potuto acquistare la convinzione che serie difficoltà non potrebbero nascere, per opera del Principe, se le Potenze concordemente volessero agire presso la Porta Ottomana per ottenere immediata sospensione delle ostilità e pronte trattative di pace.

D'onde venivano dunque gli ostacoli che durante dieci lunghi giorni ral

lentarono l'azione mediatrice delle Potenze, azione sullo scopo della quale

non sembrarono esistere sostanziali divergenze d'opinioni? Misurando dalle

difficoltà che si ebbero a vincere sin qui, quelle che tuttora ci separano dal

momento in cui l'opera pacificatrice potrà dirsi compiuta, noi dobbiamo do

mandarci se un fine così desiderabile potrà essere raggiunto nelle circostanze

attuali.

Sulle disposizioni delle singole Potenze non ci siamo illusi .fin dal principio. Noi abbiamo preV1eduto che l'improvvida condotta della Turchia avrebbe offerto facile occasione a tutti i Governi che dei suoi errori avessero intenzione di profittare. A nulla valsero purtroppo i ripetuti consigli dati alla Porta perché frenasse le sue milizie regolari ed irregolari e con severe repressioni dimostrasse di respingere ogni solidarietà nelle responsabilità degli eccessi che tanto giustamente commuovono l'opinione pubblica di tutti i paesi civili. Il caso preveduto nel convegno di Reichstadt, veri.ficandosi il quale la politica di non intervento potrebbe cessare di essere norma della condotta della Russia e dell'Austria-Ungheria, potrebbe avverarsi se l'animamento che produce a Costantinopoli la fortuna delle armi, spingesse la Porta, od a rifiutare l'armistizio, od a chiedere che il medesimo sia accompagnato da condizioni tali che equivarrebbero ad un rifiuto. In brevissima ora noi potremmo dunque trovarci in presenza di quelle complicazioni che soltanto una pace prontamente conchiusa potrebbe allontanare.

Quando questo dispaccio perverrà a V. E., noi conosceremo probabilmente meglio d'oggi le disposizioni del Governo del Sultano. Le notizie, però, che abbiamo avute testé da Belgrado e da Ragusa, non sono tali da farci sperare molta arrendevolezza per parte della Turchia. Se gli eserciti ottomani riescono a mantenersi sul suolo montenegrino ed a rendersi padroni delle posizioni militari considerate come le più importanti del mezzodì della Serbia, le pretensioni del Governo di Costantinopoli potrebbero crescere in tale misura da creare gravissimo imbarazzo a quei Governi stessi che hanno intrapreso di esercitare la mediazione sulla base dello • statu quo • territoriale • ante bellum •. Lord Derby, in un recente colloquio con il Genera•le Menabrea, ed il Conte Andrassy, conversando col Generale di Robilant, hanno espresso chiaramente la opinione che la domanda per parte della Turchia di occupare le fortezze meridionali della Serbia sarebbe considerata come inammissibile e tale infatti dovrebbe sembrare se la base deH'azione mediatrice delle Potenze deve trovarsi nelle disposizioni del Tratta•to di Parigi concernenti il Principato. Ma se per ·effetto degli indugii di questi giorni la situazione militare reciproca degli eserciti belligeranti si fosse per tal modo modificata da

permettere alle forze ottomane di mantenersi durante l'armistizio in possesso di punti strategici molto importanti, è certo che le difficoltà che si affaccieranno quando si tratterà di far accettare aHa Porta lo • statu quo ante bellum •, potranno essere molto serie. Si disse che l'Inghilterra per predisporre la Porta a sentimenti conciliativi, abbia fatto sentire a Costantinopoli la conseguenza di un diverso atteggiamento poter essere un'intervenzione straniera. Noi ignoriamo se questo linguaggio sia stato tenuto; in ogni caso se esso sia stato autorizzato dal Gabinetto di Londra. Sappiamo però che quelle stesse notizie che ci pervennero circa l'eccitamento dello spirito pubblico in Russia furono da Lord Loftus riferite al suo Governo, il Quale ne fu vivamente commosso. Le notizie, che possediamo circa l:e disposizioni militari, prese in Austria ed in Russia, sono, né molto precise, né molto recenti. Però, in data del 15 agosto, veniva segnalato al Ministero il concentramento di due divisioni dell'esercito russo del Caucaso presso la frontiera turca; una ad Alexandropa, :e l'altra ad Achalzik. La prontezza colla quale un grande Stato può, con gli ordinamenti attuali mobilizzare una parte considerevole del suo es'ercito, soprattutto trattandosi d'intrap!'endere una campagna che non sembrerebbe, almeno da principio, dovere offrire molte difficoltà, vuol essere tenuta in conto nel formare le previsioni di un avvenire che per varii rispetti ci sembra oscurarsi sempre maggiormente.

Noi non dobbiamo d'ssimularci tutta la gravità della presente situazione, né nascondere le inQuietudini che essa c'inspira.

Tutti i nostri interessi sono nel senso della conversazione della pace. A questo scopo l'Italia ha rivolto tutti i suoi sforzi; la condotta seguita nelle nostre relazioni internazionali non ebbe altro fine. In questa linea di condotta noi intendiamo ora più che mai di perseverare. Ma noi provvederemmo male agli interessi del nostro paese, se, in una situazione piena di pericoli, ci limitassimo ad affermare i voti pacifici del nostro Governo tante volte già manifestati. Noi dobbiamo far di più. Noi dobbiamo aver il coraggio di affrontare le difficoltà presenti avendo innanz:i agli occhi nostri un solo punto di mira, la salvaguardia cioè di quegli interessi che possiamo considerare come permanenti per il nostro paese. Nulla dobbiamo omettere di ciò che può contribuire ad allontanare le eventualità nelle o_uali ouegli interessi potrebbero soffrire grave pregiudizio. Tutto ciò, quindi, che potrebbe essere motivo o pretesto per le Potenze limitrofe della Turchia ad intervenire sul territorio ottomano, è cosa che vorremmo veder evitata, perché nelle circostanze presenti della maggior parte delle provincie ottomane di Europa non sarebbe possibile prevedere il limite della durata di un'occupazione militare straniera, la Quale, per necessità di cose, potrebbe convertirsi, dopo breve termine, in una presa di possesso permanente. Appena è mestieri accennare che mal a proposito si citerebbe a questo riguardo l'ultimo ,esempio di un'occupazione temporanea di milizie straniere che contribuì alla pacificazione di una delle più importanti provincie dell'Impero Ottomano. L'intervenzione francese in Siria nel 1860 non aveva l'importanza, né certamente conteneva i pericoli di una spedizione austriaca in Bosnia o di una occupazione russa di Kars e di Erzeroum. Eppure, per impedire l'eccidio di infelici popolazioni cristiane, a pietà delle quali si muov;e l'opinione pubblica in tutti i paesi, non vedonsi altri mezzi che questi: interporre efficacemente a Costantinopoli l'autorità morale di tutte le Potenze, o, se l!Uesta non bastasse. la spada di una di esse. Per isfuggire a questo rimedio estremo, è necessario. è urgente ripristinal'e l'autorità morale che emana dal concerto dei sei Governi garanti dell'integrità dell'Impero ottomano. A questo fine una vigorosa iniziativa ci parve indispensabile. Essa avrebbe potuto esser presa, come nel 1\iaggio scorso a Berlino, dai tre Imperi, se o_uesti, più strettamente fra di loro collegati, non avessero nelle recenti continue titubanze lasciato scorgere chiaramente la grandissima difficoltà che incontrano per conciliare i divergenti loro interessi nella questione orientale. D'altronde, dopo l'esperienza fatta col Memorandum al quale il Gabinetto di Londra ricusò di associarsi, la prova non era da ritentarsi, poiché essenzialissimo interesse comune di tutti i Governi è che l'Inghilterra unisca la sua voce influente ed ascoltata a Costantinopoli a quella unanime delle altre Potenze. Né ciò che i tre Imperi non erano in grado di fare assieme potevasi aspettare dall'uno o dall'altro di essi separatamente.

Spinto da contrarie correnti interne in sensi opposti, il Gabinetto AustroUngarico trova nei divergenti interessi delle due parti della Monarchia un impedimento a prendere nella fase presente della questione un atteggiamento più risoluto di quello che sino dal primo affacciarsi della medesima esso fu costretto di adottare.

La Germania, posponendo qualunque altro interesse a quello per lei essenzialissimo del mantenimento della lega dei tre Imperi, ricusa di dipartirsi da una riserva che fin qui le ha permesso di evitare di pronunciarsi fra gli interessi troppo sovente divergenti dei suot due alleati. Non sono d'oggi gli sforzi che la diplomazia italiana ha fatti a Berlino per indurre quel Governo a prendere una parte più efficace e più conforme agli interessi del nostro paese nelle questioni che riflettono !'•equilibrio delle forze nei mari che ci circondano, ma è una delle conseguenze più manifeste della pace del 1870 quella per cui alla Germania, tanto cresciuta in potenza, non rimane piena libertà di scelta nella sua condo·tta politica. Essa non può perdere di vista per un solo istante la necessità assoluta in cui si trova d'impedire che la sua lega coll'Austria e colla Russia si sfasci: e, pur di allontanare questo pericolo, essa pare pronta a fare i maggiori sacrifizi.

La Russia è trattenuta forse dalla Germania dal prendere in questo momento un'iniziativa per la quale non le mancherebbe certamente la vocazione. Non vi ha Gabinetto in Europa al quale quello di Pietroburgo non abbia palesato ciò che vorrebbe la Russia. Ma l'affermazione frequente ed esplicita de~ desiderii del Governo Imperiale è stata finora accompagnata da una costante e non meno esplicita dichiarazione di voler egli assolutamente astenersi dal pigliare in proposito un'iniziativa.

Per altre ragioni Questa non potrebbe neppure esser presa, con speranza di buon esito, dalla Francia. Ed è dal complesso di queste considerazioni che noi fummo indotti a credere che a Londra dovessimo dirigere i nostri passi per esortare q_uel Governo a farsi innanzi e ad assumere, nella gravissima situazione presente, la posizione che per molti rispetti gli appartiene. Questi nostri passi non furono infruttuosi. Lord Derby, fattosi persuaso dei motivi che H Generale Menabrea si trovò in grado di esporgli, si dimostrò ben disposto a prendere d'ora in poi un'iniziativa energica nelle due questioni che debbono risolversi per avere una pace durevole. Noi abbiamo saputo anzi da Berlino che colà l'Inghilterra ha voluto in questi giorni assicurarsi che la Germania non vo•lesse riservare a sé l'iniziativa delle proposizioni di pace c la risposta negativa di c:tuel Gabinetto Imperiale avrà contribuito, noi lo speriamo, a confermare Lord Derby nelle buone disposizioni manifestateci.

Nello accostarci al Gabinetto di Londra noi sapevamo che nelle linee essenziali tanto per la conclusione della pace, quanto per il miglioramento delle condizioni delle popolazioni della Bosnia e dell'Erzegovina non esiste disacdordo fra l'Inghilterra e la Russia. Nella situazione creata dagli ultimi aVVJenimenti militari, lo • statu quo ante bellum • sarà certamente mantenuto, tanto a Londra che a Pietroburgo, come la sola base possibile di un pronto negoziato. Nei colloqui di Ems Ella seppe dal Principe Gortchakow che fra

• desiderata • della Russia eravi un allargamento della frontiera del Montenegro in guisa da dare una soddisfazione ai bisogni delle popolazioni di quel Principato. Giustamente a parer nostro, il Gabinetto di Londra inclina a respingere qualunque proposta di rettificazione di frontiera.

Aperta la questione sopra questo terreno, l'Austria, la Russia, la Grecia e la Rumenia metterebbero innanzi, ognuna, le sue pretensioni. Ma se, al momento in cui si tratterà la pace, la situazione militare rispettiva della Porta e del Montenegro lo richiedesse, si potrebbe aver presente la circostanza che la demarcazione delle frontiere di quel Principato è tutt'ora una questione aperta sopra varii punti; ed a questa questione le Potenze potrebbero, nell'interesse della conservazione delle buone relazioni di vicinato, applicarsi a dare una risoluzione soddisfacente. A questo riguardo io debbo anzi fin d'ora confidenzialmente far conoscere a V. E. che da recenti comunicazioni dirette avute col Principe Nicola ci risulterebbe che i Montenegrini aspirano a riunire al Principato alcuni territorii .tanto verso Niksic, quanto dal lato opposto nella valle di Spuz; ma del desiderio di possedere alcuni punti sul litorale adriatico, Sua Altezza non fece cenno per ora, e così una delle maggiori difficoltà che avrebbero potuto nascere nel corso delle trattive non sarebbesi ancora affacciata.

Nei negoziati di pace le divergenze si produrranno piuttosto nelle tendenze della Russia ,e dell'Austria-Ungheria che nelle idee prevalenti pvesso le altre Potenze. Non vi ha dubbio che il ristabilimento puro e semplice dello

• statu QUO ante bellum • è, fra tutte le conseguenze della guerra Serbo-·turca, quella che riesce meno favorevole all'Austria-Ungheria. La completa disfatta dei Serbi avrebbe annullato a benefizio della Croazia l'influenza del Principato sugli slavi della Turchia. La preponderanza dell'Austria-Ungheria, nelle questioni che tosto o tardi rinascerebbero in quelle contrade, sar·ebbe di tanto accresciuta di quanto ora sarebbe diminuito il prestigio della Russia in quei paesi. La vittoria dei Serbi sopra i Turchi avrebbe avuto conseguenze opposte, ma nelle antipatie degli slavi cattolici per i loro connazionali di rito greco l'Austria aveva in mano una molla che a tempo e ·luogo opportuno avrebbe potuto agire ed, in uno smembramento dei territori tolti alla Sovranità del Sultano, la Monarchia Austriaca avrebbe potuto trovare qualche compenso. Quando ora si tratterà di ristabilire la pace, escludendo qualunque progetto di nuova ripartizione territoriale, noi dobbiamo dunque prevedere le difficoltà che potranno nascere dalle opposte tendenze della Russia e dell'Austria; ma queste non saranno tali, giova credere, che l'azione conciliatrice delle Potenze, e quella in particolar modo della Germania, non basti a temperare.

Molto più arduo sarà il problema da risolversi quando si dovrà statuire sul regime da introdursi nelle provincie travagliate dall'ultima insurrezione per rendervi possibile la coesistenza delle popolazioni cristiane con le maomettane. La pac'e fra i Principati e la Turchia appianerà la via ai negoziati, ma non risolverà la gravissima questione.

Ella conosce, Signor Ambasciatore, tutti gli accordi, tutti gli scambi di idee che ebbexo luogo a questo riguardo. A Vienna si accarezza l'idea di ritornare puramente e semplicemente al programma contenuto nella Nota Andrassy del 30 dicembre. Colà si crede che all'Austria, per la sua posizione geografica, per i maggiori pericoli e pesi ai quali soggiace, debba essere riservata una piena libertà d'azione, in guisa che al Gabinetto Imperiale debba spettare il fare ad altri le opportune proposte, ma non il riceverne. A Berlino si crede che tosto o •tardi si dovrà ripigliare le trattative sulla base del

• Memorandum • di maggio. Ed a Pietroburgo, dove 'in parecchie occasioni si è fatta palese la opinione, essere il progetto di riforme, elaborato con tanta fatica a Vienna, troppo insufficiente allo scopo, sembra cercarsi ora nella riunione di una Conferenza europea, senza programma definito, il mezzo di svincolare l'azione diplomatica del Gabinetto Imperiale, che, in conseguenza dell'adesione data a quei documenti, trovasi tuttora alquanto inceppata.

Per le ragioni già più volte addotte, io non crederei opportuno che nelle circostanze attuali si desse ai negoziati un indirizzo tale da rendere necessario che l'Inghilterra, rivenendo sulle sue deliberazioni, dovesse ora, anche soltanto implicitamente, accettare dei documenti diplomatici che notoriamente non incontrarono la sua approvazione. Noi abbiamo invece, nelle basi che servirono durante il soggiorno dell'Imperatore Alessandro ad Ems ad un ravvicinamento fra l'Inghilterra e la Russia, un terreno più favorevole sul quale potrebbero, a parer nostro, aprirsi i negoziati. Abbiamo motivo di credere che le disposizioni dell'Inghilterra sono tuttora favorevoli perché si accordi un'autonomia amministrativa alle province insorte. Il Gabinetto di Londra non vede difficoltà politiche a.ll'introduzione di un siffatto regime; egli però non disconosce le gravi difficoltà pratiche che, a tal riguardo, dovrebbero essere superate. Non è soltanto la questione religiosa, ma anche la questione sociale nei rappovti dell'agricoltore col proprietario che dovrebbero essere simultaneamente studiate e risolte. La Turchia sarà essa capace di risolvere da sé sola questi problemi? Ed a quello che la Turchia non potesse, o non volesse fare, dovrà supplire l'Europa colla sua autorità morale? Qui si pone la questione della forma nella quale questa autorità dovrebbe manifestarsi.

Senza un centro per le loro deliberazioni è quasi impossibile che un accordo possa formarsi fra i Gabinetti in una ma•teria nella quale le opinioni più diverse possono trovarsi di fronte. Faciliterebbe invece assai l'opera da compiersi la convocazione di una conferenza europea. Noi sappiamo che, se questa fosse dimostrata indispensabile, l'Inghilterra non avrebbe delle obbiezioni assolute da opporre alla riunione della medesima. Però la condizione che vorrebbe imporre la Russia, che alla conferenza stessa non dovessero intervenire altri Plenipotenziari che i Ministri degli Affari Esteri delle singole Potenze, non riuscirebbe gradita a Lord Derby, anche per la considerazione che il maggior numero dei Ministri che interverrebbero non potrebbe prendere risoluzioni definitive senza prima consultarsi coi Colleghi dei rispettivi Gabinetti. Della Francia sappiamo invece che, pronta a aderire, dal canto suo, alla proposizione di una Conferenza, vorrebbe lasciare che l'iniziativa ne fosse

presa da una delle Grandi Potenze che fosse in grado di prese·ntare l'ordine del giorno della Conferenza stessa. Ma le difficoltà, che si oppongono all'adozione di questo sistema di deliberazione, nascono dall'opposizione recisa, risoluta dell'Austria-Ungheria, dalla quale pare non voglia discostarsi in questa materia il Gabinetto di Berlino. Il Conte Andrassy, in un recente colloquio coll'Ambasciatore di Sua Maestà a Vienna, ha dichiarato che per conto suo non intende cambiare il sistema che fu seguito per ·la Nota del 30 dicembre e pel

• Memorandum • di maggio. Quel primo Ministro Imperiale si pronunziò del pari in modo assoluto contrario all'idea di una Conferenza, dicendo che personalmente non vi interverrebbe, e che non credeva poter delegare ad altri i poteri necessarii per discutere cose di così grav.e momento. Le affermazioni della Germania a questo riguardo non ci risultano essere state così assolute; ma è visibile che per il Gabinetto di Berlino il rifiuto di accettal'e il progetto di un congresso non è che mezzo per conservare l'accordo a tre, sul quale poggia il sistema delle sue alleanze. La lega dei tre Imperi, se non sarebbe sciolta col fatto stesso della riunione di un Congresso Europeo, perderebbe però in gran parte quella importanza che essa ebbe per lo addietro.

Questo lato della questione merita certamente di essere profondamente meditato. Ella non ignora, Signor Ambasciatore, per quali motivi anche l'Italia ha moralmente aderito in passato ad una lega che costituiva una guarentigia di pace per l'Europa. Quando altre questioni dovessero sorgere, l'Italia non dovrebbe certamente discostarsene. Quindi è che anche nelle circostanze presenti noi non dobbiamo perdere di vista quegli interessi meno urgenti, ma certamente non meno gravi, che hanno determinato la scelta della politica del Governo di Sua Maestà dal 1870 in poi.

Ho esposto a V. E. le considerazioni che nello stato attuale di cose mi sembrano poter giovare per guidarla nell'azione tanto efficace ch'Ella deve continuare ad esercitare presso codesto Gabinetto Imperiale. Se per alcuni rispetti la posizione del nostro paese può sembrare assai più libzra di quella di varie altre Potenze, Ella, che conosce perfettamente le difficoltà inerenti alla particolare nostra situazione nei rapporti coi singoli Governi, comprenderà con quanta cautela e con quanta saviezza noi dobbiamo operare in questo momento. Ed io mi affido di poter contare pienamente, anche in questa circostanza, sulla esperienza e sullo zelo di Lei per tutto ciò che può contribuire al bene del nostro paese.

390

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 148/53. Londra, 4 settembre 1876 (per. il 7 ).

Il mio telegramma d'ieri l'altro (l) avrà informato l'E.V. della posizione assai esplicita che, a giudicarne dalla conversazione ch'io ebbi col Conte di Derby, sembrava voler prendere il Gabinet.to Inglese nelle trattative che

stanno per iniziarsi per un armistizio e per la pace, affine di porre termine alla guerra Slavo-Turca.

Come io lo accennavo all'E.V., il Foreign Office non mette importanza al modo od all'ordine con cui procederanno le trattative, e ciò si riferisce appunto alla divergenza ,esistente fra il modo proposto dalla Russia e quello proposto dall'Austria. Ma, a quanto pare, esso è deciso a fare ogni sforzo per raggiungere ,lo scopo di una stabile pacificazione.

L'armistizio deve estendersi alla Servia ed al Montenegro e l'azione militare Turca deve cessare nelle Provincie insorte. Le basi della pace dovrebbero essere per i due Principati lo statu quo ante bellum, colla esclusione di qualsiasi occupazione permanente del territorio serbo per part:e della Turchia. In quanto alle Provincie insorte, la quistione presenta maggiori difficoltà ma non si esclude l'idea d'una autonomia amministrativa delle medesime, alla Qual cosa il Foreign Office non vedrebbe abbiezione politica.

La quistione sarà del come stabilire quell'autonomia amministrativa, imperocché vi sono dei conflitti di religione, di razze e d'interesse che rendono la cosa assai difficile. Spetta agli uomini che hanno meglio studiato quei paesi e ne hanno una conoscenza più esatta, di proporre un ordinamento che valga ad assicurare la pace con quelle provincie senza violare 'Ì diritti della giustizia e dell'umanità.

Mi pare che il Gabinet:to Inglese sia molto determinato a far va1ere vigorosamente i principi poc'anzi delineati, senza soverchiamente preoccuparsi delle opposizioni che potrebbe incontrare per parte di altre Potenze.

Fece assai grande senso sul Conte di Derby il vedere come i tre Cancellieri erano disposti, e come lo sarebbero ancora, all'occorrenza, ad accomodarsi fra loro, senza troppo preoccuparsi dell'Inghilterra e delle altre Potenze.

Mentre egli crede che l'annessione di tutta o parte dell'Erzegovina o della Bosnia all'Austria incontrerebbe una viva opposizione per parte dell'Ungheria, non ravvisa improbabile il des:d::rio di una rettificazione di frontiere dell'Austria, la quale ne trarrebbe, naturalmente, con sé una delle frontiere della Russia, e quella richiesta dalla Rumania, alle quali verrebbero ad aggiungersi le pretese della Grecia.

Se però i tre Imperi possono, per avventura, intendersi fra loro per simili rettificazioni, non se ne può conchiudere che l'alleanza dei medesimi sia cosa molto solida. Essa attualmente riposa, Quasi intieramente, sui sentimenti di amicizia reciproca dei tre Sovrani; ma vi sono, fra le Naz'ioni che dessi rappresentano, troppi odii e troppi interessi opposti perché una tale alleanza possa considerarsi come durevole.

Intanto per porre fine tanto a queste velleità che alla guerra atroce che si combatte fra i Turchi e gli Slavi, il Gabinetto Lnglese sembra determinato ad agire energicamente presso le altre Potenze, e sopratutto a prevalersi della sua preponderante influenza in Turchia, per indurre la Porta non solamente alla Pace, ma ad introdurre tali riforme nella sua amministrazione da impedire il ritorno dei fatti che cotanto commuovono l'opinione in Europa.

Che tale sia il pensiero del Mini~,tro Britannico lo si può scorgere dal discorso che il Signor Bourke. Sotto Segretario di Stato per gli Affari Esteri, pronunziò nel meeting di Nottingham contro le atrocità dei Turchi in Bul

34 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

garia. Questo discorso venne riportato dal Times nel numero di Sabato ultimo, 2 corrente. In quel discorso l'oratore accenna l'indignazione prova.ta dal Primo Ministro e da Lord Derby quando loro furono confermate le atrocità di cui si resero colpevoli i Turchi. Queste barbarie non possono essere giustificate dagli eccessi, assai meno estesi, commessi dai Cristiani.

L'Inghilterra, dice egli, non governa la Turchia e non può adoperare la forza fisica nelle provincie interne dell'Impero Ottomano. Ma i Turchi debbono conoscere quanto noi medesimi che il Governo Inglese non potrebbe approvare la tirannia, l'oppressione e la crudeltà dovunque si commettano, e che la Regina d'Inghilterra tratta i suoi sudditi Maomettani con giustizia e riguardi, e che ha diritto di chiedeve dal Capo della Fede Musulmana simile trattamento per le diverse razze di Cristiani che vivono sul territorio del Sultano.

Questo mi sembra essere il programma del quale il Foreign Office s'inspirerà nelle trattative per la pace. Il Gabinetto Britannico non intende usare la forza fisica per indurre la Porta a modificare il suo sistema di Governo, ma bensì premere sopra di Essa colla forza morale che l'Inghilterra si è acquistata in quell'Impero e che gli ultimi avvenimenti hanno certamente accresciuta.

Intanto siccome l'Impero Ottomano è molto ammalato, e siccome è dubbio che, abbandonato a se stesso, egli possa guarire, non sarebbe da meravigliare che l'Inghilterra prendesse, fin d'ora, le sue precauzioni per il caso d'uno sfasciamento anche parziale di quell'Impero.

L'Isola di Candia ed anche quella di Cipro sono due obbiettivi che convengono ai suoi interessi dal lato marittimo e dal politico. Epperciò non è improbabile che le popolazioni di quelle Isole, e specialmente della prima, provino un'agitazione che sarebbe come il segno precursore di avvenimenti che possono sottrarle alla dominazione del Turco per porle sotto quella, più

o meno diretta, dell'Inghilterra.

(l) Non pubblicato.

391

L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 28. Bruxelles, 4 settembre 1876 (per. il 7).

Corse la voce, negli ultimi giorni, che il Governo Belga avesse •l'intenzione di trarre profitto della conferenza geografica africana, che si terrà fra poco in Bruxelles, onde studiare i mezzi pratici di stabilire una colonia penitenziaria Belga appunto nell'Africa. In un colloquio che ebbi questa mane col Barone Lambermont si venne a parlare di tale argomento. Il mio interlocutore mi disse che, fin qui, lo scopo prefisso alla conferenza era di occuparsi delle esplorazioni nell'Africa Centrale equa.toriale e niente altro; e che non poteva trattarsi di stabilire colonie in territorii così· mortiferi per gli Europei: tuttavia mi lasciò scorgere che in avvenire il Belgio non sarebbe forse alieno dal tentare di stabilire un penitenziario nell'Mrica; ma questo stabilimento doveva naturalment•e, il caso presentandosi, essere vicino alle coste marittime.

Quel che è positivo si è che la Spagna, i Paesi Bassi, ed il Portogallo, Paesi tutti con vasti possessi in lontane regioni, non sono stati chiamati ad inviare delegati al congresso e che le Legazioni di tali Governi in Bruxelles ne sono state molto sorprese, specialmente quella di Portogallo: giacchè H Regno Portoghese ha due validi motivi per pretendere che i suoi cittadini vi siano rappresentati: cioè l) I numerosi stabilimenti sulle due coste Africane, e 2) le intime relazioni di parentela fra i due Sovrani.

Non dubito che il R. Governo sarà molto esattamente informato di quanto si discuterà nella dotta Assemblea dagli Illustri Italiani che ne faranno parte; però ho creduto dover mio non tacere a V.E. i fatti sovradetti.

392

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI (l)

R. 349. Terapia, 4 settembre 1876 (per. il 9).

Oggi mi sono trasferito presso il Ministro degli Affari Esteri affine di fargli la proposta d'armistizio in conformità delle istruzioni che l'E.V. m'aveva fatto l'onore d'impartirmi.

Incominciai dal dire a S.E. che mai nella mia vita m'era trovato nel caso di fare una comunicazione la cui importanza eguagliasse quella della proposta che stavo per presentargli a nome del Reale Governo. E S.E. già comprendeva di che si trattasse, imperocchè io veniva a fargli una comunicazione analoga a quella di cui aveva preso l'iniziativa il Governo della Gran Bretagna. Gli esposi poscia un breve quadro della situazione dell'Impero; insiste>tti sui gravi pericoli che verrebbero dalla prolungazione della lotta; sulle impressioni che i recenti fatti avevano prodotto presso i Governi d'Europa, soprattutto presso quelli ch'erano i più benevoli verso la Sublime Porta; sull'urgenza di ristabilire la pace. Conchiusi i nemici dell'Impero aspetterebbero con viva ansietà il risultato d'una pratica che aveva per iscopo di sventare le loro speranze.

S.E. ascoltò le mie parole con benigna attenzione. Poi rispose H Governo Imperiale desiderava Quanto le Potenze Garanti di mettere pronta fine alla presente lotta; non aversi potuto prendere alcuna determinazione negli scorsi giorni a cagione dell'assunzione del nuovo Sovrano, ,imperocchè in sì grave materia era mestieri conoscere le disposizioni di Sua Maestà; i Ministri s'occuperebbero ora senza indugio della proposta fatta dalle Grandi Potenze. Soggiungeva S.E. la Sublime Porta preferirebbe di trattare in pari tempo della sospensione delle ostilità e della pace; imperocchè se si conc,edesse ora l'armistizio e non si riescisse poi a stabilire l'accordo sopra le condizioni di pace,

sarebbero frattanto trascorse le poche se,ttimane che rimanevano per la con

tinuazione delle operazioni militari, e si sarebbe giunti alla stagione nella quale non resterebbe alla Sublime Porta altra risorsa che quella di ritirare le sue truppe ai quartieri d'inverno onde non !asciarle esposte agli aHacchi dei Serbi.

Replicai la risposta a questa abbiezione essere per me chiara ed evidente. L'armistizio dovevasi accordare immediatamente colla ferma intenzione di conchiudere indi la pace; non grande influenza potrebbe esercitar'e sull'avvenir,e dell'Impero qualche maggiore o minore concessione; il rifiuto della presente proposta e la continuazione della lotta invece, risvegUando tutte le cupidigie dei nemici dell'Impero, avrebbero per dietto d'allargare la lotta, e ne potrebbero venire conseguenze fatali per l'integrità di QUello; le grandi Potenze prenderebbero in considerazione la deferenza che la Sublime Porta avrebbe dimostrata accettando la loro proposta, l'abbandonerebbero alla sua sorte nel caso contrario. Aggiunsi questo essere yn momento eminentemente opportuno per la Sublime Porta di conchiudere una sospensione d'armi; imperocchè i recenti successi le farebbero una posizione assai favorevole nelle future deliberazioni di pace. Conchiusi il consiglio gli davo dal fondo del cuore essere che il Governo Ottomano mandi senz'indugio ai Comandanti delle sue forze l'ordine di intendersi coi Comandanti delLe truppe nemiche sulle condizioni d'una immediata sospensione delle ostilità.

S.E. replicò comunicherebbe le mie osservazioni ai suoi Colleghi, e fra pochi giorni sarebbe in grado di farmi una risposta. Lasciai Quindi nelle mani di S.E. il memorandum che V.E. conosce, e ne presi commiato.

(l) Ed. in LV 22, pp. 315-316.

393

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, E A VIENNA, DI ROBILANT, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, TOSI, E A PARIGI, RESSMAN

T. 459. Roma, 5 settembre 1876, ore 12.

Hier les représentants d'ltalie, Autriche, France, Allemagne et Russie ont fait à la Porte la demande d'un armistice applicable à tous les combattants. La formule adoptée par l'ambassadeur d'Angleterre ayant été acceptée par tous les autres représentants, la démarche a pu avoir le caractère d'une communication identiq_ue. Le ministre des affaires étrangères de S. M. le Sultan s'est borné à répondre QUe la Porte préférerait discuter paix et armistice en meme temps, mais le comte Corti, suivant les instructions qu'il a reçues, a insisté pour l'acceptation de la proposition d'armistice indépendamment des préliminaires de la paix. Cette proposition sera discutée dans le conseil des ministres du Sultan et la réponse se fera attendre, ce semble, quelques jours.

394

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1672. Berlino, 6 settembre 1876 (per. il 10).

Ebbi a riferire jeri a V.E. che, stando a ciò che mi era stato detto da questo Segretario di Stato, il programma del Gabinetto di Berlino era per ora Quello di far sì che cessino le ostilità in tutta la Penisola dei Balkani e per il rimanente di aspettare. Non mi era riuscito di ottenere dal mio interlocutore nessuna parola che accennasse a Qualche intendimento preciso circa i preliminari di pace da proporre alla Turchia. La sola idea generica che prevaleva, era quella che si riferiva al Memorandum di Berlino.

Le informazioni ed impressioni che raccolgo presso q_uesti miei colleghi sono le medesime in q_uanto alla attitudine del Governo tedesco: esse variano soltanto nello apprezzamento, di soddisfazione negli uni e di una certa impazienza negli altri, a seconda delle simpatie più o meno vivaci che prevalgono nei rispettivi Governi per una delle due cause che stanno di fronte in Oriente. E per fermo, a prendere la riserva del Gabinetto di Berlino q_uale appare senza andare in cerca di segreti moventi, sta nel fatto che essa è tale da non favorire troppo né gU uni né gli altri, ma che piuttosto contribuisce a tenere a bada le pretese rivali.

Ebbi testé la visita di S.E. il Signor di Keudell, il qual,e giunse qui jersera da Varzin dove passò una diecina di giorni, e riparti oggi stesso per Ischl. Egli mi assicurò che il Cancelliere Imperiale esprime esattamente la medesima idea che udii emettere dal Segretario di Stato : • fare in modo che le ostilità cessino: -in quanto al resto aspettare: -non si è adottato ancora nessuna idea sul quid agendum •. Il Signor Keudell stimava essere questa una attitudine la q_uale deve avvicinarsi a q_uella dell'Italia, che di fronte alle quistioni in gioco si trova in una situazione alquanto identica a quella della Germania. Risposi che trovavo giusto un simile concetto, purché non

si presentassero nuove combinazioni, come Quella di cui si •era inteso parlare di una cessione di territorio turco all'Austria; combinazioni che potevano bensì non interessare direttamente la Germania, ma che secondo me sarebbero state troppo serie rispetto all'Italia, per lasciarla spettatrice indifferente. L'Ambasciatore tedesco mi disse che sapeva già q_uello che si pensava di ciò in Italia, e come V.E. si era spiegata a tal riguardo. Però la situazione delle cose non era tale da dare adito a simili prospettive di cui l'Austria-Ungheria per la prima non vuole udir parlare. Le vittorie dei Turchi fanno poi prevedere tutt'altro.

Il Signor de Keudell mi pregò di riverire l'E.V., e di dirle che egli si dispone a ritornare al suo posto per la .fine del mese corrente. Ho l'onore di segnalarle ricevuta del dispaccio politico N. 405, del 31 Agosto ultimo (1).

(J) Ncm pubblicato.

395

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 151/54. Londra, 7 settembre 1876 (per. il 10).

Mi pregio di trasmet,tere col Corriere d'oggi alla E.V. il recente opuscolo del Signor Gladstone or ora pubblicato sotto il titolo di Bulgarian Horrors and the questions of the Est.

Questo scritto è l'oggetto attuale della massima attenzione in Inghilterra. Esso conchiude che l'unica soluzione efficace della vertente quistione SlavoTurca sia quella di cacciare i Turchi non solamente dall'Erzegovina e dalla Bosnia, ma anche dalla Bulgaria.

La vivacità del linguaggio del Signor Gladstone, traduce la indignazione generale manifestatasi contro le atrocità rimproverate ai Turchi.

Quel scritto è considerato anche come un manifesto della opposizione contro l'attuale Ministero 'e specialmente contro il Signor Disraeli ora Conte di Beaconsfield: il Conte di Derby al contrario vi è trattato con molta considerazione e l'autore, al pari de' principali giornali, professano per lui la massima fiducia.

Nello scritto del Signor Gladstone si può anche scorgere una contro-risposta alla risposta assai umoristica ed alQuanto sarcastica che il Signor Disraeli aveva fatto nella Camera de' Comuni al Signor Gladstone.

In questo momento l'Inghilterra si agita per la questione Slavo-Turca, ma questa agitazione non andrà probabilmente sino a spingere questo paese ad una qualsiasi azione militare per costringere la Turchia a mutare il suo sistema di amministrazione; a meno che altre potenze intervengano militarmente nel qual caso la quistione muterebbe intieramente d'aspetto e si combatterebbe non tanto per riformare il mal Governo dell'Impero ottomano, che per disputarsene le spoglie.

I Principi dell'alta Finanza della City con alcuni de' quali io parlai ultimamente, non credono neppure che questa agitazione possa determinare per ora una crisi ministeriale.: ma essa spinge il Gabinetto a parlare più risolutamente a Costantinopoli ed a dichiarare che l'appoggio suo morale, verrebbe meno al Governo Turco, ove questo non s'inducesse ad introdurre radicali ed efficaci riforme nella sua amministrazione.

Intanto si suppone che il Governo Turco, alquanto abbandonato dall'Inghilterra, si rivolge all'Austria che si sa essere contraria, non ad una rettificazione di frontiere, ma all'annessione di altl'e provincie slave le quali darebbero, nell'Impero Austro-Ungarico, aH',infuori della razza tedesca, una preponderanza della razza slava sulla razza magiara che attualmente è dominante. Si sa altresì che il Governo Austro-Ungarico oppugna qualsiasi autonomia delle provincie slave.

L'effetto materiale più immediato dell'opuscolo del Signor Gladstone, sarà probabHmente quello di provocare larghe sottoscrizioni per venire in aiuto delle vittime della barbarie turca.

Si sussurrava testé che, a motivo di dissensi col Signor Disraeli, il Conte di Derby voleva ritirarsi e che sarebbe stato surrogato col Marchese di Salisbury attuale Ministro delle Indie; ma nulla è venuto in conferma di tali voci.

396

IL CONSOLE IN MISSIONE A RAGUSA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 923. Danilovgrad, 8 settembre 1876, ore 9,10 (per. ore 13,45).

Principe Montenegro ricevuto avviso da Belgrado che la Turchia rifiuta armistizio riservandosi di proporre essa condizioni di pace, presentò oggi nota agli agenti delle Potenze di Europa ove premesse considerazioni sulle sue vittorie e sull'accanimento dei generali turchi per inutile spargimento di sangue, distruzione paese cristiano chiede formale intervento Potenze d'Europa per imporre armistizio già proposto, riunione conferenza per regolare condizioni di pace e future sorti dei cristiani di concerto colla Turchia e Principati.

397

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 410. Roma, 8 settembre 1876.

Debbo innanzi tutto porgere a V.E. infinit'e grazie per la sollecitudine con cui Ella è ritornata al suo posto tosto che seppe essere la sua assenza da Berlino in questi momenti causa presso di noi di qualche inquietudine. Il Governo di Sua Maestà sente infatti, nelle circostanze attuali, il bisogno di poter contare non solamente sulla cooperazione intelligente dei migliori suoi Agenti, ma anche sui consigli prudenti dei più esperti suoi diplomatici poiché dalla crisi presente della questione orientale la posizione dell'Italia potrebbe sortirne o cresciuta in considerazione o scemata di importanza.

Sotto quale aspetto ci si presentano ora le difficoHà principali inerenti alla nostra situazione V.E. potrà vedere dalla copia qui unita di un dispaccio che ho indirizzato il 4 di cruesto mese allo Ambasciatore di Sua Maestà in Pi,etrohurgo (1). In q_uel dispaccio sono rettificate in parte, in parte confermate le notizie e le savie deduzioni che ho trovato nel rapporto del Cavalier Tosi in data del ? dello stesso mese (2). Il carattere dominante della situazione è la incertezza in cui tutti i Gabinetti sono tenuti principalmente a causa del persistente silenzio in cui si mantiene quello di Berlino. A me sembra che codesto Gabinetto posponendo tutti gli altri interessi a quello di conservare integra la alleanza dei tre Imperi, espone se stesso e gli altri Governi alle conseguenze di com

(ll Cfr. n. 389.

plicazioni che finora potrebbero essere scongiurate dalla volontà concorde delle Potenze, ma che più tardi potrebbero aggravarsi a segno tale da mettere tut,ta l'Europa in presenza di una situazione irrimediabile.

Coll'aggravarsi delle difficoltà si manifestano sempre più le tendenze diverse della Russia e dell'Austria-Ungheria in ciò che riguarda il modo con cui allo asse'Stamento delle cose di Turchia debbono concorrere l'Italia, la Gran Bretagna e la Francia. Ben a ragione il Cavalier Tosi, nell'ultimo suo rapporto osservava che se le potenze fossero realmente animate dal desiderio di soffocare senza ritardo i germi di rivalità che furono destati dall'insurrezione in Oriente, si dovrebbe credere che le tre Potenze del Nord dovrebbero evitare di accentuare fra di loro un'azione separata, misteriosa negli scopi ed isolata nella forma. Vi ha, nelle circostanze presenti favorite dall'unanimità del sentimento pubblico che si pronuncia in tutta l'Europa, un terreno sul quale l'accordo di tutti i grandi Stati non solo è possibile, ma riuscirebbe anche facile qualora tutti i Gabinetti dimettessero il pensiero di trovare nello scioglimento delle quistioni presenti una soddisfazione dei particolari loro interessi. Chi parlasse invece, di una cessione di territorio turco a qualche Potenza estera, soggiungeva il Cavalier Tosi, renderebbe probabilmente inutile ipso facto ogni discussione ulteriore.

Se H Gabinetto di Berlino intendesse di lasciarsi guidare da queste considerazioni, noi ci sentiremmo perfettamente rassicurati nel presente come nello avvenire. Ma ciò non è od almeno non pare debba essere se si pon mente alla cura colla quale codesto Gabinetto evita pronunciarsi e riserva ad ogni passo il suo giudizio. Da siffatto contegno non è possibile trarre buon augurio per il ristabilimento dell'accordo unanime delle sei Potenze il quale ha costituito per più di vent'anni e potrebbe costituire ancora una valida guarentigia contro i pericoli che dalle aspirazioni pal'lticolari dell'una

o dell'altra di esse avrebbero potuto nascere.

È infatti il Gabinetto di Berlino che col suo contegno assume in faccia a tutte le Potenze la maggior responsabilità della perseveranza dell'Austria nel voler che alle deliberazioni delle sei Potenze precedano quelle separate dei tre imperi. Affinché Ella abbia un concetto esatto delle disposizioni del Gabinetto di Vienna a questo riguardo, Le mando con questo dispaccio copia d'u!l recente rapporto dell'Ambasciatore di Sua Maestà accreditato presso quella Corte Imperiale. Ella vedrà che non è possibile affermare in modo più risoluto di quello che fece il Conte Andrassy col Conte di Robilant, la volontà dell'Austria-Ungheria di attenersi nel corso futuro dei negoziati, al sistema seguito prima dello scoppio della guerra fra l'Impero OHomano, la Serbia ed il Montenegro. Non è mestieri che io dica a V. E. che circa gli effetti che ebbe quel

sistema noi non dividiamo in nessuna guisa l'opinione espressa dal Conte Andrassy. A noi sembra che dal rifiuto dell'Inghilterra di associarsi all'azione collettiva delle altre Potenze presso la Sublime Porta siano derivate conseguenze troppo gravi perché si possa con animo tranquillo ritentare una simile pr-:>Va.

Sopra questo punto io non ho dunque bisogno di insistere maggiormente. Gioverà soltanto che io aggiunga che, qualora si potesse prescindere dal tener conto delle conseauenze che il perdurare nel sistema preferito dall'Austria-Ungheria potrebbe avere sulle risoluzioni dell'Inghilterra e della Francia, noi dovremmo pur sempre prender'e in considerazione le ragioni che nelle circostanze presenti ci consiglierebbero di accontentarci della parte che abbiamo avuta nel Maggio scorso al Convegno di Berlino. Da quell'epoca in poi non solo la situazione generale ma anche la nostra particolare rispetto ad alcune Potenze si è sensibilmente modificata. Un fatto nuovo si è palesato negli ultimi tempi in modo non dubbio agli occhi nostri. Indotto da non saprei quale motivo, il Gabinetto di Pietroburgo ha preso a Reichstadt con l'AustriaUngheria degli accordi che in certe eventualità permetterebbero a quest'ultima di estendersi nelle finitime provincie ottomane. V. E. conosce co:ne il Principe Gortchakow, messo alle strette dal Cavalier Nigra, dovette di ciò convenire procurando però di attenuare per quanto gli era possibile l'importanza di un tale accordo. Le informazioni che ho ricevuto posteriormente non fecero che confermare la sfavorevole impressione che in noi produsse la prima notizia di così importante concessione fatta dalla Russia ai desiderii dell'Austria. Noi abbiamo saputo che quando gli Ambasciatori di Francia e d'Inghilterra interrogarono il Principe Gortchakoff sul convegno di Reichstadt, S. A., dopo aver loro annunciato la risoluzione presa relativamente al non intervento, ha detto che i Gabinetti d'Austria e di Russia aveano esaminato tutte le eventualità e si ,erano messi d'accordo sovra tutte le questioni che ne emergevano. Soggiungeva poi il Principe Cancelliere che non poteva entrare in pavticolari, né dare spiegazioni in proposito, almeno per ora.

A Lord Loftus, che gli chiese specialmente se era stata convenuta una cessione eventuale di terrttorio bosniaco, il Cancellieve imperiale rispose parimente che non poteva spiegarsi su di ciò. Questo linguaggio del Principe Gortchakow non può agli occhi nostri lasciar dubbio che un progetto di annessione alla Monarchia Austro-Ungarica di una porzione del territorio bosniaco esiste e che la realizzazione del medesimo dipende unicamente dalla situazione creata dagli avvenimenti. È probabile che il territorio destinato alla eventuale annessione all'Austria sia quello che costituisce la Croazia Turca, situato fra Verbatz e l'Unna e contenente una popolazione slava in grande maggioranza cattolica. Il Cavalier Nigra ritiene che per QUesta annessione che farebbe l'Austria, la Russia si sarebbe assicurato soltanto un compenso indiretto e questo avrebbe dovuto consistere nel consenso che il Gabinetto di Vienna s'impegnava a dare sia all'annessione dell'Erzegovina al Montenegro, sia ad un aumento territoriale in favore della Serbia, sia all'autonomia della rimanente Bosnia e fors'anche della Bulgaria. Fino agli ultimi tempi pare che il Gabinetto di Pietroburgo conservasse la speranza di poter introdurre davanti una Conferenza convocata senza programma prestabilito, q_ueste od altre simili proposte. Non fu che l'esito degli avvenimenti militari favorevole alle armi Ottomane che costrinse lo stesso Principe Gortchakow a riconoscere essere ormai da abbandonarsi il pensiero di una nuova ripartizione territoriale delle provincie della Turchia che presero parte alla insurrezione. Ma se la sorte degli avvenimenti militari ha persuaso la Russia di abbandonare un progetto di ripartizione di territorio che, concertato fra i tre imperi, avrebbe probabilmente trovato le altre Potenze preparate alla inattesa proposta, non dob

biamo perdere di vista che altri avvenimenti potrebbero del pari ricollocarsi in presenza di una analoga s1tuazione. Tutti i nostri sforzi dunque sono concentrati in questo momento ad allontanare un siffatto pericolo.

A questo fine due cose sono ugualmente necessari•e; primieramente rendere assolutamente improbabile una modificazione nella situazione creata ai belligeranti dagli ultimi avvenimenti militari; in secondo luogo ricosti<tuire sopra una base accettabile da tutti il concerto delle sei Potenze.

L'insistere che noi abbiamo fatto a Costantinopoli perché la Porta accetti subito l'armistizio, ebbe dunque non so·lamente uno scopo umanitario, ma anche uno scopo altamente politico. Ed intanto noi vorremmo che approfittando delle disposizioni favorevoli della Russia, si stabilissero fra le sei Potenze le basi dell'azione comune da esercitarsi verso la Turchia.

A Berlino si propone il ritorno puro e semplice al Memorandum del Maggio scorso. Vostra Eccellenza conosce diggià le obbiezioni direi così pregiudiziali che una simile proposizione dovrebbe a parer nostro sollevare avendo riguardo alla somma utilità di riunire alla azione dei Governi che accettarono quel Memorandum quella dell'Inghilterra che contro il medesimo ha protestato. Ma inoltre altre considerazioni ci sembrano suggerire di non ritornare ad un programma che era stato fatto per provvedere ad uno stato di cose il quale, si è di poi considerevolmente aggravato. In uno scambio di idee avvenuto durante il soggiorno dell'Imperatore Alessandro ad Ems fra il Gabinetto di Russia e quello di Londra sarebbe invece stato emesso ed avrebbe incontrato favore il progetto di assicurare in qualunque caso, e come minimum delle concessioni da farsi alle popolazioni della Erzegovina e della Bosnia, un regime analogo a quelli di cui sono in possesso le popolazioni del Libano e di Creta.

Noi preferiremmo che l'accordo preliminare dei sei Governi si formasse intorno a questa proposizione, salvo a rimandare poi ad una con:fierenza speciale lo studio delle particolari disposizioni del regime che si tratterebbe di applicare per assicurarne tutta la efficacia.

Sopra un terzo punto finalmente noi cvedevemmo necessario che l'Europa si pronunciasse unanime. Dopo la dolorosa recente esperienza fatta, non deve più essere consentito alla Porta la facoltà di alterare le proporzioni •esistenti attualmente fra le popolazioni cristiane e maomettane, delle sue provincie di Europa. La colonizzazione di tribù maomettane d'altri paesi dovrebbe dunque, a parer nostro essere assolutamente interdetta.

Questi tre punti cioè Statu quo territoriale; applicazione di un regime analogo a quello di Cveta o del Libano per la Bosnia e l'Erzegovtna; interdizione di colonizzare in Europa nuove tribù maomettane, offrirebbero una base abbastanza larga e sicura per aprire dei negoziati con speranza di buon esito.

Sebbene questi tre punti abbiano già formato oggetto di comunicazioni confidenziali scambiate con alcuno dei Gabinetti, noi non intendiamo presentare, a questo riguardo una proposizione alle altre Potenze. Ma è utile che la E. V. conosca questi nostri pensieri poiché soltanto imprevedibili incidenti potrebbero rimuoverei dalla linea di condotta che abbiamo adottato nell'intento di farli prevalere.

Lascio pertanto al prudente criterio di V. E. il giudicare se ed in qual misura converrà che la Germania sia fin d'ora informata delle disposizioni del Governo di Sua Ma,està. Qualora Ella avesse motivo di ritenere per certo, ciò che le apparenze fanno supporre, cioè che il Gabinetto di Berlino, per non dispiacere all'Austria-Ungheria, non voglia dipartirsi dalla linea di condotta adottata in questi ultimi tempi, io inclinerei a credere che una certa riserva sarà opportuna da parte nostra. In ogni caso le considerazioni esposte in questo dispaccio daranno a Lei ampia spiegazione dei motivi che ci indussero ad entrare francamente in un ordine di idee che ha in mira di assecondare l'azione del gabinetto inglese nell'intento di ristabilire in Turchia, il più presto possbile, una pace durevole.

(2) Cfr. n. 387.

398

IL MINISTRO A L'AJA, BERTINATTI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 137. L'Aja, 8 settembre 1876 (per. l' 11).

In seguito ad un lungo discorso sul contenuto del Blue book, ultimamente presentato al Parlamento britannico, da me avuto con questo Ministro delle Finanze, Signor Van der Heim, tornato da Carlsbad, dove si condusse per ragion di salute, egli mi raccontò d'aver ivi incontrati di molti Russi, uomini tutti d'alto affare, e molto addentro nelle cose di stato, i quali altamente disapprovavano l'attitudine neutrale congiunta a propensioni pacifiste dello Czar in presenza delle attuali complicazioni Orientali nelle quali, secondo essi, è suo dovere d'intromettersi ad ogni costo, e di far la prima e precipua parte.

Dietro il parer loro i Turchi son gente da venire ammazzata come cani (sic), e senza preoccuparsi più che tanto di quel che ne pensino l'Europa, e soprattutto gli Inglesi. Gli fecero intendere che l'Imperatore comincia ad invecchiare, e ad imbarbogire; che è in preda ad una continua malinconia, cagionatagli da affezione al cuore, epperciò non esser da stupire se la sua vita venisse a cessare da un momento all'altro per dar luogo ad un nuovo regno e più vigoroso; dal che il mio collocutore, facendosi ad accennare ai recenti casi di Abdul Aziz e Mourad, mi manifestò confidenzialmente il sospetto che si vogliano predisporre gli avvenimenti per ogni contingenza, ed anche agevolare, occorrendo, la dipartita da auesto mondo del Secondo Alessandro con uno di quelli spedienti che non sono insoliti nella Corte moscovita. Questa sospizione del Van der Heim mi fece ricordare q_uanto udii, molti anni fa, a Brusselle da quel fiero conoscitore delle vicende storiche boreali, che era il venerando Gioacchino Lelewel. • Gli imperatori di Russia, dicevami egli, con quel riso ironico che eragli famigliare, muoiono sempre a tempo, e secondo le esigenze della politica statuale del momento •.

Il mio collocutore mi disse altresì • l'Empereur est criblé de dettes, et il a cherché un emprunt à Amsterdam pour les payer •. Gli chiesi se era a sua notizia che, da varii mesi a questa parte, una gran quantità di fondi Russi, per la somma di due milliardi di lire, e posseduti dagli Inglesi, vennero da questi venduti successivamente alla Borsa di Amsterdam, ed egli risposemi affermativamente. • Vuolsi dunque, gli dissi io, far la guerra al credito russo, onde impedire un imprestito eventuale sopra Quella piazza per fare una guerra effettiva? • • Vous savez, mi replicò egli, que les capitalistes anglais ont bon nez, et sont, en général, très prévoyants. Il faut donc qu'ils aient eu de bonnes raisons pour se défaire d'une quantité si considérable de valeurs russes •. Mi risulta ad ogni modo, che alcuni agenti del Governo russo si fecero a saggiare questi Banchieri ollandesi per veder se fosse fattibile di trovare un imprestito. So pure che tornarono vacue d'effetto le loro domande, attesoché si disse loro che, se cercavano capitali per costruzioni di ferrovie, o per alimentare e promuovere imprese industriali e simili era 1n questo caso cosa non impossibile lo intendersi; ma che si voleva danaro a mutuo onde far la guerra e non si saria trovato un centesimo ad hoc sulla piazza di Amsterdam. So che il Governo francese è stato informato di questo fatto del suo Rappresentante all'Aja.

P.S. La crisi ministeriale, che durava da tre mesi a questa parte, è finalmente sepolta nel modo indicato dall'annesso stampato.

ALLEGATO.

NOUVELLES DIVERSES.

La gazette d'état ouvre aujourd'hui sa partie officielle par la communication suivante:

• -Par arrété du 5 septembre, il a plu à Sa Majesté: l. -de ne pas accorder la démission demandée par ses ministres des affaires

étrangères, de la justice, de l'intérieur, de la marine et des finances; et, à partir du 11 septembre prochain,

2. -d'accorder sur leur demande, leur démission honorab1e à Jhr. G.J.G. Klerck, son ministre de la guerre, et à M. W. baron van Golt':ltein, son ministre drs colonies, en les remerciant des servkes multiples et importants rendus par eux au Roi et au pays; 3. -de conférer à son ministre de la marine, M.W.F. van Erp Taalman Kip, intérimairement les fonctions de ministre de la guerre, jusqu'au 30 septembre prochain; et 4. -de nommer ministre des colonies M. F. Alting Mees, récemment président de la Haute Cour des Indes néerlandaises •.
399

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 355. Terapia, 8 settembre 1876 (per. il 15).

Pel mio rapporto in data di oggi, n. 353 (1), di Serie politica, ebbi l'onore di riferire all'E. V. una conversazione da me avuta con Midhat Pacha, la quale non lascia alcuna speranza che la Sublime Porta ac::etti la proposta di armistizio fatta dane Potenze Garanti.

Sarebbe ora prezzo dell'opera per me di indagare le ragioni per le quali questo Governo mostrasi così poco arrendevole alle istanze delle Potenze. È questo un argomento di natura assai delicata e difficile a trattare. Non voglio tuttavia tralasciare di sottomettere all'E. V. alcune considerazioni in proposito delle quali Ella farà nella sua saggezza quel caso che crederà opportuno.

Fin dai primordi in cui incominciò a manifestarsi la cessazione dell'accordo tra le Potenze Garanti, io ebbi l'onore di significare a V. E. come da quella divisione potrebbero nascere gravi eventualità. L'Impero Ottomano non vive che di siffatte divisioni, e non è che la voce unanime delle Grandi Potenze che sia ascoltata alla Sublime Porta. Sei mesi or sono l'influenza dell'Ambasciatore di Russia era predominante. Colla caduta di Mahmoud Pacha essa fu ridotta al nulla, e vi subentrò quella dell'Ambasciatore della Gran Bretagna. Questa fu corroborata dalla presenza della formidabile flotta che trovasi tuttora alle pol'lte del Bosforo. E la Turchia credette essere sicura dell'appoggio dell'Inghilterra. La opinione pubblica non ebbe più alcun ritegno, e dalle più alte alle più infime sfere incominciossi a gettar fango a piene mani all'Ambasciatore di Russia e poco appresso all'Impero. Io ebbi più volte occasione di far intendere all'E. V. i gravi pericoli che si correvano continuando su quella via. L'Ambasciatore di Russia veniva richiamato. Ma era egli probabile che il Governo Imperiale sarebbe per sottomettersi in pace a tante umiliazioni?

Vennero in seguito le discussioni del Parlamento Inglese che avrebbero dovuto far aprire gli occhi alla verità a Questi Statisti. Ma la corrente stabilita era già troppo forte per arrestarne il corso, ed ora si parla apertamente d'una guerra colla Russia come di cosa probabile, quasi inevitabile; ed ancora nella settimana scorsa furono mandate navi cariche di cannoni Krupp, e di munizioni nella direzione di Erzerum e di Ba·toum. Né v'è mezzo di far intendere che siffatta lotta potrebbe riuscire fatale all'esistenza dell'Impero. Nulla può trarre dalla ment.e dei Turchi che se la Russia si attentasse ad invadere l'Impero, l'Inghilterra e la Francia verrebbero in soccorso a questo. Io so d'alti funzionari che ne discorsero in questi giorni coll'Ambasciatore di F'rancia, cui dissero: • Ma infine, se i Russi venissero a Costantinopoli, la Francia sarebbe pur obbligata di correre in nostra difesa •. Cui il Cont.e Bourgoing rispondeva si disingannassero, non avrebbero, anche in quel caso, né un soldato né un soldo dalla Francia. Ma la Turchia non crede al suo isolamento, e conta tuttavia sulla divisione dell'Europa.

Io dico adun(!ue che nulla si può ottenere dal Governo Ottomano se le Potenze Garanti non si presentano ad esso con una voce concorde ed unanime. Ma esiste questo accordo tra le Potenze? Se esiste, perché non si stabiliscono tra di esse la base della pace, e poi non s'impongono in modo ineluttabile alla Sublime Porta? Il 2 settembre io ebbi l'onore di telegrafare a V. E. (l) il nodo della (!uestione stare nel Montenegro, e se le Potenze avessero potuto stabilire un accordo sopra quel punto, la conclusione della pace sarebbe cosa facile. Lo statu quo per la Serb:a, e q_uanto sarebbe stato convenuto pel Montenegro, avrebbero fornito una base alle trattative. Le vicende della guerra progredirono nell'intervallo, ed ora quella base non sarebbe più sì facile a farsi

fl) Non pubblicato.

accettare. In ogni modo a me sembra che sarebbe della massima importanza nelle presenti congiunture che le Grandi Potenze facessero ogni sforzo per mettersi d'accordo sulle basi di pace.

Senonché si potrebbe qui allegare che l Rappresentanti delle Potenze Garanti furono pure unanimi a domandare la sospensione delle ostilità, né sembrano aver riuscito nel loro intento. È mestteri d'osservare primieramente che l'armistizio non è un assetto della questione, ma solo un primo passo in quella via, e la Sublime Porta non crede sia una via che possa condurla ad una soluzione onorevole per essa. La Sublime Porta infatti è d'avviso che si vogliono torle le armi di mano, nel momento in cui sta per cogliere i frutti di tanti sacrifici, per poi obbligarla a subire le dure condizioni che le verrebbero dettate dall'Europa, ed è convinta che se alcuna delle Potenze sarà per minacciare l'integrità altre occorreranno a difenderla. I Rappresentanti delle Potenze Garanti proposero adunque l'armistizio. Ora non istà a me ad asserire se nel sostenere la proposta essi misero tutti quel calore che era conforme alla sua gravità. Io sono responsabile de' miei atti, e V. E. conosce che, dopo aver fatto tutti gli sforzi possibili per riavvicinare i miei Colleghi, eseguii gli ordini impartitimi dall'E. V. con quanto vigore potei. La proposta fu fatta in termini che V. E. conosce, né v'ha dubbio che quelli screzii di forma non potevano a meno di scemarne l'effetto. I quattro Ambasciatori fecero la proposta; ma mancava ~uello di Russia. Quella prolungata assenza è di sinistro augurio. E la voce dell'Incaricato d'Affari non poteva aver gran peso alla Sublime Porta. E così se ne venne alla situazione nella quale ci troviamo odiernamente.

Mi permetterò di ripetere in conclusione che un perfetto accordo ed un'azione comune non saranno stabiliti fra questi Rappresentanti delle Grandi Potenze fino a che siffatto accordo non sia intervenuto tra i rispettivi Governi, e questi non abbiano dato ai primi categoriche istruzioni in conseguenza.

(l) Non pubblicato.

400

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 63. Roma, 9 settembre 1876.

Rispondendo con telegramma del 7 (l) a quello che avevo diretto a V. E. nel dì precedente (1), Ella mi faceva notare che dal linguaggio tenuto da Lord Derby non si poteva a vero dire desumere che si volesse associare l'Italia ad un'azione diplomatica di cui il Gabinetto britannico fosse per prendere fin d'ora la iniziativa. Sua Signoria avrebbe piuttosto inteso di manifestare con le parole da Lei riferitemi il suo compiacimento d'essersi trovato d'accordo con noi nella presente fase della questione.

Però V. E. soggiungeva, argomentando dalla piega che venivano prendendo gli avvenimenti parerLe prossimo il momento in cui l'Inghilterra volendo prendere una iniziativa dovrebbe desiderare di associare alla propria l'azione

di un'altra potenza. Solo Le sembrava dubbio che da codesto Gabinetto fossero per venire all'uopo le prime entrature; onde V. E. conchiudeva con ragione doversi piuttosto da noi cogliere l'occasione che se ne presenti propizia.

Fremendomi che fin d'ora V. E. possegga intero il pensiero del Regio Governo circa le linee generali della soluzione che a nostro avviso dovrebbe darsi alla questione orientale, mi farò qui a riassumere [in] una forma più chiara e precisa ciò che sopra questo proposito già mi venne fatto di accennarle in parecchi telegrammi recenti.

Anzi tutto, base fondamentale della soluzione dovrebbe essere lo statu quo ante bellum territoriale. Veggo dal telegramma di Lei in data del 2 settembre ed anche dal rapporto di pari data (1), che Lord Derby dura fatica a persuadersi della possibilità pratica di un'annessione della Bosnia o di parte della Bosnia all'Austria-Ungheria. Ho ragione di credere che sopra questo soggetto siano state fornite a codesto Gabinetto informazioni abbastanza pvecise dall'Ambasciatore della Regina a Pietroburgo. Per parte nostra, abbiamo ricevuto dal Cavaliere Nigra notizie più minute le quali escludono ormai ogni dubbio circa l'esistenza del progetto. Barrebbe che si trattasse di annettere alla Monarchia Austro-Ungarica la Croatia turca, cioè quel territorio che sta fra il Verbatz e l'Unna e che è abitata da una popolazione slava quasi esclusivamente cattolica. La Russia si sarebbe accontentata di un compenso indiretto come sarebbero l'ingrandimento territoriale del Montenegro e della Serbia e di un'autonomia concessa alla rimanente Bosnia e fors'anche alla Bulgaria. Egli è vero bensì (così mi ha telegrafato il Cavaliere Nigra il 27 agosto) (2) che per la vicenda più recente degli avvenimenti, lo stesso Principe Gortschakoff riconosce non poter essere ora questione di rimaneggiamenti territoriali. Però se protraendosi la lotta volgesse altrimenti la fortuna delle armi, il pericolo potrebbe rinascere e per noi sarebbe pericolo più grave in quanto che un rimpasto di territori limitato alla sola annessione della Croatia turca potrebbe essere ravvisato costì con preoccupazione minore di quelle che per ragioni ben note a V. E. suscita in noi Qualsiasi mutamento nelle condizioni territoriali dei paesi d'oltre l'Adriatico.

Posto che si accetti, come noi vorremmo che fosse, lo statu quo territoriale si presenta in secondo luogo la necessità di provvedeve alle condizioni delle Provincie della Turchia di Europa, cui estesero i torbidi presenti. A Berlino si vorrebbe a quanto sembra, suggerire il ritorno puro e semplice

al memorandum del maggio scorso. Non ho mestieri di accennare a V. E. le eccezioni per dir così, pregiudiziali che una simile proposizione dovrebbe a -parer nostro sollevare; quando si avverta all'utilità somma che all'azione delle Potenze assenzienti a quel memorandum, si unisca anche quello dell'Inghilterra. Del resto altre considerazioni ancora ci paiono consigliare di non ritornare ad un programma che si riferiva ad uno stato di cose considerevolmente aggravatosi di poi. Invece noi ricordiamo che in uno scambio di idee avvenuto durante il soggiorno dello Tzar ad Ems, tra i Gabinetti di Londra e di Pietroburgo, è stato messo innanzi ed avrebbe incontrato favore

il progetto di assicurare alle popolazioni di Bosnia ed Erzegovina, in qualunque caso, e come minimum delle concessioni da farsi un regime analogo a quelli di cui sono in possesso le popolazioni del Libano e di Creta. Noi preferiremmo che l'accordo preliminare dei sei Governi si formasse intorno a questa proposizione, salvo a rimandare poi ad una Conferenza speciale lo studio de' particolari di applicazione del regime da attuarsi.

Sopra un terzo punto finalmente noi crederemmo necessario che l'Europa si pronunciasse unanime dopo ,]a dolorosa e recente esperienza fatta non deve essere più consenHta alla Sublime Porta la facoltà di alterare le proporzioni esistenti attualmente fra le popolaz:oni cristiane e le popolazioni Mahometane delle sue provincie d'Europa. La colonizzazione di queste Provincie mediante tribù Mahometane tratte da contrade dell'Impero, dovrebbe, a parer nostro, essere assolutamente interdetta.

Questi tre punti, cioè statu quo territoriale, applicazione alla Bosnia ed all'Erzegovina di un regime analogo a quello di Creta o del Libano; interdizione di trasferire in Europa, colonie mahometane d'altra parte dei dominii ottomani; questi tre punti offrirebbero una base abbastanza larga e sicura per aprire negoziati con speranza di buon esito; e V. E. potrà attingere in questi concetti la norma del suo linguaggio e nel caso in cui divenisse opportuno di entrare con codesto Gabinetto in uno scambio di idee sopra questo argomento.

(l) Non pubblicato.

(l) -Non pubblicati. (2) -Cfr. n. 354.
401

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 262. Roma, 9 settembre 1876.

Presentandomisi occasione sicura di trasmissione, ne approfitto per tornare sull'argomento delicato al quale si riferiva in ultimo il Rapporto cifrato

(n. 534) che V. E. mi diresse sotto la data del 31 agosto (1).

Mi sono giunti, in questi ultimi giorni, dal R. Ambasciatore in Pietroburga particolari più minuti e precisi circa i disegni di annessione di porzione della Bosnia alla Monarchia Aus,tro-ungarica, e circa la parte che il Cancelliere russo avrebbe avuto in siffatte combinazioni. E quei particolari sono tali che sembrano escludere la supposizione, enunciata da V. E. nel succitato rapporto, che il Principe Gortchakow, per iscopi suoi, abbia voluto ragionando col Cavaliere Nigra di questo soggetto, attribuire a prog,etti vaghi e generici un'importanza maggiore di Quella che in realtà avessero.

Il Rapporto del Cavali,ere Nigra (il quale subì notevole ritardo) è del 23 Agosto (2), e vi si legge che, quando gli Ambasciatori di Francia e di Inghilterra interrogarono il Principe Gortchakow su risultati del convegno di Reichstadt, Sua Altezza, dopo aver loro comunicato la risoluzione presa circa l'adozione del principio di non intervento, soggiunse che i Gabinetti di Russia e di Austria-Ungheria av,evano esaminato tutte le eventualità, e si erano messi d'accordo su tutte le questioni che ne emergevano. Il Principe Cancelliere avrebbe

anche detto di non poter entrare in maggiori particolari, né fornire spiegazioni in proposito, almeno per ora. A Lord Loftus, che aveva chiesto a Sua Altezza, in termini più pvecisi, se era stata concordata una cessione eventuale di territorio bosniaco, il Cancelliere imperiale riSPose parimenti che non poteva spiegarsi sopra questo punto. Il linguaggio del Principe Cancelliere, e più ancora il suo silenzio, sono, agli occhi nostri indizio certo che un progetto di annessione alla Monarchia austro-ungarica di una porzione di territorio bosniaco esiste, e che la traduzione in atto del progetto stesso dipende unicamente dalla situazione che sarà, ora o poi, creata dagli avvenimenti. Argomentando dalle proprie impressioni, riportate nei successivi colloquii, il Cavaliere Nigra stima che il territorio destinato alla eventuale 'annessione sarebbe quello che costituisce la Croazia turca, conterminato fra il Verbatz e l'Unna, e contenente una popolazione slava nella massima parte cattolica. Il R. Ambasciatore ritiene poi che, per questa annessione a beneficio dell'Austria-Ungheria, la Russia si sarebbe soltanto assicurato un compenso indiretto, e questo avrebbe dovuto consistere nel consenso, che il Gabinetto di Vienna si impegnava a dare, sia alla annessione dell'Erzegovina al Montenegro, sia ad un aumento territoriale a favore della Serbia, sia alla autonomia della rimanente Bosnia e fors'anche della Bulgaria.

Egli è vero bensì che, con telegramma del 27 Agosto (1), il Cavaliere Nigra riferendo ad una sua conversazione avuta col Principe Cancelliere, alla vigilia della partenza di quest'ultimo per Varsavia, dichiarava che S.A. accetterebbe oramai come base di soluzione, lo statu quo territoriale. In presenza degli eventi militari, riusciti sfavorevoli pei Serbi, S.A. riconosceva che non poteva più essere quistione di rimaneggiamenti territoriali, osservando del resto che coll'Austria non si erano presi impegni formali, e che nulla esisteva di scritto a questo proposito. Però V. E. ben scorge come anche il nuovo linguaggio del Principe Gortchakow, effetto, non già di mutate convinzioni, sibbene della modificata situazione, sia tutt'altro che rassicurante. Solo per la sorte delle armi, chiaritasi avversa alla Serbia, la Russia si sarebbe indotta ad abbandonare un progetto di spartizione territoriale, che, concertato fra i tre Imperi, avrebbe probabilmente trovato le altre Potenze impreparate alla improvvisa proposta. Noi non dobbiamo, quindi, dissimulare a noi stessi che altre vicende potrebbero ancora ricollocarsi in p11esenza del pericolo che per ora sembrava scongiurato.

Queste nostre preoccupazioni Le daranno ragione, Signor Ambasciatore, dell'atteggiamento risoluto che abbiamo stimato di dover prendere nella fase presente dell'azione diplomatica. Insistendo a Costantinopoli perché la Sublime Porta accetti senza indugio l'armistizio, H R. Governo non solo obbediva ad un sentimento umanitario, ma traeva consiglio altresì da considerazioni eminentemente politiche, Imperocché a rimuovere definitivamente ogni rischio, importa primierament·e rendere affatto improbabile una modificazione nella situazione creata ai belligeranti dalle ultime fazioni, ed in secondo luogo ricostituire sollecitamente sopra una base accettata da tutti il concetto fra le sei grandi Potenze.

35 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

(l) -Cfr. n. 378. (2) -Cfr. n. 346.

(l) Cfr. n. 354.

402

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 64. Parigi, 9 settembre 1876 (per. l'11).

Col dispaccio della serie politica n. 22 in data del 27 agosto ultimo (1), l'E.V. mi diede l'incarico di assumere in via privata qualche informazione circa • il Comitato internazionale di Palestina • nel dubbio che potessero troppo indugiare le informazioni ufficiali che m'erano state promesse dal Signor Desprez.

Non pare da ciò che mi fu fatto di conoscere che quel Comitato meriti attenzione veruna, né ch'esso sia stato pveso sul serio da altri Governi più che dal Governo Francese. Le Ambasciate di Allemagna, d'Austria, d'Inghilterra e di Russia ch'ebbero, al pari de' loro Governi rispettivi, inviti identici a quello che fu diretto dal sedicente Comitato di Palestina all'E.V. non vi risposero, né vi risponderanno secondo ogni probabilità.

Dalle informazioni attinte dall'Ambasciata Germanica e da essa riferite a Berlino risulterebbe anzi che il Signor Rouillet riassuma nella sola sua persona l'inHero Comitato, il quale intanto, aspettando di poter esercitare l'opera sua in Terrasanta, tentò di aprire qui (e dubito che sia con buon esito) una soitoscrizione in favore delle vittime della crudeltà turca. Comunque sia, credo opportuno che codesto R. Ministero differisca ogni riscontro alla comunicazione del Signor RouiUet, almeno fino al giorno che spero prossimo, in cui mi troverò in grado di riferirle le informazioni che il Ministero degli Affari Esteri di Francia fa assumere in questo momento per mezzo della polizia.

403

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 65. Parigi, 9 settemb1·e 1876 (per. il 13).

Riferii jeri al Sig. Desprez il risultato delle informazioni assunte per cura del R. Ministero dell'Intevno sulla dimostrazione che il Gov•erno francese si querelava essersi ripetuta recentemente in Genova coll'esibizione pubblica di bandiere di Nizza, coperte di gramaglie. Giusta quanto l'E.V. volle scrivermi nel dispaccio del 5 corrente (N. 28 di S.Pol.) (l) io dichiarai al Signor Desprez che non erasi po·tuta accertare la sussistenza del fatto il quale aveva provocato le osservazioni del Duca Decazes, e che probabilmente furono effetto d'un errore le relazioni che erano state inviate al Governo francese sulla dimostra

zione che avrebbe accompagnata l'inaugurazione del monumento di Mameli. Ag. giunsi che l'E. V. m'aveva promesso d'informarmi a suo .tempo delle notizie ch'EHa attendeva intorno alla sussistenza dell'altro fatto segnalatomi dal Duca Decazes, cioè intorno all'inalberamento d'una bandiera velata di Nizza sopra un legno ancorato nel porto di Genova.

Il Signor Desprez mi rispose che avrebbe riferito al Signor Ministro degli Affari Esteri ciò che gli dissi, ma che credeva dovermi mettere in avvertenza che un nuovo rapporto del Ministro dell'Interno di Francia indicava con precisione alcuni particolari relativi ai fatti che mi erano stati segnalati dal Duca Decazes.

(l) Non pubb11cato.

404

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A WASHINGTON, BLANC

D. 14. Roma, 10 settembre 1876.

Approvo il tenore della nota che la S.V. Illustrissima diresse al Signor Fisch il 28 luglio scorso circa la questione relativa all'ex Console Pontificio di Nuova York, e della quale Ella mi trasmise copia col rapporto del 30 lu· glio n. 58 (1).

Oramai l'obiettivo che dobbiamo prefiggerei è quello di tenere aperta la controversia, senza però spingere le cose, in questo momento, fino al punto da richiamare sopra l'argomento di cui si tratta la pubblica attenzione. Ciò che, infatti, ci preme, per 'evitare spiacevoli incidenti, si è di rimanere intera· mente liberi nella scelta del quando e del come si abbia a far prevalere il no· stro buon diritto. E questa libertà verrebbe manifestamente meno se la que· stione entrasse nel dominio della discussione pubblica.

405

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 1677. Berlino, 10 settembre 1876 (per. il 14).

Quand j'ai repris hier la direction des affaires confiées dans mon absence en de si bonnes mains, le Chevalier Tosi m'a remis la dépèche de V. E. du 27 Aout échu, N. 401 (2).

Le langage tenu par le Prince Gortchacow au Chevalier Nigra doit en effet exciter au moins notre surprise, quand on le compare à celui, diamé· tralement opposé, qu'il avait tenu en d'autres circonstanees. Un tel langage est aussi en désaccord avec les assurances qui m'ont été données, il y a un

mois, par S.E. M. de Btilow. Mais, à moins de preuve certaine, c'est peut-etre aUer trop loin que de soupçonner le Cabinet de Berlin de chercher à nous inspirer une fausse sécurité au moment où il s'agissait d'une combinaison dont la réalisation, quelque éventuelle et conditionnelle qu'elle fut, aurait été contraire aux intérets de l'ltalie. Si des pourparlers ont eu lieu à Reichstadt pour une cession partielle de la Bosnie à l'Autriche, il n'est pas certain que l'Empereur d'Allemagne, qui n'assistait pas à l'entrevue, en ait été informé. Et, si le Prince de Bismark a eu vent de la chose, il n'y a peut-etre attaché qu'une mince importanc,e, tant que, d'un simple échange de vues, on :nre passerait pas à une proposition formelle. M. de Btilow se trouvait alors en congé, et il se peut fort bien que, n'ayant pas trouvé trace dans la correspondance du fait auquel se rapporte la dépeche précitée de V. E., il se sott cru autorisé à répondre, comme il l'a fait, à mes interpellations.

Depuis lors, la situation s'est modifiée en ce sens, que les revers très sensibles, pour ne pas dire décisifs, éprouvés par l'insurl'ection, ne laissent pas présager des conditions de paix trop dures pour la Turquie. Il faudra l'arreter dans ses conquètes, plutòt que de chercher à morceler son territoire.

Néanmoins, j'ai cru à propos, dans l',e,ntretien que j'ai eu hier avec le Secrétaire d'Etat, de lui rappeler ce qu'il m'avait dit le 8 Aoùt, (rapport

N. 1658) (1), et dont j'avais pris acte avec satisfaction. Je ne devais cependant pas lui dissimuler que, dans l'intervalle, certaines données me portaient à croire qu'il existait, à l'insu sans doute du Cabinet de Berlin, entre l'Autriche et la Russie un accord qui permettrait à la première de ces Puissances de s'annexer, en certaines éventualités, une portion de la Bosnie. L'origine de cet accord remonterait à l'entrevue de Reichstadt.

M. de Btilow a nouvellement nié que des pourpar1ers eussent eu lieu à cet égard, car cela ne lui résultait d'aucune manière. Ainsi que l'avait affirmé le Comte Andrassy, l'entente entre l'Autriche et la Russie ne s'égarait pas dans des calculs hypothétiques, elle n'avait d'autre but que d'établir un concert

sur la situation du moment, au fur ·et à mesure que les événements se développeraient. D'ailleurs, ajoutait 1e Secrétaire d'Etat, l'Autriche songe moins que jamais aujourd'huy, dans les conjonctures actuelles, à un agrandissement de territoire, à un acroissement de ses populations slaves.

Insister davantage eùt été hors de propos, à moins de nouvelles instructions de V. E. J'ai donc coupé court à cet entretien. J'avais d'ailleurs déjà très nettement indiqué à M. de Btilow quelle serait notre attitude, si l'une ou l'autre des Puissances cherchait un agrandissement territorial aux dépens de la Turquie, surtout vers l'Adriatique. (Rapport surmentionné N. 1658).

Il est en effet de notre devoir, comme je lis dans la dépèche de V. E., d'observer, de nous tenir sur nos gardes, et de prévoir les événements. Je m'y applique et m'y appliquerai de mon mieux, sans recu1er devant aucune responsabilité. Mais le ròle d'une grande Puissance va plus loin. Il faut savoir agir à propos. Or, si nous devons ètre préoccupés à juste titre de voir la Russie disposée à s'écarter de ses anciennes répugnances, et l'Autriche-Hongrie résister moins aux velléités d'arrondir son territoire, c'est là un motif de plus pour

tenir un langage ferme, surtout à Vienne. En admettant meme que le danger semble écarté pour le moment, il pourrait se représenter dans un avenir plus ou moins éloigné, et il ne faudrait pas qu'on pùt prétexter de no•tre silence attribué à une certaine indifférence, pour passer outre. La conversation entre le Chevalier Nigra et le Prince Gortchacow prouve combien j'avais raison de suggérer à plus d'une reprise, sous l'anci<en et sous le nouV1eau Ministère, d'avoir un programme nettement tracé, pour empecher du moins qu'il ne résulte de l'imbroglio orienta'! quelque combinaison contraire à nos intérets. Le télégramme de V. E. du 8 Aoùt (l) était un pas dans cette voie. Je m'en suis prévalu dans la mesure voulue. Le Chevalier Nigra avait reçu des instructions analogues, e·t s'en est servi. Je ne doute pas que le Comte de Robilan't a également été chargé de donner un sérieux avertissement au Comte Andrassy.

V. E. aura vu par les rapports du Chevalier Tosi, que M. de Biilow ne s'est pas départi de la réserve qui lui est dictée par le Prince de Bismarck, vis-à-vis de tous les Membves du Corps Diplomatique étranger. C'est que l'action diplomatique du Cabinet de Berlin est tout à fait souterraine. Il se borne à a:tifirmer hautement son désir de voir la paix maintenue. A cet effet, il travaille d'accord avec l'Autriche et la Russie, mais en les paralysant un peu l'une par l'autre, et sans trop décourager l'Angleterl'e dans sa politique traditionnelle. Il évite, en se plaçant trop à découvert du coté de la Russie, d'encourager le monde slave, qui se contient à peine d'en venir aux prises aV1ec le monde musulman. S<lus ce rapport, il voit sans regret l'Autriche et l'Angleterre faire contrepoids par leurs tendances plutot favorables à la Turquie. Toutefois, il a bien soin de détendre la corde quand il se manifeste quelques symptomes de mécontentement de la pal't du Cabinet de St. Pétersbourg, qui lui 'en veut en peu de son attitude trop réservée, réveillant peut-etve des soupçons de double jeu. Comme me le disait un ancien diplomate russe: • le Prince de Bismarck accepte les yeux fermés ce que nous présentons à la condition que la feuille de papier ne porte aucune écriture, aucun engagement •. C'est peut-etre en cédant au sentiment d'enguirlander la Cour du Tsar et d'empecher un rapprochement avec la France, ce à quoi tendent ici les efforts principaux, que la mission du Maréchal de Manteuffel à Varsovie a été décidée. Il a été évidemment porteur des meilleures assurances. Mais en meme temps M. de Biilow avait soin de laisser entendre au représentant de l'A:ngleterre qu'il s'agissait d'une mission de courtoisie, comme l'a été celle du général autrichien, Comte de Neipperg.

Aussiwt qui j'ai reçu l'avis télégraphique de V.E., j'ai fait mes préparatifs de départ. Je serais meme arrivé plus tot ici, si le mauvais état de la me·r ne m'a<vait forcé de retarder de quelques jours mon départ. Si, pour l'apparence il vaut en effet mieux, -quoique la majorité de mes collègues continue les congés, -qu'un chef de Mission soit à son poste durant la crise que nous traversons, j'e ne vois aucune affaire qui nécessitàt réellement ma présence, quand le Chevalier Tosi me remplaçait. Je comptais rester encore absent pendant 15 jours, ayant maintes commandes à faire à Paris pour l'Ambassade. J'espère que V.E. me permettra de faire plus tard cette course.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr n. 355.

(l) Cfr. n. 313.

(l) Non pubblicato.

406

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 539. Vienna, 10 settembre 1876 (per. il 14).

Con mio telegramma di jeri sera (l) ebbi a dare sommaria conoscenza all'E.V. della conversazione da me avuta poche ore prima col Conte Andrassy, ma evidentemente ciò non basta a che Ella possa farsi uno esatto criterio della situazione nata da quel colloquio; farò dunque il mio possibile per riferirle oggi con maggior precisione ciò che jeri ebbi ad accennarle colla laconicità imposta dallo stile telegrafico.

Il Conte Andrassy, ch'io incontrava per azzardo al Club jeri l'altro, chiesemi se mi avrebbe trovato a casa l'indomani nel pomeriggio. Jeri in fatto v·enne da me verso le 5 e dissemi tosto il tempo avergli fatto difetto per venir prima, e quindi non poter aver meco la conversazione che avrebbe desiderato: ciò non di meno essere venuto per farmi le sue scuse d'avermi fatto aspettave, ma rimettere ad altro giorno il nostro colloquio. Non pertanto essendosi egli seduto, dissemi un po' bruscamente non capire bene che risposta io volessi avere da lui intorno alla comunicazione da me fatta al Barone Hofmann il 7 corrente. Al che io risposi che non era precisamente una risposta ch'io avevagli fatto chiedere, ma essere naturale che avendo, d'ordine del mio Governo, fattogli comunicare il linguaggio che il Conte Corti era incaricato di tenere a Costantinopoli, linguaggio che sar.ebbe stato opportuno fosse analogamente tenuto dal Conte Zichy, desiderassi sapere se ciò sarebbe o non avvenuto. A queste mie parole il Conte Andrassy rispose divagando sull'argomento, e mostrando di non capire lo scopo della nostra azione a Costantinopoli, dicendo in conclusione poco importargli dell'armistizio purché si ottenesse una pronta pace, questo essendo lo scopo unico a cui oggi devesi mirare. • La Porta, diceva egli, • ci farà conoscere oggi o domani a quali condizioni è disposta a far la pace; queste condizioni si discuteranno prontamente e si accetteranno o respingeranno secondo quel che saranno •. In v,erità non mi fu facile interloquire durante questo suo discorso, avviluppato con espressioni ed apprezzamenti mancanti assolutamente dichiarezza. Però prendendo in considerazione il fatto concreto delle condizioni di pace, che primeggiava nel ragionamento del mio nobile interlocutore, gli dissi: • Bene Voi vedete che sarà facile mettersi d'accordo sulle condizioni della pare, lo voglio sperare; ma ritengo ciò sarà tanto più agevole se le Potenze non tarderanno a scambiarsi le loro idee e datene il buon esempio, cominciando col dirmi quali condizioni, a vostro avviso, sarebbero accettabili •. Al che il Conte risposemi con premura: • Je m'en vais vous les dire... dans quelques jours! • E ciò detto si alzò per andarsene, ma io lo fermai dicendogli che quelle sue condizioni non dovevano essere molto semplici se non poteva per ora accennarmele; che, per conto nostro, io credeva poterle dire sino da questo momento; che, a nostro avviso, la sola base su

cui si poteva trattare della pace si era lo statu quo territoriale. Egli ripeté un pajo di volte queste mie paroie, e poi disse; veramente non capisco che statu quo voi volete, stando a ciò che mi viene riferito da varie parti 1e da quanto risulta dai meeting che si tennero di Qua ,e di là in Italia questo statu qua non sarebbe stato chiaramente definito: autonomie....... non autonomie, insomma, je ne vois pas clair dw fond ce que l'an veut chez vous. Come di ragione io mi affrettai a dichiarare nulla sapere di ciò che erasi detto nei meeting di cui mi parlava; dovere ad ogni modo declinare ogni qualsiasi solidarietà delle vedwte del R. Governo con quelle manifestazioni. Al che Egli risposemi, con acre sorriso, essere Heto di questa mia dichiarazione, poiché non doveva nascondermi

• que plusieurs circonstances lui faisaient constater avec regret que nos relations s'acheminaient à ne plus étre ce qu',elles étaient auparavant et ce qu'il était dans l'intérét des deux pays qu'elles se maintiennent •. Ciò detto Egli volle andarsene, pretestando molta premura di recarsi a Schonbrunn, e dicendomi che non era questa conversazione da farsi così in due piedi, perché, egli non voleva toccare sì grave argomento senza dirmi, colla sua solita franchezza, tut,to ciò che aveva sul cuore. Naturalmente non lo lasciai partire su quelle parole, 'e risposigli vivamente che io era pronto oggi come quando il vorrebbe a entrare seco lui nel più ampio, franco e leale scambio di spiegazioni su di una situazione, che da lungo tempo io pure constatava con vivo rincrescimento; ma che non aveva trovato sin qui fosse della mia dignità d'ammetterne io l'esistenza, provocando spiegazioni, perché, in verità non poteva poggiare se non su falsissime basi, ma che precisamente per ciò io era lietissimo averne rotto, egli, quel ghiaccio che mi pesava. Ad onta però io facessi poscia ogni mio possibile per provocare dal Conte più esplicite indicazioni intorno a quelle circostanze, ch'egli diceva aver da,to causa a questo stato di cose, non riescii a farlo spiegare più chiaramente; egli se ne andò dicendo che avremmo ripreso altra volta quel colloquio. Credo opportuno ripetere qui all'E. V., ciò che già ebbi a dirLe telegraficamente; che cioè la natura delle mie relazioni personali col Conte Andrassy, improntate sempre alla più amichevole cordialità, ebbe per effetto che quel nostro colloquio si mantenne tutto il tempo, nella forma almeno, entro i limiti atti a togliergli gran parte

della gravità di cui la sostanza sua non è sprovvista. Devo poi anche dire che il modo di conversare franco e spigliato, che caratterizza il Conte Andrassy, scema pure in parte la rilevanza delle cose da lui dettemi. Con tutto ciò non intendo affatto nascondere all'E. V. che la conversazione, ch'io ebbi l'onore di riferiLe, non accenni ad un principio di situazione fra i due Governi, che è meritevole della maggiore attenzione, tanto più che conviene di necessità considerare questo stato di cose siccome il portato di una serie di piccoli fatti antecedenti, e non come conseguenza di un incidente improvviso, di cui mo,lto più facile sarebbe il far sparire le conseguenze. L'E. V. ben vorrà ricordarsi che già da Qualche tempo non ho mancato di constatare l'esistenza di questo nascente raffreddamento delle nostre relazioni coll'Austria Ungheria, indicandone anche talvolta le cause ed i rimedi atti a portarvi riparo. Ma, al giorno d'oggi, la situazione devesi guardare in faccia quale si è; e, a mio avviso, i due Governi hanno eguale interesse a spiegarsi chiaramente; mercé di ciò non esito a credere che, di comune accordo, si verrà a constatare che quanto ebbe a frapporsi fra Roma e Vienna, per intorbidarne le velazioni, altro non è se non una serie di fantasmi, a cui la mallvagità di alcuni e la debolezza di spirito di altri ebbe a dar corpo. Ritengo quindi che essenzialmente negli attuali momenti in cui la massima concordia fra le potenze è un'urgente necessità, non si dovrebbe tardare da parte nostra a provocare le più ampie e esplicite spiegazioni col Governo Imperiale. Non mi è possibile chiudere l'animo alla speranza che questo franco e largo scambio di spiegazioni avrà per effetto di far sparire i fantasmi evocati dai non pochi vecchi nemici dell'Italia, che sono, al tempo stesso, poco intelligenti amici dell'Austria-Ungheria. Qualora poi ,l'effetto non avesse ad essere conforme a questa mia speranza parmi che l'Italia, forte di avere coscienziosamente adempito con perfetta lealtà sempre i suoi obblighi internazionali verso l'Austria Ungheria, potrebbe, con sicuro animo, rimettere al tempo ed agli eventi la cura di appianare una situazione, che in fin dei conti potrebbe essere meno nociva ai nostri interessi che non a quelli di questa Monarchia. Un atteggiamento, non ostile certamente, perché non vedrei ragione tale avesse da farsi, ma molto riservato però, sar,ebbe il solo, che sino al giorno in cui piacesse al Gabinetto di Vienna far ritorno alle precedenti amichevoli relazioni dovrebbesi, a parer mio, osservare verso il Governo Imperiale.

Starò in attesa delle istruzioni che Le piacerà impartirmi.

(l) Non pubblicato.

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IL MINISTRO A L'AJA, BERTINATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 138. L'Aja, 10 settembre 1876 (per. il 15).

Trattenendomi jeri al Ministero degli Affari Esteri sul contenuto del Dispaccio dell'E. V. n. 43 (serie politica) (l) il Signor de Willebois, per provarmi col fatto che non aveva perduta d'occhio ,la pratica da me iniziata relativamente al Signor Hazeman, mi fece vedere uno speciale incarto, posto sul suo tavolo, con entrovi varii dispacci ricevuti da Londra, Madrid, Lisbona, Brusselles, Washington e Parigi nei quali i Rappresentanti de' Paesi Bassi gli rispondevano alla domanda loro fatta in proposito degli ex-Consoli pontifici, ed indicando qual contegno abbian tenuto i varii Governi presso i quali sono accreditati verso i medesimi, dacché venne compiuta l'unità nazionale italica, mercé la nostra occupazione di Roma, ed il conseguente rovescio del poter 'temporale del Papa.

Senza che io abbia mostrata la menoma curiosità di conoscere il tenore di tali risposte il Willebois mi disse che il Ministro Neerlandese agli Stati Uniti, Signor de Peste!, gli scrisse che il Governo di Washington aveva invitato il Signor Blanc ad indirizzargli una special nota in proposito, onde deliberar sul quid agendum e per guadagnar intanto qualche tempo, aUesoché, per riguardi personali verso l'ex-console pontificio a New York sembra che si

volesse aspettare la previa elezione del futuro Presidente prima di ritirargli l'exequatur. Il che significa che si desidera d'avere il voto degli Irlandesi in favor del partito repubblicano. La qual cosa non mi sorprende affatto avendo io udito dana bocca di Monsignor Hughes, predecessore dell'attuai Arcivescovo della città imperiale, Cardinale Mac Closkey, che egli poteva disporre, all'occorrenza, di 60 mille voti in favore di qualunque candidato gli andasse a sangue.

Fattosi quindi a parlarmi del Venezuela, e della probabilità d'un rinnovamento non molto lontano delle relazioni diplomatiche con questo paese, il Willebois proseguì a dirmi: c Oramai comunicherò il dossier ai miei colleghi, e, come tosto l'Internunzio Apostolico, Monsignor Capri, tornerà dai bagni di Catwijk, io lo pregherò di invitare il Signor Hazeman a dimettersi volontariamente dall'ufficio, nonché di far scomparire lo stemma pontificio tuttora appeso sopra la sua casa d'abitazione, onde così antivenire una Nota che aspetto da un momento all'altro dal canto vostro, mercé la quale so che mi chiederete di ritirargli l'exequatur con tutte 'le conseguenze che debbono tener dietro a siffatta misura •.

Sul suo timore che da questo modo di procedere il Capri venisse ad inferirne che l'esito della pratica dovesse pendere dal suo previo assenso, e ne cogliesse il destro per chiedere istruzioni a Roma, e per dire intanto al Willebois che si saria occupato dell'Hazeman quando avessi ino~rata la mia Nota io gli feci immediatamente osservare che se avevo sin QUI ricusato di presentargli una Nota sul proposito, quale egli m'aveva iteratamente chiesta, egli era appunto per iscartare una discussione, che credevo di reciproco interesse il non sollevare, sempreché si può raggiung,er l'intento con mezzi conciliativi, e senza andar incontro ad una evemuale pubblicità non necessaria, ed in ogni caso prematura; e continuai a parlargli nella sentenza seguente:

c Se volete, gli dissi io, ottener qualche proficuo risultato dalla Santa Sede, quando avete 'la convinzione che il buon diritto sta dal canto vostro, voi dovete anzitutto farle intendere che, velit, nolit, voi siete pronto a rompere ogni indugio, e passar oltre ad ogni sua opposizione e protesta; e che, soltanto per deferenza verso di lei, voi l'invitate, a seconda dei casi, a cooperare ad un atto, che mandato ad effetto senza informarla, o senza il suo concorso, almeno indiretto, potria venir considerato come un'offesa, e come una mancanm di quei riguardi, che sempre si sogliono usare verso la Sede Apostolica quando non sono incompatibili così coi doveri, come dei diritti della nazione.

Se desiderate, gli soggiunsi, un autorevole esempio in proposito io vi allegherò il caso del Signor De Broglie, padre dell'attuai Duca di questo nome, il quaLe, incontrando non poche difficoltà per ottenere da Roma una dispensa per un matrimonio che gli stava molto a cuore di veder conchiuso, si rivolse a Pellegrino Rossi per averne apposito consiglio, e gli chiese quali pratiche egli avesse adoperate presso la Romana Curia, onde conseguir la dispensa pel matrimonio misto da esso lui contratto con una damigella Calvinista.

Il Rossi, che sapeva di lunga mano come si deve trattar coi preti, così gli rispose colla sua solita calma: • Dopo aver fissato, prima di tutto, il giorno preciso del mio matrimonio io scrissi sottosopra a Roma nei seguenti termini: Il Professore all'Accademia di Ginevra Pellegrino Rossi, nativo di

Carrara, cattolico, e cittadino naturalizzato di questo Cantone, proponendosi di contrar matrimonio colla damigella Carolina NN. nel giorno NN. di questo mese, al qual uopo si è preliminarmente conformato alle prescrizioni del codice civile, si fa premura di ricorrere rispettosamente a Vostra Santità, per mezzo della Congregazione a ciò delegata, onde impetrar la dispensa come d'uso pei matrimonii misti, e le bacia intanto il sacro piede etc. •. Dal tenore laconico di questo ricorso gli scaltriti curialisti romani avendo potuto pressentire da un lato, che, qualunque ne fosse stato l'esito, il matrimonio non saria stato differito d'un solo giorno, e volendo, per altra parte, salvar principii, od almeno le apparenze, s'affrettarono, senza più, di spedire al postulante la chiesta dispensa •. Questo fatto, raccontatomi dapprima dal nostro Principe della Cisterna in Parigi, mi venne in seguito confermato dal Rossi medesimo quando ebbi la curiosità di chiedergli se era conforme a verità.

Esortai conseguentemente il Willebois, ad imitazione del mio aulico maestro, di far intendere a Monsignor Capri che il Governo neerlandese si è determinato a rivocare l'exequatur al Signor Hazeman, e che ne dà previo avviso a lui, come Internunzio, perché possa, volendolo, parar il colpo col pigliar anticipatamente col medesimo quei temperamenti che crederà i migliori, ed i più convenienti nelle circostanze del caso. Mi pare che il Willebois non abbia accolto con mala soddisfazione il suggerimento da me datogli in questa occasione.

(l) Non pubblicato.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 263. Roma, 11 settembre 1876.

Ho risposto ieri con un telegramma (l) a quello che V. E. m'indirizzava la sera innanzi (l) in seguito ad un colloquio avuto col Conte Andrassy. Ella conosce dunque l'impressione che in me produssero le cose deUele da codesto primo Ministro. Rimane ora ch'io, riferendomi alla relazione telegrafica ch'Ella mi fece di quel colloquio, Le esprima più minutamente il giudizio che mi sembra doversi recare sulle questioni alle quali il Conte Andrassy ha voluto accennare.

Il punto di partenza della conversazione è stato il dissenso che da qualche tempo pare manifestarsi ad ogni tratto fra il nostro modo di procedere nella fase attuale della quistione orientale e quella adottata a Vienna.

Dal giorno in cui nacque in noi il sospetto, ben tosto convertitosi in certezza, che l'Austria-Ungheria nel convegno di Reichstadt si fosse assicurata dei compensi territoriali in vista di certe prevedibili combinazioni, nostra politica dovette necessariamente avere un indirizzo più spiccato. Noi abbiamo dovuto prefiggerei di raggiungere due scopi principali: far prevalere lo statu quo territoriale ante bellum come base dei futuri accomodamenti; ricostituire sopra una base sicura l'accordo delle sei Potenze.

La situazione stessa creata dagli avvenimenti militari suggeriva i mezzi che dovevamo impiegare per conseguire un tale int'ento. Un'armistizio immediato era richiesto ugualmente dalla posizione della Serbia e da quella del Montenegro. Sconfitta in parecchie battaglie la Serbia avea fatto nascere in tutta l'Europa delle simpatie che in Rusia, dove il sentimento pubblico andava ogni dì più eccitandosi, si pronunziavano con l'invio di soccorsi d'ogni genere. Intanto il Montenegro minacciato da due parti da forze soverchianti avea dovuto concentrare il suo piccolo esercito sul territorio del Principato rinunciando a mantenersi nelle posizioni conquistate in Erregovina. In questo stato di cose la sospensione delle ostilità per condurre al pronto ristabilimento della pace rispondeva ad un sentimento generale umanitario e nel tempo stesso scongiurava i pericoli che dalla prolungazione della lotta avrebbero potuto nascere. La continuazione della guerra rendeva infatti possibili l'una o l'altra di queste due ipotesi. O il sentimento pubblico in Russia costringerebbe il Governo Imperiale a soccorrere militarmente i Serbi, o in poche settimane i Turchi occuperebbero Belgrado. Noi che desideriamo che la pace sia conservata fra i Grandi Stati di Europa, e che consideriamo le intervenzioni militari come sfavorevoli al mantenimento della medesima, non avevamo che due vie da scegliere ed assecondando il desiderio dei due Governi principeschi abbiamo dato opera per la buona riuscita di una mediazione intesa primieramente a sospendere le ostilità ed in secondo :luogo a rendere possibile la pace sulla base da noi desiderata che è la sola che l'esito degli avvenimenti rende attualmente possibile.

Noi non ignoravamo che in questa nostra azione ci separavamo dall'Austria Ungheria; ma non avremmo potuto adottare un'altra linea di condotta senza lasciare esposti a gravi pericoli importanti interessi del nostro paese. Il Gabinetto di Vienna dovrebbe però rendere giustizia alla franchezza del nostro procedere poiché sebbene fossimo persuasi di non poter contare sul suo concorso, abbiamo voluto costantemente informarlo noi stessi di ogni nostro passo. Ci era noto che l'Austria-Ungheria avrebbe voluto che i Serbi fossero più completamente battuti. Ed anche ora, dopo che il Gabinetto di Vienna ha aderito alla domanda del Principe Milano per la mediazione, l'Agente Austriaco a Belgrado non cessa di esprimere l'opinione che la Serbia non è sufficientemente punita e che per il medesimo suo bene non si deve interrompere il castigo prima che sia proporzionato alla colpa. I Serbi continua a dire il Principe Wrede ai suoi colleghi doveano subil"e disfatte militari molto più decisive perché a loro si potessero imporre condizioni di pace atte a frenare per lungo avvenire l'ambizione e la turbolenza loro. Pigliandone in mano invece la causa l'Europa li persuase che in certo grado li copriva della sua protezione e nutriva benevoli sensi verso di essi ed ha cospirato così a togliere in parte se non in tutto alla Turchia il giusto premio della vittoria.

Se questo è l'ordine di idee che ancor oggidì prevale a Vienna, a noi non sarebbe possibile di adottarlo.· A mantenere in esso codesto Governo imperiale debbono concorrere degli interessi che non si accordano coi nostri. In questa discrepanza di idee sta la ragione vera della diversa condotta tenuta dai due Gabinetti. Mentre noi cercavamo di affrettare il corso dei negoziati per l'armistizio e per la pace, il Gabinetto di Vienna procurava di rallentarlo. La Russia avea dichiarato doversi separare la domanda d'armistizio dalle traJttative di pace. Queste non avrebbero potuto riuscire in modo soddisfacente se un accordo p11eliminare non fosse preso fra le sei Potenze, né si poteva permettere la continuazione di una guerra di sterminio mentre quest'ultime si sarebbero radunate per deliberare. Era dunque evidente che la Russia avrebbe ricusato di esaminare una controproposizione della Turchia avente per iscopo di riunire in una sola trattativa il negoziaJto d'armistizio e le condizioni della pace. Ma l'Austria-Ungheria invece mentre ordinava al suo Ambasciato11e a Costantinopoli di unirsi ai Rappresentanti delle altre Potenze per domandare l'armistizio, gli dava per istruzione di chiedere alla Porta le condizioni della paoe. Tutti i Governi ai quali sta a cuore di poter deliberare pacatamente intorno ad un soggetto di tanta importanza non solamente per le conseguenze immediate e presenti ma anche in vista degli interessi futuri, opinarono che si dovesse insistere per un armistizio che precedesse le trattative della pace. Della opportunità dei passi che noi abbiamo fatto in questo senso crediamo che l'Austria sia rimasta sola a portare giudizio sfavorevole. Gli eccitamenti che abbiamo indirizzato al Governo del Sultano per fargli intendere che non potevamo accontentarci della sua risposta dilatoria, hanno ottenuto immediato appoggio per parte dell'Inghilterra e della Francia e a Berlino non potendosi disconoscere la validità delle ragioni che c'inducevano a fare questi passi, si mostrò di credere ad un mutamento avvenuto nella situazione in seguito ad una risposta verbale della Porta in senso negativo, risposta che da recentissime informazioni richieste a Costantinopoli ci risulta non essere ancora stata fatta.

In questa fase dei negoziati noi abbiamo cooperato al ravvicinamento dell'Inghilterra arUe altre Potenze. La parte presa dal Gabinetto di Londra nella domanda di armistizio può contribuire grandemente alla ricostituzione permanente del concerto delle sei Potenze che è il secondo degli scopi principali che noi dobbiamo prefiggerei. Le disposizioni del Gabinetto di Pietroburgo favorevoli per la convocazione delle sei Potenze in una Conferenza che per le condizioni nelle quaH sarebbe stata riunita, avrebbe avuto l'importanza di un cong11esso, facilitarono certamente il ravvinamento del Gabinetto britannico agli altri GoV1erni. Le manifestazioni imponenti della pubblica opinione in Inghilterra avrebbero reso fors'anche impossibile a quel Gabinetto di perseverare in una linea di condoHa che lo avrebbe completamente isolato. Favorita da queste circostanze l'opera nostra presso il Governo inglese ebbe già degli effetti di cui possiamo essere soddisfatti. Ma anche in questa parte del nostro lavoro diplomatico sorgono degli ostacoli ad attraversarci la via e questi ci

sono creati dal contegno assunto dal Gabinetto di Vienna. Il ravvicinamento dell'Inghilterra alle cinque altre Potenze non sarà completo che quando il sistema di trattative adottato per la nota Andrassy del 30 dicembre 1875 e per il Memorandum di Berlino del Maggio scorso sarà abbandonato definitivamente. La inefficacia di quel sistema a noi sembra sia stata dimostrata sufficientemente da una dura esperienza e crediamo che sia nell'interesse di tutti il rinunciarvi. L'Austria-Ungheria persiste invece in un'opinione diversa né

io credo che il Conte Andrassy potesse più energicamente affermarla di quello che fece nella conversazione che egli ebbe con V. E. il 30 agosto. Io non so se a Vienna si abbia a questo riguardo la stessa impressione che noi abbiamo Ma agli occhi miei non mette dubbio che la ripresa del metodo de' negoziati del Conte Andrassy ritenuto il solo possibile per l'Austria avrebbe per effetto di distaccare di bel nuovo l'Inghilterra dal concerto delle sei Potenze. Prima che la nota del 30 dicembre fosse sottoposta all'approvazione dei Gabinetti che non concorsero ad eLaborarla, qualche osservazione amichevole fu fatta anche per parte del Governo italiano contro un sistema di cui era più facile scorgere gli inconv,enienti che i vantaggi. Noi non abbiamo però fatta quistione di amor proprio in un affare il buon esito del qua,le poteva dipendere dall'unanimità con cui l'Europa si sarebbe pronunciata. E quando gravissimi casi imposero alle Po-tenze una deliberazione urgente, noi abbiamo al convegno di Berlino del maggio scorso contribuito col nostro esempio alla accettazione anche per parte della Francia del Memorandum elaborato dalle tre cancellerie imperiali. L'Inghilterra che a mala pena si era indotta ad appoggiare la nota Andrassy a Costantinopoli, ricusò di seguirei e V. E. ben conosce quale furono le conseguenze di un tal fatto 'e quali presumibilmente esse avrebbero potuto essere se gli avvenimenti avessero avuto un esito diverso. Intanto ·iO credo fermamente che un Governo avveduto non possa non tener conto e di questo fatto ~e delle difficoltà parlamentari che anche in Francia suscitò al Governo la sua pronta adesione al Memorandum di Berlino. Noi dobbiamo ricordarci anche di queste difficoltà poiché esse ebbero tanta influenza sul Gabinetto di Versailles da indurlo ad intraprendere subito un lavoro di ravvicinamento fra l'Inghilterra e la Russia. L'azione conciliatrice della Francia parve sulle prime ottenere lo scopo desiderato e ne risultò fra Londra ed Ems, dove in quei giorni soggiornava lo Tzar, uno scambio di idee che offriva una base di accordo. Come poi avvenisse che il Gabinetto di Londra si ritraesse davanti alla proposizione russa di procedere all'assetta

mento delle quistioni prima che la sorte delle armi decidesse fra la Turchia ed i Principati, non è ben chiaro. Il certo è che la Russia andava poco dopo al convegno di Reichstadt sotto un'impressione sfavorevole dei suoi negoziati con l'Inghilterra. La ragione di quanto avvenne allora potrebbe forse tro

varsi nelle difficoltà di cercare una base sicura ad accordi che si riferiscono a situazioni ipotetiche. Troppo raramente i fatti corrispondono alle previsioni abbastanza esattamente perché quegli accordi possano trovare nei fatti stessi il loro fondamento. Non era poi un ravvicinamento fra la Russia e l'Inghilterra nelle circostanze sovradette scevro da ogni pericolo. ~a politica che aveva fallito prima del 1854 avrebbe ora potuto essere tentata con maggior successo e con danno non minore per tutto il resto dell'Europa.

Attualmente invece l'accordo fra la Russia e l'Inghilterra si può fare intorno ad una situazione di fatto chiaramente definita e non avrebbe carattere esclusivo poiché si farebbe sopra una base che le sei Potenze possono accettare nulla sacrificando dei loro interessi generali. Al compimento di questo disegno l'Austria-Ungheria si oppone. Per mantenere anche in avvenire il sistema delle trattative che ha già allontanato una volta l'Inghilterra dal concerto delle Potenze il Gabinetto di Vienna si pronuncia contro la riunione di qualunque conferenza dei sei Governi. Noi non dobbiamo indagare le ragioni particolari che il Conte Andrassy può avere per tenersi fermo in questa sua risoluzione; ma non possiamo trascurare l'interesse generale che di,vidiamo con 'la maggior parte degli altri paesi, il quale esige che l'accordo con l'Inghilterra non vada ancora una volta compromesso e che questo accordo si faccia simultaneamente con la Russia e con le altre Potenze per evitare intimità pericolose ed intelligenze separate che all'Austria come a noi potrebbero riuscire ugualmente funeste.

Mentre noi abbi,amo già avuto l'occasione di conoscere le idee della Russia, della Francia, dell'Inghilterra e persino della Germania intorno ad alcuna delle principali condizioni che si suppone voglia la Porta imporre alla Serbia nei capitoli della pace, il Conte Andrassy all'interrogazione mossagli da V. E. a questo riguardo ha rifiutato recisamente di manifestare le sue idee. E1la ha creduto opportuno di replicare che noi sappiamo perfettamente ciò che vogliamo avendo dato alla nostra azione diplomatica sin dal principio un'indirizzo tendente a far prevalere lo statu quo territoriale come base delle trattative. Se il Conte Andrassy al solo sentire enunciare questo nostro modo di vedere si è pronunciato con molta vivacità sulla politica seguita dal R. Governo, io debbo con rammarico vedere in ciò null'altro che una conferma del dissenso che si fa sempre più profondo fra le sue e le nostre idee nelle quistioni della Turchia europea. Io non credo che qui vi sia un equivoco che delle franche spiegazioni reciproche potrebbero dissipare. La divergenza di interessi è agli occhi nostri manifesta, ma noi ci lusinghiamo che le circostanze possano permettere ai due paesi di traversare il periodo difficile in cui ci troviamo, senza che il dissenso si renda ancor più palese. L'entrare in una via di recriminazioni non avrebbe alcuna utilità. L'Austria-Ungheria ha potuto conoscere tutti i passi che noi abbiamo fatto; essa non ha alcun diritto di sospettare le nostre intenzioni. La nostra condotta rispetto a tutti i Governi è stata così chiara e leale che noi non potremmo certam,ente temere di entrare in ispiegazioni intorno ai nostri pensieri ed alle nostre risoluzioni. Ma io non credo che ci convenga di cercare l'occasione di spiegarci con l'Austria. Nelle sue presenti disposizioni codesto Governo potrebbe credere che noi vogliamo giustificarci.

Il conte Andrassy ha parlato a V. E. dei Meeting di Milano e di Roma e prendendo la mossa da queste manifestazioni della pubblica opinione si rammaricò che le nostre relazioni coll'Austria non fossero più così soddisfacenti come per lo addietro e come sarebbe nell'interesse dei due paesi che si conservassero. Sua Eccellenza non volle spiegarsi completamente sopra questo tema assai delicato del suo discorso. Lo sviluppo che poteva prendere la conversazione ch'egli aveva con Lei, Signor Ambasciatore, non gli consentiva di aprire in quell'occasione completamente l'animo suo e si riservava di ciò fare fra breve.

Quando le relazioni fra due Governi sono stabilite sulla reciproca con~ fidenza un dissenso anche in una quistione di primo ordine può taluna volta non alterare il carattere della generalità dei rapporti esistenti fra di loro. Ma se uno dei due Governi vive verso l'altro in una continua diffidenza io credo che sia quasi impossibile impedire che l'influenza di un qualsiasi dissidio

si estenda oltre i limiti della questione sulla quale la divergenza di opinioni o di interessi si è prodotta. Troppe volte il Governo Austro-Ungarico ha dimostrato di non saper apprezzare con animo pacato ed imparziale le manifestazioni della pubblica opinione in Italia. Le osservazioni che a Lei furono fatte dal Conte Andrassy circa i Meetings di Milano e di Roma mi dimostrano che codesto Governo persiste nel non rendersi conto di ciò che in uno stato libero deve considerarsi unicamente come uno dei mezzi pei quali tutte le opinioni possono manifestarsi. Al Gabinetto di Vienna non mancano i mezzi di sapere che il Governo nostro si è astenuto da tutto ciò che avrebbe potuto anche indirettamente eccitare il sentimento pubblico degli Italiani. Certamente noi mancheressimo al nostro dovere se tenessimo in nessun conto le manifestazioni legittime e serie della pubblica opinione; ma possiamo affermare che la espressione di opinioni che per essere generose, non cessano di essere esagerate non ebbe mai e non potrà avere alcuna influenza sulla condotta del Governo.

L'Austria non ha rimproveri a muoverei a questo riguardo. Noi non ricerchiamo quale parte di responsabilità pei casi presenti della Turchia di Europa possa pesare sovra quel partito che in Dalmazia ha sempre nutrito gelosia e sospetti per tutto ciò che è Italiano: Noi osserviamo non senza inquietudine e con grave rammarico il movimento che incomincia a fomentare sovratutto nelle provincie nostre finitime al Tirolo una serie di provvedimenti di rigore che l'Autorità Austriaca ha adottato recentemente e che nessuna agitazione dello spirito pubblico nel nostro paese poteva certamente suggerire. Noi non sappiamo renderei ragione delle diffidenze di cui il Governo Austro-Ungarico sembra in questo momento più che mai animato a nostro riguardo. Nella questione delle convenzioni ferroviarie, in quella della proroga del trattato di commercio non meno che nel dare esecuzione all'impegno preso di elevare ad Ambasciata le rispettive rappresentanze diplomatiche noi abbiamo dato prova al Governo dell'Imperatore di essere animato da sentimenti di cui non abbiamo sempre trovato una perfetta reciprocità. Non debbo insistere sopra questi argomenti. V. E. sa che della fiducia che noi abbiamo nella conservazione dei nostri rapporti di amicizia e di buona intelligenza con l'Austria non avremmo potuto dare prova migliore che col lasciare l'esercizio delle nostre ferrovie del Nord in mano di una società divenuta puramente austriaca. Accenno a questi fatti perché se da parte nostra io non credo convenga cercare le occasioni di entrare col Conte Andrassy in spiegazioni alle quali l'intimità e la cortesia della forma non toglierebbero il carattere di recriminazioni, non mi pare escluso il caso che codesto Ministero degli Affari Esteri voglia prendere altra volta egli stesso l'iniziativa di spiegazioni di tal fatta. Avverandosi questo fatto io non dubito che V. E. mettendo in sodo l'interesse che l'Italia e l'Austria hanno di mantener'e i loro buoni rapporti saprà valersi delle cose che venni sin qui esponendo per dimostrare al Conte Andrassy che la politica dell'Italia nella questione Orientale ha nulla di ostile per l'Austria ma che la cura dei nostri interessi ci proibisce di assecondare l'esclusivismo che pare essere il carattere della politica del Gabinetto di Vienna.

(l) Non pubblicato.

409

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

(Carte Robilant)

L.P. Roma, 11 settembre 1876.

Non voglio lasciar partire il Cavaliere Bazzoni, uno dei Segretari del nostro Ministero che Le porterà la nostra corrispondenza ufficiale, senza mettere nel piego una mia piccola lettera privarta. Non potrei aggiungere cosa alcuna allungo dispaccio (l) che risponde al telegramma d'avant'ieri sera (2). Noi ci avviciniamo ad un momento assai difficile per le nostre relazioni diplomatiche con alcune potenze. La nostra adesione platonica all'alleanza dei tre imperi ha sempre presentato più di un lato debole. Noi eravamo del resto nella posizione di chi entra in una camera oscura in estate. Quelli che sono denrtro vedono chiaro e quello che viene dal di fuori spera di vederci poi, ma intanto vede quel che può che è quanto dire presso che nulla. Questa posizione non era piacevole neppure sotto il Ministero passato. Ma gli avvenimenti non erano ancora arrivati al momento critico. Se in'V1ece di complicazioni in Oriente fossero sorte quistioni che avessero toccato agli inrteressi della politica germanica in Occidente, la nostra posizione sarebbe stata meno difficile ed in ogni caso meno spiacevole. Ma in Oriente i nostri interessi si accomodano male delle soluzioni che possono convenire ai tre imperi o per meglio dire alla Russia ed all'Austria ed era prevedibile che per forza delle cose, se codesti imperi persisterebbero nella loro politica di egoismo e di esclusivismo noi saremmo stati rigettati nel campo delLe Potenze occidentali.

Finché sarà possibile mi pare che converrà cercare di salvare ciò che si potrà delle nostre relazioni con l'Austria, almeno le apparenze. Ma il dissidio sussisterà finché vi sarà una così manifesta divergenza d'intevessi e di politica fra noi e Vienna. La posizione di Lei rassomiglierà per qualche tempo a quella che ebbe per varii anni De Launay a Berlino. Non la invidio, ma non è certamente al dissopra della avvedutezza e della esperienza di Lei ed il servizio che Ella renderà in questa occasione sarà certamente da tutti altamente apprezzato.

410

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

D. 33. Roma, 12 settembre 1876.

Nella conversazione da Lei riferitami con Rapporto del 2 di questo mese,

n. 57 (3), il Signor Desprez argomentava dalle discrepanze che manifestamente esistono, rispetto al,la questione orientale, tra la Russia e l'Austria-Ungheria,

per conchiudere non essere a temersi per ora la eventualità di accordi separati fra i tre Imperi. Ora non potrei tacerle che questo apprezzamento si discosta notevolmente dal concetto della si,tuazione, quale risulta a noi per le informazioni pervenuteci da più lati.

Che tra l'Austria-Ungheria e la Russia esista una divergenza di propositi sopra varii punti, è cosa non dubbia. È però egualmente certo che il Conte Andrassy persiste positivamente a credere che l'accordo fra le tre Corti del Nord e quindi tra le sei Grandi Potenze sia il solo metodo da seguirsi. A questo riguardo l'opinione nostra si fonda non già sopra meri indizi, ma sopra dichiarazioni esplicite dello stesso Cancelliere austro-ungarico.

Se quindi non vogliamo trovarci un'altra volta, come già a Berlino, colti all'impensata e costretti a deliberare, secondoché accadde in quella circostanza sotto la pressione di dolorose ed urgenti esigenze, è mestieri che d'accordo con le Potenze aventi posizione analoga alla nostra, si provveda a che non abbia a ripresentarsi una situazione troppo disforme dei nostri interessi comuni. Così non vuolsi passare sotto silenzio, a questo riguardo, la notizia corsa in questi ultimi giorni, di un nuovo convegno tra i tre Cancellieri. L'indicazione ci veniva da Berlino, però non se ne saprebbe accertare il fondamento. Od ogni modo, ci sembrerebbe pericoloso di abbandonarci ad illusioni che potrebbero riuscire pericolose.

(l) -Cfr. n. 408. (2) -Non pubblicato, ma cfr. n. 406. (3) -Cfr. n. 384.
411

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 30. Pietroburgo, 12 settembre 1876 (per. il 26).

Domenica sera ebbe luogo a Mosca un'imponente dimostrazione in favore degli Slavi di Turchia, alla quale presero parte, secondo calcoli approssimativi, circa diecimila persone. Tra le grida che si levavano dalla folla non tutte erano favorevoli al Governo, che dalla parte più spinta della popolazione è accusato di soverchia mollezza e condiscendenza verso la Turchia. Il senso della dimostrazione era chiaramente bellicoso. Sono informato che l'Imperatore Alessandro accolse con rammarico la notizia dei particolari di quella manifestazione. D'altro lato il linguaggio della stampa Russa fu nei passati giorni molto violento. Il Ruski Mir fu sospeso, non tanto per gli articoli violenti contro l'Austria, quanto per l'accusa che moveva al Governo, rispetto alla questione Turco-Serba, ed anche per le insinuazioni che faceva intorno alla necessità di una costituzione su basi rappresentative nell'Impero. Ora però da qualche giorno il linguaggio dei giornali russi è quasi unanime nel senso d'un'azione concorde e collettiva delle Grandi Potenze per giungere ad un armistizio e poi alla conclusione della pace.

La partenza d'ufficiali e sotto ufficiali Russi per la Serbia fu molto frequente da circa tre settimane. L'Imperatore aveva fatto impartire ultimamente

36 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

istruzioni perché s'impedisca questa giornaliera partenza d'ufficiali dell'esercito Imperiale. Ma le dimissioni offerte da tali ufficiali furono così numerose che le istruzioni furono rivocate o modificate e la partenza continuò. Da qualche tempo tuttavia le partenze diminuiscono, secondo quanto mi si afferma. Intanto il Governo Imperiale Russo sta prendendo alcune misure che accennano alla possibilità d'una guerra. Mi vien detto, fra le altre cose, che le truppe Russe che si trovano nelle provincie finitime alla Turchia, stanno preparandosi ad una pronta mobilizzazione, e che acquisti di forniture e di munizioni da bocca vennero fatte in misura eccedente le necessità ordinarie.

Tutto ciò, come l'E. V. vede, non è rassicurante per l'avvenire, se contro 1 voti dell'intiera Europa, la Russia compresa, la pace non si conchiude prontamente. È evidente, che continuando la guerra v'è probabilità moLta che la Russia sarà condotta ad agire in favore degli Slavi della Turchia. Se ciò accade, non si può prevedere quali complicazioni sorgeranno in Europa, ma ben si può predire che possono essere gravissime e pericolosissime. Perciò ho ricevuto colla più grande soddisfazione la notizia che V. E. mi partecipò intorno alle istanze vivissime da Lei fatte a Costantinopoli ed a Londra. Fo voti perché riescano alla sospirata conclusione dell'armistizio. Ma temo che il Governo Turco non si risolverà ad accettare l'armistizio, previo, senza condizioni, a meno che sia esercitata sopra di esso, e nel suo proprio interesse una pressione unanime e collettiva delle Grandi Potenze. È rincrescevole che la collettività dell'azione ripugni ad alcuni Gabinetti. Nello stato attuale delle cose, ed in presenza del grave pericolo che minaccia l'Europa, questo mezzo è forse il solo efficace ,e deve essere considerato come legittimo.

Dalle informazioni che ho avuto presso l'Ambasciata Inglese (l'assenza dell'Imperatore e del Principe Gortschakow mi privano d'ogni informazione di sorgente Russa) risulterebbe che il Gabinetto Ottomano non consentirebbe all'armistizio, se prima le Potenze non accolgano o non permettano almeno di prendere in considerazione le condizioni di pace che seguono :

l) Nuova investitura del Principe di Serbia, che sarebbe accordata dalla Porta al Principe Milano nel caso in cui il popolo Serbo consentisse a mantenerlo al potere.

2) Diritto riconosciuto alla Porta di por guarmgwne nelle fortezze Serbe. Ma l'esercizio di questo diritto dipenderebbe da intelligenze da prendersi colle Potenze.

3) Pagamento dell'interesse annuo delle spese di guerra per parte della Serbia.

4) Diritto della Porta di far costruire una ferrovia sul territorio Serbo.

5) Limi,tazione delle truppe Serbe, ed abolizione della milizia.

Nel segnar ricevuta a V. E. dei dispacci di questa Serie N. 26, 27 e 32 in data 31 agosto, 3 ed 8 corrente (1).

(l) Non pubblicati.

412

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, DEPRETIS

D. 108. Roma, 13 settemb1·e 1876.

Il Signor G.E. Cerruti, il quale ebbe nell'anno 1869, incarico officioso e confidenziale di cercare nei mari d'Oceania locaUtà atta ad essere sede di una Colonia italiana, ha diretto al R. Ambasciatore di Londra, il ·quale in quell'epoca era Presidente del Consiglio dei Ministri la lettera qui acchiusa in copia (1).

In sostanza il Signor Cerruti riproduce l'antico suo progetto quello cioè di creare la divisata colonia o nella parte estrema Nord-Ovest della Nuova Guinea, od in alcuno dei gruppi d'isole (Kei Arru et Batchiana) ove egli si fece cedere dominii territoriali dai Capi indigeni. Subordinatamente, però, egli proporrebbe di intavolare colla Olanda, per la cessione di alcun punto nei suoi possessi delle Molucche o di Papuasia, tratta·tive che si affermerebbero, nelle circostanze presenti, non scevre di alcuna probabilità di successo.

Trattandosi di materia che non spetta alla competenza esclusiva di questo Ministero, il sottoscritto deve rimettere la decisione alla Presidenza del Consiglio dalla quale dipendono gli affari di competenza collettiva ,tra i parecchi dicasteri. E qualora codesto ufficio stimasse di dover istituire in proposito uno studio più profondo, questo Ministero si affretterebbe a somministrare i dati ed i documenti che, circa la presente quistione si conservano nei suoi archivii. Per ora e riferendosi più precisamente alle affermazioni contenute nella lettera del Signor Cerruti, il sottoscritto si limita ad avvertire:

l) che l'Olanda non ha mai desistito finora dalle sue pretese di dominio sulla Nuova Guinea ed isole adiacenti fino al limite del Meridiano 140°-54'1/2 Est da Greenwich; limite officialmente dichiarato nel 1858. E per ciò che spetta ai territorii pel cui acquisto trattò il G. Cerruti, non solo si ha positiva notizia che il Governo deU'Aja avrebbe protestato se il disegno avesse avuto effetto, ma sta altresì il fatto che la Legazione Olandese ebbe incarico di restituire una bandiera ed un fucile perduto nel territorio olandese, dal G. Cerruti in occasione dello scontro avuto nella baja di Mac-Suer cogli indigeni, ed al quale egli accenna nella lettera acchiusa;

2) che i territori addi·tati dal Signor Cerruti sono tutti compresi in quelle zone ove, per consenso unanime di tutti i viaggiatori, non può l'Europeo dedicarsi ai lavori agricoli ed è mestieri ricorrere alle braccia dei nativi o dei coloni cinesi;

3) che sono bensì assai opportuni quei paraggi per la loro posizione geografica tra mari frequentatissimi dalle marine d'ogni nazione ma soggiacciono alla minaccia costante di invadimenti corallini dai quali è oramai resa quasi impraticabile la stessa via dello stretto di Torres che pure sta lungo la via naturale dei commercii australiani.

Queste considerazioni, d'indole preliminare e di carattere generale, già bastano a consigliare la massima cautela nell'esame delle proposte del Signor Cerruti.

Il sottoscritto sarà grato a S.E. il Presidente del Consiglio se vorrà fargli conoscere ciò che in proposito sarà per essere deliberato.

(l) Non si pubblica.

413

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1680. Berlino, 13 settembre 1876 (per. il 18)

J'ai reçu aujourd'hui de grand matin le télégramme de V.E. en date du 12 au soir (1), relativement à des instructions transmises récemment par le Chancelier russe à M. Nowikow.

J'en ai parlé confidenHellement à S.E. M. de Btilow. Sans convenir entièrement qu'une communication lui avait été faite sur le meme sujet par M. d'Oubril, (rapport N. 1678) (1), le Secrétaire d'Etat m'a cependant laissé entendre qu'il avait connaissance d'une déclaration de la Russie, et qu'il en avait retenu les mots concernant une action isolée de sa pal't en certaine éventualité (indiquée dans mon télégramme du 12 courant) (1).

La dépeche que V. E. m'a fait l'honneur de m'adresser, sous le N. 408 (1), et Son télégramme précité, m'ont mis une fois de plus à meme de m'expliquer sur la démarche qui avait été prescrite au Comte Corti dès le 6 de ce mois, démarche qui a du etre renouvelée d'après les ordres les plus pressants donnés hier à ce meme diplomate.

Je tenais à savoir si le Cabinet de Berlin, ensuite des instances de M. d'Oubril, avait agi de son còté à Constantinople. M. de Btilow m'a dit qui, à deux reprises déjà, le Baron de Werther avait formellement demandé à la Porte de ne pas subordonner l'armistice aux préliminaires de paix; qu'il n'avait donc pas été le cas le revenir à la charge; et que, au reste, l'Ambassadeur d'Allemagne était nanti d'amples instructions, qui l'autorisaient à se joindre à toute démarche concertée entl'e ses collègues.

Le Secrétaire d'Etat ajoutait que le Cabinet Impérial se plaçait sur le meme terrain que l'Italie, sur la nécessité de mettre sans retard un terme à l'effusion du sang. Malheureusement, le Gouvernement Turc persiste à vouloir donner le pas aux préliminaires de la paix, et on attendait ici chaque jour une communication de Constantinople sur ce point, communication retardée sous le pretexte d'une indisposition du Grand Vizir.

La mission du Baron de Manteufrel est l'objet de bien des commentaires. L'Ambassade d'Autriche se montre assez préoccupée du secret dont on l'entou

re. Avant le départ du Maréchal pour Varsovie, M. de Btilow avait dit au Chargé d'Affaires Austro-Hongrois, qu'il ne s'agissait pas d'une mission politique. L'envoi de cette persona gratissima à la Cour de Russie, qui jouit en meme temps de la confiance de l'Empereur Guillaume, avait pour but d'amener un échange des vues personnelles de deux Souverains sur la situation actuelle. En quoi a consisté cet échange de vues, qui ne devait pas etre sans importance puisque, dès son retour, la Baron de Manteuf:fel s'est rendu pour faire rapport à S.M.!. à Mersebourg, et de là à Varzin? Le Chargé d'Affaires précité n'avait eu aucune indication ultérieure, sauf la suivante donnée par l'Ambassadeur Austro-Hongrois à St. Pétersbourg, QUi vient de passer à Berlin. Avant l'arrivée du Maréchal, l'Empereur Alexandre se montrait très soucieux, son front s'était rasséréné après son entrevue avec l'Envoyé de son oncle. Le Tsar avait-il quelque sujet de mécontentement, de suspicion, contre l'Allemagne, qu'on étairt trop habile ici pour ne pas s'emp:rtesser de combaUre? Je n'oserai, ni l'affirmer, ni le nier. Le fait est que depuis lors la Russie, comme si elle se sentait plus sure du cOté de l'Allemagne, a commencé à accentuer son langage.

Je dois cependant mentionner, d'après ce qui m'a été affirmé par M. de Btilow, que l'Empereur Alexandre en quittant Varsovie ignorait enco:re le refus de la Turquie de souscrire à l'armistice pur et simple. A propos de la mission du Maréchal de Manteuffel, j'ai dit au Secrétaire d'Etat que je craignais d'etre indiscret en l'interpellant à cet égard, mais que, en raisonnant d'après les intérets de l'Allemagne et de l'Europe entière, je ne doutais pas que cette mission avait eu le but éminemment pacifique, de prévenir de graves éventualités. S.E. m'a répondu sans s'expliquer autrement, que j'étais dans le vrai. Cet entretien avait lieu avant hier, antérieurement à la nouvelle des instructions télégraphiques de Livadia à Vienna et à Berlin.

On ne saurait se dissimuler Q.ue la situation est pleine de périls et que, pour les conjiurer, il faudra une fol'te dose de prudence et de modération de la part des Gouvernements et aussi du coté de l'opinion publique. Les actes de brutalité en Bulgarie, en faisant meme la part de l'exagération, sont cependant tels qu'ils empechent de discerner bien clairement entre les exigences de l'humanité outragée à ce point, et les intérets permanents de la politique. Ce dechainement des passions les plus sauvages est bien fait pour détruire toute confiance dans la force régénératrice de la Turquie, et il donne raison aujourd'hui à ceux qui la poussent, non sans arrière-pensée, vers l'abime. L'armistice demandé par les six Puissances, s'il était accordé ou imposé, présenterait pratiquement des difficultés presque insurmontables entre des armées où l'élèment irrégulier domine. Il semble encore bien malaisé de réussir à formuler les conditions d'une paix sérieuse et durable, si l'on veut tenir compte dans une certaine mesuve de prétentions si contradictoires. En attendant, les germes de discorde se développenrt en Europe, les antagonismes se font jour, en présence d'une Turquie qui ne sait, ni vivre, ni mourir.

Tout cela présage une mauvaise année. Pour faire face aux dangers qui se préparent à vue d'oeil, on ne saurait trop prendre de précautions, soit à l'extérieur par une action vigilante, soit à l'intérieur en ne livrant rien à l'inconnu dans d'aussi graves circonstances.

(l) Non pubblicato.

414

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI (1)

D. 135. Roma, 14 settembre 1876.

La notte scorsa mi è giunto il telegramma (2) col quale V.S. Illustrissima mi annunciava essere riusciti infruttuosi gli offici reiterati ed energici di Lei e dei suoi colleghi; che oggi stesso la Sublime Porta farebbe la sua risposta; che questa sarebbe concepita nel senso seguente: Il Governo del Sultano rifiuta l'armistizio; propone le basi della pace, si dichiara pronto a sospendere le ostilità non appena le Potenze abbiano fatto conoscere che accettano quelle basi, ed accetterebbe, beninteso, tutte le modificazioni che per siffatte basi sarebbero indi proposte di concerto tra le Potenze garanti.

Stimai di rispondere, senza por tempo in mezzo, a,l telegramma di Lei. La risposta della Sublime Porta, se concepi<ta nei termini da Lei annunciati, può avere le più gravi conseguenze. Già le telegrafai ieri l'altro (2), e confermai col dispaccio di ieri (2), che l'accettazione pura e semplice dell'armistizio è, per la Russia, un punto sul quale essa si dichiara irremovibile. Ed Ella sa del pari che la Russia ha fatto conoscere aUe Potenze il suo fermo proposito di non indietreggiare anche davanti la necessità di agire isolatamente ,e traendo norma soltanto dalla propria dignità e dalla propria forza. Mi giova ora aggiungere che queste dichiarazioni del Gabinetto russo hanno provocato, da parte dell'Inghilterra, aperture intese a stabilire un accordo per la pacificazione sopra basi analoghe a quelle che non cessammo mai di raccomandare. Ora il primo punto dell'accordo consisterebbe nell'armistizio immediato 'e senza condizioni, volendosi far cessare al più presto possibile lo spargimento del sangue.

Di fronte ad un tale stato di cose l'accecamento della Sublime Porta è veramente inesplicabile. Noi abbiamo, per verità, già declinato ogni responsabilità delle conseguenze alle quali il Governo del Sultano si espone chiudendo l'orecchio ai nostri Consigli. Nondimeno, nell'interesse stesso della Sublime Porta, e per evitare soluzioni violente, mi parve ancora utile di suggerire a codesto Governo di modificare la risposta da esso preparata in questo senso, di accettare, cioè, l'armistizio in ossequio al voto unanime delle Potenze, locché non tog,lierebbe che esso possa, in pari tempo, presentare le sue condizioni per la pace affinché siano immediatamente prese in considerazione.

Vista l'urgenza, pregai V.S. di procurarsi, per questo oggetto, un colloquio con S.E. Safvet pascià in questa stessa mattinata e di ben spiegargli i motivi che ci inducevano a rinnovare, in forma ancor più stringente, i nostri consigli.

(l) -Ed., ad eccezione del brano tra asterischi, in LV 22, p. 320. (2) -Non pubblicato.
415

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 540. Vienna, 14 settembre 1876 (per. il 19).

Ho luogo di credere che il Signor di Nowikof ebbe ad adempiere ieri l'altro presso al Conte Andrassy all'incarico affidatogli dal Principe Gortchakow di cui l'E. V. davami confidenzia,le conoscenza col Suo telegramma di questa sera stessa (1). Il Conte Andrassy non ebbe sin qui, ch'io mi sappia, a far parola con alcuni dei miei colleghi, in forma precisa almeno, di quella conversazione; potei però raccogliere qualche indizio che mi farebbe credere l'accoglienza non sia stata così favorevole quale la si sarebbe desiderata a Livadia. Infatti risulterebbemi: che più che mai il Conte Andrassy insisterebbe nel non voler separare l'armiStizio dalla pace, poiché essenzialmente ciò ch'Egli vuole si è la pace, ed Egli non mostrasi senza timore che, ove si avesse l'armistizio senza la contemporanea conclusione della pace, questa potrebbe non venire di poi e la situazione troverebbesi così non di poco aggravata. A malgrado il massimo buon volere del Gabinetto di Vienna di procedere d'accordo colla Russia, ben si capisce però qui che a Pietroburgo non si desidera una pace fatta sotto l'impressione de1le vittorie Turche, e che colà altro non si vuole se non guadagnare tempo. Ma l'accostarsi a quest'idea è impossibile al Governo Imperiale, essenzialmente perché cosi verrebbe a prolungarsi la permanenza sul territorio Austro-Ungarico di quei numerosi rifugiati, il di cui sostentamento costa all'Erario comune dell'Impero ingentissime somme, oltreché lo stato d'incertezza sull'avvenire in cui ,Ja Monarchia sarebbe costretta ,a restare, sarebbe del pari cagione di grave dispendio e metterebbe il Governo in difficilissima posizione a fronte delle Delegazioni allorché esse dovranno riunirsi. Conseguenza di tutto ciò si è : quel desiderio di pace anzi tutto, che il Conte Andrassy ebbe ad affermare meco 'e ch'egli ripete con quanti .trovasi in caso di discorrere intorno alla presente questione. Questo non perfetto accordo che qui traspira fra le vedute della Russia e quelle dell'Austria, deve evidentemente farsi giorno anche a Costantinopoli, e la Porta abilmente se ne vale per menare le cose in lungo. A mio avviso sarebbe possibile trovare un temperamento che risolv,esse in modo abbastanza soddisfacente l'attuale incidente; e questo, a quanto ebbe a dirmi Sir Andrew Buchanan sarebbe stato indicato da Lord Elliot alla Porta. A seconda di quel suggerimento la Porta dovrebbe accettare l'immediato armistizio a condizione che le Potenze dal canto loro accettino come base a contemporanea pronta discussione, le proposte di pace ch'essa formulerebbe Sir Andrew Buchanan deve aver raccomandato questa soluzione al Conte Andrassy parlando però soltanto in nome proprio. A questo proposito credo dover far cenno all'E. V., che da qualche giorno mi è parso constatare un certo avvicinamento fra i Gabinetti di Vienna e di Londra; questo però non procederebbe che assai lentamente fin qui, poiché se non vado errato H Gabinetto di Saint James

propugnerebbe come soluzione finale od almeno indicherebbe come tale con una certa insistenza la concessione dell'autonomia alla Bosnia, Erzegovina e Bulgaria, sotto forma ben altrimenti larga di quanto sarebbe indicato dalla Nota Andrassy dell'anno scorso. E qui a parer mio consiste il dissacordo fra i due Gabinetti, poiché di queste autonomie qui non si vuole sentire a parlare. Come soluzione si accetterebbe a Vienna l'annessione della Bosnia senza desiderarla però affatto e credo in ciò di stare nel vero poiché l'opinione pubblica vi è contraria, ma precisamente si accetterebbe soltanto onde evitare la creazione di Stati autonomi Slavi, che federandosi più tardi colla Serbia ed il Montenegro, finirebbero per emanciparsi intieramente dalla Porta e creerebbero cosi uno Stato federativo slavo, verso il quale graviterebbero senza dubbio i finitimi Slavi della Monarchia Austro Ungarica.

Da quanto ebbi a riferirle fin qui l'E. V. potrà rilevare quanto difficile e poco chiara si mantenga la situazione del Conte Andrassy a fronte delle presenti complicazioni Orientali, la non fondata diffidenza poi verso l'Italia che da qualche tempo si è fatta giorno nel suo animo e ch'Egli anzi ebbe a manifestarmi in modo abbastanza esplicito, non è fatta certamente per facilitare quell'azione preponderante che a suo avviso il Gabinetto di Vienna siccome il più direttamente interessato nella questione deve esercitare. Per conto mio, mantenendo fermo, ogni qual volta sono interrogato, il principio indicatomi dalla E. V., siccome base della soluzione desiderata dal Governo Italiano, cioè la conservazione dello statu quo territoriale in Oriente, a riguardo del quale non entro in discussioni di forme inutili pel momento, mi tengo del resto in quella dovuta riserva impostami dalla circostanza sovramenzionata.

(l) Non pubblicato.

416

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL CONSOLE IN MISSIONE A RAGUSA, DURANDO, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI

T. 489. Roma, 15 settembre 1876, ore 23,30.

La Porte a communiqué hier la réponse à la demande d'armistice. Le Gouvernement du Sultan décline la proposition Q.Ue lui a été faite à cet égard, mais il déclare que, dès que les Puissances auront prononcé 1eur jugement sur les conditions de la paix, il donnera ordre dans les 24 heures de suspendre les hostilités. La Porte s'en remet, quant aux conditions, aux six puissances. En meme temps des communications verbales ,laissent espérer que les commandants tures recevront des ordres pour arreter les mouvements offensifs. Vous communiquerez ceci au Gouvernement princier ,en l'assurant que le Cabinet de Rome n'a rien négligé pour que ces efforts obtinssent un résultat plus décisif. Nous ne cesserons de nous employer pour que les vreux de tous ceux Qui demandent la cessation d'une lutte que nous n'avons jamais cessé de déplorer, puissent etre exaucés le plus promptement possible.

(per Durando). Dites au Prince que s'il veut bien vous donner congé vous etes autorisé à retourner à Raguse. Tàchez cependant de faire comprende à Son Altesse QUe nous tenons à conserver avec elle des rappovts directs et suivis.

417

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1682. Berlino, 15 settembre 1876 (per. il 20).

Dans l'entretien que j'ai eu aujourd'huy avec le Secrétaire d'Etat, j'ai posé le fait QUe l'Angleterre avait pressenti le Cabinet de Berlin, de mème que celui de St. Pétersbourg, sur un arrangement dont j'indiquais les termes en me prévalant du télégramme de V. E. du 14 courant (1). La réponse de la Russie était connue. Le Prince de Bismarck avait-il déjà exprimé un jugement?

M. de Biilow m'a dit qu'il ne serait en mesure de se prononcer que demain après avoir pris les ordres de l'Empereur. En attendant, S. E. manifestait une opinion personnelle, plutot favorable aux propositions anglaises. Mais la réponse de la Russie impliquant une coercition, au moins morale, pour les faire accepter par la Turquie, c'était là un point délicat. Sous quelle forme s'exercerait une telle pvession, qui supposerait une volonté unanime des grandes Puissances? Une entente ne serait pas facile à établir, sans un échange de vue auquel, jusqu'ici du moins, le ,temps a manqué. Le Secrétaire d'Etat me disait en outre que le Prince de Bismarck voyait d'un très bon ceil un rapprochement entre ,1'Angleterre et la Russie, pour mettre une terme aux complications suscitées par la guerre dans la vallée du Danube. Aussi, le fait mème de ce rapprochement avait été accueilli avec joie par l'Empereur et son Chancelier.

J'ai demandé si on connaissait ici l'impression produite à Vienne par les propositions de l'Angleterre. M. de Biilow disait n'ètre pas encore à meme de répondre. Je sais cependant que, à l'Ambassade Britannique, on avait eu la nouvelle que le Comte Andrassy, comme c'était à prévoir, s'était montré de prime abord très peu enclin à entrer dans un pareil ordre d'idées.

Pour motiv,er ces interpellations, j'ai laissé comprendre à M. de Bi.ilow qu'elles m'étaient dictées par le désir de nous concevter avec l'Allemagne sur la marche à suivre. Il existait en effet, entre les deux Pays, des points de rapprochement qu'ils ne devraient jamais perdre de vue dans les différentes combinaisons politiques. Notre programme, nous ne l'avons jamais caché, repose sur les bases essentielles de la conservation de la paix en Europe; du maintien de l'integrité territoriale de l'Empire Ottoman, sans exclure dans la péninsule des Balkans des améliorations impliquant, pour les Province insurgées, une autonomie administrative et des garanties efficaces contre le renouvel1ement des anciens abus. Pour mieux atteindre ce but, nous

avions toujours cru, et nous le croyons plus que jamais, après l'expérience faite lors de la présentation du memorandum de Berlin, qu'une entente des six Puissances garantes doit etre soigneusement recherchée, non seulement dans les mesures à prendre, mais dans la phase préparatoire des pourparlers. L'Italie a maniresté dans chaque occasion des tendances favorables à l'alliance des trois Cours du Nord, et cela par sympathie et parce qu'elle se plaisait à voir dans l'association de ces trois Puissances des garanties à la fois, pour la réalisation de son programme pacifique et conservateur du status quo territorial en Orient comme dans la Turquie d'Europe, et pour la sauvegarde de nos intérets permanents. Depuis l'entrevue de Reichstadt, la situation s'est modifiée, et serait de na,ture à ébranler notre confiance, si l'Allemagne ne continuait pas comme par le passé à entretenir avec nous les meilleurs rapports. Il était avéré que, derrière notre dos, les Cabinets de St. Pétersbourg et de Vienne s'étaient entendus éventuellement sur une cession, d'une partie au moins, de la Bosnie à l' Autriche. Que l'engagement ait été pris à l'insu ou non de l'Allemagne, le procédé, pour ce qui nous concernait, avait fixé notre attention, et nous devions aviser à nous parer contre de semblables écarts, dans le présent et dans l'avenir. En effet, si l'on nous donnaU l'exemple en abordant la voie des aspirations particulières, nous aurions à faire valoir, meme indépendamment de notre position vers l'Adriatique, des arguments sérieux pour des rectifications de frontière.

M. de Biilow a nouvellement nié d'avoir été informé, autrement que par nous d'une cession éventuelle de la Bosnie. Il me remerciait de 'lui en avoir parlé confidentiellement. Il prendrait note de ces détails. Quant à notre programme que je lui avais rappelé, il ne s'éloignait pas, dans sa partie principale, de celui du Cabinet de Berlin. Celui-ci s'abstenait de prendre, vis-à-vis de la Turquie, une initiative qui semblait appartenir en première ligne aux Puissances plus directement intéressées dans ces régions. La Turquie, à ses yeux, n'est qu'une question secondaire. Ici, l'objectif principal est de préserver l'Europe de graves complications, et le Cabinet de Berlin s'y emploie de son mieux, sans en faire hautement un mérite par des confidences qui, une fois divulguées, nuiraient à ses bons offices. Il cherche à se faire, non pas l'ami de tout le monde, l'expression serait trop banale, mais à inspirer une juste confiance par son attitude désintéressée et pacifique. Il tient nommément à conserver les meilleures relations avec l'Italie, avec laquelle il y a communauté d'intérets.

J'ai répliqué à mon ,tour que tel était aussi le courant des idées à Rome; que je ,tenais à le fortifier de plus en plus, et que ma tàche serait de beaucoup faciHtée, si le Cabinet de Berlin sortait davantage, à notre égard, d'une réserve qui est d'un si grand empechement pour naviguer de conserve au m.ilieu des nombreux écueils de la politique internationale. Moi, qui suis sur piace, je puis m'expliquer dans una certaine mesure l'attitude du Cabinet de Berlin vis-à-vis de tous les diplomates accrédités près cette Cour. Mais j'ignore si, à Rome, on interprète avec le meme calme ces allures silencieuses quelque bien intentionnées qu'elles puissent etre. Elles contrastent du moins avec le ton communicatif adopté chez nous vis-à-vis d es représentants de l'Allemagne, notre arnie naturelle.

Le Secrétaire d'Etat m'a répété les meilleures assurances vis-à-vis de l'Italie. Mais il parlait à mots couv.erts des nécessités d'une situation qui préscrivait, sans aucune acception de personnes, une telle réserve avec les membres du Corps Diplomatique. Ce qu'il n'a pas avoué, c'est que telles sont les instructions générales du Chancelier. Sur ce point, tous mes collègues se plaignent à l'unison d'un pareil système, qui nous crée tant d'obstacles dans la conduite des affaires.

Dans votre télégramme, Monsieur le Ministre, vous abandonnez à mon jugement s'il ne serait peut-~tre pas le cas de demander une audience au Prince de Bismarck. Il nous tient porte close quand il est à son poste. A plus forte raison ne veut-il pas accorder d'audiences quand il se trouve à Varzin. Je ne sais pas qu'un seui de mes collègues l'ait rencontré ici depuis la séance du 13 Mai, sauf le Comte Karolyi qui a insisté pour le voir au moment de se rendre en Hongrie où il avait un rendez-vous avec le Comte Andrassy. Mais le langage que je viens de tenir à Mr. de Bi.ilow, en paraphrasant des passages du dernier télégramme de V. E. et de sa dépèche du 8 courant, n. 410 (1), est assez accentué, pour qu'il ne puisse à moins d'en rendre compte à Varzin, où il expédie chaque jour des rapports. Je 'l'ai raffermi de mon mieux dans de bonnes dispositions pour une prompte solution pacifique de la crise Orientale sur la base des propositions anglaises, ou sur toute autre base qui ne s'écarterait pas des idées émises lors du séjour de l'Empereur Alexandre à Ems. L'Allemagne était en mesure de ramener l'Autriche-Hongrie à partager une manière de voir, qui réunirait bien des suffrages. Je n'ai pas hésité, à propos de l'incident de Bosnie, à exprimer nettement ce que nous en pensions. J'ai indiqué la nécessité pour l'Europe, et pour l'Italie notamment depuis surtout l'échange de vues à Reichstadt, de substituer à l'accord à trois l'entente à six. Enfin, j'ai poliment relevé les inconvénients de l'absence de toutes relations personnelles avec le Prince de Bismarck, qui se retranchait derrière le paravent d'un Secrétaire d'Etat, condanné ou au mutisme, ou à une réserve excessive. La franchise de bon aloi, celle qui ne consiste pas à dire tout ce qu'on pense mais à ne dire que ce qu'on pense, ne plait pas parfois au premier instant, mais l'expérience prouve que, par cette conduite, on finit toujours par s'attirer le respect et la confiance de ses interlocuteurs.

En attendant, il est à présumer que le Cabinet de Berlin n'aura rien négligé pour empecher qu'il ne se produise publiquement une divergence de vues entre Vienne et St. Pétersbourg sur les ouvertures de Lord Derby. Le Gouvernement allemand doit manreuvrer sans treve ni repos, pour maintenir la balance égale entre ces Puissances. Le dernier mot, il le sait, lui appar:tient en cas de graves dissentiments. Mais c'est là son gros atout et il ne s'en dessaisira, qu'après avoir épuisé tous les moyens de conciliation. S'il était placé dans l'alternative de choisir entre ses deux alliés, je persiste à croire, pour les raisons que j'ai développées dans maintes dépeches, que, conformément à l'opinion du Maréchal de Moltke, le Prince de Bismarck pencherait, quoique à contre-creur peut-etre, du còté de la Russie.

M. de Biilow m'a donné connaissance des conditions de paix formulées par la Turquie. Lors meme que, en les présentant, cette Puissance en admet

l'examen et la discussion par les pouvoirs garants, il semblait au Secrétaire d'Etat que ces conditions cadraient trop peu avec les propositions anglaises, pour avoir des chances d'un accueil favorable, sur~out à St. Pétersbourg. Sur ce point aussi, avant de répondre il se réservait de prendre les ordres de Son Auguste Souverain.

Le tapis étant maintenant encourbé par deux séries de propositions, il ne serait pas opportun à mon avis de suggérer les trois points, signalés dans la dépeche précitée comme offrant une base assez large pour ouvrir des négociations avec quelque espoir de succès. Mais c'est là une motion fort sage, qui pourrait arriver très à propos, si on ne parverrait pas à établir une entente sur les propositions anglaises. Dans ce cas, nous ne devrions pas, par une fausse modestie, négliger de prendre une initiative pour prévenir, autant qu'il peut dépendre de nous, que l'Europe ne se partage en deux camps.

(l) Non pubblicato.

(l) Cfr. n. 397.

418

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 283. Lisbona, 15 settembre 1876.

Un recente articolo di fondo del giornale Spagnuolo la Epoca, periodico notoriamente ispirato dal Presidente del Consiglio a Madrid, Canovas del Castillo, ha posto nuovamente e senza reticenze la questione iberica per l'avvenire, come necessità spagnuola.

Il Governo portoghese si è molto inquietato di questa pubblicazione tanto poco attesa da un Ministro conservatore (sembra che qui si hanno prove esserne egli stesso personalmente l'ispiratore), ed il Ministro degli Affari Esteri di S. M. F. ha risposto in un dispaccio al Ministro Portoghese a Madrid, che sebbene non voglia, né possa entrare in discussioni sopra la base di articoli di giornali, attesa la libertà di stampa nei due paesi, la Epoca essendo notoriamente un giornale ministeriale, il Gabinetto di Lisbona era rimasto molto spiacevolmente impressionato di una tal pubblicazione, terminando il dispaccio coll'affermare che se l'Unione Iberica non era divenuta un fatto a danno della Spagna, ciò era dovuto alla lealtà della Dinastia di Braganza, la quale aveva rifiutato recisamente le premurose offerte della Corona Spagnuola all'epoca della rivoluzione, che la fece perdere alla Regina Isabella, il cui figlio Don Alfonso è ora sul trono.

Posteriormente informazioni confidenziali Spagnuole fanno credere qui che l'articolo dell'Epoca non è soltanto un ballon d'essai; ma che si fanno militarmente studiare in Spagna le frontiere portoghesi; ed havvi emissarii spagnuoli in Portogallo per propagare l'idea politica.

V. E. ricorderà che nei miei passati dispacci sempre affermai che la questione iberica è pel Portogallo intero, Re, Governo e Paese, come la testa di Medusa, e ad ogni sintomo che si accenna, l'allarme si propaga in tutte le classi, come parimenti affermai ed affermo che in tutta la scala sociale della Nazione dal Trono fino al Proletario, nessuno vuole qui ,l'Unione Iberica, e che il Portogallo combatterà, se è d'uopo a oltranza pro aris et focis.

So per informazioni particolari che S. E. il Signor De Andrade Corvo ne ha lungamente intrattenuto il mio nuovo Collega Inglese, Mr. Morier, il quale fino dal suo arrivo mostrò prendere molto interesse al Portogallo.

Dissi pure, se ben mi ricordo al R. Ministero in una mia comunicazione confidenziale, che pel partito radicale Spagnuolo la questione Iberica era se non un arme almeno una bandiera per dar forza morale alla loro politica interna. Potrebbe essere che il partito conservatore sentendosi debole, del che al mio Collega a Madrid compete giudicare ed informare, abbia lui stesso risposto in campo per mezzo dei suoi organi l'idea iberica per togliere il prestigio come effetto locale ai suoi avversarii. È questa una mia semplice supposiizone, poiché parmi assai poco probabile che uomini di Stato come il Signor Canovas del Castillo di principi manifestamente monarchici e conservatori, sieno così poco al fatto delle cose in Portogallo per poser seriamente anche con mezzi indiretti una questione di tal natura e di tale importanza locale ed internazionale.

419

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

T. 491. Roma, 16 settembre 1876, ore 2.

(Per Vienna) Voici pour votre règle ce que je télégraphie à Paris, Londres et Berlin.

(Per tutti) Ayant eu connaissance, dans le soirée du 13, du sens général de la réponse que la Porte se proposait de faire, j'ai télégraphié dans la nuit au comte Corti de faire in extremis une démarche auprès de Safvet Pacha pour obtenir l'acceptation de l'armistice en lui ouvrant 1es yeux sur la gravité des dangers imminents dont la Turquie est menacée. Safvet Pacha ayant répondu que la note portant le refus d'accepter officiellement l'armistice avait été approuvée par le Sultan et devait etre envoyée dans la journée, mais que la Porte avait l'intention de donner tout de suite ordre aux commandants militaires de suspendre tout mouvement offensif pendant une dizaine de jours, le ministre du Roi a suggéré d'accompagner cette note avec un autre office contenant la déclaration de la suspension immédiate de l'offensive sans limitation de temps. Ce conseil que Safvet Pacha a paru accepter sous la réserve d'en parler au grand vizir, n'a pas été suivi. Hier au soir nous avons reçu de Constantinople le résumé de la réponse de la Porte dans laquelle celle-ci repousse la proposition d'armistice, formule les conditions de la paix, déclare que pour ces conditions elle s'en remet entièrement aux six puissances et qu'elle donnera dans les 24 heures l'ordre d'arreter les hostilités aussitòt que les puissances auront fait connaitre un jugement sur les dites conditions. Dans le mémorandum il n'est pas fait mention ni de la Bosnie ni de l'Herzé

govine. Aucun office contenant l'annonce des ordres envoyés aux commandants miHtaires pour arreter l'offensive n'a été remis jusqu'ici à la légation de Sa Majesté a Constantinople. Ce soir un télégramme du comte Corti (l) m'apprend qu'hier quelques drogmans qui se trouvaient à la Porte ont reçu de Safvet Pacha une communication verba'le de l'ordre qui aurait été donné aux commandants tures de se tenir sur la défensive, mais le ministre de Turquie à Rome qui m'a confirmé le contenu de la réponse de son G<luvernement, n'était pas chargé non plus de me donner des assurances à cet égard. Dans cet état de choses le Gouvernement du Roi, après avoir accompli son devoir jusqu'au bout en éclairant la Turquie sur sa véritable situation, croit devoir prescrire au représentant de Sa Majesté à Constantinople une attitude des plus réservées, telle du reste qu'elle convient à un Etat qui n'ayant pas encore reconnu officiellement le nouveau Sultan, n'a pas encore rétabli avec la Turquie des rapports diplomatiques réguliers. Cette attitude nous permettra d'attendre le temps nécessaire pour connaitre les dispositions des Cablnets amis. Vous savez que le Gouvernement russe a fait connaitre sa volonté lnébranlable d'obtenir un armistice sans conditions. La réponse turque pourrait etre interpretée par le prince Gortchakoff comme un refus catégorique à la demande du Cabinet impérial. La situation est des plus délicates. Tous les Gouvernements sont intéressés à écarter le danger que la Russie ne se croie forcée d'agir isolément; quant à nous, nous sommes disposés à unir tous nos efforts à ceux des Cabinets qui voudraient se concerter pour trouver une solution pacifique et satisfaisante de la grave difficulté que la conduite de la Porte a fair surgir. Mais nous pensons qu'il est nécessaire que les puissances se posent à elles-memes la question sous son véritable aspect. Sous une question de forme il se cache à notre avis une question de fond des plus considérables. Il s'agit pour la Russie de faire prévaloir le mode de procéder par suite duquel la solution des questions pendantes en Orient doit dépendre de l'entente à établir entre les grandes puissances chrétiennes. Ce point a été arreté à la dernière entrevue de Reichstadt et a été communiqué alors à tous les Cabinets comme étant un des résultats de la entrevue. La Turquie, au contraire, en formulant elle-meme les conditions de la paix défend la position qui lui a été faite dans le congrès de Paris et maintient son droit de s'entendre à sept sur toutes les questions intéressant l'integrité de l'Empire ottoman. Les puissances chrétiennes réunies s',entendraient sur le régime intérieur à appliquer aux provinces éprouvées par l'insurreotion. La Turquie, en formulant le programme des délibérations, écarte

ce problème qui a déjà formé le sujet des préoccupations de tous les Gouvernements. C'est n'est qu'en posant la question sous son veritable aspect qu'on parviendra à avoir une idée assez claire des dispositions des Puissances, et Vous comprenez combien il nous importe, en oe moment, d'etre éclairés à ce sujet.

(Per Berlino) Les rapports qui nous lient à l'Allemagne nous font surtout désirer de connaitre la pensée du chancelier à eet égard.

(l) Non pubblicato.

420

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 967. Londra, 16 settembre 1876, ore 19,40 (per. ore 23,50).

Voici le résumé de la conversation que je viens d'avoir avec !lord Derby, au sujet des vos télégrammes du 14 et d'aujourd'hui (l):

l. Le prince Gortschakoff a en général interprété asse·z exactement les propositions de l'Angleterre relatives à la Turquie, mais il leur attribue un caractère de menace contre cette dernière qu'elles n'ont pas.

2. -Statu quo ante beUum admis comme base, sauf les modifications de détail. 3. -Concession de territoire au Monténégro ne peut etre proposée pour le moment; elle peut faire l'objet d'un examen ultérieur sans rien pronrettre. 4. -Autonomie administrative, sous dépendance de la Turquie admise pour la Bosnie et pour l'Herzégovine, des dispositions analogues pour la Bulgarie. 5. -Les détails de ces dispositions doivent etre réservées à la discussion et doivent avoir principalement pour but de soustraire les populations aux abus de l'autorité par le moyen d'un self-gouvernement propre à chaque province. 6. -Lord Derby n'est pas disposé à employer les moyens matériaux pour imposer ces propositions à la Turquie. H croit suffisant une pression morale de toutes les Puissances. 7. -Lord Derby ne considère pas la promesse de suspension momentanée des hostilités comme contraire à l'armistice. Il croit que la Turquie .finira par y accéder. 8. -Elliot l'a informé de cette promesse de suspension d'hostilités faite aux drogmans. Il considère cette communication comme ayant un caractère officiel. Il a télégraphié pour que la Serbie et le Monténégro suspendent également les hostilités. 9. -Il considère les conditions de paix proposées par la Turquie comme inacceptables. 10. -A la demande que je lui ai posée de savoir ce que ferait l'Angleterre si la Turquie refuse ces propositions, lord Derby m'a dit qu'il ne pourrait répondre sans s'entendre auparavant avec Disraeli, mais que lui pe·rsonnellement ne pense pas qu'il soit les cas d'employer la force, si toutefois d'autres Puissances comme la Russie y recouraient ce serait le cas d'aviser. 11. -Lord Derby pense que les prepositions relatives à Ja Serbie et au Monténégro n'éprouveront pas de difficultés. Il n'en sera pas de meme pour les insurgés.

En sortant de chez lord Derby j'ai rencontré l'ambassadeur de Russie qui allait chez lui. Il était très-exci:té, disant que les conditions posées par la Porte étaient une offense aux Puissances qui avaient demandé préalablement l'armistice. Il demandait à quoi pourrait aboutir l'acceptation d'une suspension d'armes de 10 jours si ce n'est à une rupture des relations diplomatiques de toutes les Puissances avec la Turquie, à moins que l'armistice inconditionné ne suive immédiatement.

(l) Cfr. n. 419; il t. del 14 non è pubblicato.

421

L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 32. Bruxelles, 16 settembre 1876 (per. il 20).

Non ho mancato di rimettere immediatamente al Commendatore Negri dispacci che V. E. mi inviava la sera delli 14 settembre (l) in corso; ho pur fatto conoscere al Signor de Semenow il telegramma che lo riguardava.

Il nostro degno delegato non seppe esprimere abbastanza la sua riconoscenza per le gentilezze di Sua Maestà il Re Leopoldo il quale sul finire della Conferenza si degnò nominarlo grande Ufficiale del suo Ordine.

P.S. Unisco qui una lettera (2) del Signor Marchese Vittorio Incisa di Camerana, il quale, dietro raccomandazione del Commendatore Negri, si dirige al Commendatore Correnti per esprimergli il suo desiderio di far parte della spedizione destinata a prestar soccorso in Africa al Marchese Antinori.

Il Marchese Incisa, che mi permetto di raccomandare a V. E., è un giovane ingegnere dell'Università di Torino, che occupa da varii anni un posto nell'amministrazione della società della Vieille Montagne.

Ho pure l'onore di trasmettere a V. E. una lettera di ringraziamento del Cavaliere Sauvage, antico addetto alla Legazione Belga a Roma, per la distinzione onorifica concessagli da Sua Maestà.

422

L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 33. Bruxelles, 16 settembre 1876 (per. il 20).

Ho l'onore di, Qui unito (2), inviare a V. E. il discorso del celebre Prelato Monsignor Nardi il quale, in un suo viaggio in Fiandra, ha fatto un lungo discorso nel circolo Cattolico di Gand onde esporre le persecuzioni a cui, secondo lui, è sottomessa la Chiesa in Roma.

Ho pensato che tale documento potesse essere di qualche interesse per V. E.

(l) -Non pubblicati. (2) -Non si pubblica.
423

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 71. Parigi, 16 settembre 1876 (per. il 20).

Ringrazio l'E.V. del telegramma ch'Ella volle indirizzarmi oggi nel mattino relativamente alla risposta data dal Governo Ottomano alla domanda d'armistizio (1). Ho comunicato nel pomeriggio verbalmente la sostanza di quel telegramma al Signor Ministro degli Affari Esteri di Francia ed ho dichiarato a S. E. che per eliminare il pericolo che la Russia, irritata dal rifiuto dell'armistizio, si creda costretta d'agire da sola, il Governo del Re è disposto ad unire i suoi sforzi a quelli degli altri Gabinetti che volessero concertarsi per apprestare una soluzione pacifica e soddisfacente delle difficoltà suscitate dalla condotta della Porta. Dissi al Duca Decazes sotto quale aspetto il Governo del Re credeva doversi considerare la questione che ora pende in Oriente e la risposta data alle Potenze nel Memorandum turco, e pregai S. E. di volermi far conoscere il suo pensiero intorno a ciò, non meno che le sue intenzioni circa i passi da farsi immediatamente.

Ho già col tel,egrafo riferito (2) all'E. V. la risposta del Ministro. Il Duca Decazes m'informò anzitutto dej_ punti principali del m;ei1orandum tUJrco quali essi gli erano stati telegraficamente riferiti dal Conte di Bourgoing .e mi disse che avendo notata qualche differenza tra il ·telegramma dell'Ambasciatore di Francia a Costantinopoli e la relazione che gli fu qui verbalmente fatta dall'Incaricato d'Affari di Turchia, egli aspettava di avere sotto gli occhi il testo preciso di quel documento onde giudicarlo. A tal fine aveva pregato il Conte di Bourgoing di telegrafarglielo in extenso. Così per esempio secondo il telegramma del Conte di Bourgoing • il Principe Milano dovrebbe recarsi a Costantinopoli o.nde fare atto d'omaggio al Sultano •, mentre che secondo la frase Iettagli dall'Incaricato d'affari Ottomano quest'atto di omaggio sarebbe chiesto

• dal Principe di Serbia che avrà l'inv·estitura •. Intanto il Duca Decazes fece qualche sommario commento sulle condizioni di pace proposte dalla Turchia e non ·esitò a dichiararmi che le trovava inaccettabili. Sulla domanda d'occupazione delle fortezze .egli aveva già in precedenza espressa chiaramente la sua opinione. La condizione del rinvio degli abitanti delle provincie limitrofe immigrati in Serbia la quaHficò come una richiesta di estradizione dei rifugiati politici. D'altronde egli mi disse che l'impegno preso dalla Sublime Porta nel memorandum di far sospendere le ostilità ventiquattrore dopo di aver conosciuto il parere delle Potenze sulle condizioni di pace da lei proposte gli pareva insensato, giacché, conformemente ad esso se le Potenze dichiarassero immediatamente inaccettabili quelle condizioni la Porta dovrebbe ciò nondimeno accordare dopo 24 ore l'armistizio. Dopo queste osservazioni generali il Duca Decazes volle darmi contezza delle diverse informazioni che fino allora gli erano pervenute. Mi disse che nel consegnare il memorandum al Conte di Bourgoing, Savfet Pacha gli aveva confidenzial

37 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

mente annunziato che l'ordine di Sùspendere l'ofrensiva sarebbe tosto dato ai Comandanti delle Forze Turche e l'aveva pregato di chiedere al Governo Francese che s'intromettesse onde ottenere lo stesso dalla Serbia e dal Montenegro. Alla qual richiesta il Duca Decazes nello stato delle cose non credeva fosse il caso di dare seguito. Da Vienna era pervenuta a S. E. la notizia che il Conte Andrassy aveva dato al Conte Zicky l'istruzione di dichiarare inammissibili le condizioni della pace offerte dalla Turchia, e ciò senz'altre frasi, e d'insistere per l'armistizio. Dall'Incaricato d'Affari di Russia in Parigi erano state fatte a S. E. due comunicazioni nelle ultime ore. Jeri il Conte Kapnist aveva letto al Duca Decazes un telegramma che sarebbe stato inviato da Livadia prima della consegna del memorandum. In esso il Principe Cancelliere di Russia, in previsione d'un rifiuto della Turchia, esprimeva l'avviso che come grande Potenza e grande nazione l'Inghilterra dovrebbe agire col ritiro o colla minaccia di ritirare la sua flotta da Besika e dare l'esempio della rottura delle relazioni diplomatiche colla Porta, alla quale misura la Russia sarebbe pronta ad associarsi. Oggi all'alba l'Incaricato d'Affari di Russia comunicò al Duca Decazes in copia un secondo telegramma posteriore alla rimessa del memorandum turco, nel quale il rifiuto della sublime Porta era qualificato un atto d'insolenza inaudita ed era espressa la speranza che le Potenze in presenza di questo atto saprebbero tosto prendere una energica soluzione. Il Signor Duca Decazes notò la differenza di linguaggio de' due telegrammi, e in quanto al primo osservò che sarebbe strano di proporre all'Inghilterra il richiamo della flotta da Besika nel momento stesso in cui si romperebbero le relazioni diplomatiche. • Richiamando gli Ambasciatori, disse S. E., bisognerebbe anzi rimpiazzarli colle flotte, e d'altronde il Conte Derby ha più volte dichiarato che la flotta inglese era a Besika allo scopo di proteggere eventualmente i Cristiani •.

Il linguaggio che il Duca Decazes udì da Lord Lyons, dopo la consegna del memorandum, sarebbe stato invece inspirato da un'apprezzamento molto diverso della situazione·. L'Ambasciatore di S. M. Britannica aveva ricevuto da Lord Derby comunicazione d'un telegramma di Sir Elliot, secondo il qua,le l'ordine inviato o da inviarsi dal Governo Ottomano ai suoi Comandanti sarebbe considerato come una sospensione d'armi di fatto, essendo pure con essa chiesta la mediazione dell'Inghilterra presso i Principi di Serbia e di Montenegro al fine d'ottenere che anche da essi si rinunci tosto ad ogni azione aggressiva.

In presenza di quest'imbroglio come lo qualificò il Duca Decazes, S. E. non voleva prendere ancora nessuna risoluzione ed attendeva di meglio conoscere le intenzioni del Governo Inglese delle quali pregò Lord Lyons di chiedere conto al Gabinetto di San Giacomo. Il Ministro degli Affari Esteri di Francia pareva deciso a respingere in ogni caso le condizioni di pace proposte e ad insistere per l'armistizio, ma non si espresse sulla sanzione da darsi eventualmente alla nuova domanda. • Potrebbe avvenire al postutto, disse egli, che nel fatto noi in quest'ora già ci trovassimo in uno stato di effettivo armistizio • .

Il Duca Decazes molto prolisso e compiacente nel rendermi consapevole di queste varie informazioni da lui avute, tacque invece circa quelle osservazioni che, conformemente al telegramma di V. E., io gli aveva presentate intorno a ciò che Ella giustamente chiamava il fondo della quistione, né mi riuscì d'impegnarlo in una discussione sulle conseguenze di nuovi accordi speciali fra le tre Corti del Nord. Egli a questo proposito non mi rispose che con volubilità ed evasivamente, sembrando, come avevano già fatto il Signor Desprez, di non voler ammettere l'ipotesi e dicendomi che io dimenticava essere stata la principale cagione delle difficoltà e del ritardo a Costantinopoli, la tendenza divergente dell'Austria che voleva l'immediata discussione delle condizioni di pac-e. Non ometterò di scandagliare di nuovo in altre occasioni le idee del Ministro su ciò e i suoi proponimenti. Ma l'E. V. non ignora quale di fronte alle presenti èomplicazioni sia la situazione della Francia e quella particolare dell'uomo che dirige la sua politica estera. Il paese vuole la pace ed il Governo non oserebbe partecipare alla leggiera e precipitosamente ad una azione la quale potesse vincolarlo ed impegnare in modo irrevocabile le sue alleanze. Epperò il Duca Decazes anche in quest'istante cerca di guadagnare tempo onde non muoversi possibilmente che sopra un terreno sicuro e con conoscenza di causa.

Accusandole ricevuta del dispaccio di questa serie N. 33 in data del 12 corrente (1), relativo alla quistione che ho appunto ora toccata...

(l) -Cfr. n. 419. (2) -Non pubblicato.
424

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. R. 71 bis. Parigi, 16 settembre 1876 (per. il 23 ).

In un'udienza che il Duca Decazes mi ha fatto poc'anzi l'onore di accordarmi, S. E. cominciò dal dirmi che prima di toccare d'ogni altro argomento credeva necessario di darmi un'importante avvertenza. • Vi ricordate, mi disse il Ministro, della nostra ultima conversazione sul conclave. Ebbene! Ciò che allora vi esposi era vero; ma la verità non è più la stessa oggi. Indizii che mi fecero l'effetto d'un improvviso scoppio di bomba mi fanno credere che si trami qualche cosa relativamente al futuro conclave. Non so che; ma vi prego d'ajutarmi a cercare •.

Dopo le sì esplicite e precise dichiarazioni che m'erano state fatte dal Duca Decazes il 27 agosto ultimo, io confesso che molto più di tale vaga indicazione mi colpì il vedere che S. E. si mostrasse preoccupata e attribuisse subitamente importanza a soli indizii, mentre prima mi si era mostrato assolutamente sicura delle intenzioni della maggioranza de' Cardinali. Io temeva dunque che nel fatto gl'indizii pervenuti al Duca Decazes fossero molto precisi e molto gravi, ed insistei affinché mi dicesse tutto ciò che sapeva.

• V'assicuro, mi rispose S. E., che ignoro che cosa si voglia. Non mi riuscì di scoprirlo .finora. So soltanto che esistono macchinazioni, e che il Cardinale Antonelli le conosce. Suppongo che a queste macchinazioni si rannodi il viaggio

precipitoso di Monsignor Franchi in Irlanda. Non è cosa insi~ifìcante che in un momento simile, mentre è gravemente ammalato il Cardinale Antonelli, Monsignor Franchi intraprenda un sì lontano viaggio. Non mi meraviglierebbe se si trattasse di pratiche in vista della riunione del Conclave a Malta. Al suo ritorno da Dublino, Monsignor Franchi si fermerà a Londra per conferil'e col Cardinale Manning e dal 20 al 25 egli sarà a Parigi. Ho inviato jersera un agente segreto a Londra coll'incarico di sorvegliare le sue mosse e di fare indagini. Dovreste dal vostro lato dare col telegrafo avviso della cosa al Generale Menabrea, affinché possa invigilare ed informarsi. Non dovrebbe essere difficile di procurarsi indirettamente qualche utile indicazione. Solta1nto egli non dovrebbe sapere che l'avviso venne da me •.

Non mi fu possibile di ottenere dal Duca Decazes spiegazioni maggiori di quelle che ho qui ripetute dopo averle già riferite all'E. V. il 16 corrente con un telegramma (1). Ne ringraziai vi,vamente il Signor Ministro degli Affari Esteri e lo p11egai di non !asciarmi ignorare ciò che gli fosse fatto di conoscere in appresso sulla trama di cui m'aveva segnalato gl'indizii.

P.S. Mi pregio d'accusare ricevuta del dispaccio di questa Serie N. 31, in data del 9 settembre corrente (l) relativo alla mia precedente conversazione col Signor Duca DecaZJes sul futuro conclave. Terrò presenti le raccomandazioni contenutevi.

(l) Cfr. n. 410.

425

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, A VITTORIO EMANUELE II

(ACR)

L. P. l. Berlino, 17 settembre 1876.

Depuis une semaine, je suis de retour à mon poste.

Durant ma courte absence les événements ont pris un développement de plus en plus sérieux. Il faudra toute l'habilité, toute la prudence des hommes d'Etat si non pour écarter définitivement la crise, du moins pour empécher cette fois encore qu'elle ne prenne une extension embrassant toute la question d'Orient, et mettant dès lors en cause la paix générale. Il n'est pas facile, sans un vigour,eux effort de la raison, de faire avec calme la part que réclament les droits de l'humanité si outrageusement méconnus par la Turquie, et la part qu'exigent les intéréts permanents de l'Europe et ceux no,tamment de l'Italie.

Cet esprit de discernement se fait jour dans les instructions qui m'ont été tracées par le Gouvernement du Roi. Elles rtémoignent en méme temps de sa prévoyance.

Le Ministère a été informé qu'à l'entrevue de Reichstadt, le Tsar et l'Empereur François-Joseph s'étaient entendus pour une cession éventuelle d'une partie au moins de la Bosnie à l'Autriche, et cela pour endormir un peu l es répugnances du Cabinet de Vienne à favoriser, méme dans une faible mesure

les Slaves du Sud. J'ai été autorisé alors à tenir un langage conforme à celui que je suggérais depuis quelque temps en prévision du cas où l'une ou l'autre des Puissances ouvrirait la voie à des aspirations particulières. Si la guerre dans la péninsule des Balkans n'a pas amené des succès décisifs, elle a du moins mis en relief que la supériorité militaire finirait par rester acquise à la Turquie soit vis-à-vis de ses provinces révoltées, soit vis-à-vis des Principautés. On peut le regretter au point de vue de l'humanité et de la religion, mais politiquement pavlant mieux vaut qu'il en soit ainsi.

Autrement nous allions très probablement au devant d'une occupation entre autres en Bosnie de la part de l'Autriche, occupation qui serait devenue un prise de possession. Ce danger parait ajourné, car il ne s'agit pas aujourd'hui d',exploiter des victoires du còté des Slaves; à moins que la Russie, en se jetant dans la mélée, ne fasse pencher la balance en leur faveur, il s'agirait bien plutòt maintenant de modérer les allures de la Turquie. Quoi qu'H en soit, il n'aura pas été inutile de laisser entendre la manière de voir de l'Italie en posant ainsi des jalons pour l'avenir.

En méme temps nous avons pvéché la nécessité de substituer à l'entente à trois, l'entente à six. Celle-ci seule offrait des garanties d'une solution acceptable et durable, pour autant que durent les choses de ce monde.

Votre Majesté connaitra mieux que moi la phase que nous traversons: démarche des six Puissances pour un armistice précédant les négociations de paix; en presence du !'etard de la Turquie à se rendre au désir unanime de l'Europe, il se manifeste une vive impatience de la Russie prévoyant le cas où elle devrait agir isolément. L'Angleterre intervient alors avec des propositions très sensées. La Russie n'y objecte pas, tout en trouvant qu'il ne suffit pas de les conseiller à la Sublime Porte, mais qu'il faut les J.ui imposer par la volonté unanime de l'Europe. Sur ces entrefaites refus de la Turquie d'un armistice devant précéder des préliminaires de paix qu'elle indique, en s'en remettant aux Puissances pour les négogiations. Le Prince Gortchakow trouve cette réponse insolente, et accentue que l'Europe ne peut ni admettre, ni tolér le refus de l'armistice.

Lord Derby en apprenant que tel était l'avis de la Russie, demande ce qu'il y aurait à faire. Serait ce un pièce pour se dégager le prétexte que la Russie tend trop la corde? Le Prince Gortchakow lui fait savoir que les différents Cabinets devraient insister résolument pour un armistice pur et simp1e en laissant entrevoir, au besoin, un rappel de leurs représentants à Constantinople. La France se tient en arriè re. L'Autriche a fait assez mauvais accueil aux ouvertures de l'Anglete-rre, et ne serait pas davantage édifiée d es conditions émises par la Turquie. Le Cabinet de Berlin que j'ai interpellé à plusieurs reprises, ne se départit pas d'une extreme reserve (le procédé est le meme pour tous les diplomates étrangers), tout en manifestant en paro1es les sentiments les

plus amicaux pour l'Italie. n n'a encore émis de jugement définitif ni sur les

propositions anglaises pour lesquelles il semble cependant mi,eux disposé que

l'Autriche, ni sur les ouvertures de la Turquie, quoiqu'il paraisse s'en tenir à

réc1amer avant tout une priorité pour l'armistice.

Quant à l'Italie, elle n'a rien négligé jusqu'à la dernière heure pour la

détourner de la voie dans laquelle elle s'est engagée. Il nous importe mainte

nant, avant de prendre un parti, de bien pressentir les dispositions des autres Cabinets.

En parlant de l'Allemagne, je ne puis que chercher à me rapprocher à tatons de la verité, car en présence de la réserve ou du mutisme du Secrétaire d'Etat, j'en suis réduit, comme tous mes collègues, à des conjectures. Mon sentiment est toujours, sauf erreur, que le Cabinet de Berlin devant avoir le dernier mot en cas de dissentiment entre Vienne et Saint Pétersbourg, ne jouera son gros atout qu'après avoir épuisé touts les moyens de conciliation. En cas d'insuccès, j'estime qu'en définitive il se rangerait du coté de la Russie. (Telle est l'opinion du Maréchal de Moltke). Il n'est pas nécessaire pour autant, que l'Allemagne, dès Ies début, joigne ses forces à celles de la Monarchie russe, si celle-ci se décidait à une intervention armée. Il suffirait d'observer une neutralité bienveillante à l'égard de la Russie absolument com.me cette dernière l'a fait en 1870-71; neutralité qui impliquerait une surveillance vis-àvis de l'Autriche (éventuellement vis-à-vis de la France) et au besoin des avertissements, des démonstrations menaçantes, si le Cabinet de· Vienne faisait mine de secourir la Turquie. C'est là que git le péril de la situation, si on ne réussit pas à la conjurer.

Sous ce rapport il est profondément regre-ttable que toutes les Puissances ne se soient pas empressées de faire le meilleur acueil aux dernières propositions des Londres. Il est également à regretter que le Chancelier russe ait exprimé 'l'intentions de les imposer, mot que pourrait impliquer une coercition matérielle devant laquelle l'Autriche et l'Angleterre reculeraient. Tandis qu'un démarche identique et simultanée des Puissances à Constantinople -démarche à laquelle on imprimerait un caractère plus solenne! qu'à la demande présentée dans les premiers jours de ce mois pour l'armistice -obtiendrait peut-etre le résultat voulu. Ce serait une véritable mise en demeure de s'exécuter, sans employer des mots devant lesquels certains Etats se cabreraient.

C'est là une observation que je n'ai pas manqué de présenter ici, en engageant le Cabinet de Berlin à s'employer d'une part à modérer les allures des impatients, et d'autre part à faciliter le concours de l'Angleterre dans le concert européen, cela surtout après la triste expérience du Memorandum de Berlin en mai dernier. Le Gouvernement Impérial rendrait par là un service signalé aux intérets généraux du continent et de l'Allemagne en particulier.

Le plus profond mystère règne encore ici sur la mission récente du Maréchal de Manteuffel à Varsovie. Mon collègue d'Autriche n'en savait pas le premier mot. Le fait est, je le tiens de bonne source, que jusqu'à l'arrivée du Maréchal, l'Empereur Alexandre se montrait très soucieux, et que son front s'est rasséréné comme par enchantement après l'entrevue. Il n'y a donc aucun doute que l'envoyé de l'Empereur Guillaume a apporté, si non des engagements formels, du moins des assurances les plus tranquillisantes sur l'attitude de I'Allemagne.

En attendant la situation générale prend une tournure très inquiétante. Des germes de discorde se développent, les antagonismes grandissent en présence d'une Turquie qui ne sait ni vivre ni mourir. Tout cela présage une année néfaste. Comme je l'écrivais au Ministère, pour faire face aux dangers qui s'amoncellent à vue d'oeil, on ne saurait trop se prémunir à l'extérieur par une action vigilante, et à l'intérieur en ne livrant rien à l'inconnu. Par là je faisais allusion aux élections qui se préparent dit-on, en Italie. Nous connaissons le fort et le faible, les qualités et les défauts de la Chambre actuelle. Celle qui lui succédera, dans les conditions présentes sera-t-elle meiHeure? Les scrutins ménagent parfois de pénibles surprises, surtout s'il s'agissait d'étendre bientot le nombre des électeurs par une réduction du cens et de l'age qui confèrent le droit de votation. Avec une France républicaine à nos portes qui jusqu'ici du moins, semble donner un démenti aùx prédictions sur sa durée éphémère, on ne saurait prendre trop de précautions afin d'opposer quelques barrières à une infiltration d'idées nuisibles aux intérets vitaux de la Monarchie.

L'Halie heureusement a un Roi qui sait combiner dans une sage misure les principes d'autorité et de liberté.

(l) Non pubblicato.

426

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 414. Roma, 18 settembre 1876.

Debbo ancora una risposta agli interessanti rapporti che, negli ultimi giorni dell'assenza di Lei, mi furono diretti dal Cavalier Tosi sotto la data del 6 e del 7 di questo mese, n. 1672 (l) e 1673 {2).

Approvo, anzitutto, la risposta data dal R. Incaricato d'Affari al Segretario di Stato, quando questi, togliendo argomento dalla nostra insistenza per la conclusione immediata dell'armistizio, sembrava esortare l'Italia a prendere l'iniziativ::.> per i preliminari della pace. Assai opportunamente replicò il Cavalier Tosi trattarsi di due questioni ben distinte; un sentimento di dignità spingerei a troncare gli indugi cui soggiaceva, presso la Sublime Porta, la domanda delle Potenze; essere invece, ben diversa impresa quella di conciliare gli interessi attinenti alla pacificazione.

Le dichiarazioni del Signor di Biilow chiariscono, una volta di più, che nello • aspettare • si riassume tuttora il programma politico di codesto Gabinetto. Però qui, come in tutte le questioni relative all'equilibrio delle forze nel Mediterraneo, apparisce la differenza che esiste fra la nostra posizione e quella della Germania. In una parola quella che per la Germania è politica di aspettazione, sarebbe per l'Italia pericolo di imprevidenza.

Se, come sembra, gli avvenimenti hanno suscitato una certa opposizione di interessi fra l'Austria-Ungheria e la Russia, egli è certo che da questa situazione possono emergere due soluzioni per noi egualmente gravi: od una completa rottura fra Vienna e Pietroburgo, od un componimento sulle basi di reciproche concessioni. Per citare una sola tra le combinazioni possibili,

egli è chiaro che, se la Russia intervenisse, l'Austria-Ungheria ne imiterebbe certo l'esempio ed occuperebbe intanto probabilmente quei territori nei quali essa sa che, in occasione di un assetto definitivo delle cose, potrebbe rimanere anche coll'assenso della Russia.

Queste eventualità non toccano gli interessi della Germania così direttamente come quelli dell'Italia. Si comprende quindi che siffatte previsioni ci abbiano indotto a spiegare, per la cessazione immediata delle ostilità, una attività maggiore di quella che si volle adoperare, in cotesta circostanza, d:t codesto Gabinetto.

(l) -Cfr. n. 394. (2) -Non pubblicato,
427

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI MELEGARI

R. 76. Parigi, 18 settembre 1876 (per. il 21)

Ieri verso sera io mi recai di nuovo presso il Ministro degli Affari Esteri di Francia ,e pregai S.E. di farmi conoscere se dal sì precedente fino a quell'ora avesse presa alcuna risoluzione ed avesse data all'Ambasciatore di Francia a Costantinopoli qualche istruzione circa l'atteggiamento che dovesse assumere, o le dichiarazioni che dovesse fare al Governo Ottomano in risposta al Memorandum.

Il Duca Decazes mi disse che diffatti la sua decisione era presa, diede di piglio alla penna, e sotto i miei occhi concepì e scrisse un telegramma che si proponeva di far cifrare e spedire immediatamente al Conte di Bourgoing. Ritenni quanto meglio potei i termini stessi di tale telegramma e mi affrettai a riferirli all'E.V. col telegrafo appena fui uscito dal Gabinetto di

S.E. Esso era con qualche variante di parole del seguente tenore: • Informata che la Sublime Porta diede ai Comandanti delle forze turche l'ordine di sospendere le ostilità, la Serbia, richiestane dall'Inghilterra, diede ai suoi generali istruzioni allo stesso scopo. Ci troviamo dunque per qualche giorno in presenza d'una sospensione d'armi di fatto. Cionondimeno voi insisterete per l'affermazione dell'armistizio in fatto ed in forma. In quanto al memorandum, le sue condizioni sono inaccettabili. Voi potete osservare che esso contiene l'impegno di dichiarare l'armistizio subitoché sarà conosciuto il nostro giudizio su quelle condizioni e reclamarne l'esecuzione •.

Il Duca Decazes, che immediatamente prima che io entrassi nel suo Gabinetto aveva conferito col Principe di Hohenlohe, mi disse che l'Allemagna non aveva ancora risposto al memorandum e che nella giornata di jeri egli non aveva ricevuto altre informazioni sulle ultime intenzioni del Gabinetto di San Giacomo circa l'azione del quale sapeva soltanto ciò che è accennato nel telegramma qui sopra riferito.

Tornai questa volta, come io me l'era proposto, sull'osservazione che chiudeva il telegramma di V. E. del 16 corr. (l) e domandai al Duca Decazes ouali fossero le sue idee in proposito.

Il Governo del Re dissi a S. E., (o piuttosto ripetei, poiché io ne aveva parlato già il dì innanzi) crede che la Russia si studia di far prevalere un modo di procedere in virtù del quale la soluzione della quistione che pende in Oriente dovrebbe dipendere dall'accordo da stabilirsi tra ·le Grandi Potenze Cristiane senza la partecipazione della Turchia, mentreché la Turchia, formulando essa stessa le condizioni della pace ha in mira di difendere la situazione che fece il Congresso di Parigi e di mantenere il suo diritto di partecipazione alle deliberazioni su tutte le questioni che interessano la integrità dell'Impero Ottomano e d'intendersi colle sei Potenze. Mi sarebbe grato di sapere come l'E.V. giudichi la situazione ravvisando il problema sotto quest'aspetto.

Il Duca Decazes mi rispose che in pratica non gli pareva sussistere il pericolo al quale la Turchia, formulando da sé le condizioni di pace, avrebbe voluto parare. Che nel regolamento della questione si proceda in uno od in un altro modo, sarà pur sempre mestieri, secondo il parere di S. E. che la Sublime Porta abbia una parte in decisioni che sul suo territorio, quando essa vi fosse contraria, non potrebbero altrimenti essere tradotte in atto che con l'impiego della forza. • E se si riunisse una Conf·erenza, come ammettere che la Turchia, la principale parte interessata, ne fosse esclusa? Ma nel fatto la situazione mi pare diversa. Per quanto so, le proposte che Lord Derby fece fare a Livadia (quelle stesse già da me menzionate nel rapporto di questa serie n. 69 (1) sembrano accettare e potranno condurre al pronto accordo tra i due pdncipali attori, cioè tra l'Inghilterra e la Russia. Le mie impressioni sono dunque migliori ed io persisto a sperare che arriveremo al pacifico componimento delle difficoltà •.

Il Duca Decazes conchiure con queste parole. Incidentalmente egli mi confermò in questo colloquio che il Principe di Bismarck aveva rifiutato in modo perentorio d'intervenire ad una Conferenza.

(l) Cfr. n. 419.

428

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, A VITTORIO EMANUELE II

(ACR)

L. P. 2. Berlino, 18 settembre 1876.

Je voulais donner cours ce matin, à la lettre ci jointe n. l, écrite la nuit dernière (2). J'en ai retardé l'envoi pour rendre compte à Votre Majesté de quelques détails non sans importance que j'ai appris aujourd'hui.

La Sublime Porte a notifié que l'ordre a été donné à ses généraux de se tenir sur la défensive jusqu'au 25 Septembre. L'Angleterre et l'Autriche trouvent ce délai trop court, et en demandent la prolongation. J'ai vu aujourd'hui le Secrétaire d'Etat. Il m'a dit que le Cabinets de Londres, de Pétersbourg et de Vienne déclarent inacceptables les propositions

de paix émanées de la Turquie. Quant au Cabinet de Berlin, S. E. ajoutait qu'il n'avait pas varié dans son attitude. Cela signifie qu'il ne prend pas d'initiative, tout en continuant les pourparlers confidentiels. Son Ambassadeur à Constantinople a d'ailleurs l'instruction générale de se joindre aux démarches des autre Puissances quand celles-ci se sont mises d'accord. M. de Biilow se réjouissait de la suspension des hostilités. Cette treve de fait pourra etre utilisée au profit de 'la pacification, et il avait Quelque espoir qu'il ne tarderait pas à se produire un rapprochement entre les Cabinets pour des bases générales de paix.

Je l'ai de nouveau vivement engagé à une acceptation des propositions du Cabinet de Londres qu'il importait de rattacher sans retard à l'aréopage européen, en prenant acte du progrès QUi s'était fait au Foreign Office. Pour s'en rendre compte, on n'avait qu'à confronter ses idées actuelles avec ses déclarations antérieures et assez récentes. M. de Biilow n'a rien objecté, et semblait assez pret à etre gagné à cette cause.

Le fait est -on me l'apprend ce soir -QU'il a dit au Chargé d'affaires Britannique qu'on était ici maintenant d'accord avec ~l'Angleterre sur les propositions de cette Puissance. Ce diplomate n'avait cependant pas caché que par l'expressione autonomie locale pour les Provinces insurgées y comprise la Bosnie, le Cabinet de Londres entendait des réformes, et non pas une autonomie selon l'acceptation donnée généralement à ce mot. L'assentiment de l'Allemagne induirait à présumer que la Russie n'insistera pas pour imposer la volonté de l'Europe à la Turquie.

Si ces renseignements sont exacts, une base de négociations paraitrait

acquise, car l'opposition de l'Autriche aurait perdu des chances de réussir.

Il ne s'agit encore que d'une ~lueur d'espoir. En effet, sans compter

I'imprévu, il existe bien des éléments de divergence QUi se produiront dès qu'on

abordera les détails d'un arrangement definitif.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 425.
429

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 978. Belgrado, 19 settembre 1876, ore 10,30 (per. ore 12,40).

Le Gouvernement désavoue spontanément la proclamation du prince Milan comme Roi faite par l'armée sous l'impression des conditions turques.

430

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 985. Belgrado, 20 settembre 1876, ore 20,20 (per. are .23,15).

D'après les conseils de l'Italie et de l'Angieterre, la suspension d'armes est en vigueur. Elle est toute au désavantage de la Servie, car, en attendant, les tures ont reçu des munitions de guerre et de bouche dont ils manquaient et en profitent pour changer leur front de bataille et attendre corps de réserve de Sophie. Ce qui suit est officiel. Les commandants informent le Gouvernement que treve est impraticable. On reconnait indispensable que la ligne de démarcation, et la zone neutrale, ainsi que tous les autres détails, soient convenus. On demande l'armistice régulier. Très confidentiellement je sais que la Servie désire six semaines environ. Il serait extremement utile à ce Gouvernement d'avoir connaissance du texte du mémoire turc. Si V. E. me l''envoie, je lui en serai reconnaissant.

431

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI (l)

D. 146. Roma, 20 settembre 1876.

Col Rapporto del 12 settembre, n. 360 (2), la S. V. mi ha comunicato una copia dell'Hatt Imperiale del 10 dello stesso mese. Questo documento che era aspettato con qualche impazienza avrebbe dovuto contenere l'esposizione dei principi secondo i quali il nuovo Sultano si propone non solo di reggere il

suo Impero, ma anche di superare le gravissime difficoltà create dalle condizioni speciali nelle quali vertono tante provincie del medesimo.

Considerato a questo punto di vista, l'Hatt del Sultano Hamid non ha certamente corrisposto all'universale aspettazione. Questo documento dalla pubblicazione del quale avrebbesi potuto sperare qualche bene, non pare invece destinato a produrre una favorevole impressione. Il Governo ottomano avrà così perduto un'altra buona occasione che gli si offriva per riguadagnare in Europa quelle simpatie che gli ultimi suoi atti gli hanno alienato.

Due cose sono sopra tutte le altre notevoli nell'Hatt del 10 settembre. Il non trovarsi in esso la conferma delle concessioni fatte dai predecessori, le quali costituiscono per così dire la legge fondamentale dei rapporti delle varie comunità religiose coesistenti nell'Impero, e l'insistenza con cui richiamata l'osservanza della legge sacra dei Musulmani, dello cher'i.

Il non essere state confermate le concessioni fatte dai predecessori al trono ha una significazione tanto più grave in quanto che quelle concessioni furono in gran parte enunciate come principii fondamentali della legislazione nuova, senza che le leggi nelle quali quei principii avrebbero dovuto trovare la loro pratica applicazione venissero mai pubblicate. L'insistenza poi con la quale si richiama l'osservanza rigorosa dello Cher'i, lascia purtroppo prevedere che qualunque nuovo ordinamento richiesto dalle esigenze della vita civile dei popoli non potrà anche in avvenire vincere gli ostacoli che furono la vera causa della inefficacia di tante riforme, annunziate sempre con maggiore solennità e andate sempre egualmente in dimenticanza.

In un momento in cui le quistioni attinenti alla pacifica coesistenza dei

Cristiani e dei Musulmani sulla base della libertà religiosa e dell'uguaglianza

(l\ Ed.. ad eccezione del brano tra asterischi, in LV 22, pp. 337-338.

civile s'impongono alla considerazione delle Potenze e dovranno essere risolute secondo il voto che si palesa nelle manifestazioni del sentimento pubblico di tutti i popoli di Europa, la dichiarazione del nuovo Sultano che nella legge sacra si trova la base fondamentale dell'Impero produrrà in tutti gli amici sinceri della Turchia una dolorosa sorpresa. Non ci sfugge l'ambiguità di certe espressioni le quali da taluno forse potrebbero intendersi nel senso che la retta interpretazione dello Cher'i non esclude l'applicazione di leggi improntate ai principii della civiltà europea. Ma noi non possiamo illuderci sino a questo punto, mentre ci sembra indubitabile che lo scopo del recente manifesto del Sultano altro non è che quello di accarezzare le pericolose passioni delle popolazioni maomettane.

L'esperienza che la Turchia sta facendo del danno morale e materiale di cui le è stato causa l'appello fatto al fanatismo religioso per levare in armi qualche migliajo di volontarii, non pare abbia ancora prodotto a Costantinopoli un effetto salutare. La Porta ottomana dovrebbe riflettere sulle conseguenze che già le derivano dal non aver dato ascolto a tanti ripetuti amichevoli avvertimenti che le furono dati perché non suscitasse a se stesso gravissime difficoltà collo scatenare le passioni più pericolose di una parte dei suoi sudditi. Perseverando in una condotta nella quale essa si dimostra noncurante

• dei consigli prudenti dei Governi che hanno interessi conservativi in Oriente, la Porta si prepara funestissimi giorni. * Contro la forza del sentimento pubblico di tutta l'Europa non potrebbero resistere edificii ben più solidi che non lo sia un Impero che trae la sua esistenza giuridica dalla guarentigia di cui lo coprono le grandi Potenze *. Noi vorremmo nell'interesse della Turchia e dei grandi interessi che si connettono con l'esistenza dell'Impero ottomano che a Costantinopoli non si conservasse alcuna illusione sul valore che avrebbe una tale guarentigia il giorno in cui universale fosse il convincimento che la Turchia rimarrà sempre restia alle riforme altamente richieste dal progresso civile dei popoli.

(2) Non pubblicato.

432

IL CONSOLE A GINEVRA, GAMBINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 131. Ginevra, 20 settembre 1876 (per. il 22).

Ricevo ora la notizia che il Congresso Generale della Internazionale venne differito in novembre perché la Federazione Italiana non è ancora regolarmente costituita ed all'appello del congresso (pure differito al 22 ottobre) di Firenze, mancavano le federazioni di Sicilia e di Roma che sono in via di costituirsi e devono tenere i congressi l'egionali come già ne scrissi a V. E. L'arresto e l'ammonizione del Costa influì anche molto per questo ritardo.

D'altra parte la Federazione Segreta spagnuola avvertì pure il Bureau di Neuchatel che i suoi delegati erano impossibilitati di trovarsi a Neuchatel pel giorno fissato dalla Circolare.

Anche la Federazione Belga era in ritardo ed infatti essa non nomina i suoi delegati che al Congresso Straordinario ad hoc che terrà a Verviers il 24 corrente ed in un altro congresso regionale che si terrà in Anversa nella prima domenica d'ottobre.

Cosicché anche la riunione, da me all'E. V. annunciata con rapporto

n. 128 (1), la quale doveva tenersi a Vevey il 24 settembre, è rimandata.

Mi si aggiunge inoltre che, se al Congresso Universale mancassero i delegati d'Italia e di Spagna, che formano un grosso nucleo, è cosa certa che non avrebbe luogo o sarebbe di ben piccola importanza.

Sarebbe forse utile che queste notizie fossero controllate e che l'E. V. m'informasse del risultato.

433

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

D. 42. Roma, 21 settembre 1876.

Ho ricevuto il rapporto del 9 di questo mese, n. 65 pol. (2), col quale la S. V. Illustrissima mi ha riferito la conversazione avuta col Signor Desprez rispetto alla supposta dimostrazione ostile alla Francia che avrebbe avuto luogo recentemente, e in due occasioni, a Genova. Dopo le spiegazioni che abbiamo lealmente fornite, sembra a noi che il Governo francese il quale ha ben altri ,e validi argomenti per credere alla sincerità delle nostre disposizioni amichevoli a suo riguardo, dovrebbe considerare l'incidente come esaurito. Oramai delle nostre intenzioni non si può dubitare; e quando pure siano avvenuti i fatti segnalati a codesto Governo, egli è certo che furono di così minima importanza che non solamente suscitarono movimento alcuno di adesione, ma passarono benanche inavvertiti dal pubblico e dagli stessi agenti delle autorità locali. Non è il caso, ciò essendo, che Ella abbia a ritornare sopra questo argomento.

434

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 268. Roma, 21 settembre 1876.

Sono particolarmente grato a V. E. delle notizie e delle considerazioni contenute nel rapporto del 14 di questo mese, n. 540 (3).

Telegrammi posteriori recano che la situazione si è notevolmente modificata da quella che l'E. V. con molta evidenza mi raffigurava. L'AustriaUngheria avrebbe rinunciato al suo proposito di riunire assieme i negoziati per la pace e quelli pe·r l'armistizio. A fare questa concessione alla Russia ed all'Inghilterra il Gabinetto I. R. sarà stato probabilmente indotto dall'isolamento in cui venne a trovarsi.

Sembra ora che il Gabinetto britannico si adoperi a formolare le proposte fatte dalla Russia, e da esso stesso già ammesse, in termini tali per cui le esigenze del Gabinetto di Pietroburgo si possano conciliare con le ripugnanze del Gabinetto di Vienna. Per parte nostra ci auguriamo sinceramente che la conciliazione possa ottenersi imperocché sarebbe pegno sicuro per la conservazione della pace generale. Le diffidenze mal giustificate dal Governo Austro-Ungarico a nostro riguardo, l'impazienza che il Conte Andrassy non ha punto celato per il fatto solo che l'Italia abbia ·voluto avere un'opinione

propria in questione ove essa ha interessi proprii da tutelare contro le pretensioni austriache, ci costringono a tenere verso il Gabinetto di Vienna un atteggiamento di riserbo. Ciò non toglie, però, che quando l'Austria-Ungheria volesse ripigliare con noi uno scambio di idee sulla situazione presente, noi non declineremmo certo le entrature che da essa ci venissero. Qui giova, nondimeno, andar cauti assai. Lo svolgersi degli avvenimenti ci ha già collocati, senza nostra colpa, in una situazione difficile rimpetto a codesto Impero. Nostro studio deve essere quello di evitare che la situazione si aggravi vieppiù per effetto di passi intempestivi e mal calcolati.

Quando, al principio dell'insurrezione erzegovese, noi scorgemmo la difficoltà somma di dare a quelle popolazioni, intellettualmente, moralmente ed economicamente cotanto arretrate, un ordinamento particolare abbastanza robusto e solidamente costituito, da poter vincere, senza il sussidio dell'azione vigorosa procedente da un Governo centrale, gli ostacoli nascenti da profonde divergenze d'interessi religiosi e materiali (basti citare la questione agraria) fra le diverse frazioni della popolazione, il Governo del Re si attenne a condotta tale che dal Conte Andrassy fu giudicata soverchiamente conservativa. Il vero si è che il Gov·erno di S. M. aveva un'idea chiarissima dell'inopportunità del momento in cui si suscitava una questione la quale, appunto perché immatura, non avrebbe potuto avere la sua soluzione naturale. Ed ·era evidente che in difetto di una soluzione naturale, molte altre se ne sarebbero escogitate, le quali avrebbero potuto bensì soddisfare alle esigenze speciali di alcuna fra l:e grandi Potenze, ma difficilmente avrebbero potuto coincidere con le ragioni generali che non voglionsi lasciar pregiudicare e neppure con quelle particolari di altra fra le grandi Potenze stesse. Quella che il Conte Andrassy giudicava così poco favorevolmente, era adunque in realtà, una politica di preveggenza. Certo non dipese da noi se l'insurrezione potè mantenersi ed avere ogni maniera di ajuti, in guisa da durare fino al giorno in cui poté confondersi ed allearsi con le armi della Serbia e del Montenegro, levatisi in guerra aperta contro la Turchia. Uno spirito di previdenza suggeriva alle Potenze aventi per programma la conservazione degli interessi generali mediante lo svolgimento pacato e graduale delle singole quistioni, di

far ogni sforzo perché queste non fossero sollevate intempestivamente; ben sapendosi che le soluzioni violente divengono probabili e sono anche imposte talvolta dalla forza delle circostanze, quando riescono difficili le soluzioni naturali. Questo, però, si appartiene al passato; e noi vogliamo per il presente trarre norma da questo principio, che cioè quelle Potenze stesse le quali volevano evitare il sorgere ·immaturo delle questioni debbono, quando queste son sorte, convergere ogni loro azione a far sì che prevalgono soluzioni non compromettenti l'avvenire.

Ora qui si differenzia a questo riguardo, il nostro punto di vista da quello dell'Austria; e ciò per la differenza degli interessi che, per la loro naturale costituzione, l'Austria-Ungheria e l'Italia rappresentano in Europa. Noi non desideriamo che il dissidio si accentui. Noi desideriamo anzi che esso possa rimanere inavvertito anche nel seguito delle trattative concernenti la Bosnia, l'Erzegovina e la Bulgaria. Ma gli è certo che l'applicazione a quelle provincie di un regime di Governo che le avvii verso una costituzione autonoma, in tutta la estensione della parola, è ben lungi dall'incontrare in Italia quelle ripugnanze invincibili che solleva in Austria.

Noi trarremo norma dal sentimento dell'opportunità; non essendoci dato di assumere un contegno diverso da quello che le circostanze ci impongono. Avremmo preferito che si lasciassero maturare ·le quistioni. Si volle il contrario. La parte che ci spe·tta è quella di vegliare a che la soluzione delle quistioni intempestivamente suscitate non si faccia con pregiudizio delle quistioni stesse, e con detrimento cosi degli interessi generali, come degli interessi speciali del nostro paese.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 403. (3) -Cfr. n. 415.
435

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 503. Roma, 2.2 settembre 1876, ore 16.

Essad bey m'a remis hier les lettres de notification de l'avènement au tròne du nouveau Sultan. Ces lettres ont été immédiatement envoyées au Roi qui est encore en Piémont. J'ai soumis en meme temps à la signature royale vos lettres de créance et la réponse à la lettre de notification. Ces piéces pourront ainsi vous ètre expédiées incessamment. Afin d'eviter au retour du Roi à Rome que la présentation des let<tres de créance de Essad bey souffre de nouveaux retards, il faudra que dans le libellé de ces lettres on tienne compte de ce que l'occasion a manqué à ce diplomate de remettre les lettres dont il était nanti à son arrivée ici.

436

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, GERBAIX DE SONNAZ

D. 8. Roma, 22 settembre 1876.

Sono grato a V. E.Illustrissima dei pal'ticolari fornitimi, con rapporto del 13 di questo mese, n. 31 (1), circa i lavori di codesto Congresso geografico, e La prego di voler manifestare al Signor Ministro degli affari esteri il nostro compiacimento, così per gli onori l'esi al Commendator Negri, come per il desiderio, ripetutamente dimostrato che al convegno potesse pigliar parte anche il Commendator Correnti.

La società geografica volendo affermare la propria riconoscenza verso S. M. il Re, dell'essersi fatto patrono di una intrapresa alla quale sono da alcun tempo rivolti gli studi suoi, chiede licenza di fare omaggio alla Maestà Sua di due volumi che l'anno scorso furono pubblicati per sua cura: l'uno dei quali è intitolato c Studii bibliografici e biografici sulla storia della geografia in Italia • e l'altro c Studi sulla geografia naturale e civile dell'Italia •. La Società spera che piacerà a S. M. il Re di accogliere benignamente il dono.

Entro la cassetta stessa (che le viene spedita per ferrovia a grande velocità) si contiene un secondo esemplare dei due volumi. La S. V. Illustrissima dovrà presentarlo, in nome della Società, a quello tra i personaggi di codesta Corte o di codesto Governo, pel quale Ella stimi che il dono sia per riuscire più opportuno e più accetto.

437

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 151. Roma, 23 settembre 1876.

Oggi si riunisce costì il Gran Consiglio che deve deliberare se si abbia,

o non, ad accordare l'armistizio e senza prefissione di durata. Il corriere, che parte questa sera stessa per Costantinopoli, mi toglie di differire la spedizione di questo dispaccio in fino a che le discussioni dell'Assemblea ci siano note. Però noi confidiamo che esse siano tali quali sono vivamente raccomandate dal voto unanime di tutte le grandi Potenze, e quali sono imperiosamente additate dagl'interessi stessi dell'Impero.

Deliberato l'armistizio, incomincerebbe una fase nuova del negoziato. Se, come ebbi ancora a dichiararle nel dispaccio di jeri, n. 147 (1), finora era scrupolosamente da evitarsi ogni discussione sopra le condizioni di pace, queste dovrebbero invece formare oramai il tema sostanziale, anzi il tema urgente, degli officii nostri presso la Sublime Porta.

La S. V. Illustrissima conosce a fondo, pei molti dispacci che ebbi a dirigerle sopra questo grave argomento, quale sia il nostro pensiero. Noi possiamo ben rendere a noi stessi questa testimonianza, che cioè fummo tra i primi, tostochè poterono aprirsi negoziati, a patrocinar.e caldamente e con molta insistenza la causa della pronta pactficazione. Nella notte tra il l o ed il 2 settembre, indugiando le Potenze a mettersi d'accordo circa il modo di sdebitarsi dell'obbligo assunto, coll'accettare il compito della mediazione, verso i Principati di Serbia e di Montenegro, noi ci siamo rivolti, con quel calore che ci era ispirato dalla convinzione di fare opera utile e giusta, al Gabinetto britannico. L'azione nostra non fu certamente estranea alla sua prima iniziativa, che si tradusse nelle dichiarazioni presentate alla Sublime Porta, il 2 settembre, da Sir H. Elliot, e la quale fu come il ritorno a quella parte, altrettanto legittima quanto efficace, che spetta all'Inghilterra nelle cose orientali. Appunto perché il Gabinetto di Saint James si era tenuto all'infuori del Memorandum di Berlino, era debito suo (né ci parve eccessiva schiettezza palesare il nostro animo a Lord Derby) di escludere coi fatti l'interpretazione men favorevole che di quella sua astensione aveva potuto essere data.

Il Gabinetto britannico, senza por tempo in mezzo, volle, ancor prima che fossero sospese di fatto le ostilità, formolare le basi sostanziali per la pacificazione e ne diede notizia alle Potenze. Tre sono i punti fondamentali delle proposte britanniche: armistizio puro .e semplice; mantenimento dello statu qua per la Serbia e il Montenegro, senza che si chieda, pel momento, alcuna concessione territoriale a favore di quest'ultimo, e salvo a farne oggetto di suggerimento nel corso ulteriore del negoziato; autonomia locale per la Bosnia, l'Erzegovina, la Bulgaria, senza separazione politica dalla Turchia. Come nelle proposte britanniche si riproducono sostanzialmente i nostri conc·etti che la S. V. Illustrissima ha potuto scorgere ampiamente sviluppati nei Documenti diplomatici n. 514 e 544 dell'Incartamento 60, così la nostra adesione fu sin da principio assicurata, e la notte scorsa, telegrafandole di questo soggetto, Le diedi ampie facoltà di appoggiare gli officii dell'Ambasciatore britannico. Anche le altre Potenze furono tosto assenzienti, salvo l'AustriaUngheria, la quale parve in sulle prime adombrarsi per la troppo lata significazione ond'è suscettibile la parola • autonomia •. Pareva anzi che il Conte Andrassy volesse manifestare i suoi concetti particolari, intorno alla pacificazione, in una Nota che sarebbe stata indi comunicata alle varie Potenz·e. Fortunatamente questo disegno, che avrebbe avuto l'effetto probabile di costringer•e la Russia a pronunciarsi, di accentuare il dissidio fra i due Imperi, e di impegnar·e anche in esso l'amor proprio della cancelleria viennese, sembrerebbe ora abbandonato. L'ambasciatore d'Inghilterra avrebbe fornito spiegazioni tali al Conte Andrassy che questi avrebbe acconsentito ad associarsi agli officii comuni delle altre Potenze e ad accettare le proposte britanniche; però alla condizione che l'autonomia da accordarsi alla Bosnia, all'Erzegovina ed alla Bulgaria sia interpretata in guisa da escludeve che i diritti della Sublime Porta si riducano ad una mera alta sovranità, ed alla condizione altresì che rimangano ferme le riforme concesse, nel febbraio scorso, dal Sultano, a soddisfacimento della richiesta contenuta nella Nota del 30 dicembre 1875.

38 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

Sarebbe adunque unanime l'accordo delle Potenze circa le condizioni di pace da proporsi alla Sublime Porta. Né è mestieri, dopo di ciò, aggiungere che è del pari unanime il giudizio delle Potenze rispetto alle condizioni di pace che la Sublime Porta ha formolato nel Memorandum del 14 Settembre. Siffatte condizioni sono concordemente reputate inammissibili, per le ragioni stesse che la S. V. Illustrissima, esprimendo l'opinione propria e quella di alcuni fra i Suoi Colleghi, mi veniva enunciando col Rapporto del 15 Settembre, N. 366 (1). Le quali considerazioni mi parrebbero doversi ancora corroborare con quest'altra, che se non erro, è andata finora sfuggita all'esame dei varii Gabinetti. La Sublime Porta conchiude il suo Memorandum dichiarando di essere disposta, tostoché le Potenze siansi pronunciate sulle condizioni della pace, a far cessare le ostilità entro le 24 ore. Non è cenno però, in quel documento, che la Sublime Porta sia disposta ad intavolare trattative, se non coi due Principati, colle potenze mediatrici, per giungere alla conclusione d'un accordo mercé il quale siano sanzionati i patti della pace. Ora noi crediamo che veramente un atto diplomatico sia indispensabile, affinché sia provveduto in modo chiaro ed indiscutibile al nuovo assetto che terrebbe dietro alla presente crisi. Oltre di che è a prevedersi che il Principato di Montenegro, considerandosi come Stato interamente indipendente, non vorrà rinunciare al suo diritto di por termine alla guerra mediante un regolare Trattato di pace. Queste avvertenze, che Le porgo unicamente per norma personale di Lei, non Le torneranno forse inutili nel _processo ulteriore del nego:~Jiato.

(l) Non pubblicato.

438

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI (2)

R. 380. Terapia, 23 settembre 1876 (per. il 3 ottobre).

L'E. V. conosce come la conferenza dei Rappresentanti delle Potenze Garanti tenutasi ieri all'Ambasciata d'Inghilterra avesse per iscopo di stabilire un'azione comune per un'ulteriore pressione da esercitarsi sopra questo Governo affine di ottenere un armistizio regolare e senza limite di durata.

Allorché fummo radunati l'Ambasciatore della Gran Brettagna ci diede comunicazione d'un telegramma ricevuto la mattina istessa da Lord Derby, nel quale erano esposte le basi della pace da comunicarsi alla Sublime Porta. Unisco ad ogni buon fine al presente una copia autentica di queste basi (3) quali saranno presentate alla Sublime Porta. L'Incaricato d'Affari di Russia soggiunse aver egli già ricevuto un telegramma pel quale il Principe Gortchakow gli ingiungeva di appoggiare le basi della pacificazione che J.'Ambasciatore della Gran Brettagna sarebbe per presentare alla Sublime Porta.

Gli altri Rappresentanti avevano bensì più o meno conoscenza delle basi in discorso, ma non avevano peranco ricevuto dai rispettivi Governi l'ordine

di fare alcuna comunicazione in proposito alla Sublime Porta. Però le comunicazioni di Sir H. Elliot e del Rappresentante della Russia erano accolte dai presenti con manifesta soddisfazione poiché esse dimostravano che le trattative di pace erano in buona via.

Sape·vasi frattanto che l'indomani si doveva riunire un Gran Consiglio di tutti i Balà allo scopo di deliberare sulla questione dell'armistizio. E si convenne che l'Ambasciatore della Gran Brettagna non facesse la sua comunicazione, riguardo alle basi della pace sino a che fossero conosciute ·le decisioni che il Consiglio sarebbe per prendere.

Si passò indi a discutere della comunicazione da farsi alla Sublime Porta in esecuzione degli ordini che ci erano stati impartiti da rispettivi Governi riguardo all'armistizio. La discussione fu breve, e si convenne che l'indomani si manderebbero i Primi Dragomanni ad esprimere al Ministro degli Affari Esteri in termini energici il consiglio dà parte delle Potenze Garanti di stabilire senza ulteriori indugii un armistizio regolare •e senza termine. E degli accordi presi diedi avv1iso telegrafico a V. E.

Si convenne altresì che i Rappresentanti delle Potenze Garanti si radunerebbero di nuovo all'Ambasciata Inglese, Domenica, 24 del presente alle 5 pomeridiane.

(l) -Non pubblicato. (2) -Ed. in LV 22, pp. 366-367. (3) -Non si pubblicano.
439

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

D. 44. Roma, 24 settembre 1876.

Con rapporto del 16 di questo mese, N. 71 (1), il Cavalier Ressman mi esponeva in forma ordinata le varie pratiche che ebbero luogo, secondo le notizie costì raccoltesi, tra le Potenze· in questi ultimi giorni. Tanto nello scopo finale delle pratiche stesse, quello cioè di porgere un termine allo spargimento del sangue, quanto negli apprezzamenti recati sopra gli adoperamenti e gli offici dei vari governi, noi ci trovammo, mi piac·e notarlo, in perfetto accordo col Gabinetto di Versailles. E mi piace dichiarare altresì il nostro animo grato per le comunicazioni frequenti che il Duca Decazes ci fa quotidianamente pervenire così per mezzo di codesta Ambasciata, come per mezzo dell'Ambasciata di Francia accreditata presso il Quirinale.

Noi ci siamo astenuti finora, è vero, dal far conosc-ere a Costantinopoli il nostro giudizio sulle condizioni poste innanzi dalla Turchia. Però il nostro riserbo era effetto della dichiarazione, ripetutamente fatta, di non voler assumere in esame le condizioni della pace, in fino a che non si fosse concluso un armistizio regolare e formale. Locché non toglie punto che la nostra opinione circa la inammissibilità delle proposte ottomane sia meno assoluta di quella degli altri gabinetti, già pronunciatisi nello stesso senso. Posso anche aggiungere che, .tostoché apparve probabile l'ottenimento dell'armistizio, quale da

noi si vuole, ho dato istruzione al Conte Corti di associarsi, anche 11ispetto all'impossibilità di accettare quelle proposte, alle dichiarazioni dei suoi colleghi.

Ciò che sopratutto ci preme è che esca al più presto possibile dall'incertezza in cui ci tengono proposizioni non ancora ben definite. La difficoltà di intendersi intorno ad una delle parole adoprate dalla Cancelleria britannica fu cagione per cui l'Austria-Ungheria si tenne per più giorni esitante. È tempo ormai, a nostro avviso, di sciogliere la quistione dal vago e dall'incerto in cui si avvolgerà pur sempre in fino a che la sua definizione potrà dipendere dalla più o meno larga interpretazione onde sia suscettibile talune dizione non immune da equivoco.

(l) Cfr. n. 423.

440

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1011. Costantinopoli, 25 settembre 1876, ore 18,51 (per. ore 18,20) (l).

L'ambassadeur d'Angleterre a présenté aujourd'hui les bases de la paix au ministre des affaires étrangères et à Midhat pacha qui leur ont fai,t un accueil plutòt favorable. Demain les autres représentants iront à la Porte les appuyer. Il serait maintenant question de préliminaires de paix à signer à Constantinople par suite desquels la Porte se déciderait peut-etre à rappeler ses troupes.

441

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 545. Vienna, 26 settembre 1876 (per. il 6 ottobre)

L'attitudine sommamente riservata impostami da circostanze varie, di cui non è il caso di far Qui menzione, ed essenzialmente dalle istruzioni che in conseguenza di esse l'E.V. ebbe ad impartirmi, limitò grandemente in questi ultimi tempi la mia sfera d'attività, riducendola, si può dire, ad osservare ciò che succede qui e nulla più. Incontrai alcuni giorni or sono il Conte Andrassy in un Club, ed egli pel primo mi fece parola degli affari della Giornata, tenendosi però nel campo delle generalità, dal quale io non credetti conveniente indurlo ad uscire. Di quando in quando mi reco al Ministero,

dove mi limito a chiedere al Barone Orczy quelle notizie, che per la loro natura non possono 'esse!'e un segreto pel rappresentante dell'Italia. Non provoco speciali confidenze, né mi lascio andare a manifestare i miei apprezzamenti su ciò che mi si dice. Mi studio però di non mostrar mai col mio contegno un imbarazzo qualsiasi che non avrebbe ragione di essere. Coi miei colleghi la cosa procede diversamente, sono in ottimi rapporti con .tutti, e tutti chi più chi meno secondo le circostanze del momento od il carattere individuale, mi comunicano i loro apprezzamenti sulla situazione e provocano analoghe manifestazioni da parte mia: al che mi rendo con facilità, evitando però di pronunciarmi abbastanza esplicitamente da far ripetere qui i miei discorsi, ciò che non mi parl'ebbe a proposito. Si è di tal maniera che riesco in parte, almeno lo spero, ad adempiere ai miei doveri d'osservatore. L'E.V. è meglio di chiunque in grado di giudicare se le informa2Ji.oni che di quando in quando Le trasmetto col mezzo di telegrammi o di rapporti, corrispondono

o non con precisione a quelle che i miei colleghi Le forndscono dalle altre capitali d'Europa.

Preziosissime poi mi sono le notizie che all'E.V. piace regolarmente farmi pervenire ogni qualvolta si presenta un fatto che meriti di essermi comunicato. Le sarei poi del pari gratissimo se, accorgendosi che nei miei apprezzamenti sto battendo una falsa via, ben volesse farmene cenno, poiché qui più che altrove è facile fuorviare nel giudizio che si può portare sugli intendimenti e sugli atti pur anche del Governo Imperiale. Le fatali condi.. zioni speciali a quest'Impero fanno sì, che mentr·e i Gabinetti delle cinque altre Potenze, possono bensì, per ragiond diverse, astenersi dal manifestare i loro scopi in ordine alla presente questione Orientale, pure questi si capiscono per semplice intuizione, e si manifestano anche talvolta dai loro atti, il solo Gabinetto di Vienna è in fondo una vera X nel grave problema che si agita, poiché non può avere positivi desiderata; questi anzi non possono essere se non negativi. In questo chaos di soluzioni e di mezzi per arrivarci, entro il quale si agita la mente di chi dirige la politica estera dell'Austria-Ungheria, un solo punto fisso parvemi sempve di scorgere, e questo si è di evitare una rottura colla Russia. La persuasione ai miei occhi fondatissima che in qualsiasi evenienza l'Impero Germanico darebbe alla Russia l'appoggio per lo meno della sua neutralità, fa sì che il Conte Andrassy non può sognare di opporsi alla evenienza colla forza ai conati del suo potente vicino e rivale in 011iente. Se si ebbe il pensiero talvolta in passato, ho luogo di credere lo abbia smesso in oggi, ed anzi mi risulterebbe che i giornalisti ufficiosi abbiano ricevuto precisamente in questi giorni, 1istruzione di predisporre in tal senso l'opinione pubblica.

Io non so nascondere all'E.V. che ben poco credo alla pacifica soluzione della presente questione in base alle proposte formulate da Lord Derby a cui aderiscono gli altri Gabinetti: io constato nell'attitudine e nel linguaggio del Signor di Nowikow, continue reticenze e sottintesi, che mi fanno ritenere per fermo, il Gabinetto di Pietroburgo altro non voglia se non fare andare le cose in lungo per raggiungere così il momento ch'essa ravviserà opportuno per agire conformemente ai suoi scopi. Dal linguaggio che Aleko Pachà tiene con me e cogl'altri suoi colleghi, ben si capisce che la Porta ciò prevede. Indubbiamente il giorno in cui la Russia entrerà a quel modo in azione, l'Austria farà marciare le sue truppe nella Bosnia, e dal modo di parlare di Signor Andrew Buchanan intorno a questa eventualità, si può prevedere che l'Inghilterra non muoverà passo serio per opporvisi.

Dall'occupazione alla conservazione di quel territorio od almeno di parte di esso, il tratto sarà breve. L'Ungheria vi opporrà indubbiamente serio contrasto, ma al dilemma che le si presenterà fra la creazione di un grande Stato Slavo e l'annessione alla corona di Santo Stefano (poiché questa sarebbe l'idea attuale) di parte della Bosnia, non v'ha dubbio che piegherà la testa rassegnata a questo secondo partito. Si andrebbe però grandemente errato ove si credesse che questa soluzione sia desiderata dail Conte Andrassy. Ripeto a questo proposito ciò che ho sempre detto; egli farà di tutto per evitarJa, poiché le conseguenze non potranno se non essere pericolosissime per la Monarchia comune; ma non potendosi opporre all'azione della Russia, e non potendo neppure lasciare a questa libero il campo, fatalmente dovrà compiere quel fatto, quantunque non se ne sia mai dissimulato i pericoli. Il linguaggio che intorno a questa possibile evenienza ebbero talvolta a tenermi, di loro iniziativa, l'Ambasciatore di Germania nonché il suo primo Segretario, mi confermò, non ho d'uopo di dirlo, nell'opinione che dalla Germania certamente non si farebbe opposizione di sorta, direi anzi di più, che la cosa, e si capisce, non sarebbe veduta affatto di mal occhio, lo spostamento del centro di gravità della Monarchia degli Absburgo non potendo se non favorire il compimento dei destini degli Hohenzollem.

(l) Sic nel registro dei telegrammi in arrivo; evidentemente una delle due ore è errata.

442

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

(Carte Corti)

L.P. Vienna, 26-27 settembre 1876.

Anzitutto devo ringraziarti pel rimborso fattomi delle spese incontrate per quelle certe carte che ti ho spedite. Ciò premesso ti segno ricevuta per la graditissima tua lettera del 18 corrente (1). Il Ministero mi informa con abbastanza celerità di tutto ciò che succede a Costantinopoli, e quindi sono in grado di constatare Quanto operosa ed efficace anche sii sta,ta in questi tempi la tua azione. Per conto mio e malgrado che Vienna sii dopo il Bosforo il punto dove il maggior numero di fili vanno ad annodarsi, sono costretto a rappresentar una parte quasi assolutamente passiva. Ma di ciò non conviene discorrere per la posta. Se riusciremo a rivederci l'anno venturo, ti conterò tutto ciò a lungo. Ad ogni modo anche guardando le cose soltanto come spettatore ti accerto che qui se ne vede delle curiose e conviene avere una fede ben robusta per credere alla pace. Ho

notizie indirettamente dagli Ignatiew, sono in Crimea in una villa di una zia di mia moglie e non pare pensino al ritorno sulle rive del Bosforo.

Non mi sembra più si abbia in mente di richiamare Zichy. Ho parlato di te ieri a lungo con Gropello che fu qui per alcuni giorni; riandammo assieme i tempi in cui ci conoscemmo a Londra. Egli è rimasto buonissimo amico tuo, ragione di più perché ci intendessimo perfettamente.

Un impiegato del Ministero giunto qui pochi giorni sono, dicevami che Tornielli non ne puoi più del suo posto e che fa il possibile per andarsene ad Atene, ma il Melegari non lo vuoi lasciar andare. Si dice oggi con insistenza che l'Imperatore Alessandro sta per lasciar Livadia anticipando così di un mese almeno il suo ritorno a Pietroburgo. Quell'improvvisa partenza dà molto a parlare. Chi anderà a mettere alla ragione i Serbi? Poiché mi pare quello abbia ad essere il problema più arduo da risolvere in questo momento, giacché è ·evidente che se Milano dfiuta il serto regale, Tchernaief se lo cingerà lui, e non sarà a colpi di note o di protocolli che si riuscirà a fargli rinunciare alla partita.

27 settembre.

Ho dovuto interrompere di scriverti ieri, e lo feci tanto più facilmente che la posta non parte che domani. Intanto abbiamo du nouveau qui, è giunto ieri sera un Inviato speciale dello Tzar il Generale Elston-Sumarokow, anche lui una specie di cugino mio; dai suoi discorsi ho capito che l'altro cugino che tu conosci è a la hausse in questo momento. Potrebbe darsi che il nostro Ministro ti abbia comunicato il telegramma che gli ho diretto oggi a proposito di questa missione che è oggetto di preoccupazione generale. Come capisci non mi ha detto per Quanto intimi possiamo essere, lo scopo preciso della sua missione, ma dall'assieme del suo linguaggio si poteva capire che siamo alla vigilia di eventi se la Turchia non si decide a troncarla li immediatamente ed a conchiuder la pace tambour battant ritirando le sue truppe e firmando il protocoJ.lo senza sollevar nuove difficoltà. Da un dispaccio di Elliot che ho letto oggi si rileverebbe però che la Turchia avrà pur delle difficoltà a sormontare, per far tutto ciò, poiché Elliot dice che la popolazione Musulmana a Costantinopoli è molto eccitata e che dei manifesti minacciosi pei Cristiani sono stati affissi alle Moschee. Se la Porta conoscesse il suo vero interesse dovrebbe dir si a tutto ciò chi gli si chiede, e far presto poiché un più lungo ritardo potrebbe essergli fatale. Ho telegrafato oggi in questo senso a Melegari (1). Se c'è qualche novità grossa ti prego di ·telegrafarmela accorciandomi cosi il tempo che la notizia mette a far il giro da Roma per arrivarmi. Dai telegrammi di questa sera parrebbe che la Serbia non ha aderito alla promulgazione della sospensione di armi: già a Belgrado non c'è più nessuno che comanda e quindi ammesso che i Turchi accettino tutto ciò che loro si chiede converrà pur sempre trovare il modo di far intender ragione a Tchernaief ed ai suoi, e ciò non sarà a mio avviso il compito più facile delle Potenze.

Il) Non pubblicato.

Il Generale Sumarokow ripartirà probabilmente domani per Livadia colla risposta dell'Imperatore a!lla lettera che gli ha portato. C'è anche Manteuffel che ronza a Gastein, ma per ora non accenna a venire.

(l) Non pubblicata.

443

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 32. Pietroburgo, 28 settembre 1876 (per. il 4 ottobre).

L'Ambasciatore d'Inghilterra ebbe jeri una conversazione col Signor Giers sul contegno attuale della Serbia. Lord Loftus, richiamò l'attenzione del Governo Imperiale sulla gravità delle risoluzioni prese dal Generale Tchernajeff e dalla Commissione dalla Skouptchina e sul rifiuto di accettare la sospensione d'armi accordata dalla Porta. Egli comunicò al Signor Giers i rapporti del Generale Kemball Commissario Inglese al quartiere generale Turco da1i Q.Uali risulterebbe che per parte dell'esercito ottomano non si verificò alcuna violazione della tregua. Il Signor Giers convenne della gravità della situazione ed assicurò l'Ambasciatore Britannico che il Governo Imperiale, disapprovava l'operato del Generale Tchernajeff. Tali dichiarazioni fece il Signor Giers agli altri rappresentanti Esteri. Lord Loftus nell'informarmi di ciò si mostrò meco assai preoccupato dalla situazione creata dal fatto della proclamazione dell'esercito Serbo e teme le conseguenze che possono derivare da questo incidente che potrà presentarsi come fatto compiuto in appoggio alle pretensioni del partito che in Russia spinge ad ottenere vantaggi in favore della Serbia. Non mi è possibile di far conoscere per ora a V.E. quale sia l'impressione di S.M. l'Imperatore e del Principe CanceUiere rispetto agli ultimi eventi della Serbia ma devo segnalare a V.E. che essi vengono ampiamente sfruttati dal partito slavo e da tutti quelli che non dividono le idee di moderazione che guidano il Governo Imperiale. Da persone bene informate mi risulta che il Generale Tchernajeff venne spinto dai Comitati Slavi di Mosca al gran passo della proclamazione del Principe Milano a Re di Serbia, essi tentano in questo modo l'affrancamento del Principato dall'alta Sovranità della Porta. Il Conte Keller, Ajutante di Campo del Generale Tchernajeff, ex uf:liiciale della Guardia Imperiale Russa, e congiunto a persone dell'intimità dell'Imperatore è attualmente giunto qui con missione del suo Capo di raccogliere armi e denaro; egli fu ricevuto dal Granduca Eveditario e raccolse da ogni parte incoraggiamenti e soccorsi per l'esercito serbo. Egli però non ebbe rapporti cogli alti funzionarii che si trovano nella Capitale.. Segnalo questi fatti all'attenzione dell'E.V. come sintomi delle tendenze che prevalgono or in Russia e che non possono a meno di influire sulle decisioni del Governo Imperiale il quale come già ebbi a segnalare nel mio precedente rapporto accenna a voler ora moderare i sentimenti dell'opinione pubblica che la

sciò per qualche tempo trascorrere in una via che potrebbe condurre a complicazioni che S.M. l'Imperatore ed il suo Governo vogliono evitare.

444

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 80. Parigi, 29 settembre 1876 (per. il 2 ottobre)

Ricevetti jeri n telegramma (l) col quale l'E.V. volle comunicarmi il testo d'un dispaccio telegrafico che Le fu riferito da codesto Ambasciatore di Russia. Secondo il medesimo S.M. lo Czar aveva inviato il suo ajutante di campo Conte di Soumarokoff a Vienna in previsione del caso che la Porta esitasse a cedere alla domanda delle Potenze. L'Imperatore di Russia proponeva all'Imperatore Francesco-Giuseppe un intervento militare dell'Austria in Bosnia e della Russia in Bulgaria, e l'entrata simultanea di tutte le squadre del Levante nel Bosforo. Aggiungeva il telegramma comunicatole dall'Ambasciatore di Russia che queste misure sembravano indispensabili al Governo dello Czar per impedire la guerra e salvare i cristiani dal massacro.

L'E.V. avendomi espresso il desiderio di conoscere r,impressione che fece sul Governo Francese la notizia di queste intenzioni del Governo Russo, io mi recai jeri dal Ministro degli Affari Esteri, ch'era ritornato appena nel mattino a Parigi dopo una assenza di sei giorni. Trovai S.E., cui lo stesso telegramma era stato comunicato poche ore prima dal Principe Orloff, molto preoccupata e molto inquieta. Il Duca Decazes mi disse che egli non aveva nascosto al Principe Orloff l'impressione penosa che Quella comunicazione gli av,eva fatta. Il Duca Decazes non dissimulò all'Ambasciatore di Russia l'inquietudine che gli inspirava il progetto d'un'occupazione russo-austriaca delle provincie turche insorte, facendogli osservare che sovente le occupazioni militari da temporarie si cambiano in permanenti e degenerano in vere prese di possesso. Di più il Duca Decazes notò che la situazione la quale, nell'eventualità prevista dal telegramma russo, sarebbe fatta ad altre Potenze ,e specialmente alla Francia, gli pareva troppo disforme da quella che assumerebbero le due Potenze chiamate all'occupazione delle provincie insorte. L'Inghilterra sola ha diffatti la sua flotta a Besika, mentreché le altre Potenze non hanno più nelle acque ottomane un naviglio di qualche importanza.

Dopo avermi informato di queste osservazioni da lui fatte al Principe Orloff il signor Ministro degli Affari Esteri mi disse ch'egli sperava ancora che tutto ciò non sarebbe che un artificio d'intimazione per indurre la Porta a pieghevole consiglio. Ma dal suo lato il Duca Decazes si valse della minaccia russa per fare nuove rimostranze a quest'Ambasciatore di Turchia. Nel parlargliene jeri S.E. l'infacciò a Sadiq-Pascià che l'imbarazzo, in cui l'irritazione del Governo Russo metteva le Potenz,e, ed i pericoli dell'ora presente, erano la conseguenza delle tergiversazioni del Governo Ottomano e della sua resistenza a prestare pronto ascolto ai ripetuti ed insistenti consigli delle Potenze amiche.

Vedendo il Duca Decazes disposto a considerare d.n fatto come meno grave il telegramma russo, credetti di dovergli far osservare che se il Generale Soumarokoff era arrivato il di innanzi a Vienna, egli doveva essere partito

da Livadia col messaggio imperiale almeno il 23 corrente, e dunque prima ancora che si fosse radunato in Costantinopoli il Consiglio che doveva esaminare le condizioni di pace e pronunciare sull'armistizio; che per ciò il passo fatto a Vienna mi sembrava aver davvero un carattere non di sola minaccia, ma di partito preso.

A tale proposito mi giova accennarle confidenzialmente che secondo le mie impressioni il giudizio e l'atteggiamento del Ministro degli Affari Esteri di Francia sembrerebbero essere costantemente influenzati dal sentimento di quella particolare condizione nella quale la Francia ora trovasi dirimpetto alla Europa e nella quale si trova il Governo Francese rimpetto al partito francamente repubblicano. Egli è impossibile diffatti che l'uomo, cui incombe la politica estera della Francia, non si senta ritenuto, ad ogni piè sospinto, da riflessi sulla non lontana passata predominanza della Francia nelle questioni politiche europee e sulla parte pallida e secondaria che oggi può rappresentarvi. E d'altro lato ritiene pure il Governo da ogni troppo ardita iniziativa il fermo proposito del partito repubblicano di non lasciar compromettere la pace, perocché troppo da nuove complicazioni esso temerebbe minacciate le sorti della giovane repubblica.

Non vo' tralasciare di notar ancora che secondo il testo del telegramma comunicato al Duca Decazes dal Principe Orloff, l'Austria sarebbe invitata ad occupare non solo la Bosnia, ma anche l'Erzegovina.

Il Duca Decazes mi disse pure che l'Agente di Rumania gli aveva comunicato nella giornata un telegramma del proprio Governo, secondo il quale si considerava a Buckarest come imminente l'entrata sul territorio rumeno di bande armate russe provenienti dalla Bessarabia.

(l) Non pubblicato.

445

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI MELEGARI

R. S. N. Vienna, 29 settembre 1876 (per. il 2 ottobre)

Il 26 corrente a sera giungeva in questa Capitale da Livadia l'Ajutante Generale Conte Elston Soumarokoff latore di una lettera dello Tsar per Sua Maestà Francesco Giuseppe. Il 27 al mattino io mi facevo premura d'informare telegraficamente l'E.V. (1). Tosto dopo essendo legato con quel Generale da vecchia stretta amicizia, mi recai a visitarlo ed il trovai che ritornava precisamente dall'udienza imperiale. Naturalmente egli non mi disse chiaro e tondo lo scopo della sua missione nei suoi particolari; ma ciò nondimeno la conversazione ch'io ,ebbi con lui mi diede la certezza ch'Egli era latore di proposte Russe, che contenevano un ultimatum per la Turchia, previo però l'accordo delle sei Potenze. Di questo colloquio e dei miei conseguenti apprezzamenti m'affr,ettai d'informare l'E.V. col mio telegramma del 27 sera (1), ch'io spero

Le sarà giunto in tempo onde farle riuscire meno improvvisa la comunicazione che Le veniva fatta jeri dall'Ambasciatore Russo, e che l'E.V. compiacevasi comunicarmi con Suo telegramma di jeri stesso ore 3 p.m. (1). Onde poi poi'Il11 in grado di rispondere all'interpellanza fattami dall'E.V. intorno alla accoglienza che la proposta dello Tzar avea trovata presso l'Imperatore Francesco Giuseppe mi recai stamane dal Barone Orczy 1ed abbordai seco lui la quistione sotto forma esplicita bensì, ma senza entrare in apprezzamenti. Alle prime parole S.E. mi arrestò dicendomi non poter proseguire il discorso su quello argomento, non essendo aurtorizzato a ciò fare; pregommi però di dirgli se ciò che mostravo di sapere era pervenuto a mia conoscenza da Roma, od in Vienna stessa. Non credendomi neppur io auto11izzato a rispondere su ciò, trovai modo con un giro di parole di eludere la quistione, e proseguii il mio discorso cercando di farmi tener dietro nei miei ragionamenti da[ Barone Orczy. Dall'insieme di quanto Egli ebbe a dirmi dovetti formarmi l'impressione che il Gabinetto di Vienna. pur cercando di attenuare in qualche modo 1e proposte Russe, nondimeno ad evitare di peggio molto probabilmente le accetterà. Avendo toccato la questione del pericolo che l'intervento delle Potenze sia causa di maggiori danni pei Cristiani d'Oriente tanto in Europa come 1in Asia, il Barone Orczy risposemi che ciò si sperava la Porta potrebbe e vorrebbe evitare, onde impedire che all'intervento succedesse lo smembramento. Di questa mia conversazione ho -informato l'E.V. col telegramma d'oggi nel pomeriggio. Questa sera, poi ebbi miglior occasione di addentrarmi nella quistione con un personaggio, che meglio di ogni altro era in grado di conoscere i particolari della missione affidata al Conte Soumarokoff. Seppi da lui che le proposte di cui comunicazione venne data alle Potenze nei termini indicatimi dall'E.V., non sono se non l'ultimatum che accompagnerebbe le nuove proposte che la Russia intende, dopo essersi messa d'accordo coll'Austria-Ungheria, sottoporre alle altre Potenze, e poscia pre·sentare alla Turchia, onde conseguire lo scopo, che tutti si propongono, la pace in Oriente.

Queste, a quanto mi fu detto, conserverebbero presso a poco lo statu quo territoriale dell'Impero turco. La Serbia sarebbe mantenuta nella sua attuale posizione, ma acquisterebbe il piccolo Swornik, che la Turchia dovrebbe cederle, e il Montenegro avrebbe il porto di Spitza nell'Adriatico.

Oltre a ciò la Bosnia, l'Erzegovina e la Bulgal'ia riceverebbero un'autonomia molto più larga di quella acc.ennata dalla proposta inglese, non tale però da mettede in posizione di semplici stati vassalli della Porta, l'Austria avendo dichiarato non potere a ciò acconsentire. Finalmente onde vigliare al conseguimento di queste riforme ed al continuo loro funzionamento verrebbe creata una Commissione Europea di sorveglianza. Inutile si è di aggiungere che tutto ciò poi dovrebbe essere preceduto dalla stipula:zJione di un formale armistizio generale. Dalla stessa persona seppi che i negoziati tuttora pendenti fra il Conte Soumarokoff ed il Conte Andrassy si riferiscono essenzialmente ai limiti che dovrebbero circoscrivere le autonomie di cui sopra. L'impressione generale poi ch'io ebbi a farmi da tutto ciò che potei da varie fonti raccogliere sin qui si è che la volontà della Russia è così ferma di por termine

al presente stadio della quistione orientale mediante una soluzione radicale che qualunque possa ,essere l'accoglienza che la Porta sarà per fare alle proposte che le V'erranno presentate, molto difficilmente sfuggirà alla sua sorte, di cui l'intervento minacciato coll'ultimatum comunicato alle potenze sarebbe il principio. Devo però dire che mi risulta la Russia nella memoria che va unita alla lettera diretta all'Imperatore, accentua che se tutte le Potenze sono d'accordo nell'accettarle e nel presentarle alla Porta la guerra sarà evita,ta, poiché ,la Turchia non vorrà resistere alla pressione comune delle Potenze. Incidentalmente poi mi fu riferito che il Conte Andrassy erasi mostrato dispiacente che contemporaneamente all'apertura fatta a Vi,enna si fosse data comunicazione di quel passo agli altri Gabinetti, cosa che Egli avea saputo oggi con certezza, il Duca Decazes avendone tenuto parola col Conte Wimpfen. Ma a questo riguardo venni a sapere che ciò erasi effettuato per espresso volere dello Tzar, che aveva così voluto dimostrare agli altri Governi la sua perfetta lealtà d'agire. Malgrado che io non abbia mancato questa sera ancora di riferire tutto ciò con telegrammi all'E. V., ho ciò nondimeno creduto conveniente porgerle ancora per iscritto questi maggiori schieramenti. Il Conte Soumarokoff fu già avvisato che sarà ricevuto in udienza da S.M. l'Imperatore posdomani, Domenica, e che in tal occasione gli sarà consegnata la risposta ch'Egli attende per far ritorno a Livadia.

(l) Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

446

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 158. Roma, 30 settembre 1876.

Brevemente accennai, così nel telegramma (l) come nel dispaccio del 28 (l) di questo mese, alla comunicazione che ci è stata fatta dal Governo di Russia rispetto alla missione del Generale Soumarokoff. Dovetti limitarmi, in sulle prime, a riprodurre testualmente i termini del telegramma che da Livadia era giunto, sopra questo proposito, al Barone di Uxkull.

Mi sono dipoi pervenute, intorno all'oggetto di quella missione, alla accoglienza probabile che sarà fatta dal Gabinetto di Vienna alla proposta di cui il Generale è latore, ed infine intorno alle disposizioni varie dei Gabinetti di fronte alla nuova situazione che per tal guisa verrebbe ad aprirsi, informazioni più minute, che qui mi giova riassumere per notizia di Lei.

Secondo un telegramma giuntomi la scorsa notte dal R. Ambasciatore in Vienna (1), il progetto recato dal Generale Soumarokoff si comporrebbe di due parti distinte.L'una che riflette le condizioni della pace e per essa il ripristinamento, in massima, dello • statu quo ante • dovrebbe avere per complemento la cessione del piccolo Zwornik alla Serbia e del porto di Spitza al Montenegro. L'altra parte del prog,etto si riferisce alla riforme e comprenderebbe, per le tre provincie di Bosnia, Erzegovina e Bulgaria, una autono

mia assai più larga di quella raffigurata nelle proposte britanniche, non tale però da creare per esse una posizione identica a quella di cui la Serbia è m possesso. Oltre di che la Russia proporrebbe la istituzione di una Commissione europea di sorveglianza che invigilerebbe sopra l'applicazione delle riforme. • L'ultimatum • che si contiene nel telegramma di Livadia da me comunicatole jeri l'altro, 28, si riferirebbe appunto alla eventualità in cui la Turchia tergiversasse nell'accogliere queste nuove proposte della Russia.

Il Governo Austro-Ungarico non aveva ancora risposto, e come ragione dell'indugio si adduceva l'assenza dell'Imperatore che jeri soltanto doveva esser reduce a Vienna. Ritiensi che la risposta ufficiale sarà data domani. Però già fin d'ora il Generale Robilant opina che i due Imperi siano, in tesi generale, d'accordo. La sola difficoltà consisterebbe nell'adesione dell'AustriaUngheria alla definizione che vorrebbe darsi all'autonomia delle tre provincie, e gli adoperamenti del Generale Soumarokoff convergono sopra questo punto. Che se, entrando l'Austria-Ungheria nell'ordine d'idee segnato dall' • Ultimatum • russo, questo dovesse poi tradursi ~n atto, la Monarchia è in grado (così avverte confidenzialmente il Generale Robilant) di disporre fin d'ora dei sessanta milioni spettanti alla cassa militare, e di gettare oltre il confine, senza punto sguernire gli altri punti dell'Impero, settanta mila uomini.

Quali sono, in presenza di così gravi ewntualità, gli intendimenti delle Potenze?

Dell'Inghilterra, sappiamo, per un telegramma giuntomi la notte scorsa dal Generale Menabrea, che Lord Derby, jeri ancora, era ben lungi dall'attribuire alla missione Soumarokoff l'mportanza che essa sembra avere. Sua Signoria si proccupa bensì degli effetti disastrosi che anche solo una minaccia di coercizione, da parte di taluna fra le Potenze, potrebbe avere, cosi per i Cristiani dell'Impero Ottomano, come per le condizioni generali del credito; ma, in conclusione, ricusa di pronunciarsi, sia rispetto alle conseguenze che da tale rifiuto della Sublime Porta, sia rispetto alle conseguenze che da tale rifiuto possono derivare, stimando prematura ogni risoluzione infino a che il caso si presenti.

In senso ancor più ottimista si è espresso col R. Ambasciatore il Segretario

di Stato Germanico. Il Signor di Biilow non poteva pronunciarsi formalmente circa la proposta russa, mancandogli tuttora le istruzioni dell'Imperatore e del Principe di Bismark; però, sua impressione personale era che la minaccia, anziché preludere ad un'azione successiva, mirasse a sollecitare la conclusione della pace.

Il solo Gabinetto di Versailles parrebbe dividere le nostre preoccupazioni. Il Duca Decazes, in una conversazione avuta jeri l'altro col R. Ambasciatore, mostravasi asai conturbato ed inquieto per la comunicazione russa, poco prima ricevuta. S. E. sperava bensì ancora che potesse essere un mezzo d'intimidazione sulla Sublime Porta, ed in questo senso si era servito della comunicazione stessa per dimostrare all'Ambasciatore Ottomano la gravità della situazione. Però, erano cagione di seria preoccupazione, pel Ministro degli Affari Esteri, il pensiero che le occupazioni militari facilmente si mutano in una presa definitiva di possesso, ed il dubbio che veramente le altre potenze possano e vogliano prender parte all'intervento mediante l'azione delle rispettive flotte.

In tale stato di cose, è veramente singolare l'acciecamento degli uomm1 che reggono ora le sorti di codesto Impero. Alla vigilia di una intervenzione, che sarebbe irresistibile, e le conseguenze della quale potrebbero anche concretarsi nello sbandire affatto dall'Europa il dominio del Sultano, come mai può la Sublime Porta pascersi di progetti così vaghi ed illusorii quali sono quelli che, secondo le informazioni da Lei trasmessemi col telegramma di jeri, sarebbero i punti sostanzia~i della risposta probabile della Sublime Porta? Come mai, sotto la pressione di pericolo imminente, possono ancora codesti Ministri disputare di formule più o meno larghe, e risuscitare promesse che hanno perduto ogni valore ag1i occhi dell'Europa intiera? La creazione di un'Assemblea elettiva l'organizzazione di Consigli Provinciali perché esercitino un conLrollo sulle autorità locali, il riordinamento delle aziende municipali e della polizia, le esecuzione delle riforme promesse colla Nota del 13 febbrajo, sono concetti commendevoli in astratto; ma nella pratica, sopratutto quando si vogliono applicare a tutto l'Impero, secondoché sarebbe intendimento della Porta, non troveranno in Europa chi voglia prestar fede ad essi.

Qui infatti consiste l'errore capitale in cui la Sublime Porta si mantiene, e dal quale non mi sembra neppur che vadano interamente immuni taluni fra codesti rappresentanti stranieri, dei quali la S. V. Illustrissima mi riferiva H pensiero col Rapporto del 20 settemb11e n. 375 (1). Forse la deficienza di istruzioni precise e concordi ha impedito che si avesse costì, nel Corpo diplomatico estero un'idea abbastanza esatta di quello che l'opinione generale in Europa ritiene come il • mtnimum • dei mutamenti da introdursi nelle condizioni delle provincie ove il malessere ebbe nella rivolta anche troppo eloquente manifestazione. Ed invero, ciò che l'Europa vuole, non è punto che la Turchia subisca la sua intromissione nell'ordinamento interiore di tutto l'Impero. Nell'interesse della quiete di contrade, dalle quali l'agitazione troppo facilmente si propaga agli Stati finitimi, noi chi,ediamo ciò che l'esperienza ha oramai dimostrato necessario, e ciò che ha oramai il suffragio unanime di tutti i Gabinetti: che, cioè, alle provincie ottomane si accordi, a misura che il bisogno se ne faccia sentire, un ordinamento speciale che porga soddisfacimento alle esigenze locali.

Né per seguirei sopra questa via, la sola che possa salvare la Turchia da inevitabile catastrofe, è mestieri che i Ministri del Sultano si discostino dalle tradizioni, né dallo spirito delle istituzioni fondamentali dell'Impero. Tra queste istituzioni fu anzi in ogni tempo sacra quella che sanciva il rispetto della legislazione e delle costituzioni peculiari delle popolazioni non musulmane. Così da tempo immemorabile le Chiese orientali ebbero competenza sopra affari che altrove spetterebbero alla giurisdizione dei Tribunali ordinarii, e forse in questo ordinamento speciale delle Comunità religiose in Levante si racchiude un germe prezioso per le riforme cui la Porta dovrebbe accingersi. E che per questa via si dovesse cercare la salvezza dell'Impero, ben compresero quei Ministri del Sultano, dei quali ancora si ricorda così con giusta

venerazione il nome. Dopo aver contribuito, durante le vicende memorabili del 1854-56, a rassodare l'Impero, essi non s'opposero, conscii com'erano della

efficacia del rimedio, a che il Libano avesse, col concorso diretto delle Potenze, una costituzione speciale; e per tal modo si consegui l'insperato beneficio deLla coesistenza pacifica di popolazioni di razze diverse ed avvezze a lotte secolari, senza che i Governatori, nel corso di ben tre lustri, abbiano mai dovuto ricorrere ad altri mezz•i, all'infuori di quelli che il Regolamento organico mette a loro disposizione. Altro esperimento si è pur fatto, in questa grave materia, in Egitto, ove, per la codificazione delle leggi, si vinsero difficoltà reputate da principio insormontabili. La Sublime Porta, impegnandosi per la via che le additiamo, non farebbe adunque che seguire le sane .tradizioni della sua stessa diplomazia, ed obbedire ai salutari insegnamenti dell'esperienza.

Ebbi, jeri l'altro, opportunità di svolgere questi miei concetti in una conversazione con Essad Bey, essendomi sembrato necessario, e quasi doveroso, di tenergli un linguaggio fermo e atto a dissipare ogni funesta illusione. Il Ministro Ottomano promise di riferirne al suo Governo. Alla Sublime Porta deb· bono essere, del resto, pervenute notizie tali da farle comprendere la imminenza del pericolo che le sovrasta. L'Ambasciatore Turco a Vienna, secondoché mi telegrafa il Conte di Robilant, conosce il passo che la Russia sta per fare. Noi confidiamo ancora che d. Ministri del Sultano sappiano ritrarsi da un pendio che condurrebbe alle più dolorose complicazioni. Benché già la S. V. Illustrissima ne avesse ripetuta istruzione, volli ancora, telegrafandole la scorsa notte, riconfermar1e l'ordine di associarsi a qualsivoglia officio che, in questo intento, fosse fatto da taluno fra i suoi colleghi.

(l) Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

447

L'INCARICATO D'AFFARI A BERNA, MARTUSCELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 296. Berna, 30 settembre 1876 (per. il 3 ottobre).

lspirandomi alle istruzioni datemi con l'ossequiato Dispaccio di questa serie n. 172 de' 13 corrente mese (l) non ho mancato di esortare i Consolati dipendenti da questa Legazione di non perdere di mira la propaganda internazionalista che dalla Svizzera cerca di esercitare la sua influenza sulle popolazioni del Regno, e non ho mancato altresì di richiamare l'attenzione del Presidente della Confederazione su tali mene.

Quest'alto Magistrato mi ripete ciò che altra volta ebbe a dirmi che cioè eglino qui non si preoccupavano delle agitazioni dei socialisti, perché esse non trovavano campo favorevole tra queste pacifiche e laboriose popolazioni mentre invece in Germania la questione sociale veramente si presenta minacciosa come può di leggieri scorgersi dalle misure di rigore che l'organo officioso la Corrispondenza Provinciale consiglia il Gov·erno a prendere. Vi sono degli agitatori, è vero che sono in relazione con quelli del di fuori e che cercano trarre con loro gli operai Svizzeri, ma se trovano un accoglimento simile a quello che trovarono qui non ha guari, nulla evvi da temere. • Anzi sog

giunse il Signor Welti siamo contenti che essi abbiano scelto Berna pel prossimo loro convegno il 26 ottobre prossimo: li attendiamo all'opra •.

Io però nel mentre avrò cura, perché le riunioni saranno pubbliche a quanto sembra, di sapere a suo .tempo ciò che vi si discuterà, chiederei ricevere al riguardo speciali istruzioni, se ne sia il caso, tenuto conto che il Consolato a Ginevra sembra potere in modo particolare essere al corrente dei fatti e gesta degli agitatori esteri e nazionali che trovansi in Svizzera, di che non manca di dare minuto ragguaglio a codesto Ministero.

Mi riserbo prossimamente di inviare all'E. V. informazioni su di una riunione di operai che ebbe luogo qui non ha guarì, e sull'attuale posizione dell'Internazionale in Svizzera, che potranno, per avventura riuscire d'interesse.

(l) Non pubblicato.

448

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 1692. Berlino, 30 settembre 1876 (per. il 6 ottobre).

Je suis retourné aujourd'huy chez le Secrétaire d'Etat. Il avait eu dans la matinée la visite d'Edhem Pacha qui, sans produire ni télégramme, ni autre document à l'appui, annonçait l'acceptation de son Gouvernement des propositions élaborées par l'Angleterre et appuyées par les autres Puissances garantes. Ce diplomate se réservait de faire une communication ultérieure. Cependant, d'après un télégramme transmis le 29 par le Baron de Werther, et arrivé ici la nuit dernière, il se manifestait encore une certaine indécision dans le Conseil des Ministres du Sultan. La réponse à la démarche faite par les représentants des six Puissances ne serait donnée que le premier Octobre. Il s'agit de la création d'un Conseil National qui aurait pour mission de préparer un ensemble d'institutions conformes aux bases indiquées dans le programme anglais, ou de la publication d'un Iradé étendant ces réformes à toutes les Provinces de l'Empire. Par cet échappatoire, la Sublime Porte voudrait garder quelque initiative, se soustraire à la pression de la diplomatie, gagner du temps •et retomber très probablement dans l'ancienne ornière. Un tel calcul ne saurait convenir à l'Europe, qui ne voudra pas se dessaisir du problème dont elle a entr.epris la solution. Le Cabinet de Londres nommément tiendra à ce que la Turquie s'engage tout d'abord par un Traité forme! aux concessions réclamées par les Etats médiateurs.

J'ai demandé au Secrétaire d'Etat s'il avait quelq_ue indication de BadenBaden ou de Verzin sur l'impression produite par la nouvelle de la mission du Général Comte Soumarokow. S. E. m'a répondu, comme à mon collègue de Russie, que de ce còté aussi bien que de Vienne, il n'avait rien appris. Si dans la journée de demain il recevait quelque renseignement, n ne manquerait pas de m'avertir. Il abandonnait en meme temps à ma perspicacité, de discerner si la crise était sortie de son caractère aigre.

J'ai fait observer que la situation ne perdait rien de sa gravité, tant que l'Europe restait sous le coup des complications qui pourraient surgir de l'exécution des mesures proposées par l'Empereur Alexandre. Je me suis référé au langage que j'avais tenu la veille sur ce point (rapport n. 1691) (1). Il ne s'expliquait pas très clairement l'importance que nous attachions à la question de Bosnie. Je me suis appliqué à lui fail'e comprendre en quoi elle se reliait à la position que nous avions à cCEur de sauvegarder sur l'Adriatique. J'ai ajouté que, en soutenant ce point de vue, nous croyions en meme temps servir les intérets généraux, mieux assurés par l'intégrité que par un démembrement de la Turquie, démembrement auquel on s'acheminerait à grands pas, par une intervention ou par une occupation dans la Péninsule des Balkans.

M. de Biilow m'a dit alors que le Cabinet Austro-Hongrois avait une sainte horreur d'un agrandissement de territoire quelconque dans ces contrées. Le Comte Andrassy s'était très nettement expliqué sur ce sujet, au mois de Mai dernier. Il citait, ,entre autres, ce mot bien connu d'un personnage célèbre au Congrès de Vienne, qui, surprenant sa femme en criminal conversation, apostrophait ainsi l'amant déconcerté: • Comment? ... et quand vous n'y etes pas obligé...! •

Les doutes exprimés par le Secrétaire d'Etat sur l'importance pour nous de la question de Bosnie, m'avaient donné à réfiéchir. p,eut-etre n'étaitce qu'une discussion purement académique; peut-etre était-ce un indice que le Cabinet de Berlin, lui-aussi, sera,it disposé à laisser en dernière analyse carte bianche à l'Autriche dans cette direction. C'est pourquoi il m'a paru opportun, tout en combattant ces doutes, de bien établir nouvellement que, si les convenanoes particulières devaient prévaloir sur ce qui a été regardé jusqu'ici comme la base commune du concert européen, nous aurions également des vues à émettre, des réserves à formuler, des aspirations à satisfaire, aussi bien que toute autre Puissance. Loin de nous la pensée de compromettre en rien l'CEuvre des amis sincères de la paix, auxquels nous ne cessions de nous associer, mais nous avions en meme temps le droit et le devoir de nous prémunir contre tout ce qui pourrait nous pol'ter préjudioe. Il me paraissait que l'Allemagne et l'Italie avaient la meme cause à défendre. L'une et l'autre ont besoin de la conservation de la paix, pour compléter leur organisation intérieure. Elles y travaillent chacune dans la mesure de leur influence. Pour ce qui nous concerne, nous saluons avec joie chaque succès que le Prince de Bismarck obtient dans cette voie, -qui est la nòtre, -et nous sommes convaincus que, aujourd'hui encore, il s'emploie à écarter la crise actuelle. J'avais donc la ferme conviction, que nos deux Pays continueraient à marcher d'accord, quelles que fussent les phases difficiles qu'ils dussent encore traverser.

M. de Biilow m'a dit à son tour, que devions nous souvenir des idées échangées lors de la visite de Notre Auguste Souverain à la Cour de Prusse, et qui ont reçu une nouvelle consécrations à Milan, l'année del'nière. Le Prince de Bismarck compte parmi les plus beaux succès de sa politique, d'avoir réussi, après la guerre de 1866 et de 1870, a établir une entente entre les trois Cours du Nord, entente qui s'appliquait essentiellement aux affaires orientales. Il avait fallu à cet effet induire les Cabinets de Vienne et de S. Péters

39 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

bourg à passer l'éponge sur leurs suspicions mutuelles, les gagner à un programme ayant pour but de mettre au dessus de tout les intérets généraux de l'Europe aspirant au repos et à la tranquillité. En meme temps, il avait été nécessaire, dans un autre ordre d'idées, d'inspirer confiance à la Russie, régie par des institutions différentes de celles des Puissances limitrophes. C'est à quoi le Chancelier a voué ses efforts, non sans de bons résultats. Le Cabinet de Berlin a vu avec une très vive satisfaction l'Italie se rapprocher de l'alliance des trois Empires, et il compte toujours sur sa coopération dans une reuvre, qui répond si bien à l'ensemble des conditions dans lesquelles se trouve 1l'Europe. Cette alliance n'a au reste rien d'exclusif, preuve en est que, lorsque les évènements qui se déroulent en Turquie ont démontré l'utilité du concours des autres Grandes Puissances, les Cours du Nord, et le Cabinet de Berlin en particulier, ont été heureux que l'reuvre devìnt commune.

Tel a été en substance le langage du Secrétaire d'Etat. Je sais d'autre part, et de bonne source, que le Prince de Bismarck, vis-à-vis d'une personne de son intimité, se prononçait d'une manière très catégorique sur la nécessité, pour l'Allemagne, de sauvegarder la paix e n Europe. Si elle était sérieusement menacée par la Russie, à la suite d'un grave dissentiment avec l'AutricheHongrie, il dirait résolument à St. Pétersbourg que le Cabinet de Berlin a derrière lui l'Autriche pour empecher qu'on ne fìt appel à l'ultima ratio. Il agirait de meme, si le Cabinet de Vienne voulait prendre une attitude belliqueuse vis-à-vis de la Russie. Le Chancelier ajoutait que tel serait son programme, tant qu'il resterait au pouvoir. Cette dernière réserve s'appliquait à certaines difficultés de politique intérieure, qui pourraient l'obliger à se démettre, ne fùt ce que temporairement, de ses fonctions, si les é1ections prochaines au Landtag et au Reichstag n'amenaient pas une majorité gouvernable selon ses idées. Dans la ligne de conduite que s'est tracée le Prince de Bismarck, le cas doit aussi etre prévu, où la force des choses l'obligerait cependant à prendre parti pour l'un ou l'autre de ses deux alliés. C'est là le manet alta mente repositum. Dans cette éveniualité, je persiste à croire, comme le Maréchal de Moltke, qu'on pencherait ici vers la Russie. En attendant, l'alliance des trois Cours du Nord est bien le point sur lequel pivote la politique allemande; avec l'arrière pensée de neutraliser au besoin l'Autriche et la Russie, l'une par l'autre, aussi longtemps que ce jeu de bascule, qui exige beaucoup d'habilité, sera de mise. Je me réfère à l'annexe de la dépeche de V. E. n. 417 (1).

Pour en revenir à mon entretien avec M. de Bi.ilow, je ne l'ai pas quitié sans lui dire, que ce qui s'était passé aux entrevues de Berlin et de Milan était présent à ma mémoire, et que la base essenUelle de notre politique extérieure reposait sur la communauté de nos intérets réciproques. Quelles que fussent donc les fluctuations de la politique européenne, quels que fussent les nouveaux groupes d'alliances que le temps pourrait amener, nos convenances mutuelles, j'en avais la conviction, ne sauraient etre mieux garanties, que par des relations étroites, et confiantes e n tre l'Italie et l'Allemagne. J'allais meme plus loin, ces relations sans exclure personne, devraient avoir le caractère d'une préférence marqué l'un pour l'autre.

Le Secrétaire d'Etat, sans étre autrement explicite, a répondu par des assurances générales sur le grand prix qu'on attache toujours à Berlin, à ce que nos deux Pays continuent à marcher en parfait accord en toute occurrence.

En confirmant le contenu de mon télégramrne d'aujourd'huy, et en accusant réception de la dépéche Politique n. 420, du 27 courant (1) ...

(l) Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

449

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 547. Vienna, 2 ottobre 1876 (per. il 5).

Un mio collega ragionando ieri l'altro dell'attuale crisi Orientale con un membro del Governo Imperiale che ha larga mano tanto negli affari Esteri della Monarchia quanto in quelli Interni, interrogavalo sull'attitudine a fronte di essa delle va!'ie Grandi Potenze. Il suo interlocutore dopo di avergli detto a grandi tratti il suo pensiero intorno agl'intendimenti della Russia, Germania, Francia ed Inghilterra, finiva così: • Quant au Gouvernement Italien il parle beaucoup de la question d'Orient, mais nous avons lieu de croire que dans ces derniers temps, il s'est bien plus encore occupé de faire de la propagande chez nous •.

Queste parole dette a quel mio collega che amichevolmente me le ripeteva, non sono senza importanza: poiché chi le pronunciava, non aveva ragione di sorta di pensare, che sarebbero venute a mia conoscenza.

Quel poco amichevole apprezzamento sull'attitudine fin qui mantenuta dal Governo Italiano a fronte del Governo Austro-Ungarico, da persona che più d'ogni altra è in grado di conoscere il preciso modo di vedere del Gabinetto di Vienna, è fatto per g,ettare non poca luce sulla base su cui poggia la niente affatto celata diffidenza e freddezza che il Governo Imperiale ci dimostra da qualche tempo. Ho promesso di non citar nomi, l'E. V. vorrà quindi permettermi di tacerli; l'assoluta attendibilità d'altronde di chi mi raccontava la cosa, fa sì che non vi ha in me dubbio di sorta sulla sua autenticità. Molte altre circostanze poi concorrono ad assicurarmi essere realmente questo il punto nero che il Conte Andrassy ha dinanzi agli occhi, quando il suo sguardo si volge verso l'Italia.

Ossequiante alle istruzioni impartitemi dall'E. V., mi astengo e mi asterrò dal provocare al riguàrdo qualsiasi scambio di spiegazioni; persuaso d'altronde anch'io che al giorno d'oggi, salvo che circostanze di ben maggior peso vengano a distrarre l'attenzione del Gabinetto di Vienna da quel suo malsano sospetto, e sempre speciale febbrile preoccupazione, uno scambio di spiegazioni per quanto franco e leale fosse da ambo le parti, non pot!'ebbe condurre se non ad uno scambio di recriminazioni poco atte a migliorare lo stato delle cose, tanto più ch'io ho poi il convincimento ch'esso sia anche fomentato da un terzo Gabinetto che trova il suo int,eresse a ciò fare.

(l) Non pubblicato.

450

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 533. Roma, 4 ottobre 1876, ore... (1).

* Le baron d'Uxkull vient de me communiquer un télégramme qu'il a reçu en clair de Livadia et dont la teneur sutt:

• Une suspension d'hostilités régulière et d'une durée suffisante n'ayant pas été établie et les négociations de paix rencontrant des difficultés inattendues à Constantinop1e, la lutte a été renouvelée daris la vallée de la Morava. Le Gouvernement impérial ne saurait voir d'un oeil indifférent le sang couler dans la presqu'ile des Balkans. L'Empereur propose aux Cours garantes de arreter cette effusion de sang en imposant immédiatement aux deux partis un armistice ou une trève de six semaines pour donner aux Cabinets le temps d'aviser au règlément définitif des questions pendantes • * (2).

Dans cet état de choses le choix de l'attitude à prendre peut avoir les plus graves conséquences. La communication russe, par sa substance et par la forme méme adoptée pour la transmettre, ne laisse aucun doute sur la ferme résolution du Gouvernement du Czar d'agir isolément, ou de concert avec l'Autriche seulement, dans J.e cas où les autres puissances refuseraient leur concours à l'action tendant à imposer l'armistice aux deux parties belligérantes. Ne voulant pas nous isoler, nous désirons nous concerter avec les Gouvernements amis sur la réponse à donner à la Russie. Je désire donc que V. E. me fasse connaitre le plus tòt possible l'accueil que la proposition de la Russie a reçu du Cabinet auprès duquel elle est accréditée.

(Per Vienna). Sopprimere il periodo dalle parole: La communication russe fino a quelle: aux deux parties belligérantes.

451

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1694. Berlino, 4 ottobre 1876 (per. l' 8).

Lord Odo Russell a bien voulu me donner lecture d'un télégramme qu'il avait aujourd'hui communiqué à M. de Biilow. D'après ce télégramme, Lord Derby venait de charger Sir Henry Elliot de déclarer que l'Angleterre regretterait profondément que la Sublime Porte persistàt dans ses vues de substituer au programme de médiation qui lui avait été présenté, des com

binaisons inadmissibles. La Turquie, par une semblable attitude, s'exposerait à des mesures de coercitio n.

Le Secrétaire d'Etat, en l'e remerciant de cette communication, n'a rien ajouté qui permit de démeler les intentions du Cabinet de Berlin. Il attend lui-meme, avant de se prononcer, de connaitre ce que feront les autres Puissances en présence des dispositions, de moins en moins favorables, qui se manifestent à Constantinople.

L'Ambassadeur Britannique avait appris, -je suppose par M. de Biilow -, que la Russie avait déjà pris les devants. Elle proposait aux Puissances garantes d'arreter l'effusion du sa:ng, en imposant aux belligérants un armistice. Aucun moyen n'étant indiqué à cet effet, le Cabinet de Saint Pétersbourg semblait donc réserver à un examen en commun la voie à suivre. C'est là un indice que la mission du général Soumarokow n'a pas entièrement répondu aux désirs exprimés par l'Empereur Alexandre. Pour gagner du temps, l'Empereur François-Joseph, se rendant aux conseils du Comte Andrassy, aura invoqué la question préalable d'une entente avec les autres Cabinets.

Je me réfère au télégramme que j'ai expédié dans l'après midi (1). Je viens de recevoir celui de V. E. du 4 octobre (2), mais à une heure où il ne m'était plus possible de rencontrer le Secrétaire d'Etat. C'est donc demain, que je tàcherai de connaitre l'accueil qui aura été fait par ce Gouvernement à la proposition de la Russie, dont vous voulez bien me transmettre le texte. Mais, vu l'absence de il'Empereur et du Prince de Bismarck, dont M. de Biilow devra solliciter les instructions, je doute fort qu'il me soit possible, M. le Ministre, de vous transmettre sans retard une réponse tant soit peu positive.

(l) -Il telegramma fu spedito alle varie rappresentanze fra le ore 14 e le ore 18. (2) -Il brano tra asterischi è edito in italiano in LV 22, p. 371.
452

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 177/61. Londra, 4 ottobre 1876 (per. l' 8).

Ho l'onore di rassegnare alla E. V. il qui unito Rapporto Cifrato in risposta al dispaccio egualmente cifrato di V. E. che era annesso al dispaccio (Politico) del 20 Settembre p.p. N. 69 (1).

ALLEGATO.

ANNESSO CIFRATO.

Londra, 4 ottobre 1876.

Sans indiquer la source de mes informations, j'ai cru devoir sonder l'opinion de Lo!'d Derby sur le parti pris par le Vatican de procéder à Malte à l'élection du Pape, qui devra succéder à Pie IX. Je lui a:i parlé des visites répétées du Cardinal Franchi en Irlande, du mouvement qu'il imprimait au Clergé catholique et lui ai exprimé l'idée que l'agitation que l'on tàche de susciter en ce moment

en Irlande, n'est pas étrangère aux intentions du Vatican. Il est un moyen d'action puissant dans le cas où l'administration, comme dans les Colonies, y était séparée de celle de l'Angleterre. Lord Derby ignorait entdèrement ces projets et me dit ne savoir comrnent on pourrait empecher les Cardinaux de se réunir dans un couvent à Malte et y procéder à l'élection du nouveau Pape, vu que l'Angleterre ayant adopté la maxime de Cavour • Libre Eglise dans Libre Etat •, ce Gouvernement n'avait pas les moyens de s'opposer à un acte semblable, tant qu'il ne troublerait pas l'ordre public. D'ailleurs Lord Derby ne semblait pas attribuer une grande importance à la chose, soit parce qu'il n'a pas une idée exaote des lois canoniques de l'Eglise catholique, soit parcequ'il est un peu indifférent à une question religieuse de cette nature. D'après cela je vois que si l'on veut que le Governement Anglais s'occupe de cette affaire, il faut auparavant appeler sur elle l'attention publique par les moyens de la presse. Le récent discours du Cardinal Manning en faveur du pouvoir temporel est un symptome de la nouvelle campagne ouverte par le Vatican en faveur de cette aspiration.

Les journaux catholiques de l'Angleterre reviennent continuellernent sur cet argument. Le parti ultramontain s'agite sans songer que la liberté que le Gouvernement Anglais, essentiellement protestant, accorde à l'Eglise Catholique est le plus fort argurnent que l'on puisse invoquer contre le pouvoir temporel.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 450.
453

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1695. Berlino, 5 ottobre 1876 (per. il 10).

Ainsi que je viens de le télégraphier, l'Ambassadeur de Russie a fait ici hier la meme communication à laquelle se réfère le télégramme de V. E. du 4 courant (1). Le Secrétaire d'Etat se réservait de prendre les ordres de Son Auguste Souverain. Aujourd'huy M. d'Oubril est retourné au Ministère des Affaires Etrangères, pour vérifier s'il y avait une réponse. Il lui a été dit Q.ue l'Empereur avait reçu avec un vif intéret la dernière proposition russe, qu'Il désirait se rendre agréable au Tsar, et que, en ce moment, des télégrammes étaient échangés entre Baden-Baden et Varzin sur les instructions à donner au Secrétaire d'Etat.

J'ai vu à mon tour ce haut fonctionnaire. Je lui ai parlé dans le sens du télégramme précité de V. E., en exprimant le désir de connaitre quel accueil avait été fait à la démarche récente de la Russie. Il m'a dit que l'Empereur Guillaume tenait avant tout à ce que l'Allemagne restat unie aux autres Puissances, et marchàt d'un pas égal avec elles pour prévenir des complications ultérieures. L'Europe ne pouvant rester sous le coup des fins de non recevoir opposées par la Turquie, et une suspension régulière des hostilités étant de toute nécessité pour donner aux Cabinets le temps de régler les questions pendantes, il était en effet urgent d'aviser au meilleur moyen d'obtenir un armistice ou une treve. Sur ce dernier point, le Cabinet de Berlin n'avait point encore d'idée bien arretée. Il attachait un grand prix à une entente des

six Puissances, entre lesquelles on procéderait actuellement à un échange d'idées. Une sommation à remettre à la Porte impliquerait, en cas de refus de sa part, des conséquences qu'il convient de murement peser. On n'avait ici aucun indice que la Russie eut déjà indiqué, comme moyen de pression, une rupture des relations diplomatiques si l'ultimatum collectif n'obtenait pas le résultat auquel on viserait. Mais, comme V. E. en fait justement la remarque, la dernière communication du Prince Gortchacow, par sa teneur et par la forme meme adoptée pour la transmettre, laisse clairement entrevoir que, dans sa pensée, il s'agit de mesures les plus sérieuses. En attendant, Mr. de Blilow croyait néanmoins que la situation, sous de certains aspects, n'-était plus aussi tendue, depuis Que le résultat de la mission du Général Soumarokow avait cessé d'etre un mystère, (2° télégramme de V. E. du 4 Octobre (1). Le Conte Andrassy avait décliné la double intervention miHtaire en Bosnie et en Bulgarie, et avait assez nettement fait comprendre que le Cabinet Austro-Hongrois se retranchait derrière une entente de toutes les Puissances. L'Empereur Alexandre, animé d'intentions éminemment pacifiques, se rendra compte que ses efforts pour améliorer le sort de ses coreHgionnaires, auront plus de chances de succès avec le concours des autres Puissances Chrétiennes, que s'il voulait procéder isolément. M. de Blilow ajoutait qu'il ne voulait procéder isolément.

M. de Blilow ajoutait qu'il ne voulait pas discuter si la Russie n'aurait pas quelque droit, dans les circonstances présentes, d'intervenir à elle-seule, meme les armes à la main. Mais, dans son propre intéret, il y aurait lieu de bien examiner préalablement, si ce serait là la meilleure voie à suivre pour parvenir au but, et pour sauvegarder la paix générale. De l'ensemble de ces considérations, M. de Blilow tirai,t l'induction, que la situation, quelque grave qu'elle fiìt encore, ne semblait pas avoir empiré.

J'ai de mon còté l'impression, sans que le Secrétail'e me l'ait dit, que le Cabinet de Berlin incline dès à présent à adhérer en principe à un ultimatum collectif, en réservant un accord préalable des Puissances garantes, dans le cas où, la sommation demeurant sans effet, il s'agirait de faire un pas de plus, pour imposer la volonté de l'Europe et pour exécuter son programme. J'ignore si le Princc de Bismark a conseillé à l'Autriche de ne pas entrer dans la voie où on voulait la pousser, et où d'ailleurs elle ne se souciait nullement d'entrer, sans un • lascia-passare • de l'Europe. Mais l'attitude prise par le Conte Andrassy doit satisfaire ici, puisqu'elle ajourne, au moins au point de vue occidental, les complications qui n'auraient pas manqué de surgir si l'Empereur François-Joseph avait mordu à l'hameçon. Quoiqu'il en soit, l'Allemagne et l'Autriche doivent dissimuler leur contentement que le coup ait été paré, mais elles n'eu seront que mieux disposées -pour dorer un peu la pilule au Cabinet de St. Pétersbourg -à appuyer la proposition survenue depuis lors, d'une sommation, tout en la subordonnant, dans chacun de ses détails, à l'assentiment des autres Puissances.

Il me parait que c'est là aussi le terrain, sur lequel il nous convient de nous piacer. Il faut marcher de front et serrer les rangs autant que possible, pour éviter que l'un ou l'autre des membres de l'aréopage ne prenne le mors

aux dents. Cette unanimité finira par détruire les illusions de la Turquie, et par la rendre moins revèche à des réformes salutaires et progressives, qui sauvegarderaient, au moins pour quelques années, son intégrité territoriale. Peut-ètre que la menace faite en commun de mesures coercitives suffira pour dompter la résistance. Les impatients voudraient au contraire une solution radicale, et ce parti est largement représenté en Russie, où il se produit des anomalies singulières. Ce serait de l'aveuglement, que d'·encourager un semblable parti à se lancer dans des voies aventureuses, au risque de mettre l'Europe à feu et à sang. D'ailleurs, si le Cabinet de St. Pétersbourg presse trop la détente, il ne tardera pas à s'opérer en Angleterre un mouvement de recul vers les anciennes traditions britanniques.

Je n'ai pas besoin de recommander à V. E., dont la discrétion est connue, d'envisager comme tout à fait confidentielle mes dépèches et télégrammes, quand il s'agit de mes entretiens a\"er M. de Btilow, entre autres quand je rapporte son opinion particulière. Les instructions qui lui sont tracées par le Prtnce de Bismarck, lui préscrivent une grande réserve vis-à-vis du Corps Diplomatique, et, s'il supposait un seui instant que ce qu'il me co111fie peut ètr·e répété, je ne parviendrais plus à le faire sortir de son extrème rése·rve.

ANNESSO CIFRATO. ALLEGATO.

Je appelle votre attention sur le dernier passage de ma dépèche en voici la explication dans mon entretien d'aujourd'hui avec Biilow il émettait une opinion particulière sur la adoption •en principe de la sommation lui ayant ddt que je ne manquerai pas d'en parler à Rome il m'a prié de n'en parler que comme d'une impression à moi personnelle il m'a laissé comprendre en me demandant le secret d'avoir constaté parfois que ce qui me était confié était aussit6t trasmis de Rome à des autres capitales il •avait constaté le fait entre autre par Ia voie de Constantinople. Je ne appelle pas moins dans l'intéràt du servi-ce votre attention sur ce fJOint l'inconvénient signalé s'est peut-ètre produit par un manque de discernerDent dans l'une ou l'autre de nos missions sur le usage si prudent qu'il convient de faire cles dépeches et des télégrammes que le Ministère nous •transmet pour notre propre information. Je ne puis admettre des indiscrétions au centre de notre gouvernement car je sais que notre ministère est dans les bonnes traditions soit dit en outre que ceo ne est que dans des cas tout-à-fait exceptionnels que BUlow me communique nouvelles puisées dans correspondance de la Ambassade allemande à Rome mais jamais il ne me donne lecture totale ou partielle des dépeches reçues ou expédiées.

(l) Cfr. n. 450.

(l) Non pubblicato.

454

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 398. Terapia, 5 ottobre 1876 (per. il 13)

Ieri comparve il telegramma (l) che l'E. V. mi fac:eva l'onore di rivolgerml

la sera innanzi affine d'ordinarmi facessi al Gran Vizir od a Safvet Pacha la

comunicazione per esso esposta, e preparassi il terreno per mezzo del Signor

Carathéodori.

Una mia visita alla Sublime Porta sarebbe stata immediatamente pubblicata ai quattro venti dai giornali della Capitale, ed avrebbe dato occasione a commenti di vario genere. Il Signor Vernoni essendo invece uso a recarsi a Stamboul, lo incaricai d'intrattenere nel modo più confidenziale il Signor Carathéodori sulla materia, e di consultarlo anche sul personaggio al quale gli sembrava più opportuno che io mi presentassi. Il Segretario Generale accolse assai cortesemente le osservazioni presentategli, e ne seguì una conversazione nella quale egli metteva innanzi le obiezioni che gli erano suggerite dalle circostanze. Gli replicava il Signor Vernoni cogli argomenti che gli erano stati suggeriti. Ed il Signor Carathéodori, essendo penetrato dalla gravità della situazione, conchiudeva favebbe parola la sera stessa a Safvet Pacha dei consigli forniti dal R. Governo.

Quanto alla scelta della persona cm 10 aveva ad indirizzarmi, S.E. fu di avviso mi rivolgessi al Ministro degli Affari Esteri. Il Gran Vizir infatti è da qualche tempo oltremodo alieno dal trattare gli affari coi Rappresentanti Esteri, ed il suo animo è assai travagliato dalla grave r,esponsabilità che pesa su di esso, e dalle minaccie anonime che non cessa di ric,evere. Queste gli turbano soprattutto lo spirito a segno che, se vi si aggiungono le infermità che l'affliggono, taluni credono che non conserverà a lungo il.'alta sua dignità. Ar

roge che il Ministro degli Affari Esteri, venendo poi informato da Sua Altezza delle pratiche intervenute, avrebbe potuto non approvare che io non mi fossi diretto ad esso.

Mi trasferii quindi oggi di buonissimo mattino al Yali del Ministro degli Affari Esteri. Gli dissi che il R. Governo versava in grande apprensione sulle conseguenze sarebbero per venire dalla risposta che la Sublime Porta stava per fare alle Grandi Potenze; desiderare che questa meditasse seriamente sopra di esse; esserle perfettamente note le proposte d'azione fatte dal,la Russia, siffatte proposte provare all'evidenza la necessità di provvedere in tempo alla salute dell'Impero.

Safvet Pacha rispondevami per le seguenti parole: • Io non comprendo la condotta delle Potenze Garanti verso l'Impero. La Serbia suscitò e mantenne l'insurrezione della Bosnia e dell'Erzegovina; le Potenze intervennero coi Delegati Consolari e non ristabilirono la pace. La Serbia entrò in aperta guerra, e quando le truppe Imperiali stavano per abbatterla, le Potenze intervennero coi Delegati Consolari e non ristabilirono la pace. La Serbia suscitò e mantenne l'insurrezione della Bosnia e dell'Erzegovina; le Potenze c'imposero una sospensione delle ostilità. La Sublime Porta presentava frattanto delle condizioni-di pace, e le:Potenze non stimavano-o:Pi:>ortunodipre-ndernepuruna

in considerazione. Le Potenze ci proposero indi le loro condizioni; fra queste v'erano l'autonomia per la Bosnia, l'Erzegovina e la Bulgaria, ed un protocollo da firmarsi riguardo ad essa, e spiegarono che s'intendeva per autonomia. La Sublime Porta è disposta a dare quello che le Potenze intendono per autonomia senza la parola. Ed al protocollo sostituisce l'impegno assunto per note identiche alle quali le Potenze risponderebbero prendendone atto. La Sublime Porta è

disposta a dare le cose senza le parole. Per qual ragione non se ne accontenterebbero le Potenze, se vogliono veramente quello che dicono? E' forse la Russia che domanda di più, ma è ora diventata onnipotente la Russia, e le altre Potenze non fanno che seguirne la volontà? Non era così in altri tempi, e sono le pretese atrocità della Bulgaria che ci hanno fatta la presente posizione in Europa. Ma io non credo che l'Europa vorrà farci la guerra per due parole •.

Pregai S.E. di considerare che bisognava pl'ender le cose com'erano, non come avrebbero potuto ,essere; doversi ovviare alla situazione quale esisteva; attualmente il pericolo di un'azione militare essere imminente; doversi trovare il mezzo di prevenirla; e suggerii di vedere se l'art. 8 del trattato di Parigi non fornirebbe il mezzo di sventare siffatto pericolo. S.E. apriva il libro contenente il Trattato, e leggeva attentamente l'articolo, poi mi diceva non vedere a Quale mediazione potrebbe ricorrere la Sublime Porta, mentre tutte le Potenze Garanti erano d'accordo ad imporle le condizioni della pace. Replicai lo scopo di Quell'Articolo essere precisamente stato quello di prevenire i pericoli di guerra, e quindi doversi trovare in esso un mezzo d'applicazione alle presenti contingenze.

S. E. conchiudeva grandemente apprezzare gli amichevoli intendimenti che ispiravano il R. Governo nel fare le presenti raccomandazioni; ne terrebbe conto quando l'occasione se ne presentasse. E venni a render conto a V.E. per telegrafo della conversazione avuta con Savfet Pacha.

Nella giornata d'ieri ebbi l'onore d'indirizzare all'E.V. tre telegrammi che non dubito le saranno regolarmente giunti (1). Nel compiegare un articolo in cifre mi valgo dell'occasione per offrirle ecc.

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO.

Dans ma conversation avec le Ministre des affaires étrangères, j'ai laissé tomber, comme par incident, le mot conférence, puisqu'il ne lui serait jamais venu à l'esprit. S.E. me dit qu'il y a longtemps qu'il est question d'une Conférence, mais que la Porte la craint plus que toute autre chose. Il lui semble que d'autres puissances y étaient également contraires. A son avis, dans une Conférence la Porte serait complètement sacrifiée. Sa voix ne serait nullement écoutée. Outre les difficultés pendantes, d'autres surgiraient. Une puissance présenterait une question, d'autres la suivraient et la question serait ouverte. J'ai fait tous les efforts pour lui faire comprendre que tout était préférable à la guerre, et que dans la Conférence la Turquie aurait pourtant des amis sincères disintéressés, mais S.E. répéta que la Porte éprouve une répugnance invincible pour une Conférence. Je ne crois pas qu'elle se déciderait à proposer ce rémède. Il me semble que pour ceci, comme

pour autre chose, ce ne sera que l'action unanime et énergique des grandes puissances qui pourra obtenir de la Porte ce qu'elles désirent.

(l) Non pubblicato.

(l) Non pubblicati.

455

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 540. Roma, 6 ottobre 1876, ore 15,10.

Un télégramme du général Menabrea me fait savoir qu'avant hier après un Conseil des ministres, lord Derby aura,it dit à l'ambassadeur de Russie que Elliot a reçu des ordres pour appuyer la demande d'armistice proposée· par le Gouvernement russe. Il parait que l'Angleterre conseille elle aussi de réunir une Conférence. Je ne sais pas si les efforts que Elliot fera auprès de Safvet Pacha auront un résultat plus satisfaisant Q.ue votre conversation d'hier. L'idée que ce n'est que par la réunion d'une conférence que l'on parviendra à s'entendre sur les difficultés actuelles est maintenant acceptée aussi en France. Safvet pacha fait preuve de ne pas comprendre le sens de l'article 8 du 'traité de Paris s'il ne voit pas que cette disposition a été insérée afin de donner à la collectivité des déliberations des puissances une base légale pour tous ces cas où la Porte serait menacée de complications avec l'étranger. Si la Turquie écoute les conseils que lord Derby lui fait donner et que toutes les autres puissances n'ont fait jusqu'ici que lui répéter, l'Empire Ottoman pourra sortir de cette crise avec une nouvelle vitalité; mais je crains que l'obstination des hommes qui sont au gouvernail de l'Etat et leurs continuelles tergiversations ne soient un obstacle insurmontable pour arriver à ce résultat et dès lors les plus graves conséquences sont à redouter. Veuillez me tenir au courant du résultat des démarches de Elliot et les appuyer par les meilleurs moyens possibles d'àpres les instructions que vous avez.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. R. s. N. Vienna, 6 ottobre 1876 (per. il 19)

Da alcuni giorni parecchi giornali di Vienna alla rioerca sempre di notizie a sensazione, hanno creduto di porre in rilievo le, a loro dire, intime relazioni che ebbero a notare esistere fra il Generale Soumarokoff e me, e di trarne fondamento a ritener probabile, anzi sicuro, un accordo fra i Gabinetti di Pietroburgo e di Roma, naturalmente a danno dell'Austria; le cui basi sarebbero state gettate in occasione del viaggio fatto in Russia dalle Loro Altezze Reali i Principi di Piemonte.

Simili dicerie non trovano evidentemente credenza nei circoli diplomatici di questa capitale, poiché sono generalmente note qui le intime relazioni di famiglia che mi legano al Conte Elston-Soumarokoff. Il Generale viene a Vienna quasi ogni anno, senza che si sia mai badato prima di quest'ultima volta alla sua presenza in questa capitale, ed in tali occasioni ci siamo sempre veduti continuamente, senza che mai nessuno come di ragione vi abbia prestato attenzione. Questa volta stante la specialità della circostanza, limitai grandemente le mie relazioni seco Lui, precisamente onde non destar soverchiamente l'attenzione dei Reporter, che ero sicuro non avrebbero mancato di segnare tutti i passi dell'Inviato dello Tzar; ma precisamente perciò non credetti doverle ravvolgere nel mistero, poiché a mio avviso esse avrebbero così acquistato maggior importanza. Un tal mutato contegno avrebbe anche potuto far ritenere all'Ambasciata di Russia, a cui ben noti sono i miei legami col Generale Soumarokoff, ch'esso fosse la conseguenza di una speciale riservatezza che il mio Governo intendesse mantenere a fronte di quello di Pietroburgo, locché avrebbe anche potuto destar diffidenza nel Governo Russo a nostro riguardo, che proprio non vedevo ragione di promuovere. Tra i due inconvenienti scelsi quello che ravvisai il minore, tanto più che pur qualche vantaggio me lo porgeva.

Ho creduto dover mio informare di tutto ciò riservatamente l'E.V., anche affinché non le sfugga la tendenza che la stampa ha qui, ad eccitar di continuo .infondati sospetti contro gli Stati vicini. Non parvemi però conveniente far anche indirettamente col mezzo di qualche giornale di qui, mettere sotto la sua vera luce lo stato delle cose; nè mi sembrerebbe opportuno ciò venisse fatto su un giornale in Italia, poiché à mio avviso, meglio si è il lasciare ai fatti di dimostrare la sempre corretta e leale attitudine del R. Governo nelle sue relazioni internazionali, che non alimentare colla stampa, malsane poLemiche che non poggiano se non sopra pettegolezzi.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 37 Bruxelles, 6 ottobre 1876 (per. il 10).

Ho l'onore di inviare qui unito (1), a V. E. il discorso pronunciato dal Conte d'Aspremont-Lynden Ministro per gli Mfari Esteri all'apertura della Conferenza di Geodesia.

È questo il terzo Congresso internazionale che in meno di un mese ebbe luogo in Bruxelles, e, credo, con vero gradimento di questo Governo.

L'Italia in queste varie assemblee scientifiche fu sempre degnamente rappresentata e tenne il posto che compete ad un gran paese, antica culla di ogni civiltà.

Da quanto ho sentito dire dai principali personaggi di Corte e dai più alti funzionarii di questo Dicastero degli Affari Esteri, il Belgio non sarebbe malcontento di veder riunirsi a Bruxelles un quarto Congresso, ed il più importante, quello cioè per la quistione d'Oriente, benché questo Governo non osi palesare apertamente tal desiderio.

La politica interna è in uno stato di calma perfetta e si aspetta la con·

vocazione del Parlamento nel prossimo novembre.

L'attenzione del mondo polirtico in Bruxelles è tutta rivolta verso l'oriente, giacché nell'epoca attuale anche un paese neutrale teme le conseguenze delle commissioni politiche che hanno luogo in lontane regioni.

(l) Non si pubblica.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 85. Pietroburgo, 6 ottobre (per. il 15).

V. E. essendo stata direttamente informata dal Principe Gortchakow della missione del Conte Soumarokoff a Vienna e lo scambio di comunicazioni a questo proposito continuandosi direttamente tra il R. Governo e Livadia, mi astenni finora dal riferirne a V. E.

Poco o nulla di questi negoziati trapelò nel pubblico, e la stampa per ordine sommariamente dello scopo della missione del Conte Soumarokoff a Vienna. Mi disse non conoscere ufficialmente la risposta dal Governo Austro-Ungarico alle proposte Russe, l'Inviato dell'Imperatore essendo aspettato oggi di ritorno a Livadia.

Ma dalle informa~ioni pervenutegli, 'e da una conversazione avuta il giorno innanzi con l'Incaricato d'Affari Austro-Ungarico gli risultava che il Gabinetto Imperiale di Vienna si mostrava poco favovevole ad accettare la proposta russa; egli si dolse m eco di quest'atteggiamento dell'Austria che in questa circostanza • negava il suo appoggio alla causa della cristianità ·e dell'umanità •.

S. E. mi accennò dipoi al contegno del R. Governo ed al ilnguaggio tenuto da V. E. col Barone Uxkull. Il Signor de Giers avendomi detto a questo proposito • Votre Gouvernement n'aime pas décidément de voir l'Autriche en Bosnie ,et nous nous rendons compte de ses raisons • chiesi a S. E. se egli informato dei colloqui che ebbero luogo su questo argomento tra il Cavalier·e Nigra ed il Principe Cancelliere credeva che il Governo Imperiale ritornerebbe ora sul progetto di modificazioni territoriali. Il Signor de Giers mi rispose non esserne caso e doversi attenere alle ultime dichiarazioni del Principe Gortchakow in proposito.

Mi tenni naturalmente con molto riserbo su questo argomento di cui non avrei parlato se non vi fossi stato condotto dal mio interlocutore stesso, la nostra conversazione essendo del tutto priva di carattere ufficiale.

Le ultime comunicazioni del Governo Russo facevano presagire che perseverando la Porta del non volere accettare il programma delle Potenze, la Russia avrebbe proposto di ricorvere alla coercizione.

L'opinione pubblica che il Governo stesso aveva sollevato e che man mano, come venne successivamente accennato nella corrispondenza di questa Ambasciata, si era rinforzata finì per pesare talmente sui consigli dell'Imperatore per fargli affr.ettare la proposta di occupazione.

Il partito panslavista fortemente organizzato da varii anni e che raccoglie nelle sue file tutti gli elementi liberali e novato:l'i della Nazione, ed il sentimento religioso dominante nelle campagne riuniti per fini diversi sotto la stessa bandiera, valendosi dei sentimenti di amor proprio nazionale e di umanità e di protezione alla causa cristiana formarono una forza tale che non moderata da principio influì sui consigli, di già diV'isi su questa questione, del Governo Imperiale.

L'Autorità centrale che in seguito alle successive riforme venne perdendo molto del suo prestigio, non bastò poi a dirigere la corrente dell'opinione pubblica.

Accenno a questi fatti perché essi influiscono gravemente sulle risoluzioni dell'Imperatore.

In questi ultimi giorni poi le partenze dei volontarii hanno aumentato ed i funzionarii del Governo non vi pongono più alcun freno. Molti cosacchi sono partiti guidati dai loro ufficiali ed espor>tando le loro armi che secondo la loro organizzazione sono proprietà loro.

L'Invalido Russo giornale ufficioso del Ministero della Guerra pubblicò una notizia dalla quale risulta che 5 mila russi militano nell'esercito Serbo, ma credo che questa cifra è aldisotto del vero.

Come ebbi a telegrafare jeri (1) a V. E. il Gran Duca Ereditario è stato chiamato per telegrafo a Livadia dove mi si assicura avrà luogo un Consiglio sotto la presidenza dell'Imperatore.

Il Generale Ignatieff che doveva restituirsi a Costantinopoli ha sospeso la sua partenza.

Finora all'infuori delle truppe concentrate al campo di Bender non sono ancora segnalati movimenti militari nel Sud. Ma tutte le disposizioni sono prese per trasportare colla ferrovia alla frontiera le divisioni che trovansi in Polonia le quali sono in perfetto assetto di guerra.

Queste truppe verrebbero rimpiazzate da quelle che presidiano i Governi dell'Interno.

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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1078. Bucarest, 7 ottobre 1876, ore 15,40 (per. ore 17,15).

Avec le consentement du Czar une députation roumaine, composée de deux ministres, pari ce soir pour aller complimenter l'Empereur de Russie à Livadia. Le but réel de cette députation est de sonder les dispositions de la Russie à l'égard de la Roumanie dans l'éventualité d'une guerre.

(l) Non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1079. Vienna, 7 ottobre 1876, ore 15,35 (per. ore 18).

Les journaux d'ici publient des attaques à fond co-ntre l'Italie au sujet des aspirations au Tyrol qui se font de nouveau jour à propos de la question d'Orient. Il me semble peu probable que nos journaux ne répondent pas sur le meme ton, et ,la polémique ne va pas tarder à s'envenimer au point de nous créer des relations plus que difficiles avec l'Autriche, car il ne faut pas se dissimuler que dans le cas actuel les journaux d'ici sont de parfaits échos des sentiments du Gouv•ernement impérial et de tout le pays. C'est peutetre la seule question sur laquelle l'accord est général sans distinction de parti. Je prévois que ma situation ici va devenir intenable, vu surtout que, tandis que je suis ambassadeur du Roi, j'ai lieu de croire qu'on ne nommera pas pour le moment, un ambassadeur à Rome; manque de réciprocité déjà trèsfort remarqué ici. Il me semble difficHe que V. E. croit m'autoriser à faire au Comte Andrassy des déclarations officielles explicites qui mettent à néant les idées mises en avant par les journaux, d'autant plus que je crains qu'à l'heure qu'il est, cela n'aurait plus qu'un demi effet, ·et pourrait compromet·tre inutilement l'avenir. A défaut de ce moyen, ne croyant pas praticable celui des bons offices d'une tierce Puissance arnie commune, la seule chose à faire pour nous c'est de garder avec le Gouvernement impérial une réserve digne mais complète, et attendre des circonstances qui forceront V. E. à m'accorder un congé motivé sur des raisons à moi particulières, tempérament, cependant, dont on ne peut se dissimuler la gravité, car, vu les circonstances, la brouille sera accentuée. Je vous ai expédié par la poste aujourd'hui, quelques extraits des journaux.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 78. Roma, 7 ottobre 1876.

* L'Incaricato d'affari di Sua Maestà Britannica mi ha comunicato un telegramma giuntogli ieri mattina dal suo Governo e così concepito: • Dopo il Consiglio di Gabinetto del 4 ottobre Lord Derby disse all'Ambasciatore di Russia che il Governo di Sua Maestà erasi deciso ad appoggiare la proposta di un armistizio della durata d'un mese almeno, siccome il primo passo da farsi pel caso in cui la Turchia respingesse i termini proposti come basi per la pace. Gli disse altresì che il Governo di Sua Maestà non poteva concorrere a misure di occupazione, né all'ingresso nel Bosforo delle squadre riunite • (1).

Fu ringraziato il Signor Malet della comunicazione sua, che riesce molto interessante pel Governo di Sua Maestà. Non volendo isolarsi e desiderando di evitare con ogni mezzo il pericolo che scoppii Ja guerra tra la Turchia ed una delle Grandi Potenze europee, noi abbiamo messo in opera tutto ciò che stimavamo poter condurre la Sublime Porta a più moderati consigli e a un più giusto apprezzamento della si·tuazione. Questi sforzi ripetutamente fatti non hanno trovato l'accoglienza che essi avrebbero dovuto avere. Ma noi non ci stancheremo mai di appoggiare a Costantinopoli qualunque proposta avente per iscopo di evitare maggiori complicazioni. Per questo motivo, anche questa volta abbiamo impartito al Conte Corti istruzioni di appoggiare la proposta che Sir H. Elliot fosse per fare per un armistizio.

(l) Il brano tra asterischi è ed. in LV 22, p. 373.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

D. 50. Roma, 7 ottobre 1876.

Questo Signor Incaricato d'affari di Francia ha ricevuto una lettera del Signor Duca Decazes, in data del 3 di questo mese, nella quale è detto che, nelle circostanze presenti, la riunione di una conferenza • per determinare esattamente il carattere e la portata delle proposte di pace formolate dall'Inghilterra ed accettate da tutte le Potenze, e per intendersi sulle misure da prendersi per farle accettare dalle due parti contendenti •, parvebbe il miglior mezzo di 'evitare un conflitto tra la Turchia e la Russia. La ingiustificabile resistenza della prima e l'impazienza della seconda sono una causa di grave preoccupazione per il Governo francese, il quale non crede però di dover prendere una iniziativa per la riunione della Conferenza, e lascia al Governo italiano la cura di ·esaminare se non trovisi, egli stesso, in una posizione migliore per fare, pel primo. una simile proposta. Il Duca Decazes crede che si faciliterebbe assai il co1npito di una conferenza se il programma, o meglio lo scopo della medesima, fosse formulato in modo da evitare nuove discussioni fra le Potenze. A tal fine la redazione aui sopra accennata parrebbe la migliore.

* Ieri mattina poi il Signor Tiby ha ricevuto un telegramma nel quale è detto che, in seguito al Consiglio di Gabinetto tenutosi a Londra il giorno 4, il Ministero inglese ha deciso salvo la ratifica della Regina, di prescrivere a Sir H. Elllot di appoggiare la proposta di un armistizio per un mese almeno, allo scopo dì dare alle Potenze il tempo di concevtarsi e di riunire una conferenza. Nel caso in cui la Turchia fosse per l'ifiutare l'Inghilterra si asterrebbe oramai dal prestarle ajuto nelle difficoltà in cui travasi impegnata. Il Duca Decazes osserva, rispetto a questa proposizione della Gran Brettagna, che essa è identica a quella che· testé fu fatto dalla Russia, differendone solo in ciò che, secondo la domanda russa, l'armistizio dovrebbe essere di sei settimane. Soggiunge quindi il Ministro francese degli affari esteri che sarebbe cosa puerile soffermarsi su questa lieve differenza, e che entrambe le proposte, l'inglese come la russa, conducono alla Conferenza. Ciò nondimeno la prima non sembra implicare che una protesta, mentre la seconda prevede anche l'impiego di mezzi coercitivi. Importa dunque, così conchiude il Duca Decazes, convergere gli sforzi nostri sopra quella parte della proposta che è comune ai due Governi; e S.E. spera che il Governo italiano l'accetti e vi presti il suo appoggio.

Ho risposto alla comunicazione del Signor Tiby nel senso della più ampia adesione. Nuove istruzioni si sarebbero tosto mandate (e lo furono difatti) al

H. Ministro a Costantinopoli, perché appoggi la domanda di armistizio, come appena sia presentata dall'Ambasciatore britannico. Il Governo di Sua Maestà ha già ripetuto, le tante volte, inutilmente questa domanda, e ben poca speranza ci rimane, che si consegua lo scopo cui si mira. Tuttavia l'azione del Conte Corti si eserciterà, anche questa volta, nel senso desiderato dal Governo francese, affinché, per fatto nostro, non venga a mancare l'unanimità dei Governi * (1).

In ordine alla proposizione di una Conferenza, noi sappiamo (e ciò consta dal precedente mio carteggio) che la Russia pone condizioni tali che alcuni ministri di grandi Stati hanno dichiarato di non 'voler ammettere. Sappiamo pure, per recentissimi telegrammi del Conte Corti, che la Turchia, più d'ogni altra cosa, teme la Conferenza, ben comprendendo che ivi si traVIerebbe sola contro tutte le Potenze. Noi abbiamo cercato di combattere questo apprezzamento e di insinuare, anzi, l'idea, che una Conferenza riunita sulla base dell'articolo VII del Trattato del 1856 sarebbe, per la Turchia, il solo mezzo di trarsi d'impaccio. Ma le disposizioni della Sublime Porta sono sopra questo punto, così sfavorevoli, che noi dubitiamo fortemente che venga fatto ad altri di ottenere dai Ministri del Sultano deliberazioni in altro senso. Non per questo ci stancheremo dall'adoperarci per fare intendere ragione alla Turchia, e per allontanare il pericolo che la Russia proceda, secondoché ha già annunziato a tutti i Gabinetti, ad una azione isolata.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 162. Roma, 7 ottobre 1876.

Mi pervennero il 3 ed il 6 di questo mese i rapporti che comprendono la narrazione di ciò che avvenne in Costantinopoli dal 23 sino al 29 di Settembre.

Ringrazio V. S. di aver eseguito con quella intelligenza che Le dava la cognizione della gravità delle circostanze, le pratiche che il R. Governo ha stimato dover suo di eseguire per piegare la Sublime Porta a consigli più prudenti.

40 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

Lo aver insistito con energia per l'accettazione di un armistizio regolare fu cosa tanto più opportuna in quanto che i fatti non tardarono a dimostrare di quale utilità sarebbe stata per tutti una maggiore arrendevolezza per parte della Turchia. Ella fece sentire a Safvet Pascià gravi parole sulla sorte che i Ministri del Sultano preparano all'Impero Ottomano persistendo in una via che può condurre soltanto alle più temibili complica:zJioni. Approvo il di Lei linguaggio e tengo per fermo che se da tutte le parti si fosse imitato l'esempio nostro, se non si fossero ascoltati interessi particolari e si avesse avuto considerazione unicamente ai grandi interessi generali della pace e del miglioramento graduale e pacifico delle provincie europee della Turchia, 1a situazione presente non sarebbe così oscura e piena di pericoli.

Dai telegrammi che Le ho spediti in questi ultimi giol'l11i la S. V. è stata informata dei passi fatti dal Governo russo, delle risposte che al medesimo hanno dato l'Austria-Ungheria e l'Inghilterra. La Germania, la Francia e l'ltalia non vollero, almeno finora, pronunciarsi come fecero gli altri due Gabinetti e il contegno dei tre Governi potrà forse ritardaDe il momento in cui la Russia, impegnata dalle sue dichiarazioni anteriori, potrebbe credersi autorizzata ad annunziar·e che per Lei si è verificato il caso di dover agire isolatamente. A questo riguardo debbo osservare che l'impressione in me prodotta dal modo con cui si è sviluppata l'azione diplomatica a Costantinopoli è tale da non farmi persuaso che tutti i rappresentanti esteri che vi ebbero parte principale si resero conto esattamente di ciò che la situazione richiedeva. Le proposizioni per la pace come furono da ultimo comunicate dall'Inghilterra alla Porta, avrebbero dovuto considerarsi quali erano realmente, cioè l'espDessione immutabile d'un accordo laboriosamente ottenuto fra due Gabinetti che hanno interessi divergenti. Quelle concessioni che comprendevano il maximum delle concessioni che l'Austria-Ungheria poteva accettare, erano per la Russia il minimum di ciò che essa crede di poter pretendere dalla Porta Ottomana in favore delle popolazioni Slave. Soltanto una cognizione imperfetta delle esigenze d'una situazione così delicata poteva far nascere il pensiero che· delle controproposizioni della Turchia potrebbero essere favorevolmente accolte

V. S. conosce il giudizio che il Governo del Re ha fatto non da oggi soltanto del valore pratico che hanno le promesse del Governo del Sultano quando sono espresse in leggi generali contenenti l'enunciato di massime per l'applicazione delle quali accorrerebbero leggi speciali che non si fanno mai. I Governi garanti della Turchia hanno ragione di pretendere che il Governo del Sultano abbandoni questo sistema che non offre alcuna guarentigia e che ha condotto l'Impero ottomano alle tristissime sue condizioni presenti. Tutti coloro che

desiderano seriamente la trasformazione della Turchia non possono accontentarsi di dichiarazioni che non acquistano un carattere pratico per essere inscritte con maggiore a minore solennità fra gli Hatt imperiali e che in ogni caso non sono più sufficienti per dare alla pubblica opinione giustamente commossa la soddisfazione che essa richiede.

Ogni volta che i provvedimenti legislativi richiesti dai particolari bisogni delle popolazio!lli presero il carattere che doveano avere, l'ef,ficacia delle riforme introdotte non poté esser contestata. Troppo spesso si dovettero ricordare in questo carteggio gli esempi del Libano e dell'isola di Creta perché sia mestieri che sopra la legislazione organica di quelle due provincie io chiami l'attenzione della S.V. Fu sempr·e errore gravissimo degli uomini di St;:tto turchi di non tener conto dell'esperienza che a quest'ora avrebbe dovuto insegnar loro che gli stessi ordinamenti amministrativi e le stesse leggi difficilmente possono applicarsi con profitto a paesi tanto fra di loro diversi come sono le provincie della Turchia. Ora ciò che i Ministri del Sultano non sembrano aver imparato dall'esperienza non lascia invece più alcun dubbio nella mente degli uomi·ni di Stato degli altri paesi e la necessità di leggi speciali secondo i diversi bisogni delle singole grandi provincie è oggi ammessa generalmente. La quistione che s'impone a tutti i governi come ·tale da richiedere una pronta ed efficace risoluzione è quella della coesistenza pacifica delle popolazioni cristiane con le islamiche. Nessuno irn. Europa intende imporre alla Turchia delle forme di governo fondate sopra principii astratti. Se la Turchia vuol dare a se stessa delle libevtà costituzionali, potrà ciò fare certamente poiché come qualunque Stato indipendente essa può darsi la forma di Governo che meglio le conviene. Ma i Ministri del Sultano dovrebbero essere convinti che le forme costituzionali con le quali si promette di temperare la monarchia non corrispondono alle domande che l'opinione pubblica in Europa ha da qualche tempo formulato e che i Governi debbono con irn.sistenza appoggiare.

La risoluzione del problema relativo alla coesistenza di popolazioni che hanno tendenze, bisogni ed interessi tanto diversi è fra le più difficili e tutti gli sforzi delle Potenze riunite appena basterebbero per vincere i tanti ostacoli che si opporranno all'introduzione di un regime che possa dare nelle singole provincie, afflitte da una lunga insurrezione, dei risultati soddisfacenti. Ma la Porta Ottomana dovrebbe persuadersi che se essa stessa non saprà o non vorrà prendere in considerazione il problema che deve essere risoluto, la forza della pubblica opinione costringerà i Governi garanti a procedere ad un atto di vera e propria mediazione per ricondurre• la pace fa quelle travagliate popolazioni.

Il trattato di Parigi ha preveduto il caso in cui si debba col concorso delle potenze risolvere pacificamente ile difficoltà che potrebbero sorgere fra la Turchia ed alcune delle Potenz.e garanti. Se la Turchia non vorrà appigliarsi al mezzo che quel trattato le offre per discutere con le Potenze i provvedimenti che la gravità delle circostanze richiede, verrà il momento in cui le Potenze stesse potrebbero esser costrette ad intendersi da sole senza il concorso della Porta sopra le condizioni necessarie per la pacificazione del1e popolazioni cristiane con le musulmane ed in rtal caso l'Europa potrebbe nell'interesse della causa della civiltà trovarsi costretta ad imporre le condizioni medesime.

Ho voluto esporle con qualche sviluppo ciò che riguarda la differenza fra i due modi di procedere, per mezzo cioè di una conferenza alla quale la Porta dovrebbe intervenire, oppure nella forma propria di un vero atto di mediazione che la Porta potrebbe eseguire, affinché Ella sia meglio in grado di far intendere ai Ministri del Sultano quanto è preferibile per la Turchia di non rinunziare al beneficio che le assicurano le stipulazioni del 1856. Ben a torto cotesti Ministri si lusingherebbero di trovare negli interessi divergenti di alcune Potenze un appoggo per persistere nella linea di condotta che hanno seguito finora. Ancorché presentemente riuscisse alla Turchia di evitare le conseguenze della situazione in cui si è posta, la questione non sarebbe risoluta e quando una quistione di ordine morale quale è quella della coesistenza pacifica dei Cristiani e dei Musulmani sullo stesso territorio è entrata nel dominio della pubblica opinione, quest'ultima ne ottiene necessariamente o tosto o tardi la risoluzione nel senso reclamato dalla coscienza universale.

Sarebbe dunque sapienza politica per parte della Turchia il non aspettare che le circostanze le impongano ciò che può essere ottenuto gradualmente e senza gravi scosse così per l'Impero del Sultano come per gli altri Stati di Europa. Il concorso dell'Italia per mantenere la quistione in questo suo più diretto cammino è assicurato. Ma il Governo del Re ingannerebbe se stesso ed indurrebbe in grave errore la Sublime Porta se si illudesse sino al punto da credere che alla quistione che attualmente si agita e che ha così profondamente commosso l'Europa sia possibile il non dare una soluzione soddisfacente.

(l) Il brano tra asterischi è edito in LV 22, pp. 373-374.

464

L'INCARICATO D'AFFARI A BERNA, MARTUSCELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 297. Berna, 7 ottobre 1876 (per. il 10)

Riferendomi all'antecedente Rapporto di questa Serie N. 296 (l) ch'io ebbi l'onore di dirigere all'E.V. il 30 Settembre prossimo passato mi reco a dovere d'informarLa, che alla riunione tenutasi nella penultima domenica dello scorso Settembre in Berna dalle Società Democratiche-sociali, il Signor Greulich di Zurigo fu invitato a riferire sul tema che con vistosi avvisi era annunziato al pubblico • Ciò che vogliamo •.

Egli chiese una più grande estensione della lega degli operai svizzeri, e più concordia più lumi ed istruzione nella classe operaia, una ferma unione nelle elezioni, e propose il Postulato che lo Stato si occupi della vendita del pane, per impedire la speculazione né cereali.

Il noto compositore Reinsdorf pretendeva che l'istruzione maggiore nelle classi operaie non basterebbe per avanzare, e raccomandava per parte sua il mezzo più radicale de' fucili, e delle barricate; ciò che il Greulich qualificava di fanciullaggini, e follie.

Ciò promosse una tale agitazione nell'assemblea che la discussione divenne impossibile, né si potette votare.

Da qualche tempo si stampa a Zurigo un organo dell'Internazionale, Il Tagmacht il risv<eglio redatto in tedesco, ma la sua i,nfluenza sinora non si può dire degna di nota.

Recentemente si è aperto il concorso al posto di redattore del detto periodico, con un annuo salario di f. 1800. Un redattore salariato sembrava essere da lungo tempo desiderato dagli Internazionalisti svizzeri. Vedremo quale influenza e qual rango otterrà nella stampa locale il Tagmacht.

La Zimmath giornale anche zurighese portava in uno de' suoi ultimi numeri un articolo dal quale rilevasi che dall'officina del Tagmacht escirà fra non molto un foglio internazionalista che s'intende stampare a 20.000 esemplari. Ma sinora le commissioni non si estendono che ad 8 mila, epperò è da ritenersi che le previsioni dei promotori saranno deluse.

Ignorasi se uscirà una traduzione in francese ed in italiano di tale pubblicazione. ii ~ 11 >i!!i'!.,!

Wl ~ l

Le sezioni dell'Internazionale a Zurigo, Winterthur, e San Gallo sono at~ tive, ma di natura più [ocale che universale. Gli elementi italiani son rari e senza importanza; anzi gli elementi svizzeri stessi vi si trovano in minoranza rispetto ai tedeschi.

Ecco quanto finora mi è venuto fatto conoscere sulle mene, e sui piani dell'Internazionale nella Svizzera tedesca, mentre per quanto s'attiene a' Cantoni di lingua francese ed italiana, l'E.V. è troppo bene edotta dai R. Consoli di Lugano e di Ginevra, perché io imprenda sullo stesso argomento a dar ragguagli a cotesto Ministero.

Sarà mia cura in ogni modo trasmetterLe le informazioni che potranno in avV'enire riuscirle d'interesse.

(l) Cfr. n. 447.

465

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL CONSOLE IN MISSIONE A RAGUSA, DURANDO

T. 543. Roma, 8 ottobre 1876, ore 12,45.

Je ne crois pas uue maintenant nous puissions engager le Monténégro dans la voie des négociations d'une paix séparée. Mais il est utile que vous vous trouviez à Certtinije où d'un moment à l'autre nous pourrions étre dans la nécessité d'exercer une action pour laquelle je vous enverrai des instructions télégraphiques dès que je saurai que vous étes arrivé.

466

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 84. Parigi, 8 ottobre 1876 (per. l' 11).

S.E. il Duca Decazes essendo stato di nuovo durante alcuni giorni assente da Parigi io ho potuto appena oggi rivederlo ed intrattenermi seco lui. Gli dissi quale impressione aveva prodotto sull'E.V. il telegramma che Le fu comunicato il 4 del corrente dall'Ambasciatore di Russia e lo pregai di farmi conoscere il suo proprio modo di vedere e l'accoglienza che per parte sua egli aveva fatta, o proponevasi di fare, alla proposta del Gabinetto Russo d'imporre immediatamente alle parti belligeranti un armistizio di sei settimane.

Il Duca Decazes mi rispose che, al pari dell'E. V., egli credeva necessario di esercitare una pressione morale e collettiva sul Governo Ottomano, ma che gli pareva non meno urgente di combattere in pari tempo, ogni proposta d'intervento armato in Turchia, sia per terra, sia per mare. S.E. mi espresse tuttavia il timore che Sir Elliot non faccia andare a vuoto ogni tentativo di azione collettiva, giacché ·egli tende ad agire sempre da solo ed a farsi seguire poi dai Rappresentanti delle altre Potenze.

Secondo questo Signor Ministro degli Affari Esteri, la ultima proposta di un armistizio regolare segui.to da una Conferenza, che fu presentata a Costantinopoli dalla Russia e dall'Inghilterra, darebbe ora luogo ad una vera gara pel merito ·e pell'onore dell'iniziativa.

Lord Derby vorrebbe che la Conferenza si riunisse in Costantinopoli e che fosse composta dai Rappresentanti delle Grandi Potenze colà accreditati. La Russia per lo contrario, mantenendosi nelle vedute che altre volte manifestò, preferirebbe che la Conferenza si riunisse lungi da Costantinopoli e che fosse formata da tutti i Ministri degli Affari Esteri delle Potenze garanti.

Toccando dell'atteggiamento attuale dell'Austria, il Duca Decazes non mi celò che egli divideva l•e apprensioni dell'E.V. e che pareva anche a lui possibile che più tardi, malgrado l'attuale sua resistenza, l'Austria si lasciasse adescare e trascinare all'azione dalla promessa di vantaggiose concessioni.

Come nei precedenti colloQuj così io trovai anche oggi il Signor Duca Decazes molto aperto e compiacente nel parteciparmi le sue informazioni e le sue v;edute. Ma la situazione del Ministro degli Affari Esteri di Francia, nella quistione che preoccupa l'Europa rimane sempre la stessa e la sua risoluzione dettata dalle presenti condizioni della Francia di non pretendere nessun'iniziativa per proprio moto e di non lasciarsi impegnare, lo rende forzatamente guardingo e riservato nelle dichiarazioni che legherebbero la politica francese e la sospingerebbero in una più tosto che in altra via.

467

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. R. 85. Parigi, 8 ottobre 1876 (per. l' 11).

Ho comunicato oggi al Duca Decazes, in un colloquio ch'ebbi con S.E. le informazioni che l'E.V. volle darmi nel suo telegramma del 5 corrente (l) circa il viaggio del Cardinale Franchi in !scozia. Il Duca Decazes mi pregò di ringrazarmela, pur osservando chi gli farebbe meraviglia se il viaggio di Monsignor Franchi non avesse avuto Qualche scopo segreto e particolare il quale a suo giudizio potrebbe essere stato anche quello di raccogliere indicazioni che al suo ritorno al Vaticano potessero servirgli di raccomandazione speciale presso S.S. e preparargli -l'agognata successione nelle funzioni del moribondo Cardinale Antonelli.

Il Duca Decazes mi pregò poi d'avvisare l'E.V. che i Gesuiti stanno macchinando in questo momento qualche cosa grave. S.E. non poté scoprire finora quale sia l'oggetto della trama, ma mi disse che confidava di saperlo.

(l) Non pubblicato.

468

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 546. Roma, 9 ottobre 1876, ore ..... (1).

L'ambassadeur d'Angleterre a fait le 7 une communication à Safvet pacha portant que si la Porte refuse les propositions des puissances garantes, on lui demandera un armistice d'au moins un mois, qui serait sui·vi d'une conférence; que si elle refuse l'armistice, l'ambassadeur d'Angleterre quitterait Constantinople. Les représentants des autres puissances se sont réunis hier 8 pour s'entendre sur la conduite à tenir. Ils ont décidé d'aller aujourd'hui chez Safvet pacha appuyer la demande d'armistice faite par sir H. Elliot. Le comte Corti annonce qu'il y a plus de chance que la Porte accorde l'armistice. Nous avons réitéré au représentant du Roi à Constantinople des instructions pour qu'il appuye vigoureusement la démarche de l'ambassadeur d'Angleterre en cherchant à faire prévaloir auprès de ses collègues notre point de vue qui consiste à Oter à la Turquie l'espoir de trouver un appui dans les dissentiments de quelques Cabinets. Le comte Corti s'appliquera donc à écarter tout ce qui pourrait faire supposer que l'unanimité fait défaut dans l'attitude des puissances. Je reçois de M. Durando la nouvelle d'un engagement assez sérieux entre Mouc~tar pacha et les Monténégrins. Cet agent a reçu l'ordre de se rendre de nouveau auprès du prince Nicolas.

469

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 547. Roma, 9 ottobre 1876, ore 14.

L'ambassadeur de Russie vient de me faire la communication qui suit:

c Si l'armistice est accordé nous consentirons à la conférence à Costantinople proposé par l'Angleterre, à condition qu'elle ne soit composée que des représentants des six grandes puissanc,es sans participation de la Porte, qui n'aurait à se prononcer que sur l'issue de ces délibérations. Si l'armistice est refusé, nous romperons nos relations diplomatiques avec la Porte. L'Autriche a promis d'en faire autant. Nous croyons que l'Allemagne ne restera

Cl) II telegramma venne spedito alle varie destinazioni fra le ore 10 e le ore 11,30.

pas en arr1ere. La meme attitude du Gouvernemen:t auprès duquel vous etes accredité, serait désirable •. Signé: Gortchakoff.

Je regrette que l'Angleterre ait eu l'idée peu pratique d'une conférence à tenir à Constantinople. Il y a longtemps que nous avons signalé que la Russie visait à substituer l'action des six grandes Puissances dans les affaires orientales à celle des sept puissances signataires du traité de Paris. Si on avait pris en considération ce point sur lequel il faut s'attendre à trouver la Russie intraitable, Elliot n'aurait pas été chargé de comprendre dans sa dernière démarche à la Porte la conférence comme devant etre la conséquence immédiate de .rarmistice d'au moins un mois. * Nous avons appuyé la démarche anglaise, mais je désire savoir comment l'Angleterre pourra maintenant concilier les propositions faites à Constantinople avec la déclaration formelle de la Russie excluant absolument la TurQuie des délibérations. * Bien qu'en principe le mode de procéder proposé par la Russie ne recontre pas notre approbation, je me suis abstenu de répondre sur ce point à M. Uxkull. On ne do1t oublier, à cet égard, que la communication qui a été faite aux puissances par l'Autriche et par la Russie au sujet des délibérations du Reichstadt parlait exclusivement des puissances chréti.ennes comme devant seules etre appelées à délibérer dans les cas où la non intervention ne pourrait plus etre observée (1).

470

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 553. Roma, 9 ottobre 1876, ore 23,55.

Le représentant de Russie m'a communiqué ce matin le télégramme suivant:

(vedi telegramma spedito a Londra, n. 547) (2).

Lorsque hier au soir je vous télégraphiais (3) que ies deux propositions d'armistice et de conférence étaient, pour ainsi dire, indissolublement liées l'une à l'autve, je ne pouvais pas prévoir la difficulté qui vient maintenant de surgir. Je devais supposer que la Angleterre en proposant la conférence à la Turquie s'était assurée de l'acquiescement de la Russie. Je vous avais invité à parler très-secrètement à Safvet pacha de l'avantage que la Porte pourrait tirer de la proposition qu'elle auraH pu faire elle-meme en invoquant l'article 8 du traité de 1856. Mais vous comprenez bien que si ce conseil secrètement donné avait été accepté, la situation serait en ce moment bien différente. Maintenant si la Porte accepte la proposition d'une conférence faite par l'Angleterre, nous nous trouverons devant la difficulté bien plus grave du refus absolu de la Russie d'intervenir à una conférence dont la Turquie ferait partie. Cette situation

inextricable, due en grande partie au mode de procéder du Cabinet britannique, exige de notre part une prudence extrème, et je vous prie conséquemment de m'informer si dans vos démarches officielles vous avez engagé le Gouvernement de Sa Majesté dans une demande de conférence à la Porte·. Si vous vous ètes tenu dans une certaine réserve à ce sujet, ce qui serait pour le mieux de nos intérèts, je vous prie de redoubler de réserve sur ce point jusqu'au moment où je serai à mème de vous donner des instructions.

(l) -Questo telegramma, ad eccezione del brano fra asterischi, venne inviato in pari data anche a Berlino, Parigi e Vienna col n. 548. (2) -Cfr. n. 469. (3) -Non pubblicato.
471

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 421. Roma, 9 ottobre 1876.

Segnando ricevuta dell'inteTessante suo carteggio di questa serie, regolarmente pervenuto fino al n. 1694, in data del 4 di questo mese (1), voglio anche porgerle i miei più vivi ringraziamenti per le copiose notizie che V. E. mi viene fornendo. Esse mi giovano e come complemento e come riscontro delle informazioni che mi pervengono per altra via.

Senza farci grandi illusioni sulla efficacia delle pratiche che quasi quotidianamente facemmo, in questi ultimi giorni a Costantinopoli, noi movemmo tuttavia nell'azione nostra indefessa da quello stesso sentimento onde sembra animato il Gabinetto di Berlino. Anche noi stimammo di dover convergere oramai i nostri sforzi all'ottenimento di un armistizio regolare da parte della Sublime Porta, e quando i Serbi rifiutarono di accettare la proroga della sospensione d'armi fino al 2 ottobre, non ci parve opportnnn (ed in questo fummo dello stesso parere col Gabinetto di Berlino) di insistere per rimuovere il Governo principesco dalla sua risoluzione.

Noi proviamo, insomma, un sincero compiacimento nello scorgere come,

senza esserci precisamente concertati, la nostra condotta si mantenga quasi completamente conforme a quella del Governo germanico, sia nelle sue tendenze generali, sia nei passi che si ebbero a fare, negli ultimi tempi, per favorire il mantenimento della pace.

La presente opportunità mi torna poi propizia per porgere a V. E. alcune indicazioni confidenziali rispetto alla partecipazione di volontari i·taliani alla guerra turco-serba ed alle misure prese dal R. GoVIerno perché fosse rigorosamente rispettato l'obbligo della neutralità.

Anzitutto fin dal giorno in cui scoppiò la guerra furono diramate istruzioni alle autorità politiche per il divieto severo di qualsivoglia tentativo d'arruolamento, né consta per verità che arruolamenti siansi fatti. Pochi giovani, muniti di recapiti più o meno regolari, si avviarono verso la Serbia. Alcuni tornarono sulle istanze dei loro parenti. Nei primi giomi di agosto si contavano

in Serbia non più di trenta italiani, formanti una compagnia dell'esercito della Drina e comandati da certi signori Cere.tti, capitano, e Corazzini, luogotenente. Fu loro vietato dallo stesso Governo serbo l'uso della camicia rossa garibaldina e della bandiera italiana. In questi ultimi giorni sarebbero giunti a Belgrado due altri ex ufficiali Garibaldini certi signori Sgarallino e Concolini, i quali si sono offerti di formare una legione franco-italiana nel caso in cui la guerra avesse a protrarsi. Il R. Governo è informato del progetto e terrà d'occhio la cosa, per quanto essa possa interessare la osservanza della neutralità.

Erasi pure sparsa la voce di acquisto d'armi che un ufficiale serbo sarebbe venuto a fare nella provincia di Brescia ma le indagini fatte smentiscono assolutamente tale diceria.

(l) Non pubblicato.

472

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 403. Terapia, 9 ottobre 1876 (per. il 17).

* Ieri alle 2 pomeridiane radunavansi i Rappresentanti delle Potenze Garanti a quest'Ambasciata d'Inghilterra affine di deliberare sul modo d'appoggiare ~a proposta d'armistizio fatta dall'Ambasciatore Brittanico.

Sir H. Elliot riferiva la conversazione avuta la mattina stessa con Safvet Pacha a questo riguardo. S.E. avevalo ragguagliato la Sublime Porta aver modificato le sue idee circa la risposta da farsi alle proposte delle Potenze Garanti, stava formulandola in modo che credeva sarebbe per soddisfare alle esigen2le di quelle. Quanto all'armistizio il Ministro degli Affari Esteri erasi espresso in modo da lasciare sperare che il Governo Imperiale sarebbe per acconsentirvi. Aggiungeva Sir H. Elliot che, Safve.t Pacha avendolo interpellato nel corso della conversazione se, nel caso la Sublime Porta facesse una risposta soddisfacente alle proposte di pace, le Potenze Garanti persisterebbero nel progetto di riunire una conferenza, egli aveva replicato non trovarsi in grado di rispondere a siffatta domanda.

L'Ambasciatore di Francia ci ragguagliava indi essersi egli pure trasferito poco innanzi presso il Ministro degli Affari Esteri al quale aveva caldamente raccomandato l'adozione dell'armistizio. S.E. avevagli fatto una risposta evasiva, però dalla forma di essa aveva concepito la lusinga che la Sublime Porta sarebbe per aderirvi * (1).

Il fatto è che le cose della guerra sono da qualche giorno grandemente mutate. Le notizie che vengono dalla Serbia circa lo stato di quell'esercito Imperiale sono deplorevoli. Le truppe sono male nutrite e peggio vestite, non hanno tende e dormono sul fango senz'altro riparo che dei rami d'albero; vi regna il tifo, ed un 200 soldati per giorno sono mandati agli ospedali. Tanto che una persona imparziale giunta due giorni sono dal campo Turco mi diceva

che, se non si faceva immediatamente un armistizio, entro una quindicina di giorni le forze Ottomane potevano aspettarsi ad una grande catastrofe. Arroge che l'esercito ha perduto ogni fiducia nel Comandante in Capo il quale per la poca capacità e per gli acciacchi della vecchiaia non aveva saputo trarre un adeguato profitto da un'armata di 100.000 uomini. Queste cose sono note alla Porta; né è da stupirsi che in tali circostanze 1essa si mostri più arrendevole alle proposte d'armistizio.

* Si convenne dunque che gli altri cinque Rappresentanti (l'Ambasciatore di Francia avendo manifestato l'intenzione di ritornarvi oggi), si recherebbero oggi presso il Ministro degli Affari Esteri affine di interporre presso di esso più caldi officii nel senso delle proposte iniziate da Sir H. Elliot.

L'Ambasciatore Austro-Ungarico osservava a questo riguardo aver ricevuto la mattina stessa un telegramma pel quale il Canc·elliere Imperiale lo ragguagliava il Principe di Montenegro, cui quel Governo aveva nei passati giorni servito d'intermediario per regolare il vettovagliamento di quelle fortezze durante la sospensione delle ostilità, aver significato che per ragioni politiche e strategiche ,egli non intendeva fornire ulteriori pro'V'Vigioni a quella di Medun che per altri 3 giorni, a meno che nell'intervallo la Sublime Porta si fosse dichiarata pronta a conchiudere un regolare armistizio. Diveniva quindi della massima urgenza d'avere da'Ila Sublime Porta una risposta affermativa senza il menomo indugio, e fu inteso che si farebbe tutto il possibile per aV1erla in giornata.

Io osservai allora, che trattandosi di un atto di tanta importanza e sul quale si dovevano appoggiare le ulteriori trattative, non mi sembrava opportuno d'accontentarci d'una risposta verbale; il Ministro degli Affari Esteri potersi esprimere in modo più o meno categorico secondo che parlava coll'uno

o coll'altro dei Rappresentanti; essere indispensabile d'ottenerne una comunicazione scritta. I miei Colleghi trovarono opportuna [a osservazione, e fummo tutti d'avviso che si dovesse insistere affine d'ottenere un documento il quale servisse di punto di partenza per gli ulteriori concerti.

Si parlò indi del modo di stabilire i dettagli dell'armistizio qualora fosse accordato dalla Sublime Porta, e ritornò naturalmente in campo l'idea di servirsi degli Ufficiali Esteri per tale scopo. Uniformandomi alle istruzioni che l'E.V. si compiaceva impartirmi già da assai tempo in proposito, io appoggiai strenuamente questa misura. *

E mentre sto scrivendo queste linee compare il telegramma che V. E. mi faceva l'onore d'indirizzarmi in data di ieri (1). Era infatti stato inteso alla conferenza di ieri che nell'appoggiare le proposte iniziate dall'Ambasciatore della Gran Bretagna non si farebbe parola della minaccia del richiamo dei Capi di Missione da questa residenza. Nella quale risoluzione eravamo tanto più confermati dal fatto che Sir H. Elliot non aveva veramente avuto l'ordine di fare analoga dichiarazione alla Sublime Porta senonché quando questa avesse· effettivamente rifiutato le proposte di pace delle Potenze Garanti, il che non era intervenuto sinora in modo ufficiale, e S. E. se n'era valso anticipatamente

affine di esercitare maggior peso sulle deliberazioni definitive di quella. Le altre considerazioni contenute nel telegramma dell'E. V. mi serviranno parimenti di preziosa guida nella visita che sto per fare a questo Ministro degli Affari Esteri.

(l) I brani tra asterischi sono editi in LV 22, pp. 392-393.

(l) Non pubblicato.

473

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1100. Costantinopoli, 10 ottobre 1876, ore 18,45 (per. ore 18) (1).

Le ministre des affaires étrangères vient d'annoncer à nos drogmans que le Grand Conseil a décidé d'accorder l'armistice régulier jusqu'à la fin de mars. Demain on nous en donnera communication par écrit avec les conditions relati:ves. On nous enverra en meme temps une note contenant les réformes.

474

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 556. Firenze, 10 ottobre 1876, ore 22,30.

Safvet pacha a annoncé aujourd'hui aux drogmans des missions que le Grand Conseil a décidé d'accorder l'armistice régulier jusqu'à la fin de mars. Demain les représentants à Constantinople recevront communication par écrit avec les conditions de l'armistice. Il leur sera envoyé en meme temps une note contenant les réformes. La date de mars me paraissant mériter une con

firmation, je viens de télégraphier au comte Corti pour écarter toute équivoque à ce sujet.

475

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI, E AL CONSOLE IN MISSIONE A RAGUSA, DURANDO

T. 557. Roma. 10 ottobre 1876, ore 22,45.

Le Grand Conseil a accepté proposltion d'un long armistice. Demain les représentants des puissances à Constantinople recevront communication écrite

portant les conditions de l'armistioe. Je vous informerai de ces conditions dès que j'e les connaitrai. En attendant faites tous vos efforts pour préparer le Gouvernement princier à accepter cette suspension des hostilités.

(l) Sic nel registro dei telegrammi in arrivo; evidentemente una delle due ore è errata.

476

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 275. Roma, 11 ottobre 1876.

Mi preme di porgere sollecito riscontro al pregiato rapporto del 26 settembre, n. 545, che, speditomi dall'E. V. per mezzo di occasione sicura, è pervenuto a Roma in questi giorni (1).

La ringrazio anzitutto delle preziose notizie che V. E. mi viene fornendo. Il Ministero non mancherà, dal canto suo, di confrontare le indicazioni somministrate da Lei con quelle procedenti da altre fonti; e se ne emergessero dive·rgenze di qualche rilievo tosto mi affretterei a segnalarle a codesta Ambasciata.

Approvo interamente il contegno al quale V. E. si è appigliato nei suoi rapporti col Conte Andrassy. Dopo che questi ebbe, con tanta enfasi, a dichiarare di non poter ammettere che da altri venga la iniziativa deUe proposte e delle formale rispetto alle cose orientali, non sarebbe dicevole che, da parte nostra, si continuasse ad esporre le nostre idee a codesto Gabinetto intorno a quell'argomento. Importa però, d'altro lato, fare in guisa che il nostro atteggiamento non apparisca ispirato da altro sentimento che non sia quello di un dignitoso riserbo. L'E. V. ha perfettamente afferrato questa che è gradazione sottile e delicata bensì, ma non scevra di notevole importanza. Ella ha interamente ragione nel mostrarsi immune da qualsivoglia imbarazzo verso il Conte Andrassy; qualora questi volesse pigliare, rispetto a noi, la iniziativa di uno scambio di idee più intimo, e volesse anche spingere le cose fino ad una schietta spiegazione, non vedrei perché si avrebbero a respingere simili ·entrature. Se questa eventualità si avverasse, l'E. V. che ha piena conoscenza della nostra politica, e sa che il nostro linguaggio fu, con tutti i Gabinetti, franco ed uniforme, è in grado di affrontare con animo tranquillo qualunque discorso sopra questo tema. Ben sa l'E. V. che se noi non vogliamo provocare lo scambio di spiegazioni, cui siamo, del resto, affatto apparecchiati, la ragione ne è una sola: non avere cioè il Governo motivo di fare, in questa occasione, passi che potrebbero essere interpretati quasi una spontanea giustificazione, rimpetto al Gabinetto di Vienna, dell'operato nostro.

(l) Cfr. n. 441.

477

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1699. Berlino, 11 ottobre 1876 (per. il 18).

J'ai reçu la nuit dernière le télégramme de V. E. en date du 10 (1), sur la decision prise hier par le Grand Conseil à Constantinople. La méme nouvelle était parvenue au Ministère lmpérial des Affaires Etrangères, avec un renseignement en plus, auquel il était aussi attaché quelque importanc,e: la Turquie abandonnait aux Puissances le soin de régler les questions de détail concernant l'armistice. Il fallait attendre maintenant les communications par écrit, annoncées par Safvet Pacha, et si les Serbes consentiraient à accepter de leur còté une suspension d'armes avec un terme aussi prolongé. Le Secrétaire d'Etat espérait que les vues du Gouvernement de Belgrade l'emporteraient sur le parti qui préfèrerait la continuation de la guerl'le. Dans ce cas, les passions auraient le temps de se calmer, et le terrain deviendrait dès lors plus favorable a une entente.

Tout en me ralliant à cet espoir, j'ai dit à S. E. que je ne pouvais me défendre de la crainte que, cette fois encore, il ne se produisìt un incident qui vìnt entraver les efforts de conciliation. Il restait d'ailleurs une énorme distance à combler entre le programme anglais, appuyé par les autres Cabinets, ,et les propositions Turques, pour autant que celles-ci nous sont connues.

M. de Biilow croyait que la mauvaise, veine s'était un peu épuisée, lors méme qu'il existat, notamment en Russie, une grave difficulté qu'il ne sera pas aisé de surmonter. L'Empereur Alexandre avait fait violence aux sentiments de son peuple, en ne donnant pas son consentement à une intervention militaire pour secourir ses coreligionnaires dans les Balkans. Il faut quelque compensation à l'opinion publique surexcitée. Il faut que la campagne diplomatique offre un résultat sérieux, pour l'amélioration du sort des chrétiens en Turquie. Or, ce but est loin d'ètre atteint.

J'ai fait observer que, sous ce rapport, il était à regretter que le Prince Gortchacow, dans sa dernière communication du 9 octobre, ait posé une condition qui rendrait presque impossible un arrangement, du moment où il s'agirait de réunir une conference à l'exclusion de la Turquie. Je ne parlais pas de la seconde alternative indiquée par le Chancelier Russe, puisqu'eUe serait écartée par l'acceptation de l'armistice. Il me paraìssait que, dans les conjonctul'es actuelles, -j'ai bien eu soin de dire que j'émettais là un avis à moi tout à fait personnel, -il serait mieux de laisser reposer le projet de réunir une conférence. Les considérations pleines de sagesse développées le 7 courant (rapport N. 1696), (2) me semblaient plus que jamais de mise.

M. de Bi.ilow m'a répété qu'il ne pouvait que me confirmer ce langage. Le Cabinet de Berlin ne s'était pas encore prononcé définitivement sur le projet

d'une conférence. Il avait entièrement réservé le parti qu'il conviendrait de prendre, d'accord avec les autres Gouvernements. En me référant à mon télégramme d'aujourd'huy (1) ...

(l) -Cfr. n. 474. (2) -Non pubblicato.
478

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. P. 561. Roma, 12 ottobre 1876, ore 14.

En prenant occasion du langage de la presse viennoise contre l'Italie, j'ai eu hier un entretien avec l'ambassadeur d'Allemagne dans lequel j'ai exprimé mon regret de ce que nos relations avec l'Autriche fussent mises à une aussi rude épreuve par suite de malentendus dont je ne puis m'expliquer l'origine.

M. de Keudell, qui a des relations personnelles av,ec le comte Andrassy, m'a dit qu'en dehors de toute action officielle il s'emploierait volontiers à dissiper ce malentendu. J'ai cru que cette intromission toute personnelle pourrait avoir un bon résultat et je vous en préviens pour votre gouverne.

479

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1109. Costantinopoli, 12 ottobre 1876, ore 21,40 (per. ore .23,15).

J,e viens de recevoir les deux notes de la Porte. Par la prermere, Safvet pacha déclare que le Gouvernement impérial, prenant acte de la proposition des Puissances pour le rétablissement de la paix avec la Servie .et le Monténégro sur la base du statu quo ante beUum, ·et tout en se déclarant toujours prete à accepter les décisions des Puissances garantes au sujet des conditions proposées, donne son consentement à la conclusion d'un armistice régulier qu'il propose d'étendre à six mois à partir du 1/13 octobre. Il engage les Puissances médiatrices à désigner leurs délégués pour régler l'armistice sur les lieux. Oes délégués auraient à tenir compte de la nécessité de ne pas laisser réoccuper par les serbes les positions actuellement possédées par l'armée turque. La Porte aime à croire que les Puissances prendront des mesures efficaces et immédiates pour empecher dans l'intervalle l'introduction d'armes et de munitions de guerre dans les Principautés et mettre un terme à l'affluence de volontaires de dehors. Elle demande enfin que les Puissances médiatrices

excercent leur influence pour détourner les Principautés de toute tentative d'encouragement des mouvements insurrectionnels dans .!es provinces limitrophes. La seconde ne contient qu'une longue exposition des réformes à tout l'Empire. Ces réformes sont connues de V. E.

(l) Non pubblicato.

480

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 192/66. Londra, 12 ottobre 1876 (per. il 16).

I rapidi mutamenti testé avvenuti nell'aspetto della Quistione Slavo-Twrca non hanno dato tempo di delinearne i principali caratteri per additare il vero indirizzo verso il quale essa volgeva. Gli ultimi fatti hanno però alquanto rischiarato la posizione e quantunque una soluzione delle difficoltà insorte non sia forse ancora prossima, si manifestano tuttavia più palesemente le intenzioni dei principali attori di quel grande dramma.

Non riandrò le varie fasi del medesimo a partire dal rifiuto fatto dall'Inghilterra di aderire al Memorandum dei tfle Cancellieri Imperiali, ma mi limiterò ad accennare i varii rinvolgimenti della opinione in questo paese dopo che furono denunziate aU'Europa le crudeltà delle quali le provincie insorte furono vittime per parte delle truppe Turche.

Allorquando il Governo Britannico mandava la sua potente flotta a Besika e procedeva con mani:liesta ed estesa attività agli armamenti ed all'ordinamento delle sue forze, l'Inghilterra applaudiva al Ministro Disraeli che mostrava al Mondo la Potenza della Nazione faceva intendere che la quistione di Oriente non si sarebbe sciolta senza il suo preponderante intervento.

Ma le notizie delle atrocità rimproverate ai Turchi, delle quali i giornali si erano già preoccupati diedero luogo ad una esplosione di indignazione che ebbe pe·r principale interprete l'Onorevole Gladstone che col suo opuscolo intitolato Bulgarian Atrocities diede il segnale dei numerosi Meetings nei quali si protestava contro simili fatti e si accusava il Governo di avervi indirettamente contribu1to colla protezione accordata alla Porta contro le minaccie di altre Potenze. Mentre un sentimento di elevato filantropismo era il principale movente delle parole dell'Onorevole Gladstone, 'l'opposizione coglieva pretesto per osteggiare il Ministero in discorsi e manifestazioni spesso violenti e nei quali talvolta si escì dai limiti di quel contegno dignitoso che è solito in questo paese. Per altra parte le risposte sdegnose e sardoniche date in diverse occasioni dal Signor Disraeli, diventato Lord di Beaconsfield, irritavano mag

giormente; si accusava Sir H. Elliot d'incapacità o di connivenza, si faceva appello al Parlamento di cui si chiedeva la convocazione, e per qualche tempo il Ministero già così forte sembrò assai scosso dalla sua base. Ma il linguaggio temperato e ragionato tenuto da Lord Derby alle diverse deputazioni che gli si presentarono, quello tenuto da altri Ministri in circostanze consimili, il risultato della inchiesta fatta per ordine del Governo dal Signor Baring e resa di pubblica ragione contribuirono assai a calmare l'opinione ed a condurla ad esaminare le cose sotto i loro diversi aspetti. Intanto le sottoscrizioni per le vittime della Bulgaria che sembravano dover produrre somme ragguardevoli diedero resultati relativamente meschini. Mentre l'ultimo discorso del Signor Forster, membro della opposizione ed uomo fra i più eminenti ed influenti del Parlamento, dava appoggio al Governo anziché oppugnarlo e portava la discussione al disopra delle passioni di parHto mostrando che fatta la parte dei sentimenti di umanità col protestare contro le atrocità commesse in Bulgaria, vi era per l'Inghilterra, dietro questo crudele incidente, una quistione che dominava le altre e sulla considerazione della quale esso doveva ognora guidare la sua Politica.

Questa sta nel ritardare per quanto possibile lo sfasciamento dell'Impero Ottomano e nello impedire in ogni modo che Costantinopoli soggiaccia al giogo della Russia.

La stampa non restò indietro di questo movimento anzi lo accentuò maggiormente con violenti accuse contro la Russia additandola come la promotrice della insurrezione e di tutti i disordini che ne sono la conseguenza.

Con tutto ciò una grande modificazicme si è fatta nella opinione pubblica; si lamentano gli eccessi dei quali la Bulgaria fu vittima; si vede la necessità d'impedirne il ritorno e si vuole fortemente che il Governo agisca con energia per indurre la Turchia ad introdurre nel suo Governo tali rifome che riconducano la pace nelle provincie desolate e diano serie garanzie per tutelare contro gli eccessi delle autorità e dei suoi seguaci, le popolazioni che ne furono finora le vittime. Ma si respinge ad un tempo in modo assoluto l'idea di qualsiasi occupazione per parte della Russia di una parte del territorio Turco, imperocché questo fatto sarebbe considerato come foriere della realizzazione della politica della Russia che si suppone avere per obiettivo l'annessione delle provincie sulla destra del Danubio, e la dominazione in Costantinopoli.

Questo sentimento è conforme a quanto mi diceva ultimamente Lord Derby e che riferii a V. E. in un mio telegramma cioè che l'Inghilterra si sarebbe opposta in modo assoluto alla occupazione proposta della Bulgaria per parte della Russia, mentre una così viva opposizione non incontrerebbe forse la occupazione della Bosnia per parte dell'Austria.

La proposta di largo armistizio testé fatta dalla Sublime Porta apre una nuova fase che darà probabilmente qualche tempo di respiro; in quell'intervallo potrà la Turchia escogitare, introdurre le riforme desiderate dal1e grandi potenze? Potrà essa dare garanzie certe che desse saranno mantenute e che non diverranno lettera morta come molte di quelle precedentemente proclamate e che non valsero che a rendere più pesante la mano dell'amministrazione centrale? Nessun nuovo incidente sorgerà a mettere a repentaglio le speranze di pace che si hanno tuttora?

Non sarei in grado di dirlo, ciò solo credo di potere asserire ed è che in Inghilterra si vuole vivamente e sinceramente la pace, ma che intanto si è pronti a sostenere la guerra ove questa venisse a scoppiare.

41 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

481

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 564 Roma, 13 ottobre 1876, ore... (1).

Voici le texte du télégramme que je reçois de Constantinople relativement aux conditions de l'armistice:

• Je viens de recevoir les deux Notes, etc. » (Vedi telegrammi arrivati,

n. 1109) (2).

Veuillez m'informer de l'impression que oes conditions ont faite sur le Gouvernement auprès du quel vous étes accrédité, en égard aux sentiments de la Russie signalés dans mon télégramme d'hier (3). Informez moi, surtout, des démarches que ce Gouvernement compte faire pour donner suite aux communications de la Porte. Quant à nous, nous devons pour le moment réserver notre opinion définitive, mais je crois devoir vous faire observer dès à présent que la réponse de la Porte formulée dans deux notes séparées, ne répond que trop imparfaitement aux exigences auxquelles toutes les Puissances s'étaient engagées à pourvoir. Je suis d'avis que six semaines ou deux mois au plus sont suffisants pour venir à une entente sur les réformes à introduire dans les provinces qui ont formé l'objet de la sollicitude des Cabinets européens et que conséquemment la Porte, qui semble prete à accepter les décisions des puissances au sujet des conditions qui lui ont été proposées, devrait étre mise en demeure d'avoir à régler, dans ce laps de temps et par la voie mternational cette questione dont les Gouvernements qui ont adhéré à la Note Andrassy et au Mémorandum de Berlin ne peuvent pas se désintéresser.

482

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 36. Pietroburgo, 13 ottobre 1876 (per. il .20).

L'andata del Signor Bratianu e di altri membri del Governo Rumeno a

Livadia ha dato luogo a molti commenti.

Il Signor Giers cui tenni parola di questa missione mi disse che ogni anno

il Principe Carlo mandava a complimentare l'Imperatore al suo arrivo in Li

vadia ,e che questa volta in vista della gravità della situazione il Capo del Mi

nistero aveva voluto recarsi in persona per conferire con Sua Maestà l'Impe

ratore e col Principe Cancellie·re sulla situazione della Rumenia di fronte alla

eventualità di occupazione per parte della Russia delle provincie finitime, e

più specialmente delle difficoltà che crea al Governo di Bukarest il passaggio

dei volontarii russi che si recano in Serbia.

{l) II telegramma fu spedito alle varie ambasciate fra le ore 22 e le 24.

13) Non pubblicato.

Seppi che dapprincipio l'Imperatore si mostrò poco disposto a ricevere la missione Rumena ma che cedette dinnanzi aHe vive istanze del Principe Carlo e del Signor Bratianu cui preme di discolparsi delle accuse che gli vengono fatte di mostrarsi ostile alla Russia.

Circa gli armamenti della Rumenia il Signor Giers li spiega col desiderio di non lasciarsi sorprendere nelle eventualità che potranno presentarsi.

Confermando quanto già ebbi occasione di riferire all'E.V. nei miei precedenti rapporti sulla situazione interna dell'Impero aggiungo che dopo la partenza del Granduca Ereditario per Livadia partì a quella volta il Ministro delle Finanze. La riunione presso l'Imperatore dei principali Ministri non fa che accrescere !'·emozione del pubblico.

La situazione economica del paese si risente assai di questo stato di cose. Le transazioni commerciali sono assai difficili e sovratutto va restringendosi il mercato monetario. La Banca di Stato ha elevato il suo sconto all'Blf.z % privati stabilimenti di credito fino al lO %.

Non cessa però la partenza di volontarii e l'invio di soccorsi in denaro per gli Slavi d'Oriente. Per iniziativa della società di soccorso ai feriti Serbi si accolgono vistose somme che vengono mandate, direttamente al Generale Tchernajeff. Il solo Comitato di Pietroburgo raccolse nello scorso Settembre ben 300 mila rubli.

Al Ministero della Guerra si nota una grande attivi·tà; le fortezze del Mar Nero sono armate e ad Odessa si innalzano nuove fortificazioni.

Una recente circolare del Generale Miliutine ordina una rassegna degli ufficiali della Riserva. Movimenti di truppe, eccetto al Caucaso. non vennero finora ordinati.

Non mancherò di continuare a ragguagliare V.E. sulla condizione delle cose qui...

(2) Cfr. n. 479.

483

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 569. Roma, 14 ottobre 1876, ore 23.

J'approuve votre attitude vis-à-vis du comte Andrassy. Après qu'il a cherché deux fois à s'expliquer avec nous, nous aurions mauvaise gràce en affectant trop de réserve. V.E. saura donc se ménager .l'occasion pour avoir avec le comte Andrassy la conversation à fond qu'il semble désirer, sans montrer, toute fois, un empressement qui ne serait pas de mise après les violentes attaques de la presse officieuse autrichienne. Les points au sujet desquels le comte Andrassy pourra vous entretenir sont essentiellement trois: l) Velléités annexionnistes de l'Italie concernant le Tyrol et les frontières de l'lsonzo; 2) Politique italienne favorable à la nationalité Slave; 3) Opposition de l'Italie à l'agrandissement de l'Autriche en Bosnie. Sur le premier point j'ai déclaré que le Gouvernement de Sa Majesté ne répond pas des idées personnelles de tel ou tel autre personnage politique ou rédacteur de journaux. La conduite du

Gouvernement s'est inspirée toujours du désir de conserver ses bonnes relations avec l'Autriche-Hongrie, et le Cabinet actuel a du, pour ne pas compromettre cet intérèt, s'exposer dès les premiers jours de son existence, à des luttes parlementaires qui ont assez démontré la sincérité de ses intentions. V.E. a dans mes depèches du mois de juin au sujet de l'anniversaire de Legnano, les indications nécessaires pour répondre aux observations que le comte Andrassy pourrait lui adresser. Sur le deuxième point je crois qu'il vous sera facile de répondre que la politique de l'Italie n'a subi aucun changement. Nous avons désiré le statu quo à un degré que le comte Andrassy a jugé féroce. Mais du jour où l'opinion publique générale, non seulement de l'Italie mais de presque toute l'Europe, s'est énergiquement prononcée contre la conservation du régime que la Turquie a appliqué jusqu'ici à ses trois provinces Slaves, nous ne pouvions résister tous seuls à ce courant de l'opinion publique et nous avons formulé une proposition dont le comte Andrassy a eu connaissance et qui, à notre avis, aurait pu éviter bien des malentendus. Nous proposions que l'on· introduise dans les trois provinces troublées par les derniers événements un régime pouvant assurer la coexistence pacifique des Chrétiens et des Musulmans, et nous n'avons accepté les formules proposées par d'autres Cabinets que dans le but de ne pas nuire à l'unanimité de l'accord des puissances, unanimité que nous croyons indispensable. Sur le troisième point, nous n'avons aucun mystère à garder. Nous devons loyalement dire au comte Andrassy que nous considérons comme contraire au intérèts de l'Italie l'agrandissement, aux dépens de la Turquic, de la Puissance qui est déjà prépondérante dans l'Adriatique. Quand nous avons été informés que dans 1es entrevues des Empereurs il en avait été question, nous n'avons pas hésité à faire connaìtre à quelques cabinets amis notre manière de voir. Mais la politique du comte Andrassy nous ayant toujours été présentée comme contraire aux projets d'annexion d'autres provinces Slaves, nos objections visaient plut6t certaines tendances bien connues existant à Vienne que les projets du Cabinet actuel austro-hongrois. Quant à la presse, je puis vous donner l'assurance que je n'ai pas manqué de faire entendre, aux personnes pouvant exercer sur elle une certaine influence, que ce serait faire preuve de manque de patriotisme que de s'engager dans une

polémique qui pourrait altérer nos bons rapports avec l'Autriche-Hongrie.

484

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, E A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO

D. Roma, 14 ottobre 1876.

Mi giunse, la sera di jer l'altro, il riassunto telegrafico delle due note rimesse dalla Sublime Porta ai rappresentanti delle Potenze garanti circa l'armistizio e circa le condizioni della pace.

Con la prima nota S.E. Safvet pascià dichiara che il Governo Imperiale, pigliando atto della proposta delle Potenze per il ristabilimento della pace coi Principati di Serbia e di Montenegro sopra le basi dello statu quo ante bellum, e pur dichiarandosi pronto ad accettare le decisioni delle Potenze rispetto alle condizioni proposte dalla Sublime Porta, porge il suo consenso alla conclusione di un armistizio regolare che suggerisce di estendere ad una durata di sei mesi a decorrere dal 1°-13 ottobre. Nella nota stessa Safvet pascià fa invito alle Potenze mediatrici di designare i loro delegati per regolare l'armistizio sopra i luoghi; i quali delegati avrebbero a tener conto della necessità di non lasciare rioccupare dai Serbi le posizioni attualmente possedute dai Turchi. La Porta si lusinga che le Potenze vorranno prendere misure efficaci ed immediate per impedire che nell'intervallo continuino ad introdursi nei Principati armi e munizioni da guerra e per mettere un termine all'affluenza di volontari dall'estero. Infine la Sublime porta chiede, nella nota stessa, che le Potenze mediatrici spieghino la loro influenza per dissuadere i Principati da ogni tentativo di incoraggiamento dei moti insurrezionali nelle provincie limitrofe.

La seconda nota di Safvet pascià contiene una lunga esposizione delle riforme, che sarebbero da applicarsi a tutte le provincie dell'Impero. Le quali riforme, sancite nel gran Consiglio tenutosi a Costantinopoli il 10 di questo mese, sono ormai universalmente note.

La nostra prima impressione fu che le condizioni poste innanzi dalla Sublime Porta non vadano immuni da serie difficoltà di attuazione. Come potranno le Potenze, ad esempio, impedire che ricada sotto il dominio dell'autorità serba quella parte del territorio principesco che verrebbe sgomberata dalle forze ottomane? Del pari può obiettarsi che la clausola relativa al divieto di introdurre armi e munizioni, o pecca contro l'equità, se la si deve applicare ai soli Principati, o riesce di impossibile osservanza, se la si deve applicare anche alla Turchia. Della affluenza di volontari non è qui H caso di discorrere, essendo cosa che non ci tocca; però, ben può chiedersi come si voglia provvedere ai molti insorti erzegovesi e bosniaci che sono oggi ammassati ed ordinati in battaglioni sulla frontiera montenegrina. Per Queste considerazioni ci sembra di dover riservare pel momento la nostra opinione definitiva, non potendo dissimulare a noi stessi che la proposta formulata dalla Sublime Porta troppo imperfettamente corrisponde alle esigenze cui le Potenze eransi impegnate a provvedere. Certo è che una tregua di sei settimane, o di due mesi al più, sarebbe stata ampiamente sufficiente per venire ad un accordo sulle riforme da introdursi nelle provincie alle quali è rivolta la sollecitudine dei Gabinetti europei. La Sublime Porta che sembra disJl{lsta ad accettare il giudizio delle Potenze rispetto alle condizioni di pace che essa ha formulato, dovrebbe essere incitata a definire, entro (!Uel termine e mediante acconci uffici diplomatici, la quistione che le Potenze garanti hanno oramai contratto l'obbligo di risolvere.

Questi sono i pensieri che un primo esame della risposta ottomana ci ha

~uggeriti. Sarà mia cura di farle conoscere in breve le risoluzioni formali a

cui il R. Governo sarà per appigliarsi dopo un più maturo studio della si

tuazione.

485

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, A VITTORIO EMANUELE Il

(ACR)

L.P. l. Berlino, 14 ottobre 1876.

Les incidents qui se sont succedés dans ces derniers temps, indiquent assez que le hasard, ou à défaut du hasard quelque main mystérieuse, conduit les événements par des chemins QUi mènent à des graves complications. Il faut faire sans doute une large part aux allures du Gouvernement Turc qui, sous un semblant de condescendance, dénature chacune des propositions de l'Eurape, et décline d'ailleurs d'assumer par un accord synallagmatique avec les Puissances, l'engagement d'exécuter ses promesses. Sa réponse à la démarche pour un armistice régulier, a été dictée dans le mème esprit qui l'a induit à généraliser les réformes, au lieu d'accepter purement et simplement le programme présenté par l'Angleterre et appuyé par les autres Puissances. Il offre plus qu'on ne lui réclame. Mais, tout en faisant la part de l'aveuglement de la Turquie, il est de fait que le Cabinet de Saint Pétersbourg, s'il n'en est pas le complice, ne résiste que faiblement au parti slave. Sous le prétexte d'affinités de race et de religion, ce parti travaille à reprendre les traditions un peu confuses de l'histoire de la Russie, lesquelles, jusqu'ici du moins, ne semblaient pas entrer dans les asoirations de l'Empereur Alexandre. Ce Souverain persiste à déclarer qu'il n'agit que dans un but désintéressé et de conciliation, ne visant qu'à améliorer le sort des chrétiens en Orient. En attendant, les Conseillers, placés eux-mèmes sous le coup d'une opinion publique surexcitée, prennent des allures de plus en plus décidées. Les instruc.tions que reçoivent les Représentants du Tsar près les Cours étrangères, témoignent d'une irritation, d'une impatience de mauvais augure. La mission du général Soumarokow était évidemment calculée pour précipiter la marche des choses, pour peu que l'Autriche eut cédé à la tentation de se prèter au projet d'une occupation mixte. Heureusement que l'Empereur François-Joseph a fait la sourde oreille et s'est retranché derrière le paravent d'une entente entre les Puissances. Pour autant, la partie n'est pas abandonnée. Le Cabinet de Saint Pétersbourg saura faire éclater au besoin quelque bombe, qui réduira à néant toute combinaison n'étant pas de nature à satisfaire ses desseins. Il a eu soin de se ménager, entre autres en Serbie, des instruments dociles pour remplir à la 1ettre le mot d'ordre. ll ne veut accorder, ni treve, ni repos, à la Turquie, jusqu'au moment où un épuisement de forces la contraindra à se rendre à merci. La Sublime Porte, se disant elle-mème près d'ètre débordée par le mouvement des esprits, se raidit au point de ne pas reculer devant la perspective d'un duel à mort avec ses adversaires. Cette perspective parait aussi Hre discutée à Livadia, où le général Milioutine a fait récemment une course, et où se trouvent aujourd'hui le Césarévitch, le Ministre des Finances et le Commandant en chef des forces navales de la Mer Noire.

C'est là un jeu dangereux, car il est fort problématique que l'Angleterre

nommément, et meme l'Autriche, donnent un • lascia passare • à la Russie.

Celle-ci, en voulant trop tendre la corde, court le risque de la rompre. En

admettant meme que de prime abord le Cabinet de Londres prìt une attitude

expectante, il ne tarderait pas à se croire dans l'obligation d'intervenir à son

tour, pour déjouer les plans de la Russie.

Ce ne sont encore là que des conjectures, mais il est sage de ne pas les

perdre de vue, et de se tenir prets à toute éventualité.

Pour ce qui nous concerne, la neutraUté serait assez indiquée, tant que l'Autrique et l'Allemagne gardent la meme attitude. Selon toute probabilité, ce sera cette ligne de conduite qui sera adoptée par le Cabinet de Berlin, soit pour rendre la pareille à la Russie qui s'est montrée si bienveillante à son égard en 1870, soit pour tenir la France en échec. Mais si la conflagration devenait généra·le malgré les efforts qui se feront ici pour la localiser, le moment serait alors arrivé pour l'Italie de se placer résolument dans le groupe des Puissances qui lui assureraient les meilleures chances de succès et de profit. Or, je crois que la balance penderait en définitive du cOté où l'Allemagne mettrait son épée. Elle ne s'engagera dans une lutte, qu'à la dernière extremité, et après n'avoir rien négligé pour la prévenir. Elle s'emploie activement à cet effet. Nos efforts se rencontrent avec les siens pour la conservation de la paix générale, et, si elle devait etre troublée, j'estime que ce serait en continuant à rester à ses còtés, que nos intérets auraient le moins à souffrir. Espérons, quoiqu'il y ait déjà de la poudre dans l'air, qu'un bon vent éloignera cette fois encore l'orage. Quand il sera démontré que le danger ne saurait etre écarté il conviendra de provoquer une entente sérieuse avec l'Allemagne. A cet effet, nous devons nous appliquer de plus en plus à faire désirer notre alliance, soit par un ordre parfait dans nos conditions intérieur.es, soit par le développement régulier de nos forces militaires.

Nous ne pouvons au reste que nous en remettre en toute confiance à Votre Majesté, dont la perspicacité n'a jamais fait défaut, ni à la Sardaigne, ni à l'Italie entière.

Votre Majesté aura remarqué l'insolence de deux articles de la Wiener Presse en réponse à l'Opinione, qui rappelait où l'Italie devrait chercher des compensations, en cas de remaniement de la carte par suite de la crise orienta•le. Ces articles ont été reproduits par la Nord deutsche AHgemeine Zeitung, en les accompagnant de l'observation que, en parlant ainsi, la Wiener Presse était dans son droit.

L'Opinione, qui au reste n'a aucune attache ministérielle, eut miex fait de ne pas aborder une question aussi délicate. Mais son raisonnement était hypothétique. Il présupposait une entente à établir ·entre les Puissances. Qu'une Gazette de Vienne riposte avec des phrases d'aussi mauvais gout, le fait est moins étrange, que de voir un journal de Berlin l'estampiller de son approbation. Je savais que ce journal avait perdu son caractère officieux, lors meme qu'il passat encore pour tel aux yeux de la presse étrangère. Je ne présentais donc aucune observation au Cabinet de Berlin. Je me bornais à signaler le fait à mon Gouvernement.

C'est dans ee sens que je me suis exprimé dans un entretien que j'ai eu lundi dernier avec S.E. M. de Biilow, Secrétaire d'Etat pour les Mfaires Etrangères. Lui aussi, regrettait que la Nord deutsche Allgemeine Zeitung se fut mèlée à une telle polémique, mais il était en effet notoire que le Gouvernement Allemand par I'organe du Prince de Bismarck, avait décliné, il y a un an, toute responsabilité des articles de ce journal. Pour ce qui nous concernait, le Secrétaire d'Etat avait pleine confiance das la continuation de nos bons rappor,ts avec I'Autriche-Hongrie, et que par conséquent, de part et d'autre, on s'appliquerait à observer les devoirs internationaux.

Je me suis réferé, avec M. de Biilow, à ce que j'avais eu déjà I'occasion de dire dans une occasion récente, à propos de certaine éventualité d'une occupation de la Bosnie. Nous consentions volontiers, et nous le prouvions chaque jour par notre attitude, à mettre en première ligne les intérets généraux de I'Europe, mais pour autant que les autres Etats, ,et surtout nos voisins, ne s'écartent pas de ce programme pacifique et désintéressé. Autrement, notre Diplomatie s'attirerait à juste titre le reproche de manquer à ses devoirs envers le Roi et le Pays. En se plaçant sur ce terrain, elle fait acte de loyauté visà-vis des amis de l'Italie, parmi les quels I'Allemagne occupe le premier rang, et donne un avertissement à ceux Qui seraient tentés de devenir un jour ses adversaires.

486

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, A VITTORIO EMANUELE II

(ACR)

L.P. 2. Berlino, 14 ottobre 1876.

Voici le résumé des nouvelles d'aujourd'hui.

La Russie déclare qu'un armistice de six mois, non seulement n'est pas nécessaire, mais contraire aux intérets de la paix, -qu'elle ne saurait en recommander I'acceptation ni à la Serbie ni au Monténégro, -que le commerce et l'industrie souffriraient partou de plus en plus d'une prolongation aussi démesurée de I'incertitude, et que, dès lors, elle doit insister pour un armistice d'un mois à six semaines.

L'Angleterre invite I'Allemagne à s'employer à Livadia pour que bon accueil soit fait à la réponse de Constantinople.

La France ,et l'Autriche seraient d'avis que cette réponse est susceptible de discussion. Nous réservons notre opinion définitive, tout en Iaissant entrevoir que I'attitude de la Turquie ne satisfait qu'imparfaitement, aux exigences auxquelles les divers Cabinets s'étaient engagés à pourvoir.

Ainsi que mes collègues ici, j'ai été chargé de sonder les intentions du Cabinet de Berlin. Le Secrétaire d'État nous a dit à tous, qu'il ne pouvait se prononcer avant d'avoir pris les ordres de l'Empereur et les instructions de Son Chancelier. Il émettait cependant, vis-à-vis de moi, l'opinion que le Gouvernement Ottoman eut agi plus sagement, en acceptant d'une manière pure et simple les propositions des Puissances, soit pour les réformes, soit pour la cessation des hostilités. Il est de fait que, en accordant plus qu'on ne lui demandait, la Sublime Porte provoque au moins un sentiment assez général de surprise, et que les doses qu'elle administre ne sont pas acceptées partout sans quelque défiance.

E n attendant, voici l'Angleterre et la Russie dans des camps opposés, quant au jugement qu'elles portent sur la communication récemment faite par la Turquie. Cela n'est certes pas d'un bon augure pour la marche ultérieure des événements.

487

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 572. Roma, 15 ottobre 1876, ore 23,40.

Lord Derby m'a fait communiquer avant hier un télégramme dans lequel il exprimait l'espoir que le Gouvernement du Roi ne refuserait pas d'appuyer la démarche faite par l'Angleterre, l'Autriche, la France et l'Allemagne relativement à l'armistice. Il croyait que notre refus pourrait avoir des conséquences désastreuses en montrant que les Puissances ne sont pas d'accord et en encourageant la continuation de la guerre par la Serbie. J'ai répondu au Chargé d'affaires britannique que le Gouvernement de Sa Majesté avait fait connaltre par l'entremise de son Ambassadeur à Londres l'impression que lui avait produit la contreproposition turque relative à l'armistice. Je n'ai pas exprimé l'intention de refuser d'accepter cette contreproposition, mais je ne pouvais fermer les yeux sur les très-graves inconvénients qui pourraient en deriver. Les dispositions défavorables des Gouvernements de Belgrade ,et de Cettinje, étaient à prévoir du moment que le langage des agents russes avait été dès le pr,emier jour de nature à laisser comprendre que la réponse de la Turquie n'était pas jugée satisfaisante à Livadia. Nous avons pensé que, dans une situation très-délicate les résolutions ne devaient pas étre subites et V. E. a été informée des réserves dont nous jugions à propos d'entourer notre décision définitive. Nous ne pouvions d'ailleurs oublier que les dernières démarches faites à Belgrade pour obtenir la prorogation de l'armistice avaient rencontré un refus et que ce refus n'avait été adressé qu'à l'Italie et à l'Angleterre, car les autres Puissances en présence des dispositions défavorables de la Serbie, s'étaient abstenues de faire les mémes démarches.

Hier, ainsi que V. E. en a été informé, la Russie a fait une déclaration formelle de ses intentions au sujet de la durée de l'armistice et dans l'aprèsmidi, j'ai reçu du Comte Launay un télégramme (l) dans lequel il m'informe que le Cabinet de Berlin réserve comme nous le jugement définitif et que M. de Biilow attendait les instruotions qu'il avait demandées. Je n'ai pas cru devoir laisser ignorer à M. Malet cette information qui était en contradiction avec la

proposition qu'il m'avai't faite le jour avant, dans laquelle on nous pressait de nous associer aux démarches auxquelles l'Allemagne s'associait. M. Malet a reçu aujourd'hui un nouveau télégramme dans lequel son Gouvernement nous presse de plus en plus à appuyer la proposition d'armistice de cinq mois. Lord Derby parle de la responsabUité qui peserait sur l'Italie et me rappelle l'engagement pris de marcher d'accord avec la Grande Bretagne.

Je désire que V. E. s'explique avec Lord Derby sur ce point qui est trèsimportant. J'ai exprimé le désir de procéder d'accord avec le Cabinet de Londres dans le but de préserver I'Europe des conséquences d'une guerre à laquelle prendrait part l'une ou l'autre des Grandes Puissances. Ce but ne serait plus atteint si par une résolution précipitée nous compromettions les résultats obtenus jusqu'ici. Si l'Angleterre et la Russie s'étaient trouvées en tete-à-tete, je ne crois pas que la paix aurai>t été maintenue jusqu'à ce jour. La pression que le Cabinet anglais voudrait exercer sur nous tend à nous faire passer outre sur le refus de la Russie d'accepter la contreproposition de la Turquie. A un pareil procédé, la Russie pourrait répondre en passant outre à son tour sur les déclarations des puissances favorables à l'armistice. Des officiers anglais qui sont en ce moment au Caucase, doivent avoir informé leur Gouvernement que les dispositions militaires entrent déjà dans le phase d'exécution. Nous pouvons ne pas envisager la situation au meme point de vue que d'autres Cabinets, mais nous croyons que l'on servirait beaucoup mieux les intérèts de la paix, en tàchant d'amener une transaction entre la première demande russe et la contreproposition turque au'en faisant maintenant une démonstration diplomatique qui, en constatant l'isolement de la Russie mettrait cette puissance dans le cas qu'elle a prévu depuis quelque temps dans une de ses communications à tous les Cabinets. Néammoins, pour témoigner à Lord Derby le désir que nous avons de maintenir l'accord de toutes les Puissances, j'avais déjà désigné hier les commissaires à envoy.er sur les lieux pour arreter les conditions de détail de l'armistice et aujourd'hui j'ai télégraphié à Belgrade et à Cettinje les instructions qui suivent: • Sur les instances de l'Angleterre, les autres Puissances paraissant disposées, malgré l'avis contraire de la Russie, à accepter les contrepropositions de la Porte, vous préparerez 'le Gouvernement auprès duquel vous etes accrédité, à ne pas entraver par un refus absolu les intentions bienveillantes de l'Europe •.

(l) Non pubblicato.

488

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 83. Roma, 15 ottobre 1876.

Avevo avuto, in questi ultimi giorni l'occasione di esporre all'Incaricato d'affari britannico, intorno alle decisioni testè prese dalla Sublime Porta ri spetto all'armistizio, quelle considerazioni stesse che, accennate dapprima nei 594

telegrammi del 12 e del 13, trovansi indi riassunte nel dispaccio spedito ieri

a V. E., sotto il n. 81 di questa Serie (1).

Debbo presumere che il Signor Malet stesso non avesse strettamente af

ferrato il mio concetto, o che lo avesse imperfettamente riferito al Foreign

Office. Imperocché ieri mattina il Signor Malet stesso è venuto da me con

un telegramma di Lord Derby, nel quale questi, movendo dalla supposizione

che il Governo italiano voglia rifiutare l'armistizio di sei mesi offerto dalla

Sublime Porta, richiamava la nostra attenzione sopra 'le conseguenze disastrose

d'un simile rifiuto, come quello che avrebbe mostrato discordi le Potenze

ed incoraggiato la Serbia a continuare la guerra. Sua Signoria soggiungeva, nel

telegramma, esser sua fiducia che il Governo del Re, dopo migliore rifles

sione, non si sarebbe ricusato ad appoggiare gli officii fatti presso i due Prin

cipati, dall'Inghilterra, daH'Austria-Ungheria, dalla Francia e dalla Germania

per l'accettazione dell'armistizio.

Risposi all'Incaricato d'Affari britannico che il Governo del Re aveva fatto schiettamente conoscere, per mezzo del suo Ambasciatore a Londra, l'impressione riportata da un primo esame della controproposta ottomana relativa all'armistizio. Non fu mai animo nostro di respingere questa controproposta, ma noi non potevamo dissimulare a noi stessi i gravissimi inconvenienti che ne sarebbero forse derivati. Il fatto stesso che gli Agenti del Governo Imperiale di Russia, fin dal primo giorno erano stati incaricati di dichiarare che la risposta della Sublime Porta non erasi giudicata soddisfacente a Livadia, già lasciava prevedere che a Belgrado ed a Cettigne, si sarebbero incontrate disposizioni tutt'altro che favorevoli. Noi non potevamo dimenticare, d'altronde, che gli officii fatti negli ultimi giorni di Settembre a Belgrado per la proroga della sospensione d'armi avevano provocato un rifiuto del Governo principesco, e che ta~e rifiuto era stato subito dall'Irtalia e dall'Inghilterra, essendosi le altre Potenze astenute da ogni pratica di fronte all'atteggiamento poco propizio della Serbia. In una parola noi pensammo che, in una situazione così delicata, le risoluzioni nostre non dovevano essere precipitose, e V. E. ebbe tosto notizia delle riserve alle quali noi stimavamo dover connettere la nostra decisione definitiva.

Né le informazioni che ci venivano giungendo circa gl'intendimenti dei varii Gabinetti erano di tal natura da consigliarci altra linea di condotta. Lascio a parte la Russia, della Quale è nota la dichiarazione formale di disapprovazione, e che secondo telegramma pervenutomi questa sera da Costantinopoli, l'avrebbe partecipata al suo Rappresentante presso la Sublime Porta con un dispaccio in tutte lettere. Ma anche per ciò che riflette le altre Potenze le notizie nostre non concordano punto con quelle contenute nel telegramma del Foreign Office, secondo le quali già si adopererebbero a Belgrado, per l'accettazione dell'armistizio, la Francia, la Germania e l'Austria-Ungheria. Ho sotto gli occhi un telegramma speditomi nel pomeriggio di ieri dal Conte de Launay (2) ed ivi è detto che il Gabinetto di Berlino riserva, al pari di noi il suo giudizio definitivo. E questa sera stessa mi è giunto un telegramma del Conte Corti (2) secondo il quale il solo Rappresentante britannico avrebbe finora ricevuto

cenno di approvazione esplicita da parte del propriO Governo. Oggi intanto è tornato da me il Signor Malet con un altro telegramma, nel quale il Conte Derby ci incita semore più ad appoggiare la proposta del lungo armistizio. Lord Derby parla della responsabilità che peserebbe sopra l'Italia e ricorda gl'impegni da noi assunti. Ora appunto a questo riguardo io desidero che V. E. abbia una franca spiegazione, di cui è troppo evidente l'importanza.

Noi abbiamo espresso e nutriamo tuttora il desiderio di procedere d'accordo colla Gran Brettagna all'oggetto di preservare l'Europa da una guerra alla quale pigli parte questa o quella tra le grandi Potenze. L'intento nostro non sarebbe manifestamente più raggiunto se, con una risoluzione avventata, noi compromettessimo i risultati finora ottenuti. Certo è che giammai la pace avrebbe potuto mantenersi fino a questo giorno se l'Inghilterra e la Russia fossero state lasciate sole, l'una rimpetto all'altra. E la pressione che il Gabinetto britannico esercita sopra di noi avrebbe per effetto, precisamente, di creare una situazione analoga e gravida degli stessi pericoli. Dovrebbe la Gran Brettagna indurre noi e le altre Potenze a passar oltre sopra il rifiuto della Russia di accettare la controproposta della Turchia. Ad un siffatto procedere potrebbe replicare la Russia passando oltre sopra le dichiarazioni delle Potenze favorevoli all'armistizio. Si pensi (certamente la cosa non è ignota all'Inghilterra, che ha attualmente degli Ufficiali nel Caucaso), si pensi che dal lato dell'Asia gli apprestamenti militari della Russia sono già in quello st.:H'Iio rhe prelude all'esecuzione. E' possibile, che nel giudicare la situazione, noi ri collochiamo ad un punto di vista diverso da quello degli altri Gabinetti. Ma è nostro fermo convincimento questo: che assai meglio si serve agl'interessi pacifici cercando di operare quasi una transazione tra la prima domanda russa e la controproposta turca, anziché impegnandoci in una manifestazione diplomatica la quale, ponendo in luce l'isolamento della Russia, induca quest'ultima ad assumere risolutamente quell'atteggiamento già da parecchio tempo raffigurato nelle sue comunicazioni alle Potenze.

Questi sono i nostri pensieri, i quali sono ben lungi, come scorge V. E. dal concretarsi in un rifiuto dell'armistizio. Basti, ad escludere una simile supposizione, l'istruzione già spedita fin da jeri al R. Ministro a Costantinopoli per la designazione dei nostri Commissari incaricati di procedere sopra luogo, di concerto coi Delegati delle altre Potenze, a fissare i patti dell'armistizio. Oltre di che, per viemeglio dimostrare il nostro buon volere, ho quest'oggi impartito agli Agenti di Sua Maestà a Belgrado e a Cettigne le seguenti istruzioni, il testo delle quali è stato formolato seduta stante, nel corso del mio colloauio col Signor Malet: • In seguito alle istanze dell'Inghilterra, le altre Potenze sembrano disposte, malgrado il contrario parere della Russia, ad accettare le controproposte della Turchia. Vorrete preparare il Governo principesco a non contrastare, con un rifiuto assoluto, le intenzioni benevole dell'Europa.

Il contenuto del presente mio dispaccio fu sostanzialmente comunicato a

V. E. coi miei due telegrammi di questa sera (1), dei quali Ella avrà potuto valersi per intrattenere sollecitamente di questo soggetto, il Primo Segretario di Stato della Regina per gli Affari Esteri.

(l) -Cfr. nn. 481 e 484; gli altri telegrammi non sono pubblicati. (2) -Non pubblicato.

(l) Cfr. n. 437; l'altro telc~Sramma non è pubblicato.

489

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 89. Parigi, 15 ottobre 1876 (per. il 18).

Siccome ebbi l'onore di dirle nel mio telegramma di jeri (1), mi riescì di parlare al Duca Decazes a pomeriggio avanzato soltanto. E me ne dolse, giacché avrei voluto rispondere al più presto al telegramma dell'E. V. (2) da me ricevuto jeri all'alba.

Il Duca Decazes mi parve in complesso soddisfatto delle due note della Porta. Accennando a quella che svolge prolissamente il progetto delle riforme per tutto l'Impero turco si compiaceva di trovarvi le basi di una d1scussione ragionevole e conducente alla pace. Egli si proponeva di palesare il più vivo interesse per la sorte delle altre provincie cristiane suddite al Sultano, ma non insorte, e di razza più o meno greca, ma non slava. Aggiungeva poi che le sei grandi Potenze dovrebbe·ro prendersi (fu 'la parola di cui si valse) le maggiori garanzie per assicurarsi della vera pratica attuazione delle riforme desiderate ed offerte, nonché dell'osservanza di tutte le altre condizioni che verrebbero imposte dal trattato di pace. Si astenne però dall'indicare quali sarebbero a parer suo le garanzie da prendere.

Della durata di quasi sei mesi che la Porta chiede sia stabilita per l'armistizio, il Duca Decazes non mostrò preoccuparsi punto né poco. Se si combina subito la pace, diceva egli, l'armistizio cessa non avendo più ragione d'essere. Se le trattative di pace procedono lentamente e presentano difficoltà gravi e quotidiane, meglio sarà in allora di avere molto margine e di non precipitare, e sovratutto di non rompere le intavolate trattative per difetto di tempo. Egli era evidentemente confortato ad esprimere questi concetti dal supporli divisi da Lord Derby, della cui conformità d'idee e di apprezzamenti veniva poco prima assicurato da un telegramma di Londra ch'ebbe la gentilezza di farmi leggere. In quel telegramma era detto pur anche che l'Ambasciatore russo,

Generale Schouwaloff avrebbe promesso di adoperarsi a persuadere il suo Governo a non opporsi più oltre all'armistizio proposto dalla Turchia sino al 31 marzo 1877.

Il Governo francese ha ricevuto recenti ed importanti informazioni relativamente ai progetti militari della Russia in caso di prossima guerra. Pare fuor di dubbio ormai ch'essa prenderebbe l'offensiva, avanzando lungo la costa asiatica del Mar Nero, come già indicai a V. E. in altro mio rapporto. L'esercito del Caucaso, forte di 120 mila uomini, sarebbe a quest'ora in piede di guerra ·e disposto -o vicino ad esserlo -lungo la frontiera da Poti a Erivan. Trenta giorni (mi pajono pochi) abbisognerebbero onde le varie colonne avessero agio a sbucare dalle gole caucasee, concentrarsi non lungi da Kars, piazza forte turca che verrebbe disprezzata, e guadagnare, fra l'Eufrate ed il Mar

Nero, la lontana Anatolia per quindi riuscire sul Bosforo.

Il testamento di Pietro il Grande, vero od apocrifo, ma venerato con fede patriottica, lasciò alla Russia una eredità di grandi ambizioni e di grandi idee. E degno senza dubbio di quel colossale Impero, che con un piede preme il polo e vorrebbe appoggiarsi coll'altro sul Mediterraneo, sarebbe il progetto grandioso di prendere a rovescio la Turchia europea, separarla dalla sua origine, dalla sua base, dalle sue risorse asiatiche, e stringerla nella cerchia formidabile di un esercito russo e delle provincie insorte.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 481.
490

IL CONSOLE IN MISSIONE A RAGUSA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1129. Cettigne, 16 ottobre 1876, ore 11,06 (per. ore 15,40).

Le Gouvernement britannique a télégraphié hier à son agent un résumé de la note turque du 12 courant. Dans une seconde dépeche il a dit que la France, l'Allemagne, l'Angleterre, l'Autriche en ont accepté toutes les conditions. La France communique à son agent qu'elle a déjà désigné son délégué militaire. Dans ce moment, l'Autriche télégraphie à son agent le contenu de la dépeche turque. Elle dit qu'elle acceptera ces conditions; elle engage le prince de Monténégro à accepter l'armistice et elle ajoute que malgré les conditions du statu que ante bellum, l'Empereur François Joseph fera tous les sacrifices pour lui obtenir un'agrandissement. J'irai aujourd'hui chez Son Altesse pour lui parler dans le sens que V. E. vient de m'indiquer dans la dépeche de ce matin (1).

491

IL MINISTRO A WASHINGTON, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 68. Washington, 16 ottobre 1876 (per. il 7 novembre).

Il 12 del corrente è stato solennemente inaugurato in Filadelfia il monumento a Cristoforo Colombo, regalato dalla colonia Italiana a quella città. Ecco in brevi parole la storia di questo monumento. Fra gli italiani dimoranti a Filadelfia sorse l'idea di erigere un monumento a Cristoforo Colombo col mezzo di sottoscrizioni italiane e di farne poi un dono alla città di Filadelfia in occasione del centenario americano, fissandone l'inaugurazione per H 12 ottobre, la data memorabile della scoperta dell'America. La nobile e generosa idea trovò eco in tutta la colonia italiana residente nelle varie città degli Stati Uniti, la quale con vero patriottismo e zelo indefesso pervenne a raccogliere una somma sufficiente per dar principio all'opera; ed assicuratosi il successo finanziario dell'impresa, la si poté compiere colla solennità del 12 corrente. Il comitato promotore bramoso che a quest'opera puramente italiana si associasse il nome augusto di Vittorio Emanuele, chiese ed ottenne da Sua Maestà il Re Nostro Augusto Sovrano, che si degnasse di accettare la Presidenza onoraria

del Comitato, e Sua Maestà seguendo l'impulso dell'animo Suo generoso ben voHe contribuire alla sottoscrizione con una cospicua somma.

Il Comitato promotore nulla ha omesso affinché la iìesta si celebrasse colla massima solennità, per modo che anche le autorità americane ben vollero intervenirvi. Queste erano rappresentate da S. E. il Governatore della Pensilvania, dal Mayor e dal Consiglio municipale di Filadelfia. Ad essi facevano corteggio due reggimenti della milizia, uno squadrone di cavalleria ed una batteria. Di noi vi intervenne la R. Legazione, il R. Console generale di Nuova York, il Vice Console di Filadelfia ed il Comitato esecutivo italiano per l'Esposizione. La colonia e·ra rappresentata dalle associazioni italiane di FHadelfa, dalla compagnia Colombo di Nuova York, organizzata militarmente a guisa dei nostri bersaglieri, e da numerose deputazioni, invia·te dalle varie associazioni italiane di Washington, di Nuova York, di Boston, di Baltimora e così via. Gli altri italiani dimoranti nelle dttà lontane che non potevano per la scarsità dei fondi farsi rappresentare alla festa di Filadelfia, la celebrarono come alla Nuova Orleans ed a Chicago, con dimostrazioni patriottiche, con balli e con processioni.

Prima che incominciasse la cerimonia e si organizzasse il corteggio che doveva rendersi al monumento, volli restituire al Governatore dello Stato la squisita COl'tesia che ci faceva di intervenire in forma ufficiale alla inaugurazione di un monumento dedicato alla memoria di un sommo italiano, e Io invitai a rendersi al Compartimento italiano all'Esportazione. Egli accettò infatti il mio invito e ci venne accompagnato dal suo Stato maggiore in uniforme. Ricevuto dal Conte Litta, dal Cavaliere De Luca, dal Conte Galli e dal Comitato esecutivo all'ingresso della nostra sezione, egli si recò nell'Ufficio della R. Commissione dov·e mi fu assai grato di potergli fare gli onori di casa nostra. Ci recammo poi al • Globe Hotel • dove il Governatore teneva stanza e qui egli pose il Ministro del Re alla sua destra per fargli passare in rivista le truppe. Di lì ci recammo tutti in imponente corteggio al monumento.

H concorso del popolo fu veramente straordinario: l'entusiasmo fu gene

rale e spontaneo. Nei discorsi pronunciati, principalmente in quelli del Gove·r

natore e del Giudice Daly, Presidente della Società geografica americana, in

vitato specialmente ad assistere alla festa, furono resi altri omaggi al Nostro

Augusto Sovrano ed all'Italia, ed io risposi manifestando al Governatore ed

agli aUri oratori la mia graHtudine per le nobili parole colle quali mi vollero

accennare al Re, custode e continuatore delle glorie patrie ed all'Italia onorata

nel tributo reso alla memoria d'uno dei suoi più grandi figli.

Toccò al Ministro del R:e ed al Governatore l'onore di togliere il velo

al monumento, cope·rto dalle due bandiere italiana ed americana. S'udì uno

scoppio di applausi fragorosi non appena la statua di Colombo fu scoperta e le

bandiere vennero salutate con 21 colpi di cannone. La massa del popolo pro

ruppe in entusiastiche acclamazioni all'Italia ed a Vittorio Emanuele, nel men

tre le musiche suonavano la marcia reale italiana ·e l'inno nazionale americano.

Intorno al monumento stavano riuniti gli invitati e di fronte la Compagnia

Colombo e le associazioni italiane coi rispettivi stendardi e bandiere.

Dopo la funzione il Governatore fece pure alla R. Legazione gli onori

del defilé delle truppe.

Il monumento è situato nel Parco di Filadelfia. E' colossale e fa buon effetto. Colombo sta in piedi tenendo la mano destra sul globo, e le carte geografiche nella sinistra. Il bassorilievo rappresenta l'approdo. Ai due lati stanno, a destra lo stemma reale italiano, ed a sinistra l'americano: dietro sta lo stemma della città di Genova. Le iscrizioni indicano che il monumento fu eretto con denaro italiano e fu da italiani regalato alla città di Filadelfia.

A complemento di questo mio rapporto mi pregio di qui unire l'estratto del giornale The Press di Filadelfia che dà un resoconto particolareggiato della cerimonia ed il testo del discorso pronunciato dall'egregio Signor Daly, pubblicato per intero dall'Herald di Nuova York. Debbo aggiungere inoltre che la stampa di Filadelfia, come anche quella di altre città, in occasione di questa cerimonia, ebbe parole di viva simpatia per l'Augusto Nostro Sovrano, per l'Italia e per gli Italiani qui residenti ed è con vero compiacimento che adempio ora all'obbligo che mi incombe di riferire al Governo del Re.

P. S. Aggiungo al presente copia del discorso, notevole per sentimenti liberali e di devozione al Re, pronunziato pell'inaugurazione dal Reverendo Padre Isoleri, parroco della chiesa italiana in Filadelfia.

(l) Non pubblicato.

492

IL CONSOLE IN MISSIONE A RAGUSA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1130. Cettigne, 17 ottobre 1876, ore 0 (per. ore 0,25).

Le prince télégraphie ce soir à la Serbie avoir déclaré aux représentants résidents à Cettinje qu'H accepte l'armistice et s'en remet à la bienveillance des Puissances médiatrices. Cependant il désirerait ardemment le voir réduire à deux mois, avec faculté de prolongation. Il demande à la Serbie de se prononcer à ce sujet. Le prince m'a dit ne pouvoir répondre de la paix future sans un agrandissement convenable du pays et amélioration des chrétiens herzégoviniens; il m'a exprimé qu'il était indispensable de réduire le terme de l'armistice pour continuer la campagne d'hiver qui est désavantageuse à la Sublime Porte dans le cas qu'elle... (l) conclusion d'une paix satisfaisante.

493

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 574. Roma, 17 ottobre 1876, ore 22,20.

Je vous ai informé de mes impressions au sujet de l'armistice de cinq mois et vous savez les objections que cette contreproposition de la Turquie a soulevé dans mon esprit. Notre hésitation à nous prononcer a eu pour motif

pr:incipal la prévoyance de l'opposition que ce projet rencontrerait de la part de la Russie. Nous avons pensé que se ranger tous contre la Russie, c'était pousser cette dernière à prendre des résolutions irréparables. Entre la Turquie appuyée de l'Angleterre qui demande cinq mois d'armistice et la Russie qui déclare que deux mois suffisent, il serait difficile de trouver les termes d'une transaction toutefois je serais d'avis que l'on pourrait proposer que l'armistice de<vant étre suivi immédiatement de l'ouverture des négociations de paix, la durée restat indéterminée sauf à fix·er le temps qui devrait passer entre la dénonciation et la reprise des hostilités. Il n'est pas à prevoir que les Puissances qui sont tombées d'accord sur les propositions anglaises ne puissent arriver à conclure la paix dans le temps primitivement fixé de six semaines ou deux mois. Mais pour arriver à ce résultat, il faut que la Turquie qui a toujours cherché à éluder les propositions des Puissances soit mise en demeure d'accéder aux justes exigences des Puissances et si la Porte n'aura plus à craindre la reprise des hostilités pendant l'hiver, nous la trouverons toujours obstinée et intraitable. Je n'entends pas faire une motion dans ce sens avant de connaìtre l'avis du cabinet de Berlin que V. E. pourra consulter à oet effet. Nous désirons dans cette situation fort délicate nous prononcer en meme temps que l'Allemagne et je vous prie de le dire à M. de Biilow afin qu'il nous informe à temps des résolutions de son Gouvernement. Votre attention toute spéciale devrait se porter en ce moment sur les dispositions éventuelles de l'AHemagne dans le cas où la Russie interviendrait militairement dans quelques provinces turques. Il serait très important pour nous de savoir si, le cas échéant, l'Allemagne contiendrait l'Autriche e n l'empéchant de s'allier à l'Angleterre et à la Turquie.

(l) Gruppi indecifrati.

494

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 550. Vienna, 17 ottobre 1876.

Col mio telegramma di ieri sera (l) mi affrettai di portare a conoscenza dell'E. V., in modo sommario almeno, la conversazione da m•e poco prima avuta col Conte Andrassy. S. E. mi aveva fatto pregare di passare da lui alle 4 e 1/2: mi vi recai e il nostro colloquio durò quasi due ore. Il Conte cominciò col parlarmi della spiace·vole polemica dei giornali, dicendo sperare si cessasse in Italia dall'alimentarla ulteriormente, l'E. V. avendo assicurato il Barone di Gravenegg che avrebbe fatto in tal senso quanto da lui dipendeva. Io risposi augurarmelo al pari, sebbene non potessi nascondergli che il modo di rispondere così grossolano e provocatore che i giornali austriaci avevano usato, aveva notevolmente scemato ai miei occhi il torto che quelli Italiani potevano aver avuto nel cominciare così inopportunamente la polemica; apprezzamento che,

42 -Documenti diplomatici -Serie Il -Vol. VII

come di ragione, non trovò assenziente il mio interlocutore, che abbandonando del resto tosto quell'argomento, a suo dire secondario, mi manifestò aver ricevuto da Pietroburgo e da altri luoghi comunicazioni positive che gli davano l'assicuranza che il R. Governo aveva dichiarato, che se in conseguenza dell'attuale crisi orientale, l'Austria-Ungheria fosse per annettersi una qualche porzione del territorio Turco, l'Italia intenderebbe essere compensata di quell'ingrandimento del vicino, coll'annessione del Trentino e di altri territori compreso Trieste.

c Di Trieste, dissemi, facciamone astrazione: essa faceva prima par,te dell'Impero Germanico, dunque ogni discussione al riguardo sarebbe superflua! In quanto al Trentino poi tengo a dirvi che fermo resta sempre la nota che al riguardo scrissi al conte Wimpfen e che S. M. il Re dichiarò all'Imperatore di accettare pienamente •. Egli l'aveva sul suo tavolo stampata e volle porgermene un esemplare, che ricusai, dicendo come è vero, che me lo aveva già dato un'altra volta. c Del resto, Egli soggiungevami, noi siamo animati dal più vivo desiderio di mantenere ottimi rapporti con voi, ma precisamente per ciò sono costretto a dichiararvi che ove, per una ragione qualunque, venisse a veriftcarsi ìl caso, che spero non succederà, perché faremo quanto dipenderà da noi per evitarlo, avessimo ad acquistare qualche territorio nuovo, non perciò ci rassegneremo a cedervi parcella qualunque del territorio situato al di quà della comune frontiera stabilita dal trattato con Voi stipulato. Neppure un villaggio cederemmo ed ove ci vedessimo minaccia,ti di un'aggressione non l'aspetteremmo! •.

A questo proposito poi mi disse parlarsi in Tirolo di un'invasione prossima di Garibaldini, che ove si effettuasse sarebbe, come di ragione, respinta a fucilate. A conferma del suo dire Egli aggiungevami il solito non infondato argomento che l'Austria-Ungheria per considerazioni etnografiche è nell'assoluta impossibilità di rinunciare mai ad un suo lembo di territorio a favore di un vicino Stato, in considerazione dell'eguaglianza di nazionalttà, poiché ammesso quel principio per una della nazionalità, tutta la Monarchia non tarderebbe ad andarsene in brandelli. Io che avevo lasciato parlare il Conte fino a quel punto, conservando la più assoluta impassibilità, gli dissi: essere dolente ch'Egli m'avesse lanciato quasi una specie di ultimatum intorno ad una questione che era .tutt'al più una ipo·tesi sua e che anzi stavo per dimostrargli non essere fondata sul vero. Ciò premesso, dissigli essere autorizzato a lealmente dichiarargli: che essendo venuto a nostra conoscenza che a Reichstadt si era convenuto eventualmente di un ingrandimento dell'Austria, mediante l'annessione della Bosnia, avevamo informato alcuni Governi amici, che noi considereremmo quell'eventualità, ove venisse a verificarsi, siccome contraria ai nostri interessi; poiché verrebbesi in tal maniera ad aumentarsi ancora con nostro danno la già esistente preponderanza dell'Austria nell'Adriatico.

Il Conte Andrassy oppugnò questo punto di vista, dicendo non poter

capire come un aumento di territorio dietro la costa che l'Austria-Ungheria

già possiede, possa aumentarne la potenza marittima. A questo ragionamento io

gli contrapposi l'opinione sempre manifestata dal partito militare qui, essere

necessario pel sicuro e proficuo possesso della Dalmazia che, le 'terre a cui

essa s'appoggia facciano parte della Monarchia. Questa considerazione è stata

tante voUe ripetuta nei più competenti circoli militari che in verità il Conte

non trovò a proposito di confutarla intieramente e si limi,tò a dirmi: che sino a quando la Bosnia e l'Erzegovina resterebbero terre Turche, l'Austria non avrebbe nessun bisogno di annettersele, ma che il giorno in cui dovrebbero costituire da per sé uno Stato autonomo o far parte di uno Stato slavo, li comincierebbe il pericolo per la Dalmazia, e l'Austria non potrebbe fare a meno di guarentirsene assicurandosene il possesso.

Il Conte Andrassy accettò la dichiarazione ch'io credetti potergli fare, in base al carteggio passato sotto ai miei occhi, che l'Ltalia si era Umitata a dichiarare contrario ai suoi interessi l'ingrandimento dell'Austria in Oriente, senza manifestare quali sarebbero i suoi intendimenti ove ciò avesse ad effettuarsi: non se ne mostrò però intieramente persuaso, ma ad ogni modo lagnossi meco, che mentre avevamo creduto di fare delle dichiarazioni a questo riguardo ad alcuni Governi amici, ci fossimo astenuti dal ciò fare col Governo Imperiale, il primo interessato nella questione. A ciò anche io risposi in parte cogli argomenti fornitimi dall'E. V. ed in parte pure col fargli presente la poca sua espansività a nostro riguardo durante tutte le attuali trattative. Sembrommi poi opportuno, onde mettere maggiormente in sodo la lealtà di procedere del

R. Governo in questa questione, di ricordargli la fermezza colla quale si era sostenuto da noi la conservazione dello Statu qua in Oriente, ed aggiunsi, essere ovvio che ove dal canto nostro si fosse voluto, siccome Egli accennava, trar profitto del:la circostanza eventuale di un ingrandimento dell'Austria in Oriente per carpirgli il Trentino ed altre terre, miglior partito non si sarebbe a noi presentato che di tacere prima e lasciar fare, risevandoci poi ad accampare le nostre pr.etese di compensi al momento opportuno. Questo ragionamento parvemi producesse sul suo animo una certa impressione, sebbene non abbia creduto convenire della sua giustezza.

Evidentemente non mi è possibile ripetere tutte le lunghissime discussioni ch'io ebbi a sostenere col Conte Andrassy: sulle questioni che ho più sopra riassunte la cosa d'altronde non presenterebbe grande interesse, poiché in fin dei conti, tanto da una parte come dall'altra, si ritornò parecchie volte ad insistere quasi negli stessi termioni sui medesimi argomenti. È però mio dovere riassumere brevemente le impressioni sommarie che questo colloquio ebbe a lasciare sul mio animo.

Primo -Non v'ha più dubbio per me, che ogni qualsiasi ulteriore discussione, anche soltanto teorica, intorno al nostro diritto di ottenere, in compenso di un ingrandimento dell'Austria in Oriente, una porzione di territorio Austriaco ove si parla la nostra lingua, condurrebbe senz'altro ad una quasi immediata rottura delle relazioni. H Conte· Andrassy mi accennò di nuovo che ove credessimo ci fosse necessario un compenso, lo potremmo trovare in Oriente, a Tunisi per esempio od altrove: e su questo terreno l'Austria non sarebbe aliena dall'appoggiare le nostre pretese.

Secondo -Che ove noi intendessimo di fronte ad una qualche eventualità, da soli o coll'appoggio di altre Potenze, lasciare il campo della discussione teorica, per passare su quello della rivendicazione effettiva, permettendo forma

zioni di bande di volontari allo scopo di invadere :territori Austriaci, od affermando in altro modo le nostre pretese, ciò sarebbe senz'a1tro considerato come un casus belli, • et du moment où l'Italie montrerait d'etre décidée à altérer à son profit la frontière actuelle avec l'Autriche, nous nous mettrions en mesurf> de la modifier au notre •. Queste sono le sue testuali parole.

In sostanza il Conte Andrassy ci ha posto il dilemma: o coll'Austria o contro l'Austria. Se coll'Austria, rinuncia esplicita a qualsiasi aspirazione ad annetterci nuovi territori abitati da Italiani, ed in tal caso continuazione dei vantaggi che nelle questioni generali ed in particolare in quelle che hanno tratto agl'interessi del cattolicismo, può assicurare l'alleanza sincera e leale dell'Austria. Se contro, l'appoggio dell'Austria ai partiti a noi avversi e la guerra anche al primo momento ch'essa lo ravviserà opportuno per lei.

Parmi ciò meriti serissima attenzione: non spetta a me il suggerire quale dei due partiti abbiasi a scegliere. Veda il R. Governo se crede gli convenga per il possesso di un lembo di terra Italiana esporsi a sicura guerra, il cui esito dipenderebbe essenzialmente dalle alleanze che potremmo aveve, poiché da soli, non v'ha dubbio per me, l'Esercito Austriaco, più forte del nostro e anche molto meglio costituito, mi è doloroso il dirlo ma è così, ci schiaccierebbe, ne ho il convincimento.

In quanto a continuare una discussione su questo argomento, anche soltanto teorica, parmi d'aver posto in sodo, ch'essa ad altro non condurrebbe se non alla rottura delle nostre relazioni coll'Austria, che già fin d'ora non tengono più che ad un filo, tanto è grande l'eccitamento che ebbero a sollevare in tutti i partiti qui, le manitestazioni dell'opinione pubblica in Italia, di cui taluni dei nostri giornali ebbero a farsi l'eco. L'appoggio contro di noi che la stampa viennese ebbe a trovare in parecchi dei più riputati periodici degli altri Stati ed anche di Germania, non poté se non dar maggior forza a quell'unanime sentimento di r,esistenza alle nostre pretese che già si era qui sì clamorosamente manifestato.

Persuaso per conto mio sia stretto dovere di un Agente del Governo all'Estero, di usare ogni mezzo onde le relazioni fra Stato e Stato non abbiano ad inasprirsi sino al punto in cui non vi ha più altra soluzione che la guerra, mi sono sforzato di mantenere nella mia conversazione col Conte Andrassy la maggior moderazione di linguaggio: egual sistema tengo e terrò qui con tutti, sino al giorno in cui il Governo crederà di richiamarmi od io dovrò pregare l'E. V. di ottenere da Sua Maestà ch'io cessi di rappresentarla presso la Corte Imperiale: dolorosa eventualità QUesta che potrebbe verificarsi il giorno in cui io

ravvisassi troppo gravemente compromessa la dignità di un Ambasciatore del Re. Non ho poi d'uopo di aggiungere che nella posizione sommamente difficile in cui mi trovo, ho lungamente fatto e continuerò a far astrazione completa dei miei personali sentimenti, tanto come Italiano che come soldato; si gli uni che gli altri messi già fin d'ora a ben dura prova.

Altro non ho dinanzi agli occhi, se non lo speciale carattere ch'io rivesto qui ed è questo solo che mi prefiggo e mi studierò mai sempre di tutelare e di adempiere colla maggior dignità e :lealtà nel comune interesse del Re e della Patria.

(l) Non pubblicato.

495

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 551. Vienna, 17 ottobre 1876 (per. il 21).

Il Conte Andrassy, parlando meco della questione orientale nella lunga conversazione ch'io ebbi seco lui jeri e che forma oggetto, per la specialità dell'argomento, di altro mio rapporto pure in data d'oggi (1), dicevami chiara

-mente: avere egli per molto tempo sperato tutto potersi comporre colla conservazione dello statu quo dell'Impero turco, ma che ora non poteva più nutrire una simile illusione, e che quindi conveniva volgere l'attenzione a più radicale soluzione. Egli continuò meco a respingere in modo reciso qualsiasi desiderio di annessioni all'Austria-Ungheria di territori in Oriente, senza però eliminare del tutto la possibilità che ciò si verifichi in conseguenza di eventualità, che non fosse in suo potere di scartare. Mi disse poi non doversi prestare fede alle voci poste in giro di distacco dell'Austria dall'alleanza dei tre Imperatori.

• No, dissemi, questa si mantiene ferma come pel passato; abbiamo rifiutato di occupare d'accordo colla Russia la Bosnia, mentre questa avrebbe occupato la Bulgaria; ci siamo sentiti abbastanza forti per resistere alla pressione fattaci in tal senso, ma ciò non di meno siamo rimasti seco lei in ottimi, amichevoU termini, e l'accordo non è rotto. La guerre de la Russie contre la Turquie n'est point la guerre entre elle et nous •. Queste parole mi confermerebbero nell'impressione generalmente dominante qui, che l'Austria non fa ostacolo a che la Russia muova guerra alla Turchia, e ch'essa uscirebbe solamente dall'astensione, occupando un territorio turco, allorché le circostanze glielo imponessero assolutamente. Sino ad ora QUindi non avrebbero fondamento le voci che corrono, di uno speciale riavvicinamento d eU' Austria all'Inghilterra in un senso ostile alla Russia.

496

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 552. Vienna, 17 ottobre 1876 (per. il 21 ).

Durante la conversazione ch'io ebbi jeri col Conte Andrassy di cui è parola nel mio rapporto d'oggi n. 550 (l) venne pure toccata incidentalmente la questione della nomina di un Ambasciatore Imperiale pr,esso Sua Maestà. Le franchissime spiegazioni datemi a questo riguardo da S. E. mi persuasero che difficoltà interne, d'ordine Personale, avevano solo fatto ostacolo sino ad ora a che si addivenisse a quella nomina. Moltissimi sono i pretendenti e i candidati a quel posto, ch'egli anzi mi nominò, ma nessuno fra essi riunisce le qualità volute ed i suffragi necessari per esservi destinato. Il Conte Andrassy

però. vedendo come io annetteva non poca rilevanza a che, nelle attuali circostanze, un ulteriore differimento non venisse a maggiormente accentuare le voci, che già circolano grandemente QUi, di un raffreddamento ,tra i due Stati, mi assicurò che si sarebbe impegnato a che quello stato di cose anormale avesse a prontamente cessare. Egli pregavami inoltre d'informare di ciò l'E. V. perché si compiacesse rendeme edotto l'Augusto Nostro Sovrano a scanso di qualsiasi meno favorevole interpretazione, che l'assenza di un Ambasciatore austriaco presso il Quirinale avrebbe potuto generare nel Suo animo. Non ho poi d'uopo di soggiungere: che nel discorrere su quest'argomento non ho mancato di ben porre in sodo, che ciò che io ne diceva non era se non conseguenza di un'impressione assolutamente mia personale, il R. Governo non avendomi mai fatto silll qui un cenno alcuno intorno a quel fatto, che però era già oggetto di molti commenti nei circoli politici di questa Capitale.

(l) Cfr. n. 494.

497

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. R. 197/67. Londra, 18 ottobre 1876 (per. il 22).

Attesa 'l'impol'\tanza della conversazione ch'io ebbi Lunedi p.p. col Conte di Derby e della quale io resi conto, telegraficamente, all'E. V., io credo di doverne fare l'oggetto di un Rapporto speciale, il quale mi darà occasione di completare le informazioni esposte con quelle altre che ho potuto fino ad oggi raccogliere intorno alla vertenza che si può oggi chiamare Anglo-Russa, e suHe disposizioni che, al riguardo, si manifestano in questo paese.

Conformemente alle istruzioni datemi da V. E., esposi al Conte di Derby i motivi che avevano indotto il nostro Governo a non prendere per ora una determinazione circa l'accettazione delle proposte fatte dalla Porta, e già accolte dall'Inghilterra, di stabilire cioè un armistizio di cinque mesi e mezzo colla Servia ed il Montenegro, durante il quale sarebbero sottoposte alle Grandi Potenze i progetti di Riforma escogitati dall'Impero Ottomano.

Alle osservazioni che, p€r mezzo di codesto Incaricato d'Affari Inglese Lord Derby porgeva all'E. V. perché dessa non manteneva la promessa fatta del concorso deH'Ralia all'Inghilterra nella ,vertenza Slavo-Turca, io opposi le ragioni che questo concorso era promesso e mantenuto per facilitare la pace, ma dappoiché la Russia si trovava in disaccordo coll'Inghilterra, l'adesione immediata fatta, per parte nostra, a Quest'ultima, avrebbe contribuito a re!fdere più manifesta la divergenza delle Grandi Potenze su quella questione, mentre era ancora possibile di tentare una transazione, la quale eviterebbe il pericolo dell'ingresso delle truppe Russe nelle Provincie Turche, il che sarebbe una dichiarazione di guerra alla Turchia, dichiarazione alla quale terrebbe dietro l'ingresso delle flotte Inglesi nelle acque di Costantinopoli.

Per prova degli intendimenti concilianti di V. E., esposi il fatto deH'invio dei nostri Commissari in Servia e nel Montenegro per determinare le condizioni dell'armistizio, mentre i nostri Agenti presso quei due Governi facevano uffici presso di essi per indurii ad acceUare le proposte della Porta e secondare in ·tal modo l'Inghilterra.

Il Conte di Derby si mostrò sensibile a questa dimostrazione di V. E., ma nello stesso tempo manifestava il suo vivo rincrescimento per vedersi, in questa circostanza, privo del concorso dell'Italia.

Non tralasciai di fare osservare a Lord Derby che l'abbandono immediato per parte dell'Inghilterra delle sue proprie proposte per accettare, senza preventivo esame, quelle della Turchia, aveva sconcertato l'armonia che precedentemente esisteva fra le Grandi Potenze; ma egli si limitò a dirmi che non intendeva come non si accettassero sei mesi di armistizio, mentre primitivamente le Potenze si contentavano di sei settimane.

Io rilevai eziandio l'inesattezza dell'asserzione dell'Incaricato d'Affari Inglese quando disse all'E. V. che la Germania aveva aderito al Gabinetto Inglese. Il Conte di Derby riconobbe questa inesattezza che è da attribuirsi ad un previo telegramma, proveniente da Berlino, che lasciava supporre questa adesione se non definitiva almeno come certa.

Procurai, in quell'occasione, di dissipare i dubbii che avessero potuto far nascere nella mente del Conte di Derby le polemiche dei giornali circa la pretesa alleanza della Russia coll'Italia, e delle concessioni di territorio alle quali questa pretendeva fin d'ora.

Io spero di essere riuscito a convince·re Lord Derby che, in tutta questa vertenza Slavo-Turca, il Governo italiano aveva lavorato, e continuava a lavorare, sinceramente e ·lealmente per la pace, senza retro-pensiero; imperocché la pace era per noi un imponente bisogno per mettere in assetto le nostre finanze ed i nostri ordini amministrativi, affine di dare, in tal modo, solide basi alle conquiste politiche che hanno costituito il Regno d'Italia, il quale deve il suo consolidamento alla moderazione dei suoi popoli ed alla saviezza dei suoi reggitori.

Io non tralasciai di parlare al Conte di Derby di ciò che poteva accadere quando, svani·ta ogni speranza di accordo colla Russia, l'Inghilterra si trovasse di fronte a questa; l'una nelle Provincie Danubiane della Turchia e l'altra a Costantinopoli.

Egli riconobbe la gravità della situazione di cui attribuisce tutta la responsabilità alla Russia. Non volle dirmi il suo interno pensiero ma egli si mostrò grandemente preoccupato. Però io so che egli ha fatto un ultimo tentativo di conciliazione colla Russia, non colla speranza di riuscire, ma per nulla avere da rimproverarsi.

La Russia d'altronde è impegnata, e si è, generalmente, d'avviso che dessa più non potrebbe recedere. L'esercito serbo è divenuto esercito russo, ed all'attuale guerra indiretta della Russia contro la Turchia, succederà la guerra diretta il giorno, forse prossimo, in cui le truppe Russe varcheranno la frontiera ottomana.

L'Imperatore di Russia, che finora aveva sinceramente desiderato ia pace, si dice attualmente soverchiato dalle influenze che lo circondano e spinto dai partiti ardenti che ora dominano in Russia.

L'Ambasciatore di Francia mi confermava che il suo Governo aveva aderito all'Inghilterra. La Francia è attualmente accarezzata in Inghilterra ma ogni diffidenza non è ancora dissipata fra quelle due Potenze, e da quest'adesione della Francia ad un'alleanza fra le due nazioni avrebbe tuttora una grande distanza, a giudicarne dalle parole di coloro che sono informati dello stato delle cose.

L'Austria risulta essere tuttora incerta, e si suppone che lascerà per la prima entrare la Russia in Bulgaria mentre che si riserverebbe d'occupare ulteriormente la Bosnia. L'Austria è egualmente accarezzata dalle due parti.

L'Ambasciatore di Germania, ch'io vidi questa mattina, mi disse che il suo Governo non aveva ancora risposto, e che tutto faceva pvesumere che si sarebbe astenuto. Ma egli crede eziandio ogni conciliazione, fra la Russia e l'Inghilterra, impossibile, e pensa che, per ora ,la parte della diplomazia è finita e che principia quella delle armi.

Intanto l'Inghilterra è pronta, e l'opinione pubblica non si commuove punto alla prospettiva di una guerra contro la Russia. In Inghilterra si spera che questa guerra condurrà alla soluzione di una quistione, quella cioè di Oriente, che di quando in quando conturba il mondo, ed in questo momento sottopone a dura prova l'industria ed il commercio del Regno Unito, a motivo della incertezza che paralizza ogni impresa.

Mi fu confermata l'asserzione fattami dal Barone Rothschild, cioè che il Ministero intendeva convocare straordinariamente il Parlamento, tosto che sarà svanita ogni speranza di accomodamento. Il Ministero fa assegnamento sopra una grande maggioranza nel voto di fiducia ch'esso chiederà. Ciò è tanto più probabile, che in questo momento egli segue l'impulso della pubblica opinione, e che niuno gli può contendere il potere, imperocché il partito dell'Opposizione è talmente disorganizzato che non sarebbe possibile di riunirvi gli elementi di una stabile amministrazione.

Il Conte di Derby interpellato da uno degli Ambasciatori sulle condizioni delle forze marittime e di terra dell'Inghilterra, rispose che non furono mai così pronte come attualmente. Sta in fatto che la flotta Inglese armata in questo momento supera quella riunita delle altre Potenze. Una seconda flotta, non inferiore alla prima, si sta allestendo; tutto il personale ne è pronto, ed i marinai non aspettano che la chiamata alla quale si renderanno senz'esitanza. Esiste anche un personale adatto per valersi, all'uopo, della flotta Turca. In quanto all'esercito esso non è relativamente in condizioni inferiori a

quelle della Marina. L'Addetto Militare Tedesco, che ha studiato attentamente la quistione, assicura che gli Inglesi hanno, in questo momento, 80 mila uomini pronti ad essere imbarcati, con tutti i mezzi di trasporto e di vettovaglia occorrenti per una lunga spedizione.

La Russia, da parte sua, concentra le sue forze verso la Turchia. Non avendo essa potuto trovare a contrarre un imprestito sulla piazza di Londra; si è rivolta, da quanto si dice, all'Olanda, ma è probabile che non vi avrà maggiore fortuna. In tal caso s'assicura che tutto è già pronto in Russia per ordinare un imprestito forzoso di 200 milioni di Rubli.

Ma prima che si venga a delle alleanze formali, e sovrattutto che accada una collisione armata fra la Russia e l'Inghilterra, la lotta attraverserà diverse fa&i.

L'opinione la più ottimista pensa che se la Russia entra nelle Provincie Turche, la flotta Inglese passerà i Dardanelli ed occuperà, se non Costantinopoli, almeno le posizioni strategiche più importanti dai Dardanelli al Bosforo. Si spera che, in quel frattempo, essendo stato dato un appagamento alle aspirazioni Russe del momento, le altre Potenze, e specialmente la Germania, potranno, dopo qualche mese, interporre la loro mediazione per ristabilire la pace, la quale si farà certamente colla perdita, per parte della Turchia, di qualche territorio e coll'imporre a questa tali riordinamenti interni che sia rimosso, se non per sempl'e, almeno per lungo tempo, il pericolo di una crisi quale è quella che attraversiamo.

Gli ottimisti credono ancora che il risultato finale della contesa attuale sarà la libertà del Mar Nero ed il libero transito attraverso i Dardanelli ed il Bosforo, cona distruzione delle fortezze erette dai Turchi per impedirlo. Queste, dico, sono le opinioni degli ottimisti, imperocché essi credono che la Russia non sia in grado di resistere all'Inghilterra nelle regioni che sono il teatro degli attuali avvenimenti e non vorrà esporsi a dei rovesci probabilissimi.

Alcuni prevedono che l'Inghilterra vorrà, fin d'ora, assicurarsi altri punti strategici nel Mediterraneo come Candia ed Alessandria di Egitto.

Vengo or ora informato, da fonte ch'io ritengo come certa che, ove la Russia entri in Bulgaria, la Grecia si dispone ad invadere la Tessaglia ed a fare la guerra di guerrilLa contro i Turchi.

Intanto l'Italia non cessa di essere l'oggetto dell'attenzione dell'Inghilterra, sia a motivo della importante posizione che dessa occupa in vicinanza del teatro degli avvenimenti, sia a motivo degli interessi finanziari che uniscono i due paesi; imperocché il principale mercato della nostra rendita è Londra, dove buona pal'te d'essa trovasi tuttora collocata, per cui tutto ciò che può compromettere l'Italia e separarla dall'Inghilterra si risente vivamente sul mercato della City e preoccupa questo Governo.

498

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1704. Berlino 18 ottobre 1876 (per. il 26)

Le télégramme de V. E. en date du 17 (1), lequel m'est parvenu la nuit dernière, m'a procuré aujourd'huy l'occasion d'un entretien avec le Sécrétaire d'Etat. Je l'ai pressenti confidentiellement à ce sujet de l'idée émise par V.E., de proposer un armistice avec une durée indéterminée, sauf à fixer le terme qui devrait passer entre une dénonciation et une reprise éventuelle des hostilités. J'en ai développé les motifs, en exprimant le désir d'etre informé des intentions du Gouvernement Imperia! en sorte q_ue les deux Cabinets énoncent en meme temps leurs résolutions dans des conjonctures aussi délicates.

Ainsi que je le prévoyais, M. de Bulow, s'est tenu sur la réserve. Il prenait acte de l'idée suggérée par V. E., mais il déclinait d'émettre à priori un jugement, sauf à se rallier à cette idée, comme à toute autre transaction, quand elle aurait obtenu les suffrages des autres puissances. Le Cabinet de Berlin croit mieux servir les intérets de la paix, en ne prenant pas lui-m~me d'initiative, et en s'abstenant en outre de s'exprimer au préalable sur telle ou telle proposition mise en avant par une puissance quelconque. Il ne voudrait contribuer à former, ni majorité, ni minorité. Il vise à rester l'ami de ses amis. Or, en se plaçant d'un còté, il laisserait à découvert la partie adverse, et c'est ce qu'il tient à éviter.

J'ai dit à S. E. que, tout en me rendant compte sous certains rapports de la réserve du Cabinet de Bedin, il n'était pas moins regrettable de voir l'Allemagne, animée au meme dégré que l'Italie du désir sincère de la conservation de la paix, se tenir volontairement en arrière, et laisse·r se produire peu à peu dans les affaires d'Orient, des divergences menaçantes pour la tranquillité de l'Europe. L'atmosphère est surchargée d'électricité; si on ne parvient pas bientot à la soutirer, l'orage éclatera sùrement. Il est vrai qu'on aurait peutetre dù s'attendre à ce que les six Puissances, en recevant la dernière communication de la Porte, insisteraient avec la meme unanimité pour l'acceptation pure et simple de leurs demandes. La Russie a maintenu cette attitude, en se mettant en désaccord avec l'Angleterre, qui pourrait cependant sans se rétracter se replacer sur le meme terrain où elle s'était réservée une initiative, du consentement et avec l'appui des autres Etats garants. Pour ce qui nous concerne, malgré les soupçons injustes dont nous étions l'objet de la part de certains organes de la presse autrichienne, anglaise et allemande, nous n'avions que le seui but de prévenir des complications européennes. Nous voudrions que tout le monde fùt disposé au meme degré que nous, à subordonner toute aspiration individuelle au bien etre général. S'il en était ainsi, la diplomatie n'en

serait pas aux expédients. Au Ueu de suspecter son prochain, on ne tarderai·t pas à s'entendre pour porter remède là où la maladie est plus aigrie.

M. de Biilow convenait du désintéressement de l'Allemagne, et rendait justice à notre attitude. Le Gouvernement Impérial aurait peut-etre, lui aussi, des vues sur la Q.uestion d'Orient, mais préfère ne leur donner aucun essor. Elles pourraient convenir aux uns, déplaire aux autres, et rendre plus malaisé eneore le ròle conciliateur auquel il voue ses efforts. En attendant l'Angleterre s'est peut-etre trop pressée de manifester une satisfaction éprouvée de prime abord ensuite de la nouvelle du consentement à un armistice, sans prévoir que les conditions de durée et autres ne seraient pas goutées à Livadia. Mairntenant, elle semble vouloir décliner toute nouvelle instance à Constantinople. D'un autre còté, la Turquie dans ses Notes ne parlait, ni de protocole, ni de la Bulgarie. En outre, et en faisant cette observation, M. de Biilow ajoutait qu'elle lui était toùt-à-fait personnelle, -on ne sait encore jusqu'ici, si et comment on répondra à la Porte, et si cette réponse sera présentée séparément ou collectivement. Dans cette incertitude, dans cet ensemb1e de choses, le Cabinet de Berlin estime qu'il est préférable de ne point prendre position, tant que la situation ne sera pas davantage éclaircie.

J'ai vivement recommandé au Secrétaire d'Etat de nous faire connaitre en temps voulu, soit par l'entremise de M. de Keudell, soit par la mienne, toute indication qui nous mettrait à m~me de mieux concerter nos résolutions

avec celles de l'Allemagne. Mon collègue de Russie était allé après moi au Ministère des Affaires Etrangères, M. de Biilow lui avait dit qu'il répondrait verbalement demain à Edhem-Pacha, que le Cabinet de Berlin ne se prononçait pas sur les dernières communication de la Turquie. M. de Biilow avait aussi informé M. d'Oubril que, ici, on n'adhérait pas à l'invitation anglaise, de recommander à Livadia la proposition turque d'un armistice de six mois. L'Ambassadeur de Russie, -de qui tiens ces renseignements confidentiels, -croyait pouvoir induire du langage du Secrétaire d'Etat, que le Gouvernement Allemand, lors m~me qu'il ne s'expliquai.t pas ouvertement, était • in pectore • favorable à une suspension des hostilités, restreinte à six semaines. Le • non • qu'il prononce d'un còté, laisse sous entendre un • oui • d'un autre còté. Mr. de Biilow avait vaguement fait allusion à un armistice avec durée indéterminée. Je ne lui avais cependant parlé, que confidentiellement. J'ai été interpellé à ce sujet par M. d'Oubril. Je ne lui ai répondu, que dans des termes généraux. Il pensait qu'une proposition semblable aurait peu de chances d'etre goutée par le Cabinet de St. Pétersbourg, car il serait fort à craindre que des dissentiments se feraient jour, lorsqu'il s'agirait de s'entendre pour établir le terme de la dénonciation. Votre télégramme précité, M. le Ministre, dirige mon attention toute spéciale sur les dispositions éventuelles de· l'Allemagne, dans le cas où une intervention militaire de la Russie etc. C'est là un point trop important, pour qu'il n'ait pas été sans cesse présent à mon esprit. J'ai abordé à plusieurs reprises le calcul des probabilités, à l'aide du bon sens, et en consultant les véritables intérets du Cabinet de Berlin. Je persiste à croire que, jusqu'au dernier moment, il cherchera à tenir la balance égale entre l'Autriche et [a Russie, pour prévenir une rupture entre ces Puissances. S'il ne peut em~cher une intervention russe, il s'appliquera à ce que la lutte reste localisée entre la Turquie et la Russie, en contenant du moins l'Autriche et en l'em~chant, par le seul fait d'une neutraUté bienveillante à l'égard du Cabinet de St. Pétersbourg, de s'allier à il'Angleterre, quand celle-ci se déciderait à preter so n appui au Gouvernement Ottoman. Ce serait la répétition, au bénéfice de la Russie, du ròle que celle-ci a rempli en 1870 au profit de l'Allemagne. Les sympathies peuvent ~tre ici du còté de l'Autriche-Hongrie, mais elles doivent céder le pas aux nécessités politiques. Isoler la Russie, équivaudrait à la forcer à rechercher l'appui de la France, et accélérer ainsi pour cette dernière le moment de la revanche dans de meilleures conditions. Il est vrai que, alors, l'Autriche pourrait ~tre tentée de s'unir à la France; mais ce serait, vu la division des esprits entre Vienne et Pesth et les nombreux eléments Slaves qui paralyseraient dans une certaine mesure l'action de l'Autriche, une combinaison moins dangereuse pour l'Allemagne, qu'une alliance franco-russe disposant de forces considérables et homogènes. L'Am!leterre, toute puissante qu'elle soit par ses forces navales, pourrait causer de graves dommages au

commerce de l'Allemagne, mais les ports et les còtes allemandes sont inabordables par leur configuration et par de redoutables défenses militaires.

Tels sont en substance mes raisonnements. Se rapprochent-ils de la vérité? Je le crois, mais il me serait impossible de m'en assurer, en pressentant, mème le plus adroitement possible, le Secrétaire d'Etat, ou le Prince de Bismarck s'il était plus accessible. Tout l'art des Oedipes modernes échouerait devant le Sphinx de Varzin, parfaitement résolu à cacher le fond de sa pensée, tant qu'il ne ~estimera pas le moment venu de prononcer son dernier mot. Les Représentants mèmes de Russie et d'Autriche ont vainement essayé de le faire sortir de son mutisme. Chacun s'en étonne et regrette sans doute de ne pouvoir lui arracher une expression quelconque de préférence.

Pour ce qui nous concerne, la neutralité serait il me semble assez indiquée, tant que l'Autriche et l'Allemagne garderaient la mème attitude. Or, tout porte à croire qu'il en serait ainsi dans la première phase d'une intervention militaire de la Russie en Turquie. Mais, si on ne réussissait pas à localiser la lutte et qu'il diìt s'en suivre une conflagration généra1e, ll'Italie devrait alors se piacer résoliìment dans le groupe des Puissances, qui lui assureraient les meilleures chances de succès et de profit. Or, il est à supposer que la balance pencherait en définitive du còté où l'AHemagne mettrait son épée. Elle ne s'engagera dans une guerre, qu'à la dernière extrémité et après n'avoir rien négligé pour la prévenir. Sans le crier sur les toits, en se laissant mème critiquer de trop cacher son jeu, elle ne s'emploi,era pas moins activement pour qu'on remonte la pente, devenue déjà trop glissante. Nos efforts se rencontrent avec les siens pour la conservation de la paix générale, et, si elle devait ètre troublée, je pense que ce serait en continuant à rester à ses còtés, que l'ensemble de nos intérèts aurait le moins à souffrir.

Quoiqu'il ait déjà de la poudre dans l'air, espérons qu'un bon v;ent éloignera cette fois encore l'orage. Ce ne serait .qu'après avoir acquis la conviction que le danger ne saurait ètre écarté, qu'il conviendrait de provoquer une entente sérieuse avec l'Allemagne. Nous en préparerions le voie, en nous appliquant de plus en plus à faire désirer notre alliance, soit par un ordre parfait dans nos conditions intérieures soit par le développement régulier. de nos forces de terre et de mer.

(l) Cfr. n. 493.

499

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, BALBI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 116. Madrid, 19 ottobre 1876 (per. il 25).

Nella conversazione che ebbi ieri con S.E. il Ministro di Stato, al ricevimento ebdomadario del Corpo diplomatico, il Signor Calderon CoHantes mi tenne spontaneamente parola della attuale dimora dei pellegrini Spagnuoli in Roma, rendendo omaggio così alle savie misure governative di precauzione come alla attitudine tradizionalment'e assennata di quella popolazione. Accennò pure il Ministro al significato politico che da alcuni capi del Pellegrinaggio, quali il Signor dì Nocedal, l'Arcivescovo dì Granada (ch'egli qualificò dì fanatici) ecc., erasi voluto attribuire a quella manifestazione cattolica, aggiungendo che le istruzioni impartite ai Rappresentanti Spagnuoli in Italia a questo riguardo escludevano dalla protezione di quelle Autorità quanti romei avessero colla loro condotta ostentato un carattere diverso da quello esclusivamente veligìoso. Egli non mi dissimulò inoltre la propria irritazione contro l'Arcivescovo di Granada, il quale oltre alle intempestive allusioni del suo discorso aveva confermato le proprie tendenze reazionarie-Carliste coll'astenersi sin qui dal presentarsi al Signor Cardenas, siccome era suo dovere farlo, appena giunto; e finalmente non misurò le parole di risentimento e dì biasimo all'indirizzo di coloro eh~, sotto ingiustificabili pretesti, avevano tentato di opporsi all'ingresso nel Vaticano del Signor Conte Coello e del suo seguito. Ho creduto dover mio di riferire all'E.V. queste impressioni riportate dal Ministro di Stato, siccome quelle che corroborano quanto ebbi l'onore di comunicarle col mio rapporto di questa serie N. 102 delli 2 Settembre p.p. (1), in ordine all'organamento del Pellegrinaggio. Reputo parimenti opportuno di segnalare all'attenzione dell'E.V. il linguaggio unanimamente lusinghiero della stampa Madrilena a riguardo del lodevole contegno osservato in questa emergenza sia dal R. Governo come dalla popolazione di Roma. A questo scopo acchiudo al presente rapporto alcuni scampoli dei giornali i più accreditati che si occupano dell'argomento. In questa medesima occasione il Signor Calderon Collantes mi tenne discorso del progetto dì formazione dì un centro liberale parlamentario, alla quale dovrebbero contribuire elementi Ministeriali della rappresentanza nazionale. Egli non mi sembrò propenso ad accordare grande importanza né probabilità dì successo a simili tentativi. c Del resto • aggiunse c il Governo non s'immischì,erà in .tale questione, preferendo ai partìdarìi dì fede dubbia avversarj decisi benché più numerosi •. Toccando infine della condotta delle autorità Civile e Religiosa dì Mahon, il Ministro di Stato ammise tuttora la possibilità dì severe misure governative a loro riguardo.

Non posso conchìudere questo rapporto senza far cenno ancora del recente rinnovarsi in alcuni circoli irrequieti dei rumori relativi a più o meno prossimi moti sovversivi nella capitale ed in alcune città di provincia. Ignoro però sino ad oggi con quale fondamento.

500

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, BALBI

D. CONFIDENZIALE 19. Roma, 20 ottobre 1876.

Nei primi giorni di settembre comparve, sull'Epoca, di Madrid, un articolo nel quale si riproponeva, quasi necessità per l'avvenire della Spagna, la questione dell'Unità iberica. Il Gabinetto dì Lisbona (così riferisce il Marchese Oldoini) si preoccupò di sìffatta manifestazione, essendo notoriamente l'Epoca

organo officioso del Signor Canovas del Castillo, ed il Ministro di Portogallo a Madrid ebbe l'incarico di far conoscere al Gabinetto Spagnuolo la cattiva impressione prodotta da quell'articolo sopra il Governo di Sua Maestà Fedelissima e di rammentare come, dal canto suo, la dinastia di Braganza avesse, pochi anni or sono, declinato la Corona di Spagna che le si afferiva. Il Ministro degli affari esteri del Portogallo avrebbe anche intrattenuto di questo soggetto il Ministro britannico Signor Morier, il quale ha sempre mostrato molto interesse al Portogallo.

E' possibile (anzi lo stesso Marchese Oldoini dichiara probabile la supposizione) che non si tratti, come taluno vorrebbe far credere, di un ballon d'essai, ma piuttosto di un artificio di partito inteso ad evitare il pericolo che l'idea dell'unione iberica sia usufruita, a danno del Ministero attuale, dalle frazioni varie dell'opposizione, in !spagna. Ad ogni modo, i vincoli che uniscono alla dinastia di Savoia la Famiglia Sovrana di Portogallo, conferiscono al presente argomento così speciale importanza, che io stimai debito mio di richiamare sopra di esso l'attenzione di V.S. Illustrissima, affinché voglia indagare e riferirmi ogni notizia od indizio che, a tale riguardo, le paresse di qualche interesse.

(l) Cfr. n. 385.

501

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 553. Vienna, 20 ottobre 1876 (per. il 23).

Trovasi in Vienna alcuni giorni S. M. il Re di Grecia che ben volle, come ebbe a fare a riguardo degli altri Ambasciatori qui accveditati, ricevermi in :privata udienza. Sua Maestà mi accolse con molta affabilità ed ebbe ad esprimersi meco con particolare simpatia intorno alla persona del Nostro Augusto Sovrano. La conversazione s'aggirò quindi sulle questioni del giorno: intorno alle quali Egli favellò con molta riserva, non nascondendomi però che l'Europa avendo preso ad appoggiare con grande vigore le sorti di quene Provincie Turche che ebbero ad insorgere contro il Sultano, ciò non aveva potuto a meno di suscitare un'abbastanza giustificabile eccitazione in quelle di nazionalità Greca, che eransi fino ad ora mantenute aliene da quei moti insurrezionali: cosa che sin d'ora già metteva la Grecia in un'assai difficile situazione. Egli dicevami proporsi al suo ritorno nei suoi stati di moderare quella nascente effervescenza: lasciavami però intravvedere non ravvisare ciò molto agevole. Analogo discorso risultami abbia Sua Maestà tenuto cogli altri miei colleghi. Intanto è da osservarsi che il Re si trattiene a Vienna sotto il pretesto di aspettarvi la Regina sua Consorte, ma che non v'ha chi non sia persuaso che essenzialmente Egli aspetta per far ritorno ad Atene che la situazione si sia più chiaramente definita. Egli aspetta cioè di vedere se la Russia dichiari o no la guerra alla Turchia. V'ha chi dice ch'Egli sia anzi in attesa di una comunicazione da Livadia. Per conto mio credo ciò abbastanza probabile, come credo anche non impossibile ch'Egli sia venuto qui onde procacciarsi l'eventuale appoggio dell'Austria-Ungheria. Molto probabilmente Egli raggiungerà il duplioe risultato di ottenere l'appoggio Russo e quello Austro-Ungarico. Poiché se la Russia muove guerra alla Turchia non le riescirà discara l'alleanza degli Elleni; ed il Gabinetto di Vienna, ove non potesse impedire la guerra RussoTurca, non sarebbe alieno, ho luogo di credere, dal favorire un movimento Greco che potrebbe controbilanciare sin d'ora e meglio ancora in avvenire l'invadente panslavismo.

502

IL MINISTRO A BRUXELLES, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 39. Bruxelles, 20 ottobre 1876 (per. il 23).

Ainsi que j'ai eu :l'honneur d'en informer hier par télégramme V. E., le Ministre de France ici a été nommé Ambassadeur à Rome auprès du Saint Siège, et sera remplacé par le Comte de Gabriac. D'après ce que m'a dit le Baron Baude, il paraitrait que depuis quelque temps le Gouvernement Français s'était aperçu que les idées de M. de Corcelles devenaient un peu confuses, que ses rapports aussi bien que ses conversations s'en ressentai.ent, et que la preuve que l'on partageait au Vatican cette appréciation sur la phase d'esprit dans laquelle était entré l'Ambassadeur, c'est qu'aux premières insinuations faites à Rome sur la possibiHté de son changement, ni le Saint Père ni son entourage n'y avaient fait la moindre objection.

Je dois également confirmer oe que j'ai eu ·l'honneur de mander en meme temps à V. E. sur les nouvelles alarmantes parvenues hier de Londres au Ministère des Affaires Etrangères et d'après lesquelles la guerre entre la Russie et la Turquie devenait inévitable.

Le Ministre d'Angleterre, que j'ai vu dans l'après midi, tout en me disant qu'il n'avait à oe sujet aucune information officielle, est convaincu cependant qu'en présence de l'attitude ouvertement belliqueuse de la Russie et des préparatifs évidents de son entrée immédiate en campagne, il n'y avait plus aucun espoir de conserver la paix. • Ce n'est plus un secret pour personne, a-t-il ajouté, que l'armée serbe qui vient de combattre n'avait de serbe que le nom, et qu'en réalité elle était peuplée de soldats et officiers Russes, n'obéissant qu'aux ordres et aux directions de la Russie. Mais si l'on a pu fermer les yeux sur une pareille situation .tant qu'elle n'avait pas un caractère officiel d'intervention, il ne pourrait plus en etre de mème du moment où un corps d'armée russe entrerait en Bulgarie; dans ce cas l'Angleterre ne pourrait plus tolérer une pareille violation du territoire Turc, et donnerait certainement l'ordre à ses vaisseaux de guerre d'entrer dans la Bosphore •.

Une chose qui m'a paru préoccuper Sir Lumley était de savoir quelle position prendrait dans le conflit l'Italie, qu'une grande partie de la presse européenne présentait comme étant favorable à la Russie. Je me suis borné à lui répondre, en thèse générale, que les déclarations publiques plusieurs fois repétées par V. E. indiquaient suffisamment que le Gouvernement du Roi était avant tout partisan décidé de la paix et que tous ses efforts étaient tendus pour en assurer le maintien.

Dans les sphère gouvernementales d'ici, l'on se montre d'autant plus alarmé de cet horizon belliqueux, que si l'Angleterre vient à s'engager dans une lutte dont il est impossible de prévoir ni les péripéties, ni la durée, la Belgique se trouverait, au moins dans une mesure sensible, privée de son plus solide appui.

503

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 422. Terapia, 20 ottobre 1876 (per. il 27).

Ieri giungeva in questa residenza il Generale Ignatiew dopo tre mesi d'assenza. L'annuncio del suo imminente arrivo aveva prodotto non poca impressione alla Sublime Porta e nei circoli diplomatici, imperocché esso veniva generalmente interpretato come il segno d'una nuova fase della politica Russa in Oriente, la quale poteva essere di pace o di guerra. L'idea predominante era tuttavia che la presenza dell'illustr,e Diplomatico sarebbe per facilitare i negoziati di pace. E citerò a mo' d'esempio le parole dette il giorno innanzi da Safvet Pacha il quale rallegravasi di quel ritorno allegando il Generale Ignatiew conoscer,e le cose dell'Impero meglio d'ogni altro, sapere come prendere i Turchi, ,essere pieno di risorse innanzi alle difficoltà, ed aggiusterebbe le cose meglio di quelli che si dicono loro amici.

Il Generale Ignatiew arrivava adunque ieri mattina alla sua residenza di Buyukdere. Ed io mi trasferiva in giornata a visitarlo. Egli mi faceva, come sempre, la più lieta accoglienza. Essendo quindi venuti a discorrere delle presenti difficoltà, S. E. cominciò col dire che i nostri Governi erano perfettamente d'accordo, ed entrambi desideravano vivamente il ristabilimento della pace.• Le Potenze Garanti, proseguiva egli, eransi messe d'accordo sulle basi che dovevansi proporre alla Sublime Porta. Però il Governo Imperiale, vedendo le tergiversazioni che questa frapponeva all'accettazione di esse, faceva quella proposta d'occupazione che era portata a Vienna dal Generale Soumarokow. Questa minaccia aveva il doppio scopo di indurre il Governo Ottomano a dare senz'altro una risposta soddisfacente, oppure, se diveniva necessario, d'adottare misure più efficaci, di proteggere la vita e gli averi dei Cristiani. Ma vi assicuro che non entrò mai nelle idee della Russia di occupare definitivamente quelle Provincie. La Russia non ha alcuna vista interessata in Oriente, e fa troppo caso dei desideri espressi dal Governo d'Italia per nutrire progetti di quel genere. Essa quindi intendeva che appena le questioni pendenti sarebbero aggiustate, la Bosnia e la Bulgaria sarebbero immediatamente evacuate. In questo frattempo però quest'Ambasciatore della Gran Bretagna assicurava che la Sublime Porta accetterebbe le basi presentate dalle Potenze Garanti, ed il Governo Russo desisteva dalla sua proposta. Compariva indi la risposta del Governo Ottomano la quale non era conforme alla aspettazione. Esso sostituiva tra le altre cose un armistizio di 6 mesi a quello d'un mese proposto dalle Potenze. Ora la situazione economica dell'Europa in generale e quella della

Russia in particolare è tale che non è possibile di tenerle in sospeso per sì lungo intervallo. Gli interessi commerciali ed industriali già soffrono della presente crisi, ed è urgent·e d'uscirne. Di più il Governo Imperiale non potrebbe imporre alla Serbia ed al Montenegro i sacrifici che verrebbero dal restare in armi per sei mesi. Si deve dunque insistere presso la Sublime Porta perché essa aceetti un armistizio d'un mese o di sei settimane al più. Nulla osterebbe poscia a prolungarlo quando i negoziati di pace lo richiedessero. Si radunerebbe indi una Conferenza dei Rappresentanti delle Potenze Garanti, nella quale si delibererebbe sulle condizioni di pace. L'Inghilterra ha suggerito di tener questa Conferenza a Costantinopoli e la Russia ha accettato la proposta. Però nell'interesse stesso della Sublime Porta non conviene che nella confe·renza questa sia rappresentata, giacché dovendosi trattare tra le altre cose dei dif•etti della sua amministrazione, le relative discussioni potrebbero non riuscirle grate. La presenza d'un Rappresentant·e Ottomano avrebbe inoltre l'inconveniente di dover conferire ad esso la presidenza delle riunioni, e ta1volta eziandio quello di rivelare le possibili divergenze fra quelli delle Potenze. La Conferenza è dunque, a mio avviso, cosa da regolarsi tra le Potenze, e quando esse· avran convenuto d'un progetto di pacificazione non s'avrà che a presentarlo al Governo Ottomano e farglielo accettare. La mia intenzione sarebbe dunque di limitare per ora la mia azione ad insistere perché la Sublime Porta acconsenta all'armistizio di sei settimane. Ma affine di render più efficaci i mi•ei ufficii sarebbe importante di aver la cooperazione de' miei Colleghi. Quelli d'Austria-Ungheria e di Germania hanno acconsentito ad indirizzare analoghe comunicazioni ai loro rispettivi Governi, e vi sarei grato se voleste farne altrettanto •.

Risposi a S. E. poterlo assicurare che stava sommamente a cuore al R. Governo di procedere in ogni caso d'accordo con quello dell'Imperatore; sapere che si stava trattando affine di stabilire tra le Potenze un accordo sulle questioni, né mancherei di partecipare a quello quanto m'aveva comunicato.

La conversazione s'estendeva indi alle cose avvenire. Il Generale Ignatiew mi diceva avere il Governo Imperiale gran desiderio di camminare sempre d'accordo colle altre Potenz•e Garanti, farebbe ogni sforzo per ottenere siffatto intento; però esisteva in Russia una tale agitazione, un tale entusiasmo in favore dei Cristiani che esso non poteva porre in non cale. Se la Sublime Porta persist:eva nelle sue tergiversazioni, se essa non faceva giustizia alle ragionevoli domande dei Governi Garanti, quello dell'Imperatore savebbe costretto ad adottare quelle misure che sarebbero trovate conveni•enti affine di provvedere agli interessi ed alla dignità dell'Impero. Ed allora potrebbero nascel'e gravi complicazioni.

Risulta dalle cose predette che il Generale Ignatiew non è portatore d'un ultimatum, né d'un nuovo ed immediato piano d'azione. Ma com'era a prevedersi, egli farà ogni possa per metter fine alle tergiversazioni della Sublime Porta, e se questi officii non rioesciranno si andrà innanzi.

Di questa conversazione diedi avviso telegrafico all'E. V. nella giornata di ieri (1).

43 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

(l) Non pubblicato.

504

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1169. Costantinopoli, 21 ottobre 1876, ore 18,25 (per. ore 10 del 22).

L'ambassadeur de Russie qui est venu me voir en sortant de chez le grand vizir et le ministre des affaires étrangères m'a dit qu'ìl a bon espoir de faire accepter à la Sublime Porte un armistice Q.e six semaines.

505

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 170. Roma, 21 ottobre 1876.

Colla partenza dell'ultimo postale per Costantinopoli non ho potuto rispondere ai rapporti giuntimi pochi giorni prima e che portano le date dal 3 al 6 ottobre. Fra quei rapporti quello del 5 corrente (1), in cui Ella mi riferiva le pratiche fatte in esecuzione del mio telegramma del giorno innanzi (2), chiarisce sempre meglio il pensiero che anima il Governo del Sultano nelle presenti difficoltà della quistione orientale. Tutti gli sforzi delle Potenze non riuscirono a far comprendere ai Ministri ottomani la grande diversità che corre fra la situazione attuale e le condizioni in cui versava precedentemente la Turchia rispetto all'Europa. La guarentigia delle Potenze non ha mai dato il diritto alla Sublime Porta di ricusarsi ad ascoltare i consigli dei Governi garanti, di respingere le loro proposte e di maravigliarsi nel tempo stesso di non poter far conto sul loro appoggio. Il consiglio che noi avevamo dato in via strettamente riservata a Safvet Pascià d'invocare l'art. 8 del Trattato di Parigi non potrebbe più essere da noi rinnovato ora che la Russia si opporrebbe ad una Conferenza di cui la Turchia fin da principio dovrebbe essere parte. Le proposte che non sono accolte in tempo opportuno difficilmente possono essere ripresentate più tardi ed io credo che la Sublime Porta dovrà pentirsi di non aver giudicato con retto criterio tutta l'importanza dell'amichevole nostro consiglio.

Come le telegrafai ieri sera (2), l'Inghilterra pare decisa ad astenersi per ora da qualunque azione diplomatica. Ne ebbi la conferma in una dichiarazione fattami questa mattina dall'Incaricato d'Affari britannico. Questa dichiarazione è cosi concepita: • Il Governo della Regina avendo accettato la proposta ,turca di un armistizio di sei mesi non è disposto a ritirare la sua accettazione né a fare alcuna nuova proposizione. Egli non si opporrà ,tuttavia a che un termine più breve sia adottato, nel caso in cui la Sublime Porta fosse disposta ad ac

consentirvi, ma non può esercitare sulla medesima una pressione in questo senso •.

La risoluzione dell'Inghilterra fu presa soltanto dopo che questa potenza poté avere la certezza che la Germania non si discosterebbe dalla Russia e quando dovette convincersi che l'Austria-Ungheria stessa, malgrado le sue prime dichiarazioni, non si metterebbe nella quistione della durata dell'armistizio sopra un terreno diverso di quello degli altri due Imperi.

In questo stato di cose, uno dei pericoli sui quali gioverà avere gli occhi aperti, consiste nella probabilità di accordi separati fra i tre Imperi, accordi che potrebbero condurre a sostituire la loro azione a quella del concerto delle sei Potenze. L'intimità che Ella seppe stabilire nei suoi rapporti con il Conte Zichy e con il Generale Ignati!ew, Le darà probabilmente il mezzo di vegliare attentamente sopra tutto ciò che a questo riguardo si preparasse. Stimo opportuno che Ella sappia in modo affatto riservato che il Generale Ignatiew si è alcuni mesi or sono vivamente dichiarato opposto al progetto di una concessione territoriale all'Austria-Ungheria in Bosnia. Il Cavalier Nigra mi ha informato che per combattere un siffatto progetto trovò nel Generale un potente ausiliario. Ella saprà dunque opportunamente e con molta cautela valersi della cognizione dei sentimenti personali di codesto Ambasciatore di Russia per iscoprire se delle nuove intelligenze si stabilissero fra Vienna e Livadia a tale riguardo.

(l) -Cfr. n. 454. (2) -Non pubblicato.
506

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1705. Berlino, 21 ottobre 1876 (per. il 27 ).

Edhem-Pacha s'est présenté le 19 au Ministère des Affaires Etrangères, pour tàcher d'obtenir quelque indication sur l'accueil fait à ses dernières communications. Le Secrétaire d'Etat a déclaré ne pas vouloir se prononcer relativement à l'armistice de six mois. Comme il n'y avait pas d'entente sur ce point entre toutes les Puissances, le Cabinet de Berlin aimait mieux s'abstenir de prendre position, car son attitude était précisément basée sur une entente préalable avec les autres Etats garants.

C'est aujourd'huy que M. de Btilow m'a donné ces détails.

Je lui ai demandé s'il n'avait peut-ètre pas, sans prendre d'engagement, marqué quelque préférence pour une suspension d'armes de six semaines. Il m'a répondu affirmativement. Et, à ce propos H ajoutait qu'il ne pouvait à moins de trouver habile la conduite de la Russie, persistant à se maintenir sur le terrain de la démarche faite vers la fin de Septembre par l'Angleterre à Constan:tinople, et qui avait eu l'appui unanime des autres Puissances. Au reste, me disait M. de Biilow, le noeud de la difficulté gisait moins dans un

armistice de six mois, de six semaines, ou d'une durée indéterminée selon

l'idée suggérée par V. E., que dans les garanties réclamées pour l'Herzégovine,

la Bosnie et la Bulgarie. Jusqu'ici du moins, la Turquie se refusait à leur

accorder, par un protocol spécial, une position exceptionnelle. Il serait assez

malaisé à l'Empereur Alexandre, malgré ses vues pacifiques, de revenir les

mains vides de Livadia à Moscou ou à St. Pétersbourg. Il faut à l'opinion su

rexcitée de son peuple, quelque résultat qui prouve que les conditions des pro

vinces précitées ne seront pas abandonnées à l'arbitraire des Autorités Turques

Les procédés dilatoires du Gouvernement Ottoman, son plan général de ré

formes, ne suffiraient pas pour tranquilliser les esprits. Si cette satisfaction

n'était pas donnée, le Cabinet de St. Pétersbourg serait peut-etre enclin à

agir isolément par tous les moyens dont il dispose. Le retour du Général

Ignatiew à Constantinople est un fait significatif. Il est vrai que Lord Loftus

se rend de son còté à Livadia, ce qui laisserait supposer que les pourparlers

continuent entre l'Angleterre et la Russie.

J'ai aussi cherché à savoir qu'il y avait quelques propositions sur le tapis.

M. de Biilow assurait qu'il n'était pas à meme de s'expliquer, parceque dans oes derniers jours des nouvelles positives faisaient défaut.

En attendant, le langage qu'il m'a dit avoir tenu à Edhem-Pacha, vient à l'appui de mon télégramme d'hier. J'apprends en outre par M. d'Oubril, que le Cabinet de Berlin a soutenu la treve de six semaines à Londres et à Constantinople, d'une manière plus accentuée que vis-à-vis de l'Ambassadeur de Turquie. Cette confidenoe avait été faite par M. de Biilow à l'Ambassadeur de Russie, en affirmant néanmoins une fois de plus, que le programme de l'Allemagne visait avant tout à favoriser un accord général.

Lord Odo Russell a parlé il y a quelques heures, à un de mes collègues, de deux télégrammes qu'il avait reçu dans la journée de son Gouvernement. Le premier était relatif à l'attitude de l'Autriche. Sir A. Buchanan croyait savoir que cette Puissance, tout .en s'abstenant de recommander à Constantinople une suspension d'armes de six semaines, ne souleverait aucune objection si cette combinaison était acceptée. Le second se référait au dernier Conseil des Ministres tenu à Londres, conseil dans lequel il a été décidé que ,rAngleterre après s'etre montrée favorable à un armistice conforme aux désirs de la Turquie, ne pouvait intervenir maintenant pour en limiter la durée à six semaines mais qu'elle aussi était prete à se ranger à cette limitation.

Ce virement de bord prouve de deux choses l'une, -ou que le Cabinet de St. James a reconnu avoir fait fausse route en désertant, le premier, la proposi.tion dont il avait pris l'initiative, -ou que, après s'etre trop avancé, il a diì. reculer, parcequ'il dispose encore de moyens insuffisants pour tenir tete à la Russie, si celle-ci se décidait à passer outre.

J'ai l'honneur de remercier V. E. de son télégramme d'hier (1), dont j'ai pris note pour ma propre gouverne. V. E. parle des Puissances paraissant disposées. malgré l'avis contraire de la Russie, à accepter la contre-proposition de la Sublime Porte. L'Allemagne ne devait cependant pas etre comprise dans le

nombre, puisque, ainsi que je le télégraphiai le 14 (1), -à la veille des instructions transmises à nos Agents en Serbie et dans le Monténégro, -M. de Biilow, tout en réservant comme vous un jugement définitif, trouvait que ia Turquie aurait agi avec plus de sagesse, en acceptant purement et simplement la proposition punitive de l'Ang1eterre.

Par son télégramme d'aujourd'huy (1), qui m'est parvenu après mon entretien avec M. de Biilow, V. E. veut bien me communiquer des détails fournis par Lord Derby. Je savais, et je l'ai mandé à Rome, que le Cabinet de Berlin avait décliné de condescendre à l'invitation de l'Angleterre de recommander à Livadia la contre-proposition turque. Ce refus a una telle demande est positif. Il m'est confirmé de plusieurs còtés à la fois. Le Gouvernement Britannique aurait-il fait une autre tentative, dans le sens indiqué dans le télégramme précité, lorsqu'un premier insuccès aurait du le mettre sur ses gardes. Lord Odo Russell n'en a soufflé mot à aucun de ses collègues, tandisqu'il n'a pas fait mystère de la démarche que j'ai signalée à V. E. La réponse négative à cette dernière a été donnée à l'Ambassadeur d'Angleterre, et M. de Biilow en a instruit en meme temps M. d'Oubril. Je pense donc qu'il y a quelque inexactitude involontaire dans le récit de Lord Derby. La situa,tion n'en reste pas moins grave. Sans doute, la ligne des trois Puissances du Nord se mantient, surtout depuis que le Cabinet de Vienne a battu en retraite devant les déclarations du Prince Gortchacow, insistant pour une treve d'un mois à six semaines. Qui sait meme, s'il n'est pas déjà stipulé un accord, entre l'Autriche et la Russie, pour une occupation éventuelle, par celle-ci, de la Bulgarie, sauf à réserver au Cabinet de Vienne d'intervpnir à son tour en Bosnie quant il jugerait le moment opportun? L'Allemagne n'y mettrait aucun obstacle, d'après son système d'opposer son visà à ce qui a été concerté entre ces deux Puissances. Cela équivaudrait, le cas échéant, à une guerre localisée entre la Russie et la Turquie.

Cette éventualité peut-etre ajournée, si la Pol'te consent à se soumettre aux premières propositions des Puissances. Mais il est fort à craindre que le Cabinet de St. Pétersbourg ne devienne de plus en plus exigeant, et qu'il saura faire naitre de nouvelles occasions d'une rupture, notamment sur la

question des garanties.

Le fait est que les armements se poursuivent avec activité en Russie, entre autl'es pour compléte·r les livraisons des fusils Berdan. Des commissaires, envoyés par l'Administration des chemins de fer roumains, son t actuellement à Livadia pour combiner les règlements relatifs aux transports de troupes, qui pourraient avoir lieu.

Nous ne devons donc nullement etre rassurés sur l'état present et futur des choses. Pour ce qui a trait particulièl'ement à l'Italie, je ne puis que me référer à mon rapport N. 1704 (2).

En accusant réception du télégramme de V. E. du 18 courant (1), auquel j'ai répondu le meme jour...

12) Cfr. n. 498.

(l) Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

507

IL CONSOLE IN MISSIONE A RAGUSA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1172. Cettigne, 22 ottobre 1876, ore 18,30 (per. ore 22,55).

Le prince Nicolas ayant aujourd'hui réuni les agents diplomatiques nous a fait la communication suivante: So n Altesse, tout en persévérant dans ses déclarations antérieures d'accepter l'armistice nous a dit que, d'accord avec la Serbie, le Monténégro, par des raisons toutes militaires, ne pouvait consentir qu'au terme de six semaines. J'ai eu l'honneur de faire connaitre incidemment à V. E. le sens de ces raisons. Son Altesse a ajouté que par d'autres motifs militaires très urgents, .elle prie les Puissances médiatrices de lui faire connaitre leur décision au plus tard à la fin du mois courant.

508

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 93. Parigi, 22 ottobre 1876 (per. il 25 ).

Ieri mattina mi recai da S. E. il Duca Decazes per conoscere il tenore della risposta che l'Inghilterra doveva aver data alle ultime proposte della Russia. Ci ritornai più tardi, dopo aver ricevuto e tradotto il lungo telegramma di V. E. (1).

Secondo gli ordini dell'E. V. gli domandai se ritenesse finita la parte delle Potenze meno impegnate nella quistione dell'armistizio, se non gli sembrasse ch'esse potessero fare qualche passo ancora, tentare qualche nuova proposta conciliativa.

n Duca Decazes rispose ritenere inutile ogni nuovo passo, ogni nuova proposta, non potendo nutrire egli fiducia alcuna di riuscita, dopo che Russia ed Inghilterra non si erano intese direttamente fra loro. La sola Germania, a parer suo, poteva imporne all'una e all'altra e trovare una formola conciliante ed accettabi·le da tutte le Potenze; ma non volle, ripugnandole, come disse, di far pressione sulla Russia.

Di fronte a questa grave situazione eravamo rimasti ambidue pensierosi e muti, quando ad un tratto il Duca Decazes proruppe nelle seguenti parole:

• E se l'Inghilterra venisse a proporci da un momento all'altro di riunire la

nostra flotta per un'azione comune nelle acque ottomane, che fareste voi? •. Replicai subito ch'io non ero in grado di rispondere a tale domanda.

• Avete perfettamente ragione, rispose il Duca, di dirmi così, giacché se voi mi aveste fatto questa stessa domanda io vi avrei data la stessa vostra risposta. Tuttavia, proseguì, mi pare questa un'eventualità alla quale convenga pensare anticipatamente e seriamente per avere preparata e pronta la risposta che ciascuno di noi crederà di dover dare all'occorrenza •. II Duca cessò senza ch'io

aggiungessi parola, senza che prendessi impegno alcuno di consultare in proposito V. E.

Mi sia lecito di aggiungere su quest'argomento, che qualora il caso accennato dal Duca Decazes si avverasse e l'Inghilterra richiedesse il concorso delle flotte francesi e italiane per un'azione comune, la Francia, secondo ogni probabilità, declinerebbe l'invito per tre possenti cagioni:

l. L'opinione pubblica in Francia e sopratutto quella del partito repubblicano avversa qualsiasi partecipazione alla guerra, anche in minima misura;

2. -La convinzione dell'insufficiente efficacia delle flotte che non arresterebbero punto la Russia e servirebbero forse a mettere a nudo l'impotenza relativa delle Potenze occidentali; 3. -La quasi cel"tezza di nuove e gravi complicazioni colla Germania.

Questi sono criterii miei personali di cui l'E. V. farà il caso che creda.

Ritorno al Duca Decazes. Dopo un nuovo silenzio egli ripigliò: c Stamane è venuto Lord Lyons a comunicarmi il rifiuto fatto dall'Inghilterra alle ultime proposte della Russia, ed io gli ho soggiunto: Milord, ditemi ora, io ve lo intimo, ditemi cosa pensi di fare l'Inghilterra •. Lord Lyons schermendosi alla meglio avrebbe chiesto se fosse quella una domanda formale. Ed il Duca Decazes gli avrebbe ripetuto: c In nome della Francia, vostra antica alleata in Oriente che fece con voi sagrifizii di sangue e di danaro in Crimea, vi intimo (c je vous somme •) di dirmi che cosa pensi di fare adesso l'Inghilterra? • Lord Lyons sarebbe partito dichiarando di non poter rispondere e promettendo di consultare il suo Governo.

Prima di chiudere questo rapporto devo aggiungere che ho riveduto sta

mane il Duca Decazes molto inquieto del Consiglio che deve riunirsi nuova

mente domani, non più a Londra, ma a Balmoral, alla presenza della stessa

Regina. La distanza della riunione (diciotto ore 'e più di ferrovia), la gra

vità della si,tuazione, e la nota ripugnanza di Sua Maestà a presiedere i Consigli

de' Ministri accrescono l'importanza di queno che avrà luogo domani. Il Duca

presume possa esservi discussa l'occupazione eventuale dell'Egitto, come con

trappeso ai possibili avvenimenti sul Bosforo. Ma delle risoluzioni che saran

no prese nulla trasparirà certo, almeno per ora.

Frattanto ad ogni buon fine, il Duca Decazes crede saggio per la Francia e l'Italia di non urtare menomamente l'Inghilterra nella quistione egiziana affine di non darle motivo o pretesto di separarsi completamente da noi.

(l) Non pubblicato.

509

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. R. 555. Vienna, 23 ottobre 1876 (per. il 27).

Ove il Governo Imperiale avesse realmente desiderato dar prova del suo buon volere di mantenere cordiali relazioni coll'Italia, esso avrebbe senza dubbio fatto susseguire al comunicato col quale il Diritto faceva appello al pa

triottismo deUa stampa italiana, onde avesse a cessare dalla poco felice polemica intavolata coi giornali austriaci, un analogo invito alla stampa austro-ungarica col mezzo di uno dei tanti suoi fogli ufficiosi. Ma in realtà poco sperai ciò si verificasse ed il fatto provò ch'io non mi ingannava. Ad ogni modo credo abbiamo di che applaudirci di quanto si è fatto dal canto nostro, poiché se non altro, mentre si è raggiunto lo scopo desiderato di porre, pel momento almeno, termine a quella disgraziata polemica, abbiamo dato non dubbia prova di tatto e di moderazione, non senza rilevanza nelle attuali contingenze dell'Europa. Purtroppo però questa questione, che chiamerò giornalistica, non fu se non un incidente, di cui il Governo austriaco credette valersi per far dividere dal paese i sospettosi rancori che da qualche tempo nutriva contro noi. La conversazione ch'io ebbi in proposito col Conte Andrassy non poté mutare gran che a quello stato di cose; le prevenzioni a riguardo del GoV1erno italiano venendo da più alto di lui, ed avendo trovato tutto all'intorno propizio terreno per farle germogliare. Non conviene quindi farsi illusioni; per un tempo probabilmente non breve non troveremo qui se non le più assolute diffidenze, e quindi un contegno sommamente riservato da parte nostra, nelle nostre relazioni coll'Austria sarà il solo che il nostro decoro ci potrà consigliare. Qua,lsiasi nostra proposta in fatto di politica internazionale sarebbe accolta con sospetto e fors'anche con mal garbo. Parrà dunque necessario astenersene in modo quasi assoluto. L'alleanza fra i tre Imperatori, che chiaramente si vede essere più che mai stretta, fa l'Austria sicura di non aver nulla da temere dall'Italia pel momento; ove quindi da parte nostra non si procedesse con somma cautela, il Gabinetto di Vienna non solo si mostrerebbe poco riguardoso verso noi, ma ancora non mancherebbe di dare sfogo a quell'arroganza, che è nelle sue tradizioni, allorché crede di poterne usare impunemente. Procedendo con molta prudenza e riserva ed astenendosi dal fare qualsiasi atto che potrebbe accennare a soverchio desiderio per parte nostra di ripristinare più intime relazioni, forse potremo col tempo ristabilire lo stato di cose che circostanze varie ebbero a turbare in questi ultimi tempi; ma ad ogni modo parmi si dovrà sempre aver presente che sino a quando un pajo di generazioni si siano succedute in Austria, non potrà esservi fra essa e l'Italia vera concordia spoglia da ogni reminiscenza

del passato.

510

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 556. Vienna, 23 ottobre 1876 (per. il 27).

L'opinione pubblica si manifesta attualmente nelle due parti della Monarchia altamente contraria ad un'alleanza colla Russia. Nel Reichsrath di Vienna si dichiara recisamente non volersi né occupazione temporanea né annessione di Provincie Turche. In Ungheria quegli stessi sentimenti si mostrano anche in modo più accentuato, poiché colà le masse non si fanno ritegno di chiedere alleanza colla Turchia, guerra alla Russia.

Certamente non intendo negare qualsiasi importanza a simili manifestazioni della opinione pubblica nei due Stati retti a forme costituzionali. Non potrei però neppure dargliene soverchia, poiché in questa Monarchia l'indirizzo della politica estera non subisce se non molto indirettamente l'influenza dei Parlamenti, ed anche della corrente dell'opinione pubblica, che finisce per accontentarsi di ciò che gli si presenta come il minor male, siccome anzi il mezzo il più sicuro di conservare la pace che in fin dei conti è il massimo comune desiderio; poiché conviene non perdere di vista che l'Austria-Ungheria è lo stato che si presta meno ad un'unanime opinione pubblica negli scopi internazionali, variando assolutamente gl'interessi a seconda delle speciali tendenze delle singole razze, di cui si compone la Monarchia.

Il Gabinetto di Vienna non ha aderito ad occupare la Bosnia, mentre la Russia sarebbe entrata in Bulgaria, ma chiaramente si vede che a questa seconda eventualità non ha opposto veto di sorta, ·e molto probabilmente anzi avrà dichiarato non opporvisi affatto, a condizione che la Russia non appoggi la formazione alla frontiera della Monarchia di un grande Stato serbo, riservandosi l'Austria-Ungheria di occupare la Bosnia ove ciò accennasse ad effettuarsi. Simili reciproche ·transazioni rendono possibHe la continuazione dell'accordo fra gli Imperatori Alessandro e Francesco Giuseppe, auspice l'Imperatore Guglielmo. Il timore di mali peggiori farà sì che l'Austria checché avvenga, non si distaccherà da auell'alleanza. che è per essa una necessità, chiaro essendo che la Russia procede co•l non celato assenziente appoggio della Germania. Vi ha chi crede, ed anzi mi fu assicurato che l'Imperatore Francesco Giuseppe carteggia all'insaputa del suo Governo cono Tzar, e che per conto suo non sarebbe affatto alieno da annessioni che procurerebbero alla Monarchia un compenso alle Provincie ch'essa perdette sotto il suo stesso Regno. Confesso però che non presto a ciò gran fede, credo bensì che se l'occasione si presentasse propizia di accrescere il territorio dell'Impero coll'acquisto di qualche nuova Provincia, non ne sarebbe spiacente, ma da ciò ad agire all'insaputa del suo primo Ministro, affinché la cosa si verifichi, parmi vi sia ancora un buon tratto.

511

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 429. Terapia, 23 ottobre 1876 (per. il 31).

Il ritorno del Generale Ignatiew in questa residenza ha di nuovo modificato completamente l'azione diplomatica presso la Sublime Porta. L'E. V. conosce come durante i tre passati mesi, sia per la posizione che Sir H. Elliot si trovava necessariamente avere in seguito agli avvenimenti occorsi, sia perché erasi convenuto di lasciare all'Inghilterra l'iniziativa dei recenti negoziati, l'Ambasciatore della Gran Brettagna esercitasse una influenza predominante sui consigli del Gabinetto Imperiale. Durante quest'intervallo seguivano avvenimenti di grand'importanza però i negoziati di pace non approdavano ad alcun risultato, che anzi la situazione facevasi ognor più critica ed oscura. Non m'allargherò oggi sulle ragioni che resero vani finora gli sforzi di questa diplomazia, imperocché esse sono ben note all'E. V. alla quale non ho mai cessato d'esprimere il mio avviso nulla potersi ottenere dalla Sublime Porta senza l'intervento d'una azione unanime ed energica di tutte le Potenze Garanti. Finché esiste presso questo Governo il sospetto o la speranza di divisioni tra le Potenze, nulla si ottiene da esso. Dopo tre mesi d'inutili sforzi l'Europa travasi dunque innanzi ad una situazione gravissima, ad un pericolo imminente di guerra Europea. In questo punto ricompare sulla scena il Generale Ignatiew, l'Ambasciatore che pochi mesi addietro ·era presso che onnipotente nell'Impero, faceva e disfaceva i Gran Viziri, regnava a Palazzo, e che per una serie di nuovi ed inaspettati eventi erasi .trovato subitamente infranto, e per alcun tempo eclissavasi. Egli risorge, ed ognuno si domanda se sia per ricondurre la pace o per riaccendere la guerra.

Già •ebbi più volte l'onore d'intrattenere l'E. V. delle relazioni personali che esistevano .tra il Generale Ignatiew e Sir H. Elliot. Da lunga pezza esse erano fredde, e negli ultimi tempi erano divenute penose. L'E. V. comprenderà quindi di leggieri quali potevano essere le disposizioni d'animo dei due illustri diplomatici nella presente congiuntura. Dall'una parte la soddisfazione della impotenza dimostrata dal rivale; dall'altra il rammarico dell'insuccesso, l'incertezza dell'avvenire. L'indomani del suo arrivo il Generale Ignatiew si recò a far visita a Sir H. Elliot. I due Ambasciatori ebbero una lunga conversazione la quale versò principalmente sui passati negoziati. Quello di Russia faceva intendere al suo interlocutore gli errori che erano stati commessi, la troppa condiscendenza dimostrata innanzi alle tergiversazioni della Sublime Porta, la necessità di porre pronto fine al presente stato di cose. Lasciavasi intravvedere dall'altra parte i maggiori ostacoli essere venuti dalla Russia, la causa della pace essere nelle mani di questa, nulla si farebbe dal suo canto per osteggiare le nuove pratiche che sarebbero intraprese per tale scopo. La conversazione non fu assai amichevole, e gli interlocutori si separarono in termini da lasciare poca speranza d'un miglioramento delle relazioni personali. E questi elementi avrebbero a stabilire l'azione concorde delle Potenze Garanti e forse a cooperare nella conferenza.

Erano invece riprese immediatamente le intime relazioni tra il Generale Ignatiew ed i suoi Colleghi d'Austria-Ungheria e di Germania. Il Generale arrivava nella notte, e l'indomani di buon mattino il Conte Zichy era con esso a Buyukdere. Poco appresso veniva il Barone Werther. Io li vidi riuniti 'l'indomani a sera, ed ebbi a constatare come la più cordiale intimità fossesi già ristabilita fra i tre Colleghi. V. E. sarà meglio di me in grado di giudicare se ad essa corrisponda quella dei tre Governi Imperiali.

I primordi delle relazioni tra il Generale Ignatiew ed i Ministri del Sulta

no furono piuttosto soddisfacenti. L'Ambasciatore era giunto nella notte che

precedeva il Bairam, e rimase due giorni senza mostrarsi, tanto che il Gran

Vizir ed il Ministro degli Affari Esteri incominciavano a sentire qualche in

auietudine ed espressero desiderio di vederlo. Il Generale recavasi il sabato a

visitare i Ministri ed aveva con essi la conversazione che ebbi l'onore di riferire all'E. V. pel mio rapporto del 22 corrente n. 428 (1). Aggiungerò avermi egli confidato che i Ministri si lamentarono vivamente con esso della condotta dell'Inghilterra ila quale colle sue lusinghe e coi suoi consigli aveva tratto l'Impero nelle misere condizioni in cui versava attualmente. E mi viene riferito anche da altre parti che queste recriminazioni contro l'Inghilterra sono espresse in termini assai sentiti soprattutto da Safvet Pacha e da Midhat Pacha.

Le prime pratiche fatte dal Generale Ignatiew presso questi Ministri farebbero dunque sperare che si possa trovare una soluzione delle presenti difficoltà. Però regna tuttavia un grande stato d'incertezza e di apprensione. Dall'una parte il risveglio reale o fittizio del fanatismo Musulmano, ile continue voci di massacri, le scoperte di cospirazioni; dall'altra l'onda Slava che minaccia di irrompere, e la incipiente agitazione dell'elemento Greco, ispirano gravi timori per l'avvenire. Si fan pronistici sulle parti che avrebbero a prendere le Potenze Europee nel caso di conflitto. Non si comprende bene il.'attitudine dell'Austria-Ungheria i cui interessi diversi son di difficilissima conciliazione, e le speranze od i timori si risentono secondo le diverse aspirazioni. La Germania è generalmente considerata come alleata alla Russia. L'attenzione principale è rivolta all'Inghilterra la quale nell'ultima fase sembra aver preso una posizione iso,lata. Se ne trae la conseguenza che essa, incominciando a sospettare la Russia d'intenzioni aggressive, voglia premunirsi contro le possibili eventualità. Né è raro d'intendere che il Gabinetto di San Giacomo potrebbe all'emergenza occupare militarmente le due sponde del Bosforo, affine d'impedire in ogni caso che esse vengano nelle mani d'altri. Il Signor Baker, Ufficiale Inglese di grande merito, che or non ha guarì fu obbligato di lasciare il servizio per un malaugurato incidente, e che trovasi da alcuni mesi a Costantinopoli, esplorò minutamente tutte queste posizioni e ne fece una relazione che sarà comunicata al Governo Britannico. E frattanto la Borsa di Galata continua ad essere agitatissima, gli affari sono incagliati, e la squallida miseria si presenta come un male inevitabile pel prossimo inverno.

E questa è la situazione presente. Il nerbo di quest'azione diplomatica trovasi ora nelle mani dell'Ambasciatore di Russia. E Dio voglia che sotto i suoi auspici essa sia più fortunata di quella che fu esercitata per lo passato.

512

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

D. 55. Roma, 24 ottobre 1876.

Corre voce in Italia, che l'Arcivescovo di Tours, e i vescovi di Angers, Lavai, Le Mans e Nantes si adoperino attivamente all'oggetto di preparare, sopra grande scala, un pellegrinaggio di cattolici francesi a Roma. Le sottoscrizioni raccolte sommerebbero già a circa sei mila e molte altre adesioni si attenderebbero da parecchie diocesi diverse.

Certo non è animo nostro (l'abbiamo provato in occasione del recente pellegrinaggio spagnuo·lo) di muovere il benché menomo ostacolo ad una manifestazione d'omaggio verso il Sommo Pontefice. Però non possiamo non preoccuparci di un pellegrinaggio così numeroso, sia per l'eventualità di dimostrazioni che feriscano il sentimento nazionale, sia per la difficoltà stessa di ospitare, in una volta, una così enorme quantità di persone, la maggior parte appartenenti alle classi meno istrutte e meno agiate.

Importerebbe quindi che V. E. facesse abilmente conoscere queste nostre apprensioni al Signor Duca Decazes, al quale non può certo sfuggire che il pellegrinaggio, anziché a scopo religioso, mirerebbe piuttosto ad intento politico. I rapporti esistenti costì tra l'episcopato e il Governo sembrerebbero fornire il modo di porgere ai promotori del pellegrinaggio utili consigli ed anche di dissuaderli dall'attuazione di un progetto che potrebbe essere cagione di disturbi, tanto per il Governo nostro, quanto per il Governo della Repubblica.

(l) Non pubblicato.

513

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. RR. 279. Roma, 24 ottobre 1876.

Con parecchi rapporti recenti V. E. ha richiamato la mia attenzione sopra articoli ostili all'Italia, comparsi in parecchi giornali della Monarchia che sono in fama di avere attinenze col Governo. Egli è col più vivo dolore che il R. Governo ha dovuto scorgere, nella stampa officiosa austriaca, la espressione di sentimenti di aperta mal·evolenza a nostro riguardo. Però noi abbiamo la coscienza di nulla aver fatto, nulla aver permesso o tollerato che fosse d'indole tale da provocal"e il linguaggio aggressivo e spesso ingiurioso della stampa viennese.

Perché altri possa rettamente giudicare di così spiacevole incidente e delle cagioni che lo hanno suscitato, è mestieri che non si dimentichi come in Italia manchino completamente organi aventi un carattere officioso nel vero senso della parola. I giornali diretti da persone amiche del Governo aprono bensì qualche volta le loro colonne ai comunicati del Ministero, però senza assumere indole, importanza o vincolo di organi officiosi. Un appello alla moderazione è stato inserito nel Diritto; ed io stimo utile di qui acchiudere Il testo (1), benché certo non sia sfuggita a V. E. siffatta pubblicazione. Sfortunatamente non sembra, finora almeno, che tale appello, trasmesso telegraficamente all'estero, abbia avuto un'eco a Vienna.

Ad ogni modo, ben possiamo rendere a noi stessi giustizia e porre in sodo il fatto che la condotta del R. Governo è stata così inappuntabile nelle sue relazioni di buon vicinato coll'Austria, che veramente ci sembra incomprensibile tanta violenza di attacchi.

(l) Non si pubblica.

514

IL CONSOLE IN MISSIONE A RAGUSA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1016. Ragusa, 26 ottobre 1876, ore 11,40 (per. ore 12,12).

Le prince Nicolas remercie pour la prolongation de l'armistice; il assure avoir donné l'ordre en conséquence à ses troupes, mais il dit qu'il doit se conformer à l'assentiment de la Serbie à ce sujet. Je crois de mon devoir de faire connaitre à V. E. qu'il est à ma connaissance foule de volontaires russes entrer en Serbie. Meme au Monténégro les Russes ont commencé à arriver. Cet élément est contraire à la pacification. Je crois qu'il est urgent de conclure avant tout un armistice régulier et long pour ne pas etre débordés. J e dois aussi informer que les agents consulaires russes disent hautement que la paix n'est pas possible.

515

IL MINISTRO A BRUXELLES, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 40. Bruxelles, 26 ottobre 1876 (per. il 29).

Le Ministre de Russie qui revient de congé me dit que à S. Pétersbourg, à Moscou et dans les moindres cités de l'Empire, il y a un tel enthousiasme pour délivrer les populations slaves et chrétiennes du joug Turc que, en se rapportant aux grandes époques historiques du passé, l'on ne peut le comparer qu'aux temps des premières croisades. Le Comte Bloudoff ne pense pas que l'Angleterre puisse, en cas d'une lutte entre ll.a Turquie et la Russie, intervenir en faveur de l'Empire Ottoman: pour cela, dit-il, il faudrait qu'elle fut sure de l'alliance d'une puissance continentale, et comme l'Autriche, qui est la seule dont l'appui armé pourrait etre recherché, ne serait pas assez insensée pour jouer son existence dans une pareille aventure, il s'ensuit que l'Angleterre, se trouverait seule et isolée dans son intervention.

Par contre, d'après les nouvelles diplomatiques qui arrivent ici, l'on est disposé à croire que l'Angleterre exerce la plus grande pression sur la Turquie pour l'obliger à en arriver aux dernieres limites des concessions possibles meme de celles que la Turquie a déclarées contraires à sa dignité, mais que ces limites ayant été enfin acceptées sans qu'elles arretent la Russie, l'Angleterre est décidée à s'opposer par la force de ses armes à une agression russe.

De toute manière, malgré le temps d'arret déterminé par les négociations qui se poursuivent et que l'opinion publique a interprétées dans un sens pacifique, l'on n'en continue pas moins dans les régions gouvernementales à avoir les plus vives appréhensions sur le maintien de la paix, et les prévisions

belliqueuses so n t généralement regardées ·comme étant les plus probables à se réaliser dans un avenir plus ou moins prochain. La seule espérance que l'on conserve c'est que, la guerre venant à éclater, l'on puisse parvenir à la localiser.

516

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 97. Parigi, 27 ottobre 1876 (per. il 30).

L'opinione pubblica molto si preoccupa anche qui del contegno che terrà l'Inghilterra nello sviluppo uLteriore delle complicazioni orientali e de' preparativi militari che da quella Potenza sono attivamente continuati. Credo mio debito di riferire all'E. V., per sua informazione, le voci che a tale proposito corrono in questi giorni. Si annunzia che le forze inglesi che erano destinate a dare il cambio a quelle impiegate nelle Indie, furono invece ritenute in Europa e scaglionate nel Mediterraneo, a Gibilterra ed a Malta.

Negli arsenali e sui cantieri inglesi gli armamenti sarebbero d'altro lato vigorosamente completati. Secondo gli uni, l'Inghilterra avrebbe in animo di occupare Costantinopoli, qualora la Russia entrasse in lizza. Secondo altri, il suo obbiettivo sarebbe invece l'Egitto. Essendo desiderio del Governo, non meno che della Nazione inglese, d'evitare la guerra, alla quale troppo probabilmente condurrebbe l'occupazione della capitale turca, essa si getterebbe sull'Egitto, ove niuno potrebbe opporre una valida resistenza alle sue flotte. Che in caso di un'azione diretta della Russia nelle provincie dell'Impero turco l'InghHterra non intenda starsene spettatrice, rassegnata ed inerte, ciò pare fuori di dubbio e la più attiva continuazione degl'armamenti assai lo proverebbe. Ed in caso di azione, sembra invero anche a me che l'Inghilterra si deciderebbe piuttosto a cercarsi un pegno in Egitto che a correre un più grave rischio nel Bosforo. Costantinopoli non ha più la stessa importanza per l'Inghilterra da quando il Canale di Suez è divenuta la vera via delle Indie. La occupazione dell'Egitto secondo ogni probabilità eviterebbe agli Inglesi la guerra, servirebbe ai loro interessi finanziarii molto impegnati nel Vicereame e metterebbe in loro pieno potere ,}a nuova via delle Indie.

517

IL CONSOLE A GINEVRA, GAMBINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 144. Ginevra, 28 ottobre 1876 (per. il 30).

Sono lieto di trovarmi ogg1 m grado, siccome l'aveva sperato, di poter informare dettagliatamente V. E. delle mene del Congresso Generale di Bema. In questo mio rapporto, Ella troverà dei ragguagli che sarà forse utile di co

municare senza ritardo al Ministero dell'Interno. Peraltro me ne viene guarentita l'autenticità ed ho d'altronde disposto, nei limiti accennatimi dall'E. V., di mezzi tali che non dubito io stesso della veracità dell'agente da me impiegato. Il giorno 26, si tennero due sedute private ed a1tre di nuclei di delegati.

La verifica dei mandati fu affidata ad una commissione composta di Cafiero, delegato (fra le tante delegazioni), dalla sezione di Bellinzona, appartenente al Giura Bernese: di Guillaume di Neuchàtel e De Paepe di Bruxelles.

Alla seduta di verifica, i delegati italiani presenti sono: Cafiero, Malatesta e Vaccari. Quest'ultimo appartiene alla sezione di Ferrara, la quale non esiste che di nome, ed il Vaccari assiste alla seduta perché venne in IsvizZiera per suoi privati interessi che anzi travasi in acerrima polemica contro Guillaume, Cafiero e Malatesta, i quali asseriscono che il Vaccari non avrebbe diritto a sedere in Congresso perché il Club di Ferrara fu sempre dissidente dalla Federazione Italiana, allorché questa lavorava segretamente. Dopo accanitissima discussione e contro il voto del De Paepe, il Club di Ferrara venne ammesso al Congresso, lasciando però facoltà alla Commissione di Corrispondenza della Federazione I'taliana di verificare se la cosa sia o no sincera.

Passato questo incidente, le delegazioni sono trovate quasi tutte in piena regola, cioè ad eccezione delle sezioni del Ceresio (Lugano) e· Palermo che ancora non aderirono alla Federazione Italiana, in modo ufficiale; e perciò furono respinte dal Congresso. In proposito prende la parola il Malatesta il quale veramente si scaglia contro il Nabruzzi ed il Malon (ancora assenti) e chiama il primo ladro e spia, indegno di appartenere alla federazione ItaJiana, ed il secondo un vile ambizioso che pretende d'insegnare l'Economia Sociale, mentre ha ancora bisogno di andare lui stesso a scuola.

I rappresentanti al Congresso sono, al momento che ricevo la relazione, i seguenti:

Pel Giura Bernois: Vial (di Zurigo), Robevt (Neuchatel), Cafìero (Bellinzona), Broussel, Spichinger, Guillaume, per diverse sezioni de!l Giura; Kahn (Losanna) Debernardis (sezione Italiana di Berna) Georges (di Zurigo) Reinsedorf (Ginevra); Sogirel, Duboin (altre sezioni del Giura) Dubois, Perron (Vevey) De Paepe (Bruxelles) Sanchez e Portillo (Spagna) Pindy, Brousse (sezioni segrete di Francia) Cafiero, Malatesta e Vaccari (Italia).

Sezioni sparse od isolate: Ferrara e Dumartheray (Ginevra) Joukowski

(Ginevra) Gustmann, Miiller e 3 studentesse Russe dell'Università di Zurigo.

In giornata si attendevano altri delegati.

Nelle sedute private del 26, dopo arcilunghissime ed oziose discussioni, si

presero i concerti per pubblicare i resoconti delle sedute pubbliche.

Si sollevò una lunghissima questione riguardo all'inalberamento della bandiera rossa sull'edificio del Congresso e ciò per far picca agli operaj Svizzeri tedeschi che non la vogliono. La proposta venne adottata.

Si discusse intorno al voto delle Sezioni isolate e si deliberò di non approvare il voto se non dopo riveduti gli statuti generali.

Riguardo alla proposta • sull'attitudine che l'Internazionale deve assumere intorno alla questione d'Oriente • il Guillaume chiede che venga posta all'ordine del giorno.

Si nomina indi una Commissione che dopo le sedute s'incaricherà d'esami

nare le questioni poste all'ordine del giorno del Congresso.

Guillaume dà lettura del Rapporto della Federazione del Giura intorno

alle condizioni dell'Internazionale in Europa.

I rapporti constatano ovunque le persecuzioni delle polizie coalizzate contro

i propugnatori dell'anarchia e del collettivismo.

Mentre si legge il rapporto • sulle condizioni dell'Internazionale in Italia • Malatesta prende la parola e dice: • che per salvarsi dalle persecuzioni della polizia, che ben sa essere lui un rivoluzionario, fu costretto a far pubblicare sui giornali di essere andato in Serbia, altrimenti non avrebbe potuto circolare impunemente per l'Italia, come appunto fece dalla sua espulsione da Roma a tutt'oggi. Che il ritardo e forse la mancanza di quasi tutti i delegati italiani lo si deve alla interruzione della Polizia verso il Congresso di Firenze, che dovette essere continuato clandestinamente nei dintorni di detta Città •.

Il Malatesta conclude imprecando al Ministro Nicotera, a Saffi, a Mazzini, a Garibaldi, alla Sinistra, alla Destra, al Ministro Depretis, e spera che la Rivoluzione abolirà la pena di morte dopo che avrà fatto giustizia di tutte le spie, provocatori, ministri, repubblicani, ecc. ecc.

Il Malatesta si scagliò in ispecial modo contro l'onorevole Ministro dell'Interno e Garibaldi (quest'ultimo lo dichiara traditore del popolo) e, inutile dirlo, contro il Re.

Si dà lettura del rapporto della Spagna, cupo, fosco, triste sulle condizioni di quel paese. Si citano i nomi di centinaia di socialisti deportati a Ceuta ed alle Filippine. Il rapporto narra che circa 100 socialisti Spagnuoli vennero legati viventi entro dei sacchi ,e gettati in mare per ordine della polizia. Conclude che la borghesia Europea protesta contro le atrocità dei turchi e non fa parola di quelle commesse con raffinate torture e barbarie dai sedicenti liberali, difensori dell'ordine. Ciò nullameno in !spagna l'Internazionale progredisce e spera nella gran vendetta popolare.

Dopo il rapporto Spagnuolo, il Malatesta prese la parola e disse: che l'arresto del Costa fu una vera sciagura pel Congresso, poiché latore d'importantissime comunicazioni socialiste rivoluzionarie e che oltre di questo, il suo arresto deve aver messo il panico in qualche delegato che per paura di persecuzioni, pensò bene di restarsene in Italia.

Dopo diverse proposte viene eletto il banco della presidenza del Congresso, che così risulta: Cafiero, De Paepe e Perron. Essi si alterneranno nella Presidenza delle sedute.

Un delegato della Federazione del Giura è incaricato d'andar alla posta a ricevere le lettere dirette ai delegati e di sorvegliarne la provenienza. Si teme che i Governi inviino dei reporters sotto le spoglie di rappresentanti di qualche sezione.

La sala del Congresso è ornata di bandiere rosse ed altri emblemi della Internazionale.

Un cameriere gira continuamente a distribuire birra ed altre bibite, spiritose.

.Alla sera del 26, Guillaume, Malatesta, Cafiero e Portillo si radunarono in casa di Brousse a convegno, o meglio a col,loquio sullo stato rivoluzionario de-i loro paesi.

Cafiero e Malatesta assicurarono Guillaume ch'essi lavorano giorno e notte onde impiantare l'Internazionale nella più piccola frazione comunale.

Cafiero disse che la sua bo·rsa è tutta a disposizione, della causa rivoluzionaria e che se l'indefesso Costa ora trovasi in prigione, Malatesta ne fa le veci.

Guillaume e Brousse constatarono infatti che se in Italia non vi fossero stati Cafiero, Costa e Malatesta, l'Internazionale sar·ebbe ancora sconosciuta.

Parlando dei tentativi d'Agosto 1874 disse il Cafiero che ad ogni costo vuole la rivincita ed allorquando tutte le federazioni italiane saranno bene organizzate stre·tte da un patto di solidarietà rivoluzionaria e vicine l'una dell'altra, egli ed i suoi amici daranno il segno d'ordine ed improvvisamente Governo e borghesia si troveranno schiacciati.

Cafiero fa anche della propaganda nell'Esercito. Conta moltissimo sul Natta di Firenze e sui suoi amici d'Ancona e Ravenna.

Guillaume raccomandò a Cafiero e a Malatesta che l'Internazionale in Italia deve fare tutto il possibile per afferrare tutte le più piccole circostanze e provocare nel popolo dimostrazioni contro il Governo: che del resto la borghesia si uccide da essa stessa; che l'attuale Ministero sarà obbligato di cadere per cedere il posto ai repubblicani della sinistra estrema, questi faranno delle concessioni ed intanto la rivoluzione prenderà piede.

Cafiero, parlando dell'arresto del Costa, disse che verrà mandato a domicilio coatto ma che egli penserà a farlo fuggire e • scornare • così il Governo.

Portillo cominciò a parlare degli affari Spagnuoli e consta,tò che la Spagna è alla vigilia d'una rivoluzione borghese e che l'Internazionale, armata, ne approfitterà.

Si convenne poscia che in Italia d'ora innanzi la propaganda dell'Internazionale sarà fatta in gran parte segretamente; la parte pubblica non sarà che per ingannare il Governo e mascherare le mosse segrete.

A questa piccola riunione nessuno altro delegato venne ammesso e fu per

una combinazione fortuita che fu intesa Ja conversazione.

Il Tullière di Ginevra non fece· parte dei delegati delle sezioni al Congresso.

Tutto sommato, risulterebbe che in Italia, mettendo Cafiero, Costa e Mala

testa nell'impossibilità assoluta di fare propaganda, l'Internazionale riceverebbe un grave colpo e moltissimi disordini sarebbero evi,tati.

I giornali la Plebe e Martello sono inspirati e sussidiati da Cafiero.

Non tralascerò di fare il possibiLe per tenere l'E. V. informata delle gesta

del Congresso giorno per giorno.

P. S. -Ho telegrafato ora in cifre:

• Le 26 soir à Berne Italiens présents: Cafiero, Malatesta, Vaccari. Envoie rapport détaillé sur séances secrètes •.

44 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

518

IL VICECONSOLE A GINEVRA, G. BASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 145. Ginevra, 29 ottobre 1876 (per. il 31).

Nel giorno 27, si tennero a Berna due sedute pubbliche. La prima si apre alle 83/4 a.m. De Paepe, delegato della Federazione Belga legge il rapporto sulle condizioni delle Federazioni Belghe.

Le federazioni nel Belgio sono 8, ma 3 o 4 contano zero perché ormai disciolte. Questa dissoluzione proviene dal lavoro del partito Blonchiste che mette il disordine ovunaue:

A Bruxelles non esiste più la società come fu prima organizzata. È in oggi un miscuglio di atei, liberi pensatori, razionalisti, però tutti operaj. Nelle Fiandre, l'organizzazione è completa, il lavoro prosegue benissimo.

Gli operaj Belgi non sperano più in un movimento politico. Sarebbe errore che l'Internazionale dovesse occuparsi esclusivamente della propaganda pacifica come è errore spingere alle armi senza opportunità.

In Olanda non vi sono né sezioni né società, ma gruppi di piccola importacza. Le sezioni di Amsterdam non agiscono più pubblicamente per mancanza di socj.

Guillaume legge il rapporto della Federazione del Giura. Nel Giura l'associazione è in aumento, lavora benissimo con tutti i mezzi possibili di propaganda. Guillaume aggiunge alcune parole circa la maniera di far la rivoluzione: constata che la F·ederazione del Giura è a tutt'oggi alla .testa della Internazionale di Europa. Crede però che non sia possibile nel Giura di fare quanto fanno i francesi. Nega che gli operaj del Giura siano astensionisti in politica.

Dei rapporti Italiano, Spagnuolo e Francese non ne vien data lettura che per brevi sunti.

Il Congresso stabilisce che i rapporti saranno tradotti in quattro lingue.

Indi la presidenza comunica che se non è ri'tirata la bandiera rossa, la proprietaria dello stabilimento proibirà di continuare il Congresso. Sorge su questa questione una viva discussione. Viene deliberato di passare all'ordine del giorno e di ritirare la bandiera solo quando la Polizia di Berna comunicherà l'ordine prescritto.

La seduta è levata alle 12% p.m.

2a seduta del 27 ottobre.

Si apre alle 2lh. Si dà lettura del processo verbale della seduta precedente. Si parla di dissensioni avvenute in seno alle Commissioni incaricate di riferire sulle proposizioni dell'ordine del giorno del Congresso. Vahlteich, delegato del partito socialista tedesco fa una lunga esposizione delle condizioni del suo paese. Il discorso viene applaudito dai membri del Congresso, tanto per far vedere che si sono rappacificati coi socialisti tedeschi. In Germania l'Associazione, dapprima borghese, diventò poscia rivoluzionaria e socialista. Parla dei moltissimi giornali socialisti tedeschi, delle repres

sioni accanite di Bismarck ed anche lui conclude che pure in Germania il lavoro prosegue bene. Greulich, delegato della sezione di Zurigo, parla della condizione degli operaj di tale cHtà.

Dice che il movimento svizzero fu spontaneo, ma troppo vago ed incerto.

Lo sciopero, avvenuto a Ginevra ed altrove nei scorsi anni, servì a meraviglia per dare al movimento un vero carattere socialista. Dal 1870 al 1871 il lavoro fu veramente Internazionale, ma dopo la Comune, il lavoro divenne di nuovo Regionale.

Pure il lavoro proseguì abbastanza bene quantunque incompleto. Ora l'Internazionale è morta in molte città svizzere, bisognerà riorganizzarla. Questo è il lavoro importante.

Vahlteich risponde al Delegato di Zurigo. Dice d'essere venuto al Congresso per la Conciliazione. Non vuoie far questioni personali. • Uniamo le forze del diseredato in un modo od in un altro ma non accusiamo nessuno. Tutti commisero ,errori. Qui non vi sono che le forze dell'intelligenza che debbano far prevalere i diritti della giustizia e della verità •.

&i legge il rapporto della Commissione sulla questione d'Oriente (!). Si decide che i proletarj hanno nulla a vedervi. Da centinaja d'anni i proletarj spargono il loro sangue per i Re e la Borghesia. Non è soltanto in Turchia che vi sono i massacratori del popolo ma ovunque vi sono padroni. Portillo, delegato spagnuolo, parla sulla 23 questione all'ordine del giorno. cioè:

• Della solidarietà nell'azione rivoluzionaria •. Dice che i lavora,tori hanno l'obbligo di non abbandona11e i compagni allorquando si verifica un moto armato socialista. (Nella seduta privata, Portillo disse al Cafiero che se i socialisti Italiani facessero un movimento, gli spagnuoli invierebbero il loro contingente).

Prosegue dicendo che i lavoratori hanno l'obbligo verso i compagni in lotta rivoluzionaria, d'incoraggiarli ,ed ajutarli in tutte le maniere moralmente e ma,terialmente.

Ferrari, delegato di Bologna, fa osservare che non si possono fissare alle

Federazioni tali impegni. • E se il movimento armato, dic'egli, fosse una follia,

un entusiasmo fittizio, senza probabilità di riuscita, perché • ajutarlo? •.

Joukowski dice che gli statuti Generali fissano i limiti di cotesti obblighi

e che il Congresso deve passare all'ordine del giorno.

La seduta è sospesa alle 7lh p.m.

Un dispaccio del Journal de Genève, in data di jeri sera, dice che la

Polizia ha fatto levare la bandiera rossa, considerandola come una provo

cazione.

Cafiero e Malatesta rientreranno in Italia pel Cantone Ticino o pel Sempione. Se posso sapere più precisamente da che parte passeranno, lo telegraferò all'E. V. Essi si fermano però, se non arriva un ordine contrario, qualche giorno a Berna anche dopo il Congresso, che deve essere chiuso a quest'ora. Vaccari e Ferrari sono gente innocua che sono in opposizione coi principi bellicosi del Guillaume e compagni.

519

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 438. Terapia, 30 ottobre 1876 (per. il 6 novembre).

Ieri i tre Ambasciatori Imperiali vennero a quest'Ambasciata d'Inghilterra, e l'Ambasciatove di Francia ed io essendovi pure intervenuti, si trovarono riuniti i sei Rappresentanti delle Potenze Garanti per la prima volta dopo l'arrivo del Generale Ignatiew.

L'Ambasciatore di Russia desiderava far conoscere a' suoi Colleghi le pratiche egli stava facendo affine di venire a qualche conchiusione sulle questioni pendenti. Egli disse che il Ministro degli Affari Esteri gli aveva fatto tenere il giorno innanzi un progetto d'accordo per l'armistizio di sei settimane; quel progetto, che doveva formar,e la base delle deliberazioni del Consiglio dei Ministri di ie·ri, contenere varii punti che non erano accettabili; nel primo paragrafo essere detto che l'armistizio sarebbe applicato alla guerra nella Serbia e nel Montenegro, di modo che quelle forze potrebbero continuare le ostilità nella Bosnia e nell'Albania; non essere oppor.tuno di fissare fin d'ora la durata che avrebbe ad avere la prolungazione dell'armistizio; il terzo termine da fissarsi a due mesi, a meno che le Potenze Mediatrici decidessero fra loro la ripresa delle ostilità, non essere conveniente poiché non istarebbe in ogni caso a quelle di aizzare i combattenti a nuova lotta. Egli aveva quindi suggerito a S.E. alcuni ammendamenti pei quali l'atto d'armistizio verrebbe ad essere conforme ai bisogni della situazione. Dell'opportunità di questi ammendamenti egli aveva convinto Safvet Pacha, e ieri mattina aveva avuto una conferenza di tre ore e mezza col Gran Vizir affine di persuaderlo d'accettare questa forma. Sua Altezza aver fatte molte obbiezioni fra le quali quella del desiderio di conservare la libertà d'azione nella Bosnia e nell'Erzegovina affine di spazzare quelle provincie dalle bande d'insorti. Cui S.E. rispondeva dimostrando l'impossibilità di continuare la lotta in alcuna parte durante l'armistizio. Sua Altezza sembrava finisse per cedere agli argomenti presentatigli, e sperava il Consiglio dei Ministri sarebbe per prendere una risoluzione conforme ai suoi desiderii. Il Generale Ignatiew invitava quindi i suoi Colleghi ad appoggiare presso Safvet Pacha, alla conferenza d'oggi, le proposte da esso formulate. Ed io stò per trasferirmi alla Sublime Porta per tale scopo.

L'E.V. troverà qui unito (l) il progetto della Sublime Porta con in margine gli ammendamenti suggeriti dall'Ambasciatore di Russia, e sarà per tal modo in grado di farsi un concetto adeguato della differenza che esiste tra le due versioni.

(l) Non si pubblica.

520

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 710. Roma, 31 ottobre 1876, ore . . . (1).

Je reçois de l'ambassadeur russe, à rtitre confidentiel la nouvelle que c'est aujourd'hui que le général Ignatieff présentera l'ultimatum à la Porte. Il doict demander la suspension immédiate des hostilités sur toute la ligne et l'acceptation de l'armistice de six semaines. Si la réponse affirmative n'est pas donnée dans les 48 heures, il quittera Constantinople avec tout le personnel de l'ambassade, du Consulat et de la Marine.

(Per Berlino, Parigi e Vienna). J'avais autorisé ces jours derniers le Comte Corti à appuyer les démarches de la Russie et je savais que notre action diplomatique auprès de la Porte s'exer.çait dans le méme sens que celle du représentant allemand, autrichien, français. Maintenant, je viens de télégraphier au ministre de Sa Majesté de ne pas perdre de temps pour faire parvenir aux ministres du Sultan le conseil amicai de ne pas compliquer d'une manière irrémédiable une situation qui pèse déjà si lourdement sur toute l'Europe. J'ai autorisé en méme temps le comte Corti à faire séparément ou ensemble avec ses collègues toute démarche .tendant à conjurer des maux qui seraient la conséquence du refus obstiné de la Porte. Informez-moi de l'impression que la démarche de la Russie à Constantinople produit sur le Gouvernement auprès duquel vous etes accrédité.

(Per Londra). Le Comte Corti ne cessera d'exercer jusqu'au dernier moment l'action conciliatrice que ses instruc·tions lui prescrivent. Je viens de lui télégraphier qu'il est autorisé à faire séparément ou ensemble avec ses collègues de France, d'Allemagne et d'Autriche toute démarche tendant à conjurer les maux que le refus obstiné de la Porte pourrait rendre inévitables. Si l'Angleterre, en présence d'une situation aussi grave se décide à sortir de son attitude expectante, veuillez m'en informer le plus tòt possible.

521

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1208. Parigi, 31 ottobre 1876, ore 20,25 (per. ore 21,30).

L'ultimatum du général Ignatieff a fait ici une impression pénible. Le due Decazes vient de donner à Costantinople des instructions identiques à celles de

V. E., c'est-à-dire de conseiller la Porte à céder.

(l) Il telegramma fu spedito alle varie ambasciate fra le ore 13,30 e le ore 14,30.

522

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1209. Costantinopoli, 31 ottobre 1876) ore 23,32 (per. ore 1,40 del1 novembre).

L'ambassadeur de Russie a fait remettre ce soir son ultimatum au ministre des affaires étrangères. Il a demandé à l'ambassadeur d'Allemagne de se charger des affaires de la Russie. J'agirai demain dans le sens du télégramme de V. E. d'aujourd'hui (1).

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO (2)

D. 50. Roma, 31 ottobre 1876.

L'Ambasciatore di Russia è venuto stamane a comunicarmi un telegramma che alle 7 pomeridiane di ieri gli è stato spedito, da Livadia, dal Principe Gortchakow. Qui ne >trascrivo il testo: • Il Generale Ignatief riceve l'ordine di dichiarare alla Sublime Porta che, se entro le quarantotto ore non è consentito l'armistizio da sei settimane a due mesi, con sospensione immediata delle ostilità, egli lascierà Costantinopoli con tutto il personale dell'Ambasciata •. Un cenno di questa risoluzione, così V. S. mi telegrafava stamane, è già comparso nell'odierno numero del Messagere ufficiale dell'Impero.

Da parecchi giorni il Conte Corti era stato autorizzato ad appoggiare gli uffici del suo Collega di Russia. In presenza della comunicazione del Barone d'Uxkull, ho immediatamente telegrafato al Ministro di Sua Maestà di non perdere tempo per far giungere ai Ministri del Sultano il consiglio amichevole . di non complicare in modo irreparabile una situazione che pesa già cosi gravemente sopra tutta l'Europa. Il Conte Corti ha facoltà di fare così separatamente come di conserva coi suoi colleghi, ogni ufficio tendente a rimuovere i mali che sarebbero conseguenza di un rifiuto ostinato da parte della Sublime Porta.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

CIRCOLARE Roma, 31 ottobre 1876.

Oltre a sei mila pellegrini spagnuoli si diedero convegno, nei giorni scorsi, a Roma. Vennero da pressoché ogni provincia di quel Regno, e, per quan

to se ne potè argomentare dalle sembianze, pr,essoché ogni classe della popolazione ha fornito il suo contingente, prevalendo però di gran lunga l'elemento ecclesiastico, e le persone appartenenti al ceto meno agiato, notevolmente superando di numero quelle del ceto più ricco.

Il pellegrinaggio muoveva da un concetto direttivo, manifestamente ispirato da quel partito che, in !spagna, professa i principii più esagerati nell'ordine religioso, e non nasconde, nella sfera politica, le sue simpatie per la causa carlista. Ciò bene si sapeva in Roma ancor prima che i pellegrini vi giungessero. lmperocché, a togliere ogni dubbio a tale riguardo, i giornali di Spagna e d'Italia avevano narrato, e i confHtti provocati in alcune stazioni delle ferrovie spagnuole dalle acclamazioni dei pellegrini, e la dimostrazione fatta dagli imbarcati sulla • Immacolata Concezione •, quando questo legno salpava da Barcellona, inalberando la bandiera dell'ex-Stato pontificio.

Queste notizie, pervenute a Roma po·chi dì prima dell'arrivo dei pellegrini, non ebbero influenza sull'accoglimento che questi trovarono fra noi.

Roma è avvezza a dare larga ospitalità a numerosissimi forestieri. Però, assai raramente è accaduto, ai tempi nostri almeno, che parecchie migliaia di stranieri, e buona parte forniti di mezzi insufficienti, ed ignari della lingua e delle consuetudini nostre, capitassero qui simultaneamente, facendovi dimora per non pochi giorni. Fu d'uopo che l'autorità di pubblica sicurezza istituisse apposito servizio per fornire ai sopravenienti ogni utile indicazione per collocarli negli alberghi e nelle case private, sostenendone talvoHa la spesa, per tutelarli contro gli abusi e le pretese eccessive che, in tanta affluenza di persone, sono quasi inevitabili. E gli stessi organi del partito avverso alle nostre istituzioni liberali hanno dovuto, questa volta, convenire che, per questo rispetto, l'amministrazione italiana ha fatto ampiamente il debito suo.

Nè le autorità ebbero agevolato il compito da,l contegno dei pellegrini. Non mancarono gli eccitamenti dai quali la popolazione romana avrebbe potuto essere condotta a trascendere, nella affermazione dei propri sentimenti, oltre i limiti della moderazione. Gli atti di taluno fra i pellegrini tradivano bene spesso un pensiero ostile non meno al Governo italiano che al Governo del Re Alfonso, quando, il 16 ottobre, il sommo Pontefice scendeva, la prima volta dopo il 1870, in San Pietro per ricevervi, tutti assieme aduna.ti e schierati per diocesi, i pellegrini spagnuoli, i cittadini italiani videro chiudersi per loro le porte della Basilica, le quali non furono aperte neppure pel Conte Coello, appunto perché accreditato come rappresentante della Spagna presso l'Augusto Nostro Sovrano. Sarebbe scendere a troppo minute particolarità narrare di non pochi fra i pellegrini, i quali con segni esteriori, con piglio arrogante e perfino con la insolenza del linguaggio, non tralasciavano occasione per suscitare disordini. Non è a tacersi però la profonda impressione, anche tra i più moderati, produssero le parole dell'Arcivescovo di Granada. Si afferma che, invitato a più riprese, ed anche in nome dello stesso Sommo Pontefice, a porgere previa comunicazione del suo discorso, quel prelato vi si rifiutasse. Il discorso non fu pubblicato per le stampe, gli stessi diari del partito ultra-cattolico non avendo osato di spingere la provocazione sino a questo limite estremo; ma ciò che il pubblico ne seppe avrebbe certamente bastato per suscitare spiacevoli manifestazioni in qualunque altro paese dove lo spirito di tolleranza non fosse professato in grado così eminente come in Roma.

L'esperimento testè compiutosi non avrebbe potuto essere più decisivo. Epperò mi giova pigliarne nota in questo dispaccio, parendomi che la prova superata debba fornire materia a meditazioni istruttive. Prima che gli avvenimenti del 1870 ponessero termine al potere temporale dei Papi, soleva dirsi, anche da eminenti uomini di Stato, la Sovranità del Pontefice essere guarentigia necessaria pel libero accesso di tutti i cattolici del mondo, alla Santa Sede. Dopo lo spettacolo che Roma ha offerto in questi giorni, giustizia vuole che si riconosca non esservi pratica religiosa, per quanto solenne o clamorosa, la quale sia impedita o contrastata dal presente stato di cose.

Le prove che da varii anni si vanno ripetendo con quasi quotidiana vicenda addimostrano il senno della popolazione di Roma. La larghezza con cui sono applicate le guarentigie sancite a favore del Papato, l'efficacia dell'azione moderatrice della Autorità preposta, nella Capitale, alla conservazione dell'ordine pubblico, distruggeranno non pochi pregiudizi, mantenuti all'estero con tutte le arti che il fanatismo e la malafede suggeriscono.

Noi non possiamo lusingarci che, reduci alle case loro, i pellegrini vogliano rendere giustizia intera al R. Governo. Ma anche nell'animo dei più malevoli avrà certo lasciato traccia durevole il fatto di una grande città dove manifesto e vivissimo è il sentimento patriottico e dove, ciò non di meno gli stessi avversari dichiarati dell'ordine di cose da noi stabilito e di ogni libertà civile e religiosa, possano dell'una e dell'altra libertà ampiamente godere sotto la protezione delle leggi.

Dei cenni e delle considerazioni che venni svolgendo in questo mio dispaccio la S. V. Illustrissima potrà opportunamente valersi nei suoi colloqui con codesto Signor Ministro degli affari esteri, ed anche, avendone mezzo sicuro, per porgere alla pubblica opinione, in codesto paese, acconci elementi r,er giudicare rettamente delle cose nostre, in ispecie per ciò che si attiene ai rapporti del Regno col Papato.

(l) -Non pubblicato, ma cfr. n. 520. (2) -Ed. In LV 22, pp. 406-407.
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L'INCARICATO D'AFFARI A BERNA, MARTUSCELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 301. Berna, 31 ottobre 1876 (per. il 2 novembre).

L'ottavo Congresso dell'Associazione Internazionale degli operai convocato pei giorni 26, 27, 28, 29 e 30 corrente si riunì, come era stato annunciato, Giovedì scorso nella sala dello • Schmeller Matteli • in Berna. Il locale, come scrive il giornale l'Arbeiter, (il lavoratore) era pavesato colle insegne ed i nomi delle federazioni rappresentate; due scudi portavano quelli di due Associazioni che sebbene non appartenenti all'Internazionale si erano però fatte rappresentare in questa circostanza, • La Democrazia sociale tedesca •, ed il

• Partito sociale internazionale Russo •.

La seduta fu aperta dal Presidente delle tre sezioni Bernesi, e si procedette alla verifica dei poteri. Per l'Italia vi erano: Cafiero, Malatesta, delegati federali; Vaccari delegato della sezione di Ferrara, Città di Castello; Ferrari delegato di Palermo, Trapani e Termini Imerese. Questo socio rappresentò pure la sezione di Ceresio.

In tale occasione si fece constatare nel protocollo che la sezione Italiana non ha comunanza con quella di Ceresio.

Nella sezione del Giura trovasi per la sezione Italiana un De Bernardis.

L'ordine del giorno fu stabilito come appresso colle questioni seguenti.

l o Addizione di un articolo che dimanda l'introduzione di una cotizazione federativa internazionale: Commissione composta da Brousse, Sanchez, Spichinger, Reindorf, Kahn.

2° Della solidarietà nell'azione rivoluzionaria: Sanchez, Guillaume, Malatesta, Georges, Dumartheray, Vial.

3° Patti solidali fra le diverse associazioni federalistiche: De Brosse, Guillaume, Malatesta, Reindorf, Vaccari, Vial da parte degli invitati Vahlteich e Gussman.

4° Congresso Socialistico nell'anno 1877: Brousse, Cafiero, De Brosse, Perron, Reindorf, Miiller, Kahn: degli invitati Gussman e Vahlkreich.

5° Delle relazioni da stabilirsi nella Società riorganizzata fra gl'individui ed i gruppi: Georges Malatesta Spichinger.

6° La posizione dell'Internazionale verso la questione orientale: Perron, Guillaume Cafiero e Joukowski.

Fra i vari Rapporti presentati vi fu quello della Commissione di Corrispondenza Italiana.

Siffatto rapporto si disse distrutto essendo stato sequestrato dalla Polizia durante le deliberazioni del Congresso a Firenze, che fu come si sa perseguitato dal Governo.

• Si elesse una Commissione per la redazione di un altro rapporto che dovrà essere stampato. Il socio Malatesta che fece queste comunicazioni dette un rendiconto dei tentativi fatti in Italia, e della guerra che la Confederazione Italiana ha mosso contro i partiti borghesi, Garibaldi, Mazzini ed altri. Dipinse a vivi colori la miseria toccata all'Italia. Dimostrò come la Confederazione italiana abbia dovuto prendere parte al movimento scoppiato in diversi luoghi fra i proletari Italiani, sia per motivi di principio sia di pratica. Questo rapporto verbale fu espresso in senso affatto rivoluzionario.

Si citò la storia delle persecuzioni che seguirono, e che furono il motivo della loro organizzazione segreta che era indicata dal Comitato per la rivoluzione Italiana che erasi tanto insultata. Il socio Malatesta espose pure la storia di un certo gruppo italiano che fondato sotto l'influenza del socio Malon come sezione di Ceresio, si sarebbe sempre mostrato ostile, e sarebbe stato respinto dalla Confederazione Italiana. Senza darsi briga di tali lavori la Confederazione Italiana continuò il suo cammino rivoluzionario, ed il proprio organamento segreto. Dacché le fu possibile, la Confederazione riprese la sua organizzazione pubblica, ed in meno di due mesi i gruppi formati si sono associati alla Confederazione ed hanno deputati i loro messi al Congresso.

Un fatto importante è l'entrata del Socialismo italiano nella comunanza del prodo·tto e del lavoro, mentre sinora non aveva accettato che la comunanza degli utensili.

Seguì la questione del contegno politico della federazione Italiana che ebbe a decidere che la liberazione del proletariato non potrebbe praticarsi che col mezzo della ribellione, non solo come scopo dell'organizzazione, ma anche come mezzo di propaganda.

Conchiuse raccontando brevemente come il Congresso era stato tenuto a Firenze. La Polizia arrestò colà Costa, Natta, Grassi, membri della Commissione di Corrispondenza qualche giorno prima del Congresso di cui occupò la sala destinata alle proprie adunanze. Fu d'uopo quindi tenerlo in un campo presso Firenze, e siccome la presenza ne fu pure svelata alla Polizia dovette essere terminato in una foresta in montagna.

Egli desidera dal Congresso internazionalista una protesta contro le per

secuzioni, ed un saluto fraterno ai soci imprigionati.

In sostanza la riunione fu nelle prime tornate poco numerosa.

Prossimamente spero dare all'E. V. gli altri ragguagli che per avventura potranno interessare il R. Governo sul Congresso Internazionale di Berna, tosto che giungeranno a mia conoscenza.

Debbo aggiungere che gli abitanti e le autorità di Berna si sono preoccupati punto o poco di questo Congresso di Internazionalisti i quali trovano invero terreno poco propizio alle loro gesta in !svizzera.

526

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL CONSOLE IN MISSIONE A RAGUSA, DURANDO

T. 716. Roma, 1 novembre 1876, ore 12.

La Porte ayant adhéré aux conditions contenues dans l'ultimatum de la Russie, la suspension des hostiHtés doit commencer immédiatement. Concertezvous auprès de vos collègues et faites auprès du prince Nicolas les démarches nécessaires, afin que, de leur còté, les monténégrins acceptent, sans hésitations, les conditions auxquelles la Turquie vient d'adhérer. La Serbie a déjà donné son acceptation sur la demande de l'agent de Russie. Vous etes autorisé à prendre part comme délégué par le Gouvernement de Sa Majesté aux travaux de délimitation, si pour ces travaux le concours de délégués étrangers est considéré comme nécessaire.

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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1216. Costantinopoli, 1 novembre 1876, ore 18,20 (per. ore 18,15) (1).

Le ministre des affaires étrangères vient de me faire savoir que le conseil des ministres a décidé d'adhérer à toutes les conditions contenues dans l'ultimatum de l'ambassadeur de Russie. Réponse analogue lui sera envoyée ce soir. Les ordres pour la suspension des hostilités ont été déjà expédiés aux Commandants en Serbie et dans le Monténégro.

528

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1217. Belgrado, 1 novembre 1876, ore 19 (per. ore 19,05) (1).

La Servie a accepté armistice de deux mois sur la demande du seul agent de Russie.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 714. Roma, 1 novembre 1876, ore 24.

La Turq_uie a adhéré à toutes les conditions de l'ultimatum russe. Les ordres pour la suspension des hostiUtés ont été déjà expédiés aux commandants en Serbie et au Monténégro. La Serbie a déjà donné son adhésion.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 39. Pietroburgo, 1 novembre 1876 (per. il 7).

Come ebbi l'onore di telegrafare jeri a V. E. (2) il Messager Officiel ed il Journal de St. Pétersbourg hanno pubblicato la notizia dell'ordine trasmesso da Sua Maestà l'Imperatore al Generale Ignatieff di rompere le relazioni diplomatiche se nel termine di 48 ore la Sublime Porta non accetta un armistizio di sei settimane o due mesi e non dà immediatamente l'ordine di sospendere le ostilità.

Il Signor de Giers che vidi oggi mi disse che l'Imperatore sì era deciso ad inviare l'ordine di porre l'ultimatum alla Sublime Porta in seguito alle continue dilazioni opposte all'accettazione dell'armistizio ed alla ripresa delle ostilità in Serbia.

Lo scopo della Turchia di far precedere la sua definitiva risposta da fatti compiuti è evidente, al dire del Signor Giers. In presenza di una tale condotta, continuò egli, che palesa i segreti intendimenti della Porta e la sua mala fede cercando dissimulare i suoi intendimenti con continue dilazioni, il Governo Imperiale non poteva più lasciare prolungare la situazione attuale ed ha quindi dovuto ricorrere alla misura dell'ultimatum.

Il Signor de Giers dissemi poi di aver ricevuto ordine dal Principe Gortchakow di informare il Ministro di Grecia che aveva preso notizia delle considerazioni esposte del Gabinetto d'Atene nella nota di cui tenni parola a

V. E. col mio precedente rapporto (1), e che, apprezzando in principio il fondamento dei reclami del Governo Ellenico non poteva pel momento che assicurare la Grecia che esse potranno a tempo opportuno essere sottomesse all'esame deUe Potenze. Pel momento del resto ogni discussione su quest'argomento essere inopportuna.

(l) -Sic nel registro dei telegrammi in arrivo; evidentemente una delle due ore è errata (2) -Non pubblicato.
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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1220. Costantinopoli, 2 novembre 1876, ore 14,15 (per. ore 14,20) (2).

L'ambassadeur de Russie vient de me communiquer la réponse de la Porte à l'ultimatum, qui est satisfaisante. A toute bonne fin il a signifié à celle-ci que la moindre infraction à l'armistice serait considerée comme faisant revivre l'ultimatum et déterminerait son départ. Le général Ignatieff a télégraphié aux princes de Servie et de Monténégro de suspendre 1es hostilités. Il paraìt que le premier a déjà adhéré. V. E. peut faire partir M. Majnoni pour Widdin. où il rencontrerait les autres commissaires.

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IL CONSOLE IN MISSIONE A RAGUSA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1222. Cettigne, 2 novembre 1876, ore 11,50 (per. ore 16,35).

J'ai été ce matin chez le prince. Il venait de recevoir un ,télégramme direct, analogue, du général Ignatieff. Il a donné immédiatement ordre à ses commandants de suspendre les hostilités. Son Altesse réitère ses remerciments au Gouvernement du Roi.

!1) Non pubblicato.

(2) Sic nel registro dei telegrammi in arrivo.

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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 444. Terapia, 2 novembre 1876 (per. il 10).

* Oggi l'Ambasciatore di Russia venne a darmi lettura della risposta della Sublime Porta all'ultimatum, la quale giungeva all'Ambasciata di Russia alle 2 del mattino. Essa diceva che la Sublime Porta aderiva alla proposta d'armistizio a cominciare dal giorno innanzi, gli ordini per la sospensione delle ostilità erano già spediti ai Comandanti delle truppe Imperiali, i dettagli dell'armistizio sarebbero definiti dai Commissari delle Potenze Garanti. Aggiunse il Generale Ignatiew aver replicato domandando di quali dettagli si trattava, e nel prendere atto della accettazione· della proposta, significava che qualunque infrazione dell'armistizio da parte delle forze Turche sarebbe considerata come una violazione dell'accordo intervenuto, ed egli partirebbe senz'altro conformemente alla notificazione contenuta nell'ultimatum.

Il Generale mi diceva inoltre aver il mattino stesso inviato senza indugio telegrammi ai Principi di Serbia e di Montenegro ragguagliandoli la Sublime Porta aver concesso un armistizio di due mesi, ed essi avessero a dare analoghi ordini ai rispettivi Comandanti. Ed è già comparsa da Belgrado la notizia quel Principe aver senz'altro aderito all'invito.

Proseguiva il Generale essersi già inteso cogli Ambasciatori di Francia e d'Inghilterra affine d'incaricare il capitano di Torcy, Addetto Militare presso quest'Ambasciata di Francia, di formulare un progetto d'istruzioni da impartirsi ai Commissari che avrebbero a definire le condizioni tecniche dell'armistizio. Il Signor di Torcy stava elaborando questo documento, ·e domani i sei Rappresentanti delle Potenze Garanti si radunerebbero all'Ambasciata d'Inghilterra per istabilire un accordo riguardo a queste istruzioni.

Affine di rispondere alla domanda contenuta nel telegramma dell'E. V. del 1° novembre (1), domandai indi al Generale se credeva fosse il caso d'invitare i delegati militari che non erano presenti a dirigersi alla volta del luogo delle relative operazioni. Cui S. E. rispondeva sarebbe opportuno che essi si trasferissero a Viddino dove incontrerebbero quelli avevano a venire da Costantinopoli, i quali prenderebbero quella via come la più opportuna per giungere al Quartiere Generale di Nissa. E di quanto precede io dava oggi avviso telegrafico all'E. V. (2). Dei delegati che avrebbero a stabilire l'armistizio tra la Sublime Porta ed il Montenegro non fu finora discorso.

Più tardi mi trovai nuovamente con l'Ambasciatore di Russia il quale mi disse aveva ricevuto nell'intervallo un telegramma pel quale il Principe Gortchakow lo ragguagliava essere d'avviso che questi Rappresentanti rlellP. Potenze Garanti avessero ad incominciare senz'altro le pratiche relative alle trattative di pace sulla base delle proposte Inglesi; avere S. E. interpellato in questo senso gli altri Governi, aver già ricevuto piena adesione da quello di

S. M. il Re, il quale aveva risposto il suo Rappresentante a Costantinopoli esser

già munito delle idonee istruzioni. Il Generale Ignatiew avrebbe quindi l'intenzione di proporre una riunione dei Rappresentanti delle Potenze alla sua residenza di Pera per sabato, o più probabilmente per lunedì prossimo affine d'inaugurare le relative deliberazioni * (1).

Queste cose il Generale Ignatiew mi diceva al momento in cui gli veniva tra le mani il telegramma del Principe Gortchakow. Però non era per me chiaro, né credo lo fosse pel mio interlocutore, quale dovesse essere il carattere di questa conferenza, se avesse a limi,tarsi ad un lavoro preparatorio, oppure dovesse formulare le condizioni definitive di pace, se s'avessero a tenere i protocolli delle sedute etc. Non traHavasi infatti che d'una conversazione accademica tra il Generale Ignatiew e me, e se alla conferenza di domani egli ne farà la formale proposta, io ne avviserò per telegrafo l'E. V. la quale avrà così l'opportunità di fornirmi quelle ulteriori istruzioni che crederà convenienti.

L'Ambasciatore di Russia compiacevasi di darmi ieri copia degli 11 articoli ch'egli aveva concepiti come atti a fornire una base dei negoziati di pace, e di cui trattava il mio rapporto n. 435 del 28 ottobre (2). V. E. conosce come auesti al"ticoli non costituiscano in verun modo un progetto elaborato dal suo Governo ed ufficialmente presentato dall'Ambasciatore, ma solo un pro-memoria suggerito da S. E. al predetto scopo. Unisco al presente copia di questo scritto (2); e l'E. V. avrà per tal modo miglior agio di considerare le gravissime questioni che si presenteranno durante i relativi negoziati e di fornirmi all'emergenza quelle istruzioni che stimerà opportune.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 531.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1712. Berlino, 3 novembre 1876 (per. il 7).

Le télégramme de l'Ambassade d'Allemagne à Constantinople, annonçant l'adhésion de la Porte à l'ultimatum russe, n'est arrivé ici que la nuit dernière. Des explications ont été demandées au Baron de Werther sur la cause qui avait pu retarder l'envoi de ce télégramme, expédié seulement aujourd'hui à une heure et demie après minuit, lors mème qu'il ait dù ètre confié bien des heures plus tòt à l'administration turque.

Le Secrétaire d'Etat vient de me donner ces détails, et il s'est plu à reconnaitre, une fois encore, combien étaient exacts et rapides les renseignements reçus et transmis par le Cabinet de Rome. S. E. se montrait très satisfaite de l'acceptation de l'armistice. C'était une étape par laquelle il fallait passer pour reprendre, avec tout le calme voulu, les pourparlers d'un arrangement qui réponde aux exigences de la situation. Deux mois de cessation des hostilités laissent présager que, après ce laps de temps, ni l'un ni l'autre des adversaires, déjà rudement éprouvés par la lutte, ne succombera à la tentation de recourir de nouveau au sort des armes. Néanmoins, il ne faudrait pas s'exagérer outre mesure l'importance du premier résultat obtenu par la démar

che du Général Ignatiew. On a un peu perdu de vut~, lorsque Tures, Serbes et Monténégrins s'entre-tuaient, la que·stion essentielle que la diplomatie est appelée à discuter et à résoudre, autant que faire le pourra. On devait alors viser avant tout à arreter l'effusion du sang. Maintenant il reste de plus grandes difficultés à surmonter. Elles se présenteront inévitablement lorsqu'on cherchera à s'entendre sur le sens des mots -c autonomie locale • -ou c self Government •, -c réformes intérieures •, -• garanties internationales •. Il convient cependent, conformément au désir exprimé par la Russi e, de se mettre sans retard à l'oeuvre. Le Cabinet de Berlin s'occupe .en ce moment à accélérer l'envoi au Baron de Werther des instructions nécessaires pour hàter l'ouv.erture de négociations de paix sur la base du programme, déjà présenté par l'Angleterre et appuyé par les autres Puissances.

M. de Btilow ne pouvait préciser davantage quelles seraient ces instructions, puisqu'il attendait encore les ordres de l'Empereur; mais il me semble qu'on peut affirmer, à coup sur, qu'elles seront inspirées dans le meme esprit qui a dicté le passage du Discours du Tròne, (Rapport N. 1709) (l) ayant trait à la politique étrangère. La préocupation constante du Cabinet de Berlin, depuis le commencement du conflit Orientai, a été, tout en réservant en dernière analyse sa liberté d'action, de garder un juste équilibre entre la Russie et l'Autriche, pour rester uni avec elles deux. Il cherche au besoin à rapprocher ces Puissances, et il les soutient dès que l'accord est établi entre elles, soit directement, soit par son entremise. Ses efforts sont aussi dirigés à maintenir des relations amicales av·ec les autres Etats faisant également partie de l'Aréopage Européen. Cette attitude habile et prudente contribuera largement à sauvegarder, non seulement les intérèts particulieres de l'Allemagne, mais en mème temps la tranquillité générale sur notre continent.

Le Roi de Wi.irttemberg m'ayant fait avertir qu'il me recevrait dès la fin du mois d'Octobre pour la présentation de mes lettres de créance, j'ai écrit à son Ministre des Affaires Etrangères pour solliciter une audience à cet effet. J e tacherai de faire coincider ma course, dans le mème but, à Darmstadt. Si

V. E. n'y voyait aucun obstacle, j'aurais le projet de me rendre ensuite pour une huitaine de jours à Paris, où je dois pourvoir à différentes emplettes urgentes pour cette Ambassade. Je vous serais très reconnaissant, M. le Ministre, de m'accorder votre autorisation en voie télégraphique.

En me réferant à mon télégramme d'aujourd'hui (1)...

(l) -Il brano tra asterischi è edito In LV 22, pp. 420-421. (2) -Non pubblicato.
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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 445. Terapia, 3 novembre 1876 (per. l' 11).

Ier sera ad ora avanzata compariva il telegramma che •rE. V. mi faceva

l'onore d'indirizzarmi in giornata (1). Per esso V. E. significavami averla io ragguagliata pel mio rapporto del 22 ottobre (l) il Gran Vizir aver detto al Generale

lgnatiew che la Sublime Porta rifiuterebbe di prender parte ad una conferenza dei Rappresentanti delle Potenze Garanti da tenersi a Costantinopoli; l'Ambasciatore di Russia a Londra aver per conseguenza proposto al Governo Inglese che i Rappresentanti delle Potenze Garanti si radunino in conferenza preparatoria affine d'occuparsi dello sviluppo da darsi alle proposte Inglesi; si assoderebbe indi la Sublime Porta all'opera delle riforme che avrebbero per tal modo un carattere internazionale. Aggiungeva V. E. aver bisogno di ricevere al più presto delle informazioni più precise in proposito; avessi quindi ad informarla per telegrafo delle disposizioni della Sublime Porta riguardo alla conferenza, e delle istruzioni che i miei Colleghi avevano ricevuto in proposito; Il R. Governo non poteva consigliare quest'astensione alla Sublime Porta, però non farebbe nulla per farla mutare d'avviso se essa persistesse nelle idee manifestate al Generale Ignatiew.

Il mio rapporto N. 444 (l) di ieri tratta incidentalmente di quest'importante soggetto; imperocché, il Generale Ignatiew avendomene fatta parola, io riferiva ogni cosa all'E. V. Non mi trovo tuttavia in grado di rispondere senz'altro per telegrafo alle questioni che V. E. mi pone pel suo riverito telegramma, e ciò per le seguenti ragioni.

L'E. V. conosce come tutta la nostra azione sia stata diretta in questi ultimi tempi ad ottenere l'armistizio dalla Sublime Porta. Della questione della conferenza io non toccai coi Ministri del Sultano dopo la conversazione che ebbi con Safvet Pacha il 5 ottobre in esecuzione degli ordini impartitimi dall'E. V. Si trattava d'una questione delicatissima sulla quale esisteva divergenza tra le Ambasciate di Russia e d'Inghilterra. Gli Ambasciatori delle altre Potenze si sono finora astenuti diligentemente dal pronunciarsi in proposito. Né io aveva conoscenza diretta da V. E. dell'avviso del R. Governo sulla materia. Dopo l'arrivo del Generale Ignatiew l'argomento divenne di trattazione ancor più delicata sia perché la divergenza sovradetta facevasi più spiccata, sia perché la situazione era divenuta ognor più grave. Il generale Ignatiew nE' faceva invero parola ai Ministri del Sultano nel senso che l'E. V. conosce. Ed io riferiva a V. E. quello l'Ambasciatore mi comunicava nonché la conseguenza esso ne traeva, e quest'era la sua impressione personale. Sir H. Ellio,t faceva probabilmente menzione del soggetto in diverso senso. Ma né l'uno né l'altro trattavano la questione in modo officiale. Ed è assai probabile che la Porta rimanesse alquanto perplessa ed aspettasse a prendere una risoluzione che le venissero formulate analoghe proposte. Né io vedo ancora in modo categorico quali proposte s'abbiano a fare alla Porta, né se si abbia a farle una proposta qualunque. In ~tali circostanze io credetti mio stretto dovere di tenermi in una assoluta riserva, non fosse che per lasciare ai due Governi che avevano successivamente esercitata l'iniziativa di questi negoziati il tempo di mettersi d'accordo sopra una questione che evidentemente doveva essere definita dai rispettivi Gabinetti.

Non dubito che alla riunione dei sei Rappresentanti che deve seguire oggi alle 2 pomeridiane all'Ambasciata d'Inghilterra il Generale Ignatiew porterà innanzi ad essa il soggetto della conferenza. Ciò provocherà una discussione

(ll Cfr. n. 533.

che potrà gettare qualche luce sulle istruzioni impartite ai miei Colleghl dai

rispettivi Governi. E le più importanti a constatare saranno quelle che avrà

per avventura ricevuto l'Ambasciatore della Gran Brettagna. Di quanto sarò

per •trarre darò pronto avviso telegrafico all'E. V.

Io avrò cura di regolarmi secondo le istruzioni contenute nel prelodato telegramma di V. E., e continuerò ad usare della massima prudenza in una materia che può tuttora esser•e sorgente di gravi complicazioni.

(l) Non pubblicato.

536

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 178. Roma, 4 novembre 1876.

* Appena ebbi l'annunzio che la Porta aveva aderito alla domanda espressa nell'Ultimatum russo, ho telegrafato a V. S. Illustrissima acciocché Ella mi informasse con sollecitudine delle disposizioni esistenti, tanto presso il Governo del Sultano, quanto presso i Colleghi di Lei, relativamente alla Conferenza che avrebbe dovuto seguire immediatamente l'armistizio. Nessuna proposta formale è stata fatta a noi relativamente a tale conferenza; ma dalle conversazioni in cui furono scambiate le idee dei varii Governi, emerse l'idea che nelle riunioni stesse dei Rappresentanti delle Po•tenze a Costantinopoli si potesse procedere ad in lavoro preparatorio, destinato a dare alle proposte inglesi lo sviluppo che esse richiedono. La S. V., col suo telegramma di jeri sera (1), mi ha fatto conoscere che la Porta non sembra vole·rsi dipartire dalla sua posizione passiva; che l'Ambasciatore di Russia aveva proposto a' suoi Colleghi delle cinque Potenze di riunirsi senza indugio per esaminare le proposizioni sopra indicate; che l'Ambasciatore d'Inghilterra aveva dichiarato di essere senza istruzioni a questo riguardo; e che, finalmente, nessuno degli altri Ambasciatori aveva ricevuto istruzioni circa il da farsi. Non sarà dunque immediata la riunione dei Rappresentanti dei Governi garanti per intendersi preliminarmente sopra le domande da presentarsi alla Sublime Porta. Nella ipotesi che questa riunione possa aver luogo, io credo necessario che la S. V. conosca, almeno per sommi capi, le idee del Governo di Sua Maestà intorno al modo col quale a noi sembra desiderabile che le presenti difficoltà, che si oppongono alla pacificazione delle Provincie Slave della Turchia, possano essere risolute.

Negli Archivi della Legazione a Costantinopoli debbono trovarsi parecchie pregevoli relazioni dei RR. Consoli in Serajevo ed in Rustchuk, nelle quali sono accuratamente descritte le condizioni delle popolazioni della Bosnia, dell'Erzegovina e della Bulgaria. Alcune di quelle relazioni hanno parecchi anni di data. Esse furono il risultato degli studii ordinati dal R. Ministero al Signor Cavaliere Durando, il quale poté occuparsi con tanto maggiore impegno della esecuzione degli ordini impartitigli, inquantoché, in quel tempo, la tranquillità, che regnava in quelle provincie, permetteva di assumere informazioni completamente imparziali.

45 -Documenti diplomatici • Serie II • Vol. VII

Oi:a, da tutto ciò che al Minis~ero risulta circa le condizioni sociali ed economiche delle tre provincie Slave della Turchia, si può senza pericolo di errare, venire alla conclusione seguente: doversi la pacificazione delle dette provincie ottenere mediante la creazione di un tal ordine di cose che, applicato alle esigenze rispettive dei Cristiani e dei Musulmani, permetta la loro coesistenza pacifica sullo stesso territorio senza sagrificare gli uni agli altri, ed assicurando a tutti la soddisfazione dei bisogni corrispondenti al grado di civiltà delle popolazioni.

La proposizione inglese, di cui sembra necessario preparare lo sviluppo

parla di un sistema di autonomia locale o amministrativa, ossia di un sistema

di istituzioni che dovrebbero dare atte popolazioni una certa sorveglianza sui

loro funzionarii locali, e dette guarentigie contro l'esercizio dell'autorità arbi

traria. Queste espressioni riescono assai oscure, ed il Governo Ottomano, inter

pretandole a modo suo, ha potuto credere che, offrendo di dare a tutte le

popolazioni dell'Impero una specie di Governo rappresentativo, avrebbe abbon

dantemente soddisfatto a ciò che le Potenze gli domandavano. Questo modo di

interpretare la proposizione inglese ci deve fare avvertiti del pericolo al quale

si andrebbe incontro se, volendo sviluppare la proposizione stessa, se ne cer

casse la interpretazione in altre formole egualmente generali. La S. V. non

dovrà, nelle prime riunioni dei Rappresentanti delle Potenze garanti, manife

stare preferenza alcuna per l'uno o l'altro dei programmi che potrebbero essere

proposti. Però è bene che Ella sappia che, al punto di vista della pratica effi

cacia delle deliberazioni delle Potenze, il Governo di Sua Maestà si pronun

zierebbe più volontieri pe·r un programma nel quale, lasciate da banda le

formole generali, si prendessero ad esaminare partitamente le riforme corri

spondenti ai bisogni conosciuti dalle popolazioni di cui si vuole ottenere la

pacificazione.

L'opera, che le Potenze debbono compiere in questo momento, offre parec

chie difficoltà, le quali non sono tutte di sostanza, mentre alcune di esse, e

forse non le minori, si possono dire di pura forma *.

Primieramente, una difficoltà assai grave da superarsi consisterà in ciò che le due questioni, quella cioè relativa alla pace da conchiudersi fra la Turchia, la. Serbia e il Montenegro, non dovrà andare disgiunta dall'introduzione delle indispensabili riforme nelle provincie Slave dell'Impero Ottomano. Sul terreno internazionale sarebbe difficile lo stabilire, fra queste due questioni, una tale connessione da rendere necessaria la loro simultanea risoluzione. Ma è cosa manifesta che la situazione diplomatica, creata dagli ultimi avvenimenti fra la Turchia ed alcuna delle Grandi Potenze Europee, fa ostacolo alla separazione di queste due questioni. Opinare sul senso della separazione delle medesime, non sarebbe agevolare quell'accordo di tutti i Governi al quale abbiamo fin qui cooperato efficacemente nell'interesse della pace europea. Se alcuna Potenza proponesse dunque che la questione di pace fra i Principati e la Porta debba: formare l'oggetto di una trattazione separata dall'altra questione delle riforme da introdursi in alcune provincie turche, la S. V. non aderirà a tale proposizione se non nel caso in cui tutti gli altri Rappresentanti delle Potenze fossero alla medesima assenzienti.

* Altra gravissima Questione sulla quale le Potenze che aderirono al Memorandum di Berlino già si sono pronunziate, ed a cui l'Inghilterra ha aderito nel formulare il 2° punto delle sue proposte, consiste in ciò che il nuovo ordinamento delle tre provincie più volte indicate, dovrà risultare da un trattato internazionale.

La Porta, basandosi sulle disposizioni dell'Articolo 9 del Trattato di Parigi, ha respinto ,fin Qui la proposta che il regolamento delle questioni interne delle dette provincie abbia a dipendere da un atto internazionale. Essa non ammette che gli atti internazionali, coi quali fu stabilito il Regolamento organico del Libano, abbiano derogato al principio espresso nel citato Articolo 9. Essa considera quegli atti come una continuazione di quelli ai quali nel 1845 presero parte le cinque grandi Potenze. Epperò i Ministri del Sultano si sono dimostrati, finora, risoluti a non voler adottare altra forma di obbligazione internazionale, che quella risultante da uno scambio di Note. Non dobbiamo credere che questa forma sarà considerata sufficiente dai Gabinetti che, come noi, ebbero puvtroppo a persuadersi che gli Hatts Imperiali, comunicati colle Note della Sublime Porta non furono mai ritenuti dalla medesima come avvalorati da un'obbligazione internazionale.

In questa quistione è manifesto il disegno della Russia di annullare l'effetto del Trattato di Parigi e di sostituire, alla situazione creata da quell'atto internazionale, un'altra non dissimile da quella che risultava dalle stipulazioni di Akermann, Bukarest e Adrianopoli. In quelle stipulazioni la Russia otteneva dalla Turchia particolari concessioni riguardanti il regime interno delle popolazioni cristiane suddite del Sultano. Siffatto sistema aveva fatto nascere il concetto del protettorato russo sulle popolazioni medesime. Il Trattato di Parigi mise fine a questo stato di cose. Non avrebbe dipeso da altri, tranne che dalla Porta che il nuovo regime potesse mantenersi con piena efficacia. Ma non è recente il lamento che l'Hatt Imperiale di cui le Potenze riconobbero l'alto valore nel 1856, sia rimasto in molti punti essenziali, lettera morta. Non mancarono alla Porta eccitamenti frequenti, per parte delle Potenze, a rimediare a uno stato di cose così lamentevole. Quando, nel 1860, i Governi che avevano preso parte agli accordi del 1845, convennero fra di loro delle condizioni alle quali doveva ,eseguirsi l'intervenzione francese in Siria, un voto solenne fu espresso dai Rappresentanti di quelle Potenze riuniti in conferenza a Parigi, perché delle misure amministrative serie fossero adottate dalla Porta per il miglioramento della sorte delle popolazioni cristiane di tutti i riti.

Le Potenze dunque che, aderendo al Memorandum di Berlino, ed accettando il 2° punto delle proposizioni inglesi, hanno già manifestato l'opinione che la Porta debba impegnarsi con un trattato ad accordare alle sue provincie slave un nuovo sistema di amministrazione, hanno agito manifestamente secondo il dettato della esperienza fatta negli ultimi anni. Non è da credersi che l'uno

o l'altro Gabinetto voglia ora ritirare la propria adesione all'accordo stabilito intorno al 2° punto delle proposizioni inglesi. Ma è probabile che per parte di alcuni di essi, si dimostrino serie preoccupazioni in vista del caso in cui la Turchia si rifiutasse assolutamente a prendere un impegno internazionale nella forma desiderata dai Gabinetti delle Potenze garanti. Nascerebbe infatti, in questo caso, la gravissima difficoltà di sapere come la Porta potrebbe essere costretta ad accettare la volontà delle sei Potenze. Non pare a me che, nelle confe·renze preliminari di Costantinopoli, questo punto possa essere discusso e formare il soggetto di una deliberazione che impegnerebbe i Governi garanti. Non è, d'altronde, nelle abitudini della diplomazia di prendere, in vista di casi ipotetici, degl'impegni di tanta gravità. Sarei quindi d'avviso che la Conferenza preparatoria non dovrebbe andare più in là, quando avrà riconosciuto che un accordo •esiste sopra la necessità d'un atto internazionale fra tutte le Potenze. La S. V., qualora si volesse dare a questa discussione uno sviluppo maggiore, dovrà riservare l'opinione del suo Governo, dichiarando di mancare di istruzioni al riguardo.

Venendo ora alla sostanza delle riforme da introdursi, ritengo che si farebbe opera savia nel prendere per punto di partenza ciò che formò il soggetto di uno scambio di idee in cui la Russia e l'Inghilterra si erano trovate d'accordo. Vi fu un momento in cui quei due Governi sembrarono decisi ad assicurare, in ogni caso, alle provincie insorte, un trattamento analogo a quello stabilito, con Regolamenti organici, nel Libano e a Creta. La S. V. ben conosce questi regolamenti organici, ed Ella potrà, facendone uno studio accurato, riscontrare le differenze che passano fra l'uno e l'altro. Essi contengono delle disposizioni che riguardano i bisogni generali di tutte le popolazioni, ma non poche disposizioni dei medesimi si riferiscono a necessità locali, alle quali si dovette provvedere per ristabilire la pace fra le popolazioni. Io credo che, del pari, il riordinamento dell'amministrazione e della giustizia dovrà formare il soggetto di particolare cura anche per la Bosnia, l'Erzegovina e la Bulgaria, ma che nel tempo stesso si dovrà aveve riguardo alle speciali esigenze create in ciascuna di quelle provincie, ed alle varie proporzioni in cui si dividono le loro popolazioni per differenza di religione, e, più di tutto, alle speciali condizioni agrarie esistenti nelle provincie stesse. In un documento della Cancelleria russa, che porta la data del 6/18 Aprile 1867, è stato esposto tutto un programma di ciò che la Turchia avrebbe dovuto fare per riordinare l'amministrazione delle sue provincie, sulla base dell'autonomia comunale e provinciale. Quel programma fu pubblicato, per dimostrare che l'ordinamento creato colla legge dei Vilayets era contrario alle condizioni storiche etnografiche e geografiche dell'Impero Ottomano. La S. V. troverà, negli archivi di codesta Legazione, il documento di cui parlo, e sarà bene che Ella lo abbia presente, perché Le potrà servire di guida per scoprire le idee del Governo russo e per assecondarle anche in quella misura che sembrerà accettabile * ai Rappresentanti delle altre Potenze. Se però l'Ambasciatore di Russia non si riferisse spontaneamente al programma formato nel 1867 dal suo Governo, la S. V. dovrà astenersi dal far cenno, col medesimo e cogli altri Colleghi di Lei, del documento sovraindicato.

* Importantissimo, sopra tutti gli altri, è certamente, per tutte le provincie turche, il bisogno di una regolare amministrazione della giustizia. Vi hanno sempre fatto ostacolo le difficoltà nascenti dalle profonde diversità che nella legislazione introducono le varie credenze religiose dei sudditi del Sultano. Non è qui il luogo di esporre in quali materie queste diversità rendono impossibile una legislazione comune ed una giurisdizione sola per i Musulmani e

Cristiani. Accennerò soltanto che uno studio pratico di questa difficoltà è già stato fatto in Egitto, dove, in occasione della riforma giudiziaria, furono pubblicati codici completi, che comprendono appunto quelle materie nelle quali i Cristiani ed i Musulmani possono, senza far violenza alla loro fede, essere assoggettati ad un'unica legislazione. Per le altre matede, ogni comunità ha fatto il proprio Codice ed ha conservato la giurisdizione dei tribunali proprii. Certamente questo sistema, che mette, accanto ad una legislazione comune ed a tribunali comuni, delle legislazioni particolari e dei .tribunali speciali, non risponde al concetto perfetto di uno stato unitario; ma rappresenta il solo mezzo di far coesistere pacificamente le popolazioni maomettane colle cristiane, senza reciproco sagrificio delle une alle altre. Il Governo francese ha dovuto, in Algeria, tener colllto, egli stesso, delle necessità che questa coesistenza crea

i:n tutti i paesi ove deve essere mantenuta. Per questi motivi io credo che le riforme già introdotte in Turchia con la legge degli Eyalets, per effetto della quale nei tribunali siede sempre il Cadi, non rispondono ai bisogni delle popolazioni delle provincie dov<e le varie credenze sono rappresentate da frazioni importanti. Questi pochi cenni basteranno a V. S. per far prevalere, quando ne fosse H caso, le idee che, a nostro avviso, possono trovare applicazione nel riordinamento dell'amministrazione della giustizia per le provincie slave della Turchia.

Parlando della legislazione e dei tribunali occorrerà necessariamente di contemplare il modo di dave soddisfazione al desiderio legittimo delle popolazioni slave, che nella loro lingua siano pubblicate le leggi e le ordinanze del Governo, e che la lingua stessa sia adoperata nei dibattimenti e nelle decisioni dei tribunali.

Non potrei dare per oggi alla S. V., istruzioni speciali per ciò che riguarda più particolarmente l'ordinamento amministrativo dei Comuni, dei distretti e delle provincie, sopra la base di un'autonomia più larga di queUa che il limitato campo delle attribuzioni affidate agli attuali Medjliss assicura fin d'ora. A questo riguardo ci accosteremo volentieri all'opinione che raccoglierà la maggioranza dei suffragi ed è in questa parte soprattutto che le concessioni già fatte dalla Turchia, in seguito alla Nota Andrassy, potrebbero trovar luogo.

Rimane però un terzo punto sul quale io debbo chiamare particolarmente l'attenzione di V. S., anche perché i nostri migliori Agenti Consolari l'hanno costantemente segnalato al R. Governo come quello da cui dipende, più che da ogni altra cosa, la pacificazione delle popolazioni bosniache ed erzegovesi. La questione della proprietà rurale fu da circa un ventennio regolata in Bulgaria, e non è a mia notizia che essa costituisca presentemente una difficoltà ~i cui si debbano preoccupare le Potenze. In Bosnia si volle ·egualmente darP uorma fissa alJe relazioni che esistevano ab antiquo fra proprietari e· coloni; ma pare che, procedendo con criterii non abbastanza precisi, e trascurando dì tener conto delle molte varie situazioni di fatto, si introdusse un regime che·, in moltissimi casi, ha costituito una vera ingiustizia. Colle leggi del 1851 e del 1862 si stabili che la quota parte di prodotto spettante al colono dovesse essere sempve del terzo, senza aver riguardo se questa nuova ripartizione dei prodotti corrispondeva ai diritti che rispettivamente potevano esercitare sulle terre i proprietarii e i coloni stessi. Ora i Bosniaci domandano che il terzo delle terre loro sia dato in proprietà, forse perché essi credono che, se il colono ha diritto al terzo del prodotto, egli può vantave, in proporzioni eguali, un diritto sulla proprietà della terra. Se la domanda dei coloni della Bosnia risponde ad un evidente bisogno di quelle popolazioni, non pare dimostrato che la formala, adottata per esprimere questo bisogno, sia quella che meglio risponda alle esigenze della giustizia e dell'equità. Delle risoluzioni che si prendessero in una materia così difficile e complicata, senza farle precedere da uno studio imparziale delle circostanze di diritto e di fatto che hanno creato la presente situazione, non potrebbero, a nostro avviso, essere approvate. Noi saremmo pertanto di parere che assai meglio si provvederebbe in modo definitivo alle necessità originate da uno stato di cose particolari alle provincie slave della Turchia, se le Potenze si limitassero per ora a dichiarare che le leggi colle quali si è voluto dare norma fissa ai rapporti tra i coloni ed i proprietarii, devono essere rivedute, e che questa revisione si farà da una commissione di persone competenti, col concorso di delegati delle Potenze Europee. Potrebbesi, nell'atto internazionale dal quale sarebbero garantite le riforme, stabilire che il Protocollo finale, contenente il risultato degli studii della Commissione predetta, farà parte dell'Atto internazionale stesso e godrà delle guarentigie che nascono dal medesimo.

Dovrebbe invece la Conferenza prendere in serio esame il malcontento che è mantenuto dal sistema in vigore per le imposte. Non solo le tasse governatiw, ma anche le decime che si pagano al Clero, hanno bisogno di essere profondamente riformate nel modo della loro percezione. Le imposte non sono gravose, per quanto ci si riferisce; ma il sistema degli appalti, e tutte le conseguenze ben note che ne derivano con gravissimo detrimento degli inte·ressi degli agricoltori, hanno creato uno stato di cose da tutti riputato intollerabile. Forse, se si determinasse la quantità dell'imposta da pagarsi dai proprietarii, fissandone l'ammontare sulla base di una media decennale dei prodotti, si giungerebbe facilmente a modificare le condizioni attuali, con profitto del Governo e dei contribuenti.

Venni esponendole sin qui alcun~ idee che, noi crediamo, potrebbero essere utilmente adottate per assicurare la pacificazione delle popolazioni slave della Turchia. Ma con ciò io non volli modificare le istruzioni generali che risultano dai varii dispacci dei quali V. S. è già in possesso. Nei medesimi Ella ha potuto trovare l'espressione del pensiero da cui è animato il Governo del Re rispetto alle questioni che sono da risolversi. Noi vogliamo il miglioramento delle condizioni fatte sinor::~. alle popolazioni della Turchia Europea. Non abbiamo ragione alcuna di preferire le une alle altre. Tutto ciò che può tendere ad introdurre in quelle provincie dei germi di progresso e di civiltà deve essere da noi favorito ed appoggiato. In auesto momento la nostra attenzione si è fissata particolarmente sopra le provincie slave, perché la condizione di esse richiede pronto ed efficace rimedio. L'Italia andrebbe contro il programma che si è tracciata fin dal principio degli avvenimenti attuali. se cercasse di allargare i limiti delle discussioni sulle quali è _già tanto difficile di mantenere l'accordo fra tutti i Governi.

Per ultimo io debbo ricordare in ispecial modo a V. S. Illustrissima che alla formala da noi preferita, per determinare il regime da introdursi nelle provincie insorte. avevamo fatto un'aggiunta importante che riguardava il divieto di alterare, con nuow colonizzazioni di popolazioni asiatiche, le proporzioni attualmente esistenti fra cristiani e musulmani in tutte le provincie d'Europa. Noi continuiamo a creder necessario che le Potenze mantengano questa domanda in faccia alla Turchia, la quale, se vorrà provvedere utilmente ai suoi interessi e dar prova della lealtà delle sue intenzioni; non può rifiutarsi a prendere in proposito i più solenni impegni •. (l)

(l) Non pubblicato.

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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1241. Bucarest, 5 novembre 1876, ore 15,45 (per. ore 17,15).

Le ministre des affaires étrangères vient de charger les agents roumains auprès des Puissances occidentales de sonder les dispositions des Cabinets au sujet d'une garantie speciale que la Roumanie voudrait solleciter. La neutralité absolue de la Roumanie garantie dans une conférence éventuelle par un acte préalable, serait, d'après la manière de voir du ministre des affaires étrangères, un élément pe·rmanent de paix générale et un bienfait pour la Roumanie. Gheorghlane devra s'en ouvrir avec V. E.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A PARIGI, CIALDINI, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 735. Roma 5 novembre 1876, ore 23,45.

L'ambassadeur d'Angleterre vient de me proposer une conférence à Costantinople à laquelle les puissances garantes et la Turquie prehdraient part. Le Gouvernement britannique propose que chaque Puissance soit représentée par deux plénipotentiaires. Les bases de la conférence seraient: l o indépendance et intégrité territoriale de l'Empire oHoman; 2° déclaration préalable de toutes les puissances contenant la renonciation à tout avantage exclusif etc.~ ainsi qu'il a été fait à Londres en 1840 1et à Paris en 1860; 3° adoption des propositions anglaises déjà présentées à la Porte et communiquées officiellement par le Cabinet britannique aux Puissances garantes en septembre dernier. L'Angleterre se propose d'envoyer à CostantinopÌe un ambassadeur spécial pour la conférence, et si les autres Puissances le désirent, elle ne fera pas d'objection à ce Que ses deux plénipotentiaires se réunissent à leurs collègues des cinq puissances pour des discussions préliminaires avant l'ouverture de la conférence. En ce cas il devrait etre entendu que les discussions pré.Iiminaires auraient les meme bases tracées ci-dessus. Je désire connaitre les dispositions du Gouvernement auprès duquel vous étes accrédité, au sujet de cette proposi

tion de l'Ang1eterre. Je pense que la présence de deux plénipotentiaires, en donnant à la réunion un caractère solennel, pourrait faire renaitre en Russie l'idée que ia conférence devrait etre tenue ni à Constantinople, ni dans une des capitales des Etats garants. Je pense également que si on veut avoir la chance d'éviter l'opposition de la Russie, il faut absolument que des discussions préliminaires aient lieu entre les représentants des six Puissances garantes, à l'exclusion de la Turquie. En attendant, rtout en me réservant de donner une réponse définitive et officielle, j'ai fait savoir à sir A. Paget que le Gouvernement de Sa Majesté n'a pas d'objection à faire en principe à l'acceptation de cette proposition, pour le cas où elle réunirait l'adhésion des autres puissanoes intéressées.

(l) I brani tra asterischi sono editi, con qualche variante, in LV 22, pp. 409-414.

539

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 428. Roma, 5 novembre 1876.

Tra i rapporti dell'E. V. che, nella presente serie, mi sono regolarmente pervenuti fino al N. 1710 ha richiamato in modo speciale la mia attenzione quello in data del 21 ottobre scorso n. 1705 (1), nel quale è esposto il pensiero personale del Signor Bulow intorno allo sviluppo ulteriore della questione Orientale. Anche noi siamo dello stesso avviso, che cioè il nodo del problema consiste nella guarentigia che mediante atto internazionale, in forma di protocollo o di convenzione, dovrebbe conferirsi alle riforme da attuarsi in talune provincie ottomane.

Chi abbia seguito attentamente i procedimenti per cui è venuta svolgendosi l'azione diplomatica della Russia, ha potuto convincersi esserne cardine fondamentale la tendenza a surrogare al regime creato alla Turchia dal Trattato del 1856 e segnatamente dall'art. 9 ove è sancito il principio della assoluta indipendenza della Sublime Porta nelle quistioni interne, un regime analogo a quello che preesisteva a quel Trattato e che in più d'una circostanza aveva avuto anche la sanzione di atti pubblici e solenni. Egli è manifesto che la Russia, volendo costringere, secondo che sembra essere animo suo, i Ministri del Sultano ad accettare impegni internazionali circa le condizioni da stabilirsi a favore di alcune popolazioni dell'Impero, mira a risuscitare quasi una forma di protettorato. E' vero bensl che finora il Governo russo non ha palesato intendimenti tali dai quali possa argomentarsi che scopo suo sia quello di costituire un siffatto nuovo sta,to di cose a suo benefizio esclusivo. Cosi egli è certo che se la Sublime Porta non si opponesse assolutamente alla accettazione del protocollo relativo alla riforma, la guarentigia del nuovo regime sarebbe dovere e diritto, non già d'una Potenza sola, sibbene del concerto delle Potenze. Ma il pericolo tornerebbe più grave assai nella ipotesi in cui fosse insormontabile la ripugnanza della Sublime Porta. Imperocché egli è chiaro ora

{l) Cfr. n. 506.

mai che la Russia non si arresterà a mezza via. Persistendo la Turchla nel rifiuto, il Governo imperiale ricorrerà a mezzi di coazione, che eserciterà probabilmente da solo. Ed in questo caso supponendo anche nel Governo dello Czar le intenzioni più moderate, è tra le eventualità prevedibili che il protocollo od altro atto equipollente, si stipuli a favore della Russia sola. Or chi potrebbe pronosticare fin d'ora quali altre conseguenze scaturirebbero da un siffatto indirizzo della questione?

Bene a ragione si preoccupa S. E. il Segretario di Stato di quest'aspetto importantissimo della situazione. E, per quanto sta in noi sinceramente vorremmo, solleciti come siamo della causa della pace, potere unil'e i nostri sforzi a quelli coi quali il Gabinetto Germanico intendesse a risolvere la grave difficoltà. Ma qui appunto si parano davanti gli inconvenienti derivanti dal contegno di estremo riserbo in cui la Germania continua ad avvolgersi. Tale politica, rispetto alla quale l'E. V. mi ha riferito con rapporto del 18 ottobre,

N. 1704 (1), le assennatissime considerazioni presentate da Lei al Signor de· Biilow, è senza dubbio una delle principali cagioni della incertezza in cui da parecchi mesi l'Europa si travaglia.

Ad ogni modo noi perseveremo costantemente nella politica disinteressata e scevra d'ogni secondo fine per cui fummo sinora tra i più vivi ed efficaci patrocinatori della pace, parendoci che la guerra, quando pure potesse in principio localizzarsi, sarebbe tuttavia minacciosa per tutti gli altri grandi Stati, ond'è che senza esitazione, ed anzi con compiacimento mi pl'egio di rassicurare l'E. V. circa la perfetta armonia che intercede tra il contegno di Lei e le idee del R. Governo e circa la consonanza delle previsioni consentite dalle circostanze presenti.

540

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A MADRID, GREPPI

D. 21. Roma, 5 novembre 1876.

Il Marchese Balbi mi riferiva, con rapporto del 22 ottobre scorso, N. 117 di questa serie (2), che i rappresentanti di Francia, di Inghilterra, del Belgio e degli Stati Uniti, avevano diretto, o stavano per dirigere a codesto Signor Ministro di Stato, comunicazioni concepite in termini pressoché identici, all'oggetto di reclamare, a benefizio dei rispettivi sudditi residenti in Cuba, lo stesso trattamento già accordato ai sudditi germanici.

Affinché le ragioni dei nostri connazionali non abbiano a subire pregiudizio alcuno, converrà che anche la S. V. Illustrissima rivolga apposita nota a

S. E. il Signor Calderon Collantes. Siffatta nota potrà bensi essere concepita, a somiglianza di quella dei Colleghi di Lei, in ·termini tali dai quali apparisca essere animo nostro di fare soprattutto appello ai principii generali

che regolano i rapporti reciproci tra Potenze amiche. Però, come noi abbiamo finora sostenuta la tesi che il diritto nostro al trattamento della Nazione più favorita ci porge a questo riguardo un titolo incontrastabile per invocare la parità di trattamento tra i RR. sudditi e i sudditi germanici, importerà che la S. V. Illustrissima eviti con ogni studio qualsiasi espressione la quale possa accennare ad un mutamento sopravvenuto nella nostra opinione sopra questo soggetto.

(l) -Cfr. n. 498. (2) -Non pubblicato.
541

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, A VIENNA, DI ROBILANT, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO, E AI MINISTRI A BRUXELLES, DE BARRAL, A L'AJA, BERTINATTI, A LISBONA, OLDOINI, A MADRID, GREPPI, E A MONACO, RATI-OPIZZONI

T. 736. Roma, 6 novembre 1876, ore 12,15.

Le ministre de l'Intérieur vient de m'annoncer que le cardinal Antonelli est décédé hier dans la soirée.

542

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 562. Vienna, 6 novembre 1876 (per. il 9).

L'armistizio che la Porta ebbe testé a piegarsi ad ammettere senza nuove dilazioni sotto la pressione dell'ultimatum russo, segna la fine di una fase acuta nella presente crisi orientale, ma non conviene dissimularsi che, contemporaneamente, ne comincia un'altra non meno grave e minacciosa per la pace d'Europa. L'iniziativa isolata assunta in questa circostanza dal Gabinetto di Pietroburgo sotto l'impressione delle sconfitte toccate ai Serbi, che come l'E. V. ben sa non potevano riescire incresciose al Gabinetto di Vienna, eccitò qui un sentimento di malumore contro il Governo russo, che parmi non tenda per ora a scemare.

L'atteggiamento recisamente ostile alla Russia spiegato dall'opinione pubblica in Ungheria, spinto al punto di 'trasmodare in manifestazioni che non reggono a ragionamenti qualsiasi, e quello non meno esplicito nell'essenza, che sta spiegandosi in Austria nel partito tedesco, sebbene con forme più temperate, sono fattori nella bilancia di cui non si può conoscere affatto la rilevanza. Il linguaggio della stampa ufficiosa viennese in questi ultimi giorni non è certamente fatto per calmare gli animi ed allontanare i pericoli della situazione, poiché chiaramente esso dimostra quanto al Governo Imperiale pesi l'egemonia, che di fatto il Governo russo ebbe sin qui ad esercitare e mostra anzi volere più rigorosamente spingere nel consorzio dei tre Imperi. Il raffredda

mento delle relazioni tra l'Austria-Ungheria e la Russia è, in questo momento, sensibilissimo qui. Qualora il Principe Gortchakoff insistesse in proposte di riforme da accordarsi alle Provincie insorte dell'Impero turco, che oltrepassassero le concessioni contenute nella nota del 30 dicembre dello scorso anno e pretendesse queste fossero spinte sino a conferire la quasi autonomia politica a quei popoli di razza slava, il Conte Andrassy si troverebbe non solamente nell'impossibilità di assecondare la sua azione, ma anzi in obbligo di opporvisi con tutti i mezzi. La guerra quindi colla Russia è sin d'ora considerata qui non solamente come un'eventualità possibile, ma anzi probabile e prossima. Per conto mio però non credo ancora a simile eventualità: come già ebbi a ripetere altre volte all'E. V., io ho sempre veduto nell'alleanza dei tre Imperatori qualche cosa che sta al di sopra dei rapporti tra i rispettivi tre Gabinetti, cioè l'alleanza, in sostanza, tra le tre Corone più che tra i tre Governi: il disaccordo tra questi potrebbe anche ~arsi grave senza che perciò ne consegua la guerra che molto probabilmente i tre Sovrani devono aver assunto l'impegno di non farsi l'un l'altro checché possa avvenire. Ad ogni modo però l'alleanza tra i tre Imperatori sta per esser posta a dure prove, speriamo le superi, perché in caso contrario il pericolo della guerra sarebbe difficilmente evitabile.

543

IL MINISTRO A BRUXELLES, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 45. Bruxelles, 6 novembre 1876 (per. il 10).

Aussitòt après la réception du télégramme de V. E. m'annonçant la mort du Cardinal Antonelli (1), j'ai cru devoir en aUer faire part au Ministre des Affaires Etrangères qui, bien qu'il vint au moment meme d'en etre informé, n'en a pas moins été très sensible à cette attention. Il m'a dit qu'il regardait cet événement comme devant avoir une très grande portée au point de vue de la politique du Saint Siège, et qu'entre les deux influences opposées qui, à cette occasion, n'allaient pas manquer de faire les plus grands efforts pour prévaloir dans 1'1esprit du Saint Père, il fallait espérer que ce serait la plus modérée qui aurait le dessus. Je n'ai pu que m'associer à ces heureuses prévisions. M. d'Aspremont de Lynden m'a dit ensuite que, d'après les informations qu'il avait reçues de Rome (je crois du Ministre de Belgique près le Vatican), il paraissait certain que ce serait Monsigneur Vannutelli qui, bien qu'un peu jeune pour une pareille position, mais ~en raison de son intelligence supérieure, succéderait au Cardinal défunt. Monseigneur Vannutelli, frère du Nonce actuel ici, a rempli pendant plusieurs années les fonctions de la Nonciature à Bruxelles où il a laissé la réputation d'une grande intelligence unie à beaucoup de modération.

J'ai profité de l'occasion pour amener la conversation sur le pélérinage des Espagnols à Rome et parler dans le sens des instructions renfermées dans

la dé~che de V. E., en date du 31 octobre dernier, série poUrtique n. 9 (1). Je dois dire que j'ai trouvé, à cet égard, des convinctions toutes faites chez

M. de Lynden qui a beaucoup loué la condui,te tout à la fois calme et généreuse du Gouvernement du Roi dans cette délicate circostance. Par contre, il ne s'est pas gené pour blamer ouvertement l'attitude et les allures de l'Archeveque de Grenade dont l'inconvenance ne s'est pas meme arretée devant les plus simples devoirs de la politesse.

P. S. Plusieurs journaux ayant parlé de Bruxelles comme pouvant etre 1e siège des conférences pour le rétablissement de la paix en Orient, j'ai demandé au Ministre des Affaires Etrangères s'il y avait quelque chose de vrai dans ces bruits. Il m'a répondu que jusqu'à présent, il n'avait reçu ni ouvertures ni meme la moindre insinuation à cet égard.

(l) Cfr. n. 541.

544

IL SENATORE SCIALOJA ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

(ACR, Carte Cialdini)

L.P. Cairo, 6 novembre 1876.

Grazie innanzi tutto della memoria che conservate di me, e della quale mi aV1ete dato prova recente nella lettera consegnata al Signor Joubert. La condotta di questo signore verso di me è stata delle meno commandevoli, per colpa credo non sua, ma della politica. Avete a sapere che i miei adoperamenti in favore della giustizia e della civiltà in questo paese, e l'appoggio dart;o alla Francia, quando al principio di questo anno l'Inghilterra dopo la consegna delle azioni del Canale di Suez, tentava mettersi in mano le Finanze Egiziane, furono tali e talmente apprezzati dal Ministro francese Anssey che mi valsero i ripe,tuti ringraziamenti del Decazes. Quando arrivò in Egitto il Signor Blignieres commissario delta Cassa del Debito Pubblico, venne da parte del Decazes ad ossequiarmi : ed ultimamente quando giunse il Console Generale Des Michels mi mandò dicendo per mezzo del nostro Console e di alcuni miei amici, che il Decazes lo aveva incaricato di venirmi a vedere col mandato di prendere i miei consigli ecc. Invece codesto signor Des Michels non è mai venuto a vedermi: e dopo una settimana cominciò a parlare col nostro Console della pioggia e del bel tempo, senza toccar più di affari; ed il signor de Blignieres tornato in Francia dov'erasi recato a prendere la famiglia, è venuto qui al Cairo una decina di giorni or sono, non solo non è venuto a vedermi, quantunque io fossi stato a visitarlo e gli avessi lasciato un biglietto da visita, ma ha commesso verso di me parecchie altre sgarberie. Tra i due arrivi del Des Michels e del Blignières giunse il Joubert. Mi recò la vostra lettera e non mi trovò a casa. Io fui a vederlo all'Albergo, siccome era mio dovere, e da lui conobbi il Goschen -tra entrambi tenni libero discorso; ma essi furono circospetti, e mi tennero quasi come un funzio

nario Egiziano. P~erciocché, siccome sapevate, io ebbi dal Khedive la temporanea missione di ordinare il Consiglio Supremo del Tesoro.

Questa istituzione immaginata da me e comunicata al signor Anssey in febbraio e marzo di quest'anno, fu lodarta a cielo. Non pareva vero che il Vicerè l'accettasse: perciocché per essa riuscivasi a legargli le mani, mediante il controllo supremo e preventivo di un Capo, a cui è conferito il diritto ed il potere di avversare l'esecuzione di qualunque atto, e perciò de' suoi stessi decreti, portanti spese non prevedute in bilancio. La mia influenza fece anche ammettere nella legge che istitui la cassa di ammortamento, i soli quattro articoli che in pratica si sono trovati efficaci. Nominato arbitro tra il Vicerè e l'Anssey, io li ideai e li formulai: e l'uno e l'altro ili ammisero facendomene encomi.

Questi precedenti spiegano perché io fui pregato d'organizzave il Consiglio del Tesoro, ,e perché il Governo italiano, considerandolo come una istituzione introdotta per influenza italiana, ha sempre insistito acciocché cominciasse a funzionare.

Durante l'estate, i francesi, di seconda mano, qui dimoranti cominciarono ad intrigare contro di questa istituzione. Il Vicerè cominciò ad opporre ritardi all'ordinamento; e dietro la dimissione da me mandatagli, per queste sue lentezze, egli resisté agli intrighi francesi, ed il Consiglio è stato completato circa un mese fa.

Io avevo anche ottenuto ai principi del giugno, che il Vicerè mutasse di Ministro di Finanze; ma que' medesimi francesi che intrigavano contro il Consiglio si posero dalla parte sua e l'appoggiarono. Pare a me che dopo tutti questi precedenti questo signor Goschen e Joubert potevano avere in me ogni fiducia.

Invece si sono chiusi. Non mi hanno restituito visUa ed il Console francese si è chiuso interamente col nostro. Io mi sono tenuto in riserva, rispettando abbastanza me medesimo, per non fare altrimenti.

Ma tutto questo varrebbe poco, se tllOn fosse stato seguito da un atto indegno.

Le proposizioni pvesentate al Khedive non solo contengono delle condizioni finanziarie, che certamente essi erano in grado di fare, e che potevano fare, anche volendolo senza il concorso dell'Italia, che aveva dichiarato di lasciar loro intera libertà su questo punto; ma comandano bensì una proposizione tendente a distruggere il Consiglio Supremo, che l'Italia ha introdo,tto e propugnato.

Di ciò non han fatto parola con me nè col Console italiano nè prima nè dopo; mostrando in tal guisa che non solo non hanno in conto le nostre persone, che pur valgono qualche cosa, ma che s'infischiano altamente del nostro Governo dell'opera del quale la Francia si è tanto qui giovata. E' chiaro lo scopo di dare uno scacco alla nostra influenza, che aveva da qualche tempo acquistato qui prevalenza.

E' pur notevole che in febbraio l'Inghilterra quando vide che non poteva da sola mettersi nelle mani il Governo Egiziano tentò un accordo con la Francia escludendo l'Italia. Allora il Demps dubitò della lealtà della proposta e dichiarò non poter far,e alcuna cosa senza l'accordo con l'I,talia.

Ora sembra che siasi incarnato quel pensiero medesimo, che allora falli per reciproco sospetto.

Io intanto l'altra sera dopo essere stato informato delle proposizioni pre

sentate al Vicerè, ho formulato la mia dimissione, e gliela ho mandata. Spero

che l'accetti subito, per poterne cantar quattro delle belle a' signori Goschen

e Joubert; al quale spero che voi darete il resto del carlino.

Temo però che questo procedere non riveli qualche altro accordo tra la

Francia e l'Inghilterra anche più dannoso per noi. Chi sa se non agognano

l'una all'Egitto per mettersi a cavallo del Mediterraneo, e l'altra la Tunisia.

Badateci anche voi: perchè l'Italia sarebbe umiliata dalla via del mare.

E' tardi: parte il corriere. Se non fosse impertinenza la mia, vi pregherei di farmi fare una copia di questa mia lettera, e d'indirizzarmela o qui o a Roma, perciocchè non ho il ~tempo di farla io medesimo.

(l) Cfr. n. 524.

545

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, MENABREA, E A PARIGI, CIALDINI

T. 738. Roma, 7 novembre 1876, ore 13,30.

M. Scialoja, sans prendre conseil de personne et fatigué de lutter contre les difficultés qui lui étaient créées par l'attitude hostile surtout de quelques agents européens qui auraient dù le seconder dans ses efforts, a donné avanthier sa démission. Le Vice Roi ne l'a pas encore acceptée, mais je crois que l'on peut considérer la retraite de M. Scialoja comme un fai,t accompli. Avec le départ de M. Scialoja je pense que la réforme financière qu'il avait suggérée au Khédive tombera, et il est probable que ce dernier accepte, avec les propositions des délégués des porteurs de titres egyptiens, l'envoi de commissaires contròleurs anglais et français do,nt 1es pouvoirs étendus équivaudraient à ceux d'un ministre des Finances. C'est sous le couvert des délégués susdits que les Cabinets de Paris et de Londres semblent avoir introduit la demande relative à l'envoi de ces commissaires. Ces deux Cabinets se seraient entendus tout-à-fait à notre insu, et, sous le pretexte que nous ,troublions leur action auprès du Vice-Roi, ils ont jugé à propos de nous mettre complètement dehors des nouveaux arrangements relatifs à l'administration financière. Nous ne voulons pas nous perdre en récriminations. Nous comprenons parfaitement qu'un homme placé dans la haute position de M. Scialoja n'ait pas pu tolérer plus long-temps d'ètre l'objet d'une hostilité déloyale, du moment que le Gouvernement du Roi, fidèle à ses déclarations, ne lui pretait pas l'appui de son influence. Mais nous croyons d'ètre en droit de déclarer au Gouvernement français (britannique) que l'attitude complètement passive que nous avions adoptée jusqu'à ce jour pour un certain égard pour les intérèts des porteurs de la dette egyptienne, ne peut pas signifier une renonciation de notre part à nous intéresser à tout ce qui concerne l'organisation financière de l'Egypte, et Que nous déplorerions conséquemment que le Cabinet de Paris (Londres), contrairement à ses déclarations antérieures, ne voulut pas tenir compte de la place que nos propres intérèts nous assignent dans toutes les affaires egyptiennes.

546

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, G. DE MARTINO

T. 740. Roma, 7 novembre 1876, ore 18,30.

Après que vous aurez communiqué au Khedive notre impression sur l'incident qui a mis M. Scialoja dans la nécessité de donner sa démission, vous annoncerez à Son Altesse que votre Gouvernement sera probablement forcé, très prochainement, de vous charger de lui faire une communication officielle au sujet des intérets italiens qui se trouvent en souffrance par suite .de l'inexécution des arrèts qui ont donné lieu au conflit entre le Khedive et les nouveaux tribunaux. Vous direz à Son Altesse que le Gouvernement du Roi, en laissant de còté l'étude qu'il s'était proposé de faire de la question à son point de vue juridique, s'en remettra à l'avis formulé par les autres Gouvernements, nommément par la France et l'Angleterre, et conséquemment vous chargera de porter sur le terrain diplomatique la demande de l'exécution immédiate des arrèts prononcés en faveur des ressortissants i'taliens dont les intérèts méritent surtout, dans les circonstances actuelles, toute la sollicitude du Gouvernement de Sa Majesté. Nous ne saurions en effet tolérer plus longtemps un état de choses qui, suivant l'avis exprimé par les Cabinets de Paris et de Londres, constituerait un véritable déni de justice, au préjudice de quelque sujets du Roi.

547

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, PAGET (l)

D. 151. Roma, 7 novembre 1876.

Con una Nota del 5 di questo mese V.E. mi ha invitato, in nome del Suo Governo, a farLe conoscere, il più presto possibile, se l'Italia accetta la proposizione di cui l'Inghilterra ha deciso 'di prendere l'iniziativa per una conferenza in Costantinopoli, alla quale, insieme a tutte le Potenze garanti, prenderebbe parte anche la Turchia. Questa conferenza, qualora alcune Potenze lo desiderassero, sarebbe preceduta da discussioni preliminari fra i plenipotenziari delle sole sei potenze garanti, e tanto le discussioni preliminari, quanto la conferenza che si aprirebbe in seguito, avrebbero un programma che, nella Nota di V.E. si trova riassunto nei tre punti seguenti:

1° Indipendenza e integrità dell'Impero Ottomano; 2° Dichiarazione, da parte delle Potenze, che esse non ambiscono vantaggi territoriali, influenza esclusiva o concessioni commerciali, a somiglianza

di quella inse~ita nel P~otocollo firmato a Londra il 17 Dicembre 1840, e a Parigi il 3 Agosto 1860;

3° Condizioni di pacificazione proposte da Sir H. Elliot alla Sublime Por:ta, e comunicate al R. Governo da codesta Ambasciata nello scorso settembre.

L'E.V. mi ha contemporaneamente informato che il Gabinetto di Londra proporrebbe che ciascun Governo abbia due plenipotenziari nella conferenza, e che un Ambasciatore speciale sarebbe, a questo fine, designato dall'Inghilterra per recarsi a Costantinopoli.

Debbo anzitutto pregare V.E. di far pervenire a Lord Derby i miei più vivi ringraziamenti per l'importante comunicazione di cui si tratta. Il Governo di Sua Maestà Britannica, conoscendo che quello del Re mette al disopra di ogni altra cosa il comune interesse del mantenimento della pace, non può dubitare dell'accoglienza favorevole che incontra sempre presso di noi qualunque proposizione tendente a questo scopo mediante l'accordo delle sei potenze garanti. Quantunque, a mio credere, l'opera di una Conferenza internazionale, non meno che quella da compiersi nelle discussioni preparatorie, avrebbe potuto essere facilitata dalla scelta di un altro luogo di riunione, e benchè io sia d'avviso che l'invio di un secondo plenipotenziario a Costantinopoli debba esse11e ritenuto come cosa facoltativa per i singoli Governi, pure non volendo, col mettere innanzi delle obbiezioni, ritardare i benefici che tutti aspettano dalla pacilficazione delle provirncie ottomane e dei principati di Serbia ·e di Montene-gro, non esito a dichiarare a V.E. che l'Italia si farà rappresentare nella Conferenza, alla quale tutte le altre potenze garanti avranno accettato d'intervenire.

Le basi proposte, nel mese di settembre alla Turchia, essendo sta.te appoggiate dal voto unanime delle potenze garanti, ci sembrano poter essere adottate come programma delle deliberazioni future delle potenze stesse, ed anche circa gli altri due punti espressi nella Nota di V.E., io desidero che dal Governo di Sua Maestà Britannica si sappia che l'Italia, riconoscendone l'alto valore, è pronta ad accettarli.

(l) Ed. in LV 22, p, 416.

548

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, BALBI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 125. Madrid, 7 novembre 1876 (per. il 15).

Ieri si riaprirono le due Assemblee legislativ•e col concorso pressocchè assoluto dei Senatori e Deputati e senza nessuna formalità straordinaria, trattandosi della ripresa della sessione primaverile interrotta dalle ferie parlamentari.

Siccome erasi preveduto l'attacco al Ministero nel Congresso cominciò dall'opposizione Costituzionale, la quale, per organo del Signor Leon y Castillo, indirizzò una violenta dtatriba contro il Presidente del Consiglio a mezzo di un'interpellanza sull'uso prolungato della sospensione delle garanzi,e Costituzionali durante l'interregno parlamentario, e malgrado il promulgamento della nuova Legge Fondamentale del Regno. L'oratore qualificò di incostituzionale la condotta del Governo, e conchiuse col chiedere la demissione del Gabinetto o la dissoluzione delle Cortes.

Nella sua risposta, il Signor Canovas del Castillo respingendo l'accusa di aver violato la Costituzione, accennò alla lettura fatta pochi momenti prima in Senato di un progetto di legge sull'argomento, col quale convertito anzitutto in legg·e il Decreto 5 Gennaio 1874 per l'approvazione di tutte le misure adottate da quell'epoca in poi in virtù delle facoltà straordinarie delle quali il Governo fu rivestito, dichiaransi in forza e vigore tutte le garanzie riconosciute agli spagnuoli dalla Costituzione, salvo una restrizione per Le provincie Basche e Navarresi. Il seguito della discussione fu quindi rimandato sino a tanto che il Senato non abbia emesso il suo voto sul progetto di legge di cui trattasi e del quale trasmetto qui unito (l) il testo all'E.V.

Nella seduta di ieri al Congresso fu notata l'assenza del Signor Alonso Martinez e di una parte dei centmlisti, e questa circostanza vuolsi riannodare colla recente scissione avvenuta nel gruppo dei Costituzionali dissidenti ed attribuita in apparenza ad una rivalità fra i Signori Santa-Cruz ed Alonso Martinez, individualità principalissime di quella frazione della Maggioranza, ma in realtà alla formazione (sinora incompleta) del centro liberale, promossa dal secondo in mira di accentuare un atteggiamento più indipendente e motivato sopratutto dalla polttica religiosa del Gabinetto.

Non è improbabile che col progredire della lotta parlamentare, ed invaso il terreno finanziario, si appiani ognor più la via, almeno per gli amici del Signor Alonso Martinez, alla sin qui fallita fusione coi Costituzionali puri della opposizione.

Nella riunione dei Senatori e Deputati ligi al partito Costituzionale la quale si verificò la vigilia della riape·rtura del Parlamento, il Signor Sagasta fece le seguenti dichiarazioni, che furono unanimamente accettate senza veruna restrizione nè osservazione da tutti i componenti la minoranza Costituzionale nelle due assemblee:

1° I Costituzionali accettano come punto di partenza la vigente legalità, e per conseguenza la Costituzione del 1876;

2° I Costituzionali considerano come limite delle loro aspirazioni principi inseriti nella Costituzione del 1869;

3° I Costituzionali stabiliscono il principio di modificare la Costituzione del 1876; ma senza determinare come nè quando, giacchè nessun partito di Governo può dirlo anticipatamente. Queste dichiarazioni verranno ripetute in una prossima seduta parlamentare dal medesimo Signor Sagasta.

L'impressione riportata da quanti assistettero ai preliminari concerti di tutto il partito Costituzionale s'informa principalmente ad un sentimento unanime di concordia perfetta fra i due distinti gruppi che lo compongono. Sarebbe

46 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. VII

però, come sempre, arrischiato il presagirne una costante uniformità di condotta nei futuri dibattimenti parlamentarj.

Anche la maggioranza ministeriale tenne, dietro invito del Presidente del Consiglio, una riunione preliminare, nella quale il Signor Canovas del Castillo espose e riconfermò il programma liberale-conservatore ovvero della conciliazione. Toccate a grandi tratti le varie questioni politiche del momento, dichiarò senza ambagi che la questione economica era la più importante per gli ostacoli di ogni natura che sorgevano senza posa sul cammino dello scioglimento. La radunanza fu assai numerosa e concorde nel riconoscere, in mezzo al più profondo e non interrotto silenzio, la necessità di appoggiare ciecamente ed in tutte le parti l'indirizzo governativo propugnato dall'abile ed eloquente parola del Capo del Gabinetto. Il gruppo di deputati diretto dal Signor Alonso Martinez si astenne dall'intervenire alla riunione degli antichi suoi correligionarj sul terreno della conciliazione.

(l) Non si pubblica.

549

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY. A VITTORIO EMANUELE II

(ACR)

L.P. Berlino, 7 novembre 1876.

Le télégramme de Votre Majesté, du 24 Octobre échu, est pour moi un témoignage qu'Elle daigne accueillir avec indulgence mes lettres particulières. C'est un encouragement de plus à m'acquitter, avec tout le soin possible, de la tàche qu'Elle a bien voulu me confier.

Avant de partir demain pour le Wiirttemberg et le Grand Duché de Resse, où je dois remettre aux Souverains de ces Pays les lettres de créance qui m'ont été délivrées par Votre Majesté, permettez-moi, Sire d'indiquer en peu de mots quelle a été la marche des événements depuis mon der:nier rapport, et d'esquisser la situation, telle qu'elle se présente dans les conjonctures actuelles.

L'effort principal des Puissances tendait à obtenir un armistioe. La Porte tergiversait sur les condi.tions de durée. En attendant, l'armée turque gagnait du terrain sur le théàtre de la guerre, et parvenait enfin à vaincre les Serbes dans le rayon des forteresses qui sont, vers l'Est, les clefs de la Principauté. A son point de vue, la Russie ne pouvait laisser écraser davantage ses clients, à moins de compromettre à jamais son prestige parmi les Slaves. Elle s'est décidée alors à poser à Constantinople un uHimatum, qui a mis un terme aux procédés dilatoires de la Turquie. Celle-ci, en acceptant, se réserve sans doute de prendre sa revanche qu.and on en viendra à discuter les conditions de la paix, et surtout la position à faire aux Provinces insurgées. C'est là un point, qui a été un peu perdu de vue, quand l'attention était presque entièrement absorbée par les mouvements militaires en Serbie et dans l'Herzégovine. C'est là aussi que git la difficulté, je n'ose dire insurmontable quoique je le craigne, mais qui certainement causera de très graves embarras.

La Russie a déjà fait des démarches pour accélérer l'envoi des instructions nécessaires pour ouvrir sans retard à Constantinople des négociations, en conformité des propositions déjà présentées par l'Angleterre, et appuyées par toutes les Puissances, vers la fin de Septembre dernier, à savoir: le status-quo ante bellum pour la Serbie et le Monténégro, en laissant néammoins, pour cette dernière Principauté, la porte ouverte pour une légère augmentation de territoire: autonomie locale pour la Bosnie et l'Herzégovine: réformes pour la Bulgarie.

De son còté, le Cabinet de Londres, tout en maintenant son programme primitif, vient de le préciser davantage, pour prévenir autant que possible les écarts. Il propose que la Conférence, qui se réunirait à Constantinople, aurait pour base essentielle l'indépendance et l'intégrité territoriale de l'Empire Ottoman, et que chaque Puissance déclare préalablement de renoncer à tout avantage particulier. Chacun des Etats garants devrait etre représenté par deux Plénipotentiaires. Si les autres cinq Puissances le désirent, l'Angleterre ne fera pas d'objection à ce que ses délégues s'entendent avec leurs Collègues pour des discussions préliminaires avant l'ouverture des conférences, pourvu que ce travail préliminaire se fit sur les memes bases ci-desssus mentionnées. L'idée d'une discussion préliminaire a été vraisemblablement introduite pour tourner la difficulté, soulevée il y a un mois environ par le Cabinet de Saint Petérsbourg, qui demandait que la conférence ne fiìt composée que des représentants des six grandes Puissances, sans participation de la Turqui,e, qui n'aurai.t à se prononcer que sur l'issue des délibérations. En effet, quand le terrain aurait été un peu déblayé par les pourparlers préalables, il répugnerait peut-etre moins aux diplomates russes de siéger à còté des délégués Tures.

Il est malaisé de se défendre d'un certain scepticisme sur les résultats de l'oeuvre diplomatique. Pour qu'elle aboutit, il faudrait supposer à chacune des Puissances une dose d'abnégatio:n, de désintéressement, dose qui n'est peut-etre pas suffisante au moins chez la Russie, où le courant Slave a de puissants protecteurs. Il faudra concilier les vues divergentes entre les Cabinet de Saint Petersbourg, de Londres etc. etc. C'est le rò1e ingrat de l'Allemagne, le nòtre, et aussi celui de la France. Admettons meme que tout marche pour le mieux, que la diplomatie, par une espèce d'état de gràce qui lui a fait défaut jusqu'aujourd'hui, écarte les arrière-pensées, les pièges etc., et donne le spectacle d'un parfait accord. Cela ne pourrait avoir lieu, que par des compromis qui laisseraient bien des intérets en souffrance. Si la Turquie l'accepte, les populations chrétiennes se résigneront-elles? Pourra-t-on contenir d'autres éléments, qui guettent l'occasion d'entrer en scène? Sans vouloir accuser de mauvaise volonté la Sublime Porte, n'existe-t-il pas chez elle impuissance absolue de remplir des engagements sérieux de réformes à l'europée:nne?

On doit cependant se féliciter de l'armistice. C'est autant de sang de moins qui coule. Pourvu qu'au printemps, et meme plus tòt, on ne voie pas croiìler les reves des optimistes, parmi lesquels j'hésite à me ranger! Mais il y a .toujours l'espoir, si la guerre devait éclater entre la Russie et la Turquie, celle-ci ayant meme l'Angleterre comme alliée, que cette guerre n'entrainerait, ni l'!talie, ni la France, ni l'Autriche, ni l'Allemagne, aussi longtemps du moins que le Cabinet de Berlin réussira à tenir en échec le Cabinet de Versailles et la Monarchie Austro-Hongroise, où le Comte Andrassy de son còté combat les tendences belliqueuses et annexionistes. Le Prince de Bismarck, par intéret et par conviction, travaille à empecher qu'une conflagration générale éclate sur notre continent. Or, il est secondé par l'opinion publique de son pays assez fort pour opposer aux passions une digue qu'on ne romprait pas de si tòt.

Il est un autre espoir. C'est que la Russie, vu l'état rien moins que brillant de ses finances et l'organisation inachevée de son armée, ne préfère ajourner la partie décisive, et se contenter d'un replàtrage, d'un simple acheminement vers une solution radicale. Le Cabinet de Saint Petérsbourg trouverait alors des arguments pour faire prendre patience à ses protégés. Abandonnés d'ailleurs à eux-memes, ils devraient faire de nécessité vertu.

En attendant, il reste à connaìtre l'accueil qui sera fait par les divers Cabinets à la proposition anglaise de conférence, dont je parlais plus haut. Quant au Cabinet de Berlin, le Secrétaire d'Etat pour les Affaires Etrangères a répondu à l'Ambassadeur d'Angleterre, qu'il se réservait de prendre les ordres de l'Empereur. Mais M. de Btilow m'a dit aujourd'hui, qu'il ne doutait pas que, si les autres Puissances adhéraient à cette proposition anglaise, l'Allemagne s'empresserait de s'y associer, comme à tout ce qui peut contribuer au maintien de la paix.

550

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANTE AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 742. Roma, 8 novembre 1876, ore ... (1).

J'ai remis à l'ambassadeur d'Angleterre une note (2) portant que le Gouvernement italien se fera représenter dans la confévence à laquelle toutes les autres Puissances garantes accepteront d'intervenir. J'ai exprimé dans cette note la pensée du Gouvernement de Sa Majesté que le choix d'une localité autre que Constantinople aurait facilité la bonne réussite des travaux de la conférence et des discussions préparatoires et j'ai manifesté l'opinion que la désignation de deux plénipotentiaives doit etre considérée comme facultative. Tout en exprimant notre avis sur ces deux points, j'ai déclaré que nous n'entendions pas soulever des objections à cet égard. Quant au programme proposé par le Gouvernement britannique, j'ai constaté le haute valeur des deux premiers points auxquels nous sommes prets à adhérer et l'accord q1Ji

s'est déjà formé entre toutes les Puissances sur les bases formulées par l'Angleterve et présentées en septembre dernier à la Turquie pour la pacifica-tion de l'Empire ottoman.

(l) -Il telegramma fu spedito a Londra alle ore 3, a Parigi alle ore 4, a Vienna e Costantinopoli alle ore 13,30, a Berlino alle ore 15,30 e a Pietroburgo alle ore 16,15. (2) -Cfr. n. 547.
551

IL CONSOLE IN MISSIONE A RAGUSA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1259. Ragusa, 8 novembre 1876, ore 20,30 (per. ore 22,25).

Je viens d'arriver à Raguse. Les délégués arriveront samedi prochain. J'ai eu aujourd'hui une conversation avec le consul ottoman, sur la ligne de délimitation du coté de l'Herzégovine. Suivant mon avis, il ira vendredi à Trebigne conseiller le commandant turc à la modération. Un point de question sera le ravitaillement des forteresses pour lesquelles le prince Nicolas prétend maintenir le blocus que les tures contestent.

552

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 449. Costantinopoli, 8 novembre 1876 (per. il 14).

Fino a stamane la Sublime Porta non a V'eva risposto all'Ambasciatore d'Inghilterra riguardo alla proposta di radunare una confierenza a Costantinopoli. Niuno dubita invero che essa sarà affermativa, però non è senza una certa esitazione che questi Ministri si decideranno per l'adesione. In primo luogo l'idea di conferenza ripugna ad essi imperocché sentono che la loro posizione innanzi ai Rappresentanti delle grandi Potenze corrisponderà sino ad un certo punto a quella d'un accusato innanzi al tribunale. Safvet Pacha esprimevasi ieri in questo senso con l'Ambasciatore di Russia. Diceva la parte ch'egli avrebbe probabilmente a prendervi sarebbe oltremodo penosa, imperocché, trovandosi spesso nel caso d'intendere cose dure pel Governo ottomano, avrebbe poi a riferirle ai suoi Colleghi, e si limiterebbe ad ascoltare senz'entrare in discussione. Aggiungeva S.E. non potersi prevedere quali proposte sarebbero fatte nella conferenza, e le più gravi potrebbero per avventura ottenere la maggioranza, né essa avrebbe modo di difendersi. Consolavalo l'Ambasciatore di Russia dicendo che la Sublime Porta non mancherebbe di trovarsi strenui difensori. La quale consolazione non sembrava ispirare grande fiducia al Ministro.

Il Rappresentante della Turchia nella conferenza avrebbe naturalmente ad essere Safvet Pacha; però ieri taluni dicevano che potrebbe anche essere Midhat Pacha.

miei Colleghi non hanno ancora ricevuto istruzioni speciali riguardo alla presente proposta Inglese, ma nessuno dubita della adesione di tutte le Potenze Garanti, imperocché, essendo essa fatta, com'è certamente noto all'E. V., in seguito ad accordo intervenuto tra i Gabinetti di Londra e di Pietroburgo, non si crede che alcuno sarà per opporvisi.

P.S. Qui unito un articolo in cifra:

ANNESSO CIFRATO ALLEGATO

L'idée de nommer un second plénipotentiaire à la Confér.ence de Constantdnople a eu son origine dans les observations que le Gouvernement russe a fait à Londres sur la difficulté qui surgirait des relations personnelles entre le Général Ignatieff et Elliot. Celui-ci m'a déclaré qu'il n'entrerait dans aucune discussion, avant l'arrivée du second Ambassadeur.

Le Gouvernement russe a déclaré tout de suite qu'il n'enverrait pas second Ambassadeur. Je sais que hier, le Ministre des Affaires Etrangères, dans une conversation avec le Général Ignatleff, s'est beaucoup plaint de l'Angleterre qui. par ses conseils l'ava~it amené à cette conférence et lui a demandé s'il ne pourrait pas envoyer un Agent à Livadia pour s'éntendre directement avec la Russie. L'Ambassadeur répondit que la Conférence ayant été proposée d'un commun accord avec le Gouvernement Anglais, c'était trop tard.

553

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 103. Parigi, 9 novembre 1876 (per. il 12).

In un colloquio che ho avuto stamattina col Signor Duca Decazes, S.E. m'informò, pregandomi di parteciparlo all'E.V., che dopo un Consiglio de' Ministri tenuto jeri in Londra, Lord Derby vide l'Ambasciatore di Francia e gli dichiarò esplicitamente che perfino nel caso in cui gli avvenimenti trascinassero la Russia a minacciare Costantinopoli, il Governo Inglese non avrebbe punto l'intenzione d'impadronirsi dell'Egitto.

Mi sono affrettato a riferire col telegrafo quest'importante comunicazione all'E.V. Dopo avermela fatta il Signor Duca Decazes mi consigliò pure d'impegnare l'E.V. ad inviare anche per parte sua un secondo Delegato alla Conferenza proposta dal Governo Inglese.

La dichiarazione fatta jeri da Lord Derby al Marchese d'Harcourt dinota evidentemente che si è in questi ultimi giorni prodotto un qualche fatto che possa aver modificata la reciproca situazione di alcuni Gabinetti. Secondo le voci che corrono e che ad ogni modo credo mio debito di mentovare, il Gabinetto Inglese, nell'intento di far svanire ogni preoccupazione che potesse esistere a Berlino, sarebbesi attivamente adoperato ad ottenere dal Governo Francese la dichiarazione di neutralità assoluta che recentemente il Signor Duca Decazes portò alla tribuna. Quasi a ricambio di ciò, il Principe di Bismarck avrebbe preso un atteggiamento più fermo verso la Russia, la quale per ciò vedrebbesi ora costretta a temperare le proprie aspirazioni e a mostrarsi meno imperiosa nelle sue esigenze. Tale situazione accennerebbe conseguentemente ad un riavvicinamento tra i Gabinetti di Londra e di Berlino.

Lascio giudice l'E.V. del fondamento di tali supposizioni che tanto meno mi parve di dover passar sotto silenzio, in quanto che varie concordanti notizie non le rendono affatto inverosimili.

554

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

(Carte Robilant)

L.P. Roma, 10 novembre 1876.

Durante l'ultimo burrascoso periodo che abbiamo attraversato più di una volta avrei voluto scriverLe, ma l'occasione sicura per Vienna mancava e non avrei voluto consegnare alla posta la mia lettera. A quelle che Ella fu tanto cortese di indirizzarmi, ma che aveano riferimento ad affari sui quali io non avrei potuto pronunciarmi, Le fu risposto in parte con telegrammi in cifra. Non avrei potuto aggiungere dippiù perchè nella situazione che si era creata dall'ingiustissima aggressione della stampa austriaca di ogni colore, non ·era agevole conservare la bussola. Tutto ciò che poteva farsi, Ella lo fece e il poco che da qui si poteva dire fu detto nei dispacci che avrà a suo tempo ricevuto. In tempi quieti le nostre relazioni con Vienna hanno potuto crearci forse delle illusioni. Giustizia vuole però che io dica che questa illusione non era da Lei divisa neppure nel periodo più roseo dei viaggi sovrani. Ma quando le quistioni che hanno un carattere europeo s'impongono a noi come alle altre potenze, e non certamente per effetto di nostro volere, il dissenso profondo che esiste fra l'Italia e la vecchia monarchia austriaca si affaccia e si affaccierà, a mio credere, qualunque sia il ministero in Italia e chiunque sia il ministro degli Esteri a Vienna. Se a noi fosse dato di scegUere il momento in cui le grandi quistioni europee dovranno essere risolute, certamente noi avremmo voluto che la tranquillità dell'Europa non fosse disturbata per molti anni ancora. Ma tutti gli sforzi della nostra volontà non avrebbero tardato di un solo giorno gli avvenimenti che si sono prodotti. E l'Austria stessa, se ha fatto qualche cosa nel senso di ritardarne il corso, qual esito ha essa ottenuto?

La quistione orientale si collega manifestamente con la quistione austriaca. A Vienna è naturale che lo si neghi perchè non lo si vuole. Ma il non voLere non basta a fermare la storia che ha le sue conseguenze logiche e le sue irresistibili necessità. Questa impressione esiste in Italia da un pezzo. L'avvenire della Monarchia Austriaca è stato già dalla generazione precedente alla nostra profetizzato verso l'Oriente. Ed, a dirla schiettamente fra noi, gli uomini del partito moderato ebbero dal 1866 in poi due punti fissi <nella loro politica. Ottenere Roma coi mezzi morali e le provincie italiane dell'Austria mediante compensi territoriali in Oriente. Questo programma che chiamerei delle buone intenzioni ci ha portato a sfondare la Porta Pia e ormai sappiamo che la seconda parte di esso non avrà valore pra,tico maggiore della prima. Per questo motivo (bisogna renderei giustizia) sino dal primo affacciarsi delle complicazioni orientali, il Ministero non si feoe alcuna illusione di paterne trarre partito per conseguire la cessione dall'Austria di territorii rimasti ancora sotto il suo dominio. Io credo che nella corrispondenza del Ministero ai suoi agenti all'estero non vi sia una parola che possa averli autorizzati a credere che una simile illusione esistesse alla Consulta. Le risposte ai dispacci dei RR. Agenti tolgono poi qualunque ragione di dubitare a questo riguardo.

Rimane il linguaggio dei giornali.

Non saprei dire se i nostri furono provocatori. Certamente gli Austriaci li hanno oltrepassati in violenze di ogni genere. Non si potrebbe neppure paragonare l'importanza dei giornali che presso di noi entrarono in questa polemica con il peso che hanno i fogli Austriaci ed Ungaresi che si scagliarono contro di noi con ogni sorta di contumelie.

Io ho capito tutto ciò che vi era di doloroso per Lei, ottimo generale, nell'assistere impassibile a Vienna a degli attacchi grossolani e sleali contro il nostro paese e le sue più care istituzioni. Ella ha reso però un servizio importante al Governo nostro ed al nostro paese nel rimanere fermo al posto serbando quel contegno che sarebbe riuscito più difficile ad altri che a Lei. Ella seppe infatti imporne a codesta gente e l'influenza personale in cosi spiacevoli circostanze salva il più delle volte la posizione.

Più volte nel periodo che abbiamo traversato occorse che si facesse cenno a una nota dell'Austria con cui ci sarebbero state comunicate le idee del Gabinetto di Vienna circa le speranze di annessioni per il Tirolo e Trieste. Quella nota, si disse, fu approvata anche dal nostro Re. Quando venni assunto al posto di Segretario Generale ignorava l'esistenza di quel documento. Nei primi giorni del Ministero Melegari-Depretis, il Conte Wimpffen parlò di quella nota come della base sulla quale si era stabilita la riconciliazione fra le due Monarchie. Il Ministro Melegari me ne parlò a sua volta e dovetti dirgli che io non conosceva quel documento. Se non che pochi giorni dopo aprendo un buvard rimasto sul tavolo di lavoro del mio predecessore, trovai la copia di una lunga lettera particolare e confidenziale del Conte Andrassy al Conte Wimpffen in data del 24 maggio 1874 (l) la quale potrebbe ben essere la cosi detta nota di cui si parlò spesso in seguito.

Naturalmente feci leggere il documento al Conte Melegari 'e così abbiamo avuto l'uno e l'altro contezza delle dichiarazioni che il Ministero prec,edente avea ricevute senza però che ci risultasse in nessuna guisa dell'adesione dei Ministri e del Re alle idee espresse in quel documento.

Comunque ciò sia, desidererei sapere se Vleramente la lettera particolare e confidenziale di cui parlo, sia la stessa cosa che la nota a cui ora il Gabinetto di Vienna si riferisce. A questo fine Le mando una copia del documento da me rinvenuto.

Le trattative che si apriranno a Costantinopoli metteranno di nuovo in presenza degli interessi divergenti. Le istruzioni tracciate a Corti mi sem

brano d'indole a non suscitare troppi dispetti a Vienna. Ben si capisce che il Conte Andrassy nell'interesse del suo paese non vorrebbe ciò che può essere un più o meno vicino avviamento alla formazione delle autonomie politiche slave. Ma noi potremo evitare le parole che suonano male agli orecchi dell'Austria-Ungheria; ma la sostanza della trasformazione mediante le riforme non è cosa contro la quale possa schi:erarsi l'Italia. Non c11edo che vi sia uomo di Stato in Italia che potrebbe dichiararsi in un senso diverso da quello da noi adottato.

Che l'Austria lo voglia o non (a meno che ricorra senz'altro alle armi) la Russia conseguirà il suo scopo e questo, se la pace sarà conservata, si ridurrà a cancellare a beneficio degli Slavi di Turchia, l'articolo 9 del tr,attato di Parigi. Al nuovo regime interno degli Slavi ottomani sarà data la guarentigia di un atto internazionale collettivo se le Potenze asseconderanno la Russia, oppure di un atto separato fra la Russia e la Turchia se gli altri Stati si fermeranno a mezza via. A meno che la Turchia rinsavisca ad un tratto, bisogna dunque aspettarci ancora ad altri ultimatum e sarebbe cosa veramente dannosa per tutti che la Russia dovesse in ultimo agire militarmente perchè in tal caso non potrebbesi forse sperare che la cancellazione di un articolo del trattato del 1856 sarebbe compenso sufficiente al Go\'erno di Pietroburgo. La guerra avrebbe tutte le conseguenze naturali che dipendono dall'esito e dall'importanza degli avvenimenti militari.

Mi perdo in previsioni che saranno probabilmente smentite dai fatti e che in ogni caso non hanno valore pratico. Lasciamo dunque questo soggetto di discorso ed accontentiamoci di dire che Dio ce la mandi buona perchè se dalla crisi orientale dovesse nascere una grossa guerra, la nostra posizione sarebbe talmente difficHe che io non saprei come giungeremmo ad evitare gli scogli ed a entrare in porto. Ella mi dirà che meglio che entrare sarebbe rimanere in porto. Ma quando questo è mal sicuro anche standovi dentro si può pericolare assai.

(l) Cfr. Serie II, vol. V, pp. 432-434.

555

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 215/72. Londra, 11 novembre 1876 (per. il 15).

La notizia della dimissione data dal Commendatore Scialoja, partecipatami da V.E., col suo telegramma del 7 Novembre (1), e confermata dalle ulteriori notizie come accettata anche dal Kedive, non mi ha punto recato meraviglia dopochè io ebbi conoscenza delle proposte dei Signori Goschen e Joubert, le quali mettono in mano di due Commissari, l'uno Inglese e l'altro Francese, la parte sostanziale dell'amministrazione delle Finanze Egizie. Con quel sistema, al quale il Kedive sembra di avere aderito, crolla tutto l'edifizio, con :tanto ingegno, creato dal Commendatove Scialoja, non solo nell'interesse

del Governo Egizio, ma anche per tutelare gli interessi degli Europei, fra i quali quelli dell'Italia non sono i minori, mentre coll'ordinamento suggerito dai Signori Goschen e Jouberrt, tutti gli altri interessi sembrano pretermessi a fronte di quelli dei creditori Franoesi ed Inglesi.

Ben a ragione l'E.V. si lamenta del procedere dei Francesi, i quali ebbero ricorso a noi per servire come di mediatori fra essi ,e gli inglesi, nei quali destavano sospetto per l'ingerenza che la Francia pareva voler prendere nelle cose di Egitto affine di contrastarvi le aspirazioni dell'Inghilterra. Ma pare che adesso la Francia si sia accorta che, finchè non smetteva i suoi conati avversi alla politica dell'Inghilterra, difficilmente sarebbe venuta a concordare qualche cosa con essa a vantaggio dei creditori Francesi. Epperciò, a giudicarne da alcune parole pronunciate da un Personaggio molto informato della presente politica della Francia, credo di poter ritenere che, quel Governo, non sentendosi forte abbastanza per opporsi ai progetti dell'Inghilterra, abbia smesso l'idea di porvi ostacolo, e si sia ravvicinato ad essa per tutelare gli interessi dei proprii nazionali. Questa è la spi,egazione dell'evoluzione della quale siamo testimoni.

Mi giova ricordare all'E.V. che, nel mio Rapporto del 7 Giugno p.p., N. 13 (Affari Politici) (1), io diceva che l'Inghilterra sarebbe stata nemica di chiunque avesse osteggiato le sue aspirazioni in Egitto, indifferente per chi non l'avrebbe nè osteggiata nè aiutata, ed amica per chi l'avrebbe sostenuta. Ebbene, io non sarei lungi dal credere che oggi la Francia abbia fatto tali dimostrazioni da lasciar credere che dessa si trovi nell'ultimo caso, salvo a recedere, all'occorrenza, da tali propositi, od a chiedere altri compensi in cambio dei vantaggi che l'Inghilterra acquisterebbe in Egitto.

Credo di dovere nuovamente insistere sulla considerazione che, nelle cose di Egitto, bisogna tenere sommamente conto della determinazione bene stabilita dell'Inghilterra di farsi dominatrice in quel Paese. Ora che la Francia sembra rinunziare a contrastarle questo volere, non v'è altra Potenza abbastanza forte per opporvisi.

La nomina del Marchese di Salisbury a Primo Plenipotenziario a Costantinopoli, per le conferenze che vi debbono aver luogo, è un sintomo manifesto di questa ferma volontà del Gabinetto Inglese, imperocchè il Marchese di Salisbury fu quello che propugnò e fece accettare l'idea di rinunziare all'antico dogma della integrità assoluta dell'Impero Ottomano per rivolgere cosl tutta l'attenzione dell'Inghilterra sull'Egitto.

Come lo accennai a V.E., nel mio telegramma del 9 corrente (2), parlai al Conte di Derby della dimissione data dal Commendatore Scialoja, e dei risultati probabili di questa dimissione, provocata dalla proposta dei due Rappresentanti Inglese e Francese.

Non feci nessuna recriminazione; ma non tralasciai di rappresentare al Conte di Derby che gli Italiani, avendo anch'essi in Egitto grandissimi interessi, benchè non identici con quelli dei creditori Inglesi e Francesi, se il nuovo ordinamento che dovrà sorgere sulle rovine dell'edifizio creato dallo

(1 \ Cfr. n. 158.

ingegno del Commendatore Scialoja non tutelasse questi medesimi interessi, il Governo italiano non potrebbe rimanere indifferente e non fare valere le sue ragioni.

Queste cose le dissi a titolo di semplice conversazione e non di dichiarazione ufficiale. Il Conte di Derby nella sua risposta si mostrò molto benevolo per l'Italia e mi disse che il Signor Goschen non aveva missione ufficiale del Governo Inglese, ma che era ben appoggiato ufficiosamente; che gli era stato raccomandato di tener conto di tutti gli interessi anche estranei a quelli dell'Inghilterra negli accomodamenti che avrebbe suggerito al Kedive.

Le cose di Egitto andarono come si era già previsto e pare che in questo momento il Conte di Derby non abbia neppure una fiducia molto salda nel risultato finale della missione dei due Agenti Inglese e Francese. Egli mette alquanto in dubbio la buona volontà del Kedive che, a suo dire, si farebbe più pov•ero di quello che sia ·effettivamente; per cui l'ultima parola sull'ordinamento finanziario di Egitto non è ancora detta.

Se in questa verlenza io dovessi esprimere la mia opinione, per ciò che ci riguarda, sarei d'avviso, vista la defezione della Francia verso di noi, che, a meno di sentirsi abbastanza forti ed appoggiati per osteggiare con successo la volontà ben determinata del Governo Inglese di esercitare la sua supremazia in Egitto, il meglio per tutelare i nostri interessi materiali in quel paese sarebbe di accostarsi all'Inghilterra, congiurando in tal modo altre combinazioni che potrebbero essere ben altrimenti pericolose per noi.

(l) Cfr. n. 545.

(2) Non pubblicato.

556

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 217/73. Londra, 11 novembre 1876 (per. il 16).

Mentre io trasmetteva all'E.V. il mio telegramma del 9 Corrente (1), Lord Beaconsfield (Disraeli) pronunziava un importante discorso al banchetto del nuovo Lord Mayor, al quale io non potei intervenire, quantunque invitato, a causa della morte di S.A.R. la Duchessa d'Aosta, •ed anche per non trovarmi il solo Ambasciatore, gli altri miei Colleghi avendo declinato l'invito per non essere costretti a fare, secondo l'uso, discorsi inopportuni in questi tempi di politica incerta.

Il discorso di Lord Beaconsfield fu oggetto di apprezzamenti diversi; lo si trova, in alcune parti, alquanto sibillino; però da questo emergono due fatti: il primo che l'Inghilterra desidera la pace; il secondo che dessa si sente preparata, più che mai, a sostenere una lunga guerra.

La scelta di Costantinopoli per sede della Conferenza per il ristabilimento della pace e la nomina del Marchese di Salisbury quale primo plenipotenziario indicano, in modo assai evidente, quale sarà l'indirizzo che l'Inghilterra cercherà di dare alla soluzione della presente quistione.

Nel mio telegramma ho esposto i motivi addotti dal Conte di Derby per la scelta di Costantinopoli; credo però di doverne ricordare i principali che sono i seguenti: a Costantinopoli si hanno maggiori facilità per le informazioni occorrenti per le discussioni della Conferenza; in secondo luogo Costantinopoli offre la opportunità di poter chiamare a far parte della Confel'enza i rappresentanti attuali delle potenze che altrimenti ne sarebbero esclusi perchè, scegliendo un'altra città essi dovrebbero, per intervenire alle discussioni, abbandonare la capitale dell'Impero ottomano il che sarebbe un pericolo ne' momenti attuali. Un'altra ragione, e forse la più determinante, fu quella di escludere la proposta del Principe Gortchachow che vorrebbe radunare la Conferenza in qualche altra città chiamandovi tutti i Capi di Gabinetto. L'Inghilterra scorge in ciò molti inconvenienti e forse teme le influenze che potrebbero sviare le risoluzioni da quella via che dessa desidera sia seguita.

In quanto alla nomina di Salisbury, essa si spiega per l'importanza che può avere la Conferenza per la pace del Mondo. Lord Beaconsfield dichiara nel suo discorso che Lord Salisbury possiede la fiducia di tutto il Gabinetto e confermò così, in modo solenne, quanto poche ore prima Lord Derby mi aveva detto privatamente. D'altronde, l'alto ingegno di Lord Salisbury, la sua posizione di Ministro delle Indie, lo designavano per quell'ufficio dove egli avrà da trovarsi di fronte ai rappresentanti di quella potenza, la Russia, che si suppone minacciare que-ll'Impero delle Indie che egli amministra e che ha per missione di proteggere.

Lord Salisbury è inoltre il promotore dell'indirizzo politico che l'Inghilterra ha preso rispetto all'Impero Ottomano. Quantunque Lord Beaconsfield abbia fatto la dichiarazione, nel suo discorso, che la base della discussione, nella Conferenza sarebbe la integrità dell'Impero Ottomano, i principali organi della pubblica opinione non hanno inteso la cosa in modo cosi assoluto, imperocchè resta dimostrato agli occhi di tutti che l'Impero Turco è divorato da una tabe pericolosa. Ma nulla potendosi mettere in sua vece, si procura di conservarlo per auanto nossibile nella sua integrità, salvo a introdurre nella sua amministrazione interna tali riforme che tolgano, almeno in parte, le cause della grave crisi che attraversiamo attualmente.

Ciò che si vuole assolutamente impedire è un ingrandimento della Russia a spese dell'Impero ottomano. Intanto il pensiero dominante dell'Inghilterra, come ebbi già più volte occasione di dirlo alla E.V. si rivolge all'Egitto sul quale Lord Salisbury ha particolarmente portato l'attenzione del Gabinetto dimostrando tutta l'importanza di quella posizione per assicurare le comunicazioni colle Indie.

In quanto alle intenzioni bellicose manifestate da Lord Beaconsfield, esse non sono che eventuali; ma è certo che, ove non si possa evitare la guerra tra la Turchia e la Russia, l'Inghilterra non rimarrà indifferente alla lotta. Prima di prendervi direttamente parte, essa occuperà alcune posizioni più importanti per assicurare i propri interessi; la sua formidabile flotta le ne porge i mezzi col sussidio delle sue truppe le quali, quantunque non numerose, sono però in quantità sufficiente a tal scopo tanto più che queste avranno sempre per appoggio la Flotta.

Qualora poi l'Inghilterra dovesse agire più apertamente ecco quale sarebbe, probabilmente, il suo progetto, come ho potuto arguirlo da una lunga conversazione che io ebbi testè con un poderoso pe·rsonaggio che gode della massima intimità di Lord Beaconsfield. Secondo questo progetto l'esercito turco mentre agirebbe su terra sarebbe sostenuto e provveduto di armi, di munizioni e di viveri dalla Flotta Inglese che sarebbe la sua base di operazioni e che occuperebbe all'occorrenza anche de' punti strategici sul litorale del Mar Nero. Si calcola che la Turchia può mettere più centinaj•e di mille uomini sotto le armi e si fa inoltre grande assegnamento sulla sua flotta che è composta di eccellenti navi corazzate. Nella sua ultima conversazione Lord Derby mi diceva che Hobart pachà, quell'inglese che da più anni sovraintende all'ordinamento di quella flotta, aveva recentemente fatto sulla Marineria Turca un rapporto nel quale egli fa i più grandi elogi dei Marinaj Turchi che egli crede non inferiori a quelli deUe altre nazioni marittime. E' vero che ingegneri, macchinisti, fuochisti, fanno ancora difetto in quella flotta, ma l'Inghilterra ha i mezzi di provvederli.

Tale è la condizione delle cose come appare oggidì in questo paese, questa situazione merita di essere avvertita, epperciò ho creduto dovere mio di ragguagliare la E.V.

(l) Non pubblicato.

557

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 104. Parigi, 12 novembre 1876 (per. il 15)

Ieri fu messo in discussione nella Camera de' Deputati il bilancio del Ministero degli Affari Esteri in Francia.

Dopo un attacco del Signor Antonin Proust contro l'organizzazione diplomatica e contro il corpo diplomatico ed una replica del Duca Decazes, fu discusso un emendamento chiedente la soppressione del credito di 100.000 franchi destinato all'assegno dell'Ambasciatore di Francia presso la Santa Sede. Se ne fece propugnatore il Signor Madier de Montjav, che condensò in un breve discorso i principali argomenti, i quali militano contro una doppia rappresentanza a Roma, ed in nome dei liberi pensatori, come di coloro che non professano la religione cattolica, chiese l'economia di una spesa senza utilità e senza compenso, contraria al diritto pubblico francese.

Non solo il Duca Decazes, ma anche il Signor Gambetta, parlarono indi in favore del mantenimento dell'Ambasciata presso la Santa Sede. Il secondo, rendendosi interprete della Commissione finanziaria, di cui è presidente, ebbe cura di dichiarare che il mantenimento dell'Ambasciata Francese presso il Papa non implicava per nulla un sentimento ostile verso l'unità del Regno d'Italia. Protestò anzi che rapporti di più in più intimi e stretti tra l'Italia e la Francia sono conformi agli interessi dei due popoli ed all'interesse generale dell'Europa. Ma quando ebbe così isolata, come egli disse, la quistione, il Signor Gambetta aggiunse: • Rimane tuttavia una quistione di conv•enienza di Governo, una quistione d'interesse francese, perocché, essendo pure liberi pensatori, come sono, non si può disconoscere, allorquando si vive in un paese che ha il passato e le eredità della Francia, che sarebbe una politica detestabile quella di non tenere gran conto, nelle relazioni della Francia coll'estero, di ciò che colla storia e colle tradizioni diplomatiche del paese, io vò chiamare la clientela cattolica della Francia nel mondo •.

Questa frase del Signor Gambetta non è invero che la ripetizione testuale di quella già pronunciata in seno dell'Assemblea nazionale dal Signor Thiers.

Nel progresso della discussione prese la parola anche uno dei più ardenti membri del partito clericale, il Signor Keller, che sembra aver afferrata con premura un'occasione attesa per censurare dalla tribuna la scelta del nuovo Ambasciatore d'Italia presso il Governo Francese. L'E. V. troverà nel rendiconto ufficiale della discussione, che qui accludo (1), la risposta che al Signor Keller diedero S. E. il Ministro degli Affari Esteri ed il Signor Gambetta.

L'emendamento fu finalmente respinto con 363 voti contro 85. Le considerazioni svolte alla tribuna dagli oppositori dell'emendamento meritavano d'esser lette e meditate, e la votazione prova quanto sarebbe per ora inutile ogni tentativo diretto a far rinunciare il Governo della Repubblica ad avere uno speciale rappresentante presso il Vaticano.

558

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 456. CostantinopoLi, 12 novembre 1876 (per. il 20).

Ieri fu giorno di gravi inquietudini a Costantinopoli. Nel mattino comparve, quasi fulmine di guerra, il telegramma portatore del discorso del Primo Ministro d'Inghilterra. • Nessuna Potenza essere parata alla guerra quanto la Gran Brettagna, 'e, se la lotta avesse ad incominciare, questa la continuerebbe sino a che abbia ottenuto giustizia •. Se il telegrafo fu fedele interprete delle parole di Lord Beaconsfield, lascio all'E. V. di giudicare dell'opportunità di gettare questo nuovo fattore in mezzo alle gravi deliberazioni cui sta attualmente attendendo il Gabinetto del Sultano. M'è infatti riferito che uno di questi Ministri, cui qualcuno additava una fila di cassoni che passavano per la via, soggiunse: • Ben più di quei cassoni ci valgono le parole pronunciate ieri da Lord Beaconsfield •.

Più tardi fui ragguagliato che undici grosse corazzate erano ite il giorno innanzi ad ancorarsi nell'alto Bosforo non lungi dall'entrata del Mar Nero. Queste corazzate hanno per uso di passare l'inverno nell'interno del Corno d'Oro, e si sono invece messe nella baia di Beicos circa 8 miglia all'ovest di Costantinopoli. E ieri Hobart Pacha si recò sul luogo affine di disporle nell'ordine dovuto. Questo Hobart Pacha è un antico ufficiale di Marina Inglese il quale corse avventure in varii paesi, ed ultimamente comandava la squadra

che incrociò durante la state nei mari Greci. M'è ri:f1erito che alcuni giorni

sono, andò a dire al Gran Vizir che se dava licenza d'operare colla flotta nel Mar Nero, prendeva l'impegno di dargli un banchetto nei saloni Imperiali di Livadia nel termine di quindici giorni. Però mi meravigliarebbe assai se i Russi non avessero a quest'ora munito di buone torpedini l'entrata di quei porti. L'Ambasciatore di Russia domandava ieri al Gran Vizir quale fosse il significato di questo movimento della squadra turca, cui Sua Altezza rispondeva le voci dei preparativi che la Russia stava facendo lungo le coste del Mar Nero rendere necessario per la Sublime Porta di prendere delle precauzioni atte a fornire qualche soddisfazione per l'opinione pubblica.

Sono in pari tempo assicurato che la Sublime Porta ha ordinato la leva e la percezione delle imposte per due anni anticipati nelle provincie limitrofe all'Impero Russo.

In giornata poi giunsero quattro Ufficiali Inglesi del Genio quali sono incaricati di visitare le posizioni che si trovano lungo il Bosforo e di farne rapporto al loro Governo. Da quanto qui s'intende parrebbe che, in caso di più gravi complicazioni, l'Inghilterra avrebbe l'intenzione di occupare militarmente Costantinopoli, nonché le più importanti posizioni lungo il Bosforo allo scopo d'impedire in ogni eventualità che esse vengano nelle mani delle forze di altre Potenze. Quest'occupazione Inglese avrebbe, se non altro, il vantaggio immediato di garantire la pubblica sicurezza in queste parti.

E mi venne testè riferito da buona fonte che otto Ufficiali Inglesi sarebbero nei giorni scorsi comparsi ad Erzerum e vi avrebbero prodo·tto qualche commozione.

Io vidi in giornata i miei Colleghi di Russia e d'Inghilterra. Il primo si dimostrava dolorosamente preoccupato di questi fatti, né sapeva spiegarsi come si facessero queste dimostrazioni di guerra mentre si trovava innanzi alla Porta una proposta Inglese tendente a ristabilire la pace ed alla quale avevano aderito le altre cinque Potenze Garanti. Aggiungeva la Russia non aver mosso un solo soldato in vista delle presenti difficoltà; le presenti provocazioni potrebbero costringere il Governo Imperiale ad aumentare fino d'ora le sue guarnigioni del mezzogiorno, imperocché è noto che a stagione più avanzata in conseguenza degli uragani di neve che imperversano nell'interno dell'Impero, le comunicazioni anche per via ferrata diventano oltremodo difficili e precarie.

L'Ambasciatore d'Inghilterra era calmo e confidente. Né mi farò ad indagare da quali sentimenti fossero ispirate questa calma e questa confidenza.

E frattanto la Sublime Porta indugia a rispondere alla proposta di conferenza. I·eri ancora il Gran Vizir presentava le note obbiezioni all'Ambasciatore di Russia, aggiungendo i progetti delle Potenze Garanti costituire una violazione del Trattato di Parigi; conchiudeva si pl."'enderebbe probabilmente una risoluzione definitiva in proposito nel Consiglio de' Ministri dell'indomani. Ma so d'altra parte che Musurus Pacha avendo ieri comunicato a Lord Derby le osservazioni di cui fe·ci menzione nel mio rapporto del 10 corrente n. 454 (1), Sua Signoria rispondevagli essere dispiacente che la Sublime Porta facesse delle obbiezioni alla proposta di conferenza, risponderebbe per iscritto. Qui non si

prenderà dunque alcuna risoluzione definitiva fino a che sia conosciuta questa risposta. Delle predette cose io ebbi l'onore di dare oggi un sunto telegrafico all'E. V. (1).

(l) Non si pubblica.

(l) Non pubblicato.

559

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 457. Costantinopoli, 13 novembre 1876 (per. il 20).

L'E. V. conosce come il Marchese di Salisbury sia stato destinato dal Governo Britannico ad esercitare le funzioni d'Ambasciatore straordinario alla Conilerenza che deve riunirsi a Costantinopoli per istabilire le condizioni di pace. E già dissi come, essendo egli membro del Gabinetto, vi assumerebbe la direzione e la responsabilità dell'azione Inglese. Ed ora s'intende che Sua Signoria si prepara senz'altro a dirigersi alla volta di Costantinopoli; e d'altra parte m'è riferito che il Conte di Bourgoing e il Signor Chaudordy si porranno in cammino domani; le quali cose faranno credere che i Gabinetti sieno d'avviso di procedere alla riunione della Conferenza nonostante e qualunque siano le obbiezioni sollevate dalla Sublime Porta. La Conferenza potrebbe dunque radunarsi fra non molti giorni, epperò mi sembra opportuno di far qualche parola delle posizioni che vi saranno rispettivamente occupate dai Rappresentanti delle Potenze Garanti. M'è riferito in proposito in modo eminentemente confidenziale che il Marchese di Salisbury, dopo aver ricevuto l'incarico predetto, volle abboccarsi col Conte Schouvalow, e gli domandò se non potevasi stabilire tra di essi una preliminare intelligenza sulle basi della conferenza. Il Conte Schouvalow faceva una risposta evasiva, e chiedeva senz'indugio istruzioni al suo Governo. Il Principe Gortchakow gli rispondeva non avesse ad entrare in ispiegazioni di sorta col Marchese di Salisbury, e lasciasse che egli si intendesse a Costantinopoli col Generale Ignatiew. Se si considera d'altra parte la posizione che la Russia e l'Inghilterra occupano nella questione d'Oriente, la parte da esse presa negli ultimi negoziati, l'attitudine attualmente assunta, non si può a meno di trarne la conseguenza che, soprattutto nei primordi, la somma dell'azione sarà concentrata nelle mani del Generale Ignatiew e di Lord Salisbury, e si comincierà di fatto per assistere ad uno scontro tra questi due personaggi. Lord Salisbury ha reputazione d'uomo di Stato vivo ed energico, tanto che il Generale Ignatiew mi domandava se trovandosi essi rivestiti di tanta responsabilità, non si correva il pericolo di provocare una rottura tra i due Stati. Cui soggiungevo: • oppure la sorte di comporre tra voi tutte le difficoltà pendenti •. L'E. V. sarà perfettamente ragguagliata d'altra parte delle disposizioni degli altri Governi rispetto alla Conferenza. L'Ambasciatore Austro-Ungarico si è tenuto in qualche riserva dopo l'arrivo del Generale Ignatiew. Né dubito

che egli seguirà nella conferenza una condotta prudente e tale da non compromettere il suo Governo in conflitti da cui rifuggono tutti quelli che desiderano

il bene e la prosperità dell'Impero. L'Ambasciatore di Germania sarà sempre coi suoi due Colleghi Imperiali; però egli come quello di Austria-Ungheria hanno già avuto l'ordine dai rispettivi Governi di prendere sempre ad referendum tutte quelle proposte che fossero di qualche importanza. Né dubito che nei primi tempi questi due Ambasciatori, nonché gli altri rappresentanti avranno ad armeggiarsi abilmente affine· di lasciare il campo libero ai due principali antagonisti. Ed aggiungerò che dalla possibilità di un accordo tra questi dipenderà in gran parte la soluzione pacifica della questione d'Oriente.

(l) Non pubblicato.

560

IL SENATORE SCIALOJA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

L.P. Cairo, 13 novembre 1876.

La storia di questi ultimi tempi è così oscura ed imbrogliata che non mi ci l'accapezzo bene.

Sapete dunque già la condotta verso di me e del de Martino così del Console Generale di Francia come dei Signori Goschen e Joubert. Comincio quindi da un punto che non so se vi è noto, ed è questo: il Vicerè quando quei Signori ebbero faHo intendere che non volevano trattare col Ministro delle Finanze caduto, mi dimandò che francamente io gli dicessi se giudicavo conveniente di accettare io l'incarico ch'egli mi avrebbe affidato di trattare io in suo nome, invec.e del Ministro delle Finanze. Io gli risposi francamente che io reputava meglio tenermi fuori delle negoziazioni del tanto e del quanto, acciocché avessi più liberamente potuto profferire il mio avviso nel caso di discrepanze. Egli intese perfettamente la cosa; e ringraziandomi della mia esplicita risposta, mi chiese avviso sulla scelta della persona più atta a quell'incarico, che a me parve dover essere un suo ministro e specialmente Cherif-pascià.

Io rifiutai l'incarico sì per la ragione detta, e si perché veramente, avendo alle spalle quell'odiato Ministro delle Finanze, non avrei voluto assumere come mie le informazioni di fatti e la verità di cifre fornite da lui; né in modo alcuno farne le veci. Oltre di che la mia speciale condizione richiedeva che mi tenessi in una sfera più elevata e più pura.

Il Viceré pertanto mi comunicava, perché li esaminassi, tutti gli specchi che sulla dimanda de' negoziatori faceva compilare e loro inviava: ed io non ho mai tralasciato alcuna opportunità per consigliarlo di non essere punto restio nell'esporre la v•era condizione delle cose, per deplorabile che fosse.

Intanto quei Signori, quantunque si comportassero verso di noi senza alcun riguardo di civiltà personale né internazionale lagnavansi con tutti che la Cassa di Ammortamento non aveva fatto il suo debito, e che il Consiglio del Tesoro non aveva fatto nulla per garentire gli interessi de' creditori conformemente al decreto di unificazione di maggio. È strano richiedere da istituzioni così fresche: una delle quali, il Consiglio, non ancora costituito ha potuto esserlo appena verso la fine di Ottobre -facessero mirabilia in pochi mesi. Ciò non ostante han potuto vedere come la Cassa giovandosi di quegli articoli che per effetto del mio arbitramento furono introdotti nel suo regolamento organico, ha potuto ultimamente ottenere da' tribunali il sequestro

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di alcune delle rendite affette, e dal Governo il versamento delle altre, che si va in questi giorni rapidamente compiendo; e quanto al Consiglio, la sua vera funzione non può incominciare che col bilancio del prossimo anno 1877, come è facile ad intendersi. In ogni modo que' Signori tenendosi quanto al resto in gran riserbo, presentarono il Joro disegno di accordi il 2 novembre. Il domani, cioè il 3, il Viceré mi mandò a casa uno de' suoi più discreti maestri di cerimonia a dirmi che alle ore 3 pomeridiane desiderava parlarmi, ma che mi fossi recato per vederlo al palazzo d'Ismailia, ora disabitato, dove lui sarebbesi a bella posta recato. Questo mistero cominciò a :llarmi comprendere che c'era del torbido. Difatto alle 3 recossi ad Ismailia solo, e mi narrò che uscendo da Abdin non aveva presa ,la via diretta, ma fatto un giro tortuoso, acciocché non ispiassero dove egli recavasi. Mi mostrò la lettera con la quale que' Signori comunicavano le loro proposte; ma non mi fece leggere i progetti speciali che a quella lettera ,erano annessi, per isviluppare i varii punti dell'accordo, fuorché uno, cioè, il progetto di nominare due così detti controLlori, uno francese e l'altro inglese, uno per l'entrate, l'altro per le spese. Secondo la loro proposta questi dovrebbero essere i ministri di questi due rami della Finanza, senza avere al di sopra di loro se non il solo Viceré. Essi amministrerebbero, nominerebbero gli impiegati, e nel tempo stesso farebbero il controllo dell'entrate e delle spese. Questa parte era copiata dal decreto organico del Consiglio supremo, con un'aggiunta cioè, che questi due unitamente ad un terzo a cui si darebbe il nome di ministro delle Finanze, sol perché dovrebbe l o assegnare nel bilancio le somme a' vari servizi dello Stato, che qui sono tutti amministrati dalla Finanza, 'eccetto quelli della Guerra; 2° votare insieme con essi il bilancio, in modo definitivo, e senza esame di altro potere; 3° sottoporlo alla sanzione del Viceré che non potrebbe mutarne il contenuto.

Pare impossibile che uomini di Corte abbiano potuto immaginare una macchina con queste due ruote onnipotenti, e credere che la risoluzione, l'azione, ed il controllo potessero affidarsi ad una medesima persona senza inconvenienti, come se il Francese e l'Inglese delegati a venir qui fossero due esseri angelici ed incapaci di venir meno a' loro doveri. In ogni modo la proposta conteneva la condizione che que' due ministri controllori dovrebbero essere nominati sulla designazione che farebbero delle loro persone i rispettivi governi, ovvero i governatori delle Banche di Francia ,e d'Inghilterra. È chiaro che questa alternativa era ideata per rendere meno spiccata e meno evidente la prova che quel progetto era autorizzato se non ispirato dal governo francese e dall'inglese. Un',altra parte del progetto parlava dell'amministrazione autonoma da crearsi per le Ferrovie con esclusivo impiego di due inglesi ed un francese alla direzione.

Il Viceré mi notò che la proposta equivaleva ad un intervento diretto sul Governo; ch'essa faceva nettamente comprendergli come erano false le proteste che i governi non avevano parte nelle trattative di que' Signori; e rilevando come la forma data a detta proposta implicava nettamente l'abolizione del Consiglio supremo, mi disse con una delle sue solite spacconate, che non avrebbe punto ceduto e anzi avrebbe fatto e detto per sostenerlo. Chieremi perciò una nota delle attribuzioni del Consiglio, e dell'efficacia della loro applicazione: che gli mandai la sera stessa.

In tutto questo non trovo alcuna cosa che mostri intenzione nel Viceré di escluderci dalla legittima influenza, che avevamo. Però il contegno di que' Signori che facendo una proposta tanto diretta ad escluderci, l'avevano fatta precedere da una condotta sospettosa ed incivile verso di noi; la riserva del Viceré nel non mostrarmi le altre proposte, mentre che ne' giorni andati mi aveva comunicato tutte le voci correnti e .tutti i suoi sospetti; il misterioso abboccamento di Ismailia perché non si sapesse di aver lui conferito con me, saranno indizii manifesti che non si era a lui celato il desiderio di que' Signori di tenerci fuori, ed il loro proposito di metterei alla porta senza strepito.

Il perché di questo proposito non si scorge chiaro : ma si comprenderà più tardi.

Io però trovandomi a fronte della probabilità di veder da un giorno all'altro pubblicato un accordo, che avrebbe messo me alla porta, nell'atto stesso che avrebbe sancito l'esclusione della nostra influenza, non potevo esitare un istante ad uscire da tanto pericolo. Avendo da fare con persone d'altra tempra, avrei potuto confidare d'esserne prevenuto a tempo. Ma i turchi pur d'avere un vantaggio o di sottrarsi ad una noia calpesterebbero con indifferenza i cadaveri de' loro padri. Mandai quindi la mia dimissione. Dissi che la prossima apertura del Parlamento, ed il rinnovamento de' partiti, che sarebbe uscito dalle nuove elezioni, facevano desiderarmi di tornare in patria. D1altronde avendo già condotte le cose del Consiglio sino al punto di averlo quasi interamente organizzato, io crede·vo che la mia missione potesse senza inconvenienti dichiararsi terminata, se egli mi prometteva di accogliere la mia domanda di congedo. Soggiunsi che pregavo Iddio di salvare l'Egitto da pubbliche calamità, tra le quali contavo i cattivi consigU e le cattive influenze: terminai raccomandando l'attuazione larga e coscienziosa di riforme ardite savie e spontanee, conformemente ai miei costanti suggerimenti. De Martino era ad Alessandria pe·r incontrare la moglie. Lo pregai per telegrafo di venire; e poiché egli doveva vedere il Viceré per altri affari, mandai per mezzo suo la lettera. In altro tempo l'avrei recata io medesimo: ma il desiderio mostratomi dal Viceré di non vederlo ad Abdin in quei giorni, sino al punto di andar lui segretamente ad Ismailia per incontrarmi, mi fece prescegliere l'invio. Aggiunsi a voce al de Martino che dichiarasse al Viceré che la vera ragione che mi moveva a dimandargli il permesso di ritirarmi era la proposta fatta da que' Signori a nostra insaputa, ed in modo che faceva intendere la nostra esclusione. Io intendeva ritirandomi las'Ciar lui libero di cedere, senza volermi esporre ad uno scacco. Il Viceré parve colpito dalla mia risoluzione, se ne mostrò col de Martino rammaricato; ma intanto gli fece intendere che avrebbe accettato la dimissione rispondendo il dì seguente. Gli chiese pure chi credeva che potesse succedermi. Prevedendo la qual cosa io aveva detto al de Martino, che dichiarasse da parte mia, come avendo affetto alla istituzione, io pensava che ·egli per salvarla avrebbe potuto nominare un inglese, nel qual caso il mio successore mi pareva poter essere il Signor Romaine. Questa duplice accettazione del Viceré è una evidentissima riprova che per lui non era le intenzioni di quei Signori, le quali sono il riflesso di quelle dei loro governi, erano di riuscire a darci il gambetto prima che ce ne accorgessimo. Il fatto sta che la dimissione scritta da me il 4, fu recata dal Viceré la mattina del 5 alle ore 10. Intanto il sei nessuna risposta. Io fui quindi a vedere in sua casa (dove del resto è difficile che s'incontri in questi giorni) lo Cherif, ed ero per esporgli i veri motivi della mia dimissione, quand'egli prevenendomi e colmandomi di lodi, mi dichiarò ch'egli avrebbe fatto altrettanto se fosse stato al mio posto. Gli pareva soprattutto un tratto di grande delicatezza quello di essermi ritirato, per eliminare ogni imbarazzo che la mia presenza avrebbe potuto offrire al Governo nel discutere le proposte.

'1.1enni queste dichiarazioni amichevoli come un suggello dell'essermi io bene apposto. Il Viceré mi av,eva fatto intendere che desiderava parlarmi prima di rispondermi.

Fui difatti a vederlo il dì seguente. Mi accolse con la solita amorevo1ezza ed espansione. Gli spiegai di nuovo la vera ragione della mia dimissione. Battè la campagna dell'imbarazzo che io intendeva evitargli, dicendo che il vero imbarazzo sarebbe stato il trovar persona che potesse avere l'insieme delle mie qualità ecc. ecc. Ma si diffuse molto sopra un punto, e fu quello di consigliarmi di non vedere que' Signori per lagnarmi con essi della loro condotta, cosa ch'io gli aveva lasciato intendere nel mio discorso. Questo consiglio ripetuto ed insistente molto egli appoggiò principalmente sulla mia propria dignità, ecc. 'ecc.

La nostra conversazione non giunse a nessun punto conclusivo. Sicché io tornai a casa, senza avere inteso se la mia dimissione sarebbe stata accettata

o respinta. Credo ch'egli medesimo in quel giorno fosse ancora sospeso.

Ma la sera del giorno seguente mi scrisse una lettera piena di espressioni amichevoli, di ringraziamenti accettando la mia dimanda. Contemporaneamente nominò il Romaine.

Il domani la notizia dispiacque grandemente a que' Signori: i quali dissero apertamente che questo procedere del Viceré faceva intendere che essi volevano escludere me, il che non era nelle loro intenzioni. Però né essi né l'incivilissimo Console Francese si sono punto spiegati con noi.

Aggiungete che e prima e dopo di quest'accettazione il de Blignieres, commissario della Cassa, e che sta dentro nell'intrigo, ha fatto quanto era in lui contro di noi e contro del Consiglio, e perché uomo che non manca di abilità, ha tirato dalla sua il Kramer, e sino ad un certo punto (il dico con mio grandissimo dolore) anche il Baravelli. In effetto non solo come Consigliere del Tesoro cercarono di metter me nell'imbarazzo, in modo assai patente; ma alla prima convocazione del Romaine ricusarono d'intervenire, sollevando una quistione d'incompatibilità. Il Baravelli, da me ammonito con tuono amichevole, non si associò apertamente con essi, ma non rispose alla chiamata, e così resero impossibile l'adunanza.

Questa guerra ordita da Blignieres è uno dei mezzi adoperati dai Francesi per combattere il Consiglio. Quanto al Baravelli credo che sia pentito; ma fu trascinato dalla vanità che il Blignieres sa in lui suscitare per tirarlo dalla sua. In ogni modo non sarà male che per mezzo del Console gli si faccia sentire che in fin dei conti un italiano designato dal Governo ad un'alta funzione qui, non deve dimenticare ch'è italiano, mai, come il francese non dimentica ch'è francese. Io gli sono amico e sono stato suo protettore, ma il rispetto del proprio paese e il sentimento dello Stato nostro all'estero domina in me ogni altro affetto.

Sinora le cose sono in sospeso.

L'improvvisa cacciata del Ministro delle Finanze. Il modo strano dell'avvenimento. Il suo esilio, che dà luogo a sospetti e voci anche più gravi sulla sua sovte, hanno arrecato un momento di sosta. Pur dicesi che stasera saranno condotte a termine le trattazioni. Sul punto principale per noi, silenzio e mistero.

Ho scritto e sarà stampata oggi una mia lettera nella quale rispondo alla domanda: • che cosa ha fatto il Consiglio •. Cercando que' Signori di ripeterla e· farla ripetere spesso, ed essendo qui la nostra Colonia un gregge ignorante.

Il vostro pensiero di chiedere l'esecuzione della sentenza è ingegnoso.

Quei Signori credono far tutto senza e contro noi. Sarebbe utile provar loro che fecero i conti senza l'oste. Ma Carpi è costì, egli è zio di una giovane che in questi giorni deve sposare un figlio del Comm. Padoa capo di divisione dell'Istruzione pubblica. Il suo credito non è grande. Il Caprara è un cointeressato con caduto ministro e col Viceré. Altre sentenze non vi sono per ora da eseguire. Però se questi signori modificano il decreto 7 maggio con un accordo: questo non può comprendere i non consenzienti, né può dare al decreto modificato una forza che non aveva, ancorché seguito da un altro decreto. Occorrerebbe trovar altri creditori che volessero agire giudiziariamente. Credo che Altieri ha de' boni, ed altri stabilimenti devono anche possederne.

Costoro potrebbero fare un buon affare, cioè esser pagati per intero.

Io penso che anche il denaro raccolto nella Cassa d'ammortamento potrebbe essere sequestrato. Perciocché le rendite ivi versate non sono proprio ipotecate in modo legale; hanno quella destinazione speciale e non altro. Questa non può bastare a sottrarle dall'obbligo di rispondere ai crediti de' dissidenti. Un sequestro alla Cassa d'Ammortizzazione farebbe un ,effetto gravissimo; e dovrebbe mettere questi Signori ed il Governo Egiziano in una imbarazzantissima situazione, anche dopo aver conchiuso il nuovo accordo.

lo aspetto ansiosissimo vostri consigli •e vostre istruzioni.

Ma sono le due circa. Se non ispedisco la lettera rimarrà in posta.

Non posso neppure rileggerla.

561

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

T. 754. Roma, 14 novembre 1876, ore 0,15

On assure aujourd'hui que c'est le cardinal Simeoni, nonce à Madrid, qui a été nommé secrétaire d'état. Quant à l'envoi d'un deuxième plénipotentiaire à la conférence de Costantinople, je n'ai pris encore aucune décision

définitive. Mais très-probablement nous imiterons l'Allemagne et la Russie, qui n'auront qu'un seul plénipotentiaire. J'ai lieu de croire que l'Autriche en fera de meme. On m'annonce, en effet, de Vienne que l'on se bornera à envoyer à Constantinople un fonctionnaire du ministère des affaires étrangères pour assister le comte Zichy.

562

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 126. Madrid, 14 novembre 1876 (per. il 19).

La morte di S.A.R. la Duchessa di Aosta produsse in tutti i ranghi della società di Madrid, senza distinzione di partito, una inattesa e profonda sensazione di dolore. Per iniziativa della Signora Contessa di Almina, già dama di onore della rimpianta Principessa, si tenne 1'11 corrente una funzione funebre nella Chiesa di San Giuseppe, funzione modestissima ed in forma privata, alla quale però prese parte una moltitudine che si spingeva ansiosa ed addolorata nei pressi della Chiesa. All'invero sarebbe ,troppo tediare l'E. V. l'esporle i nomi delle notabilità politiche accorse, e mi limito quindi alle seguenti che mi furono vicine: Maresciallo Duca Della Torre, Ulloa, Sagasta, Moret, Generale Gandara, Romero Ortiz, Montero Rios, Albareda, Duca di

Veragua (discendente di Cristoforo Colombo) Benifayò, Prim Duca di Castillejo, Gonzales Venancio, Marchese di Rascon, Angulo ecc. Lo stesso Castelar, benché tardi sopraggiunto, pvesenziò la commovente cerimonia. Il più gran numero di costoro accorreva per obbedire ad un sincero sentimento d'affetto e di riconoscenza, altri v'erano chiamati dal rimorso, come i radicali, per essere essi stati la cagione della precipitata partenza della famiglia Reale, partenza che fu di tanto danno alla salute della nostra Principessa.

Mi si assicura che altri onori funebri saranno tributati alla augusta defunta; tra questi savebbervi quelli iniziati dalla Società delle lavandaje da essa tanto beneficata. Queste pietose operaje già disposero per l'invio di una ricca corona da deporsi sulla recente tomba. I radicali terranno essi pure domani una cerimonia funebre nella Chiesa di Sant'Isidro, chiassosa però, e che avrà maggior sembiante di manifestazione politica anziché di riverente tributo alla memoria dell'illustre estinta. A questa mi rifiutai di assistere, ed a coloro che vennero ad interrogarmi risposi dissuadendoli, facendo loro osservare che operando così, urtavano senza alcun dubbio, l'intimo sentimento dello sconsolato Principe, il quale certamente non vorrebbe che la tomba della amata estinta servisse a ravvivare le passioni politiche. Gli Italiani domiciliati a Madrid avrebbero parimente espresso il desiderio di iniziare onori funebri, ai quali, nel caso, mi farei dovere di assistere.

L'annunzio fatto dai giornali, eccetto quelli direttamente sottoposti al

Governo, ricorda il nome dell'Augusta defunta facendolo seguire della qualificazione que fué Reilna de Espafia. Né il Governo poté nulla eccepire, stanteché nella genealogia delle famiglie Sovrane inserita nella guida ufficiale del Regno la Duchessa d'Aosta è cosi designata, Con tutto ciò il Governo segue con occhio sospettoso queste manifestazioni di affetto e di riconoscenza. Cosi mandò un ispettore di polizia alla Chiesa di San Giuseppe per informarsi presso il parroco quale forma avrebbero le esequie che stavano per essere celebrate. Mi si disse che volle del pari porre ostacolo a quelle che le lavandaje decisero di iniziare. Fu egualmente biasimata l'assenza dagli onori funebri nella Chiesa di San Giuseppe di quelli .tra i presenti Ministri che lo furono anche al tempo del Re Amedeo. Il Re Alfonso per lo contrario avrebbe manifestato ben diversi sentimenti, desiderando trovare opportuna occasione di farli pubblici.

In questi giorni ricevetti centinaja di carte da visita, lettere, poesie ecc., delle quali cose farò parte al Marchese Dragonetti acciò le ponga sotto gli occhi di S.A.R. il Principe Amedeo. Molti dei miei colleghi mi espressero le loro affettuose condoglianze, e faccio speciale menzione dei Ministri di Portogallo, Svezia, Inghilterra, Germania e Russia, che vennere in persona ad esprimerle. I giornali tutti con maggiore o minore effusione concordemente espressero il pubblico cordoglio per questa amara perdita e tesserono tutti elogi della defunta principessa, che fu per cosi dire la madre di Madrid.

Le manifestazioni di lutto si estendono anche alle provincie; cosi a Valenza, Barcellona, Saragozza si celebrarono funebri onori. Né qui debbono arrestarsi le espressioni del pubblico dolore, ma sembra predisporsene una assai solenne, essendo alcuni deputati intenzionati di deporre sul Banco Presidenziale del Congresso una proposta acciò l'assemblea esprima un voto particolare di rimpianto a similitudine di quanto fu proposto ed adottato all'unanimità dalla Deputazione provinciale di Madrid in una recente seduta.

563

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI (l)

R. 44. Pietroburgo, 16 novembre 1876 (per. il 22).

Mi recai oggi a Tsarkoe-Selo a far visita a S. A. il Principe Gorchakow tornato recentemente da Livadia. L'oggetto principale della mia visita era di sapere dalla bocca stessa del Cancelliere se il Governo Russo aveva accettato la proposta Inglese della conferenza da tenersi in Costantinopoli e se esso vi si farebbe rappresentare da un solo o da due Plenipotenziarii. Il Principe da me interrogato in proposj,to mi disse che il Governo di Sua Maestà Imperiale aveva accettato la proposta di conferenza e che vi si farebbe rappresentare dal solo Generale Ignatieff Ambasciatore di Russia presso il Sultano. Ho avuto cura di mandare questa informazione all'E. V. in via telegrafica in

risposta al di Lei telegramma dell'77 corrénte (l) confermando così quanto io Le aveva di già telegrafato precedentemente in seguito alla risposta datami dal Signor de Giers jeri l'altro intorno al medesimo argomento.

Trovandomi col Principe Gortchakow ho naturalmente approfittato della occasione per indagare le opinioni e le intenzioni di Sua Altezza intorno all'esito della crisi per la quale le Grandi Potenze Europee stanno per riunirsi in Conferenza a Costantinopoli.

Ammessa la riunione della Conferenza il programma positivo da esaminarsi in seno ad essa comporta due principali questioni, o per meglio dire due serie successive di questioni. Si tratta cioè in primo luogo di determinare quali misure amministrative finanziarie ed anche politiche, convenga di introdurre nelle Provincie Turche di Bosnia ed Erzegovina e di Bulgaria. In secondo luogo ammesso che la Conferenza sia concorde nel risolvere l'adozione delle misure suddette, si tratta di sapere quali possano essere le guarentigie efficaci di esecuzione sulle quali il Gabinetto di Pietroburgo insiste in modo speciale.

Intorno alla prima questione il Principe Gortchakow mi disse che non credeva opportuno né praticamente utile di impegnarsi fin d'ora in una ricerca particolareggiata delle misure da applicarsi alle provincie slave della Turchia, pregiudicando così l'opera della Conferenza. I Rappresentanti delle Grandi Potenze, disse Sua Altezza, nelle riunioni preliminari che terranno a Costantinopoli potranno esporre le idee dei loro Governi rispettivi e la Russia per parte sua non mancherà di esporre nettamente le sue convinzioni su questo argomento.

Intorno alla seconda questione quella cioè delle guarentigie il Principe Cancelliere mi disse che l'intenzione dell'Imperatore Alessandro e del suo governo era che queste dovessero essere reali e veramente efficaci. Questa risposta essendomi parsa troppo generica, presi la libertà d'insistere per averne una più precisa e domandai a Sua Altezza se per guarentigie reali intendeva un'occupazione militare, un intervento armato per parte d'una o più Potenze nelle provincie Slave della Turchia. Il Principe Gortchakow convenne che tale difatti era la sua opinione· e quella del Governo Imperiale. Sua Altezza continuando su questo argomento, soggiunse che il Governo di Sua Maestà Imperiale ammetteva che a questo intervento potessero pure partecipare le altre Potenze e così per esempio che l'Austria intervenisse in Bosnia e che le flotte degli altri Stati intervenissero nelle acque del Bosforo; che ammetteva egualmente ed anzi desiderava che ·l'occupazione fosse consentita dalle Potenze stesse e che per parte sua la Russia era pronta ad intervenire come mandataria della Con:tlerenza. Ma non esitò ad affermare che anche in caso di astensione o di mancato accordo d'altre Potenze la Russia era decisa ad agire e ad intervenire da sola. Però sua Altezza volle anche questa volta darmi l'assicurazione formale che Sua Maestà lo Czar ed il suo Governo respingono nel modo il più assoluto ogni idea di annessione all'Impero Russo delle provincie Slave della Turchia. Quanto poi alla supposizione che la Russia abbia l'intenzione anche lontana di impadronirsi di Costantinopoli il Principe Cancelliere valendosi d'una frase che adoperò in una

sua recente lettera al Conte Schouvalow a Londra, la qualificò di mito politico, rigettandola come immeritevole di seria discussione per parte d'uomini di Stato.

* Da questa conversazione risulta evidente quello che già non lasciavano in dubbio il discorso dell'Imperatore a Mosca e la più recente circolare del Principe Gortchakow, cioè che il Gabinetto di Pietroburgo è deciso all'occupazione del territorio Turco entro limiti che non potrei determinare ,fin da ora e che forse non sono ancora ben fissati nel pensiero stesso del Governo Russo; e che questa occupazione sarà eseguita anche all'infuori di un accordo generale delLe Grandi Potenze, benché si preferisca che tale accordo possa risultare dalle Conferenze di Costantinopoli.

Lo stato della crisi presente, quale emerge dall'attitudine risoluta presa ultimamente dal Governo Russo non lascierebbe quindi luogo che alle seguenti possibili, benché non tutte probabili, eventualità:

Occupazione mista per parte delle Grandi Potenze. Occupazione Austro-Russa. Occupazione Russa.

Quest'ultima potrebbe prodursi: Per mandato delle Potenze riunite in Conferenza, Ovvero col semplice consenso o non dissenso di esse o di alcuna di esse,

o finalmente malgrado il dissenso di una o più Potenze.

Ognuna di queste possibilità comporterebbe poi ancora un esito diverso secondo le diverse risoluzioni a cui potrebbe appigliarsi il Governo Ottomano.

Non vorrei inchiudere in una indicazione, di semplici ipotesi la previsione di un'occupazione fatta contro una formale opposizione per parte di qualcheduna delle Grandi Potenze. In altri termini non vorrei prevedere inopportunamente la possibilità di un conflitto non solamente Russo-Turco, ma europeo*.

Questa possibilità sarà giova sperare eliminata per l'opera della futura Conferenza ed è in ogni caso allontanata in seguito alla dichiarazione ultimamente rinnovata dall'Imperatore Alessandro e dal suo Governo colla quale è respinta ogni idea d'annessione di provincie Turche all'Impero Russo, dichiarazione che fu fatta più specialmente all'Inghilterra e che fu consegnata in un rapporto di Lord Loftus che rende conto di una conversazione avuta da Sua Signoria coll'Imperatore a Livadia ,ed in una lettera diretta dal Principe Gortchakow al Conte Schouvalow in Londra.

In attesa di quelle ulteriori istruzioni che piacerà all'E. V. di mandarmi, io vegolerò intanto il mio linguaggio rispetto alle misure da esaminarsi nella futura Conferenza secondo le istruzioni che l'E. V. inviò al R. Ministro a Costantinopoli e delle quali Ella mi trasmise copia col suo pregiato dispaccio del 9 corrente N. 52 di questa serie (1).

La ringrazio poi di quest'ultimo dispaccio nonché del precedente dell'B Novembre n. 37 (l) col quale l'E. V. m'inviò copia delle note scambiate fra il R. Ministero e l'Ambasciata Bri,rt;tannica in Roma relativamente alla proposta della riunione della Confevenza a Costantinopoli.

ALLEGATO.

ANNESSO CIFRATO.

Go!'tchakoff m'a dit que l'Empereur Alexandre attend des lettres autrographes des Empereurs d'Allemagne et d'Autriche. Autant que j'ai pu savoir il est probable que ·ces lettres porteront le consentiment de ces deux Cours à l'occupation russe de la Bulgarie.

(l) Edito, ad eccezione del brano tra asterischi, in LV 22, pp. 480-481.

(l) Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

564

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 568. Vienna, 16 novembre 1876 (per. il 22).

Avendo riletto il rapporto del 17 scorso mese N. 550 (1), col quale riferiva all'E. V. la conversazione da me avuta col Conte Andrassy intorno ai pretesi intendimenti annessionisti dell'Italia, ebbi ad accorgermi d'aver omesso un incidente di quella discussione che parmi non sia senza importanza. Ecco il fatto: Nel mio rappovto del 9 Agosto di quest'anno n. 521 (2) riferiva all'E. V. il colloquio che incidentalmente mi era stato dato avere col Conte Andrassy ad un pranzo a Schonbrunn nella quale circostanza S.E. dopo molte altre cose dicevami:

• Si, lo statu quo per intanto, ma come vi ho già detto, nessuno più può coscenziosamente ritenere possibile che l'attuale stato di cose possa ancora durare a lungo in Oriente; l'essenziale si è di prolungare l'esistenza per alquanto, cioè fino al giorno in cui ci porremo a tavola per mangiarne ognuno un pezzo ... ! •. Al che io rispondevo senza esitare • ritener pericolosissimo quel convito al quale Egli accennava, poiché l'appetito sarebbe venuto ai convitati mangiando, e che difficile sarebbe stato saziarli tutti •.

Or bene nel corso della discussione del 16 Ottobre il Conte mi ricordò quelle mie parole dicendomi averlo esse fortemente impressionato fin d'allora, poiché a suo dire esse ponevano in rilievo le nostre intenzioni annessioniste, che infatti quanto ebbe a succedere dopo venne a chiaramente confermare. Stranissima argomentazione questa. Come ci si vorrebbe appuntare di nutrire appetiti disordinati, basandosi sul fatto che abbiamo mostrato ripugnanza ad assiderci ad un banchetto a cui ci si voleva convitare? A me pare che miglior prova della nostra assoluta avversione a trarre in campo questioni territoriali, non avrei potuto darla in quella circostanza.

Evidentemente non ebbi a spendere molte parole, onde porre in sodo questo punto di vista che parmi chiaro come il sole. Ho luogo di credere che Il Conte Andrassy si persuase Lui stesso che l'argomento da Lui tratto in

l2) Cfr. n. 314

campo non era favorevole alla sua .tesi; ma non volle però convenirne, e qui ri:.-,pose che ad ogni modo fermo restava nel principio che nel dargli quella risposta il 9 agosto io accarezzava secondi fini: ma la conversazione prese tosto un'altra dire·zione, e mi par molto difficile abbia altra volta a ricadere su quello speciale terreno. Ad ogni modo ho creduto bene ciò riferire all'E. V. sembra•·1domi che a nostra volta, presentandosene l'occasione, potremmo valerci di quell'episodio per combattere vittoriosamente i nuovi attacchi a cui il Gabinetto di Vienna potrebbe trascendere a nostro riguardo, impugnando la nostra perfetta lealtà.

(l) Cfr. n. 494.

565

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 759. Roma, 17 novembre 1876, ore 0,40.

Toutes les Puissances ayant officiellement adhèré à la proposition angJaise relative à la conférence il devient de plus en plus urgente que la Porte fasse connaitre son acceptation. Veuillez me dire si des démarches ont été faites dernièrement pour obtenir du Gouvernement ottoman une résolution dans ce sens et tenez-moi au courant de ce qui se passe. Lord Salisbury ne partira que la semaine prochaine et il s'arrétera à Paris, à Berlin et à Vienne. Les nouvelles de Russie sont des plus graves.

566

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1311. Costantinopoli, 17 novembre 1876, ore 10,30 (per. ore 10,25) (1).

Il a été très difficile de vaincre la répugnance de la Porte à accepter la conférence. La plus grande pression a été exercée par l'ambassadeur d'Angleterre, qui hier, a meme menacé le ministre des affaires étrangères de demander audience au Sultan. Safvet pacha lui a fai.t connaitre hier soir que la question sera définie demain en grand Conseil restreint. La réponse sera affirmative. L'ambassadeur de Russie s'est abstenu de voir les ministres pendant les derniers jours. Il témoigne sa bonne disposition de s'entendre avec l'ambassadeur d'Angleterre.

O) Sic nel registro dei telegrammi in arrivo.

567

IL MINISTRO A L'AJA, BERTINATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 139. L'Aja, 17 novembre 1876 (per. il 21).

Il Signor de Willebois, dopo aver trovato inutile, per non dir altro, il suo personale intervento sì presso questo Internunzio Apostolico, sì presso il Signor Hazeman col quale, dietro invito speciale fattogli per lettera che io lessi, ebbe una lunga conferenza, onde indurlo a rinunziar spontaneamente al .titolo di Console Pont~ficio, ed a far anzitutto scomparire l<e armi pontificie tuttora appese alla sua casa coll'Iscrizione: Consolato generale pontificio, è oramai risoluto ad agir con vigore, ed a fargli rivocare l'exequatur mercé apposita proposta da farsi al Re senza ulterior dilazione.

A quest'uopo egli mi chiese }eri, anzi mi pregò istantemente di indirizzargli una Nota ad hoc onde farsene scudo presso il Re medesimo (il solo da dover essere tuttavia persuaso, giacché tutti gli altri Ministri son d'accordo) e per combattere i maneggi clericali in senso contrario, che non mancheranno di aver luogo in questa occasione, e che lo indurranno a rassegnare il suo portafoglio qualora non riesca nel suo fermo intendimento. Dopo avere minacciato esso Hazeman colla sua lettera di ritirargli l'exequatur, qualora egli non si fosse rassegnato alla rinunzia volontaria della sua abusiva carica egli è naturale che il Willebois mandi oramai ad effetto la sua minaccia.

Le mie istruzioni non consentendomi di scrivere una Nota sul proposito senza averne il previo assenso dell'E. V. io la prego in conseguenza di accordarmelo; e le sottometto, ad ogni buon fine, l'unito progetto di Nota che io sarei disposto di indirizzare senza indugio al Signor Willebois qualora ne abbia la superiore approvazione; in difetto della quale pregherei pure l'E. V. di inviarmi quell'altra redazione, che stimerà la più acconcia all'uopo.

Siccome l'affare preme, attesoché il Willebois vorrebbe cogliere il buon momento in cui il Re si trova all'Aja per dar mano a questo negozio, oramai troppo protratto, e finirlo, così sarebbe desiderabile che io fossi informato con apposito telegramma se debbo dar corso alla mia Nota, tal qual è, oppure sospendere ogni passo sino a più ampio avviso.

Aspettando intanto qu€ille di11ezioni che ~iacerà all'E. V. d'impartirmi nella presente occorrenza...

ALLEGATO.

PROGETTO DI NOTA

Je viens de recevo·ir une nouvelle dépeche de Rome pour me demander si la position de M. Hazeman, ex-Consul pontificai à Amsterdam, p.ersiste à etre la meme que par le passé, ou si les démarches personnelles que vous vous proposiez de faire prés de lui ont réussi à lui persuader de faire disparaitre l'écusson papal avec l'inscription: Consolato generale pontificio qu'on a vu figurer jusqu'ici sw la porte de sa maison.

Le Gouvernement du Roi, animé par l'esprit de conciliation qu'H ne cesse de montrer à l'égard du Souverain Pontife, et de ses anciens fonctionnaires, au lieu de Vous proposer in limine, et d'insister ensuite, sur des mesures que les circonstances du ·cas pouvaient justifier, a préféré, déférant à Votre demande, de s'associer aux mesures conciliantes que Vous avez proposées à votre tour, à ce sujet, et par l'adoption des quelles Vous avez cru pouvo[r induire M. Hazeman à renoncer volontairement à un titre qui n'a plus raison d'etre, et qui a disparu successivement chez les différents Etats.

J'aime croire, M. le Ministre, que cette affaiire, objet de pourparlers, soit avec Vous, soit avec Votre prédecesseur, aura bientòt la solution que Vous m'avez fait espérer; de meme que j'aime à me persuader que, dans le cas contraiire, Vous aurez désormais à juger dans Votre sagesse si le moment n'est pas enfin arrivé pour proposer à l'esprit éclairé de S.M. le Roi le retrait de l'exequatur accordé à lVI. Hazeman dans d'autres circonstances, entièrement changées depuis par le fait de la cessation du Gouvernement temporel du Pape, et de la reconnaissance du Royaume d'Italie par le Gouvernement des Pays-Bas.

568

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1319. Costantinopoli, 18 novembre 1876, ore 17 (per. ore 19).

Le ministre des affaires étrangères vient de nous faive savoir offìciellement par nos drogmans que le grand conseil a décidé à l'unanimité d'accepter la Conférence. Réponse écrite contiendra probablement quelques réserves, mais de pure forme et dues plutòt à l'opinion publique. Safvet pacha sera le plénipotentiaire ottoman.

569

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, A PIETROBURGO, NIGRA, E A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI

T. 763. Roma, 18 novembre 1876, ore 24.

La Turquie a accepté la confél'ence. Réponse écrite contiendra probablement quelques réserves de pure forme. Safvet Pacha est nommé plénipotentiare pour la conférence.

570

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A WASHINGTON, BLANC

D. 19. Roma, 18 novembre 1876.

Ho Ietto con molto interesse la relazione fattami dalla S. V. Illustrissima, con rapporto del 16 ottobre scorso, N. 68 (1), dei festeggiamenti ai quali formò occasione in Filadelfia, la solenne inaugurazione del Monumento a Cristoforo Colombo. Le disposizioni prese dal Comitato ordinatore furono altrettanto savie quanto improntate al sentimento del più schietto patriottismo, ed anche la .S. V. Illustrissima ebbe, in questa circostanza, parte onorevole e degna di encomio. Né, d'altra parte, è a tacersi quanto abbia contribuito ad accrescere importanza alla solennità la p11esenza dei funzionari più elevati della Magistratura locale.

Voglia, Signo'l" Ministro, essere interprete, presso tutti quegli egregii Signori e segnatamente presso le autorità locali, del nostro compiacimento e della nostra più viva riconoscenza.

571

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

T. 764. Roma, 19 novembre 1876, ore 16,10.

Du moment uue Lord Salisbury s'arrètera à Paris, Berlin et Vienne, je crois que Chaudordy trouvera le temps de s'arrèter à Rome où je serai hereux de le voir.

572

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 47. Pietroburgo, 21 novembre 1876 (per. il 28).

Due importanti documenti diplomatici sono pubblicati oggi nella parte ufficiale del Giornale di Pietroburgo. Entrambi emanano dalla Cancelleria Russa e sono diretti al Conte Schouvalow, Ambasciatore dello Czar a Londra.

Il primo è un dispaccio ufficiale del 1917 Novembre corrente diretto dal Principe Gortchakow al Conte Schouvalow in risposta al dispaccio Inglese diretto dal Conte Derby a Lord Loftus il 30 Ottobre scorso. Il Principe Cancelliere espone anzitutto nel suo dispaccio la storia sommaria degli sforzi fatti dalla Diplomazia Russa per giungere ad una intelligenza fra le Potenze nello

scopo di por ·fine alla presente crisi orientale. La seconda parte del dispaccio espone più specialmente le idee della Russia intorno al principii generali sui quali deve essere fondata la soluzione della crisi stessa. Il Principe Gortchakow constata che in massima i due Governi di Russia e di Inghilterra concordano nello scopo e convengono che è necessario di migliorare efficacemente la sorte dei sudditi cristiani del Sultano col mezzo di riforme se·rie e pratiche assicurate da indispensabili guarentigie di esecuzione. Il disaccordo, secondo Sua Altezza, non si verifica che nei mezzi. L'Inghilterra vorrebbe conciliare lo scopo a cui si tende di accordo, colle stipulazioni del Trattato di Parigi del 1856, e specialmente colle clausole letterali re•lative all'integrità ed all'indipendenza dell'Impero Ottomano. Per contro la Russia crede queste stipulazioni inefficaci come è provato da un'infelice esperienza di venti anni. Ed in quanto alla integrità ed alla indipendenza della Turchia, il Principe Gortchakow ricorda che coll'intervento Europeo in Siria ed altrove le Grandi Potenze hanno dovuto esse stesse rinunciare a quanto poteva esservi di assoluto in questi principii. E' necessario, dice il Cancelliere, che si riconosca come l'indipendenza e l'integrità della Turchia debbano essere subordinate alle guarentigie richieste dall'umanità, dal sentimento dell'Europa cristiana e dal riposo generale. La Porta ruppe per la prima gli impegni da Lei presi nel 1856 verso i suoi sudditi Cristiani. L'Europa perciò ha il diritto ed il dovere di dettarle le condizioni sotto le quali soltanto può consentire da parte sua al mantenimento dello statu-quo politico creato dal Trattato di Parigi, e, giacchè la Turchia è incapace di adempiere a queste condizioni, l'Europa può e deve sostituirsi ad essa per assicurarne l'eseguimento. La Russia, benchè specialmente interessata considera tuttavia la questione· come avente un interesse generale che richiede l'accordo di tutte le Grandi Potenze perchè possa risolversi pacificamente.

n dispaccio si conchiude con una protesta di disinteresse per parte della Russia e ricorda le assicurazioni date precedentemente nel medesimo senso sia dal Principe Cancelliere sia da S.M. l'Imperatore Alessandro.

n secondo documento è una lettera particolare diretta dallo stesso Principe Gortchakow al Conte Schouvalow in data del 3 Novembre (22 Ottobre). Lo scopo principale di questa lette·ra si è di confutare presso il Governo Inglese l'accusa di velleità pe·r pade della Russia di annettersi territorii Turchi

o di impadronirsi di Costantinopoli.

Lo scopo poi della pubblicazione si è di dare a questa confutazione una notorietà incontestata ed illimitata. La necessità di assicurare l'opinione Europea e sopratutto l'Inglese intorno alle intenzioni disinteressate della Russia ha dovuto, nel pensiero del Principe Gortchakow, vincere le considerazioni che potevano sconsigliare come meno conveniente, la pubblicazione di un documento che ha un caraottere confidenziale e nel quale è detto per esempio che la Russia e l'Inghilterra unite potrebbero regolare le questioni Europee a loro vantaggio ed a vantaggio di tutti.

Questi due documenti confermano in sostanza quanto ebbi l'onore di riferire all'E. V. intorno alle intenzioni di questo Gabinetto Imperiale e che si possono riassumere così: Desiderio della Russia di agire d'accordo colle Grandi Potenze e quindi in via pacifica; imporre alla Turchia un cambiamento nelle condizioni dei suoi sudditi cristiani; guarentigie di esecuzione di questo cam

biamento; tali guarentigie non potendo essere date dalla Turchia doversi fornire dall'Europa; quindi (benchè non sia detto espressamente) intervento ossia occupazione europea; in mancanza d'accordo Europeo e di un intervento delle Grandi Potenze o di alcune di esse, intervento Russo solo; in ogni caso poi protesta formale e reiterata che la Russia non tende ad annessioni di territorio e che non ha mai pensato nè pensa a minacciare Costantinopoli.

Mi pregio d'unire qui il testo dei due documenti di cui è questione (1).

(l) Cfr. n. 491.

573

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, A PIETROBURGO, NIGRA, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 766. R01na, 22 novembre 1876, ore 23.

Réponse turque a été envoyée avant-hier par télégraphe à Londres où elle sera communiquée par écrit. Elle contient l'acceptation de la conférence et exprime l'espoir que 1es plénipotentiaires ne s'écarteront pas des dispositions du traité de Paris, qu'il ne sera pas porté atteinte au pouvoir souverain et que les Grandes Puissances tout en assurant un bien etre certain aux provinces, reconnaitront la valeur des réformes que 1a Sublime Porte prépare pour tout l'Empire. Veuillez m'informer de l'impression que la réponse ottomane produit sur le Gouvernement auprès du quel vous étes accrédité.

574

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1719. Berlino, 22 novembre 1876 (per. il .26).

J'ai eu l'honneur de présenter, le 10 courant, la lettre de Notre Auguste Souverain, qui m'accrédite en qualité d'Envoyé Etraordinaire et Ministre Plénipotentiaire auprès de S. M. le Roi de Wiirttemberg, et cinq jours plus tard j'ai rempli la mème formalité auprès de S.A.R. le Grand Due de Ressen. La réception faite au Représentant du Roi n'a rien laissé à désirer. A Stuttgart, comme à Darmstadt, on s'est montré très sensible à C'e que notre Cour ait eu l'aimable attention d'y conserver une représentation diplomatique.

Le 20, j'étais de retour à Berlin. Les premiers froids s'étant fait sentir, j'ai renoncé à me prévaloir de l'autorisation que V.E. avait bien voulu m'accorder pour une course à Paris, devenue en effet moins urgente en suite du deuil qui nous oblige à une retraite de quelques mois.

La nouvelle du décès de S.A.R. la Duchesse d'Aoste m'est parvenue à Stuttgart par l'entremise du Chevalier Tosi. Je vous serais très obligé, M. le Ministre, de vous rendre auprès du Roi l'interprète de mes sentiments le plus vifs de condoléance.

(l) Non si pubblicano.

575

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 131. Madrid, 22 novembre 1876 (per. il 27).

Il Cardinale Simeoni partirà entro il mese per recarsi nel Vaticano a

coprirvi il posto di Segretario di Stato. Il Governo di Spagna è assai poco

soddisfatto della scelta fatta dal Pontefice a successore del Cardinale Anto·

nelli. Il Signor Calderon Collantes mi disse oggi, confidenzialmente, che il

Cardinale Simeoni, specialmente negli ultimi tempi erasi legato al partito mo

derato ostile al presente ordine di Cose in !spagna, ciò che vale quanto dire

che egli dava il suo appoggio al partito Carlista.

Avendo io fatto osservare che riteneva il Cardinale Simeoni come assai

aderente al trono del Giovane Re, il Ministro di Stato non mi sembrò incorag

giare questa mia opinione.

A mio avviso il Cardinale Simeoni è uomo di poca levatura, facile a

lasciarsi dominwe dalle persone che lo accerchiano e nemico di tutto ciò che

pare accennare ad un progresso.

Possiede però modi affabili e tratto signorile e solo per ubbidienza al

Pontefice accettò il difficile incarico.

576

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 469. Costantinopoli, 22 novembre 1876 (per. il 28).

Ieri ho riuscito a procurarmi il testo del telegramma che il Ministro degli Affari Esteri spediva il giorno innanzi all'Ambasciatore Ottomano a Londra affine di notificare a quel Governo l'accettazione della proposta di conferenza. E delle parti principali di esso diedi immediatamente avviso telegrafico all'E. V Ne unisco la copia al presente. (l)

Da questa lettura V.E. rileverà come la Sublime Porta non metta alcuna condizione alla sua adesione, nè faccia alcuna riserva; ma essa si limiti a fare delle osservazioni e ad esprimere dei desiderii che per dir vero non mi sembrano immoderati. Che più naturale di desiderare il mantenimento dell'inte

!l) Non si pubblica.

48 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

grità e dell'indipendenza dell'Impero, e di esprimere la speranza che non si tocchi al Trattato di Parigi, e non si comprometta il prestigio dell'Autorità Imperiale? Nè più modesta poteva essere la fiducia espressa che le Grandi Potenze, mentre provvederanno al benessere d'alcune provincie, non ometteranno d'apprezzare le riforme che la Sublime Porta intenda accordare a tutto l'Impero; dimodoché potrà la conferenza deliberare sulle misure da applicarsi alle tre provincie di cui si tratta, e la Sublime Porta sarà poi Hbera d'estenderle al resto dell'Impero se io crede conveniente.

Nulla più osta dunque alla riunione della conferenza a Costantinopoli. L'arrivo del Marchese di Salisbury è annunciato pel l o dicembre; quello del Conte di Bourgoing e del Conte di Chaudordy seguirà presso a poco nel medesimo tempo, e gli altri sono pronti.

li Generale Ignatiew m'esprimeva ieri l'avviso che s'avesse a tenere un protocollo anche delle conferenze preliminari affine di evitare ogni possibile equivoco sulle risoluzioni che sarebbero prese, e suggeriva si designasse per tale ufficio il Signor Mouy, Primo Segretario dell'Ambasciata di Francia. S.E. mi diceva pure a questo proposito che nei passati giorni fu scambiata tra il Governo di Russia e quello d'Inghilterra una corrispondenza riguardo alla nomina d'un secondo Plenipotenziario. Il primo appoggiandosi alla proposta formulata da questo, per la quale era lasciata piena libertà a ciascun Governo di aggiungere o non aggiungere al residente un altro Rappresentante, dichiarava che la Russia non intendeva dare un ad latus al Generale Ignatiew nè per le conferenze preliminari, nè per le plenarie. E questi si rallegrava di siffatta determinazione allegando che le questioni a trattarsi erano sì ardue e complicate, e le relazioni personali sarebbero sì delicate, che 'temeva la presenza di persone meno pratiche della situazione potrebbe per avventura compromettere l'andamento delle cose. Gli Ambasciatori d'Austria-Ungheria e di Germania si espressero pure ripetutamente in questo senso. E la nomina del Conte di Chaudordy è qui generalmente interpretata come un modo adottato da quel Governo per procedere indi allo scambio di posto tra di esso ed H Conte di Bourgoing. L'atmosfera politica è sì carica di elettricità che la minima scintilla può fare scoppiare l'incendio.

Ho l'onore di qui annettere un articolo in cifre... (1).

577

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1717. Berlino, 22 novembre 1876 (per. il 29).

Durant mon absence de onze jours, le Chevalier Tosi avec un parfait discernement a rendu compte de la situation politique. Je n'ai donc qu'à reprendre la correspondance au point où il l'a laissée.

Dans la visite que j'ai fai-t cette après midi au Secrétaire d'Etat, il exprimait une certaine confiance sur un résultat satisfaisant des conférences qui vont s'ouvrir à Constantinople. La si.tuation s'était améliorée depuis racceptation de l'armistice. Le discours de l'Empereur Alex.andre à Moscou, la Circulaire de Son Chancelier, prouvent que le Cabinet de St. Pétersbourg se met lui-meme à la rete du mouvement en Russie, non pour lui donner une nouvelle impulsion, mais pour le diriger de manière à doubler le Cap des tempetes. La publication d'une dépeche dans laquel:le Lord Augustus Loftus rapporte les déclarations les plus explicites et les plus désintéressées du Tsar à l'effet de calmer les défìances de l'Angleterre, contribuera aussi à produire quelque apaisement dans les esprits. Tout cela arrive fort à propos, car l'oeuvre de la conférence deviendrait bien plus ardue, si ces explications préalables n'auraient pas un peu déblayé le terrain. Il faut espérer qu'elles auront exercé une heureuse influence sur le Cabinet Anglais. Le langage que le Marquis de Salisbury sera chargé de tenir ici -il est attendu ce soir, fournira quelques éclaircissements à cet égard. Tout porte à croire que personnellement du moins, vu ses convictions religieuses bien connues, il se montrera favorable à l'amélioration du sort des chrétiens dans les Provinces Slaves de la Turquie. Le Prince de Bismarck, arrivé hier de Varzin, a anticipé son retour précisément pour s'aboucher avec cet homme d'Etat anglais, un des principaux membres du parti tory et du Gouvernement de la Reine Victoria.

J'.ai dit à M. de Bulow combien je serais heureux de partager son espoir sur l'aplanissement des difficultés. Le discours prononcé par mon Roi à l'ouverture du Parlement, indiquai,t clairement que nos voeux et nos efforts ne cessaient pas de tendre à ce but. Mais je ne pouvais me défendre de concevoir quelques appréhensions. Personne ne met en doute le caractère éminemment pacifìque du Tsar. Cependant, Il a laissé entendre que Sa dignité et celle de Son Pays étaient eng:agées à aller de l'avant, tant que la Porte n'aurai·t pas accordé les garanti.es réclamées, mais jusqu'à présent défìnies d'une manière si incomplète. Comment concilier les points de vue, les arrière-pensées, si divergentes entre la Russie et l'Angleterre, en faisant meme abstraction de l'Autriche? Les armements préparés et ordonnés à St. Pétersbourg comme à Londres, préludent étrangement aux dernières tentatives de conciliation pour amener une solution défìnitive, ou tout au moins suffisante, a,fìn de prévenir de plus vastes conflits! Il serait intéressant de connaitre les instructions des diplomates désignés pour la Conférence. Se borneront-ils à l'examen de réformes proportionnées aux besoins reconnus des populations en souffrance, ou l'un ou l'autre voudra-t-il fai!'e accepter un programme plus général au risque de compliQuer davantage les choses? Cherchera-t-on à établir une di

stinction entre le rétablissement de la paix de la Turquie avec la Serbie •et le Monténégro, et la question des réformes à introduire dans les Provinces des Balkans? Quelle sera l'attitude des Plénipotentiaires relativement à la garantie d'un accord international, protocole ou traité? Le Cabinet de Berlin est-il du meme avis que nous, à savoir que l'Europe, avise entre autres, à ce que la Turquie ne modifie pas, par un système de colonisation dans les

Provinces insurgées, la proporlion des habitants chrétiens et Musulmans? J'ai ajouté que le Cabinet de Rome tiendrait à marcher d'accord avec celui de Berlin. L'appui mutuel qu'ils se preteraient ne pourrait que profiter à la cause de la paix, dont ils étaient l'un et l'autre des partisans les plus sincères.

M. de Bulow a déclaré n'etre pas à meme de s'expliquer à ce sujet, car il n'avait encore que des notions très vagues sur les dispositions des différentes Puissances, lors meme qu'elles eussent toutes déjà adhéré en principe au programme anglais qui formera la base des délibérations. Il pouvait cependant assurer dès à présent que le Gouvernement Impérial avait déjà, quant au dernier point que j'ai signalé, donné à entendre à Constantinople qu'il lui semblait, à lui aussi, juste et opportun de se prononcer contre les vues attribuées à la Turquie, de renforcer la population Musulmane dans ses Provinces d'Europe, notamment vers les frontières du Royaume Hellénique. Au reste,

S. E. a évité de me parler des directions ,transmises au Baron de Werther pour les conférences préliminaires. Je me suis donc abstenu de mon còté de m'expliquer, autrement que je ne l'ai fait sous la forme interrogative, dans le sens de l'annexe à la dépèche de V.E. N. 429 (1). J'ai seulement insisté sur l'utilité que les représentants d'Italie et d'Allemagne se concertent et agissent dans le meme sens, pour rapprocher autant que possible les vues de leur collègues et pour amener au besoin des compromis. Cette ligne de conduite me semblerait répondre aux intérets généraux de l'Europe et à nos intérets particuliers. Il nous imporle de travailler jusqu'à la demière heure à fermer autant qu'il dépend de nous la question d'Orient, si non pour toujours, -ce mot n'est pas de mise en politique, -du moins pour une cerlaine durée de temps. Le Secrétaire d'Etat m'a répondu que cette action commune étaLt en effet fort désiderable; que d'ailleurs le Cabinet de Berlin ne négligerait rien pour entretenir les meilleurs rapports avec les Puissances désireuses de sauvegarder la tranquillité générale.

Je sais par M. d'Oubril Que les instructions générales du Baron de Werther restent les memes, c'est à dire d'appuyer la Russie et l'Autriche et de se ranger de leur coté, quand elles sont d'accord; quant aux instructions spéciales, on était occupé à les rédiger. M. d'Oubril tacherait d'en connaitre les sens, sans etre nullement certain d'y réussir, vu l'extreme réserve de la Chancellerie allemande.

C'est demain que Lord Salisbury aura son entretien avec l'Empereur et le Prince de Bismarck. Ces deux hommes d'Etat s'exrimeront pour découvrir mutuellement le fond de leur pensée. Le Prince de Bismarck est trop habile jouteur pour ne pas se dérober, dans la juste mesure, aux investigations. Poussé au pied du mur, il répondra sans doute que l'Allemagne n'a d'autre but que la conservation de la paix, et à cet effet il renouvellera son engagement de soutenir le programme anglais, tel qu'il a été déjà esquissé. Mais il n'est pas à supposer qu'il se prononce déjà sur le parti qu'il adopterait dans le cas d'une rupture des négociations. Pour ce qui concerne cette éventualité, je ne puis Que me référer aux calculs de probabilités que j'ai énoncés

dans d'autres dépeches. Le Cabinet de Berlin est rivé à la Russie par un mariage forcé. Si fort qu'il soit militairement parlant, il n'a pas le choix de ses alliances, vis-à-vis d'une France qui, sur le continent, deviendrait l'arnie du premier adversaire déclaré de l'Allemagne. Dans les conjonctures actuelles, il ne se soucie de tirer l'épée, ni pour, ni contre la Russie; peut-etre meme il ne la verrait pas sans une secrète satisfaction, s'épuiser, se ruiner en hommes et en argent, dans une lutte contre les Tures et les Anglais. Alors, pour un certain nombre d'années, il serait délivré de la perspective du danger d'une alliance entre la France et la Russie, et il pourrait mieux reprendre des allures plus libres. Ce ne serait pas l'Autriche, paralysée par le régime intérieure du dualisme, qui pourrait lui susciter de graves obstacles. Si donc la guerre devait éclater prochainement à propos des affaires d'Orient, l'Allemagne garderait très vraisemblablement une attitude expectante, comme la Russie en 1870. Si, malgré ses efforts, la lutte oessait d'etre localisée et que l'Angleterre réussit à entrainer l'Autriche nommément dans son orbite, ce serait là une nouvelle phase, dans laquelle il serait malaisé à l'Allemagne de conserver la neutralité, et elle devrait alors, comme nous, aviser à prendre position au mi,eux de ses intérets. Espérons encore que les choses n'en viendront pas à ce point.

M. de Biilow a remarqué avec quel tact le discours de la Couronne du 20 Novembre a touché à la politique étrangère.

Il m'a informé qu'Edhem-Pacha, Ambassadeur à Berlin, avait été nommé Plénipotentiaire pour la Conférence à Constantinople. C'est un diplomate animé de sentiments très vifs pour la dignité de son Pays, tout en étant modéré dans ses opinions et à meme, par son éducation, d'apprécier les idées européennes.

(l) Non si pubblica.

(l) Non pubblicato.

578

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 471. Costantinopoli, 23 novembre 1876 (per. l' 1 dicembre).

L'E.V. conosce pei rapporti del Barone Fava le pratiche fatte dal Governo di Rumania presso quelli delle Potenze Garanti riguardo alla posizione del Principa,to innanzi alle eventualità che lo minacciano. Il Principe Ghika, Agente presso la Sublime Porta, mi riferì essere stato incaricato nei passati giorni d'interpellare questi Ministri affine di conoscere le loro intenzioni nel caso la neutralità della Rumania fosse minacciata da altre Potenze. Gli fu risposto la linea di difesa dell'Impero incominciare al Danubio; i trattati esistenti aver conferito ai Principati il diritto di tenere un esercito proprio; avrebbero essi a provvedere alla difesa del loro territorio. Ed insistendo il Principe Ghika sulle difficoltà nelle quali il suo Governo potrebbe per avventura trovarsi nell'eventuaUtà d'una invasione di forze estere, i Ministri del Sultano replicarono non sarebbero in grado di mandar truppe al di là del Danubio; si limiterebbero ad impedire il passaggio del fiume.

L'Agente Rumeno trasse poco conforto da sifiatte dichiarazioni le quali mettono il Principato in una posizione assai difficile in faccia alle possibili complicazioni dell'avvenire.

579

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 771. Roma, 24 novembre 1876, ore ... (1).

La question des garanties réelles que la Russie s'est engagée à demander a formé le sujet d'un entretien du chevalier Nigra avec le prince Gortchakoff et ce dernier s'est exprimé de façon à ne laisser planer aucun doute sur l'intention arretée de la Russie, d'intervenir seule ou avec d'autres Puissances dans les provinces slaves de la Turquie. Des paroles du prince chanceHer il ressort que les Puissances en se réunissant en conférence à Constantinople, doivent etre préparées à examiner une de ces trois hypothèses:

Occupation mixte par toutes les Puissances. Occupation austro-russe. Occupation russe.

La Russie semble viser en ce moment à agir ainsi que la France l'a fait en Syrie, bien qu'il n'existe pas d'analogie entre le cas actuel et les circonstances de 1860. Mais nos informations nous portent à croire que la Turquie n'acceptera pas une occupation russe et tous nos consuls nous signalent les dispositions militaires que l'on prend à la hàte pour la conc,entration d'une armée turque importante sur la ligne du Danube.

Il parait qu'à St. Pétersbourg on s'attendait au milieu de ce mois à rece

voir de jour en jour l'adhésion formelle des Empereurs d'Al1emagne et d'Au

triche au plan de la Russie. Cette adhésion devait etre donnée par lettres

autographes.

A Londres l'action de l'ambassadeur d'AUemagne est gagnée depuis quel

ques jours au projet d'occupation des provinces slaves, aussi les préoccupa

tions au moment du départ de lord Salisbury étaient elles des plus graves.

V.E. comprend toute l'importance que j'attache à etre renseigné du résultat de l'entrevue que le négociateur anglais aura avec le ministre dirigeant la politique du Cabinet impérial.

(l) Il telegramma venne inviato a Vienna alle ore 0,31 e a Berlino alle ore 10,30. Analogo telegramma venne inviato alle ore 11 a Parigi col n. 772.

580

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 93. Roma, 24 novembre 1876.

Nei primi giorni di questo mese il Duca Decazes informava il R. Ambasciatore in Parigi che, dopo il Consiglio dei Ministri tenutosi l'otto novembre in Londra, Lord Derby aveva esplicitamente dichiarato all'Ambasciatore di Francia il Governo inglese non aver punto l'intenzione di impadronirsi dell'Egitto, anche nel caso in cui gli avvenimenti trascinassero la Russia a minacciare Costantinopoli.

Per verità la dichiarazione di Lord Derby, riferendosi precisamente ad una presa di possesso, non escluderebbe l'occupazione temporaria del paese e la restituzione del protettorato inglese a quello della Turchia quando questa fosse ridotta ·tale da potersi, con apparenza di ragione, affermare la inabilità sua ad esercitare con efficacia i diritti ed i doveri di Potenza alto-Sovrana. E' certo però, ad ogni modo, che l'assicurazione data da Lord Derby suonerebbe in certa guisa in senso contradittorio in confronto dei progetti che fino ad ora sembra si attribuissero, non senza qualche fondamento, al Governo britannico sopra l'Egitto. Oltre di che è pure da pigliarsi nota del fatto che a quei progetti il Gabinetto Inglese ha implicitamente rinunciato, inserendo, tra le basi della Confevenza da riunirsi a Costantinopoli, il principio deU'integrità territoriale della Turchia.

Bens'intende che, qualora la guerra scoppiasse, questi impegni potrebbero non essere mantenuti, imperocchè ciascuna delle Potenze potrebbe, in tale ipotesi, sostenere di avere riacquistato la pienezza della sua libertà d'azione per meglio provvedere ai proprii intevessi a seconda delle circostanze del momento. Però le dichi·arazioni di Lord Derby, secondo che il Duca Decazes ne dava notizia al Generale Cialdini pregandolo di comunicarle al R. Governo, sembverebbero costituire un impegno positivo e tale che non si scorgerebbe oramai come il Gabinetto di Londra possa mancarvi.

Non ho d'uopo poi di soggiungere che come le dichiarazioni britanniche non ci sleno pervenute per via diretta nè, per conseguenza noi saremmo mai in grado di poterle invocave cosi giova che continui la nostra vigilanza e sia adeguata alla gravità delle legittime preoccupazioni suscitate dalla politica br1tannica presso tutte 1e potenze interessate alla conservazione dell'equilibrio delle forze nel Meditervaneo.

ANNESSO CIFRATO. ALLEGATO l.

Le Ministre de Roi à Lisbonne mande que, le lO de ce mois, son Collègue d'Ang!eierre a fait au Gouvernement portu~ais une communication verbale et confidentielle d'après laquelle l'indépendance du Portugal serait considerée à Londres comme étant une question européenne. L'Angleterre ne saurait rester dndifférente ni davant l'incorporation du Portugal à l'Espagne ni devant toute combinaison de République fédérale hybérique. V.E. est probablement en mesure de me fournir des détails au sujet d'une pareille démarche et d'en contròler, en tout cas, l'exactitude.

ANNESSO CIFRATO. ALLEGATO Il.

Le Cardinal Manning a été mandé à Rome aussitot après la mort du Cardinal Antonelli. Il nous importerait de savoir quelque chose de positif au sujet de ce voyage qu'on considère assez peu rassurant dans les circonstances actuelles.

581

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

D. 64. Roma, 24 novembre 1876.

Ho pigliato nota con molto interesse di cw che V.E. mi riferiva col Rapporto del 9 di questo mese N. 103 (1), e sono assai grato alla E.V. dei savii e opportwti. giudizii che Le furono suggeriti dalla conversazione avuta con il Duca Decazes in tale circostanza.

Per verità, Lord Derby adoperando la espressione • impadronirsi dell'Egitto •, non escluderebbe l'occupazione temporaria del paese o la sostituzione del protettorato inglese a quello della Turchia, quando questa fosse ridotta a tale da potersi con apparenza di ragione, affermare la inabiHtà sua ad esercitare con efficacia i diritti ed i doveri di Potenza alto-Sovrana. E' certo però, ad ogni modo, che l'assicurazione data da Lord Derby suonerebbe in certa guisa in senso contradditorio in confronto dei progetti che fino ad ora sembra si attribuissero, non senza un qualche fondamento, al Governo bdtannico sopra l'Egitto. Oltre di che è pure da pigliarsi nota del fatto che a quei progetti il Gabinetto Inglese ha implicitamente rinunziato inserendo, tra 'le basi della Conferenza da riunirsi a Costantinopoli, il principio dell'in· tegrità territoriale della Turchia.

D'altra parte però non è da sconoscersi che, qualora la guerra scoppiasse, ciascuna delle Potenze potrebbe sostenere di avere riacquistato piena libertà d'azione. E neppure è da perdersi di vista la circostanza che Lord Salisbury, il quale nella Conferenza avrà indubbiamente la parte principale nel patrocinare gli interessi britannici, appartiene a quella scuola la quale mira a concentrare sopra l'Egitto tutta quella sollecitudine che altre volte il Governo inglese dimostrava per tutto ciò che riflette il possesso del Bosforo.

Infine è da tenersi in conto, per questo rispetto, l'atteggiamento probabile della Germania. Il Gabinetto di Berlino, il quale si è sempre astenuto dal pronunciarsi nella Questione speciale dell'Egitto, ha però sempre accennato a voler mantenere rapporti di certa intimità coll'Inghilterra, nè può credersi che questo voglia trascurare di avvicinarsi al Gabinetto di Berlino. La eventualità di un accordo fra la Germania e l'Inghilterra, nel quale anche la questione speciale dell'Egitto sia contemplata, è pertanto tra quelle che vogliono non essere neglette, benchè il punto fisso della politica tedesca sia

sempre per ora la conservazione della lega dei tre Imperatori e benchè sia a prevede·rsi che le sue varie evoluzioni avranno sempre per obbiettivo il mantenimento dell'equilibrio fra la Russia e l'Austria-Ungheria fino al giorno in cui siffatto obbiettivo non possa più ragionevolmente conseguirsi.

(l) Cfr. n. 553.

582

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1354. Londra, 25 novembre 1876, ore 18,35 (per. ore 21,50).

J'ai reçu le télégramme de V.E. qui m'apprend la prochaine venue du comte de Bellegarde à Londres, pour obtenir le consentement de l'Angleterre à l'occupation de la Bosnie par l'Autriche, si la Russie occupe la Bulgarie.

V.E. désire que je tache d'agir auprès de lord Derby pour éviter le danger à l'Italie et faire en sorte de restreindre l'occupation à le seule Bulgarie par la Russie qu'elle croit préférable. En meme temps, V.E. me recommande de faire de manière que mes entretiens ne puissent arriver à la connaissance du Cabinet de Vienne qui est en suspicion contre noli:o. Je tenterai de remplir de mon mieux cette tache, mais je dois vous dire qu'elle est assez difficile sous plusieurs rapports. D'abord, V.E. a pu voir par les journaux et plus encore par ma correspondance que nous sommes en suspicion auprès du Cabinet anglais d'avoir pris des accords avec la Russie pour l'appuyer dans ses projets d'occupation. Lord Derby m'a bien dit, il est vrai, ainsi que je l'ai télégraphié à V.E. qu'il n'y croyait pas, mais je pense qu'il conserve toujours des doutes. Cela étant, il sera difficile de persuader, meme indirectement, à lord Derby de dissuader l'Autriche d'entrer en Bosnie pour laisser la Russie seule en Bulgarie, sans donner plus de force au soupçon qu'on a contre nous. D'un autre c6té, je dois vous rappeler que dans mes dépeches précédentes, je vous ai dit que l'Autriche voulait éviter la constitution d'un état slave indépendant à ses portes, et que en tout cas, si elle ne pouvait empecher le démembl"ement des provinces européennes turques, elle préfèrerait s'adjoindre la partie de ces provinces qui lui est plus homogène. Je crois avoir également dit à V.E. que l'Allemagne verrait cette adjonction sans regret, car elle affaiblirait la proportion de la population germanique dans l'Empire d'Autriche. Dans mon télégramme du 3 octobre dernier (1), je répétais à V.E. les mots de lord Derby qui me disait qu'il aurait consenti à ce que l'Autriche occupàt l'Herzégovine et la Bosnie plutòt que de voir errtrer la Russie en Bulgarie. Si donc ce dernier fait a lieu, il est probable que lord Derby ne s'opposera pas à ce que l'Autriche en fasse autant de son còté, pour met·tre un obstacle aux progrès exclusifs de 1a Russie. Quant au secret de mes entretiens avec lord Derby, je prie V. E. de remarquer que lord Derby prend note de tout ce qu'on lui dit et comme, tant que ses

soupçons envers nous ne seront pas dissipés, nous ne pouvons espérer que, pour nous etre utile, il s'abstienne de répéter à l'envoyé autrichien ce qu'il croira etre de sa convenance; d'ailleurs, il n'accueille avec faveur que ies suggestions nettes et précises. Je dis ces choses à V.E. désiran,t qu'elle se persuade que la tàche n'est pas facile. Je ferai de mon mieux, mais il faudrait, pour etre sftr de réussir, pal"tir de idée que l'occupation d'une province par la Russie entraine, selon toute probabilité, cene d'une autre de la part de l'Autriche. V.E. devrait donc me dire avant si, au lieu d'appuyer la proposition de la Russie, comme il me semb1e que l'indique son télégramme du 24 courant (1), notl"e Gouvernement préfère tàcher de se mettre d'accord avec l'Angleterre sur ce point.

(l) Non pubblicato.

583

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 191. Roma, 25 novembre 1876.

Gli undici punti che a Lei furono comunicati dal Generale Ignatiev, e che Ella mi trasmise col suo Rapporto del 2 corrente (2), ebbero in questi ultimi giorni fa più larga pubblicità per parte anche di quei giornali che sogliono essere i meglio informati delle intenzioni del Gabinetto di Pietroburga. Il Barone d'Uxkull non ebbe però istruzioni dal suo Governo di presentarmi nè questo nè altro programma da adottarsi nella Conferenza di Costantinopoli. Ed il Principe Gortchakoff, declinando di entrare in discussione sopra le deliberazioni da prendersi per introdurre un I"egime speciale nelle provincie slave della Turchia, ha detto al Cavaliere Nigra non doversi in questa materia pregiudicare i lavori della Conferenza.

In questo stato di cose io dovrei !imitarmi per oggi a confermare alla

S.V. le istruzioni generali che Ella ha di già ricevute. Ma siccome io mi sono riservato di esprimerle anche il mio pensiero sovra i punti a Lei comunicati dal Generale Ignatiev, così aggiungerò alle predette mie istruzioni alcuni riflessi che dalla lettura del documento della S.V. trasmessomi mi sono suggeriti.

Anzitutto è da osservarsi che fra gli undici punti di cui si ragiona alcuni si riferiscono alle questioni che richiedono d'essere risolute mediante provvedimenti organici, mentre altri invece hanno un carattere essenzialmente transitorio e potrebbero piuttosto considerarsi come provvedimenti destinati ad assicurare la perfetta applicazione dei nuovi regolamenti da imporsi. Appartengono a mio avviso a questa seconda categoria di disposizioni il l o punto, ossia il disarmo delle popolazioni Musulmane in Bosnia, Erzegovina e Bulgaria; parte del 4° punto ossia l'interdizione di adoperare milizie irregolari; il 10° e 1'11o punto in quanto il primo di essi tende a creare delle Commis

sioni consolari destinate a sorvegliare la esecuzione dei nuovi provvedimenti ed il secondo ha per iscopo di non lasciare impuniti gli autori veri delle stragi commesse a danno delle popolazioni cristiane delle provincie slave dell'Impero Ottomano.

L'esame dei varii punti che appartengono a questa seconda categoria pare a me possa essere rinviato al momento in cui si tratterà di deliberare intorno alle guarentigie che la Sublime Porta deve offrire della completa esecuzione del regime che le Potenze riunite in conferenza troveranno necessario di introdurre.

Quale possa essere a nostro avviso questo regime risulta abbastanza chiaramente dalle istruzioni che a V.S. sono già pervenute.

Anche nel documento a Lei comunicato dal Generale Ignatiev, i particolari del nuovo ordinamento sono riservati ad uno studio che la Conferenza dovrebbe fare chiamando nel suo seno persone particolarmente cognite dei bisogni delle popolazioni alle quali si tratta di provvedere. Non ho cosa alcuna da osservare circa le persone che sono indicate come quelle che potrebbero utilmente essere sentite. Vedo citati i nomi di Agenti Russi, Inglesi, Austriaci e Greci, e se si riputasse opportuno che anche degli Agenti di altre Potenze dovessero essere chiamati a Costantinopoli, credo che V.S. sarà d'avviso con me che tanto il Cavaliere De Gubernatis, quanto il Cavaliere Durando potrebbero esprimere opinioni imparziali e fondate sopra cognizione perfetta delle esigenze locali della Bosnia e della Bulgaria.

Venendo ora ad esaminare ciò che circa gli altri punti non è stato contemplato nelle mie precedenti istruzioni, debbo premettere che io non intendo vincolare l'azione della S.V. nella conferenza in guisa che Ella debba in modo imprescindibile attenersi alle opinioni che io sto per manifestarle.

Il 2° punto è così espresso: • Esclusione dei funzionarii non indigeni

ed introduzione del principio elettivo sopra una base larga •. Non s'intende

bene quale sia il senso da darsi a questa proposizione poichè se essa potesse

interpretarsi in guisa che la Sublime Porta debba impiegare nei suoi ufficii

in Bosnia, Erzegovina e Bulgaria soltanto dei funzionarii appartenenti a quelle

provincie, essa potrebbe scegliere tali funzionarii fra i Musulmani delle pro

vinde stesse ed in questo caso il valore della concessione che si domanderebbe

parmi riuscirebbe assai problematico. Quanto al principio elettivo si può

osservare che la Turchia ne ha già fatto una assai larga applicazione nei

Regolamenti organici conceduti al Libano e alla Creta. E siccome l'esperienza

che si è fatta in quelle provincie pare aver dato risultati se non perfetti,

almeno soddisfacenti, così io crede:vei che in questa parte non dovrebbe essere

difficile di trovare arrendevole il Governo del Sultano.

Il 3° punto concerne la formazione di una milizia locale e di un corpo

di polizia nel quale l'elemento cristiano sia rappresentato in proporzioni uguali

all'elemento musulmano. Un principio di esecuzione pare sia già stato dato

nell'Eyalet di Rustchouk alle concessioni che in questa materia furono fatte

spontaneamente dal Governo Imperiale coll'Iradè dell'Ottobre e col Firmano

del Dicembre dell'anno passato. Ricordo queste concessioni poichè mi pare

che basti l'accennarle per escludere che la Porta ottomana possa ora sollevare

delle difficoltà ed accettare ciò che, almeno in massima, essa ha già conoeduto.

Nel 4° punto sono contenute due cose affatto distinte. L'interdizione di servizio di milizie irregolari sembra, come già dissi, non poter essere una misura organica. Credo quindi che quando la Sublime Porta si trovasse in pace coi Principati, il rinvio degli irregolari alle case loro non tarderebbe ad aver luogo. La S.V. dovrà aver presente, quando si parlasse di questo provvedimento, ciò che dal Ministero Le fu scritto per raccomandare che il ritorno dei volontari congedati non abbia ad esser causa di altre stragi e rovine per le pacifiche popolazioni. Assai più grave è la disposizione contenuta nella seconda parte del 4° punto. Mancano al R. Governo le nozioni di fatto per apprezzare esattamente la condizione in cui trovansi i coloni Circassi stabiliti nelle provincie della Turchia europea. Non potrei dunque pronunziarmi con piena cognizione di causa intorno alla proposizione che essi abbiano ad essere rinviati nelle provincie musulmane dell'Impero. Forse l'indole irrequieta di quei Coloni ed il loro carattere mal sofferente di una regolare amministrazione nella quale abbonderebbero gli elementi cristiani, potrebbero essere motivi sufficienti per far desiderare, se non a tutti, almeno a gran parte di essi di trasferirsi sotto altro cielo. In questo caso certamente tutto ciò che può favorirP lR emigrazione di ouelle popolazioni fanatiche dovrebbe essere largamente accordato, epperò il Governo ottomano il quale ha potuto disporre pochi anni addietro dei mezzi necessarii per colonizzare in Europa i Circassi venuti di Russia, non dovrebbe trovare invincibili difficoltà a prendere anche oggi tali provvedimenti da allettare quegli stessi emigranti a trasferirsi in qualche provincia interna dell'Asia.

Nel 5° punto riguardante il concentramento delle truppe regolari nelle fortezze parmi ravvisare l'intenzione di applicare alle Provincie Slave della Turchia una disposizione analoga a quella presa per i distretti libanesi, sul territorio dei quali le milizie dell'esercito regolare non possono entrare se non in casi speciali. Nè la pratica applicazione di un simile provvedimento in Bosnia, Erzegovina e Bulgaria, mi pare debba incontrare difficoltà molto serie, a meno che l'opera della Conferenza dovesse avere per effetto di stabilire in Quelle provincie un regime •tale da assimilare le provincie stesse, salvo il vincolo della sovranità alla condizione in cui si trovava la Serbia quando nelle sue fortezze presidiavano le milizie imperiali. Accenno a queste difficolta non già per oppormi alla accettazione anche di questa proposizione, qualora essa incontrasse la appro·vazione delle altre Potenze, ma io credo che· sopra questo punto sarà assai difficile che un accordo possa stabilirsi, ed in tal caso sembrerebbemi che delle obbiezioni motivate dalle difficoltà pratiche di applicazione dovrebbero essere più facilmente ammesse che non quelle che si fondassero sopra un altro ordine di considerazioni.

Il 6° punto riguarda il riparto delle imposte, l'abolizione delle decime ed in genere la riforma, da tutti riconosciuta necessaria, del regime tributario.

Nell'Iradè dell'Ottobre e nel Firmano di Dicembre questa necessità fu ampiamente ammessa e la Sublime Porta non dovrebbe quindi avere difficoltà ad esaminare, col concorso delle Potenze, quale regime sarebbe da introdursi per rendere meno vessatorie le imposte e più equa e sicura la percezione, tenendo conto delle circostanze locali e del carattere particolare delle popolazioni.

Del 7° e dell'So punto riguardante l'uso della lingua locale nei tribunali e nell'AmministraziOllJe e la nomina di Governatori cristiani come fu introdotta nel Libano, non è mestieri ragionare a lungo. Il primo di questi due provvedimenti risponde ad una necessità assoluta. L'esperienza fatta dal Governo turco nel Libano dovl'lebbe renderlo favorevole alla adozione di un provvedimento che sarebbe anzttutto nel suo vero interesse.

Rimarrebbe che io Le parlassi per ultimo delle questioni più difficili a risolversi, quelle cioè che riflettono la guarentigia delle riforme sulle quali le Potenze riuscissero a mettersi d'accordo. Le ho trasmesso oggi copia di nn dispaccio del Cavaliere Nigra dal quale appariscono le disposizioni della Russia a tale riguardo. Ho però !'agione di credere, in seguito a notizie telegrafiche trasmessemi dallo stesso R. Ambasciatore a Pietroburgo, che le risoluzioni della Russia non sono ancora irrevocabilmente prese. Intanto mi è annunziato, per H 29 di questo mese, l'arrivo a Roma di Lord Salisbury, ed io stimo opportuno di sospendere sino dopo il colloquio che avrò col Plenipotenziario inglese, di far conoscere a V. S. le impressioni che in me produce la situazione creata dalle diverg-enti idee che si attribuiscono alle Potenze.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 533.
584

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 75. Londra, 25 novembre 1876 (per. il 30).

Nell'ultimo convegno ch'io ebbi col Conte di Derby, credei di dovergli consegnare uno degli esemplari, mandatimi da codesto Ministero, della traduzione francese del discorso pronunziato da S. M. il Re in occasione dell'inaugurazione della XIII Legislatura.

Il Conte di Derby nel gradire l'offerta, mostrò di apprezzare molto favorevolmente quel discorso, che, io debbo dirlo, ha prodotto una buonissima impressione in Inghilterra.

Gli uomini di affari si sono convinti, dalle parole del Re, della ferma volontà del nostro Governo di compiere l'assestamento dei tributi e delle finanze consolidandosi in tal modo il Cl'edito di cui già gode l'Italia, e gli uomini più savi hanno potuto persuad~:U"si della prudente risolutezza colla quale in Italia nulla si ,lascia d'intentato che possa giovare allo sviluppo dell'incivilimento ed all'incremento delle forze della Nazione.

Vi ha nel discorso del Re un punto che desta particolarmente l'attenzione in questi Paesi dove sono 'tuttora vive le passioni religiose in mezzo alla immensa libertà di cui godono tutte le credenze, ed è quella che si riferisce alle leggi annunziate sull'ordinamento della Chiesa in Italia, in base alla legge sulle guarentigie. Ma non si mette in dubbio che l'Italia saprà sciogliere quest'arduo problema in modo da tutelare i diritti imprescrittibili dello Stato senza ledere i vari interessi religiosi.

585

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 475. Costantinopoli, 25 novembre 1876 (per. il 4 dicembre).

Già ebbi ripetutamente l'onore di toccare nella mia corrispondenza alle materie che avranno a trattarsi nella prossima conferenza. Ed ora che il giorno dell'incominciamento de' suoi lavori stassi avvicinando, stimo prezzo dell'opera di allargarmi maggiormente sull'importante argomento.

La prima cosa a farsi sarà quella di fissare l'ordine delle relative discussioni. A me sembrerebbe naturale che s'incominci a trattare della conclusione della pace ·tra le parti belligeranti. Le sole basi di negoziati, cui abbiano aderito tutte le Potenze Garanti, e che ora trovansi innanzi a noi, sono quelle che l'Ambasciatore d'Inghilterra comunicava alla Sublime Porta il 21 settembre scorso; una copia delle quali era unita al mio rapporto n. 380 del 23 settembre (1). L'Articolo 1° di queste portava che lo statu quo généralement parlant (speaking roughly) che potrebbe tradursi per più o meno, avrebbe ad applicarsi alla Serbia ed al Montenegro. E s'intendeva allora che quene parole généralement parlant si applicavano specialmente al Montenegro. La pace tra la Turchia e la Serbia avrebbe dunque ad essere stabilita sulla base dello statu quo ante bellum. Senonché, fin dai primordi della lotta, i Serbi s'impadronirono del distretto del Piccolo Swornick di cui sembra si trovino tuttora in possesso. È noto come questa questione dello Swornick sia stata sempre una sorgente di mali umori tra la Serbia e la Sublime Porta; e potrebbe quindi sollevarsi la questione di lasciar a quella, nell'interesse della buona armonia tra le due parti, il piccolo territorio in discorso. Gli altri punti a definirsi tra la Serbia e la Turchia non presenteranno serie difficoltà.

Più ardua sarà la parte dei negoz1ati che riguarda il Montenegro. Le sorti delle armi furono sempre favorevoli a questo, e le altre cinque Potenze Garanti sembrano ormai d'avviso di concedergli un'estensione più o meno importante di territorio. Ed è noto soprattutto come quel Principato goda dell'alta protezione della Russia. Il Governo Ottomano stesso si mostra disposto a far qualcosa in questo senso, ed è noto come anche in questi ultimi tempi esso tentasse direttamente .il terreno per vedere se v'era mezzo di guadagnarsi il Principe Nicola per qualche concessione di tal fatta; però Sua Altezza rifiutavasi di prestarsi a quelle tentazioni. Ma quali sarebbero le concessioni a farsi? Le basi sulle quali fu stabilito l'armistizio dai Delegati sembrano fornire qualche criterio in proposito. Il Governo Montenegrino dal suo canto aspirerebbe al1e regioni di Zubi, Banjani, Niksitch e Piva al Nord, a quelle di Sputz e Cucci sino alla Moratcha, e fors'anca di parte della Kraina al Sud. E questo non è tutto. L'E. V. conosce come il Montenegro desideri vivamente d'avere un accesso al Mare Adriatico. Il porto di cui fu fatta menzione per tale scopo sarebbe quello di Spitza. Intesi un giorno l'Ambasciatore di Russia pronunciare il nome di Sutorina, ma contro questa idea protestava immediatamente l'Am

basciatore Austro-Ungarico ne' termini più energici. A Cettinje si parlò d'altro porto nella baja di AntivarL ma non vedo come questo potrebbe trovarsi in comunicazione col territorio Montenegrino. V. E. fu pienamente ragguagliata di siffatte aspirazioni del Montenegro pei rapporti della missione a Cettinje del Cavaliere Durando del 29 settembre, 2 e 6 ottobre n. 15, 19 e 22 (1), e di esse si dovrà senza dubbio trattare nella conferenza. Senonché nel deliberare sulle relazioni tra la Porta ed il Montenegro si presenterà indubbiamente la questione dello stato politico di auesto. L'E. V. conosce come la Russia e l'AustriaUngheria abbiano ufficialmente riconosciuta la indipendenza del Principato. E mi risulta in modo positivo che, nelle circostanze presenti, la Russia è decisa di non cedere sopra questo punto. Dubi.to invece che l'Inghilterra sarebbe disposta ad ammettere l'indipendenza del Montenegro dalla so·vranità della Porta. Non mi sembra che gli altri Governi si siano pronunciati categoricamente in proposito. Quando la auestione sia per presentarsi si potrà forse trovare un mezzo termine oer lasciave le cose nello statu quo. Ma sarà bene, in ogni caso, di prendere in considerazione l'eventualità di una possibile controversia sulla materia.

Stabilite 1e condizioni di pace tra le parti belligeranti, sorgerà indi la grave questione delle riforme da accordarsi alla Bosnia, all'Erzegovina ed alla Bulgaria, e quella gravissima dell.le garanzie; imperocché la Russia è ben decisa di far procedere di conserva la discussione sulle diverse questioni, e di far dipendere le une dalle altre. Né il progetto Inglese contraddice a siffatto intendimento. Le basi Inglesi parlano d'autonomia amministrativa e di controllo esercitato dalle popolazioni. Si è fatto menzione del Regolamento del Libano, e da esso si potranno senza dubbio trarre utilissime nozioni; senonché quelLe istituzioni avrebbero a modificarsi a seconda delle diverse condizioni deUe provincie in discorso. In queste infatti gli elementi eterogenei sono sovrapposti, le rispettive popolazioni sono abttuate all'uso delle armi, il territorio è assai più vasto, e Je rendite sono di maggior entità. Le riforme già accordate all'isola di Creta potranno parimenti fornire valevoLe materia. Né questa questione mi sembra presentare insormontabili difficoltà.

Ma la que.stione che, a mio avviso, sovrasta a tutte le altre in importanza e gravità è quella delle garanzie. Le basi Inglesi parlano di controllo popolare. Esistono tuttavia delle ragioni per credere che la Russia intenda proporre, come garanzia dell'esecuzione delle riforme, un intervento di forze estere. Essa intenderebbe invero che quest'intervento si eseguisse in seguito all'invito che le Potenze Garanti farebbero ad alcune fra di esse di mandal'e una determinata quantità di forze per sorvegliare l'eseguimento degl'impegni assunti, assicurare il mantenimento dell'ordine quando fosse d'uopo, come per esempio nell'occasione del disarmo, e compita la loro missione avrebbero ad evacuare il territorio occupato. Discorrendo un giorno coll'Ambasciatore di Russia di quest'eventualità, cercai di fargli intendere tanta essere la gravità di siffatto progetto che, se esso avesse un fondamento di vero, non vedrei grande probabiHtà d'una soluzione pacifica delle presenti difficoltà. Cui S. E. replicava:

• Le cas écheant je tournerai la question •. Né veramente compresi come si

potesse tourner una questione di fatto come quella della presenza di forze estere nel territorio Ottomano. Ma questi sono progetti di tanta importanza che non dubito V. E. avranne più precisa conoscenza d'altra parte.

E quando avvenga che un pieno accordo siasi stabilito tra le sei Potenze Garanti, sarà la Sublime Porta per accettarne le condusioni? Le disposizioni di questa dipenderanno saprattutto dalla maggiore o minore persuasione ch'essa avrà dell'unione tra quelle. Fino a che il Governo Ottomano nutrirà la speranza che la discordia possa mettersi nel loro campo, esso si mostrerà tenace nella resistenza. Innanzi ad un unanime accordo si potrà ottenere di molto. E qui è mio debUo di riferire all'E. V. come sia possibile che si manifesti lfin da principio uno screzio a questo riguardo ne1le conferenze. L'Ambasciatore di Russia è fermamente d'avviso che affine d'evitare di fornire ai Plenipotenziari Ottomani lo sp,ettacolo delle divergenze che potrebbero sorgere tra i Rappresentanti delle Poten~e Garanti, questi si mettano interamente d'accordo tra di essi sopra tutti i punti principali, e poi siano chiamati i Rappresentanti della Porta ai quali si pl'esenterebbero le conclusioni adottate. Sir H. Elliot sarebbe invece d'avviso che i Rappresentanti della Porta siano ammessi alle conferenze appena si siano scambiate le idee generali di pacificazione, ed in tempo per prendere parte alla discussione delle diverse materie. Ignoro quali saranno le viste del Marchese di Salisbury in proposito. Ed io mi permetterò di ripetere quello che ebbi già l'onore di significare all'E. V., vale a dire che la probabilità di pace dipenderà in gran parte dalla possibilità d'un accordo tra l'Ambasciatore di Russia e quello della Gran Brettagna, tanto che si potrebbe veramente dire che il Generale Ignatiew ed il Marchese di Salisbury hanno attualmente le sorti d'Europa nelle loro mani.

P.S. -Annesso un paragrafo in cifre (1).

(l) Cfr. n. 438.

(l) Non pubblicati.

586

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1721. Berlino, 26 novembre 1876 (per. il 3 dicembre).

En suite d'un Conseil des Ministres présidé hier par le Prince de Bismarck,

M. de BUlow n'a pu me recevoir qu'aujord'hui.

Il me tardait d'entendre sa version sur l'impression laissée ici par le Marquis de Salisbury, afin de compléter les détails contenus dans mon rapport n. 1720 (1). Le Secrétail'e d'Etat m'a dit que l'Envoyé Anglais avait parlé du caractère et du but de sa mission, dans des termes bien propl'es à donner la meilleure idée de son esprit conciliant. Il savait faire la part des difficultés inhérentes à la position de la Russie. Tout en s'applicant à sauvegarder dans une mesure équitable la souveraineté de la Porte, il indiquait nettement qu'il examinerait consciencieusement les combinaisons qui seraient proposées, pour rendre sérieuses et efficaces les réformes à introduire dans les Provinces des Balkans. Ce point Hent aussi à creur à l'Angleterre, qu'aux autres Puissances.

Sa Seigneurie manirestait sa satisfaction de ses PQurparlers à Paris et à Berlin, et espérait rencontrer les memes dispositions pacifiques dans les Pays qu'elle devatt encore traverser en se rendant à Constantinople. On a ici le sentiment qu'il arrivera à destination, sans avoir de parti définitivement arreté. Il ne se prononcerait, qu'après avoir miìrement étudié les questions, et cela était d'un bon augure car, s'il copiait les allures de Lord Beaconsfield, l'ceuvre de la diplomatie menacerait ruine dès la première réunion des pléniPQtentiaires. Le Prince de Bismarck rendait pleine justice à son tact et à la modération des vues qu'il avait émises. V. E. sera au reste bientòt à mème de s'en convaincre personnellement, puisque Lord Salisbury se proposait de conférer également avec le Ministre des Affaires Etrangères d'Italie. Le Secrétaire d'Etat croyait donc PQuvoir se borner à ces indications générales.

Quant à la marche des conférences, elle présenterait sans doute des graves difficultés, quand il s'agirait de donner un développement pratique au programme anglais, qui formera la base des délibérations.

On parlait déjà de onze PQints attribués à l'initiative de la Russie, quoique, jusqu'ici du moins, ils n'eussent pas été communiqués officiellement à Berlin. Il y aurait là ampie matière à discussion, et le résu1tat prouvera si ces conditions sont de nature à obte·nir les suffrages des autres Puissances. En tout cas, nous saurons avant un mois si la balance penchera du còté de la paix ou du còté de la guerre.

J'ai fait l'observation que le langage du Prince Gortchakow laissait entrevoir l'intention de la Russie, d'intervenir, de concert avec toutes les Puissances, ou avec ['Autriche, ou à elle-seule, dans les Provinces Slaves de la Turquie, à titre de garantie réelle, etc. etc. Le plan du Cabinet de Saint Pétersbourg, aurait-il acquis l'adhésion des Cours de Vienne et de Berlin? L'action d'un des représentants diplomatiques de l'Allemagne semblerait déjà gagnée· à cette occupation, mixte ou isolée. Je me suis exprimé dans le sens du télégramme de V. E. du 24 Novembre (l).

M. de Biilow m'a répondu n'avoir aucune connaissance d'un plan, que j'étais le premier à lui signaler. Il ajoutait que, si un diplomate Ailemand, j'avais eu soin de mettre M. de Keudell hors de cause, s'était permis de se prononcer à cet égard, il n'avait pu énoncer qu'une opinion tout-à-fait personnelle. Le Cabinet de Berlin veut se présenter à la Conférence avec les mains libres. Les instructions du Baron de Werther PQrtent, en substance, qu'il ne. doit se preter à la formation, ni d'une majorité contre une minorité, ni d'une minorité contre une majorité, mais s'appliquer à amener un accord général.

Quant à la réPQnse de la Turquie, dans laquelle celle-ci notifie à l'Angleterre son adhésion à la conférence (.télég.ramme de V. E. du 22 Novembre) (2) communication en a été reçue par 1e Cabinet de Berlin, qui l'a mise ad acta, sans s'en occuper autrement.

M. de Biilow s'est abstenu de formuler un jugement quelconque quand

j'en ai fait mention. En me référant à mon télégramme d'aujourd'hui (3) ...

49 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

(l) Non pubblicato.

(l) -Cfr. n. 579. (2) -Cfr. n. 573. (3) -Non pubblicato.
587

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1372. Parigi, 27 Novembre 1876, ore 15,35 (per. ore 17,45).

La France est bien moins intéressée que nous aux conséquences d'une occupation de la Bosnie par l'Autriche. Cependant le due Decazes tombe d'accord avec V. E. dans le désir d'éviter toute occupation militaire, mais il n'espère plus y réussir. Il vous ~ngage toutefois à faire un dernier effort auprès de lord Salisbury, très-contraire aussi à l'occupation militaire. Le due Decazes m'a donné sa parole que pour son compte il refuserait de participer à l'occupation mixte de toutes les grandes Puissances, si elle lui était proposée. Les fréquents et longs entretiens avec le due Decazes m'ont convaincu que la France ne fera rien, quoi qu'il arrive, en Turquie, mais qu'elle sortirait peut-etre de sa neutralité et de son inaction si l'Egypte était menacé tòt ou tard d'une occupatlon anglaise. 11 paraitrait, d'après les dernières nouvelles, que l'Angleterre pense à fortifier la presQu'ile de Gallipoli dans les Dardanelles. Cette position pourrait bien la dispenser d'occuper Constantinople, occupation qui serait trop compromettante aux yeux des partisans de la paix à tout prix. La nouvelle du départ de la flotte russe des eaux de Naples pour une destination inconnue, a produit ici une grande sensation.

588

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

D. 67. Roma, 27 novembre 1876.

Sono grato all'E. V. dello avere, con rapporto del 12 di questo mese,

n. 104 (1), richiamata la mia attenzione sulla discussione provocata, presso codesta Camera dei Deputati, dell'emendamento del Signor Madier de Montjav, chiedente la soppressione dell'Ambasciata di Francia presso la Santa Sede. Egli è certo che da questa discussione e dalla deliberazione presa di elevare l'assegno dell'Ambasciata presso il Quirinale alla stessa cifra dell'assegno attribuito all'Ambasciata presso il Vaticano si poté argomentare rettamente delle disposizioni in cui è, a nostro riguardo, la maggioranza di quell'Assemblea. Né crediamo andare errati affermando che ne furono raffermati i vincoli di simpatia e di amicizia che uniscono tra loro i due paesi. D'altra parte poi, ci giova pigliar nota della savia osservazione con la quale la E. V. chiude il suo rapport{) • non essendo certo sperabile che prevalga in breve il partito di sopprimere affatto l'Ambasciata di Francia presso la Santa Sede, mentre l'emendamento che mirava a tale intento raccolse appena 85 voti favorevoli di fronte a 363 contrari •.

(l) Cfr. n. 557.

589

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 132. Madrid, 27 novembre 1876 (per. l' 1 dicembre).

Il noto giornale francese l'Univers divulgò giorni sono, essersi stretta

alleanza fra la Germania e la Spagna, per il caso la guerra d'Oriente dovesse,

iscoppiando, farsi generale. Appena occorre la necessità di smentire cosi fatta

voce. Ciò non ostante varii giornali, noti per i loro legami con questo Mini

stero, si occuparono della voce corsa per combatterla. Al cerio gli argomenti

non facevano loro difetto, e poterono a loro bell'agio dimostrare anzi tutto,

che le ripetute rivoluzioni di cui la Spagna fu vittima hanno allontanato questo

Stato dagli interessi politici continentali, e sostennero invece che solo coi

benefìzii della pace e racchiusi in una completa indifferenza per tutto ciò che

avverrà in Europa, si potrà poco a poco far ·tesoro di quelle forze capaci da

rendere meritevole la Spagna di maggiore attenzione, per parte dei consigli

diplomatici in Europa. Hanno però cura di aggiungere, gli indicati giornali,

che non per questo devesi rimanere disarmati spettatori delle J.otte Europee,

anche per non trovarsi sprovveduti nel caso di una impensata aggressione.

Cosicché la neutralità della Spagna deve essere armata: ed a questo pone

pensiero il governo. D'altronde l'istoria di Spagna racchiude nelle sue pagine

severe lezioni ogni qual volta questo paese volle darsi in braccio ad alleati,

ed a tale proposito rammentarsi le guerre napoleoniche tanto funeste per la Spagna, non che le spedizioni di Roma, di Cocinctna e del Messico. Con queste avventure la Spagna non acquistò né prestigio né forza morale. Al tempo istesso essa non è neppure disposta a divenire il zimbello di qualsiasi perturbatore del presente equilibrio politico • e l'Univers • così conchiude il giornale l'Epoca, • può stare tranquillo, che non troverà mai in !spagna appoggio alla politica da lui patroneggiata, mentre qui si avrà sempre come sistema: tranquillità interna e neutralità all'estero; sistema alla cui difesa sta pronto un esercito bene equipaggiato, istrutto e numeroso quanto lo esigono gli interessi nazionali sui quali deve invigilare •.

Nulla fa dubitare che in fatti i propositi del Governo Spagnuolo si informino in realtà a quanto asserito da giornali di cui succintamente espressi il pensiero. Infatti pochi giorni or sono il Ministro di Stato, rispondendo alle Cortes a chi chiedeva quale sarebbe l'atteggiamento della Spagna nel caso di un conflitto europeo, disse, che la Spagna rimarebbe fedele alla stretta neutralità.

Un giornale ostile al Governo el Parlamento non volle lasciar cadere la cosa a terra, e riprese a discutere l'argomento .tratto fuori dall'Univers, discutendo seriamente le condizioni del supposto trattato fra Ja Spagna e la Germania. Quest'articolo del Parlamento provocò una nuova interpellanza alle Col"'tes, alla quale rispose il Signor Calderon Collantes affermando, che la Spagna non solo non ha conchiuso trattato né pubblico né segreto, ma che per nulla ha compromesso la sua libertà d'azione che vuole riservare per le eventualità dell'avvenire. Aggiunse il Ministro di Stato • che né il Governo di Germania, né quello d'Inghilterra, né quello di Russia né di verun'altra nazione, diede il benché minimo indizio di voler stringere alLeanza offensiva o difensiva per una eventualità presente o futura •. Terminò dicendo • che la politica del Governo di Sua Maestà è una politica di raccoglimento di concentrazione di tutte le for~e vitali del paese per riparare le grandi perdite ed i grandi disastri motivati dalle nostre continue guerre civili e dalle nostre perturbazioni politiche; il Gove·rno si atterrà ad una politica dignitosa, ma non altera né provocante per nessuno: si manterranno le relazioni le più amichevoli con le gJ;andi come con le piccole potenze europee e di tutto il mondo : ed io per parte mia procurerò di rendere ogni giorno più amichevoli queste relazioni •.

Il giornale eL ParLamento venne tradotto dinanzi al tribunale, come incolpato di avere sparso ad arte false ed allarmanti notizie.

La guerra di Cuba, cui attende il miglior GeneraLe Spagnuolo Martinez Campos, a capo delle migliori truppe, toglie a questo Governo, per il momento, qualsiasi velleità di intromettersi, anche in modo indiretto, nelle odierne complicazioni. Non sono però lontano dal credere, che se fosse sollecitamente e con vantaggio condotta a termine l'insurrezione Cubana, la Spagna non saprebbe resistere alla voglia di tentare qualche avventura, non fosse che per distrarre i generali più ambiziosi e le truppe a cui rtescirebbe a carico il riprendere disusati ozii.

590

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 1722. Berlino, 27 novembre 1876 (per. il 4 dicembre).

L'étiquette prescrite ici que le Chancelier Impérial prévienne les Ambassadeurs, ce qui m'a valu hier le rare avantage de recevoir la visite de Son Altesse.

Après un échange de quelques phrases courtoises, j'ai amené la conversation

sur le terrain politique, en Lui laissant la parole.

Il appartenait maintenant à la Conférence qui allait se réunir, de démeler l'écheveu assez embrouillé des affaires orientales. Si les Puissances ne se trouvaient pas, ou ne se mettaient pas d'accord pour une solution pacifique la guerre deviendrait inévitable. Une guerre, meme localisée, serait sans doute une grave complication, mais en restan:t, ainsi qu'il faut l'espérer, circonscri·te à la Turquie, elle n'aff.ecterait pas directement encore les intérets européens proprement dits. A ce dernier point de vue, il y aurait méme lieu de se demander si, dans les conjonctures actuelles, un arrangement en voie diplomatique pourrait aboutir à autre chose, qu'à un compromis dénué de toute condition sérieuse de quelque durée. La crise qu'on tàche d'apaiser, ne tarderait pas à se reproduire. Il vaudrait ainsi peut-étre mieux o.ue fusils et canons déjà chargés par la Russie fissent feu. Ce qu'il faut à cette Puissance, c'est bien plus une victoire qu'une conquéte. Après un succès de ses armées, l'opinion publique de ce Pays aura obtenu une pvemière satisfaotion, ce qui permettra de reprendre les négociations de paix avec de meHleures chances de réussite.

Si les Russes se décidaient à passer le Pruth, afin de s'assurer un gage matériel de l'accomplissement des réformes dans les Provinces Slaves, il est certain que les Tures opposeraient la force à la force. Mais il est aussi à prévoir que ces derniers auront le dessous. Il ne sera1t d'ailleul1s pas à regretter que ce fussent eux, en fin de compte, qui • payassent les pots cassés •, pour les punir des massacres ,en Bulgarie. Quoiqu'il en soit, il est permis d'espérer qu'on parviendra à localiser la lutte. Le Cabinet de Londres a reçu dans une forme solennelle, l'assurance que les Russes ne marcheraient pas sur Constantinople. Il n'est question, ni d'attaquer, ni de prendre, cette ville. L'Empereur ALexandre répudie jusqu'à l'idée, la plus lontaine de s'en emparer. Une occupation éventuelle de la Bulgarie ne serait que temporaire, et limitée aux besoins absolus de la réalisation des réformes profitables au sol't des chrétiens. La publicité donnée à ces assurances contribuera à dissiper des malentendus. Le bon sens du public anglais hésitera à donner gain de cause aux velléirtés belliqueuses de Lord Beaconsfield, qui contrastent avec le langage tenu ici par Lord Salisbury. En présence de telles déclarations du Tsar, s'il reste encore au délà de la Manche quelque trace de défiance, celle-ci sera probablement réduUe à un point, que l'Angleterre n'attaquera pas de front la Russie. Elle se contentera peut-etre de planter son pa,villon sur les rives du Bosphore, pour couvrir Constantinople et les detroits contre toute invasion en gardant pour Le l'este une attitude expectante.

L'attitude de l'AHemagne, sera l'abstention. Elle laisse la lice ouverte à ceux qui voudraient y faire une passe d'armes. Ses intérets en Orient sont d'une nature secondaire, et ne sauraient balancer l'impo:rtance des alliances qu',elle tient à conserver avec les Pays les plus directement 1en jeu, notamment avec ses voisins. Elle entend rester leur arnie. Elle ne veut pas que la Russie pendant et après la guerre, puisse s'écrier: • cette maudite Allemagne! •. Elle ne veut pas davantage etre accusée par l'Autriche-Hongrie d'avoir combattu ses intérets, d'entretenir des arrière-pensées d'un agrandissement territorial à ses dépens. Sa règle de conduite est de rester les amis de deux Empires, et de ne pas porter ombrage à l'Angleterre. A St. Pétersbourg, on sai t que le Cabinet de Berlin ne fournira, ni argent, ni soldart;s. • Je :n'ai donné à la Russi e, que ma bénédiction •.

J'ai dit à mon tour au Prince de Bismarck que notre attitude s'étai1t rencontrée avec celle du Cabinet de Berlin. Dès l'origine de la crise que nous traversions nous avions agi, et nous continuerions à le faire jusqu'à la dernière heure, pour prévenir des conflits. Si la guerre éclatait, nous désirions comme lui, qu'elle restàt circonscrite en Orient entre ,la Turquie et la Russie. A cet efl'et, nous ne négligerions aucun effort, dans la mesure de notre influence. Nous avions pleine confiance que l'AlLemagne saurait, par une sage politique prévenir une extention de la lutte en Occident. Tant que nos intérets ne seraient pas direoterrrent menacés, nous aussi nous nous tiendrions soigneusement en dehors de la melée. Nous ne devrions néanmoins pas perdre de vue que nos intérets sont considérabl>es en Orient, et dans tout ce qui touche à notre position vers la Méditerranée et l'Adriatique. Si, à une politique dont le programme anglais indique une base acceptée aujourd'hui en principe par l'Aéropage européen, devaient succéder des convoitises, des compétitions territoriales, qui compromettraient les conditions actuelles, nous devrions alors aviser à prendre nos sflretés. Le fait est, que l'Italie et l'Allemagne veulent sincèrement et sans arrière-pensée la paix, et ne songeraient, qu'à leur corps défendant, à adopter une autre ligne de conduite. Rien de plus nature! par conséquent, que leurs Gouvernements soient appelés à marcher dans la méme voie, dans leur politique internationale. Le Ministère actuel en Italie, comme son prédécesseur, s'était appliqué à donner à l'Allemagne des témoignages de sympathiE' et des rapports les plus amicaux.

Le Chancelier reconnaissait qu'il en étai:t ainsi, et il ajoutait méme que notre attitude, vis-à-vis de son Pays, avait été meiUeure que celle d'autres Etats, qui'il n'a pas autrement désignés.

J'ai regretté que le Prince de Bismarck, attendu chez lui, ait diì. lever la séanoe. Je l'aurais peut-etre amené à des déclarations plus explicites encore. Mais son >langage, tel que je l'ai reproduit de mon mieux, laisse assez clairement entrevoir, 1° qu'une guerre très prochaine est presque inévitable entre la Turquie et la Russie, 2° qu'il espère qu'elle restera localisée, 3° que sa politique est celle de l'abstention, et 4° que, tout en parlant de l'intimité de ses rapports avec l'Autriche et la Russie, il vise en première ligne à ne pas indisposer cette dernière Puissance. S'il ne lui a donné que sa bénédiction, cela n'équivaut pas moins à lui signer son exeat contre les Tures. C'est précisément le contraire, qu'eut souhaité le Cabinet Austro-Hongrois, et nommément le Comte Andrassy.

En confrontant mes derniers rapports avec celui-ci, V. E. verra combien, dans ses explications, le Chancelier est moins réservé que le Secrétaire d'Etat.

J'avais pensé un instant rédiger un télégramme sur cet entretien, mais j'ai diì. y renoncer, de crainte de devenir obscur en condensant les détails contenus dans mon rapport.

591

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R.R. 110. Parigi, 28 novembre 1876 (per. l' 1 dicembre).

Indirizzai all'E. V. in questi ultimi giorni una serie di telegrammi coi quali e·bbi l'onore di riferirle sia le notizie raccolte sugli incidenti della quistione d'Oriente nelle mie conversazioni con S. E. il Ministro degli Affari Esteri di Francia, sia quelle che ebbi per altra via e che mi parvero degne di menzione. Nelle presenti circostanze difatti parmi di non dover disprezzare neppure quegli indizii o quelle voci che in se stesse sembrano di minor conto e mi fo un dovere di accennarle all'E. V., giudicando che raffrontate alle indicazioni che da altri lati pervengono a codesto Ministero, esse possono giovare ad agevolarle un criterio della situazione generale. La prego però di voler notare che alcune tra le notizie ch'io man mano mi trovo messo in grado di riferirle, mi sono qui comunicate in via della più stretta confidenza, sovente con espressa preghiera di non ripeterle, laonde una qualunque loro divulgazione, sia pur anche per mezzo della corrispondenza diplomatica litografata, che è distribuita agli Agenti Diplomatici di Sua Maestà, potrebbe talvolta cagionare inconvenienti, dei quali non sarebbe il minore quello di rendere più circospetti e riservati i miei interlocutori.

Come già lo f•eci conoscere all'E. V. col telegrafo, Lord Salisbury, quando egli arrivò a Parigi, era molto inquieto e temeva di trovare al suo giungere in Costantinopoli un ultimatum della Russia. Il Duca Decazes lo .tranquillizzò comunicandogli le sue informazioni da Pietroburgo, secondo le quali la Russia si mostrava disposta ad attendere le proposte relative alle guarentigie ed a discuterle. Il Marchese di Salisbury mostrò migliori speranze partendo da Parigi e lasciò da ultimo comprendere che l'Inghilterra potrà pure indursi a transigere sopra alcuni punti; ma eg•li affermò che il Gabinetto Inglese si opporrebbe ad un'occupazione del territorio turco per parte delle sole forze russe. D'al·tronde il secondo Plenipotenziario Britannico, non poté nascondere l'imbarazzo che creava al Governo Inglese la corrente dell'opinione pubblica nel Regno, cotraria di più ai progetti di guerra. L'eco di queste tendenze pacifiche degli Inglesi si ripete difatti anche qui nell'alta società inglese, la quale cvede· che Lord Beaconsfield. trascinato da ·esse, o s'appiglierà al partito di lasciar fare,

o dovrà ritirarsi. Questa seconda previsione mi fu confidenzialmente espressa anche dal Duca Decazes. Il Capo del Gabinetto Inglese, che aspirava a ricondurre la politica dell'Inghilterra alle più fi•ere ed elevate tradizioni del passato, non celerebbe il disgusto che gli inspirano i propugnatori della pace ad ogni costo, i politici della City e di Manchester. Non è fra le meno probabili congetture che possa esser chiamato a succedergli •lo stesso Marchese di Salisbury, che è notoriamente uno dei più caldi fautori della politica di pace.

Che per ogni evento l'Inghilterra abbia rinunciato ad occupare Costantinopoli, di ciò darebbe un nuovo indizio anche la circostanza che gli Inglesi coll'invio d'un ufficiale di Stato maggiore a Gallipoli tradirono l'intenzione di fortificare quella penisola che si avanza nei Dardanelli. Quella posizione, militarmente

ottima, sarebbe ad ogni modo meno compromettente per un eventuale occupazione inglese che uno sbarco a Costantinopoli.

Col dispaccio della serie politica N. 64, in data del 24 corrente (1), l'E. V. già esprimeva l'impressione che, d'altra parte, Le avevano fatte le dichiarazioni di Lord Derby all'Ambasciatore di Francia a Londra circa le supposte velleità dell'Inghilterra d'impadronirsi dell'Egitto. A questo proposito m'importa di metterla in avvertenza che la quistione di eventuali progetti dell'Inghilterra nell'Egitto è quella che maggiormente preoccupa il Governo Francese. Il Gabinetto di Versaglia, almeno fino a tanto che rimarrà al potere il Duca Decazes e che prevarrà la sua politica, certamente non escirà, come più volte ebbi l'onore di scriverlo a V. E., da una neutraU.tà assoluta. Ma ho ragione di credere ch'egli pure potrebbe indursi ad uscirne appunto nel solo caso in cui l'Inghilterra volesse far man bassa sull'EgUto. In qualunque altra sua

azione il Governo Francese paventerebbe trovarsi in fronte il potente avversario che lo tiene d'occhio e lo sorveglia: opponendosi invece ad un tentativo inglese nel territorio Egiziano, egli potrebbe presumere di non esserne in aJ.cuna guisa impedito né dal suo vicino né da altra Potenza. E malgrado al presente atteggiamento di rassegnata inazione, esiste pur sempre qui nel fondo degli animi un'ardente aspirazione di rientrare in iscena e di fare un nuovo atto di vitalità e di forza. Di tali sentimenti è bene che in ogni sua risoluzione tenga il maggiore conto anche il Governo di Sua Maestà, poiché una simile circostanza in assai breve •tempo potrebbe mutare l'indirizzo della politica francese e la posizione della Francia in Europa.

Venendo alle informazioni che mandai all'E. V. col telegrafo intorno alla quistione delle guarentigie che la Russia potrà esigere dalla Turchia ed intorno ai progetti d'occupazione delle provincie Slave dell'Impero Ottomano, mi pregio di confermarle che il Duca Decazes non aveva dal suo lato conoscenza d'alcuna così categorica dichiarazione del Governo Russo come lo sarebbe stata quella riferitami col suo telegramma del 24 corrente (l) e col suo dispaccio della serie politica n. 66 (2), del giorno seguente. Ad ogni modo il Duca Decazes divide coil'E. V. il desiderio d'evitare qualsiasi occupazione militare delle provincie turche ed egli m'impegnò la sua parola che rifiuterebbe di partecipare ad un'occupazione mista di tutte le grandi Potenze, qualora essa gli fosse proposta.

(l) Cfr. n. 581.

592

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 571. Vienna, 28 novembre 1876 (per. l' 1 dicembre).

Il 24 corrente a sera giungeva a Vienna Sua Signoria il Marchese di Salisbury proveniente da Berlino. Egli era ricevuto l'indomani dal Conte Andrassy e poscia da S. M. l'Imperatore, alla sera veniva invitato a pranzo a Corte, e sul tardi interveniva ad una serata data in suo onore dall'Ambasciatore d'Inghilterra Sir Andrew Buchanan. Sebbene il nostro grave lutto di Corte avrebbe forse necessitato ch'io m'astenessi dal prender parte a quella serata, pure ho creduto dovere eccezionalmente prescindere da quella regola d'etichetta, perché se rimaneva a casa perdeva la sola occasione che mi si porgeva d'incentrarmi col nobile Lord. Veramente non ebbi campo di seco lui conversare a lungo. giacché il colloquio, che avevamo incominciato, essendo sembrato ad un pe·rsonaggio che da vicino stava origliando aver già durato troppo a lungo, tanto più che qualche parola ch'egli probabilmente ebbe ad intendere accennavagli che fra di noi si parlava pl"ecisamente dell'Austria,

no

fece si ch'egli tro·vasse mezzo d'interromperlo con un pretesto qualunque. Io non credetti opportuno insistere per ripigliare in seguito la nostra conversa~ zione, e ciò tanto più che già sapeva il Plenipotenziario Britannico si sarebbe recato a Roma, ove l'E. V. avrebbe avuto ben miglior campo di me di conversare seco lui. Nel breve discorrere che facemmo assieme, il Marchese, siccome ebbi a renderne conto telegraficamente all'E. V. dicevami aver potuto constatare presso i Gabinetti già avea visitati, un sincero desiderio di pace, ma avere al tempo stesso dovuto rilevare una notevole diffidenza fra i v·arii Governi. L'Inghilterra essere persuasa della necessità di radicali riforme amministrative oolla Penisola Balcanica, ma ben capire egli ciò non bastare, essere necessario anche aver guarentigie serie, efficaci; che queHe riforme si compiranno, cosa però a cui la Porta pare quasi sicuro si rifiuterà di accondiscendere. Dissemi poi non aver potuto a meno di rilevare che il Gabinetto di Vienna nutriva poca fiducia intorno all'esito della conferenza, e li mentre incominciavamo a parlare della situazione dell'A~tria-Ungheria a fronte della pvesente questione fummo, come dissi, interrotti, e la conversazione finì così. Quando tutti gl'invitati furono ritirati il Marchese di Salisbury ebbe ancora una lunga conversazione coll'Ambasciatore di Francia, a cui però mi risulta in base a dati certi, che la quistione del giorno, cioè gl'intendimenti della Russia intorno alle guarentigie d'assicurarsi col mezzo di un'occupazione militare rimase estranea.

Jeri mattina il nobile Lord riceveva la visita del Conte Andrassy ed all'ora l 1/2 parti~a alla volta d'Italia col treno ordinario.

Coi miei successivi teleg!'ammi non mancai di porta!'le a conoscenza dell'E. V. quanto mi fu dato sapere da varie e non dubbie parti intorno al linguaggio che ebbe a tener qui il Marchese di Salisbury, nonché intorno alle impressioni ch'Egli vi lasciò. Le vedute ch'Egli ebbe a svolgere al Conte Andrassy a riguardo delle proposte di riforme ch'Egli si dichiarava pronto ad accettare, oltrepassando qua[}Jto si aspettava e si desidererebbe dal Gabinetto di Vienna, Egli ritiene necessario siano radicali e non lo nascose, su questo terreno si mostrò disposto a far larghissime concessioni alla Russia, purché questa si mostri conseguente agli impegni solennemente formulati dallo Tzar; ma av!'lebbe del pari accentuato la necessità di guarentigie efficaci, e su questo terreno sarebbe anche andato assai lontano, siccome ebbi a riferire jeri sera telegraficamente all'E. V. La sua conversazione al riguardo col Conte Andrassy non si sarebbe però allontanata dalle considerazioni generali, giacché questi avrebbe mostrato volersi astener per ora dal prendere decisioni su sì grave argomento. Intorno a quest'eventuale determinazione mi permettevo sin da jeri l'altro manifestare all'E. V. esser d'opinione che il Gabinetto di Vienna messo al muro di associarsi all'azione della Russia, o di lasciare agire questa da sola coll'appoggio morale della Germania, s'appigliarebbe forzatamente al primo partito, parere che veniva avvalorato da quanto mi diceva al riguardo persona perfettamente in posizione di conoscere gl'intendimenti del Conte Andrassy siccome io ebbi a comunicarLe col mio telegramma di ieri sera. D'altronte io non ho mai di ciò dubitato dalla missione del Generale Sumarokoff in poi, ed anche prima, come parmi emerga da molti miei rapporti. Il Gabinetto di Vienna è certamente quello che .trovasi in oggi nella più difficile posizione ma non si può dire non abbia in ciò la sua parte di colpa, poiché ove non avesse opposta

in passato quella assoluta resistenza, che tutti ebbero a constatare, a che si allargasse la base degli accordi, mantenendosi il fascio delle 6 Potenze invece di quello esclusivo dei tre Imperi, che più soddisfaceva al suo amor proprio, forse l'Europa non troverebbesi al punto in cui siamo oggi, ed esso non si vedrebbe costretto a seguire fatalmente i voleri della Russia.

Come l'E. V. ben sa mi manca il mezzo di controllare direttamente l'attendibiUtà di quanto ho l'onore di riferirLe nel presente rapporto, procurandomi una conversazione col Conte Andrassy; giacché S. E. continua a mantenersi si può dire senza contaHo di sorta col corpo diplomatico. Credo però poterla assicurare che le informazioni che le trasmisi telegraficamente, nonché gli apprezzamenti che mi onorai svolgere in nuesta mia relazione, poggiano su solide basi, e nelle loro linee generali almeno sono esatti.

(l) -Cfr. p. 704, nota. (2) -Non pubblicato.
593

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, A VITTORIO EMANUELE II

(ACR)

L.P. l. Berlino, 28 novembre 1876.

J'ai eu l'honneur de rendre compte à Votre Majesté de la situation politique, par ma lettre du 7 Novembre (1), à la veille de me rendre à Stuttgart et Darmstadt pour présenter les lettres par lesquelles Votre Majesté me nommait Son Envoyé Ex,traordinaire et Ministre Plénipotentiaire auprès de S M. le Roi de Wurttemberg et de S. A.R. le Grand Due de Hesse. Ces deux Souverains, ainsi que les Princes et Princesses de Leurs Familles, m'ont fait le meilleur accueil, et ont temoigné des sentiments de satisfaction qu'un représentant du Roi d'ltalie ait été accrédité auprès de Leur Personne.

Le jour meme de mon arrivée à Stuttgart, le ,télégraphe apportait la nouveUe du décès de S. A. R. la Duchesse d'Aoste. Ce message m'a vivement affecté, car je ressens au plus profond de mon creur les joies et 'Les douleurs de la Maison Royale. J'ai prié S. E. M. Melegari de se rendre auprès de Votre Majesté l'interprète des ces sentiments. Permettez-moi Sire, de Vous en renouveller ici l'expression.

Mon intention était de prolonger de quelques jours mon absence de

Berlin. Cependant, ayant appris le prochain départ de Lord Salisbury de

Londres, je me suis empressé de retourner à mon poste.

Au moment où Lord Salisbury, membre du Cabinet Anglais comme Mi

nistre des Indes, quittait Londres pour se rendre à la Conférence de Cos

tantinople en s'arretant à Paris-Berlin-Vienne et Rome, toutes les grandes

Puissances européennes avaient déjà donné leur adhésion au programme,

proposé par l'Angleterre, pour mettre un terme à la crise actuelle de la

Turquie. Toutes les Grandes Puissances renonçaient ainsi à pretendre à des avantages particuliers, elles reconnaissaient qu'il fallait introduire des réformes sérieuses, ,et une espece d'autonomie locale, en Bosnie, dans l'Herzégovine et en Bulgarie, exiger de la Turquie des garanties par un acte international, et rétablir le • status quo ante • en Serbie et dans le Monténégro, tout en respectant l'intégrité et la souveranité de l'Empire Ottoman.

Avec un pareil programme commun, l'entente devenait possible et toute éventualité de guerre aurait du ètre écartée. Malheureusement il n'en étai:t pas ainsi. On s'aperçut bientot, entre autres, que, si l'on était d'accord pour réclamer de la part du Sultan des • garanties •, cet accord pouvait cesser dès qu'il s'agirait de déterminer exactement en quoi ces • garanties • devraient consister: la Russie pouvait en exiger de telles que l'Angleterre envisagerait comme incompatibles avec l'intégrité et 'la Souveraineté de l'Empire Ottoman. Le discours imprudent de Lord Beaconsfield, les paroles si graves de l'Empereur de Russie à Moscou, la mobilisation de l'armée russe, ont révélé le fond de jalousies et de craintes qu'on voulait dissimuler, d que la presse russe et anglaise ont fort envénimé depuis.

Dans ces conditions, il était d'un grand intéret de connaitre par Lord Salisbury, si et jusqu'à quel point l'Angleterre aurait admis ,les garanties que la Russie demanderait, et qui devaient se résoudre dans une intervention ou occupation armée. Lord Salisbury n'est resté ici qu'une journée, juste le temps d'etre reçu par l'Empereur et de conférer avec le Prince de Bismarck, mais sans voir aucun diplomate étranger. Je souhaite que, à Rome, il ait parlé à creur ouvert avec le Ministre des Affaires Etrangères de Votre Majesté. Ici à Berlin, je tiens de bonne source qu'il a produit une bonne impression, en faisant comprendre qu'il se rendaU à Constantinople sans avoir aucun parti pris, disposé à examiner les désirs des autres Puissances et à les concilier autant que possible avec ceux de ,l'Angleterre. Il se rendait compte des difficultés inhérentes à la situation de la Russie.

Ce serait là de nouveau un bon symptome, mais, si je puis m'exprimer ainsi, trop négatif. Un plénipotentiaire ne peut parler autrement que de son propre bon vouloir; à moins de déclarer qu'il est résolu de casser les vitres à tout prix. Il serait heureux que l'Angleterre voulut réellement tenir compte de la position dans laquelle se ,trouve la Russie. Il parait en effet que ce Pays a pris le mors aux dents et a.ue le Tsar ne, peut guère plus le diriger à son gré. Car, quant à l'Empereur Alexandre, ses sentiments personnels sont connus. Il ne veut, ou plutot il ne voulait, pas de guerre: mais le sentiment slave a pris le dessus: on l'a laissé peut-ètre trop se développer, pour qu'il soit encore possible de le maitriser, sans lui donner au moins une satisfaction partielle.

En somme, les indices que je recueille indireotement sur l'attitude de Lord Salisbury, ne permettent d'autre conclusion sinon que l'AngJeterre arrive à la conférence sans avoir le pian préconçu de mettre le holà à toute prétention de la Russie, et que les paroles belliqueuses de M. Disraeli, maintenant lord Beaconsfield, ne doivent pas etre prises au pied de la lettre: mais que l'Angleterre n'en est pas moins decidée à ne pas sacrifier toutes ses craintes et toutes ses prétentions pour la conservation de la paix. Celle-ci reste fort douteuse.

(l) Cfr, n. 549.

594

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, A VITTORIO EMANUELE.. II

(ACR)

L.P.2. Berlino, 28 novembre 1876.

Le Prince de Bismarck qui était rentré à Berlin pour conférer avec Lord Salisbury, est venu me voir avant hier, ainsi que le veut l'usage établi à l'égard des envoyés étrangers qui ont le rang d'Ambassadeur.

Notre conversation s'est portée bientòt sur les affaires d'Orient, et j'attache un prix spécial à ce que Votre Majesté connaisse l'opinion du Prince de Bismarck sur les graves événements aux quels nous assistons en ce moment.

Le Prince de Bismarck a au fond une médiocre confiance dans les négociations qui vont s'ouvrir à Constantinople. Meme si elles devaient aboutir, en résulterait-il autre chose, pense-t-il, qu'un compromis dont les chances de durée ne seraient pas sérieuses? Il vaut presque mieux que les fusils et les canons partent, puisqu'ils sont chargés. L'essentiel serait de faire en sorte que la guerre restat loca<lisée entre les principaux intévessés, la Russie et la Turquie. Cette dernière aura probablement le dessous et paiera • les pots cassés •, ce qui n'est que justice, depuis les horreurs dont la Bulgarie a été le ,théatre. Au surplus la Russie n'a pas besoin d'une conquete: il lui faut une victoire: après un succès, les négociations deviendront plus facnes et fructeuses. L'Empereur Alexandre a solennellement déclaré qu'H poursuivait, non pas des conquetes, mais seulement une amélioration du sort des chrétiens de la Turquie. Dès lors, il ne doit pas etre impossible de localiser la guerre, quand meme l'Angleterre croirait indispensable de planter son drapeau sur les rives du Bosphore, pour garantir la ville de Constantinople et le passage des Dardanelles.

Dans ces conditions, la meilleure des politiques pour l'Allemagne, es,t la politique d'abstention. Aussi le Prince de Bismark ajoutait que ici, malgré tout, on ne donnerait ni un homme ni un écu à la Russie.

Il est vrai que cette attitude répond aux intérets les plus urgents aux

quels le Prince de Bismarck doit veiller. Avec la France pour voisine, l'Alle

magne doit rester l'arnie de ses amis: elle ne doit, ni s'aliéner la Russie, ni

donner ombrage à l'Autriche, que par le fait elle paralyse comme la France.

CeUe politique est faite pour maintenir la paix, ou au pis aller pour localiser

la guerre, tout en étant spécialement amicale et utile pour la Russie.

Nous avons, de notre còté, tout avantage à perséverer dans la meme

lign:e de conduite. Et le Prince de Bismarck s'est plu, avec moi, à reconnaitre

que Vostre Majesté et Son Gouvernement avaient témoigné de leurs sympa

thies et de leurs bons rapports avec l'Allemagne. Le changement de Ministère

n'a en rien modi,fié le programme de notre politique internationale. Seulement,

j'ai fait remarquer au Prince de Bismarck que, si l'Allemagne n'a pas des

intérets directs en Orient, il n'en était pas ainsi pour l'Italie. Tout ce qui modifierait désavantageusement pour nous la répartition des forces sur la Méditerranée et sur l'Adriatique, nous obligerait à aviser à nos intérets spéciaux. Il faut nous tenir prets, car, si l es efforts de l'Allemagne pour localiser la gue·rre devaient échouer, le moment viendrait d'examiner dans quelle mesure il conviendrait de nous départir de notve réserve.

Après le passage ici de Lord Salisbury, il est bon de prendre note que le Prince de Bismarck croit plutOt à une guerre, qu'à une solution pacifique de la question d'Orient, et que son espoir bien fondé est de localiser cette guerre entre la Russie et la Turquie: que la meilleure poUtique pour lui, est la politique d'abstention, mais que, au fond, son intéret est de conserver l'alliance de la Russie, de préférence à toute autre. L'Autriche serait poussée d'instinct en sens contraire.

Aussi longtemps que le Prince de Bismarck réussira à empecher que cet équilibre so1t rompu, je crois que notre intéret est de nous abstenir ainsi que l'Allemagne, .tout en restant sur le qui-vive.

595

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1383. Pietroburgo, 29 novembre 1876, ore 17,15 (per. ore 18,15).

J'ai été voir Gortchakoff à Tsarkoeselo. Je lui ai dit Que l'appui du Gouve·rnement du Roi était acquis à tout projet ayant pour effet d'amener la paix et une amélioration sérieuse du sort des chrétilens de Turquie, assuré par des garanti-es efficaces. J'ai ajouté cependant que tout en réservant les décisions du Gouvernement du Roi au sein de la conférence, je pouvais dès à présent lui dire que nous désirons eviter l'occupation et qu'en tout cas, nous ne pourrions donner notre consentement à l'occupation autrichienne, austro-russe. J'ai prié Son Altesse de vouloir, de son còté, me faire part des intentions du Gouvernement russe, spécialement en ce qui concerne les garanties. Son Altesse m'a répondu que le Gouvernement de S.M. l'Empereur considérait toujours l'occupation comme la meilleure et meme comme la seule garantie réelle et efficace; Q.Ue toutefois, il ne se refusait pas d'examiner au sein de la confévence tout autre proj.et de garantie qui présentàt un caractère d'efficacité. Aux yeux du chancelier, la signature d'un traité ne constitue pas une garantie, puisqu'il s'agit précisément de se prémunir contre la violation ou inexécution des obliga.tions que l'on doit imposer à la Porte. Son Altesse m'a encore di·t que si, pendant les négociations, il se produisait dans les provinces turques des actes de barbare ou de fanatisme, les .troupes russes reoevront l'ordre d'occuper immédiatement.

596

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R.RR. 236/77. Londra, 29 novembre 1876 (per. il 2 dicembre).

Col suo dispaccio cifrato annesso a quello del 24 Novembre, n. 93 di questa Serie (1), l'E.V., accennandomi l'arrivo in Roma del Cardinale Mannlng, esprime il desiderio ch'io sappia informarla del motivo del viaggio di quell'alto Dignatario della Chiesa. A questa domanda sarebbe assai difficile di potere adeguatamente rispondere, imperocché il solito mistero, che circonda ovunque i disegni del Clero, li rende per lo più impenetrabili finché dessi non sono .tradotti ~n atto.

La difficoltà poi aumenta in questa Città che racchiude circa quattro milioni di abitanti fra i quali, secondo mi si afferma, trovansi sparsi al più 200 mila Cattolici. Tuttavia io sono in grado di dare all'E.V. alcune informazioni generali somministratemi da persona assai addentro negli affari della Chiesa Cattolica del Regno Unito, e le quali varranno a dilucidare alcune tendenze, ·e alcuni degli atti che destarono l'attenzione di codesto Ministero.

Nel Regno Unito bisogna distinguere due Chiese Cattoliche, quella d'Irlanda e quella d'Inghilterra; la prima ha per capo il Cardinale Mac-Cullogh, la seconda il Cardinale Manning.

Quest'ultima può dirsi di recente creazione, e si manifestò allorquando Pio IX stabilì improvvisamente, in Inghi·lterra, la Gerarchia Cattolica, atto che fu chiamato dal partito protestante • the Pope's aggression •. La Chiesa Irlandese, quantunque in sospetto ai Protestanti, non aveva, prima dell'emancipazione, cessato di avere esistenza riconosciuta colla sua Gerarchia di Vescovi. Prima che Monsignore Mac-Cullogh fosse chiamato alla Sede di Dublino, nel Clero Irlandese, per le nomine dei Dignitarii, si seguiva un sistema che si accostava agli usi della primitiva Chiesa, e si fondava su principi che diedero luogo, per parte del Clero Irlandese, a dichiarazioni analoghe a quelle della Chiesa Gallicana del tempo di Bossuet. Trattandosi di provvedere ad una Sede Episcopale, i primari Dignitari Ecclesiastici dell'Irlanda componevano una terna di nomi da sottoporsi all'approvazione della Santa Sede, ed era d'uso che questa scegliesse sempre quello ch'era portato il primo in nota.

Così erano regolate le cose sino all'epoca dell'ultima vacanza della Sede Arcivescovile di Dublino. Allora, come al solito, si mandò a Roma la rosa di tre Candidati, ma, con gran sorpresa, il Papa respinse i tre nomi proposti, e nominò invece Arcivescovo di Dublino il Signor Mac-Cullogh, Direttore del Collegio Irlandese di Roma, e che da molti anni non aveva veduto il paese natale.

Questa nomina non ·tralasciò di fare grande impressione in Irlanda, e specialmente nel Clero, ma questo tacque per spirito di disciplina, e Monsignore Mac-Cullogh prese possesso della sua Sede, e con ciò inaugurò il sistema

dell'assolutismo Papale, che poscia venne trasformato in dogma; così sparve

del tutto quel raggio di libertà che aveva sostenuto il Clero Irlandese contro

le persecuzioni del partito Protestante.

Ma ciò non accadde senza una sorda riluttanza, per parte principalmente

del Clero superiore. Le frequenti visite del Cardinale Franchi al suo amico

il Cardinale Mac-Cullogh, ebbero, senza dubbio, per oggetto di attutire quella

resistenza ·e di fare prevalere il principio che la forza del Clero stava nella

sua unione sotto l'autorità assoluta del Santo Padre.

Monsignor Mac-Cullogh fu ricompensato del suo zelo col cappello Cardi

nalizio, e si ritiene che, attualmente, egli sia div.entato uno dei più fieri soste

nitori delle teorie del Vaticano.

La Chiesa Cattolica Inglese aveva fatto due importanti conquiste coll'at

trarre nel suo seno due rinomati Ministri Anglicani, i Reverendi Newmann e

Manning.

Ognuno di essi portava però con sé alquanto di quella indipendenza di

spirito, ch'è propria dei Ministri Protestanti. Ma il Rev·erendo Manning, chia

mato all'alta Sede Arcivescovile di Westminster, diventava ogni giorno più

ascetico •e di disciplina severo, per se stesso e per gli altri, per cui non tardò

ad acquistare, fra i suoi correligionari, la reputazione di santo che, unita ad

un talento incontestabile, lo resero agli occhi del Santo Padre meritevole della

Porpora Romana.

Al contrario H Reverendo Newmann, conservando sempre quella indipendenza di spirito ch'egli credeva conciliabile col più puro Cattolicismo, si mise all'infuori delle dignità della Chie·sa, e si limita ora a dirigere, cristianamente, i fedeli affidati alle sue cure, e di essere uno dei grandi scrittori della Chiesa.

Il Signor Gladstone, che fu compagno di studi col Cardinale Manning, lo considera come un fanatico, mentre professa la massima riverenza per il Dottore Newmann, di cui egli ammira le virtù e l'alto ingegno. A proposito di questo giudizio, bisogna ricordare che il Signor Gladstone è protestante e ardente religioso, ma nemico di Monsignor Manning.

Il Cardinale Manning tuttoché sottoposto di tutto animo alla Santa Sede, volle però conservare la sua libertà nella propria diocesi dove cercava di fare prevalere i principi austeri che egli professa; ma qui trovò l'ostacolo nei Reverendi Padri Gesuiti che pretendevano anche loro avere diritto a dirigere specialmente l'istruzione dei giovani Cattolici. Suscitarono contro il Cardinale Manning Monsignor Capel uomo ancora giovane, di molto spirito, amante della società, piacevole oratore, che professa la dottrina della • divozione facile •, e gran convertitore della parte più giovane e distinta del sesso devoto ·e gentile.

Da ciò nacque una lotta che non è 'tuttora ·finita, e quantunque Monsignor Manning abbia scri.tto che, prima del Natale egli sarebbe stato di ritorno a Londra, alcuni pretendono che non ci potrà rimanere e che dovrà ritornare a Roma per lasciare il suo posto ad un altro più arl'endevole alla Compagnia di Gesù.

Da quest'esposizione l'E.V. scorgerà che la Santa Sede prosiegue tenacemente il suo compito ch'è di fare soggiacere H cattolicismo alla più assoluta sottomissione. Essa lotta per vincere gli ostacoli che tuttora le si affacciano e molte delle cose che vediamo vi trovano la loro spiegazione. Senza dubbio 11 Vaticano si preoccupa anche della vacanza della Santa Sede e sta tutto preparando per il trionfo dei principi che desso ha inalberato.

(l) Cfr. n. 580.

597

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI (l)

R. 50. Pietroburgo, 29 novembre 1876 (per. il 9 dicembre).

Conformemente alle istruzioni che V.E. m'impartì con telegramma del 27 corrente (2), mi recai oggi a Tsarskoe-Selo presso il Principe Gortchakow ed ebbi con Sua Altezza una conversazione della quale mi fo premura di renderle conto.

Annunziandogli per oggi stesso l'arrivo a Roma del Marchese di Salisbury, dissi al Principe Cancelliere che il Governo del Re desiderava che il Plenipotenziario di Sua Maestà Britannica trovasse in Italia e ne portasse un'impressione favorevole al mantenimento della pace ed allo scopo che, al pari del Governo Russo noi ci proponiamo di ottenere: cioè un miglioramento vero, serio 'e durevole della sorte delle popolazioni Cristiane della Turchia.

• Vostra Altezza non deve dubitare, soggiunsi della sincerità e della fermezza delle nostre intenzioni su questo doppio scopo. L'Italia ha un potente interesse al mantenimento della pace e nutre ad un tempo vive simpatie per le popolazioni oppresse e vivo desiderio di vedere svolgersi presso di esse i principii di civiltà e di sociale progresso. L'azione della Diplomazia Italiana è quindi assicurata in seno alla Conferenza futura pel sostegno di ogni combinazione che ~tenda al conseguimento del doppio scopo predetto. Io non sono abilitato dalle mie istruzioni ad ~entrare ora nei minuti particolari delle questioni sulle quali la Conferenza è chiamata a deliberare. Riservo perciò le decisioni del Governo del Re in seno alla Conferenza stessa ed a tempo opportuno. Però fin d'ora posso dire che il Governo di Sua Maestà desidera che si eviti ~la soluzione estrema e pericolosa dell'occupazione milita11e delle provincie Turche *e segna,tamente non potrebbe dare il suo consenso ad un'occupazione Austriaca od Austro-Russa •. *

Premesse queste avvertenze, che avevano in certa guisa un'anticipata conferma nel rendiconto di una recente conversazione di V.E. col Barone Uxhull, da Questi mandata in via telegrafica, pregai il Principe Cancelliere di parteciparmi il suo modo di vedere sulla fase presente della questione.

L'E.V. sa che il Principe Gomchakow non ama entrare nei particolari delle riforme che secondo le intenzioni del Govevno Russo devono essere chieste ed all'uopo imposte alla Turchia.

Egli evita di spiegarsi su questo punto e si limita a dire che le proposte del Governo Russo come quelle degli altri Governi saranno sottoposte alla

Conferenza ed esaminate e discusse da essa. Del resto la difficoltà non è tanto nella questione delle riforme, quanto in quella di dare alla loro esecuzione guarentigie efficaci e reali.

Si è perciò su questo punto speciale delle guarentigie che io ho insistito per conoscere più intimamente il pensiero del Principe Gortchakow.

Ho chiesto anzitutto al Principe se egli non credeva che un Trattato solenne firmato dalla Porta e dalle Grandi Potenze non potesse costituire di per sè solo una guarentigia sufficiente di esecuzione. Sua Altezza non esitò a dichiararmi che la firma d'un Trattato non può costituire una guarentigia reale ed effettiva, giacchè questa appunto è richiesta per assicurare l'esecuzione delle stipulazioni che dovranno essere imposte alla Turchia, che è quanto dire, per assicurare l'esecuzione del Trattato stesso. Il Principe Cancelliere mi disse per contro, confermando quanto mi aveva detto nell'ultimo colloquio che avevo avuto con lui, che, nel pensiero del Governo Russo, la migliore ed anzi la sola guarentigia possibile, la sola efficace e reale, consiste nell'occupazione militare delle provincie Turche. Però soggiunse che il Governo Russo non si rifiutava ad esaminare in seno alla Conferenza quelle altre proposte di guarentigie che potessero essere fatte dai varii Governi e che le avrebbe prese in considerazione, purchè si trattasse di guarentigie veramente efficaci e reali. * Ma ripetè ch'egli non crede che non si possano trovare guarentigie di tal fatta all'infuori della forza armata, all'infuori cioè di un intervento estero armato, quale che sia la forma e la modalità di un tale intervento.*

Sua Altezza mi disse poi che se durante i negoziati si producessero per avventura nelle provincie Turche nuovi atti di barbarie provocati dal fanatismo Musulmano a danno delle popolazioni cristiane, !',esercito Russo avrebbe l'ordine di procedere all'occupazione immediata.

Da questo linguaggio del Principe Gortchakow risulterebbe adunque in sostanza (ed è quanto importa specialmente di constatare) che pur persistendo nella convinzione che non vi sia altra efficace guarentigia fuorchè l'occupazione militare, il Governo Imperiale di Russia non esc,lude però a priori altre combinazioni ed altre proposte che siano presentate alla conferenza e che siano dimostrate atte a conseguire il fine proposto, cioè una guarentigia effettiva di esecuzione.

(l) -Ed., ad eccezione dei brani tra asterischi, in LV 22, pp. 457-458. (2) -Non pubblicato.
598

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI (l)

D. 199. Roma, 30 novembre 1876.

*Nell'ultimo mio dispaccio in cui Le esponeva le idee del R. Governo circa alcuni punti che si ha ragione di credere abbiano a servire di base pei negoziati che stanno per aprirsi in Costantinopoli, io mi riservava di esporle

50 -Documenti diplomatici -Serie Il -Vol. VII

alcuna cosa circa le guarentigie da domandarsi per la completa esecuzione di ciò che fra le Potenze sarà deliberato. Desiderava, prima di toccare a questo argomento, di raccogliere le impressioni che, in occasione del viaggio di Lord Salisbury, si sono prodotte in Francia, in Germania ed in Austria, e di avere, io stesso, un concetto più preciso delle disposizioni di cui è animato il principale negoziatore inglese. La pubblicazione, avvenuta nel frattempo del dispaccio del Cancelliere Imperiale di Russia al Conte Schouwaloff, in data del 19 Novembre, e della lettera particolare diretta a quel diplomatico il 3 Novembre, dal Principe Gortchakoff, hanno rischiarato alquanto la situazione, per ciò che concerne le intenzioni della Russia e le sue disposizioni rispetto alla Gran Bretagna. Io mi trovo, dunque, in grado, oggi, di scriverle con maggior cognizione di causa intorno al punto più delicato della presente controversia.*

A Parigi, Lord Salisbury produsse l'impressione d'un negoziatore che vorrebbe la pace ad ogni costo, ma che non spera di poterla ottenere. Sembra che, al primo giungere a Parigi, il Ministro Inglese dimostrasse somma diffidenza nell'esito delle Conferenze, temendo che al primo aprirsi delle medesime la Russia volesse porre una specie di Ultimatum che avrebbe reso impossibili le discussioni e gli accordi. Ma queste impressioni furono modificate assai dai colloquii che Lord Salisbury ebbe col Duca Decazes e cogli altri Ministri dirigenti coi quali ebbe ad abboccarsi a Berlino ed a Vienna. Notizie che mi vengono da Parigi e che ho ragione di credere esatte recano che un accordo esista fra le tre Corti Imperiali circa un piano di proposte che il Plenipotenziario di Russia sarebbe incaricato di esporre in limine alla Conferenza. Ma per quanto io abbia cercato di scuoprire in qual ordine la Russia intenderebbe che le varie questioni venissero presentate alla Conferenza non giunsi ad avere in proposito delle informazioni positive. Dal linguaggio che mi ha tenuto fino a questi ultimi giorni il Barone di Uxkull, non meno che da quanto emerge dai documenti pubblicati, io sarei disposto a credere che veruna Po

tenza voglia intervertire l'ordine logico della discussione, epperò io mi lusingo che, prima di mettere in campo la questione delle guarentigie, si vorrà saggiamente ,esaminare l'altra questione, quella cioè delle riforme da introdursi nelle provincie che furono travagliate dalla insurrezione.

Le notizie che ho ricevute da Berlino non modificano il concetto che si ebbe finora dalla condotta politica di quel Gabinetto nella fase presente della questione orientale. Pare però che, mentre il negoziatore inglese non riporta da Berlino una impressione ben positiva dell'atteggiamento che la Germania potrà assumere nelle varie fasi della questione, il Gabinetto tedesco invece ha trovato nel linguaggio di Lord Salisbury una ragione di particolare soddisfazione; poichè da questo linguaggio ha potuto conchiudere essere il Governo britannico disposto a tener conto delle diffico-ltà inerenti alla posizione della Russia e ad adoperarsi per il miglioramento della sorte dei cristiani in modo compatibile col rispetto della sovranità della Sublime Porta.

Da Vienna mi fu riferito che il linguaggio di Lord Salisbury non vi avrebbe prodotto una eguale soddisfazione. Il negoziatore Inglese, nel suo colloquio col Conte Andrassy sul regime da introdursi nelle provincie slave, si sarebbe pronunziato in un senso molto più largo di quello che al Gabinetto AustroUngarico sembra accettabile. Né sarebbe nata un'impressione che, qualora l'Inghilterra sostenesse in seno alla Conferenza 'lo stesso ordine di idee, i negoziati anderebbero rotti dopo poche sedute.

Sostanzialmente le impressioni raccolte dagli Ambasciatori di Sua Maestà, e ch'io venni fin qui riassumendo, sono confermate da quelle che io stesso riportai questa mattina in un lungo colloquio con Lord Salisbury. A me non rimane dubbio circa le disposizioni pacifiche del Governo Inglese e la sua risoluzione di assecondare le idee della Russia per introdurre delle riforme efficaci nelle provincie slave dell'Impero Ottomano e per assicurarsi con opportune guarentigie contro il pericolo che tali riforme abbiano a rimanere, come tant'altre, lettera morta. Nel nostro colloquio non furono toccati i particolari della questione relativa al regime interno delle provincie summenzionate. Ma intorno a due altri punti la nostra conversazione ebbe un sufficiente sviluppo, perché dall'una parte e dall'altra ne rimanesse un'impressione abbastanza ,esatta. Questi due punti concernono la base giuridica dell'azione diplomatica che si svolgerà nella Conf,erenza di Costantinopoli e le eventuaHtà d'una esecuzione miUtare nelle provincie turche per opera di mHizie straniere.

* Debbo premettere che l'insistenza con la quale negli ultimi giorni si è attribuito al Gabinetto di Pietroburgo il progetto di intervenire ad ogni costo col suo esercito nei paesi ottomani ha vivamente preoccupato il Governo di Sua Maestà, il quale dallo scambio di comunicazioni che ebbe col Gabinetto Imperiale dovette acquistare la convinzione che, se l'occupazione non è una risoluzione presa definitivamente ed irrevocabilmente dalla Russia, è però considerata da quella Potenza come la migliore e forse la sola guarentigia che l'Europa può dare a se stessa della perfetta esecuzione delle deliberazioni eh sarà per prendere. Io trovai Lord Salisbury non meno preoccupato di me delle eventualità in cui non si potesse eliminare dalla discussione il progetto di occupazione. Dissi al negoziatore inglese che l'Italia prescindendo anche dalle ragioni generali che fanno desiderare che si eviti qualunque operazione militare di cui difficilmente sarebbero pr,evedibili le ultime conseguenze, ha un interesse suo proprio ad evi,tare che si ricorra ad un mezzo di azione così pericoloso. * Questa ragione speciale consiste nella necessità politica che sorgerebbe per l'Austria di occupare la Bosnia e l'Erzegovina qualora i Russi entrassero in Bulgaria. Se puossi disputare circa gli effetti che, al punto di vista della sovranità del Sultano, potrebbe produrre la occupazione russa in una provincia che è separata dal territorio dell'Impero da principart;i godenti d'una perfetta autonomia, non si può egualmente mettere in dubbio la conseguenza che avrebbe la presenza degli austriaci in provincie finitime a quei paesi slavi dei quali, almeno in principio, la insurrezione trasse incoraggiamento ed appoggio. Nessuno ignora che, per opera segnatamente del Clero cattolico, le popolazioni della Bosnia e dell'Erzegovina ebbero già a manifestare voti per la loro annessione ai paesi slavi della Monarchia austriaca. Questo movimento potrebbe farsi ben più forte, e divenire irresistibile, se la presenza delle truppe Imperiali permettesse a quelle popolazioni un solenne pronunciamento. Ora questa eventualità è considerata dall'Italia come contraria direttamente agli interessi che risultano dalla sua posizione sul mare Adriatico. Non è dunque

possibile per l'Italia di assecondare le proposte che potrebbero condurre a questo risultamento. Lord Salisbury, benché sembri convinto che il Governo Austro-Ungarico sia contrario a qualunque progetto di occupazione militare, mi parve entrare nell'ordine di idee che ci è proprio, ma non si espresse in modo abbastanza chiaro perché io potessi comprendere entro quali limiti l'InghHterra far,ebbe opposizione ai progetti di occupazione. Debbo aggiungere che siccome nello scambio di idee avvenuto durante il soggiorno dell'Imperatore Alessandro ad Ems s'era parlato genericamente della applicazione da farsi di quello stesso r,egime che le Potenze avevano introdotto nel Libano, io stimai opportuno di far osservare a Lord Salisbury che qualora alla occupazione militare per parte di una Potenza straniera si volesse dare quello stesso carattere che ,ebbe l'occupazione francese in Siria, e regolarne la durata e l'importanza numerica delle forze come fu fatto colla Convenzione di Parigi del 5 Settembre di quell'anno, l'Italia non avrebbe le stesse obb1ezwn1 da opporre, ma rimarrebbe tuttavia ferma nel suo convincimento che l'intervento austriaco debba evi,tarsi come di tutti il più pericoloso.

* Nello svolgersi della conversazione circa le guarentigie che la Russia potrebbe domandare, occorse più volte di accennare alle disposizioni del Trattato di Parigi del 1856 ed alla posizione rispettivamente fatta da quel

trattato alla Turchia ed alle Potenze garanti. E siccome io aveva letto nel dispaccio del Principe Gortchakoff al Conte Schouvaloff che il punto di diverg,enza esistente fra la Russia e l'Inghilterra consisteva principrumeme nella risoluzione attribuita al Gabinetto di Londra di voler mantenersi fermo nel ricercare il modo di conciliare lo scopo che ora tutti vogliono raggiungere , con le disposizioni laterali del 'trattato del 1856, così io stimai opportuno di fare osservare al mio interlocutore che l'azione delle Potenze nella Conferenza che sta per aprirsi a Costantinopoli non aveva la sua base giuridica in quel Trattato, ma bensì nel carattere di mediatore che i singoli governi avevano assunto e che la Turchia aveva riconosciuto accettando che, per opera dei medesimi, si ristabilisse la pace così profondamente turbata non solo nei Principati di Serbia e del Montenegro, ma anche tra le popoJ.azioni di tre sue importanti provincie. Svolsi quindi a Lord Salisbury il concetto seguente: non trattarsi ora di una Conferenza riunita in forza dell'art. 8 del Trattato di Parigi, ma bensì dello sviluppo naturale che deve avere l'azione mediatrice dei Governi che indussero i Principi di Serbia e di Montenegro a rimettere nelle loro mani la causa per cui essi avevano impugnate le armi. Trattasi dunque, a mio credere, di stabilire fra le Potenze le clausole di un vero e proprio atto di mediazione il quale dev'essere accettato tanto dalla Turchia che dalle altre parti combattenti, e che deve avere quindi tutte le guarentigie che sono proprie degli atti di tale natura. Fra queste guarentigie la più essenziale consiste nella facoltà che i mediatori possono riservarsi di vegliare essi stessi alla esecuzione dell'atto di mediazione in tutte le sue particolarità. Epperò, quando si adottasse questo concetto, ne emergerebbe, di pien dirHto che le

Potenze, riunite a Costantinopoli, continuerebbero, o direttamente per mezzo della Conferenza, o per mezzo di delegati appositi, a vegliare alla esecuzione delle loro risoluzioni.

Lord Salisbury mi sembrò apprezzare questo nostro punto di vista, il quale, come Ella vede, consente alle Potenze che si adotti una condotta che, senza derogare nelle linee generali ai principii conservatori che hanno prevalso nel 1856 a Parigi, loro permette di esaminare, con una completa libertà di giudizio, ciò che vi ha di mutato nella situazione della Turchia per .effetto della esperienza compiutasi durante gli ultimi venti anni.

La S. V. Illustrissima ben comprende che, qualora i Plenipotenziari dei sei Governi riuniti in Conferenza preliminare, dichiarassero di volere intraprendere un aHo di vera e propria mediazione, il procedimento dei negoziati dovrebbe corrispondere allo scopo che si tratterebbe di raggiungere. Ne nascerebbe la conseguenza che le conferenze preliminari acquisterebbero una impodanza molto maggiore di quella che forse alle medesime si voleva dare da principio, poiché è naturale che l'atto di mediazione dovrebbe essere elaborato in ogni sua parte fra le sole Potenze mediatrici prima di ·essere proposto all'accettazione della Turchia.

Le disposizioni nelle quali persevera il Governo Ottomano e di cui trovo la conferma nei Rapporti di V. S. Illustrissima, potrebbero, ben lo comprendo, essere un grave ostacolo per il buon esito dell'azione mediatrice che si tratterebbe di esercitare, ma io credo che si otterrebbe, col procedimento suindicato, un vantaggio che nelle circostanze verifica,tesi in questi ultimi giorni non è certamente disprezzabile. Dappoiché l'Inghilterra e la Russia possano trovare un terreno comune sul quale l'una e l'altra sono disposte a procedere concordi, si può sperare che col concorso di entrambe, si stabilisca un piano generale di riforme che dia larga soddisfazione alle esigenze del Governo di Pietroburgo. E quando questo piano sia presentato alla Turchia come l'espressione della volontà unanime delle Potenze, l'autorità di queste non sarà probabilmente senza efficacia sulle definitive risoluzioni della Sublime Porta.

La S. V. che conosce perfettamente il pensiero del Governo del Re in tutto ciò che riguarda 'la particolarità delle questioni che potranno venire in discussione, troverà in (!uesto mio dispaccio le direzioni generali da seguirsi al momento in cui si aprirà la Conferenza. La situazione estremamente mutabile, che è creata dalla incertezza in cui si trovano i varii Governi sulle precise intenzioni degli altri, non consente a che si tracci una via da seguirsi in previsione dei varii casi che potrebbero presental'si. Ma se, come io credo, nei pochi giorni che ci separano dalla prima riunione dei Plenipotenziari in Costantinopoli nulla verrà a modificare la situazione quale oggi ci appare, io non

credo che avrò da modificare sensibilmente per telegrafo queste istruzioni generali; alle quali voglio solo aggiungere, per ultimo, che nelle norme che a Lei sono tracciate Ella troverà indicata la via da seguire per adoperarsi efficacemente a stabilire una perfetta intelligenza tra i Plenipotenziarii inglesi e l'Ambasciatore di Russia, procurando che fra i medesimi si mantenga quella reciproca fiducia che sola può assicurare autorità sufficiente all'opera della Conferenza.*

(l) I brani tra asterischi sono editi in LV 22, pp. 450-453.

599

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT E AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 785. Roma, 1 dicembre 1876, ore ... (1).

(Per tutti). J'ai ,eu un long entretien avec lord Salisbury. Il m'en reste une impression satisfaisante. Les idées pacifiques e,t la juste appréciation qu'il fait des exigences de la situation aotuelle aussi bien pour la Russie que pour les autres Puissances, me font espérer que l'reuvre de la conférenoe ne sera pas stérile. Je crois qu'il y a possibilité d'une entente sur une base très-large entre la Russie et l'Angleterre pour fixer les conditions de la pacification en Orient. En attendant, je crois avoir compris que lord Salisbury n'a pas d'idée arretée et que son esprit n'est pas prévenu contre la possibilité d'une entente sur les réformes entre l'Angleterre et la Russie, ,entente à laquelle les autres Puissances adhèreraient certainement et qui exercerait le plus salutaire effet sur les résolution de la Sublime Porte. Les dispositions que nous connaissons de cette dernière nous font désirer plus que jamais que l'action des Puissances ait à s'exercer avec toute l'autorité et la vigueur que seule peut lui imprimer l'unanimité de leur volonté résolument exprimée dans un acte de médiation destiné à pacifier les contrées troublées de l'Orient.

(Per Berlino). Lord Salisbury s'est exprimé avec moi de manière à confirmer parfaitement les prévisions que vous m'avez communiquées dans vos derniers rapports. Le négociateur anglais n'a cependant pas une idée bien exacte de l'attitude que l'Allemagne pourrait prendre en présence des difficultés qui surgiraient dans la première phase des négociations.

(Per Costantinopoli). J'ai confié au sécretaire qui accompagne lord Salisbury un pli contenant des instructions pour vous (2). Ces instructions ne modifient les précédentes que quant au mode de procéder à l'égard de la Sublime Porte, tracé dans ma dépeche du 18 novembre (3). Je vous exprime le désir que vous ayez à profiter des bonnes dispositions du négociateur anglais pour servir, pour ainsi dire, de trait d'union entre lui et le général Ignatieff.

(Londra). Je n'ai pas eu de peine à convaincre mon interlocuteur de l'inanité des bruits Q.Ue l'on a fai,t courir sur les liens existant entre l'Italie et la Russie. Il m'a déclaré Q.u'il en était persuadé d'avance. Je crois que le voyage de lord Sa.lisbury aura pour résultat de modifìer sensiblement les idées du Gouvernement britannique à l'égard des mesures nécessaires pour éviter une solution violente de la Q.uestion orientàle. Il a avoué lui meme qu'il s'était déjà persuadé qu'à Londves on ne se faisait pas une juste idée de l'état actuel de cette question.

(Vienna). Les impressions de lord Salisbury sur Vienne se résument en ceci: il sait dit-il ce Q.ue pense le comte Andrassy, mais il comprend que le comte An

drassy ce n'est pas toute l'Autriche, et il ajoute que le comte Andrassy le sent lui-meme. Dans l'état actuel des choses, le négociateur anglais croit que le Cabinet de Vienne ne se refusera pas à s'associer à un plan de réforme trèslarge, et qu'il fera des efforts pour évi<ter la nécessité d'intervenir militairement, ce à Q.uoi il ne pourrait se soustraire si les Russes entraient sur le territoire Ottoman.

(l) -Il telegramma fu spedito alle varie rappresentanze diplomatiche fra le ore 14 e le 16.30. (2) -Cfr. n. 598. (3) -Non pubblicato.
600

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 574. Vienna, 2 dicembre 1876 (per. il 9).

Ringrazio l'E. V. per la comunicazione che Le piacque di farmi con Suo telegramma di ieri ore 4 3/4 p.m. (1), delle impressioni ch'Ella ebbe a riportare dalle conversazioni avute col Marchese di Salisbury. Ebbi così ad assicurarmi che le informazioni ed apprezzamenti che successivamente mi recai a dovere trasmettere all'E. V. intorno alle conferenze avute dal nobile Lord a Vienna, non furono contraddette, nelle linee generali, almeno, dai colloqui ch'Egli ebbe in Roma. Non posso però nasconderle, Signor Ministro, che l'impressione che il Negoziatore Inglese lasciò qui intorno all'esito della conferenza fu meno favorevole che non a Roma; infatti al Ministero Imperiale degli Affari Esteri non v'ha chi creda, se sono bene informato, al successo dei negoziati che dovrebbero fra breve incominciare. L'Ambasciatore di Turchia dicevami ancora ieri, S. E. il Conte Andrassy non avergli nascosto tal suo presentimento: il linguaggio d'altronde che quel diplomatico tiene qui è ben di natura a dar poca speranza di un felice risultato della conferenza, giacché esso accenna ad una irremovibHe intenzione di resistenza da parte della Porta. Tanto poi con Aleko-Pacha, come col Conte di Vogué, che ambedue ebbero ad interrogare il Conte Andrassy intorno all'attitudine ch'egli si proporrebbe di assumere a fronte degli intendimenti chiaramente manifestati dalla Russia a riguardo delle guarentigie da assumersi mediante un'occupazione militare, il Ministro Imperiale avrebbe evitato in modo assoluto ogni conversazione in proposito, dichiarando nulla risultargli di tutto ciò, e non credere né utile né conveniente parlare di cose che attualmente non formano ufficialmente oggetto di questione.

Constatai poi con soddisfazione dal telegramma dell'E. V. che il Marchese di Salisbury ebbe a confermarle quanto ebbi io pure a comunicarle; esser certo cioè che il Conte Andrassy farà ogni suo sforzo per evttare la necessità di un intervento militare, ma che nel caso (che io ritengo quasi fuori di dubbio) la Russia entrasse sul territorio ottomano, l'Austria-Ungheria non potrebbe esimersi dal farne altrettanto. La gravissima crisi interna che questa monarchia sta traversando, e la situazione fattagli dall'intimità esistente fra le Corti di Pietroburgo e Berlino, sono circostanze tali da rendere impossibile qualsiasi speciale poHtica Austro-Ungarica. Il Gabinetto di Vienna è fatalmente oggi trascinato a rimorchio da quelli dei due altri Imperi, e nel caso

speciale essenzialmente da quello di Pietroburgo; ogni sua azione deve tendere e tende infatti a ral·lentare la marcia che gli si impone, a eercare d'evitare i maggiori scogli che mano mano gli attraversano la strada; ma abbandonare quella compagnia per andarsene dove meglio i suoi interessi lo guiderebbero, è cosa in oggi impossibile, ed ognuno lo sente essenzialmente in Austria.

Intanto il Conte Andrassy lasciò Vienna ed andò in Ungheria, dove giornali ufficiosi dicono rimarrà fin dopo il Natale, e dove, come di consueto, portossi seco buon numero di funzionarii del Ministero per continuare a sbrigare da colà le faccende più essenziali del suo dicastero: jeri però già l'Ambasciatore di Russia recavasi a Pesth per seco lui conferire.

(l) Cfr. n. 599.

601

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 480. Costantinopoli, 2 dicembre 1876 (per. il 1.2).

Mi giunse regolarmente il telegramma che l'E. V. mi faceva l'onore di rivolgermi il l o corrente (l) affine di domandarmi se avevo trovato in questi Archivii i rapporti scriUi dal Cavaliere Durando, allorché era R. Console a Serajevo, sulle questioni agrarie e sulla legislazione speciale che regolava tale materia nella Bosnia; se non avessi rinvenuto questi documenti avessi a domandarne per telegrafo copia al R. Consolato in quella residenza.

L'E. V. s'era già compiaciuta di chiamare la mia attenzione sopra quei rapporti del Cavalieve Durando pel suo riverito dispaccio n. 178 del 4 novembre (2), e mi riuscì infatti di trovarli tra la corrispondenza di quel R. Consolato con questa Legazione. M'incombe quindi di rendere all'E. V. le mie distintissime grazie per avermi messo sulle traccie di documenti che contengono utilissime nozioni sulla questione.

Io ignoro se la Conferenza sarà per entrare in discussione sopra un argomento che prensenterebbe grandissime difficoltà. La legislazione sui rapporti tra i coloni ed i proprietari in Bosnia, e sulla situazione dei beni appartenenti al Demanio ed alla Moschea, è oltremodo vaga ed incerta, né ricevette mai, come sempre avviene in questo paese, una piena esecuzione. Senonché le condizioni di quei Cristiani sono rese maggiormente tristi e precarie dalla mancanza d'un regolare cadastro, nonché di registri dei titoli di proprietà, e dalla mala amministrazione della giustizia. Un regolare cadastro non esiste in alcuna parte dell'Impero. I titoli della proprietà consistono d'alcune parole •turche scritte su un foglio volante con inchiostro della China e quindi facilissime a mutarsi. La deplorevole Amministrazione della Giustizia è la causa precipua della pessima Amministrazione in tutto lo Stato, poiché là dove è impossibile ai Cristiani di ottenere giustizia contro i Musulmani influenti, agli uni ed agli altri di lottare contro le Autor.tà incapaci o corrotte, non può esistere regolare andamento delle cose.

Né facile sarà di portare efficace rimedio a questo stato di cose, impe

rocché sarebbe primieramente d'uopo di fare un codice di leggi e di creare

in seguito una classe di Magistrati probi ed istruiti. Arroge la difficoltà

in tutti i Paesi di introdurre delle innovazioni nelle questloni agrarie, come

si vede attualmente in !l'landa dove tanti anni d'agitazione e di sforzi fatti da'

più eminenti statisti per porvi rimedio non hanno ancora approdato ad un

risultato soddisfacente.

La Conferenza adunque, entrando in questa materia, non potrà, in ogni caso, che stabilire dei principi generali i quali avrebbero in seguito a ricevere il loro sviluppo secondo, per •esempio, le norme che erano state suggerite per la nota del Conte Andrassy del 30 dicembre dell'anno scorso.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 536.
602

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1725. Berlino, 3 dicembre 1876 (per. il 9 ).

J'ai l'honneur de remercier V. E. du télégramme qu'Elle a bien voulu me transmettre en date du l er de ce mois (l), pour me communiquer l'impression satisfaisante de son entretien avec le Marquis de Salisbury.

J'ai donné lecture de ce télégramme au Secrétaire d'Etat, en omettant seulement la dernière partie.

S. E. m'a beaucoup remercié de cette comunication, dont Elle ne manquerait pas de rendre compte au Prince de Bismarck. Le méme jugement avait été porté ici sur les idées émises par le délégué Anglais. S'il avait été sobre de paroles, les rares questions et observations qu'il avait placées, dans le cours de son entretien avec le Chancelier, démontraient du tact, une grande élévation de vues, un esprit concHiant. Il avait su faire la part des difficultés inhérentes à la situation actuelle pour chacune des Puissances. Son intention clairement énoncée, est de chercher par tout ses efforts à établir un accord général, pour assurer des réformes sérieuses et éfficaces aux chrétiens dans le Provinces de la Turquie d'Europe. Bl'ef, on pouvai<t induire de son langage, que, s'il reste livré à ses propres inspirations, son attitude ne resseroblera pas à celle suivie jusque dans ces derniers temps, par la turcophile

M. Elliot. Au reste, par ce qui a été dit ici et ailleurs à Lord Salisbury, cet homme d'Etat a dù constater que l'Angleterre resterait très probablement isolée si elle prenait fait et cause pour la Turquie. Le Chancelier lui avait parlé avec beaucoup de franchise, de manière à ne laisser aucun doute sur l'abstention de l'Allemagne en cas de conflit. Le Cabinet de Berlin se tiendraU en dehors de la lutte, pour ménager ses bonnes rela.tions a·vec la Russie, l'Autriche et l'Angleterre, et pour sauvegarder la paix de l'occident. Ces déclara·tions ont semblé produire de l'effet sur Lord Salisbury. Le rapport que celui-ci enverra à Londres, sur la tournée qu'il vient de faire dans différentes Cours de l'Europe,

ne pourra qu'erxercer une heureuse influence en faveur de la pacification en Orient. Dans ses entrevues avec Je Sultan et le Grand Vizir, il sera aussi à meme de renforcer ses arguments, pour conseiHer à la Porte de montrer plus de· condescendance envers les justes réclamations des Puissances. Pourvu que quelque démarche ou quelque discours inconsidérés de Lord Beaconsfield ne viennent pas susciter de nouveaux embarras à la diplomatie, dont la tache est déjà si ardue. Les dispositions du Gouvernement ottoman, ainsi que V. E. en fait la remarque, laissent plus que jamais à craindre qu'il fera une très vive résistance au programme anglais, pour peu que on lui donne une développement que la Porte croira contraire à sa dignité et à son indépendance. Si le Sultan cède, ce ne sera qu'en suite d'une pression très unanime et très soutenue de l'Europe. Toute récemment encore, le Chargé d'Affaires de Turquie, Turkan Bey, a reçu l'instruction d'expliquer ici pourquoi, en présence des demandes du Cabinet d'Athènes, afin que les sujets grecs dans l'Empire Ottoman fussent admis à profiter des réformes réclamées pour !es Provinces Slaves, il ne saurait étre question de limiter les concessions aux Vilayets insurgés.

Telles ont été en substance les idées développées par Mr. de Bi.ilow dans cette conversation.

Quant à la dernière phrase du télégramme précité de V. E., il est facile de s'expliq_uer que Lord Salisbury n'ait pas emporté de son rapide passage à Berlin, des idées bien nettes sur ce que ferait l'Allemagne en présence des obstacles qui se présenteront certainement dès la première phase des négociations de Constantinople. Ceux qui sont ici à poste fixe ne parviennent euxmemes, qu'à etre renseignés d'une manière très incomplète. Nous savons seulement que le Baron de Werther a l'instruction de seconder ses collègues d'Autriche et de Russie, en vue d'une entente générale sur la base du programme anglais. En cas de dissentiment entre ces deux Puissances, il doit s'employer à les

mettre d'accord. S'il ne réussit pas, il a l'ordre d'en référer à son Gouvernement, qui tàchera à son tour d'exercer un ròle de médiation. Au reste, malgré tous •les efforts qu'il se propose de faire pour amener un résultat favorable de la Conférence, le Cabinet de Berlin, n'a qu'une très médiocre confiance. Une guerre localisée lui semble inévitable. Le Prince de Bismarck l'a clairement laissé entrevoir à l'Ambassadeur d'Autriche-Hongrie. Je ne puis que me référer à ce qu'il m'a dit à moi, il y a huit jours (rapport N. 1722) (1).

J'ai interpellé le Secrétaire d'Etat sur la mission de Lord Salisbury à Vienne, S. E. m'a répondu qu'il n'avait point encore reçu de rapport du Comte de Stolberg sur ce sujet. Voyant qu'il ne voulait pas sortir de sa réserve, je me suis abstenu de pousser plus loin les investigations. Il est cependant à présumer que le Comte Karolyi, quoiqu'il n'en convienne pas, aura été chargé de faire connaitre ici les impressions du Comte Andrassy. L'extreme discrétion de M. de Bi.ilow serait-elle un indice que la situation à Vienne laisse à désirer relativement aux affaires Orientales et à l'accord des trois Empires? Je vous serais très obligé, M. le Ministre, si vous vouliez me communiquer les impressions du Comte de Robilant.

(l) Cfr. n. 599.

(l) Cfr. n. 590.

603

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 792. Roma, 4 dicembre 1876, ore 18.

Depuis que la Russie a accentué son attitude par la publication des dépeches à son ambassadeur à Londres, et que l'Angleterre a fait connaitre beaucoup mieux la ligne de conduite qu'elle se propose de suivre, une modification importante a du se produire dans les idées des différents Cabinets au sujet du modus procedendi à l'égard de la Porte. Je pense en effet que le voyage de lord Salisbury aura produi.t partout le résultat de dissiper le soupçon que l'Angleterre ne veuiUe se donner eneore une fois le ròle de défenseur de la Turquie. Dans cet état des choses, j'ai du de mon còté vous tracer de nouvelles instructions (l) qui vous seront remises le jour meme de l'arrivée du négociateur anglais. Du moment q,ue j'ai pu acquérir Ja conviction qu'une entente est possible entre l'Angleterre et la Russie quant aux réformes, je me suis attaché à chercher le moyen d'écarter autant que possible toute discussion théorique qui aurait pu ,etre la cause d'un dissentiment regrettable. J'ai donc exposé à lord Salisbury ma manière de voir sur la base juridique qu'il importe de donner aux travaux de la conférence et je lui ai dit qu'à notre avis les puissances se réunissent à Constantinople, non pas en vertu du traité de 1856, mais en vertu du droit qui leur est conféré par la qualité des puissances médiatrices, que les Principautés leur ont attribuée et que la Porte leur a reconnue. On ne saurait, en effet, invoquer, dans le cas actuel, l'article 8 du traité de Paris dont la Turquie n'a pas cru se prévaloir losqu'il en aurait été encore temps. Les Etats garants ne peuvent pas se réunir en vertu de l'article 8 pour déroger à l'article 9 de ce meme traité. Il faut donc -éviter qu'au moment de la réunion des conférences préparatoires ce traité soit invoqué pour établir le droit des puissances à s'immiscer dans les questions dont la solution peut seule assurer la paix des contrées si profondement troublée de la Turquie d'Europe. La base juridia_pe des travaux de la conférence se trouve dans la médiation qu'il s'agit d'exercer, et en ce plaçant sur ce terrain parfaitement légal tout s'explique, l'exclusion de la Porte des conférences préliminaires, aussi bien que le droit des puissances médiatrices à veiller à l'exécution complète de l'acte de médiation. Je comprends que ce mode de procéder n'est pas sans danger et sans inconvénients. Si la Porte s'était montrée plus conciliante et si on avait pu calculer sur sa déférence envers les Puissances amies, on aurait pu adopter une autre voie Qui aurait, peut-etre, mieux sauvegardé son amour propre. Mais désormais on n'a pas le choix sur le mode de procéder et je vous prie d'en conférer avec le général Ignatieff afin de le gagner à notre idée de donner aux travaux de la conférence la base juridique résultant de la médiation. Je crois que si le général, auquel il

appartiendra probablement d'ouvrir les travaux de la conférence, accepte ce point de vue, on aura obtenu dès le commencement un résultat fort appréciable. Veuillez m'informer de l'accueil que l'ambassadeur de Russie fera à votre communication.

(l) Cfr. n. 598.

604

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALISSIMO 245/82. Londra, 4 dicembre 1876.

Dopo di aver ricevuto il Dispaccio di codesto Ministero, in data del 20 Novembre p.p., Serie Politica N. 92 (1), io ebbi l'onore di parlare al Conte di Derby delle pretese mosse della Spagna contro il Marocco, in occasione della detenzione di tr,e originarii Spagnuoli fatti prigionieri dal Scheik di Wad-nun.

Il Conte di Derby mi comunicò una lettera particolare del Ministro Inglese a Tangeri dalla qua·le si rileva che, egli, essendosi messo d'accordo col Rappresentante di S. M. il Re e con quelli di Francia e di Germania per agire presso il Ministro Spagnuolo onde moderasse le sue esorbitanti pretese, questi si era mostrato oltremodo arrendevole, e sembrava avere smesso (è da supporsi per ordine del suo Governo) ogni idea di provocare una spedizione contro il Marocco.

Mi pare che questa quistione della Spagna con il Marocco non è che un sintomo di una tendenza genera,le che, di quando in quando, si manifesta in !spagna, all'oggetto sia di mantenere guerra, sia di tentare nuov,e conquiste ed annessioni, fra le quali quella del Portogallo.

Questa tendenza, che è più l'effetto dell'azione dei partiti che del desiderio generale della Nazione, deve, a parere del Conte di Derby, attribuirsi al desiderio di ogni Governo in !spagna, qualunque egli sia, di tl.iberarsi dai numerosi ambiziosi che, non trovando una posizione, acconcia ai proprii desiderii, nelle file del Governo regnante, cercano nelle cospirazioni e nelle rivoluzioni

mezzi di soddisfare la loro ambizione.

Fra questi i più terribili sono i numerosi generali che, o senza comandi;

o con comandi non loro confacenti, sono sempre pronti a fare pronunziamenti; per cui una spedizione qualsiasi di molti fatti che, altrimenti, sarebbero inesplicabili.

Siffatta necessità imposta ai Governi, che così rapidamente si succedono in !spagna, dà la chiave di molti fatti che, altrimenti, sarebbero inesplicabili.

(l) Non pubblicato.

605

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

D. 68. Roma, 5 dicembre 1876.

Nel colloquio ch'io ebbi con Lord Salisbury quando questi fu di passaggio a Roma, ho stimato conveniente di svolgere un concetto che a me sembra atto ad appianare la via verso la soluzione della questione attorno alla quale si travagliano i vari Gabinetti; il quale concetto che parve trovare favore presso l'Ambasciatore speciale di Sua Maestà Britannica consisterebbe nel porre come base dell'azione diplomatica che 1e Potenze sono chiamate ad esercitare, non già il trattato del 1856, sibbene nel carattere che ad essi è stato conferito dalla mediazione invocata dai Principati di Serbia e di Montenegro e formalmente accettata dalla Turchia.

Il Marchese di Noailles, avendo avuto notizia di questo pavticolare, è venuto da me pregandomi di somministrargli, intorno al preciso pensiero del

R. Governo, alcuna più minuta indicazione. Al quale desiderio assai volontieri mi arresi lasciando che il Marchese di Noailles pigliasse appunti di cui, cosi egli mi disse, si sarebbe valso per scriverne al suo GoV"erno.

Fremendomi che anche V.E. sia in grado di fornire in proposito ogni opportuna spiegazione, mi pregio di trasmetterLe, per norma del suo linguaggio, copia di un dispaccio che il 30 dello scorso Novembre (l) divessi, intorno a questo tema, al R. Ministro in Costantinopoli. In quel dispaccio, e più precisamente nella sua seconda parte, sono esposte le considerazioni per le quali il migliore modus procedendi si concreterebbe, a nostro avviso, in un vero e proprio atto di mediazione, il quale, tostochè sia concordato tra le Potenze, dovrebbe presentarsi alla accettazione così della Sublime Povta come delle altre parti contendenti.

606

IL CONSOLE A GINEVRA, GAMBINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. u. 161. Ginevra, 5 dicembre 1876 (per. il 7).

Mi reco premura d'informare V. E. che in data 3 corrente Cafiero e Malatesta indirizzarono una lettera circolare alle sezioni della Sviz~era Homanda per smentire che in Italia l'Internazionale segua due correnti.

L'Internazionale in Italia, dice la lettera, crede nel fatto insurrezionale ed è anarchica e collettivista. Fra breve, masse d'operaj saranno raggruppate intorno all'Internazionale ed allora si darà mano all'azione.

Cafiero e Malatesta provano i rapidi progressi fatti dalla Federazione Napoletana e parlano del Congvesso tenuto questi ultimi giorni a Firenze, il quale colla scusa di trattare sulla questione delle arti decorative riuscì di fare aderire all'Internazionale circa 20 società operaie.

Questa lettera sarebbe stata dettata da Cafiero e Malatesta per fare la guerra alle teorie del Malon.

Conviene prender nota del fatto seguente che sconvolgerebbe tutto l'ordinamento attuale dell'Internazionale e potrebbe anche in certe epoche suscitare dei disordini.

L'Internazionale Belga diramò pel mezzo del De Paepe una circolare agli Internazionalisti d'Europa perché nel loro programma abbiano ad aggiungere che i socialisti devono d'ora innanzi prendere parte attiva nelle elezioni ed in tutte le altre questioni politiche.

Nel Belgio, tale movimento è diggià cominciato; non si sa ancora cosa decideranno le altre Federazioni.

Il Bureau Federale decise di tenere una riunione privata a Vevey ai primi di Gennajo. A tal uopo sono invitati i membri del Giura Bernese per discutere sui mezzi atti a far progredire la propaganda per la Rivoluzione Sociale.

Ho ricevuto il riverito dispaccio del 30 novembre p.p., serie politica, S.N., riservato (1), col quale l'E.V. mi domanda qualche notizia sul conto di certo Mervillon Giovanni, che abita a Palermo e si dubita essere un agente della Internazionale.

Ho immediatamente preso le opportune disposizioni per essere in grado di rispondere fra pochi giorni all'E. V.

(l) Cfr. n. 598.

607

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 483. Costantinopoli, 5 dicembre 1876 (per. il 12).

Già ebbi l'onore di dire a V. E. come la somma delle cose nelle prossime Conferenze si troverebbe nelle mani del Generale Ignatiev e di Lord Salisbury, tanto che dalla possibilità di stabilire un accordo tra di essi dipenderebbe in gran parte il mantenimento della pace in Europa. Il Marchese di Salisbury è uno de' più eminenti statisti d'Inghilterra, appartiene ad una di quelle più illustri famiglie, ed occupa una posizione elevatissima nei Consigli della Corona; di modo che si può ben dire che il Governo Britannico sederà in persona in quel consesso. Il Generale Ignatiev personifica e, fino ad un certo punto, concentra in sé la politica orientale della Russia, egli ha un carattere assoluto e perseverante, prende le cose di faccia quando fa d'uopo, le gira se gli torna conto, ascolta se stesso più che gli altri, sa benissimo quel che vuole, ed a quest'ora conosce fino a quali limiti egli andrà nelle concessioni a fare all'Inghilterra. Anche per le persone che godono dell'intimità dell'illustre diplomatico non è sempre facile di coglierne il pensiero. Però le sue parole sono sempre ascoltate con deferenza ed interesse. Discorrendo dunque ieri con esso in modo accademico sulle questioni pendenti, si venne a parlare deWeventualità di una occupazione militare di parte del territorio Ottomano, e mi diceva: • Io non presenterò l'occupazione come una condizione sine qua non dell'accordo tra

le Potenze, ma lascierò agli altri Plenipotenziari piena ilbertà di proporre quelle altre garanzie che giudicassero più conveni·enti. Se viene suggerito un mezzo che, a mio avviso, sia altrettanto efficace per garantire l'esecuzione delle riforme convenute, io sarò felice di aderirvi. Ma vedrete che in fine dei conti si verrà alla conclusione l'occupazione essere Il solo mezzo atto ad assicurare l'intento ». Aggiungeva S.E. non essere munita che di poche e vaghe istruzioni, però godere della fiducia del suo Governo e della nazione, e sapere benissimo quel che volevano, esser egli animato dalle intenzioni più concilianti, nutrir vivo desiderio d'intendersi coi Rappresentanti delle altre Potenze, e farebbe ogni sforzo per istabilire quell'accordo che è •la condizione necessaria per ottenere le opportune concessione dalla Sublime Porta; se i suoi colleghi fossero per dimostrarsi altrettanto arrendevoli egli speverebbe di riuscire nell'importante missione di ristabilire il concerto Europeo, in che consisteva il suo più vivo desiderio. Conchiudeva aver però dal suo Governo l'ordine di ritirarsi dalla Conferenza e di lasciare questa residenza se le cose non vi procedevano in modo regolare e conforme ai sentimenti predetti. Ed in quest'eventualità il Governo Imperiale assumerebbe un'azione separata, prendendo per suo conto le misure atte ad ottenere quello che credeva dovuto alla dignità ed agli interessi dell'Impero.

Queste furono le parole del Generale Ignatiew che io cercai per quanto potei di riferire testualmente all'E.V. Grande è invero la responsabilità che pesa sull'Ambasciatore di Russia, nè invidiabile la sua posizione. Egli viene a rappresentare nella Conferenza il suo Imperatore di cui conosce gli intendimenti di pace, e si .troverà circondato dai Plenipotenziari delle altre Potenze, i quali tutti rifuggono da una guerra di cui sarebbe impossibile di prevedere le conseguenze. D'altra parte egH conosce l'eccitazione che esiste presso le popolazioni della Russia, e sa trovarsi alla testa degli eserciti Imperiali alle frontiere di Europa e d'Asia due Granduchi anelanti di cogliere allòri sui campi di battaglia. Ed in mezzo a questi elementi egli avrà a lavorare per quella pace per la quale tutti facciamo i più ardenti voti.

(l) Non pubblicato.

608

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI (l)

D. 203. Roma, 6 dicembre 1876.

Tra i punti sui quali il plenipotenziario di Russia richiamerà l'attenzione della Conferenza, ha importanza speciale quello che si riferisce al disarmo della popolazione musulmana. Mi preme di porgede, a questo riguardo, alcuna avvertenza a complemento delle istruzioni che già le furono impartite. Trattasi infatti di argomento particolarmente delicato, sia per la sua intrinseca rilevanza, sia perchè il disarmo è provvedimento tale la esecuzione del quale potrebbe trascinare alla eventualità di una occupazione militare.

Noi stimiamo che giovi anzitutto distinguere, a questo riguardo, tra la situazione di fatto già preesistente prima che sopraggiungessero i casi dell'insurrezione, e quella che attualmente esiste ed è, in buona parte, effetto delle misure prese dal Governo e dalle autorità locali per rendere più agevole e sicura la repressione della rivolta. Per quanto spetta a ciò che vi ha di eccezionale nella situazione presente, non può cader dubbio o contestazione di sorta. La Sublime Povta stessa, at lato di provvedere al ritorno di ,tutte le provincie sue a condizioni normali non può sottrarsi all'obbligo di eliminare uno stato di cose che la necessità della propria difesa la indusse a tollerare, se non a promuovere nelle provincie più travagliate dell'Impero. Ma anche per ciò che concerne la condizione di fatto già preesistente ai recenti avvenimenti non può disconoscersi che questa è materia grave e degna della più attenta consideraziorre.

Se il disarmo della popolazione musulmana si voglia intendere in ,termini assoluti, nel senso cioè che per l'avvenire nè la popolazione cristiana nè la popolazione musulmana abbia facoltà di ritenere armi nelle proprie abitazioni e di portarle seco per la propria difesa individuale, ben potrebbe dubitarsi che un così radicale provvedimento corrisponda alle esigenze di contrade ove l'ord~namento sociale e la distribuzione stessa di quelle popolazioni sono cagione per cui la guarentigia della pubblica sicurezza debba affidarsi non meno all'iniziativa individuale che all'opera della autorità governativa. La proposizione relativa al disarmo dovrebbe adunque, a nostro avviso, formularsi in altri termini meglio corrispondenti alla realtà delle cose. La formula dovrebbe anzitutto escludere il privilegio di cui le popolazioni musulmane sono attualmente in possesso, ed eliminata così, per questo rispetto, ogni differenza di trattamento tra musulmani e cristiani, la facoltà di tenere e portare armi dovrebbe non già interamente sopprimersi, sibbene subordinarsi a quelle restrizioni che siano suggerite da un giusto contemperamento di bisogni locali con le esigenze della pubblica sicurezza.

(l) Ed. in LV 22, p. 455.

609

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI (l)

R. 1726. Berlino, 6 dicembre 1876 (per. il 9).

Je me suis empressé de télégraphier hier à V.E. les déclarations que le Prince de Bismarck v,enait de faire au Reichstag au sujet de la politique adoptée par le Cabinet de Berlin vis-à-vis de la question d'Orient. Le Chan

Se tale fosse stato il pensiero che ha suggerito quei discorsi il conte Launay saprà certamente trovare l'occasione per mettere in chiaro le nostre intenzioni le quali non lasciano dubbio in ciò che concerne il mantenimento delle attuali frontiere della Turchia e conseguentemente anche di quelle dell'Austria».

celier Impérial avait été amené à faire l'exposé de ses vues sur cette question par suite d'une interpellation adressée au Gouvernement par le député

M. Reichter, relativement à l'Ukase qui exige ~le paiement en or, depuis le premier Janvier 1877, des droits de douane à percevoir sur les marchandises qui de l'étranger sont introduites en Russie. Cette mesure qui équivaut à une augmentation du 35 p. % à la charge des producteurs allemands qui fournissent les marchés russes, mise en opposition avec les rapports d'amitié si intimes existants entre les deux Empires, a fourni matière à une discussion politique; d'autant plus importante que, pour le public allemand, le Chancelier n'avait pas encore exposé clairement ses intentions, et que nous sommes à la veille d'une première solution qui doit enfin trancher la question de la paix ou de la guerre en Orient.

Le Prince de Bismarck s'est montré fidèle à son programme, de rester l'ami de ses amis; ce qui implique pour lui de vouer tous ses efforts à empecher qu'il ne se produise entre eux une rupture, très genante pour ceux qui veulent garder leur neutralité, comme l'Allemagne, et comme nous. Le Chancelier Impérial a donc protesté que les adversaires du Gouvernement ne réussiront pas à ébranler l'amitié de l'Allemagne et de la Russie, amitié qui a tout l'appui de l'Empereur et des Gouvernements Allemands confédérés. Cette ami,tié n'offre au surplus aucun danger, du moment où la Russie repousse toute idée de conquete, et ne poursuit que l'amélioration du sort des chrétiens en Orient, et un état de choses qui rende impossible le retour d'horreurs telles que les carnages dont la Bulgarie a été le théàtr~e. Ce double but constitue en réalité le seui • desideratum • de l'Allemagne, qui de son còté n'a aucun intéret direct en Orient. En meme temps le Prince de Bismarck affirme que l'alliance des trois Empereurs subsiste telle qu'elle a été originairement établie, et cela malgré ,}es bruits de désaccords entre la Russie et l'Autriche Hongrie, répandus par des journaux autrichiens. Cette triple alliance ne se propose nullement un objectif hostile à d'autres Puissances. On aurait tort de le croire. Elle n'est pas nommément dirigée contre l'Angleterre, où il peut s'etre produit parfois des sentiments de mauvais humeur envers l'Allemagne, mais pour qui l'Allemagne ne nourrit que des sentiments traditionnels de bienveillance. Dans ces conditions générales, l'Allemagne ~est à meme de rester fidèle à son programme de paix et de neutralité, et d'exercer dans ce but une action conciliante entre les Puissances directement intéressées dans la question, dans la mesure et pour autant que cette action est accueillie par elles de bon gré. Le seul obstacle auquel on pourrait se heurter, serait la prétention éventuelle d'un des alliés de vouloir que l'Allemagne prit son parti d'une manière hosti1e à l'autre allié. Mais rien de pareH ne lui a été demandé.

La ligne de conduite que le Cabinet de Berlin se propose de suivre, a été définie ainsi par le Chancelier de l'Empire: tàcher avant tout d'amener un accord général qui écarte la triste éventualité d'une guerre: -dans le cas où on ne puisse y parvenir, en présence d'une Russie résolue, le cas échéant, à aller de l'avant pour son compte, faire tout ce qui est possible pour localiser la guerre entre la Russie ~et la Turquie, et pour empécher qu'elle ne devienne une guerre européenne: -si, malgré tout, on ne reussit

51 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

pas à év1ter un conflit ,européen, alors il s'agira d'un nouvelle situation, sur laquelle le Prince de Bismarck s'est abstenu de se prononcer.

Dans ces derniers temps, les journaux allemands et étrangers, ont reproduit avec force commentaires quelques conversations politiques que le Prince de Bismarck avait eues avec des membres du Reichstag, dans l'intimité. Il est difficile de savoir si ces sortes de compte-rendus sont entièrement exacts. Quoiqu'il en soit, on avait été généralement surpris de la chaleur avec laquelle l'homme de Etat Allemand parlatt d'une solidarité entre l'Allemagne et l'Autriche-Hongrie et de la necessité le cas échéant de garantir l'existence de ce dernier Empire. Dans le discours public d'hier, l'amitié entve les deux Etats a eu sa bonne mention, mais on ne trouve pas l'expression d'une sollicitude, aussi vive et aussi inquiète qu'elle se serait manifestée dans ,les conversations dont je parlais plus haut. Je pense que certaines de ces allusions, en admettant leur exactitude, doivent s'appliquer aux dangers que feraient courir à l'Empire Austro-Hongrois ses dissentiments intérieurs, bien plus que des ennemis étrangers intéressés à sa ruine. Il ne faut pas oublier que dans la presse o n ne manque pas non plus de représenter l'Allemagne comme convoitant quelques Provinces de son voisin et ami. Le Prince de Bismarck aura tenu à le rassurer.

Les principaux journaux d'ici, en exprimant leur première impression des déclarations fa1tes hier par 'le Chancelier au Reichstag, se montrent très satisfaits des intentions clairement manifestées par le Gouvernement lmpérial, de se vouer au maintien de la paix, et de garder une stricte neutralité. Au Reichstag meme le discours du Prince de Bismarck a été accueilli avec des signes d'approbation par tous les partis. V. E. le trouvera traduit in extenso dans les journaux.

(l) Appunto marginale di Tornielli: • Ringraziare e chiamare l'attenzione del conte Launav sopra l'interpretazione che in alcuni giornali di Vienna si è data alle parole del cancelliere relative alla guarentigia delle frontiere Austriache, parole che sarebbero state pronunciate in un pran7o.

610

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 487. Costantinopoli, 6 dicembre 1876 (per. il 15).

Oggi fui a visitare il Marchese di Salisbury. Dopo brevi parole sulla nostra antica conoscenza, dissi esser S.S. incaricata d'una gloriosa missione. Cui egli soggiunse: c Gloriosa se sarà possibile di riuscire •. E replicai: c Essa deve riuscire •. Si toccò poi delle varie questioni pendenti e sopratutto di quella dell'occupazione militare. Sopra questo soggetto fummo perfettamente d'accordo di evitarla ad ogni costo. S.S. suggerì di sostituirvi una Polizia organizzata sopra vasta scala, e tale da rassicurare i Cristiani.

Quanto al disarmo dei Musulmani, S.S. manifestò gravi dubbi sulla possibilità di eseguirlo, e sembrò preferive di conferire analogo diritto ai Cristiani. Gli dissi, sopra questo punto del disarmo la maggior parte dei Plenipotenziari aver concetti assai fermi. Si parlò poscia dell'amministrazione della Giustizia, sul quale argomento S. S. sembra avere idee assai larghe e risolute. Vorrebbe stabilite le regole più severe contro i Magistrati prevaricatori; non vuol neppur sentire parlare di continuare l'esclusione dei testimoni cristiani; vorrebbe introdotto tutto un nuovo codice.

Naturalmente la nostra conversazione versò sulle generali. Io insistetti doversi sopratutto cercar modo di conservare la pace, ché qualunque pace era preferibile alla guerra. Dissi da una guerra Europea non poter uscire che la fine dell'Impero Ottomano in Europa; non essere buoni amici di questo quelli che consigliavano alla Sublime Porta la resistenza; tutte le Potenze aver bisogno di pace; solo in Russia esistere una certa agitazione bellicosa la quale era mestieri di prendere in considerazione nelle deliberazioni che seguirebbero nella Conferenza. S.S. si mostrò pienamente convinta di questa verità.

Essendo indi venuti a parlare dell'inaugurazione dei nostri lavori, S.S. domandavami se non ero d'avviso sarebbe opportuno di stabilire tra le Potenze un pieno accordo sui punti più importanti delle controversie prima di invitare i Plenipotenziari Ottomani a partecipare alle relative discussioni. Cui naturalmente risposi esser d'avviso che questa era una condizione assai importante per la riuscita dei nostri lavori; e del resto, per la proposta Inglese cui avevano aderito tutte le Potenze, ed in seguito alla quale riunivasi la Conferenza, s'era convenuto che seguirebbero delle riunioni preliminari dei Rappresentanti delle Potenze Garanti prima d'aprire la Conferenza formale.

Questa visita mi lasciò la miglior impressione riguardo le disposizioni di Lord Salisbury, però non mi sollevò grandemente dall'apprensione che non si può a meno di provare in previsione dei gravi scogli che s'avranno ad incontrare per la via.

611

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 136. Madrid, 8 dicembre 1876 (per. il 12).

Ebbi l'onore di ricevere il Dispaccio che l'E.V. si compiacque dirigermi in data delli 10 ultimo N. 22 di questa serie (l) per impartirmi l'istruzione di unirmi alle pratiche che il Ministro britannico in questa Corte avesse già iniziato o fosse per iniziare in mira di distogliere il Gabinetto di Madrid da qualsivoglia pensiero di ingiusta aggressione contro il Marocco.

Riguardo a questa ~rtenza mi riferisco a quanto ebbi l'onore di scrivere all'E.V. nel mio rapporto delli 27 Novembre n. 132 p.s. (2).

Le osservazioni fatte dal reggente l'Ambasciata di Francia e quelle dirette allo stesso Presidente del Consiglio, Signor Canovas, dal Ministro d'Inghilterra a Tangeri, al suo passaggio da Madrid di ritorno da congedo avrebbero avuto il valore, a quanto mi riferisce il Commendatore Scovasso, di modificare l'atteggiamento del Signor Romea rappresentante di Spagna alla corte Sche

riffiana, il quale ora coi suoi colleghi terrebbe linguaggio assolutamente paciiìco.

Ricevuto che ebbi le istruzioni dell'E.V. tenni discorso sugli affari del Marocco, col mio collega d'Inghilterra al quale comunicai i ragguagli trasmessimi dal Commendatore Scovasso. Il Signor Layard mi disse che infatti il Signor Romea teneva ora discorsi più tranquillanti coi colleghi suoi, ma confidenzialmente mi aggiunse· che il suo linguaggio col Bargash ministro degli Affari Esteri serbava sempre un carattere aggressivo tale da mantenere deste le incertezz,e sul contegno della Spagna. Il Signor Layard dissemi essere ciò non pertanto sua opinione di soprassedere per ora dal formolare nuove osservazioni al Gabinetto di Madrid per lasciare alla situazione il tempo di meglio delinearsi.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 589.
612

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 114. Parigi, 9 dicembre 1876 (per. il 13).

Ampliando il telegramma che ebbi l'onore di spedirle jeri (1), devo informare la E.V. de' recenti criterii espressi dal Pr.esidente della Repubblica e dal Duca Decazes intorno alla situazione orientale.

Telegrammi da Costantinopoli, da Londra e da Pietroburgo farebbero supporl'e al Governo Francese che in questo momento la Russia parrebbe disposta a minore rigidezza ed inflessibilità di propositi. Cagione forse a più mite atteggiamento da parte sua potrebbero essere i colloquj di Lord Salisbury coi Sovrani e Ministri di parecchi Grandi Stati, i due discorsi a doppio taglio del Principe di Bismarck e più di tutto il modesto risultato della sottoscrizione al prestito nazionale. E difatti cento venti tre milioni di rubli bastano solo per incominciare, ma non per sostenere e nutrire una lunga guerra nelle grandi proporzioni in cui sembra disegnarsi.

Se guerra vi sarà l'inizio della campagna si presenta scabrosissimo per la Russia, avendo essa nel suo esordire l'obbligo di risolvere un problema militare di prim'ordine, qual'è il passaggio del basso Danubio di una larghezza media di cinque a seicento metri incirca. Se la stagione è propizia, vale a dire se sopravvengono fr,eddi intensi che congelino soUdamente il gran fiume, l'ardita operazione diventerebbe allora meno difficile, meno pericolosa.

E dopo di aver superato un tanto ostacolo e preso terra sulla riva bulgara, l'armata russa si troverebbe poi col Danubio alle spalle ed i Balkani di fronte sopra un terreno difeso da un esercito turco quasi eguale in numero e da un sistema formidabile di piazze forti.

Che se volesse evitare i pericoU e la possibile rovina di un passaggio diretto dalla Valacchia alla Bulgaria potrebbe forse con simulate manovre

accennare per esempio al tratto compreso fra Roustchouk e Zichtow e quindi passare dawero molto superioremente sulla sponda serba tra Palanka e Gladowa per indi parallelamente al Danubio disc,endere in Bulgaria.

Oltrechè il giro sarebbe assai lungo conviene riflettere che tale manovra a breve distanza dalla frontiera ungarica esporrebbe l'esercito russo ad essere preso in fianco e in coda dall'armata austriaca, mentre le sue teste di colonna urterebbero contro i Turchi accorrenti dalla Bulgaria. Non sarebbe dunque possibile codesto passaggio per la Serbia senza che la Germania si incaricasse di assicurare alla Russia l'assoluta neutralità dell'Austria.

I Turchi conservano ancora eminenti qualità per la guerra difensiva, sono fanatizzati e trovando danari mercè l'Inghilterra possono mettere ~n armi ottocento mila uomini. Pare indubitato che prima di fin d'anno avranno non meno di duecento cinquanta mila uomini in Bulgaria contro i Russi, trentamila in Tessaglia per frenare i Greci e centocinquanta mila ad Erzerum nell'Asia Minore per combattere l'esercito del Caucaso.

A parte dunque l'abilità de' capi e la solidità delle truppe, due fattori di vittorie che sfuggono alle previsioni ed al calcolo anticipato, le probabilità si bilanciano e quasi vorrei dire pesano maggiormente in favore della Turchia.

Mi son fatto lecito di sottoporre all'E.V. queste considerazioni di ordine militare perchè nella situazione prossima di guerra a cui giungemmo, si allacciano e si confondono colla politica. Basti infatti il riflettere che da un successo turco potrebbero sorgere nuove ed importanti complicazioni. Basti il riflettere che di fronte ad uno scacco dell'armata russa la Germania potrebbe vedersi costretta a spiegarsi chiaro ed a prendere un partito.

Comunque sia l'E.V. faccia del mio dire il caso che crede.

P.S. Ho dimenticato di accennare alla incontrastata superiorità della flotta turca sulla russa che la rende signora del Mar Nero in caso di guerra.

(l) Non pubblicato.

613

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 795. Roma, 10 dicembre 1876, ore 11.

Le comte Corti mandait hier que les conversations privées sur la conférence continuaient d'une manière satisfaisante. Lundi aura lieu la première conférence préliminaire. La difficulté principale consiste toujours dans l'occupation militaire que le général Ignatieff semble disposé à restreindre à six mille hommes seulement.

(Per Parigi, Londra ,e Berlino) Il serait intéressant pour nous de savoir si le Cabinet de ... a eu connaissance de cette intention du plénipotentiaire russe et quelle impression cette nouvelle a produit sur le Gouvernement auprès duquel vous etes accrédité.

(Per tutti) Je dois vous annoncer très-confidentiellement que le langage tenu aujourd'hui par le Tzar au cheovalier Nigra contient l'expression itérativement répétée du vif désir de Sa Majesté lmpériale d'éviter une complication et la guerre. L'Empereur a dit que d'après Ies nouvelles reçues de Constantinople on peut espèrer une entente entre !es grandes Puissances. Sa Majesté a affirmé que le but étant d'obtenir une amélioration positive réelle et durable du sort des chrétiens de l'Orient, elle accepterait la solution sans occupation si on parvient à trouver d'autres garanties également efficaces.

614

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, AL MINISTRO DELL'INTERNO, NICOTERA

D. 92. Roma, 10 dicembre 1876.

Nel trasmettere a codesto Dicastero le qui unite copie di altri due rapporti confidenziali del Consolato di Sua Maestà in Ginevra sopra argomenti relativi alla propaganda internazionalista, il sottoscritto si reca inoltre a debito di rendere noto che il Consolato stesso, in data del 30 novembre p.p. (1), scriveva al Ministero degli affari esteri essere stato informato in modo sicuro che il noto Malatesta si trova attualmente a Lugano, e che avrebbe l'intenzione di recarsi poscia a Firenze passando per Milano e Bologna. Ciò coincide colla notizia contenuta nella Nota di codesto Ministero in data del 5 corrente N. 6853 gabinetto (1), la quale formò oggetto di comunicazione al Console di Sua Maestà in Lugano.

615

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 437. Roma, 10 dicembre 1876.

Approvo, non senza porgere altresì i miei più vivi ringraziamenti, il linguaggio che V. E. ha tenuto (Rapporto del 27 Novembre N. 1722) (2), in occasione dell'abboccamento che EUa ebbe con S.A. il Principe di Bismarck. Approvo sopratutto che V.E. abbia, in quella circostanza, posto in luce avere l'Italia gravi interessi suoi proprii da preservare, cosi nella questione orientale in genere, come in ispecie in tutte quelle questioni la soluzione delle quali si possa concretare in una alterazione dell'equilibrio delle forze nel Mediterraneo e nell'Adriatico. Corollario pratico delle premesse che a noi sembra dover desumere dal colloquio che Ella ebbe con S. E. il Principe Cancelliere, sarebbe adunque questo che, neHa fase attuale degli affari orientali e segnatamente negli sforzi intesi al mantenimento della pace, la politica dell'Italia non va disgiunta da quella della Germania; che, però, in una fase

ulteriore, quando cioè sorgessero competizioni territoriali, noi potremmo essere costretti a convergere le nostl'e cure sopra interessi ai quali la Germania dichiara di non annettere, dal canto suo, che una importanza secondaria; mentre d'altra parte, quello che consta oramai essere l'obbiettivo principale della politica tedesca, il mantenimento, cioè, dei rapporti intimi cogli altri due Imperi, non è, agli occhi nostri, interesse tale cui l'Italia, abbia a dare il primo posto nelle sue preoccupazioni.

V.E. assai opportunamente si studiò di porre in rilievo queste differenze acciocchè ne rimanesse meglio definito il carattere della politica propria all'uno e all'altro Gabinetto. Nè, irÌ questa contingenza, poteva nuocere la schiettezza delle dichiarazioni, imperocchè, malgrado i punti di divergenza, qui sopra notati, il R. Governo si lusinga di poter trovarsi, come per lo passato, cosi anche per l'avvenil'e accanto la Germania nelle fasi successive dell'azione diplomatica che si viene svolgendo negli affari orientali.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 590.
616

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

D. 55. Roma, 10 dicembre 1876.

Mi giungeva l'interessante rapporto di Lei in data del 21 Novembre

n. 47 (1), la vigilia del giorno in cui giungeva in Roma Lord Salisbury. La lettura del dispaccio e della lettera particolare del Principe Gortchakow al Conte Schouwalow ed i commenti che V.E. svolgeva, circa quei due documenti nel suo rapporto mi riuscirono di utilità grandissima. Imperocchè potei cosi confermarmi, prima ancora di abboccarmi col principale negoziatore britannico, nel pensiero che, qualora concordemente si accettasse di assumere una base diversa da quella che è offerta dal Trattato di Parigi, riuscirebbe più sicuramente unanime, libera ed efficace l'azione diplomatica delle potenze.

Ora questa base giuridica sembrò a noi che si dovesse far consistere nel diritto che le Potenze hanno in forza della mediazione invocata dapprima dalla Serbia e dal Montenegro ed accettata dalla Sublime Porta. Le Potenze, chiamate a proporre un vero e proprio atto di mediazione per la pacificazione dei domini ottomani, hanno tutte le facoltà che derivano dal carattere che è stato loro attribuito. Tra le quali è appunto quella di costituirsi come custodi della pace facendo eseguire sotto la propria diretta vigilanza, le condizioni che fossero concordate per la pacificazione.

Questo concetto, al quale Lord Salisbury mi sembrò assenziente, è stato sviluppato nelle ultime istruzioni, da me impartite al R. Ministro in Costantinopoli (2), delle quali, presentandomisi occasione sicura, farò pervenire una copia a V. E. Tutto induce a credere che anche la Russia sarà per fare buon viso al nostro concetto, il quale ha, anzitutto, il vantaggio di eliminare il dissidio che circa il valore del Trattato del 1856, il Principe Cancelliere affermava, nel suo dispaccio del 19/7 novembre, esistere tra l'Inghilterra e la Russia,

A questo riguardo mi piace intanto soggiungere, in via confidenziale, che il Generale Ignatiew, al quale il Conte Corti comunicava in questi giorni le nostre idee a tale riguardo, significava tosto la sua piena adesione.

Avrò grato di conoscere il pensiero del Governo Imperiale intorno a questo punto che ha, agli occhi nostri, singolarissima importanza e tale da esercitare decisiva influenza sullo svolgimento ulteriore dell'azione diplomatica delle Potenze.

(l) -Cfr. n. 572 (2) -Cfr. n. 598.
617

IL MINISTRO A L'AJA, BERTINATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 140. L'Aja, 10 dicembre 1876 (per. il 14).

La sollecita approvazione data dall'E.V. col dispaccio in cifra del 22 Novembre p.p. (1), al mio progetto di Nota (2) riguardo all'ex-Console pontificio in Amsterdam, e la lode onde Ella si compiacque onorarmi col dispaccio N. 47 (serie politica) (l) pel modo col quale ho sinora condotta la pratica, che a lui si riferisce, fanno sì che io risponda a corso di posta alla curiosità mostratami nel medesimo collo scopo di conoscere qual sia stato il risultato di essa nota, da me messa nelle mani del Willebois, appena ne ebbi il superiore assenso, e di cui questi non potè tuttavia fare oggetto immediato di colloquio speciale col Re, partito due giorni pel Loo, sua ordinaria residenza.

Non ignorando io l'effetto probabile di questo contrattempo imprevisto sull'animo del Willebois, disposto non solo di ritogHere l'exequatur all'Hazeman, ma desideroso di ritorglierlo, sotto più ampia sfera d'azione, al Papa stesso, se fosse in sua facoltà di farlo, lasciai trascorrere qualche tempo prima di condurmi al Ministero degli Affari Esteri onde non darmi l'apparenza di chiedere la liberazione della parola datami dal Willebois, ed incalzarlo, come si dice, colla spada nelle reni. Come tosto giudicai conveniente di fargli visita, egli entrò senz'altro in materia; mi ringraziò della nota trasmessagli, che approvò senza riserva, dicendomi, in pari tempo, che essa era in giro presso i suoi colleghi per poscia addivenire ad una determinazione collettiva in proposito. La qual determinazione, aggiunsemi egli, era stata momentaneamente impedita dalle vive discussioni che ebber luogo nella 2a Camera, ed in seguito delle quali il Gabinetto, assalito, cosa insolita! dai suoi proprii amici di destra, perchè più inclinato verso la parte liberale che verso la parte conservatrice, corse un'altra volta il pericolo di dover rassegnare i portafogli nelle mani del Re. E, comecchè questa circostanza non potesse essermi ignota io avevo trovato appunto neHa medesima un nuovo motivo per sospender la mia visita finchè la burrasca fosse passata, quale passò nella scorsa settimana, ed in vista della qual condizion di cose il Willebois mi assicurò che la mia Nota sortirà l'effetto desiderato, sia che il Re torni di breve all'Aja, sia che non torni, nel quale caso, mercè apposita relazione, con un Sovrano

Decreto ad hoc, egli sottoporrà alla real firma la revoca dell'exequatur del Signor Hazeman.

Pigliando nuovamente atto di qUiesta sua buona disposizione io gli dissi: c Allo stato attuale delle cose pare a me che il far presto sia migliore del temporeggiar di vantaggio, di cui tutti vedo gli inconvenienti, e quello frB gli altri, che il Signor Hazeman cominci dall'assalirvi per mezzo del Tijd (che si stampa in Amsterdam) di cui egli è uno dei principali ispiratori onde parare il colpo che gli pende sul capo •.

Se io mi sia, si o no, ingannato lo dice l'annesso numero del Tijd riprodotto dal Caurrier de la Meuse che si stampa a Maelsricht, e che porta la data del 7 corrente mese. Questi due schifosi giornali clericali, che non parlano dell'augusto nostro Sovrano fuorchè con imprecazioni, e chiamandolo abitualmente usurpatore, come è il solito andazzo di chi tiene loro il sacco, hanno oramai cominciata la lotta da me preveduta, e sull'eventualità della quale chiamai l'attenzione del mio collocutore in tempo opportuno.

Il vedrò senza fallo domani (Lunedì) per conferir seco lui di affari d'ufficio, e vedrò se egli parlerà pel primo del linguaggio del Tijd e del Courrier de la Meuse, e se mi ripeterà, come in passato: c Vous avez raison; vous les connaissez bien nos cléricaux; ils sont intraitables; il n'y a rien de bon à espérer d'eux, et les ménagements ne font que les enhardir davantage. Il faut etre italien, comme vous etes, pour connaitre à fond le Pape, les pretres, ainsi Que le parti qui les soutient, et les ,traiter en conséquence comme vous le faites, avec autant d'habileté Que de succès •. Sono le parole medesime del Willebois, ripetute-mi più d'una volta nel corso della pratica intorno alla quale m'andai sin Qui travagliando del mio meglio, a seconda delle vicende che l'accompagnarono, e che finora ho potuto prevedere senza alcun merito dal canto mio, dato che io conosca da lunga pezza i miei polli, come dice il proverbio, ·e sappia in conseguenza di che sono capaci quando son toccati nel vivo dei loro interessi, o smascherati nei maneggi ai Quali danno continua mano.

Riservandomi di ragguagliar l'E.V. dell'ulteriore svUuppo di questo negozio appena sarò in grado di farlo con successo, ...

(1) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 567, allegato.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1730. Berlino, 10 dicembre 1876 (per. il 16).

Dans la dernièl'e visite que j'ai faite au Secrétaire d'Etat, il disait n'avoir aucune nouvelle récente de Constantinople. Mais il constatait partout en Europe une phase d'apaisement, que l'on devait envisager comme un indice favorable, au moment où les délégués des Puissances vont se réunir en conférence. Il se serai:t, entre autres, opéré un certain rapprochement entre l'Angleterre et la Russi e. La possibiHté d'une entente pour fixer les conditions de la pacification en Orient, n'était donc pas exclue. Il est vrai que, si on parvenait à cet accord, il resterait à obtenir l'assentiment de la Sublime

Porte, dont la résistance ne sera pas aisée à vaincre, surtout quant à la question des garanties. Celle-s-ci doivent etre efficaces .et sérieuses, de manière à donner une satisfaction aux populations russes, qui se sont passionnées pour la cause des chrétiens des Provinces Slaves de la Turquie. On ne saurait à

S. Pétersbourg rapporter le décret de mobilisation, et rappeler par conséquent les ·troupes qui se concentrent déjà vers Kischenew, avant d'avoir remporté un succès diplomatique marquant, et appréciable par la masse du public.

Le Prince de Bismarck, lui-aussi ne renonce pas encore à l'espoir d'une solution à l'amiable. Il semble cependant moins optimiste que son Secrétaire d'Etat. Mais, en cas d'un conflit entre la Russie et la Turquie, il s'emploiera à obtenir que l'Angleterre se tienne à l'écart d'une lutte, qu'il est d'un intéret général de localiser. Il estime que, si cette Puissance jugeait opportun de prendre à son tour des sùretés par quelque occupation provisoire, elle ne déclarerait pas pour autant la guerre, ou du moins ce ne serait que d'une manière indirecte, en quelque sorte anonyme.

Ses déclarations, dans un diner parlamentaire qui a eu lieu chez lui le 2 Décembre, ont été très sympathiques en ce qui concerne l'Autriche-Hongrie. Elles ont été reproduites par les journaux, avec quelques variantes qui n'en contredisent pas le sens général. Si cette Puissance se voyait forcée de prendre part à la guerre, et si quelque danger menaçait son existance, l'Allemagne aurait pour mission de la garantir contre ses ennemis. Le Chancelier a été comme de raison beaucoup plus réservé, dans son discours du 5 Décembre au Reichstag. Il savait d'ailleurs que, à Vienne, ses premières déclarations avaient éveillé quelque susceptibilité, comme s'il visait à exercer une espèce de tutelle sur l'Autriche-Hongrie. E n parlant des dangers auxquels cette Puissance pourraH etre éventuellement exposée, à qui, à quoi, voulait-il faire allusion? Aux complications intérieures dans la Monarchie régie par le dualisme, et dans laquelle les différentes races ont entre ·elles des liens si relàchés? Serait-ce un avertissement aux fouqueux politiques des comités Slaves, de ne pas dépasser certaines limites, au delà desquelles la neutralité de l'Alle~ magne cesserait d'etre bienveillante? Serait-ce un • noli tangere •, se référant à des velléités d'annexion du Trentina à l'Italie, ou d'une rectification de nos frontières? A moins de preuves contraires, je me puis admettre, sur ce dernier point, que telle ait été l'intention du Chancelier. On ne saurait nous attribuer le projet de guerroyer uniquement pour une légère augmentation de territoire, quelle que soit son importance nationale et stratégique. Ce ne pourrait etre que l'objet d'une entente de gré à gré, ou un appoint dans des combinaisons plus vastes. Quoiqu'il en soit, il est assez dans les habitudes de cet homme d'Etat de laisser planer un certain vague dans ses vues, afin de s'en prévaloir à l'occurrence au mieux de ses intérets. Ainsi, il se gardera bien de s'expliquer sur le véritable sens de ses déclarations à double entente.

Au reste, il ne pouvait à moins que de s'exprimer chaleureusement à l'égard de l'Autriche, pour la détourner d'une alliance avec l'Angleterre dans la questione d'Orient; alliance qui aurait détruit son oeuvre de l'entente entre les trois Empereurs. Il devait donc chercher à la rassurer contre toute agression de la part du Cabinet de St. Pétersbourg, et contre toute arrière-pensée du còté du Cabinet de Berlin pour une annexion de ses pro·vinces allemandes.

Le Prince de Bismarck doit s'employer essentiellement à sauvegarder, aussi longtemps que possible, l'union des trois Empires La défection d'un seui serait un mauvais exemple, et pourrait devenir le point de départ d'une coalition, dans laquelle la France prendrait aussitòt piace. Par son langage, il fortifiait en meme temps la position du Comte Andrassy, qui représente, à quelques nuances près, le meme programme à Vienne, en tenant en échec différents partis qui poussent à une attitude plus résolue. Parmi ces partis, il en est un qui viserai-t à réconquérir en AUemagne, avec l'aide de l'étranger, une position égale, et meme supérieure à celle dont l'Autriche a été évincée en suite des évènements de 1866.

Quant à la Russie, elle ne peut en définitive que se montrer satisfaite du Cabinet de Berlin; malgré quelques ambiguités de langage, il lui ménage la chance d'attaquer la Turquie isolée. Il semble meme l'y encourager, en décourageant les autres Puissances de se mettre en travers si la conférence échoue. Mais, si la guerre en se prolongeant amenait d'autres combattants dans la lice que ferait l'Allemagne? C'est ce que le Prince de Bismarck n'a pas dit, car il Hent, dans cette éventualité, à laisser toutes les portes ouvertes pour ne prendre conseil que des intérets de son pays.

En attendant, les détails contenus dans le télégramme de V. E. d'aujourd'hui (1), sur les dispositions de l'Empereur Alexandre, sont confirmés par les nouvelles apportées par M. Otway, l'ancien Sous-Secrétaire d'Etat au Ministère des Affaires Etrangères d'Angleterre, de passage ici au retour d'un voyage à St. Pétersbourg. L'Empereur d'Allemagne avait dit au Marquis de Salisbury que, tout en s'abstenant, d'agir officiellement auprès de Son Auguste Neveu, il ne manquerait pas, dans sa correspondance privée, de l'encourager dans ses intentions pacifiques. Cette correspondance aura peut-etre contribué à produire quelque salutaire effet. Malheureusement, il ne convient d'accepter, que dans une certain mesure, ces temoignages de vouloir. Personne ne révoque en doute la sincérité du Tsar et de Son Gouvernement, mais bien des indices portent à croire qu'ils ne sont plus intièrement maitres de la situation, puisqu'ils se sont laissés conduire sur une pente, qu'il est peut etre trop tard pour remonter sans passer par l'épveuve du feu.

Je tàcherai de me procurer les renseignements que V. E. demande par le télégramme précité; mais je doute fort que j'y réussisse, car M. de Biilow ne voudra pas sortir de sa réserve.

619

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI (2)

R. 57. Pietroburgo, 10 dicembre 1876 (per. il 16).

Nell'udienza che ebbi jeri dall'Imperatore, Sua Maestà mi parlò quasi esc,lusivamente della questione d'Oriente che più specialmente preoccupa il

suo spirito in questo momento. Sua Maestà Imperiale mi disse che dai primi dispacci giuntigli da Costantinopoli dopo l'arrivo in quella città del Marchese di Salisbury, aveva ricevuto un'impressione favorevole e che perciò non disperava che potesse stabilirsi un accordo fra le Grandi Potenze per migliorare in modo efficace, pratico e durevole le condizioni dei Cristiani d'Oriente. Sua Maestà mi fece notare che impiegava pensatamente la locuzione Cristiani d'Oriente e non quella di Slavi, perchè assai più che d'una questione di nazionalità e di razza, si trattava di una questione di umanità. Senza ripetermi testualmente le dichiarazioni da Lui fatte nella recente e nota conversazione che ebbe con Lord Loftus a Livadia, l'Imperatore me ne confermò espressamente il significato ed il valore dicendomi che siccome non aveva mai pensato e non pensava a conquistare le Indie, così non aveva pensato e non pensava ad annessioni sul Bosforo.

• Quello che io desidero, disse Sua Maestà, e che credo di aver diritto di ottenere, si è che si ponga fine alla condizione intollerabile dei Cristiani delle provincie Turche, che si impedisca definitivamente il rinnovamento delle vessazioni delle estorsioni e degU eccidi in quelle contrade; che i benefizii del vivere civile e di un'equa amministrazione siano assicurati a popolazioni che hanno comune con quelle del resto d'Europa il vincolo delle credenze religiose, e che si tolga cosi di mezzo una causa permanente di rivolta e di torbidi in Oriente e d'inquietudini e di pericoli in Europa. La Russia per la sua posizione speciale è più direttamente interessata all'ottenimento di questo risultato. Ma l'Europa intiera vi ha un interesse vitale ed io ora come pel passato non chieggo meglio che di procedere d'accordo colle altre Grandi Potenze per far cessare la crisi attuale in modo che non abbia più a riprodursi. Ma è necessario che le Potenze non si contentino più soltanto di parole e promesse vane. Le riforme pubblicate nei protocolli e nei decreti della Porta rimasero sempve lettera morta. L'organizzazione di un sistema costituzionale parlamentare per tutto l'Impero Turco è un'illusione. Un tale sistema non potrà funzionare mai in Turchia. A mali speciali occorrono rimedi speciali ed invece di promesse e di progetti illusorii abbisognano fatti reali e misure pratiche la di cui applicazione sia efficacemente guarentita. Ecco quello che io domando. Non annessione o conquiste; ma il sollievo di popolazioni cristiane oppresse •.

Risposi all'Imperatore che le notizie mandatemi dall'E.V. concordavano con quelle ricevute da Sua Maestà intorno alla possibilità di un esito pacifico della Conferenza di Costantinopoli. • Le simpatie dell'Italia •, soggiunsi, • sono per le popolazioni oppresse dell'Oriente. L'azione della Diplomazia Italiana sarà esercitata, come lo fu finora, pel trionfo della loro causa propugnata dall'Impera.tore ·e riconosciuta giusta dall'Europa intiera. Npi desdderiamo vivamente che la Conferenza di Costantinopoli riesca ad un accordo mediante il quale le popolazioni Cristiane della Turchia possano godere effe·ttivamente del benefizio di una amministrazione regolare giusta e sicura e possibilmente autonoma sotto l'alta sovranità della Porta. Noi contribuiremo per parte nostra ad ottenere questo risultato ed a oercare d'accordo con le altre Grandi Potenze quelle guarentigie che lo assicurino per l'avvenire. Ma il Governo del Re desidera in pari tempo che queste guarentigie possano essere trovate all'infuori di una occupazione armata, la quale oltre alle gravi complicazioni a cui può dar luogo, presenta ancora la difficoltà di farla cessare ad un'epoca determinata •.

A quest'ultima osservazione l'Imperatore rispose senza esitare. • Su questo proposito vi posso assicurar,e che se sarò forzato di entrare saprò uscire •. Quindi Sua Maestà esaminò la questione delle guarentigie. Nel suo pensiero la migliore delle guarentigie e la più efficace consiste nell'occupazione armata. Tuttavia l'Imperatol'e mi disse che se la Conferenza avesse trovato altre guarentigie non meno efficaci Egli le avrebbe prese in considerazione e le avrebbe accolte, giacché il suo vivo desiderio sarebbe pure di risparmiare, sopratutto in questo momento, sacrifizii di sangue e di danaro al suo popolo. Ma soggiunse essere indispensabile che tali guarentigie fossero veramente efficaci e reali e che la volontà risoluta ed unanime delle Grandi Potenze ne imponesse l'applicazione alla Turchia.

L'Imperatore m'incaricò poi di ringraziare a suo nome Sua Maestà il Re per l'appoggio che il Governo Italiano ha dato finora ai di lui sforzi diretti al trionfo di una politica che ha pel solo obbiettivo un'opera di civiltà e di umanità.

(l) -Cfr. n. 613. (2) -Ed. in LV 22, pp. 469-470.
620

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 493. Costantinopoli, 10 dicembre 1876 (per. il 19).

Le conversazioni private tra questi Rappresentanti allo scopo di preparare il terreno per le riunioni preliminari procedono in modo soddisfacente. Gli scambii diretti 'ed indiretti d'idee tra il Generale Ignatiew ,e Lord Salisbury erano venuti a segno che non rimanevano guari che due punti sui quali non erasi peranco potuto stabilire un accordo fra di essi, e questi erano quelli dell'unione o divisione della Bulgaria, e dell'occupazione militare. Quanto al primo Lord Salisbury vorrebbe che si formassero due provincie, l'una al nord, l'altra al sud dei Balcani. Adduce S.S. a sostegno della sua tesi, che se sì vasta provincia fosse riunita sotto una sola Amministrazione, essa avrebbe tanta potenza da ispirare giusti timori al Governo centrale. L'Ambasciatore di Russia vorrebbe invece che quel territorio fosse riunito in una sola provincia imperocché doppie sarebbero a suo avviso, le difficoltà di trovare gli idonei amministratori e d'organizzare due centri di Governo, se si volesse dividerla in due parti. E si vedrà di far cedere l'uno o l'altro di quei Rappresentanti affine di stabilire l'accordo.

Più grave è la questione dell'occupazione estera, ché il Generale Ignatiew ha l'ordine categorico di proporla alla Conferenza, né Lord Salisbury sarà per consentirvi a niun patto. Venne quindi in pensiero al Conte di Chaudordy di suggerire come mezzo di transazione che si provvedesse alla protezione della Commissione di controllo, nonché alla sicurezza pubblica durante il disarmo, per mezzo di truppe Belghe e Svizzere le quali avl'ebbero a risiedere nei luoghi minacciati, e rimanere in quelle provincie per un tempo determinato. Secondo il Generale Ignatiew 6000 uomini basterebbero nella Bulgaria, ed incirca altrettanti per la Bosnia. Il Conte di Chaudordy mi assicurava che informazioni ricevute da Parigi lo portavano a credere che l'esecuzione di questo progetto sarebbe possibile. Egli lo sottometteva quindi a Lord Salisbury il quale non lo respingeva ed interpellava il suo Governo in proposito. Egli lo comunicava eziandio al Generale Ignatiew il quale rispondeva esser obbligato dalle sue istruzioni di fare la formale proposta di occupazione, ma era pronto ad accettare ad referendum la presente come qualunque altra proposta, ed anch'esso sottometteva l'idea alla considerazione del Governo Imperiale. Lo scopo principale di questa proposta era quello d'evi,tare in ogni modo l'intervento delle Potenze Garanti, e sopratutto quello della Russia e dell'Austria-Ungheria che non potrebbe a meno di condurre alla guerra. Sebbene in grado assai minore, anche quello d'altre Potenze sarebbe irto di gravi pericoli, ma almeno il Belgio e la Svizzera non potrebbero mai esser sospette di aspirazione d'alcuna specie in Oriente e sarebbero pronti a ritirare le loro forze a tempo opportuno. Se un accordo po•tesse intervenire tra le Potenze sulla base sopradetta, non resterebbe che la difficoltà di farla accettare dalla Sublime Porta. Ma questa è una gravissima Questione la quale avrà a trattarsi largamente in altra occasione.

621

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1421. Costantinopoli, 11 dicembre 1876, ore 18,30 (per. ore 18,50).

La première réunion aujourd'hui a été très-satisfaisante. On a traité la question de la paix avec la Serbie et le Monténégro. Pour la première on a ... (l) statu quo ante bellum avec le talweg de la Drina pour frontière. Pour le second, les additions territoriales connues, mais au lieu de port, on donnerait libre navigation du lac de Scutari et de la Boiana. Demain on abordera la question des réformes dans les trois provinces.

622

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 438. Roma, 11 dicembre 1876.

Ringrazio V. E. della interessante comunicazione recatami dal pregiato Rapporto del 26 novembre scorso, n. 1721 (2), ove Ella ha riassunto il colloquio avuto quel giorno stesso con codesto Signor Segvetario di Stato.

Le impressioni riportate dal Signor di Biilow rispetto al linguaggio che costì tenne Lord Salisbury coincidono con quelLe che i discorsi del principale

negoziatore britannico hanno lasciato nell'animo mio. Già ebbi a telegrafare a V. E., fin dal primo di questo mese (1), intorno a questo soggetto, e già fin d'allora non Le tacqui il mio compiacimento. Le idee pacifiche ed il giusto apprezzamento che Lord Salisbury reca circa le ,esigenze della presente situazione, cosi per la Russia come per 1e altre Potenze, mi fanno sperare che l'opera della Conferenza non rimarrà sterile. Io tengo per fermo essere possibile un accordo, sopra larghissima base, tra la Russia e l'Inghilterra, per fissare le condizioni della pacificazione in Oriente. Io credo intanto di avere compreso che Lord Salisbury non ha idee preconcette e che l'animo suo non è punto predisposto contro la possibilità di un componimento tra l'Inghilterra e la Russia, nella materia della riforma, il quale componimento, cui non mancherebbe certo l'adesione delle altre Potenze, avrebbe la più salutare efficacia sulle risoluzioni della Sublime Porta. Ed invero ciò che noi sappiamo rispetto agli umori che prevalgono nei Consigli del Sultano, ci conduce a desiderare vivissimamente che l'azione delle Potenze possa esplicarsi, a Costantmopoli, con tutta quella vigoria di autorità che sola può venirle dalla espressione

risoluta e categorica di una volontà unanime.

Perché V. E. abbia un giusto concetto del pensiero in cui il R. Governo si è oramai raccolto dopo l'abboccamento che io ebbi con Lord Salisbury e dopo le notizie che in quei giorni mi sono dai varii lati pervenute, stimo utile di qui acchiuderle copia delle istruzioni che, in data del 30 novembre scorso (2), ho impartite al R. Ministro in Costantinopoli. La conclusione nostra si compendia in ciò che, ad evttare una discussione preliminare sulla presente efficacia del Trattato di Parigi, intorno a che difficilmente la Russia troverebbesi d'accordo con tutte le altre Potenze, si debba ricercare la base giuridica della Conferenza, non già nelle stipulazioni di quel Trattato, sibbene nel carattere speciale che alle Potenze fu conferito dalla mediazione invocata dai due principati slavi ed accettata dalla Sublime Porta. In siffatto ordine di idee, il procedimento che per la forza stessa delle cose si impone alle Potenze, è suscettibiLe di spiegazione affatto naturale ed onorevole per tutte le parti interessate ben comprendendosi come la Porta abbia a rimanere esclusa dalle conferenze preliminari intese a preparare l'atto di mediazione.

Mi preme poi di insistere sopra un punto speciale, in ordine al quale

esiste perfetta analogia di atteggiamento fra i Gabinetti di Roma e di Berlino.

Al pari della Germania, anche l'Italia si affaccia alla Confevenza scevra

da qualsivoglia altro impegno, all'infuori di quello che ha assunto con le

sue dichiarazioni, di voler cooperare seriamente al mantenimento della pace

ricercando, d'accordo cogli altri Governi, i modi pratici e positivamente validi,

per cui si renda possibile la coesistenza pacifica, sullo stesso territorio, delle

popolazioni di credenza e di razza varia che risiedono nelle provincie di Bosnia,

Erzegovina e Bulgaria. In questa nostra libertà d'azione noi ravvisiamo, secondo

ché dal canto suo giustamente avvertiva il Signor de Blilow, una preziosa

guarentigia per il più agevole svolgimento della azione diplomatica, alla quale

noi siamo chiamati a cooperare.

(l) -Gruppo indecifrato. (2) -Cfr. n. 586. (l) -Cfr. n. 599. (2) -Cfr. n. 598.
623

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1731. Berlino, 11 dicembre 1876 (per. il 17).

Je me réfère à ma dépéche n. 1729 (1), par laquelle je rapportais un entretien que j'avais eu le 8 Décembre avec le Secrétaire d'Etat, et dant le paint de départ avait été une remarque de la Natianal-Zeitung sur l'absence de toute mentian de l'Italie dans le dernier discaurs pranancé au Reichstag par le Prince de Bismarck.

Ce meme jaurnal, dans son numéra d'hier, contient un premier Berlin, que je me permets de signaler à V. E., parceque, arrivant après mes abservatians à M. de Biilaw, dant celui-ci n'aura pas manqué de rendre campte à san chef, cet article ressemble fart à un cammuniqué officieux.

Nous apprenans dane, après caup, que l'Italie était implicitement comprise dans un passage du discaurs aù San Altesse rattachait en partie au • Kulturkampf • l'attitude de l'Allemagne relativement à la crise Orientale. Naus avians le méme intérét que l'Empire à combattre l'agitatian cléricale, à soutenir les principes de civilisatian, engagés en Orient camme en Occident. Ce son,t là des intéréts de premier ardre paur les deux Pays. Si l'Italie n'a pas été nammée expressémen,t à còté de la Russie, de l'Autriche et de J.'Angleterre, c'est parceque ces derniers Etats ant été désignés camme ayant des Hens séculaires avec le Cabinet de Berlin. Ses relatians av,ec notre nauveau Rayaume ne sont, camme de raison, que d'une date bien plus récente, e·tc.

Cet article mérite d'etre lu, quaique ses raisonnements saient en général assez spécieux. Le • Kulturkampf •, en admettant que naus trauvians nas canvenances à suivre dans cette vaie une canduite analague à celle du Gauvernement Impérial, n'a amené jusqu'ici d'autre résultat, que de semer la divisian dans les esprits et le trauble dans les cansciences. Il ne s'agit là d'ailleurs

que d'une phase passagére des canditians actuelles. Ce n'a pas été certes sur la base de cansidéraitons de lutte religieuse, Que l'Italie et la Prusse se sant liguées en 1866 contre l'Autriche. Ce n'était pas un argument de cette nature que l'on invoquait ici en 1870 contre notre détermination d'observer alors la neutralité envers la France, aussi bien que vis-à-vis de l'Allemagne. Ce qui nous rapprochait, et doi·t nous rapprocher encore, c'est bien plutòt une cammunauté d'intéréts permanents sur le terrain politique et national.

Le Prince de Bismarck est trop perspicace, pour ne pas étre lui-aussi de cet avis. Ainsi, l'explication donnée de son silence à notre égard est, -paur me servir d'une expression familière, -un peu, beaucaup tirée par les cheveux.

(l) Non pubblicato.

624

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1426. Costantinopoli, 12 dicembre 1876, ore 18,20 (per. ore 19,15).

Aujourd'hui on a supeDficiellement discuté les réformes à donner à la Bosnie et à la Bulgarie sans incident important. Dema1n, on continuera cette discussion à propos des garanties. Lord Salisbury a déclaré qu'il avait l'instruction de s'opposer à ·toute occupation militaire. Cela ne parait pas exclure l'institution d'une gendarmerie spéciale. Ce sujet a été réservé pour une autre séance.

625

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

D. 56. Roma, 12 dicembre 1876.

Ringrazio V. E dello avermi minutamente riferito, con rapporto del 29 novembre scorso, n. 50 (1), il colloquio che Ella ebbe quel giorno stesso con

S.A. il Principe Gortchakoff. Il linguaggio che V. E. tenne in quella circostanza, è degno di piena ed intera approvazione.

Le parole del Principe CancellieDe, come non escludono l'eventualità della occupazione russa Qual guarentigia di esecuzione delle deliberazioni eventuali della Conferenza, così non escludono neppure l'intervento austriaco, che, a nostro avviso, sarebbe il corollario dell'occupazione russa, e che avrebbe, a sua volta, quelle conseguenze di cui ci preoccupiamo da così gran tempo.

Il riserbo in cui H Gabinetto Imperiale vuol mantenersi a questo riguardo non ci può sembrare di lieto augurio dopo tutto quello che giunse a notizia nostra in questi ultimi mesi, rispetto alla facilità con cui il Principe Gortchakow sarebbe stato disposto a favorire un ingrandimento .territoriale dell'Austria. Ad ogni modo, V. E. sarà certo meco consenziente nel ravvisare, nel contegno che il Gabinetto russo ha adottato a nostro riguardo in questa delicata materia, una ragione evidente per tenere, anche dal canto nostro un atteggiamento vigile e circospetto.

626

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALLAMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 294. Roma, 12 dicembre 1876.

Nella seconda quindicina di novembre il R. agente i:n Belgrado mi riferiva la notizia di trattative che i Signori Canzio e Bizzoni (nomi non ignoti a V. E.) avevano iniziato per la formazione di una legione italiana. Giungen

52 -Documenti diplomatici -Serie Il -Vol. VII

domi in pari tempo dal Ministero dell'Interno avvisi confidenziali secondo i quali quei progetti avrebbero avuto alcuna connessione con altri disegni ben più pericolosi, stimai debito mio dirigere al mio onorevole collega la nota di cui qui Le acchiudo una copia (1). Il Barone Nicotera mi fa ora sapere che, in seguito alla mia comunicazione, ,egli si è affrettato a dirigere ai Signori Prefetti del Regno una nuova circolare per raccomandare loro una ancora più stretta e minuta vigilanza.

Ho creduto utile di significare quanto precede a V. E., standomi a cuore che Ella abbia conoscenza esatta del modo in cui il R. Governo sente ed adempie i doveri suoi nei rapporti con la vicina monarchia.

(l) Cfr. n. 597.

627

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 248/83. Londra, 12 dicembre 1876 (per. il 15).

Venerdì ultimo, 8 corrente, ebbe luogo in Londra, a St. James Hall, una grande riunione di distinti personaggi, ad oggetto di trattare la quistione SlavoTurca, e di additarne la soluzione.

Il Signor Gladstone era il leader di quell'Assemblea, alla quale erano stati

convocati non solo i Membri dell'Opposizione Parlamentare ma parecchi altri

uomini appartenenti al Clero, alle scienze, alla letteratura, non pochi di quelli

che, senza alcuna distinta specialità, si prestano alle opere di utilità e di bene

fidenza pubblica, ed inoltre vade deputazioni delle Società operaie delle varie

Contee del Regno Unito.

L'Assemblea, che prese il nome di Conferenza, venne successivamente pre

sieduta dal Duca di Westminster e da Lord Shaftsbury.

Quantunque non vi potessero intervenire, parecchie persone importanti

aderirono anticipatamente alle deliberazioni che sarebbero state da essa prese,

fra le quali il Duca di Argy1l, il Vescovo di Manchester, il celebre Dottor Pusey,

Capo della Chiesa che porta il di lui nome.

Tutto indicava a presumere che queUa riunione avrebbe recato qualche

risultato importante. Ma i molti discorsi preannunziati in quell'occasione furono

fra di loro alquanto discordi, e si rese manifesto che l'oggetto principale dei

promotori di essa era quello di combattere il Ministero, e più specialmente

Lord Beaconsfield, che fu violentemente -attaccato dal Signor Gladstone, il quale

colse quest'occasione per sfogare la sua irritazione per i sarcasmi che il Primo

Ministro, nei suoi discorsi, lancia spesso contro di lul.

Altri oratori precedettero il Signor Gladstone fra i quali il Vescovo di

Oxford ed il Signor Evelyn Ashley; ma la discussione smarrendosi in recrimi

nazioni, si astennero dal prendervi parte quegli uomini che, tuttocché non

appartenenti all'Opposizione Ministeriale, non sarebbero stati alieni dal parte

cipare a qualche risoluzione più accentuata in senso opposto all'idee bellicose

attribuite a Lord Beaconsfield.

E da notare che Lord Salisbury e Lord Derby furono generalmente risparmiati. Anzi parecchi oratori espressero fiducia in Lord Salisbury.

A dir vero sarebbe difficile di formulare una qualche conclusione esplicita da Questo Meeting, se non che si volle continuare l'agitazione iniziata coll'Opuscolo • Bu~garian Atrocities •, e spingere il Governo a non lasciare tutto il merito ed il benefizio della difesa dei Cristiani alla sola Russia, e concorrere, in conseguenza, con essa al miglioramento delle loro condizioni nelle provincie che tuttora soggiacciono al gioco Ottomano, finché la Russia stessa non minaccerà gli interessi Britannici ciò che, a parere di molti oratori, non ha luogo in queste contingenze.

Questo è quanto si può dedurre dal brHlante discorso col quale il Signor Gladstone chiuse la Seduta, ed in cui, senza accennare alcun mezzo pratico per raggiungere questo scopo, egli ricordava, con eloquenti parole, quanto l'Inghilterra, prestando un'azione ognora pacifica, aveva fatto per assicurare l'indipendenza della Grecia, del Belgio e dell'Italia.

L'anzidetto Congresso essendo stato convocato soHo un'apparenza di quistione religiosa ed umanitaria, il Ministero temeva che parecchi dei suoi Amici si lasciassero trascinare ad aderire troppo esplicitamente ai promotori del medesimo, ma non fu così. Nessuna diserzione ebbe luogo nel partito Ministeriale ,e se, per avventura, era scopo della riunione di scindere quel partito, il Ministero riti,ene che tale scopo fallì completamente.

In quanto alle raccomandazioni pacifiche ed umanitarie fatte nella discussione, esse non differiscono, in sostanza, dallo intento che si attribuisce a Lord Salisbury nel recarsi a Costantinopoli a rappresentarvi il Gabinetto Inglese nella Conferenza. Epperciò molti uomini imparziali e di condizione elevatissima, giudicano assai severamente la convocazione dell'Assemblea di St. James HaJ.l, la quale, senza additare nessun nuovo indirizzo, né accennare alcun mezzo pratico per sciogliere le difficoltà attuali, può al contrario incagliare l'azione di Lord Salisbury, nell'ardua missione che gli è affidata, mentre in momenti così difficili, il patriottico concorso di tutti i partiti è da desiderarsi in aiuto al Governo nell'interesse della nazione inUera.

Comunque sia di questi giudizii, di tutto ciò emerge però un fatto, ed è che in Inghilterra, i Turchi godono di poca simpatia specialmente dopo il

fallimento del ,loro Governo che ha tratto a rovina tante famiglie e dissestato il credito pubblico; per cui questo paese non sarebbe disposto a venire in loro aiuto se non quando gli interessi Britannici fossero altrimenti compromessi; i Quali interessi richiedono che sla tutelato anche dalla parte di Costantinopoli l'accesso alle Indie e che sia rimosso il periodo di vedere il commercio del Mar Nero diventare preda della Russia il di cui sistema essenzialmente protettore sarebbe micidiale per i,l commercio delle altre nazioni.

Però anche a questo riguardo, sembra che vi siano due correnti, l'una quella di Lord Beaconsfield assai bellicosa, e che non paventerebbe la guerra, non nell'interesse della Turchia, ma per accrescere forza ed influenza all'Inghilterra col soffocare fin d'ora le aspirazioni ostili della sua rivale in Asia, la Russia. L'altra corrente è assai più prudente, è rappresentata dai Lords Salisbury e Derby, i quali senza nascondere la loro poco fiducia nella Turchia, tentano però di evitare la guerra, tuttoché si preparino a sostenerla ove sia inevitabile. Intanto il bisogno assoluto di questo paese è di finirla con questo stato d'incertezza che paralizza il commercio e l'industria e compromette la fortuna pubblica.

Oggi qui le speranze volgono maggiormente verso la pace, imperocché si suppone che la Russia indietreggi davanti alle difficoltà provenieillti dalla mancanza di mezzi dopo l'insuccesso (da quanto si asserisce), dell'imprestito da essa tentato, ed a cagione della vigorosa resistenza che i Turchi stanno preparando, e per la quale avrebbero trovato soccorso anche in Londra, per me·zzo di una sottoscrizione che si dice essere stata aperta per somministrare vestimenti alle truppe Ottomane.

Ma vi ha un punto sul Quale sino ad ieri il Gabinetto Inglese non sembrava disposto a cedere, ed era l'intervenzione armata della Russia in Bulgaria, anche ristretta ad una frazione di quella regione. Siccome per altra parte il Governo Russo pare inesorabi.lmente spinto a fare qualche cosa che possa calmare l'agitazione sorta in Russia in favore della causa Slava, questa circostanza sembra a molti rendere difficile un accomodamento pacifico fra la Turchia ed essa.

(l) Non si pubblica.

628

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1432. Costantinopoli, 13 dicembre 1876, ore 15,40 (per. ore 16,20).

A la réunion d'aujourd'hui, on a continué la discussion sur les réformes de la Bulgarie. On a décidé d'en faire deux provinces. Demain nous aborderons la question des garanties. Nous redoublerons de précautions pour mainrtenir le secret. On est conv·enu d'adresser une prière analogue à nos Gouvernements respectifs.

629

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 443. Roma, 13 dicembre 1876.

Il Rapporto di V. E., in data del 6 Dicembre, n. 1726 (1), mi ha fornito preziose indicazioni intorno al vero senso delle dichiarazioni che il Principe di Bismarck aveva enunciato nel Reichstag Germanico, rispetto alla politica segui.ta dal Gabinetto di Berlino nella questione orientale. Non sarà sfuggita a V. E. la singolare interpretazione che alcuni giornali di Vienna, tra gli altri

l'ufficioso Fremdenb!.att, hanno voluto attribuire alle parole che, in occasione di un pranzo parlamentare, sarebbero state pronunziate dal Principe Cancelliere in ordine alla guarentigia dei domini austro-ungarici. Secondo la versione di quei giornali, il Linguaggio del Principe di Bismarck si sarebbe scostato ancor più notevolmente in quella circostanza, dalle dichiarazioni ufficiali emesse nella pubblica seduta del Reichstag, e vi si dovrebbe ravvisare quasi un salutare avvertimento all'indirizzo di una Potenza confinante con la Monarchia Austro-Ungarica, o, per parlare più chiaramente, all'indirizzo dell'Italia.

Noi non possiamo credere (ed i rapporti di V. E. mi confermano nella mia opinione) che tale veramente fosse il pensiero racchiuso nelle parole del Principe di Bismarck. Ma se pure, anche solo un'ombra di dubbio esistesse costi a questo riguardo, V. E. saprebbe ce·rto procacciarsi propizia occasione per mettere in sodo le nostre v·ere intenzioni, quali risultano dalla linea politica da noi finora costantemente seguita e che ebbe per iscopo di eliminare per quanto da noi poteva dipendere ogni pericolo di mutamenti territoriali.

(l) Cfr. n, 60~.

630

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 98. Roma, 13 dicembre 1876.

Mi sono regolarmente pervenuti i pregiati rapporti di V. E. fino al N. 82, in data del 4 Dicembre. Di tutti Le porgo i miei ringraziamenti; ma segnatamente Le sono grato delle preziose ed importanti notizie che l'E. V. mi ha fornito col Rapporto del 29 Novembre N. 77 (1).

Tre fra i rapporti più recenti di V. E., quelli segnati coi NN. 76, 78 ed 81 (2), mi segnalano manifestazioni varie della stampa britannica, alle quali V. E. attribuisce con molta ragione una certa importanza. Nè Le parrà inopportuno che io qui riassuma ·taluna osservazione che dalla lettura di quegli articoli mi

è stata suggerita.

Mi è piaciuto anzitutto di scorgere come periodici di tanta autorità quale è quella di cui gode meritamente la Saturday Review, rechino equo giudizio della condotta politica del R. Governo, la quale fu costantemente logica né ebbe a subire deviazione o disdetta a1lcuna in tutto il corso degli attuali avvenimenti. L'evoluzione favo·revole che costì sembra compiersi in questo momento a nostro riguardo, dimostra una volta di più che quando certe prevenzioni mancano di fondamento e sono soltanto l'effetto. di passione po-litica, <la verità finisce .sempre per farsi strada; onde ben si può aspettare con pacato animo che si correggano spontaneamente gli erronei ed ingiusti apprezzamenti.

Oerto è deplorevole la lettera che il Signor Mercer ha fatto pubblicare nel Times e nena quale si ripetono le voci calunniose che già, in addietro, eil"ansi

sparse circa lo svolgimento deil processo Mantegazza. Purtroppo ci manca il mezzo di difesa contro simili scritti pubblicati in un giornale estero anche se l'autore si trova in Italia. D'altra parte la condotta del Mercer nei suoi rapporti coll'autorità italiana essendo tale da togliere qualunque credito od importanza alle sue pubblicazioni, sempre più mi confermo nel pensiero che ci convenga di lasciar cadere iln un probabhle oblio la lettera di quel Signore.

Più grave è la pubblicazione che la Saturday Review ha accolto nelle sue colonne rispetto allo sfortunato caso del Signor Rose. Il R. Governo conosce e misura tutta la gravità della quistione relativa alle perduranti condizioni della pubblica sicurezza in Sicilia. I provvedimenti presi e quelli che si prendermmo ancora produrranno certo buoni effetti; ma sopralttutto è mestieri un più efficace concorso da parte degli abitanti dell'isola. Ber quanto spetta al caso speciale del Signor Rose, non può tacersi che la condotta della famiglia e dello stesso Console Britannico in Palermo fu tuWaltro che inappuntabUe. Indicazioni più precise Le sono fornite a questo riguardo con dispaccio di altra serie (1). Non sarebbe certo opportuno mantenere desta l'attenzione del pubblico in Inghilterra sopra questo incidente speciale. Però V.E., avendone l'occasione propizia, potrà mostrarsi informata delle circostanze del fatto, le quali dimostrano come da coloro appunto che ne avrebbero più stretto obbligo, il

R. Governo non riceva l'appoggio sul quale dovrebbe poter fare sicuro assegnamento.

(l) -Cfr. n. 596. (2) -Non pubblicati.
631

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

(Carte Robilant)

L. p. Roma, 13 dicembre 1876.

Rispondo con qualche ritardo alla gentilissima lettera che Ella mi scrisse il 2 corrente perché ho dovuto informarmi con qualche precauzione, delle intenzioni degli Ambasciatori acc11editati recentemente presso il nostro Sovrano. Pare che tanto Noailles quanto Uxkull abbiano l'intenzione di fare il ricevimento appena fini<to il periodo del lutto grave e terminate le solit,e vacanze parlamentari della fine d'anno. Queste vacanze comprenderanno la prima settimana di Gennaio ed il periodo del lutto grave finisce con Natale.

Dunque i ricevimenti di Francia e Russia qui avranno <luogo verso il 10 Gennaio se non ~avvengono eircostanz,e che modifichino questi progetti. Sino a quell'epoca mi pare che anche da parte di Lei si potrebbe procrastinare. Ma converrà ritardare anche maggiormente e quando verrà a mancare qualunque plausibile motivo?

Se non fossimo in una posizione che nel fondo è forse anche più spinosa che nelle apparenze, direi che per spingere ad una nomina dell'Ambasciatore per Roma si potrebbe fare una dimo~strazione che non mancherebbe certa

mente di significato. Ma nelle presenti nostre condizioni rispetto all'Austria Ungheria, una simile dimo·strazione non significherebbe forse anche troppo?

Mi pare che sinora abbiamo cercato di attenuare ciò che nella reciproca situazione dei due paesi poteva creare maggiori animosità. Ciò che Ella ha detto ripetutamente che cioè l'unanimirtà in Austria non esiste che quando si tratta di pronunciarsi contro di noi, si conferma ogni dì più senza che da parte nostra vi si sia dato appiglio. Un contegno che ama fine dei conti può anche essere interpretato come una noncuranza degli attacchi ingiusti diretti contro di noi, non avrà probabilmente nessun'efficacia swl'opinione pubblica in Austria, ma almeno rispetto aU'estero non accentua una situazione che pur troppo nelle condizioni presenti dell'Europa è giudicata ingiustamente a detrimento nostro. La conferenza di Costantinopoli non ha incominciato troppo male. In un telegramma che uno degli Ambasciatori (non dei tre imperi) ha ricevuto, è detto che nella seconda riunione prei1iminare l'Austria dichiarò di accettare soltanto ad referendum l'aumento di territorio per ii Montenegro. Nella prima seduta i plenipotenziari Austriaci avevano rifiutato di incominciare la discussione sulle condizioni dell'autonomia per la Bosnia e l'Erzegovina. Ieri Ignatiew diede lettura delle basi per le autonomie e pare che per la Bosnia e l'Erzegovina si limitò alle proposte del Conte Andrassy domandando per la Bulgaria un regime assai più completo nel senso autonomo. L'unione della Bosnia e deU'Erz.egovina in una so•la pro·vincia suscitò altre riserve per parte degli Austriaci. L'impl"lessione generale del diplomatico che mandava queste notizie era espressa con questa formula assai precisa: • Les Autrichiens continuent à créer des embarras •. E questo può forse considerarsi come il maggiore ostacolo che la Conferenza avrà da vincere; ma io spero che se dagli ostacoli si finirà per sortire abbastanza bene, la posizione dell'Austria non si sarà avvantaggiata da una condotta che avrà finito per dispiacere a tutti. Mi pare invece che finora almeno, abbiamo tenuto assai bene la nostra posizione in guisa da accrescere le simpatie per noi in ragione della tranquillità del nostro modo di agire.

Se sortil'emo da questo mal posto, sarà gran fortulll:ll e Dio lo voglia per il nostro bene.

(l) Non pubblicato.

632

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R.R. 116. Parigi, 13 dicembre 1876 (per. il 16).

Eccomi a ripetere per iscritto all'E.V. quanto 'ebbi l'onore di accennarle succintamente negli ultimi telegrammi miei.

All'antica politica inglese, che fu l'espressione delle viste dei grandi proprietarj, viste larghe ed elevate, ora succede la politica dei bottegaj che vuoi restringere l'azione della possente Inghilterra alla stvegua del piccollo commercio. Il discorso di Sir Gladstone pronunciato nell'ultimo meeting di Londra produsse a Parigi una dolorosa impressione, come quello che tende a modificare e snaturare le tradizioni della politica orientalle. Quando un grande Stato, pur di non far la guerra, transige con tutti e su tutto, manca la base d'ogni crtterio e d'ogni oalcolo poutico. D'altronde poi l'abbandono deUa antica politica nella quistione d'Oriente per parte dell'Inghilterra e la sua nuo~va

divisa, che sembra essere la pa~ce ad ogni costo, getta la Francia nello sconforto, riflettendo che manca ormai ogni argine, ogni freno alla soverchiante politica delle Potenze del Nord.

Tali, se non erro, erano le tristi riflessioni di S. E. il Duca Decazes.

Nell'ultimo colloquio da me avuto col Duca Decazes, egli disse di essere stato effettivamente informato che, in luogo dell'occupazione Russa in Bulgaria, sorgeva il progetto di affidare la sorveglianza pratica delle chieste riforme ad una Commissione internazionale, che avrebbe ai suoi ordini un corpo di sei od otto mi1la uomini da organizzarsi subito, mercè reclutamento volontario presso i varj Stati garanti. Questo Corpo sarebbe incaricato del servizio di polizia nel1e pro<vincie Slave. Il Duca Decazes mostrava poca fiducia nella pronta organizzazione e nell'utili~ finale di questo Corpo, aggiungendo ch'Ei permetterebbe in Francia un ufficio di reclutamento, ma non accorderebbe mai una forza qualunque dell'esercito.

Riconducendo la parOO.a ,sui pveilimilllarj della Conferenza a Costantinopoli, egli ebbe la cortesia di farmi leggere parecchi telegrammi. Secondo il loro tenore Lord Salisbury, spogliandosi completamente della vecchia alterigia inglese, lavorerebbe per la pace ad ogni costo ed a qualsiasi concessione, arrivando sino al punto di dichiarare ail Generale Ignatieff che, in caso di guerra fra Russia e Turchia, l'Inghilterra si limiterebbe ad occupare un punto qualunque ne' Dardanelli, Gallipoli, a quanto sembra. Ma frattanto Sir Ellio~t seguirebbe una via di!V1ersa, agirebbe in un senso assai differente, consigliando e spingendo la Turchia alla resistenza.

Il Principe Gorlchakow avrebbe fatto sapere al Principe di Bismarck che lo Czar, avendo ottenuto d'impadronirsi del movimento nazionale in fruvore de' Slavi, trovavasi padrone della situazione e poteva quindi arrestarsi, se ciò gli piacesse e convenisse. Si assicura che il Pdncipe di Bismarck abbia fatto pessimo viso a questa notizia, rispondendo che, in tal caso, sarebbe stato meglio di non fare tanto strepito.

D'altra parte parlando coll'Ambasciato,re Francese, il Principe di Bismarck avrebbe detto che, secondo lui, al punto in cui stavano le cose, la Russia doveva occupare la Bulgaria e l'Austria contemporaneamente la Bosnia e l'Inghilterra Costantinopoli. Che 'egli, stanco e nauseato di tante lotte, rivalità e diffidenze meschine, pensava pantire per la ,sua campagna e supplicare l'Imperatore di volerlo sollevare dall'insopportabile peso degli affari esteri.

Un ufficialle superiore francese, giunto or ora da Pietroburgo, pretende sapere che, in caso di guerra, l'armata del Granduca Nicola passerebbe il Danubio a Palanka sulla riva serba e quindi, per la gran valle della Morruva girerebbe dietro i Balkani dirigendosi sopra Sofia. Di là poi, prendendo consiglio dalle circostanze, mo!V1erebbe sopra Salonicco o, meglio ancora, sopra Costantinopolli. L'Austria, senza il di cui pieno accordo non si potrebbe eseguire una simile manovra, occuperebbe nel tempo stesso la Bosnia e forse anche l'Erzegovina.

Lord Derby avrebbe ripetuto di nuorvo non essere intenzione del Governo Inglese, checchè avvenga, d'impadronirsi e nemmeno di occupare temporariamente l'Egitto. Egli si disse molto soddisfatto delle assicurazioni avute, che·, tampoco, Francia ed Italia nutrissero progetti nascosti sulla Reggenza di Tunisi.

Qui a Parigi vi sono dei Russi appartenenti alla ricca aristocrazia del loro paese, i quali accusano apertamente iil. Principe di Bismarck di spingere la RUJSSia alla guerra per comprometterla politicamente ed indebolirla finanziariamente.

633

IL MINISTRO DELL'INTERNO, NICOTERA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

N.R. 6965. Roma, 14 dicembre 1876.

Da investigazioni fatte dal Prefetto di Brescia, sarebbe risultato che a Trento •esiste un comitato così detto InsurrezionaLe, il quale starebbe apprestando i mezzi per tentare in un'epoca più o meno lontana un movimento nel Tirolo in vista del!la piega che possono prendere gli affari d'Oriente, ·e che a questo scopo diramerebbe lettere e circolari ai più noti individui appartenenti al partito repubbil.icano radicale nel Regno, sia per raccogliere mezzi pecuniari che uomini pronti ad accorrere in aiuto dei Trentini al momelllto opportuno.

Un altro Comitato esiste a Brescia, il quaLe tiene e riceve corrispondenza con Quello di Trento, ed uno dei corrispondenti, certo Signor Giuseppe Barbaglio avrebbe già dichiarato di essere pronto alla evenienza, e di unirsi ai Trentini qualora partisse il segnale di un movimento, e siccome è persona assai faco[tosa ed influente, così ne userebbe per ripromettersi in anticipazione ed alla evenienza il concorso di altri.

In presenza di un tale stato di cose ho reputato opportuno di rinnovare, con una Circolare ai Prefetti, ·le raccomandazioni fatte con altra precedente affinché contirn.uino ad esercitare, sull'importante argomento la più oculata vigilanza.

A maggiore intelligenza pregiomi trasmettere all'E.V. copia della Circolare (l) riservandomi di eomunicarle ogni e qualsiasi ulteriore emergente che venisse a mia cognizione.

634

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 581. Vienna, 14 dicembre 1876 (per. il 17).

Mentre negli ultimi tempi la Russia .non cessava dall'adoperarsi presso il Gabinetto di Vierma, affinché contemporaneameillte all'ingresso delle sue truppe sul territorio turco quelle Austro-Ungariche av,essero pure a varcare il

confine per occupare la Bosnia, il Gabinetto di Pietroburgo non 'tralasciava dal premunirsi contro la possibile eventualità che l'Austria-Ungheria avesse a minacciare sul suo fianco l'eserdto del Gran Duca Nicola durante la sua marcia in avanti. Infatti ripetevasi qui con insistenza la voce di concentrazione di corpi Russi verso le frontiere della Galizia. Notizie che ebbi modo di procurarmi ieri da fonte molto attendibile mi confermano il fatto che sebbene non abbia più probabilmente in oggi se non un interesse retrospettivo, pure ho creduto conveniente portare a notizia della E. V.

(l) Non si pubblica.

635

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1440. Belgrado, 16 dicembre 1876, ore 15,35 (per. ore 16,16).

Avant-hier le prince Milan s'est adressé au président de la conférence à Constantinople en demandant l'admission d'un délegué serbe, sans en préciser le mode.

636

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1441. Costantinopoli, 16 dicembre 1876, ore 20,30 (per. ore 20,50).

Aujourd'hui, on s'est définitivement entendu sur tous les points relatifs aux réformes. Reste la question des garanties. J'ai fait tous les efforts pour fair,e accepter les troupes roumaines. Lord Salisbury s'y oppose catégoriquement alléguant que cela constituerait une occupation contraire au programme de son Gouvernement et une offense pour la Porte. On établira l'accord sur une espèoe de gendarmerie. Je crois que la semaine prochaine on invitera les plénipotentiaires tures à intervenir.

637

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 215. Roma, 16 dicembre 1876.

Ringrazio la S.V. Illustrissima delle considerazioni svolte nel Rapporto del 2 Dicembre n. 480 (1).

Richiamando l'attenzione di Lei sopra i rapporti nei quali la questione agraria della Bosnia è stata ampiamente trattata dal Cavalier Durando, ho voluto mettere la S.V. Illustrissima sempre meglio in grado di conoscere la

questione stessa in ogni suo più minuto particolare. Non è dubbio (già lo si notò nelle istruzioni che le furono impartite) che la Conferenza non può avere agio e competenza per risolvere tutte le difficoltà di un problema così complesso. Egli è però un fatto incontrastabile che, più d'ogni aUra ragione, la questione agraria ha potuto contribuire a mantenere viva la insurrezione

o almeno a fornirle nuovo alimento. Da questo concetto muovono le nostre legittime preoc,cupazioni. Le proposte contenute nella Nota Andrassy sono da considerarsi piuttosto come suggerimenti dati alla Sublime Porta che non come guarentigia del soddisfacimento dovuto ai bisogni delle popolazioni. La formola da noi enunciata, di deliberare, cioè, la revisione dello stato attuale di cose per opera di apposita Commissione, le decisioni della quale dovrebbero avere altrettanta forza 1ed efficacia come ogni altra deliberazione della Conferenza, ci sembra invece di :tal natura da pagare subito, in certa misura, le popolazioni ~e da offrire una più seria guarentigia che sarà rimossa infine una delle principali cause di agitazione periodica nelle contrade travagliate della Bosnia e della Erzegovina.

(l) Cfr. n. 601.

638

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 217. Roma, 16 dicembre 1876.

Mi giova di tenerle qui discorso di argomento speciale che, toccato nelle prime riunioni tenutesi costì tra i Rappresentanti delle Grandi Potenze non mi sembra avviato, secondoché rile~vo dai carteggi telegrafici di Lei, verso conveniente e pratica soluzione.

Mi riferiva la S. V., con telegramma del 10 di questo mese (1), essere sorta da private conversazioni l'idea di sopperire alla forza armata necessaria per tradurre in atto le eventuali deliberazioni della Conferenza mediante contingenti belgi e svizzeri, di 6000 uomini per la Bulgaria e di altrettanti per la Bosnia. Ella mi soggiungeva col telegramma del dì successivo (l) che la iniziativa della proposta veniva dal Signor de Chaudordy, che informazioni a que

st'ultimo provenute da Parigi lasciavano credere possibile la esecuzione del progetto, che Lord Salisbury ed il Generale Ignatieff non avevano fatto sfavorevole accoglienza a siffatta combinazione, anzi ~l'avevano pigliata ad refe?·endum, che, infine, i1l Generale Ignatieff credeva sapere la cosa non essere stata punto respinta a Londra e nella sostanza sua esservi stata presa in considerazione.

Quali veramente siano state le disposizioni dei Gabinetti di Londra e di Parigi di fronte a simili progetti, ci consta ormai da comunicazioni che in proposito mi sono giunte dagli Ambasciatori del Re accreditati presso quei due Governi.

Il Duca Decazes (così mi riferiva il Generale Cialdini) era stato effettivamente informato che, in luogo della occupazione russa in Bulgaria, sorgeva il progetto di affidare la sorveglianza pratica della riforma ad una Commissione

Internazionale avente ai suoi ordini un corpo di sei a otto miJ.a uomini da organizzarsi subito mercé arruolamento volontario presso i vari stati garanti.

Questo corpo sarebbe stato incaricato del servizio di polizia nelle provincie Slave, escluso il concetto di una occupazione propriamente detta anche solo in proporzioni ristrette. Però già lo stesso Duca Decazes mostrarva poca fiducia nella pronta amministrazione e nella utilità pratica di quel corpo aggiungendo che egli permetterebbe bensì in Francia l'apevtura di un ufficio di reclutamento ma non accorderebbe mai una forza qualunque dell'esercito francese.

Per quanto concerne il Gabinetto britannico, anche dai telegrammi del Generale Menabrea risuLta che la opposizione di Lord SaUsbury converge sopratutto su qualsivoglia progetto di occupazione russa ancorché limitata, secondoché il Generale Ignatieff fino da principio avrebbe proposto, ad un solo corpo di 6000 uomini.

Dal canto nostro io mi sono affrettato a manifestarle il pensiero del R. Governo coi telegrammi del 10 e deU'll di questo mese (1). Per verità io non comprendo come siasi potuto pensare ad un'occupazione per opera di truppe belgiche e svizzere. Un simile progetto, affatto impraticabile per la Svizzera, presenterebbe certo anche per H Belgio, le maggiori difficoltà costituzionali. Dal momento che tu~ la questione sembrava ridursi al bisogno di un certo corpo di polizia, sorgeva spontaneo in noi il concetto di cui ebbi tosto a porgerle cenno telegrafico, consistente cioè nella concentrazione delle truppe turche entro le fortezze, mentre le autorità incaricate di eseguire le riforme, avrebbero a loro disposizione alcune migliaia di soldati rumeni.

Dubitava la S.V. che la Sublime Porta fosse per fare buon viso a siffatta proposta. Anche oggi duro fatica a persuadermi che veramente dovesse essere invincibile la ripugnanza del Governo Ottomano. Fatta anche astrazione da taluna circostanza, confidenzialmente riferitami dal R. Agente in Bucarest, la quale indurrebbe a credere che la Sublime Porta non sarebbe aliena in date eventualità, dal fare assegnamento sopra la cooperazione della Rumania, sembra a noi che, posta la necessità di un contingente di truppe cristiane, la migliore combinazione, per salvare l'amor proprio della Turchia dovrebbe consistere nel cercare questo contingente presso uno Stato vassallo del Swtano. Imperocché al punto di vista giuridico l'esercito Rumeno altro non è se non un contingente cristiano dell'esercito imperiale.

La S. V. mi replicava col telegramma del 14 (2). Nella riunione di quel giorno erasi trattato formalmente la questione del!le guarentigie. Il Generale Ignatieff aveva concluso per l'intervento straniero pur dichiarandosi pronto a prendere ad referendum ogni altra proposizione. Ne era sorta una discussione nel corso della quale Ella aveva presentato la proposta di un contingente rumeno. Però Ella stessa prevedeva che il risu!ltato della deliberazione sarebbe stato assai probabilmente il progetto di formare mediante due o tre mila soldati stranieri, verosimilmente belgi, quasi il quadro per la organizzazione di urna Gendarmeria locale.

Non posso trattenermi (già la scorsa notte Le telegrafai in questo senso) (2) dal rimpiangere che i Plenipotenziari non abbiano creduto opportuno di tener

conto delle ragioni potenti e di varia natura che ci farebbero preferire l'intervento di un contingente rumeno in Bulgaria ad ogni rutra occupazione per opera di truppe appartenenti ad alcuna delle Potenze Europee. Soprattutto ci preoccupa il timore che si perda in simili discussioni un tempo prezioso. Importa di non dimenticare che se, alla fine di questo mese, non si sarà messo innanzi alcun progetto pratico, la Russia può ritenersi autorizzata dalle stesse sue dichiarazioni precedenti a procedere ad un passo decisivo. Potrebbe cioè affermare che i lavori della Conferenza non avendo probabilità alcuna di riuscire ad un risultato soddisfacente, il Governo Imperiale non opina che si abbia a prorogare l'armistizio e giudica essersi verificato i!l caso, già previsto, di dover provvedere coi mezzi ond'essa dispone, alla definizione delle questioni pendenti. Gravissima sarebbe per certo la responsabilità dei Governi rispetto alle proprie popolazioni se una simile eventualità venisse a prodursi, mentre i P~enipotenziari si stanno travagliando nella ricerca di combinazioni alle quali l'opinione pubblica in Europa non sembra voler accordare un valore pratico. . , ·o:_ i !

P.S. -L'apprezzamento enunciato in questo mio dispaccio riceve ora nuova conferma dall'articolo del Giornale di Mosca del quale mi giunge, in questo momento, per mezzo dell'Agenzia Stefani un breve riassunto. Secondo siffatto riassunto la Gazzetta scorgerebbe nella propo.sta di una polizia straniera armata un progetto fantastico.

(l) Non pubblicato.

(l) -Non pubblicati. (2) -Non pubblicato.
639

IL MINISTRO A WASHINGTON, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 73. Washington, 16 dicembre 1876 (per. l' 11 gennaio 1877).

Ho l'onore di trasmettere qui unito aJl'E.V. due esemplari del Messaggio (l) che il Presidente Grant ha inviato al Congresso per l'inaugurazione della seconda sessione della presente Legislatura.

Quel documento accenna alle buone intenzioni che inspirarono il Presidente durante gli otto anni della sua amministrazione, ed alla cordialità dei rapporti esistenti tra gli Stati Uniti e le nazioni estere, •le quali parteciparono volonterose all'Esposizione di Philadelphia.

Il Presidente lamenta che il Congresso abbia ridotto il bilancio della Rappresentanza diplomatica e consolare, e spera che un nuovo esame di questa questione modificherà le determinazioni prese dal Congresso.

Il Governo degli Stati Uniti si è associato alle altre Potenze nei negoziati per la riforma giudiziaria in Egitto e confida che le questioni di giurisdizione che sono sorte possano essere speditamente risolte.

I casi del Messico hanno dato luogo a reclami per parte di cittadini e funzionari degli Stati Uniti; il Presidente spera che quelle quistioni V'erranno

risolte a soddisfazione dei due Governi. La questione di frontiera è sottoposta all'esame dei Governi delle due Repubbliche.

La commissione mista nominata in virtù della Convenzione del 1868 per i reclami fra gli Stati Uniti ed il Messsico ha compiuto i lavori. Il Presidente chiama l'attenzione del Congresso sulla necessità di provvedimenti legislativi per il pagamento delle somme dovute ai reclamanti, e ringrazia il Ministro d'Inghilterra a Washington che adempie con abnegazione al compito di arbitro della Commissione.

Tocca alla quistione delle naturalizzazioni fraudolente ed afferma la necessità di una legislazione al proposito, come pure la necessità di una legislazione sui matrimoni contratti all'estero da cittadini americani, e sulla condizione delle donne americane maritate a forestieri e dei figli nati da parenti americani in paese estero.

Accenna ai progressi fatti dagli Stati Uniti e dimostrati nell'Esposizione di Philadelphia. Parecchie nazioni hanno volontariamente offerto agli Stati Uniti parecchi degli articoli da essi esposti, e ciò onde accrescere l'interesse di una esposizione permanente. Per tale atto di generosità esse meritano i ringraziamenti del popolo americano, ed il messaggio suggerisce che il Congresso adotti una risoluzione a tal riguardo.

Chiama l'attenzione sulla necessità d'occuparsi del metodo di constatare e verificare l'elezione del Presidente. Ricorda 'l'urgenza di migliorare le condizioni intellettuali del paese con aiuto da accordarsi alle scuole libere.

Parla della quistione dell'annessione di San Domingo agli Stati Uniti e protesta di non avere avuto altre mire a tale proposito se non lo sviluppo del commercio degli Stati Uniti.

Conchiude poi dichiarando di ritirarsi alla vita privata. Il messaggio fu accolto freddamente dall'opinione pubblica, preoccupata esclusivamente della Presidenza che succederà a quella del Generale Grant. Mando all'E. V. il foglietto che accompagnava i documenti diplomatici speditimi il 9 novembre scorso...

(l) Non si pubblica.

640

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 502. Costantinopoli, 17 dicembre 1876 (per. il 26).

Ieri ebbi l'onore di ricevere H telegramma (l) che l'E. V. compiacevasi rivolgermi la sera innanzi per significarmi essere dispiacente che le numerose ragioni che militavano in favore dell'intervento delle forze Rumene in Bul

gari:J non fossero tenute in conto; temere soprattutto la perdita d'un tempo prezioso; gravissima sarebbe la responsabilità dei Governi innanzi all'eventuaHtà che potrebbero sorgere mentre i Plenipotenziarii sono alla ricerca di combinazioni cui l'opinione pubblica di Europa non sembra dare un valore pratico.

-. • ......LI.iia!

Già ebbi l'onore di riferire all'E. V. come, in obbedienza agli ordini ripetutamente da Essa impartitimi in proposito, io proponessi alla Riunione del 14 corrente, l'intervento di un contingente Rumeno. Dissi che la mia proposta non era stata appoggiata da alcuno in quella congiuntura, ed era anzi stata combattuta dall'Ambasciatore Austro-Ungarico come offensiva per la Sublime Porta. L'Ambasciatore di Russia mi diceva poscia privatamente quell'idea essere stata favorevolmente accolta dal Cancelliere Imperiale. Aggiungerò ora che il Generale Ignatiew mi parlava in segui,to in termini assai caldi in favore di essa, ed egli stesso la difendeva strenuamente presso i Colleghi, allegando sopratutto la facilità di aver quelle forze sul •luogo. Io faceva quindi i più caldi officii presso di quelli, appoggiandomi principalmente sulla convenienza di adottare una soluzione la quale aveva una base giuridica manifesta. Il Conte di Chaudordy l'accogUeva assai freddamente, adducendo siffatto progetto metterebbe a repentaglio l'accordo che aveva sino ad ora si felicemente esistito tra i Plenipotenziari, né sarebbe mai accettato dalla Sublime Porta. L'Ambasciatore Austro-Ungarico lo respingeva in modo assoluto, e credo avesse categoriche istruzioni in proposito. Lord Salisbury aveva ,fin da principio manifestato disposizioni poco favorevoli. Però in seguito alle istruzioni nuovamente impartitemi dall'E. V. per telegramma predetto, volli fare un estremo tentativo affine di fargli intendere le ragioni che militavano in favore del progetto. Sua Signoria mi rispose il Governo Britannico non poteva aderire ad una proposta che conduceva ad una vera occupazione militare; l'istituzione d'una gendarmeria composta del contingente di una Potenza neutrale essere :l'estremo limite cui quello andrebbe; né la Sublime Porta potrebbe essere indotta ad accettarla. Le mie istanze per ismoverlo da questa convinzione non riuscirono ad alcun effetto. j • ,

Ora l'E. V. conosce come questo progetto di ricorrere ad un contingente Rumeno non fosse nuovo; tanto che la Sublime Porta ne aveva avuto qualche sentore. Era quindi venuto a mia conoscenza essersene essa gravemente commossa e Safvet Pacha diceva or non ha guari a qualcuno non poter credere che le Potenze sarebbero per presentare alla Sublime Porta una proposta sì umiliante per la sua digni1tà. H fatto è che questi Ministri non sono assai versati sulle teorie del diritto pubblico, e si limitano a considerare come un'amara offesa d'essere chiamati ad usare le forze d'un vassallo di dubbia fede per tenere in freno l'elemento Musulmano nei dominii diretti. Né la considerazione delle disposizioni della Sublime Porta era di poco momento; imperocché da più parti s'intende che essa è decisa a resistere alle domande delle Potenze, ed è quindi importante di non introdurvi delle condizioni cui essa non vorrebbe

a niun patto sottomettersi.

Era evidente che in tali circostanze una maggiore insistenza da mia parte non avrebbe servito che a compromettere quella buon'armonia ch'era tanto necessaria sia per terminare sollecitamente i nostri lavori, sia per presentarci uniti innanzi ai Plenipotenziari Turchi. Non credetti quindi opportuno nell'interesse della pace d'oppormi alla proposta del contingente Belga, la quale aveva H grande vantaggio di riunire i suffragi di tutti i Plenipotenziari, non che quello del Governo che arveva a fornire il contingente.

Si spera per tal modo che tutto sarà in pronto fra tre o quattro giorni, e si potranno invitare i Plenipotenziarii Ottomani ad intervenire alla Conferenza pel 21 o 23 del presente.

(l) Non pubblicato.

641

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1447. Costantinopoli, 18 dicembre 1876, ore 15 (per. ore 18,40).

La réunion aujourd'hui a presque terminé la rédaction de tous les actes à présenter à la conférence. Le contingent à servir de garantie sera proposé sous la forme de cadre de gendarmerie spéciale composée d'éléments étrangers. Sur cette base, on pourra établir l'accord, et elle a plus de chance d'ètre acceptée par la Sublime Porte.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 119. Parigi, 18 dicembre 1876 (per. il 21).

Ieri mi sono recato a restituire la visi1ta a S. E. il nuovo Presidente del Consiglio de' Ministri, Signor Giulio Simon, che ebbi la fortuna di combinare nel suo ufficio.

Egli si affrettò di esprimermi le sue vive ed antiche simpatie per l'Italia ed il fermo proposito di continuare verso di noi in UJna politica conciliante ed amichevole.

Per una prima visita si stette naturalmente sUJ11e generali. Posso però assicurare fin d'ora all'E. V. che dal nuovo Gabinetto Francese, quale si è ricostituito sotto la Presidenza del Signor Giulio Simon, trorveremo più facile e leale appoggio nelle quistioni tutte d'indole religiosa ed in quelle che per avventura potessero sorgere nei nostri rapporti col Vaticano, nella lotta coll'ultramontanismo.

Le opinioni personali del Signor Giulio Simon dovendo necessariamente esercitare un'influenza a noi favorevole sul Duca Decazes, che in certi articoli spinosi soleva mostrarsi schivo e perplesso, credo sarà conveniente ed utile d'ora in poi di coltivare le relazioni e di 'trattare certe faccende speciali prima seco lui e quindi col Duca Decazes.

P.S. -Accludo al presente dispaccio una lettera che mi è stata consegnata dal Marchese Pappalepore all'indirizzo dell'E. V.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, A VITTORIO EMANUELE II

(ACR)

L. P. Londra, 18 dicembre 1876.

Le Prince Louis Jérome Napoléon dans un récent discours à la Chambre des Députés de France a parlé du Traité d'Allianoe qui avait été, il y a quelques années, négocié entre l'Autriche, la France et l'Italie, et dont la réalisation n'avait pu avoir lieu par suite du refus de l'Empereur Napoléon III de retirer ses troupes de Rome ainsi qu'il en avait donné la promesse à Votre Majesié et qui était la condition absolue que l'ltalie avait mise pour son adhésion à ce traité. S.A.I. le Prince Napoléon n'avait pas été très exact dans ses citations car il attribuait l'origine de ce projet de traité à l'année 1870, tandis que il en avait été question dès l'année 1868 et les négociations relative.s ne trouvèrent fin qu'en l'année 1869 alors que l'Empereur refusa de maintenir sa promesse; refus qui lui a été fatai. Quelques journaux italiens ont relevé les inexactitudes de date du Prince Napoléon; mais eux memes n'ont pas été bien renseignés sur cette importante affaire qui a occupé Votre Majesté pendant presque tout le temps que j'ai eu l'honneur d'etre président du Conseil. Je me demandais s'il était convenable de faire connaitre quelle avait été l'attitude du Gouvernement de Votre Majesté lorsque, il y a peu de jours le Comte de Beust qui, à l'epoque sus indiquée, était Chancelier de l'Empire d'Autriche et qui, en cette qualité avait lui-meme traité la question de l'Alliance, me dit (en me rappelant les div,erses circonstances de cette affaire), qu'il avait cru devoir en faire objet d'un rapport à son Gouvernement.

Cela étant, j'ai pensé qu'il serait utile d'en faire autant de ma part. Cependant, comme les négociations se sont passées dans le plus grand secret qui de notre coté, n'était connu que de Votre Majesté et de moi, et en outre du Chevalier Nigra, j'ai pensé qu'il ne m'était pas permis d'en informer le Ministère sans que Votre Majesté m'y autorise.

En conséquence, j'ai rédigé un exposé, ci-joint, des négociations relatives à cette triple alliance et j'ai l'honneur de la soumettre à Votre Majesté qui verra ce qui doit etre fait de ce document. Quoiq_ue je n'aye pu que recourir à ma mémoire pour rappeler les faits qui se rapportent à cette question, je crois néanmoins les avoir présentés d'une manière exacte.

Je pense q_ue ce projet de Triple alliance forme une page importante de notre histoil'e et en meme temps des plus honorables, car elle montre comment

53 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

Votre Majesté a su protéger l'indépendence de l'Italie dans un moment bien critique pour Elle, en refusant à la France une alliance à deux qui nous aurait rendu sa vassale, et en exigeant, comme condition sine qua non, l'évacuation du territoire pontificai par les troupes Françaises.

Je sais que Lord Salisbury a été séduit par l'accueil que Votre Majesté a bien voulu lui faire. Je m'en aperçois par les rapports plus faciles que j'ai avec le Foreign-Office, rapports qui auparavant étaient devenus fort délicats à cause de la persuasion où l'on y était que l'ltalie avait fait alUance avec la Russie.

Les bruits qui couraient à ce sujet venaient surtout de Constantinople; mais Votre Majesté a dissipé ces nuages et la conduite de l'ItaHe est maintenant appréciée pour sa prudence.

Les opinions ici sont moins impressionnées par la crainte immédiate· de la guerre; cependant on n'est pas encore entièrement rassuré quoique l'Angleterre ait ell.e meme proposé la création d'un Corps de Gendarmerie étrangère pour protéger les chrétiens, et, en général, l'ordre public en Bulgarie.

Ici l'on voudrait en finir, une fois pour toutes, avec cette question d'Orient qui, de temps à autre, surgit pour troubler l'industrie et le commerce de l'Angleterre, mais personne jusqu'ici n'a trouvé une solution facile. Tout le monde en cherche et en propose. En autres, il y a un publiciste qui suggère de nommer

S.A.R. le Due d'Aosta Roi de Constantinople, et il appuye sa proposition sur des motifs les plus honorables pour la maison de Savoie et d'Italie.

Je ne sais trop si Son Altesse Royale voudrait faire cet essai d'une couronne Bysantine qui le ferait régner sur un mélange de maométans, de chrétiens, de toutes sectes de juifs etc. ce qui rendrai•t la tàche un peu difficile.

ALLEGATO. RAPPORTO SOPRA UN PROGETTO DI TRIPLICE ALLEANZA TRA L'AUSTRIA LA FRANCIA E L'ITALIA NEGLI ANNI 1868-69

Fin dal 1868 l'Imperatore Napoleone III faceva a S.M. il Re d'Italia alcune

E-splicite aperture per indurlo a stringere colla Francia un'alleanza difensiva ed

offensiva. Le trattative dovevano essere tenute segretissime e riservate ad un

ristretto numero di persone.

A Parigi il Signor Rouher ed il Signor Nigra erano forse i soli a parte di [tale)

progetto, mentre a Firenze allora Capitale del Regno, il Re solo ne aveva avuto

comunicazione dall'Imperatore. Il Re incaricava esclusivamente il Generale Me

nabrea, a quell'epoca presidente del Consiglio de' Ministri e Ministro degli Affari

Esteri, di trattare, secondo l'indirizzo che gli dava Sua Maestà quell'importante

affare di ·CUi, una menoma indiscrezione poteva compromettere l'esito.

Questa prima proposta dell'Imperatore non parve accettabile in que' termini

imperocché era troppo evidente che, a quel tempo, l'Italia formando un'alleanza

colla Francia sola, anziché l'alleata di questa ne sarebbe stata la vassalla.

Ma senza addurre questo motivo di riluttanza ad accettare la sua offerta si

fece sentire all'Imperatore che un'alleanza a Due sarebbe stata troppo debo.le, per

cui era necessanio di avere l'accessione alla medesima di una terza potenza di

primo ordine

A questa prima condizione per l'alleanza l'Italia ne poneva un'altra, sine qua

non, ed era: la evacuazione, per parte delle truppe francesi, del territorio ponti

ficio e la surrogazione all'uopo di esse colle truppe italiane.

In seguito a queste dkhiarazioni che vennero in massima accolte, l'Imperatore ufficiava la Corte di Vienna, che era la più indicata, affinché entrasse in quella triplice alleanza.

In quanto ,alla condizione della evacuazione di Roma dalle truppe francesi quE>sta rifletteva soltanto l'Imperatore e l'Italia, per cui essa non doveva fare parte del trattato. Ma riguardo a tale condizione, l'Imperatore dichiarav,a che quando le altre del trattato sarebbero state intese fra i contraenti egli avrebbe scritto al Re una lettera colla quale a,nnuncierebbe il ritiro delle sue truppe dal territorio pontificio.

Riprese le trattative con questo nuovo indirizzo, l'Imperatore s'incaricava più specialmente de' negoziati coll'Austria e serviva, per così dire, d'intermediario tra l'Italia e quella Potenza che ade11iva, in massima al progetto esprimendo però il desiderio che il trattato avesse un carattere più pacifico coll'oggetto specialmente di un'alleanza difensiva, la quale non si sarebbe mutata in offensiva se non quando le circostanze lo avessero richiesto.

Le negoziazioni si protrassero durante le massima parte dell'anno 1869 e si giunse, finalmente, a formular,e un progetto di trattato che venne accolto dalle tre parti.

Esso portava, in sostanza, alleanza difensiva ed offensiva tra l'Austria, la Francia e l'Italia sul piede della più perfetta uguaglianza. Le tre potenze si guarantivano reciprocamente, la integrità de' rispettivi territorii e se, in seguito ad una guerra in comune alcuna delle potenze avesse acquistato un aumento di territorio le due altre sarebbero compensate in qualche modo.

In ogni caso la Svizzera rimaneva intangibile, a meno che venisse a favorire in qualche modo i nemici de' tre alleati. L'AuS'tria, a motivo della sua particolare posizione faceva alcune riserve in quanto al modo di mettere in atto le condizioni dell'alleanza.

Per il caso di guerra, la quistione finanziaria, in quanto all'ItaLia, era anche regolata.

Come primo effetto di quella progettata alleanza, si ebbe dall'Imperatore Napoleone III il consenso per rettificare, fin d'allora, la frontiera del Regno d'Italia verso la Contea di Nizza colla concessione della massima parte della Conca del Roja tuttora appartenente alla Francia. I disegni topografici di detta rettificazione erano anche stati mandati ed approvati a Parigi. Importava eziandio accertarsi che l'Austria non avrebbe fatto opposizione alla evacuazione del territorio pontificio dalle truppe francesi benché questa condizione non facesse parte del trottato generale. Il Conte de Beust alloTa Cancelliere dell'Impero Austro-Ungarico, non solo non si opponeva a quel ritiro de' Francesi, ma, anzi, lo considerava come assai importante p>er amicarsi il partito liberale in Austria che insisteva talmente per l'abolizione del concordato.

Siccome l'Italia non aveva avuto comunicazione diretta coll'Austria a proposito di quel trattato il Re acconsentiva a che il Generale Menabrea si valesse del proprio genero il Duca di Gela, uomo fidato, che dovendo fare un viaggio a Vienna fu incaricato di vedere il Conte de Beust per averne verbalmente la conferma di quanto si era combinato. Il rapporto del Duca di Gela venne in appoggio delle buone disposizioni dell'Austria.

Per dare vita al trattato non vi mancavano che le firme delle tre Potenze

dopoché l'Imperatore Napoleone avesse scritto al Re la lettera che aveva promesso

per il ritiro delle sue truppe.

Intanto le negoziazioni potendo considerarsi come mature, era giunto il mo

mento di sottoporle al Consiglio de' Ministri prima di andare oltre.

Il progetto di trattato della triplice alleanza fu, dal Consiglio, accolto col mas

simo favore da tutti i membri del Gabinetto. Si scorgeva come mediante quel

trattato l'Italia sarebbe stata fra poco, 1intieramente liberata da ogni occupazione

straniera; si otteneva, anche dall'Austria la guarantigia della integrità del Regno

ed infine si aveva la prospettiva, ove una guerra avesse scoppiato, di vedere la

vittoria ricondotta sotto le nostr.e bandiere.

Ma la lettera Imperiale non veniva; varii pretesti erano messi avanti per ritardarla quando ad un tratto l'Imperatore informò il Re che invece di scrivere quella lettera Egli preferiva fare verbalmente al Cavalier Nigra la dichiarazione officiale del ritiro delle sue truppe

Benché questa forma fosse accolta dall'Italda l'Imperatore indugiava e si mostrava ogni giorno più esitante per fare una tale dkhiarazione.

Intanto l'Imperatrice dovendo recarsi in Egitto per l'ap€rtura del Canale di Suez sceglieva la via di Venezia. Si ebbe la speranza che dessa, almeno, avrebbe portato quella parola che doveva sciogliere ogni difficoltà per la firma del trattato.

L'Imperatrice venne a Venezia dove fu splendidamente ricevuta; vide il Re; essa si mostrò grata assai per l'accoglienza che le era fatta; ma la parola che si aspettava ancora dalla sua bocca non fu pronunziata. Poco tempo dopo il Conte di Beust al suo ritorno dalla Siria dove aveva accompagnato il suo Imperatore passò per Firenze dove ebbe l'onore di essere ricevuto dal Re e vide il Generale Menabrea ancora presidente del Consiglio; egli ebbe occasione di rinnoV1are le assicurazioni più esplicite delle buone disposizioni dell'Austria riguardo al progetto di alleanza.

Ma era troppo tardi; un fatale destino trascinava l'Imperatore Napoleone III a ripudiare una determinazione che Egli aveva promesso e senza la quale l'Italia non poteva accedere al suo progetto. Così quell'infelice Sovrano indietreggiando d'avanti alle ire del partito ultramontano perdeva il benefizio di una triplice alleanza che forse avrebbe evitato la guerra del 1870 e che ad ogni modo avrebbe salvato la Francia.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 255/85. Londra, 19 dicembre 1876 (per. il 23).

Io ringrazio l'E. V. della comunicazione che ella si compiacque di farmi con suo dispaccio del 13 corrente (serie PQlitica n. 99) (l) della lettera pubblicata dall'onorevole Senatore Scialoja intorno al recente rivolgimento che, in seguito ai progetti dei Signori Goschen e Joubert adottati dal Kedive ebbe testè luogo nell'ordinamento dell'amministrazione :finanziaria dell'Egitto.

Questa lettera del Commendatore Scialoja chiarisce le difficoltà che egli ebbe ad incontrare per compiere l'ordinamento da lui escogitato e lo giustifica contro i rimproveri che gli furono fatti dai delegati inglesi e francesi e dai quali essi presero pretes>to per scartare intieramente tutto ciò che si era fatto finora per il bene delle finanze egiziane.

I Signori Goschen e Joubert si sono mostrati molto offesi della parola di • borsieri • usata nella lettera del commendatore Scialoja e che venne considerata come a loro diretta. Senza discutere sopra quella parola, debbo dire, in quanto al Signor Goschen, che egli è membro del parlamento inglese dove esercita molta influenza per la sua incontestabile abilità. Egli fu già una volta ministro nel Gabinetto Gladstone, e, se il partito Whig ritornasse al potere,

non sarebbe improbabile che il Signor Goschen fosse nuo,vamente chiamato ad assumere un portafoglio, sovratutto dopo il successo, che si crede quasi certo, dell'ultima sua negoziazione in Egitto, che ridonda principalmente a vantaggio dei creditori inglesi, non solo, ma inoltre a quello della politica che segue in quel paese il Governo Britannico.

Il primo accomodamento finanziario al quale l'Italia prese parte assieme ai Francesi, fu, come lo sa V. E., assai male accolto in Inghilterra che vi rifiutò assolutamente il suo consenso non nascondendo la sua intiera sfiducia nel risultato finale.

Si poteva fin d'allora prevedere che l'Inghilterra avrebbe colta la prima opportunità per riacquistare in Egitto quella posizione dominante che cona combinazione Franco-Italica sembrava dovere essere menoma,ta.

Le incertezze del Kedhne, la quistione del Daira, il ritardo arrecato dalle difficoltà locali alla organizzazione affidata al Commendatore Scialoja, destarono nuovamente i reclami dei creditori inglesi.

Per altra parte essendo fallita la speculazione che la casa di credito francese aveva in mira colla combinazione Franco-Italica, la Francia cessò di mostrarsi avversa alla influenza poHtica inglese in Egitto e fu a ciò spinta dal desiderio di salvare alcuni suoi interessi materiali sostenuti da potenti influenze presso il Governo Francese. D'onde avvenne che essendosi formata una nuova delegazione francese ed inglese per meglio assicurare gli interessi dei creditori di quelle due nazioni in Egitto, il delegato franc,ese ringraziando ad ogni azione politica, poté mettersi d'accordo col delegato inglese Signor Goschen lasciando a questi la massima parte dell'influenza.

Ed infatti nell'ordinamento, creato da questi delegati ed approvato dal Kedive, la riscossione delle imposte si fa sotto la vigilanza del commissariato inglese, che in tal modo, ha effettivamente in sue mani l'amministrazione dello Egitto mentre la Francia non esercita che un'azione di controllo per mezzo di un solo Commissario.

Il Commendatore Scialoja scorgendo come la cosa andasse a finire, fece, fin da principio opposizione ai due delegati Signori Joubert e Goschen, per cui questi si valsero di questa opposizione per giustificare l'allontanamento che fecero dell'elemento italiano che aveva concorso al primo ordinamento, dichiarando essi, inoltre, nelle loro conv,ersazioni particolari, che essendo delegati dei soli creditori di Francia e d'Inghilterra non avevano a preoccuparsi d'altro.

Pertanto l'Inghilterra domina ora senza contestazione nell'amministrazione del paese, inoltre essa ha la direzione delle ferrovie, possiede la maggior parte delle azioni del canale di Suez, ha nelle sue mani i dazi del porto di Alessandria che resta aperto alle sue flotte, per cui in Londra, si guarda come raggiunto lo scopo dell'Inghilterra di assicurare il suo dominio sull'Egitto.

Non fu mai certamente pensiero dell'Inghilterra di esercitare direttamente il potere sovrano in Egitto, ciò sarebbe contrario ai suoi principi; come nelle Indie, essa ppeferisoe lasciare le provincie governate dai loro principi rispettivi, ma sotto la sorveglianza di delegati inglesi, ed è ciò che si può considerare come esistente di fatto in Egitto, quantunque i commissari attuali inglesi non siano nominati direttamente dal Governo.

Questo fin ora si rifiuta a mandarvi un delegato ufficiale sia perché sospetta che la quistione finanziaria non è ancora intieramente sciolta, sia perché non vuole forse mostrare troppo apertamente rla sua presa di possesso effettivo del potere in Egi~tto.

La Francia si contenterà per lungo tempo della parte secondaria che essa tiene in quel paese?

Forse è 1ecito di dubitarne; in caso di contestazione tra la Francia e la Inghilterra sulla terra dei Faraoni, l'Italia potrà trovare il destro di riacquistare la posizione che momentaneamente ha perduto.

Ciò sarà forse più facile coll'Inghilterra che colla Francia imperocché si sa che la Francia aspira sempre a rendere il Mediterraneo un lago Francese e che dove mette il piede essa diventa esclusiva, mentre l'Inghilterra una volta raggiunto il suo scopo di assicurare la via delle Indie coll'Egitto lascia agli aHri ogni libertà di commercio, d'industria e per lo sviluppo di tutti quelli interessi che non possono ledere i suoi interessi politici.

Intanto il Signor Goschen si occupa attualmente del Daira del Kedive e se, come egli lo fa sperare, giunge anche ad impadronirsi dell'amministrazione dei beni patrimoniali del Kedive, l'influenza dell'Inghilterra sarà ancora nuovamente accresciuta in Egitto.

(l) Non pubblicato.

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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 504. Costantinopoli, 19 dicembre 1876 (per. il 26).

Ieri alle 2 pomeridiane seguì rla quinta riunione preparatoria dei Plenipotenziari. Si trattava di stabilire un accordo definitivo sulla forma da darsi alle proposte da sottomettere alla deliberazione deUa Conferenza.

S'incominciò dal dare lettura del resoconto dell'ultima seduta, il quale veniva approvato.

L'Ambasciatore Austro-Ungarico suggeriva che nell'atto concernente il Montenegro, in luogo di stabilire che il Principe dovesse far omaggio al Sultano pei nuovi acquisti, si dicesse semplicemente che quei territorii venivano annessi al Principato. Allegava S. E., ad appoggio della sua proposta, che alcuni Governi considerando il Principe di Montenegro come indipendente, se gli si cedesse ora un territorio pel quale avesse ad essere vassallo della Sublime Porta, gli si farebbe una posizione incerta, e non iscevra d'inconvenienti. In

seguito ad un breve scambio di idee in proposito, si conveniva non si farebbe parola d'omaggio, ma si direbbe solo che il nuovo territorio sarebbe aggiunto all'antico, lasciando per tal modo in statu qua la questione delle relazioni politiche del Principato colla Porta.

Il Barone Calice dava indi lettura del programma delle riforme da applicarsi alla Bosnia. Quanto alla questione agraria si adottarono i principii conte

nuti nella nota di Andrassy, e pel resto quello che già ebbi l'onore di riferire all'E. V.

Il Conte di Chaudordy ci comunicava poscia la redazione dell'atto analogo, relativo alle due Provincie di Bulgaria. La differenza che 'esiste tra il Regolamento da applicarsi alla Bosnia, e quello della Bulgaria, consiste dei seguenti punti principali: l) pel secondo è stabilito che i Governatori saranno Cristiani, mentre pel primo la religione del govel'natore non è specificata; 2) per la Bulgaria oltre la gendarmeria ord;naria che corrisponderebbe alla Polizia, sarebbe ad organizzarsi una milizia Cristiana, della quale non è discorso pella Bosnia; 3) l'autonomia applicata alla Bosnia è più limitata che per la Bulgaria, a cagione del minor grado di civiltà della prima.

Il Conte di Chaudordy diede indi lettura del progetto d'istruzioni da impartirsi alla Commissione di controllo, il quale contiene l'articolo concernente l'istituzione di una gendarmeria speciale per la quale una delle potenze neutrali avl'ebbe a fornire i quadri. Era questo l'argomento più delicato, ed i Plenipotenziari lo trattarono con grande riserva, tantoché non si adottò una redazione definitiva. V. E. conosce la grande difficoltà di stabilire un accordo sopra questa questione tra i diversi Rappresentanti, cui s'aggiunge la gravissima di venire ad una conchiusione che abbia qualche probabilità d'essere accettata dalla Sublime Porta. Il Conte di Chaudordy, che s'adoprò con un raro tatto per trovare modo di comporre questa controversia, suggeriva dunque una forma che riduceva questa specie d'intervento estero ai minimi termini. A questa forma pare finirà per adattarsi il Generale Ignatiew; però meno facile sarà d'ottenere l'adesione della Sublime Porta; il che si vedrà appresso. Si conveniva inoltre che due sarebbero le Commissioni di controllo, l'una per la Bosnia, e l'altra per la Bulgaria, e ciascuna sarebbe composta di sei Del,egati forniti dalle Potenze Garanti. Queste istruzioni naturalmente saranno comunicate alla Sublime Porta, ed avranno carattere obbligatorio per essa, poiché faranno parte dell'accordo finale.

S'intavolò poscia una discussione sul modo di comunicare ai Plenipotenziari Ottomani le conchiusioni adottate dalle riunioni prepara,torie. L'Ambasciatore di Russia voleva che si redigesse un apposito processo verbale al quale sarebbero annessi i relativi atti, affine di dare un carattere legale all'accordo intervenuto tra le Potenze Garanti. Ma a questa proposta era obiettato che queste riunioni non avendo che un carattere privato allo scopo di preparare i lavori della Conferenza, non •era opportuno di farne uscire un documento officiale. Prevalse infine l'idea di prendere per base dell'accordo stabilito e della relativa comunicazione a farsi ai Plenipotenziari Turchi il resoconto della riunione finale, al quale sarebbero annessi gli atti in discorso.

Oggi vi sarà la sesta seduta, e si spera di poter terminare i nostri lavori preparatorii.

Dopo la seduta di ieri diedi a V. E. un cenno telegrafico dell'occorso (1).

Ho l'onore di se·gnar ricevuta dei dispacci dal n. 200 al 207 inclusivo d; questa Serie in data 6, 8 e 9 corrente (2), e nel porgere a V. E. i miei più vivi ringraziamenti...

(1) -Cfr. n. 641. (2) -Cfr. n. 608; gli altri dispacci non sono pubblicati.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1733. Berlino, 20 dicembre 1876 (per. il 23).

Dans la visite que je lui ai faite hier, le Secrétaire d'Etat m'a donné quelques indications générales sur les conférences préliminaires à Constantinople. Il consta>tait avec plaisir qu'elles avaient pris une tournure relativement satisfaisante. Les plénipotentiaires russes et anglais étaient en bonne voie pour s'entendre au sujet de l'autonomie de la Bosnie, de l'Herzégovine et meme de la Bulgarie. Les conditions de paix avec la Serbie devraient etre réglées moyennant une cession en sa faveur du Petit-Zwornik, et avec Le Monténégro en abandonnant à ce dernier un certain nombre de districts, pour lesquels le Prince Nicolas reconnaitrait au Sultan le droit de Suzeraineté. S'est-il agi d'accorder aussi au Prince de Monténégro le port di Spizza sur l'Adriatique? Les nouvelles reçues par le Cabinet de Berlin sont contradictoires su ce point. Quant à la Q.Uestion des garanties, ·et surtout de l'occupation, elle a été abordée, au moins dans les pourparlers privés, entre les plénipotentiaires. Le Général Ignatiew aurait énoncé l'idée de substituer, à una occupation russe, cel1e de la Belgique, de la Suisse, et meme de l'Italie.

J'ai dit à M. de Biilow que, si notre nom avait été mis en avant comme Puissance neutre ou désintéressée dans les affaires d'Orient, on se méprenait étrangement sur l'importance de nos rapports avec oes contrées. Là pour nous, il n'ex.iste pas, comme pour l'Allemagne, d'intérets secondaires, ni politiques, ni commerciaux. Nous sommes d'ailleurs opposés en principe à l'occupation, surtout si la combinaison suggérée par le Général Ignatiew, en se heurtant à des difficultés qu'il n'est pas besoin d'énumérer, n'était calculée qu'à J.'effet de frayer ·la voie à d'autres Puissances, pour une intervention militaire qui entrainerait les conséquences les plus dangereuses. Nous tenons beaucoup à ce· que l'ceuvre entreprise par la diplomatie, dans un but humanitaire et civilisateur, ne soit pas exposée à changer de caractère, en glissant sur la pente des compétitions territoriales. En suivant cette ligne de condu1te, nous restons fidéles à notre programme, qui n'a jamais cessé d'etre conforme à 1la conservation de la paix en Europe. Néanmoins, des soupçons injustes à notre égard, se font jour dans une partie de la presse autrichienne. Ces journaux oublient sans doute Q.ue, si chaque Puissance était, au meme degré que l'Italie et l'Allemagne, dégagée de toute arrière-pensée, on serait déjà parvenu à mettre un terme aux complications orientales.

Le Secrétaire d'Etat avait bien de croi11e q_ue la conférence aurait d'heureux résultats. La disposi·tion à se faire des concessions réciproques, se manHestait parmi les Puissances. Il serait dès lors assez malaisé à la Sublime Porte de répondre par un • non • à leurs demandes. En attendant, il se plaisi·t à donner l'assurance q_ue la situation s'était très sensiblement améliorée depuis le commencement de ce mois.

Les plénipotentiaires se sont engagés, dit-on, à garder le· secret sur leurs délibérations. Cette discrétion ne peut s'appliquer vis-à~is des représentants près les Grandes Cours européennes. Il me semble au contraire utile que V. E. veuille bien, comme par le passé, continuer à me tenir au courant sur les différentes phases de la question. Il me· répugnerait de laisser entrevoir à

M. de Biilow, ou à mes collègues, une lacune quelconque dans mes renseignements, et d'aitlleurs l·e meilleur moyen de rendre communicatif un interlocuteur, de le prédisposer à des confidences, c'est de lui donner le sentiment d'une connaissance approfondie de la matière en discussion, jusque dans ses menus détails.

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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1458. Costantinopoli, 21 dicembre 1876, ore 9,45 (per. ore 10,12).

Ignatieff à reçu un télégramme du prince Gortchakoff portant que les conclusions des réunions costituent le minimum pour la Russie. Si elles ne sont pas acceptées par la Porte, il en fera un ultimatum russe. Je suis d'avis qu'afin d'ex•ercer une forte pression sur le Gouvernement ottoman dans le sens de l'accepta.tion et de la paix, H serait utile que les Cabinets se mettent d'accord pour menacer de retiver les représentants respectifs de Constantinople en cas de refus. Lord Salisbury a reçu des instructions d'agir très énergiquement sur la Porte. Le ministre des affaires étrangères n'a pas encore répondu au sujet de la Conférence qui s'ouvrira probablement samedi.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, A PIETROBURGO, NIGRA, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 810. Roma, 21 dicembre 1876, ore..... (1).

Dans la séance du 18, les plénipotentiaires des Puissances à Constantinople s'étaient mis d'accord presqu'entièrement sur la rédaction de 'toutes les propositions devant former le sujet des délibérations de la conférence. La question d'occupation militaire avait fait piace à une proposition tendant à constituer avec des éléments étrangers les cadres d'une gendarmerie speciale. Le comte Corti était d'avis que sur cette base on pourrait établir un accord et on aurait plus de chance d'obtenir l'assentiment de la Porte. La retraite du grand vizir

Mechemet Ruchdi est considérée par le ministre du Roi comme plutòt favorable

à la paix. On n'aura du moins à lutter que contre la fraction représentée par

Midhat pacha et l'élément vieux turc est pour le moment mis à l'écart. Le

Cabinet de Londres a approuvé les conclusions prises dans les séances prélimi

naires. Lord Salisbury :l'a déclaré dans la dernière réunion. De son còté le

Cabinet de St. Pétersbourg a télégraphié au général Ignatief que ces conclu

sions sont considérées par la Russie comme le minimum de ce que la Porte doit

accorder. Un refus de la part de celle-ci motiverait immédiatement un uLti

matum de la Russie.

Dans cet éta~t de choses, il est nécessaire plus que jamais qu'une pression

energique et efficace soit exercée simultanément sur 1e Gouvernement ottoman.

Le peu de temps qui nous sépave de la date de l'expiration de l'armistice aggrave

la situation. Le comte Corti demande si afin de peser sur les décisions de 'la

Porte, les représentants des Puissances ne devraient pas étre autorisés à

déclarer qu'en cas de refus ils quitteraient Constantinople.

(Non a Pietroburgo). Relativement à cette grave résolution, je désirerais

avoir des informations sur l'attitude que prendrait le Gouvernement auprès

duquel vous étre accréd1té.

(l) II telegramma fu spedito a Parigi alle ore 18, a Pietroburgo alle ore 18,13, a Vienna alle ore 22, a Londra alle ore 23 e a Berlino alle ore 24.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 583. Vienna, 21 dicembre 1876 (per. il 27 ).

Ringrazio l'E. V. per le informazioni che Le piacque darmi col Suo ossequiato dispaccio del 12 corrente n. 294 (l) sul modo come il R. Ministero degli Affari Esteri sente ed adempie i doveri suoi nei rapporti con la vicina Monarchia. Per conto mio non ebbi mai dubbio akuno al riguardo; non posso però nascondere all'E. V. che il Governo Imperiale si persuaderà difficilmente che a quel modo di sentire s'ispiri il R. Governo tutto, fino a che le autorità governative continueranno a permettere o per lo meno a tollerare si compiano pubblicamente in Italia atti di natura a mantenere nel Tirolo meridionale le tendenze separaiiste. Di tale natura sarebbero precisamente le dimostrazioni ancora recentemente fattesi in occasione della commemorazione dei martiri di ·Belfiore, di cui i giornali ebbero a render conto. Quelle bandiere Trentine vela1te a bruno, nonché le corone di fiori deposte, da chi le porta-va, con iscrizioni sovversive ed ingiuriose per l'Austria, costirtuiscono fatti di natura ad eccitar l'agitazione nelle vicine Provincie Austriache di razza Italiana, e da

far credere al Gabinetto di Vienna che il Govevno d'Italia intenda perdurar

tacitamente a battere quella stessa via, che già condusse all'affrancamento

delle Province Lombardo-Venete. Non conviene poi dissimularsi che se è a

cognizione del R. Governo che vi ha in Italia chi penserebbe a preparar bande

di volontari per tentar ad un momento dato un colpo di mano sul Tirolo, come rHevo dal precitato dispaccio dell'E. V., ciò non può esseve ignorato dal Governo Imperiale, tanto più dopo i recenti processi fatti e le molte lettere sequestrate. Ove quindi si cveda conveniente di non rompere le relazioni coll'Austria, è indispensabile a mio avviso il R. Governo cerchi l'occasione di dimostrare chiaramente il suo intendimento di opporsi con tutti i mezzi all'adempimento di fa,tti così contrarii alle relazioni di buon vicinato, anzi al diritto delle genti Ove ciò non si facesse, il Governo Austro-Ungarico potrebbe essere indotto a metterei in mora di dichiarare esplicitamente i nostri intendimenti, dando grande pubblicità al suo procedere in proposito, ed additandoci all'Europa siccome permanenti disturbatori della pace. Non ho d'uopo di svolgere previsioni sul giudizio che sul conto nostro porterebbero in tale eventualità le altre Potenze, poiché esso è manifesto; la stampa anche più liberale di tutta Europa avendo già avuto occasione di esprimere ripetutamente in modo a noi poco favorevole il suo giudizio al riguardo.

(l) Cfr. n. 626.

650

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 508. Costantinopoli, 21 dicembre 1876 (per. il 30).

L'Ambasciatore di Russia mi disse ieri in modo confidenziale essere nei passati giorni state scambiate tra i Gabinetti delle Potenze Garanti delle· idee sul modo di esercitare sulla Sublime Porta una pressione efficace allo scopo d'indurla ad aderire alle conclusioni prese nelle riunioni preliminari; essere stato suggerito che il miglior mezzo sarebbe che tutti i Plenipotenziari significassero a questa aver l'ordine dai rispettivi Governi, in caso di rifiuto, di ritirarsi da Costantinopoli e lasciare le Rappresentanze nelle mani degli Incaricati d'Affari; aver egli già ricevuto analoghe istruzioni dal Cancelliere Imperia1le; sarebbe opportuno che i suoi Colleghi si mettessero in grado di ·conoscere l'av·viso dei rispettivi Governi sulla materia. Proseguiva S. E. il Governo Imperiale essere deciso a spiegare la più grande energia affine d'ottenere il minimum cui si era adattato; se la Sublime Porta non fosse per aderirvi, esso ne farebbe il soggetto d'un ultimatum Russo, •ed il caso di rifiuto la guerra seguirebbe. Ed aggiungeva aver essa suggerito al suo Governo di far quailche movimento militare che indicasse i suoi propositi pacifici; però il Gabinetto di Pietroburgo non aveva aggradito il suggerimento, ed avevagli manifestata la sua ferma intenzione di rimanere sotto le armi sino a che la controversia fosse definita.

L'E. V. comprenderà di leggieri come io ascoltassi colla dovuta deferenza siffatta comunicazione; però m'astenessi dall'esprimere alcun avviso in proposito.

Nessuno degli altri Plenipotenziari ha finora ricevuto ordini in questo senso. Però Lord Salisbury ha già ricevuto dal Gabinetto di San Giacomo l'istruzione di spiegare la maggior energia affine di persuadere la Sublime Porta che, se essa non accetta le proposte delle Potenze, tutta la responsabilità

cadrà sopra di essa, né avrà ad aspettarsi alcun sostegno da parte della Gran Brettagna. Della comunicazione fattami dal Generai Ignatiew diedi oggi avviso telegrafico all'E. V. (1) ...

651

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1735. Berlino, 21 dicembre 1876 (per. l' 1 gennaio 1877).

H m'a paru opportun, dans mon dernier entretien avec le Secrétaire d'Etat, de profiter de l'autorisation éventuelle contenue dans la dépeche de V.E.

n. 443 (2), pour établir nettement les intentions du Gouvernement du Roi dans sa politique internationale, nommément envers l'Autriche. M. de Biilow m'en avait fourni l'occasion, en me parlant des idées émises à la conférence de Constantinople, relativement à une occupation militaire dans la Bulgarie. Après avoir expliqué les motifs qui nous dissuaderaient d'adhérer en principe à una semblable combinaison, (rapport n. 1733) (3), j'ai indiqué que notre ligne de conduite n'avait pas varié un seul instant depuis le commencement des complications orientales. Je me référais au discours prononcé par le Président du Conseil, en réponse à l'interpellation qui lui avait été adressée dans le cours de la discussion du budget des Affaires Etrangères. Nous avions montré de la franchise dans nos allures et de la suite dans nos idées, parce que nous restions fidèles à un programme, dont le còté le plus essentiel est de voeur nos efforts au maintien du status-quo territorial, tout en cherchant à améliorer le sort des chrétiens sujets de la Turquie. C'étai,t là, à nos yeux, le meilleur moyen de sauvegarder la paix générale. C'est pourquoi nous avions

accepté la note Andrassy du 30 Décembre, ainsl que le Mémorandum de Berlin du 13 Mai. Depuis lors, dans chaque circonstance nous avions déployé la plus grande solrlicitude, soit par nos avis, soit par notre concours dans le concert européen. Chacun nous rendait justice, sauf la presse viennoise, qui s',est permis de commenter d'une manière si étrange un article de L'Opinione et certains mouvements d'agitation dans le Trentina. Nous étions accusés de chercher à nous prévaloir des embarras de l'Autriche pour pècher en eau trouble. Une rectification de nos frontières serait sans doute désirable. Mais l'Italie ne songe pas à courir les chances d'une guerre, pour un résultat qui serait hors de toute proportion avec les sacrifices qu'il entrainerait. Le Cabinet de Vienne devrait donc étre complètement rassuré sur notre attitude, qui vise au status-quo, à la condition bien entendu que de son còté il ne soit pas poussé à des agrandissements territoriaux, qui affecteraient notre position comme Puissance maritime. Les accusations dont nous étions l'objet semblaient se calmer, lorsqu'elles ont reçu un nouvel aliment dans cette meme presse,

et surtout dans le Fremdenbl.att. Ce journal officieux attribuait à des paroles prononcées par le Prince de Bismarck, à l'occasion d'un diner parlamentaire, un sens dirigé contre nous. De mon propre mouvement, je n'avais pas manqué, dans ma correspondance avec Rome, de donner un démenti à une interprétation qui ne pouvait répondre à la pensée de Son Altesse. J'écrivais donc que, en tenant ce langage, le Chancelier avait voulu accentuer ses sympa.thies envers l'Autriche Hongrie, pour lui preter un appui dans des divisions intérieures, inhérentes au régime de cette Monarchie et aux nationalités différentes dont elle se compose.

Il visai:t du meme coup à combattre ceux qui lui pretent, comme à nous l'arrière-pensé de s'agrandir aux dépens de son voisin. Il ne pouvait d'ailleurs parler autremen:t d'un Etat, qu'il tient à garder dans le cercle de ses alliances. Pour ce qui nous concerne, le Prince est trop loyal, et trop habile homme d'Etat, pour tourner contre nous, ses amis, la pointe d'un discours à l'adresse de l'Autriche, discours dont au reste il manque une version officielle. A l'appui de mes observations. il n'a paru sans inconvénient de donner lecture confidentielle de la dépeche précitée de V. E.

M. de Btilow s'est 'empressé de déclarer, qu'il n'hésitait pas à souscrire à l'interprétation que j'avais donnée à V.E. sur le langage de son chef. Ses paroles avaient été au reste, de prime abord, assez mal accueillies à Vienne. Les organes de la presse croyaient y découvrir un ton protecteur, qui froissait leur susceptibilité. On avait été désagréablement surpris ici, que des assurances aussi explicites d'amitié eussent produit une semblable impression, qui ne pouvait etre partagée dans les cercles officiels. C'était une preuve de plus que ces journaux, sans exclure ceux parmi eux qui prétendent puiser à des sources gouvernementales, ne réprésentent que leurs vues particulières. Il faut donc les ranger dans la catégorie des indépendants. Le FremdenbLatt entre autres avcait publié que le Prince de Bismark avait encouragé la Russie à occuper la Bulgarie. Le Cabinet de Berlin lui fit infliger un démenti par la National-Zeitung ce qui n'a pas empèché la Gazette de Vienne de soutenir son dire de :la façon la plus impertinente, récidive qu'elle n'aurait pas commise si elle recevait le mot d'ordre du Comte Andrassy. Le Secrétaire d'Etat ignorait qu'il existàt en Autriche un courant d'opinion publique qui nous fùt contraire au point de se livrer à de tels sentiments de défiance, mais, vu la ,tournure satisfaisante que paraissait prendre la crise orientale, il fallait espérer que les passions s'apaiseraient. Quant à l'Allemagne on ne saurait révoquer en doute son vif et sincère désir que le Cabinet de Vienne entretienne, comme elle, les meiHeurs rapports avec l'Italie.

J'ai dit que tel était aussi notre désir, autrement on méconnaitrait tout à fait nos intentions. Pour ce qui concerne plus spécialement le Cabinet de Berlin, S.E. devait se souvenir que bien souvent je m'était rendu l'interprète fidèle des instructions de mon Gouvernement, en m'appliquant à faire concorder notre action diplomatique. La confiance n'a certes pas fait défaut de notre còté. Notre politique ne se séparera pas de celle de l'Allemagne pour la conservation de la paix. Autant qu'il dépend de nous, H en sera de meme dans l'avenir, et il est à souhaiter que nos efforts réussiront à écarter le danger de remaniements de la carte géographique à propos des affaires d'Orient. Si nos efforts échouaient, nous devrions concentrer tous nos soins sur des intérets auxquels l'Allemagne déclare n'attacher qu'une importance secondaire, d qu'elle parait meme subordonner à une simple entente entre la Russie et l'Autriche; tandisque, pour notre compte, nous aurions le cas échéant à sauvegarder des intérets pour nous de premier ordre dans chaque question qui pourrait conduire à altérer l'équilibre des forces dans la Méditerranée et dans l'Adriatique.

M. de Biilow s',est borné à constater que, maintes fois, je m'étais déjà prononcé d'une façon analogue. Il se plaisait en meme temps à reconnaitre l'utilité de notre coopération pacifique et conciliante dans les différentes phases de la crise actuelle, qui, selon le calcul des probabilités, semble toucher à une transaction acceptable pour toutes les parties intéressées.

Le Secrétaire d'Etat a évité d'émettre un jugement sur la partie principale de ma dernière observation. Mais je crois avoir bien fait en revenant sur ce terrain et en paraphrasant un passage de la dépeche de V.E. n. 437 (1).

(l) -Cfr. n. 647. (2) -Cfr. n. 629. (3) -Cfr. n. 646.
652

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 445. Roma, 22 dicembre 1876.

Secondochè V.E. avrà potuto scorgere dal mio dispaccio del 13 di questo mese, n. 443 (2), il R. Governo non avrebbe interpretato la versione che i giornali tedeschi diedero delle parole pronunciate in un banchetto parlamentare dal Principe di Bismarck in un senso diverso da quello che fu espresso dal Signor de Biilow e che l'E. V. svolgeva poi più diffusamente nel rapporto del 18 dicembre, n. 1730 (3). Egli è manifesto che il Principe Cancelliere mirava sopraHutto, colle sue dichiarazioni, a rassicurare l'Austria-Ungheria e la Russia ed a rassodare così l'alleanza dei tre Imperi. Egli è però spiacevole che, per ottenere un simile risultato, il Principe di Bismarck si sia valso di tale dimostrazione dalla quale apparisce che a Berlino non si tiene mo>lto conto dei riguardi che pur sarebbero dovuti ad un paese dove, in tutte le occasioni, si è dato prova della massima deferenza per la politica dell'Impero ,tedesco. Non giova dissimulare che l'impressione prodotta dai recetn.ti discorsi del Cancelliere germanico non sono punto atti a rinvigorire i legami di simpatia fra l'Italia e la Germania. Questa, che non può non essere informata della nostra condotta leale ed amichevo1le verso l'Austria-Ungheria, non dovrebbe in verun modo associarsi a certi sospetti che il Gabinetto di Vienna sembra volere mantenere vivi contro di noi per fini non ben chiari e che per ora sarebbe forse difficile di determinare. Non dovrebbe riuscire difficile per codesto Gabinetto, discernere l'origine di siffatte diffidenze, imperocché queste hanno intima connessione con le tendenze costì ben note, di un partito che in Austria-Ungheria aspira sopratutto a rovesciare il Conte Andrassy.

(t) -Cfr, n. 615.
(2) -Cfr. n. 629. (3) -Non pubblicato.
653

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

D. 58. Roma, 22 dicembre 1876.

Ho letto con molto interesse il Rapporto che V.E. mi diresse il 10 di questo mese, n. 57 (1), per riferirmi il linguaggio che nella udienza avuta dall'Imperatore Alessandro Le era stato tenuto da Sua Maestà circa le condizioni presenti della questione orientale. Le dichiarazioni pacifiche dello Czar sono nuovo ed efficace argomento perché il Governo del Re abbia a perseverare nella sua azione conciliatrice. Ed appunto, avuto riguardo alla rigorosa cautela che la parte da noi assunta ci impone verso tutti gli interessati, ragioni di opportunità ci consigliano di non valerci per ora della facoltà accordataci dal Principe Cancelliere di dare pubblicità alle parole che Le furono dette dall'Imperatore Alessandro. Della avuta licenza, consentendolo le circostanze, potremo forse giovarci più tardi.

654

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. R. 220. Roma, 22 dicembre 1876.

La S.V. avrà, ELla stessa, notato la coincidenza per cui il concetto della occupazione rumena sorgeva appunto da parte nostra mentre il Generale Ignatieff costi la formulava nella conversazione officiosa da Lei riferitami col rapporto dell'8 Dicembre n. 489 (2). Siffatta coincidenza potendo lasciar supporre che la nostra opinione in alcun modo si fondasse sopra concerti speciali presi con la Russia, mi preme di mettere in ,sodo che nessun scambio di idee era intervenuto, a questo riguardo, tra i due Gabinetti, e che gli intendimenti del Governo russo nonché dell'Ambasciatore Imperiale a Costantinopoli, intorno a questo particolare, ci erano perfettamente ignoti, prima che fosse venuto nelle mie mani il precitato rapporto di Lei.

Altra combinazione toccatasi nella conversazione da Lei riferitami, quella cioè che consisterebbe nell'assegnare a disposizione della Commissione Internazionale incaricata di attuare e controllare le riforme, un corpo di truppe straniere, alla formazione del quale ognuna fra le Potenze garanti avrebbe contribuito col contingente di due battaglioni, era pure stata ventilata nei colloquii che qui si ebbero coi Rappresentanti esteri. Però non ci era sembrato di doverne fare il soggetto di una proposizione formaLe comecché ci fosse nota la dichiarazione esplicita di taluno fra i Gabinetti, di non volere, cioè, pigliar parte ad intervenzioni di sorta, quando pure questa fosse ridotta

a minime proporzioni. È evidente che un progetto di tal fatta non potrebbe avere probabilità di riuscita se anche una sola fra le Potenze ricusasse di fornire il suo contingente. Ciò non toglie però che agli occhi nostri la combinazione fosse degna eventualmente di essere presa in considerazione, presentando il vantaggio notevole che i contingenti avrebbero potuto agevolmente essere somministrati mediante truppe di marina o d'altre milizi,e leggiere.

(l) -Cfr. n. 619. (2) -Non pubblicato.
655

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 585. Vienna, 22 dicembre 1876 (per. il 27).

Ringrazio l'E. V. per la comunicazione, datami col suo telegramma del 19 corrente sera (1), della risposta fatta da S. E. il Presidente del Consiglio al Deputato Marcora, che interpellavalo intorno a talune circostanze inerenti al procedimento giudiziario a cui sarebbero so1ltoposti in Austria tre cittadini del Regno, sotto l'imputazione di avere partecipato a mene sovversive nel Tirolo meridionale. Valendomi della facoltà che le piacque darmi, comunicai al Barone Orczy il testo letterale di quella risposta, dic,endogli di ciò fare perché il Conte Andrassy potesse averlo sott'occhio, e correggere così quella meno esatta impressione che avrebbe potuto riportare dal ,troppo sonunario resoconto portatone dal telegrafo. Non credetti soggiungere altro, non sembrandomi del caso.

Nella Wiener Abend Post di jeri sera (unisco il foglio) si rende conto della parte del discorso del Presidente del Consiglio, che ha tratto alla questione Orienta1e, ma il più assoluto silenzio si volle serbare inrtorno a quella, che si riferisce all'interpellanza Marcora.

Però il Fremdenblatt di stamane (che del pari unisco) riferendosi allo incidente di cui è caso, per la prima volta dopo assai lungo tempo, tiene a nostro riguardo un linguaggio corretto, anzi cortese. Prendiamo atto di ciò e speriamo si finisca qui per far giudizio, che nelle attuali condizioni d'Europa sarebbe grandemente necessario.

656

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 59. Pietroburgo, 22 dicembre 1876 (per. l' 1 gennaio 1877 ).

Il corriere speditomi daH'E. V., giunse jer l'altro a Pietroburgo e mi consegnò il dispaccio di questa serie n. 55 ch'Ella mi diresse il 10 corrente (2). Recatomi oggi dal Principe Gortchakow, gli esposi il contenuto di questo di

spaccio, e chiamai l'attenzione di Sua Altezza intorno all'importanza che avrebbe, a giudizio del Governo del Re, per lo svolgimento dell'azione diplomatica delle Potenze riunite in Conferenza, l'adozione di una base diversa da quella che è of:tierta dal Trattato di Parigi, come sarebbe quella secondo la quale le Potenze attingerebbero il loro diritto di regolare le cose d'Oriente dal fatto della mediazione invocata prima dalla Serbia e dal Montenegro ed accettata poi dalla Sublime Povta.

Il Principe Gortchakow, senza contestare l'utilità del principio posto innanzi dall'E. V., mi dichiarò che il Governo Imperiale doveva anzitutto preoccuparsi del risultato pratico al quale, per conseguenza, era disposto a subordinare ogni considerazione dottrinale. Secondo il Principe Cancelliere poco importa al Gov,erno Russo da qual base si parta purché si ottenga lo scopo reale al quale tendono gli sforzi comuni delle Potenze riunite in Conferenza. Sua Alltezza non si oppone quindi a che la base della mediazione sia sostituita a quella del Trattato di Parigi, se tale è l'avviso della Conferenza, e se ciò può contribuire all'accordo o facilitarlo.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 616.
657

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 1736. Berlino, 22 dicembre 1876 (per. l' 1 gennaio 1877).

Le Gouvernement Anglais avait chargé son représentant de sonder les dispositions du Cabinet de Berlin sur les idées émises par le Général Ignatiew dans ses entretiens privés et dans les Conférences préliminaires à Constantinople, idées qui ont été formulées dans une série de propositions. Lord Odo Russel a donc interpellé récemment M. de Biilow, en faisant ressortir en meme temps que ces propositions s'écartaient, sur différents points des vues du Comte Andrassy, qui lui aussi avait été appelé à exprimer un jugement à cet égard.

Le Secrétaire d'Etat a laissé comprendre que le Cabinet de Berlin ne partageait pas entièrement sous ce rapport l'avis du Gouvernement AustroHongrois, et que le plan de réformes ne semblait pas dépasser la juste mesure.

L'Ambassadeur Britannique demanda alors s'il pouvait télégraphier à Lon

dres, que l'Allemagne se rangeait à ce sujet du còté de la Russie.

M. de Biilow a répondu affirmativement, en ajoutant néanmoins que le Cabinet Impérial s'empresserait d'adhérer à chaque combinaison qui réunirait l'unanimité des suffrages.

Ces détails, qui m'ont été donnés très confidentiellement par Lord Odo Russell; ne sont pas sans importance, en ce que ils prouvent une fois de plus que le vote de l'Allemagne, malgré toutes les assurances de bon vouloir à Vienne, est acquis en définitive à la Russie. Le Cabinet de Bevlin, tant que faire se peut, reste 'en seconde ligne, pour laisser, à ceux qu'il nomme ses alliés, le temps de se mettre d'accord. Il s'interpose meme à cet effet. Mais, quand

54 -Documenti diplomatici • Serie II -Vol. VII

l'Autriche regimbe, il passe outre dans chaque question où l'appui qu'il preterait à cette Puissance, pourrait etre interprété comme une volte-face. Il agit ainsi par nécessité de position, laquelle se modifierait si, une guerre éclatant entre la TurQuie et la Russie, celle-ci, meme victorieuse, en sortait épuisée et condamnée pour un certain nombre d'années en recueiUement, comme après la guerre de Crimée. En attendant, le Prince de Bismarck doit, au risque de mécontenter l'Autriche, la plus faible, marquer ses préférences envers la Russie, la plus forte. C'est là le meilleur moyen de contenir et d'isoler la France.

Le Cabinet de Vienne ne peut à moins que d'etre blessé de se voir traité de la sorte dans la triple alliance. Aussi, sa défiance va-t-elle en grandissant surtout contre le Cabinet de Berlin. L'Autriche ressemble assez en ce moment à un voyageur égaré dans une foret à la tombée de la nuit. Elle se défia d'ellememe et des autres. Elle voit partout des embùches, et ses soupçons s'étendent meme vers l'Italie. On se rend parfaitement compte ici de ces sentiments, mais le Prince de Bismarck ne travaille pas moins, dans la mesure compatible avec les propres intérets de son pays vis-à-vis du Cabinet de St. Pétersbourg, à maintenir l'Autriche à ses còtés, et à lui inspirer le sentiment qu'elle ne doi t attendre en dernière analyse son salut, que de Berlin.

658

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

D. 74. Roma, 23 dicembre 1876.

Sono grato all'E. V. delle interessanti notizie fornitemi col rapporto del 13 dicembre n. 116 (1).

I propositi pacifici dell'Imperatore di Russia risultano in forma non dubbia dalla relazione che il cavaliere Nigra mi ha fatto del linguaggio tenutogli dallo Czar in una vecente udienza. Il Rapporto del R. Ambasciatore (2) (qui ne acchiudo una copia a notizia confidenziale di V. E.) ebbe la piena approvazione del Principe Gortchakow, il quale dichiarò essere in esso fedelmente riprodotto il pensiero di Sua Maestà. Ché anzi il Principe non avrebbe avuto difficoltà a che quel rapporto venisse pubblicato; della quale autorizzazione non abbiamo stimato di doverci valere, parendoci che la missione di conciliazione da noi assunta a Costantinopoli ci imponga una grande circospezione.

Le considerazioni svolte da V. E. nel precitato rapporto sono degne di seria meditazione. L'obiettivo al quale mira il Principe di Bismarck apparisce sempre più manifesto. Il Principe Cancelliere sacrificherà ogni altro interesse al bisogno di mantenere la lega dei tre Imperi. E come la politica della Grande Br.ettagna favorisce un siffatto disegno, così ben si comprende che si faccia sempre più spiccata, nel contegno della Germania, la tendenza a non separarsi dal Gabinetto di Londra. È naturale che questo stato di cose non sia visto di

buon occhio a Parigi; ma, al punto di vista degli interessi italiani, esso è di tal natura da fornire la conservazione della pace, che è l'intento sostanziale della nostra politica. Se la pace potrà essere mantenuta per effetto degli accordi che si stanno prendendo a Costantinopoli, noi avremmo eliminato non poche eventualità, che potrebbero, nelle presenti nostre condizioni, riuscirei fatali. Per questo rispetto coincidono gl'intendimenti nostri con quelli del Governo Germanico. Imperocché l'eventualità di una guerra racchiude i più gravi pericoli per la lega dei tre Imperi. E sebbene il Gabinetto tedesco si trattenga finora dal pronunciarsi, non sembra davvero che gli si possa attribuire, con fondamento, il disegno di preferire una soluzione bellicosa al protrarsi delle difficoltà attuali. Ad ogni modo, il Governo del Re segue con occhio attento la politica dell'Impero germanico, ed a questo fine mi riescono preziosissime le indicazioni che, a tale rguardo, l'E. V. mi viene fornendo.

(l) -Cfr. n. 632. (2) -Cfr. n. 619.
659

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 222. Roma, 23 dicembre 1876.

Ho voluto riassumere nel telegramma che le fu spedito la notte scorsa (l) le notizie pervenutemi da vari lati rispetto alla presente situazione della questione orientale.

Le impressioni delle quali i RR. Ambasciatori a Parigi ed a Londra poterono raccogliere l'eco in questi ultimi giorni, non sono, è forza riconoscerlo, favorevoli alla causa del mantenimento della pace. È molto diffusa l'opinione che la Russia si proponga di guadagnar tempo e di giungere così fino al momento in cui sopravvenendo i geli invernali, i fiumi ghiacciati le consentano maggiore agevolezza di operazioni militari. In Inghilterra si va fino a credere che Ja Germania non vedrebbe mal volenHeri impegnarsi la guerra tra la Russia e la Turchia. Questa opinione ha potuto nascere forse da questa circostanza speciale, riferitami dal R. Ambasciatore in Berlino, che cioè, in alcune conversazioni recenti avute con l'Ambasciator:e britannico, il Signor de Biilow dipartendosi dalla riserva che gli è consueta, si sarebbe pronunciato in un senso interamente favorevole alle proposizioni della Russia.

Egli è veramente a deplorarsi che simili disposizioni accennino a prevalere presso i vari Governi. Ormai si fa manife-sto che, mentre l'opera concorde dei Plenipotenziari delle Grandi Potenze sembra aprire costì la via alla pacificazione, l'accordo di cui dovrebbe essere l'espressione l'atteggiamento dei Plenipotenziari stessi, non sembra invece avere una base abbastanza solida in un sentimento di reciproca fiducia tra i vari Gabinetti. La situazione che emerge da una siffatta condizione di animi è certo delle più delicate. La Russia (per parlare solo delle difficoltà maggiori) considera come un minimum

quelle concessioni e quelle guarentigie appunto, nelle quali altri Governi ravvisano un maximum che non potrebbe oltrepassarsi. È chiaro il pericolo di uno stato di cose che poggia sopra così precaria base. Basta che altri voglia scostarsi, anche solo di una linea, dal programma che si sta costì elaborando, basta che si inclini d'alquanto verso l'una o verso l'altra parte, perché risuscitino, in tutta la loro pienezza, quelle complicazioni che, in grazia di tanti sforzi ·Si poterono finora scongiurare.

Un punto è, intanto, ben :liermo. L'isolamento della Turchia è completo per il fatto stesso che l'accordo si poté stabilire tra tutte le Potenze. Pel primo momento si pott~ebbe dunque fare assegnamento, come su fatto acquisito nell'ipotesi peggiore, sopra la localizzazione della guerra. Però una simile situazione non potrebbe protrarsi al di là di un brevissimo periodo di tempo. È mestieri che la Turchia non si faccia, a questo riguardo, illusione alcuna. La Russia potrebbe non essere in grado di condurre a buon termine una campagna rapida e decisiva. In questo caso altri interessi si esplicherebbeco; e, come non sembra che la Turchia possa trovare tale alleato che guarentisca l'integrità dell'Impero nell'urto di quegli interessi, ne sorgerebbe indubbiamente, pel Governo del Sultano, la più critica e deplorevole situazione che si possa immaginare.

Forse l'Italia è i·l solo paese che, all'atto di sce.gliere il proprio indirizzo politico, siasi francamente e risolutamente impegnata, con le affermazioni sue, pronunciate anche in pieno Parlamento, a favorire, nei limiti della sua influenza, la causa dell'integrità territoriale della Turchia. Noi abbiamo, in conseguenza, il diritto di tenere uno schietto linguaggio coi Ministri del Sultano e di aprire i loro occhi ai pericoli ai quali una .politica ostinata esporrebbe l'Impero. Mi consta e noto con compiacimento, che l'opera conciliante di Lei è stata pregiata assai così in Russia come in Inghilterra. Debbo anzi congratularmi con la S. V. Illustrissima dell'avere cosi fedelmente interpretato le istruzioni del Governo di Sua Maestà. In oggi l'azione di Lei deve sopratutto esercitarsi sopra la Turchia, e il nostro atteggiamento, costantemente benevolo verso la Porta, dovrebbe aggiungere efficacia alle parole del R. Rappresentante.

(l) Non pubblicato.

660

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 587. Vienna, 23 dicembre 1876 (per. il 26).

Facendo seguito al mio rapporto di questa Serie n. 585 in data del 22 dicembre (1), ho l'onore di <trasmettere, qui unito, all'E. V. un esemplare del Fremdenblatt di jeri sera e un'altro di quello di stamane, che discorrono dell'articolo del Bersagliere intorno ai casi del Trentina, tessendone lodi pel suo contenuto. Quantunque i giornali ufficiosi austriaci non abbiano riportato, nella

sua interezza, la risposta di S. E. il Presidente del Consiglio relativamente alla questione orientale ed aLl'interpellanza Marcora, pure ne accentuano la lealtà del carattere, esaltano poi l'atteggiamento preso dal R. Ministero per l'Interno. Evidentemente Questa ripetizione della stessa nota a noi favorevole ha la sua origine in una parola d'ordine di cessare, almeno momentaneamente, nell'ostilità palese dimostrataci dalla stampa ufficiosa. A mio avviso l'Austria sembra essere tutt'al più in oggi in un momento di sosta diffidente rimpetto a noi, non dimentica i recenti sospetti e rancori ed è pronta a dar loro eziandio nuovamente segno esteriore al ben che minimo pretesto che noi daremmo. La forma delle rampogne e delle lodi austriache non mi garba gran fatto; potremmo studiarci con cura di riavere con questo Impero relazioni corrette e cortesi, si proficue al bene inteso interesse dei due paesi; per Junga pezza non si riescirà a stabilire relazioni cordiali, il sospetto essendo uno dei caratteri speciali della politica austriaca.

(l) Cfr. n. 655.

661

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 1737. Berlino, 23 dicembre 1876 (per. il 27 ).

Ensuite à la clòture du Reichstag laquelle a eu lieu hier par un discours Impérial, dont j'ai transmis en voie télégraphique la partie la plus saillante, le Secrétaire d'Etat n'a pu me recevoir q_u'aujord'hui. Je lui ai parlé dans Le sens de votre .télégramme de la veille (1).

Des renseignements analogues aux nòtres lui étaient parvenus sur les résultats assez satisfaisants des conférences préliminaires. Le Cabinet de BerUn adhérait aux conclusions adoptées et qui formeraient l'objet des délibérations de la réunion plénière, convoqué pour aujourd'hui meme. Il s'abstenait de préjuger la question du paiement des frais qui seraient occasionnés par les troupes, ou gendarmerie, à mettre à la disposition de la Oommission Européenne. Quant à l'idée émise dans le télégramme précité, d'une instruction éventueUe aux Représentants, pour les autoriser à déclarer qu'ils quitteraient Constantinople dans le cas où la Sublime Porte opposerait un refus aux propositions des Puissances, M. de BUlow disait ne pouvoir se prononcer avant d'avoir pris les ordres de l'Empereur. S'agirait-il d'une rupture diplomatique dans toute l'extension du mot, ou bien des Chargés d'Mfaires auraient-ils à gérer les Missions après le départ des Ambassadeurs ou Ministres? Les intérets généraux de l'Europe, les intérèts particuliers de l'Allemagne, n'auraient-ils pas trop à souffrir d'une pareille mesure, entre autres pour ce qui concerne la protection des nationaux et des chrétiens notamm.ent dont on s'occupe d'améliorer le sort? Ce sont là autant de points à examiner, et sur leSQuels le prince de Bismarck n'a pas encore formulé un jugement.

En attendant, la Secrétaire d'Etat, malgré !es difficultés qui restaient à vaincre, avait bon espoir pour une solution qui réponde au programme des Puissances. Leur accord inspirera de salutaires réflexions à la Turquie, et peut-etre ne sera-t-il pas le cas, pour a,voir raison de sa résistance, de recourir à une pression plus énergique. S. E. signalait en meme temps que le mouvement belliqueux russe tendait de plus en plus à s'amortir, et qu'une réacHon très salutaire s'opérait chaque jour dans l'esprit public. Dans ces conditions, la Uìche de l'Empereur Alexandre, qui veut très sincèrement sauvegarder la paix, et les efforts des autres Gouvernements dans le meme but, ont acquis de bien meilleures chances de réussite.

Les Numeros 1735 et 1736 de ma correspondance politique (1), seront remis au Courrier de Cabinet, dont le retour de St. Pétersbourg ne m'est pas encore annoncé.

(l) Non pubblicato.

662

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 812. Roma, 24 dicembre 1876, ore 11,30.

Je vous écris longuement au sujet des deux points sur lesquels vous demandez des instructions dans vos derniers rapports.

Quant à la forme à donner à la paix entre la Turquie et les Principautés, il est du plus haut intéret d'écarter toute question pouvant surgir de la situation juridique des Principautés vis-à-vis de la Porte. Ce résultat serait obtenu si les six Puissances médiatrices formulaient un acte de médiation que les deux parties accepteraient en donnant leur adhésion par acte séparé. Dans ma dépeche d'aujourd'hui (2), j'ai cité I'exemple de la média,tion exercée par la France en 1803 pour la pacification de la Suisse. Après avoir constaté dans le préambule la base juridique de la médiation, le médiateur, en vertu de ses pouvoirs, statue et formule l'acte que les parties sont tenues d'accepter et de mettre à exécution. Cette forme pourrait convenir aussi bien à la Turquie qu'aux Principautés et l'intéret général aussi bien que les intérets particuliers des parties directement intéressées seraient à mon avis parfaitement sauvegardés. -~-"-:

Quant à la présence dans la conférence de délégués de la Serbie et du Monténégro, je pense qu'il faut tout mettre en oeuvre pour éviter de devoir se prononcer dans une question aussi délicate, mais si on doit se prononcer, 1e suis d'avis q_ue ces délégués ne pourraient etre entendus q_u'à titre d'experts. Si la majorité de vos collègues est de cet avis, vous vous prononcerez après qu'ils auront manifesté l:eur opinion. Si contre notre attente, ils étaient d'un autre avis, vous réserverez l'opinion du Gouvernement de Sa Majesté et vous me demanderez des instructions par télégramme.

Il) Cfr. nn. 651 e 657.

(2) Non pubblicato.

663

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 63. Pietroburgo, 24 dicembre 1876 (per. l' 1 gennaio 1877).

Dopo il ritorno dello Czar e del Principe Gortchakow a Pietroburgo il linguaggio del Governo Russo ed anche quello della stampa Russa si modificarono incontestabilmente in un senso relativamente più pacifico. Il Principe Cancelliere al suo ritorno da Livadia disse a me, come ebbi l'onore di riferire a suo tempo a V. E., che per assicurare le riforme richieste per le provincie cristiane della Turchia non vi era che una guarentigia veramente efficace, l'occupazione armata. Ma più tardi lo stesso Cancelliere attenuando quanto vi era di troppo reciso in quel linguaggio, diede a me ed ai miei colleghi l'assicurazione che il Governo Russo, quantunque sia sempre d'avviso che non vi sia migliore e più efficace guarentigia che l'occupazione, è rtuttavia disposto a prendere in considerazione e ad accettare altre proposte di guarentigie, purché queste siano ugualmente efficaci ed abbiano l'approvazione delle Potenze. S. M. l'Imperatore, coll'autorità della sua parola mi confermò quest'assicurazione ed anzi espresse il suo desiderio di poter evitare sagrifizii di denaro e di sangue al suo popolo. Questi indizii di maggiore moderazione nell'attitudine del Governo Russo meritano di essere nota.ti. Essi hanno del resto una nuova conferma nel linguaggio tenuto a Costantinopoli dal Generale Ignatieff in seno alla conferenza, linguaggio che secondo le notizie qui pervenute sarebbe stato abbastanza conciliante. All'attitudine più calma della Russia contribuirono molte ragioni. In primo luogo i pesi risultanti dalla mobilitazione d'una parte dell'esercito, le previsioni di una campagna d'inverno non scevra di difficoltà e di pericoli, la crisi commerciale e finanziaria che servisce in questo momento in tutto l'impero, l'esito poco soddisfacente dell'ultimo imprestito, l'imminenza di nuovi e più grandi sagrifizii d'uomini e di danaro, esercitarono una salutare impressione sull'opinione pubblica del Paese e sul Governo Imperiale. Venne a confermare quest'impressione il linguaggio tenuto qui aH'Imperatore ed ai suoi Ministri dal Signor Marinovirtch, antico Ministro del Principe Milano, il quale espose come la Serbia sia talmente esausta e depressa che non chiede che a rimanere tranquilla, e non è d'altronde in grado di far nuovi sagrifizii.

L'attitudine dell'Inghilterra ed in genere dell'opinione pubblica Europea vuoi essere contata anche fra le cause che contribuirono a calmare l'eccitazione in Russia. Ma fra queste cause conviene principalmente ammettere le terndenze pacifiche dell'Imperatore Alessandro al quale ripugna il far versare il sangue delle sue popolazioni, e l'esporre il suo paese a complicazioni delle quali è impossibile H prevedere l'esito finale.

Malgrado però questa più pacata attitudine del Governo Russo, le cose furono qui talmente spinte che sarà difficile e forse impossibile alla Russia di retrocedere, o di rimanere inattiva se la conferenza non riesce ad una conclusione. È perciò importantissimo che le Potenze, le quali sembra siano cadute

d'accordo sulle proposte da fare aUa Turchia, esercitino su questa tutta quanta la loro influenza perché accetti le proposte stesse.

Il Principe Gortchakow è d'avviso, che se la Turchia risponde con un rifiuto, le Potenze devono interrompere immediatamente le relazioni diplomatiche colla Sublime Porta. Intanto le disposizioni concernenti l'esercito Russo del Sud, in vista d'una campagna e d'un'occupazione al di là del Danubio, non hanno punto cessato, e vanno proseguendosi con dHigenza.

664

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 515. Costantinopoli, 24 dicembre 1876 (per. il 2 gennaio 1877).

Ieri al mezzogiorno aprivasi in una Sala del Ministero della Marina la Conferenza dei Plenipotenziari delle Potenze Garanti e della Turchia. Era stata messa a nostra disposizione a tal effetto un'ala di quel palazzo che è ordinariamente riservata ad uso della Maestà del Sultano, ed ha vista sul Corno d'Oro. All'ora indicata tutti i Rappresentanti trovaronsi presenti, e presero posto attorno ad una tavola rotonda, Safvet Pacha alla testa, Edhem Pacha ,alla manca, gli altri Plenipotenziari a destra per ordine alfabetico delle Potenze.

Il Generale Ignatiew avendo proposto che Safvet Pacha assumesse la Presidenza, questi leggeva aJcune parole di ringraziamento, e notificava la Sublime Porta aver designati Carathéodori Effendi, Segretario Generale del Ministero degli Affari Esteri, per protocollista, e Serkis Effendi per suo aggiunto. Il Generale Ignatiew aggiungeva i Plenipotenziari delle Potenze Garanti avere scelto il Signor Mouy, Segretario dell'Ambasciata di Francia, per assistere al relativo lavoro. Ed i tre Segretari erano introdotti, e prendevano posto ad altra tavola.

Safvet Pacha presentava indi i pieni-poteri conferiti ad esso ,e ad Edhem Pacha da S. M. il Sultano, e così facevano i Plenipotenziari Straordinari. Il Generale Ignatiew significava essere inteso che i Rappresentanti regolarmente accreditati presso la Corte di Sua Maestà Imperiale erano muniti di poteri sufficienti per prender parte alla Conferenza.

Safvet Pacha leggeva allora un discorso d'introduzione il quale conteneva una narrazione dei fatti che avevano condoHo al presente stato di cose, incominciando dai movimenti dell'Erzegovina. Insisteva sulla moderazione usata dal Governo Ottomano verso gl'insorti; faceva menzione dell'incoraggiamento fornito a questi dalle Potenze per l'interesse dimostrato verso di essi, della costante cooperazione prestata dalla Serbia e dal Montenegro, che trasformavasi indi in aperta guerra; toccava della Nota Andrasgy che, per ragioni ignote, non aveva avuto il desiderato effetto; faceva allusione ad altro progetto sul quale la Sublime Porta non era stata chiamata a pronunciarsi; conchiudeva la Maestà del Sultano aveva ora risoluto di accordare a tutto l'Impero una Costituzione che sarebbe per assicurare la libertà e l'eguaglianza di tutti i cittadini. E mentre S. E. pronunciava queste parole incominciava ad intendersi il cannone di Stamboul che annunciava la promulgazione della nuova legge fondamentale.

Nel toccare degli incidenti occorsi in alcune provincie dell'Impero Safvet Pacha aveva detto ch'essi er,ano stati grandemente esagerati all'estero, e di fatto erano stati insignificanti. Tostoché S. E. pose fine al suo dire Lord Salisbury soggiunse aver Essa detto più cose sulle quali egli non era dello stesso avviso e si riservava di tornarci nel progresso delle discussioni; d'una però non poteva tacere ed era che certi fatti fossero giudicati insignificanti, mentre invece essi erano considerati gravissimi dal Governo Brittanico. Il Generale Ignatiew faceva eco alle parole di Lord Salisbury, ed annunciava analoghe riserve. Il Conte Zichy, desiderando metter pronto fine a quest'incidente, diceva partecipare ai sentimenti espressi da' suoi Colleghi, 'ed invitava senza altro il Conte di Chaudordy a fare ai Pleniponteziari Ottomani l'intesa comunicazione.

L'Ambasciatore Straordinario di Francia leggeva allora un br~eve discorso rimarchevolissimo per l'opportuni,tà della materia e per la moderazione della forma, pel quale presentava ai Plenipotenziari della Sublime Porta gli atti convenuti tra i Rappl'esentanti delle Potenze Garanti, ed esprimeva la speranza che i Ministri del Sultano, nella loro saggezza, sarebbero per fare buona accoglienza alle proposte dell'Europa unita. E metteva i relativi atti nelle mani di Safvet Pacha.

Domandava allora Edhem Pacha se quei documenti fossero preceduti da una esposizione dei motivi. Cui il Conte di Chaudordy rispondeva negativamente; aggiungeva contener essi l'espressione unanime dei sentimenti delle Potenze Garanti sulle questioni pendenti; i motivi riscontrarsi nelle corrispondenze diplomatiche che erano precedentemente intervenute tra le Potenze. Ed il Plenipotenziario Ottomano avendo aggiunto qualche osservazione, io soggiunsi il miglior motivo essere la gravità della presente situazione.

Continuava intanto il rimbombo del cannone, ed il Ministro degli Affari Esteri diceva con apparenza commossa le seguenti parole: c A l'heure qu'il est s'accomplit un grand acte qui change le forme d'un Gouvernement qui dure depuis six-cents ans •. Cui replicava il Conte di Chaudordy: c E la pace sarà necessaria per condurlo a compimento •. Al quale sentimento facevano eco tutti i Plenipotenziari.

E così finiva la prima Seduta di questa memorabile Conferenza la quale ha da decidere se 'l'Europa debba aver la pace o la guerra. M'asterrò per oggi dal fare pronostici sul risultato di essa. Ma sta di fatto che le Grandi Potenze d'Europa presentandosi untte innanzi ai Plenipotenziari della Sublime Porta eserciteranno sopra di questa una pressione sì grande che è lecito trarne buoni augurii per l'avvenire.

La prossima Seduta seguirà probabilmente Martedì, 26 del presente. Però Safvet Pacha si rifiutò di fissarla per quel dì, non conoscendo ~tuttavia il giorno in cui cadrebbe il Courban Bairam; tostoché la luna avrebbe dato l'aspettato responso, S. E. lo farebbe conoscere ai Signori Plenipotenziari.

P. S. -A questa prima Seduta il Generale Ignatiew significava ai Plenipotenziari Ottomani che, l'armistizio avendo a scadere il 1° Gennaio, sarebbe opportuno prolongarlo; ed i Plenipotenziari delle Potenze Garanti proponevano si prolungasse di quindici giorni, poiché era a sperarsi che, nell'intervallo, potrebbero terminarsi i lavori della Conferenza. Cui il Ministro degli Affari Esteri rispondeva sottometterebbe questa proposta al Consiglio dei Ministri.

665

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI (l)

R. 516. Costantinopoli, 24 dicembre 1876 (per. il 2 gennaio 1877 ).

Ieri veniva promulgata da una terrazza della Porta la Costituzione che la Maestà del Sultano concede all'Impero. I ministri erano presenti in grande uniforme, e si dava lettura del relativo Hatt Imperiale. La folla era scarsa, chè cadeva in quel momento una pioggia dirotta, nè gli applausi furono molti.

Si tirarono 101 colpi di cannone, durante la cerimonia, ed al cadere del sole innumerevoli mortaretti. Nè potrei affermare di qual gioia quei tiri fossero l'espressione.

Poche parole dirò sopra il testo di questa nuova legge fondamentale, chè l'E. V. nella sua saggezza porteranne un giudizio assai più fondato de\1. mio.

In generale essa non contiene che le basi d'una legge organica, imperocchè ad ogni passo è detto che la concessione è fatta nei limiti della J.egge che sarà successivamente emanata. L'Islamismo resta tuttavia la religione dello Stato, ed è conservata intatta la legislazione del Cheri. Il Turco rimane la lingua officiale dello Stato. E' stabilita in principio la responsabilità dei Ministri. Non è data ai Membri del Parlamento l'iniziativa di proporre leggi, la quale apparterrà esclusivamente ai Ministri. Le Camere avranno a discutere i bilanci, ed a votare le imposte. Si istituirà una Corte dei Conti, e così via.

Vi sono dunque delle cose buone, delle altre imperfette. Senonchè il più arduo problema non è di redigere una buona Costituzione, ma bensì di trar,la in atto. Ora chi può credere che queste popolazioni dal Danubio all'Eufrate abbiano raggiunto un grado di civiltà sufficiente per trovare e scegliere dei Rappresentanti atti a deliberare insieme sulle leggi e sull'amministrazione di questo vasto Impero? Si volle che la promulgazione di questa Costituzione coincidesse colla prima Seduta della Conferenza ano scopo evidente di disarmare l'Europa innanzi alle generose concessioni fatte dal sovrano. * Ma l'Europa conosce per lunga prova quanto valgano le concessioni spontaneamente fatte dalla Sublime Porta, nè presterà fede alla presente, cui la più larga sfera non fa che diminuirne di tanto il valore pratico. *

Spedisco sotto fascia del presente postale una copia dell'atto predetto...

(l) Ed., ad eccezione del brano tra asterischi, in LV 22, p. 478.

666

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 64. Pietroburgo, 24 dicembre 1876.

Con dispaccio di questa Serie (N. 56 confidenziale) del 12 corrente (1), l'E. V. dopo aver approvato il linguaggio da me tenuto al Principe Gortchakoff nell'udienza del 29 Novembre scorso, osserva giustamente come le parole del Principe Cancelliere non escludano la possibilità di un intervento austriaco sul limitrofo territorio Turco, e ricordando le disposizioni deLla Russia per favorire in certe eventualità un ingrandimento territoriale dell'Austria, Ella mi partecipa essere suo avviso che noi teniamo verso il Gabinetto Russo un atteggiamento vigile e circospetto.

Ringrazio l'E. V. di queste istruzioni alle quali non mancherò di conformarmi. Ed anzi affinchè l'E. V. possa rendere queste istruzioni più compiute e più precise, mi valgo dell'occasione d'un Corriere speciale per esporle la situazione, quale io la veggo, intorno a questo argomento che più specialmente preoccupa il Governo del Re.

L'E. V. tenga per fermo che il Governo Russo, se lo crede di sua convenienza, consentirà all'occupazione della Bosnia per parte dell'Austria. La missione a VIenna del Generale Soumarokow non lascia dubbio a questo riguardo. Sembra poi egualmente certo che nel convegno di Reichstadt il Principe Gortchakow ha consentito eventualmente, e per quanto dipende dalla Russia, all'annessione all'Austria della Croazia Turca.

In seguito alle istruzioni dell'E. V. io ho fatto ripetutamente al Principe Gortchakow la dichiarazione che il Governo Italiano, al quale importa che non sia turbato a suo discapito, l'equilibrio delle forze sull'Adria~tico, non avrebbe in nessuna guisa consentito od ammesso né l'uno né l'altro di questi due fatti. Il mio linguaggio a questo proposito fu molto reciso. Ma non lo tenni che al Principe Gortchakow e non ho bisogno di dire all'E. V. che mi astenni, non avendo a ciò alcuna autorizzazione, del parlare di rivendicazione del Trentina o d'altri paesi a guisa di rappresaglia o di compenso per l'Italia. Le dichiarazioni da me fatte a questo riguardo in nome del Governo del Re, hanno potuto fare un'impressione sull'animo del Principe Cancelliere, ed hanno forse contribuito ad un maggior ritegno per parte sua; ma è mio dovere di dire all'E. V. che io non credo che ·esse siano state sufficienti per rimuovere il Governo Russo da una politica che, a torto o con ragione, esso crede conforme ai suoi interessi. La Russia desidera cacciare a poco a poco l'elemento Turco dall'Europa. Essa tende evidentemente ad ottenere per la Bosnia, per l'Erzegovina, per la Bulgaria una situazione simile a quella che avevano la Serbia, la Moldavia e la Valacchia, prima dell'evacuazione delle guarnigioni Turche, salvo poi ad ottenere più tardi per quelle provincie anche l'evacuazione di tali guarnigioni. Il che equivarrebbe ad una indipendenza delle provincie stesse ottenuta in un avvenire più o meno vicino.

Questa politica è dessa conforme ai veri interessi della Russia? Io non lo credo; perché le provincie slave della Turchia, ottenuta l'indipendenza, tenderanno necessariamente a riunirsi ed a formare con la Serbia il centro di una nazionalità Serba o slavo-Orientale, diversa dalla nazionalità Russa ed anzi opposta ad essa. L'Imperatore Alessandro ha dichiarato che non vuole annessioni per sè. Ma anche se la forza degli ev,enti conducesse un'annessione delle provincie slavo-turche alla Russia, questo fatto avrebbe per l'Impero degli Czar conseguenze funeste. Ma quest'opinione non è divisa dal Governo Russo, il quale crede esser suo interesse di ottenere la successiva emancipazione dei Cristiani Ortodossi di Oriente.

La storia della formazione dell'Impero Russo è, per così dire, la storia delle guerre della Russia con la Turchia. L'Impero Russo non avrà posa finchè non avrà cacciato i Turchi dall'Europa e pone questa sua tradizionale tendenza in capo alla sua politica. Considera l'emancipazione degli Ortodossi d'Oriente come un debito d'onore, come un dovere religioso, come un interesse politico di prim'ordine. Ciò posto, si spiega come all'ottenimento di questo scopo la Russia sia disposta a subordinare altri interessi ch'essa giudica come secondarii e di molto minore importanza. Se per avere l'Austria amica, consenziente o complice, è necessario o soltanto conveniente di !asciarle occupare temporaneamente o definitivamente la Croazia Turca, la Russia non esiterà a lasciar fare all'Austria ed anche ad ajutarla. La popolazione della Croazia Turca essendo in massima parte cattolica, la Russia sa che questo irreduttibile elemento non ha nessuna simpatia per gli Ortodossi e che sarebbe quindi un imbarazzo per Lei.

Non crede dunque di avere alcuna ragione per rifiutarsi alla annessione della Croazia Turca all'Impero Austriaco e trova invece moUe ragioni che la consigliano a consentirvi.

Sventuratamente in questa questione l'Italia si trova isolata o quasi. La Germania ha due oggettivi ai quali sembra disposta a sacrificare ogni specie di considerazione. Il primo si è di conservare ad ogni patto l'alleanza Russa, la quale ha per effetto di assicurare la Germania contro il solo pericolo serio che può correre, cioè una rivincita francese. Il secondo è di spingere l'attenzione ed il centro d'azione dell'Austria il più lontano che si può dall'Allemagna. La Francia non è certo disposta ad abbandonare per questa speciale questione la sua attitudine di aspettativa. La stessa Inghilterra, che vede nell'occupazione russa un pericolo gravissimo, accetterebbe di preferenza, forse anche con soddisfazione, un'occupazione Austriaca della Bosnia.

Tale è lo stato della questione quale si presenta al mio spirito. Ho creduto di doverlo esporre all'E. V. senza velo e senz'alcuna attenuazione. Lo ripeto: in questa questione speciale siamo soli. Se il principio dell'integrità dell'Impero Ottomano è abbandonato, l'intervento dell'Austria sarà invocato da alcune delle Potenze ed accettato da tutte. Per questo la pacificazione d'Oriente ha per noi un'importanza massima. Ben a ragione quindi il Governo del Re ha sempre fatto ogni sforzo per ottenere questa pacificazione. Ma è veramente deplorevole che per giungere alla riunione di una Conferenza, che il Governo del Re era disposto ad accettare ed a consigliare mezz'anno fa, che la Russia stessa desiderava, che la Francia ammetteva, sia stato necessario di vedere scatenata una gue-rra micidiale, di assistere allo sterminio della Bulgaria, di udire i discorsi di Londra e di Mosca, e di osservare il concentramento dei Russi sul Pruth e quello dei Turchi sul Danubio.

Le cose dette fin qui forniranno all'E. V. gli elementi di nuove e più complete istruzioni che io ho l'onore di sollecitare.

Io terrò qui l'atteggiamento vigile e circospetto che Ella mi raccomanda nel suo dispaccio del 12 corrente (1). All'uopo anche potrò ripetere le già fatte dichiarazioni sulla nostra opposizione sia ad un'occupazione Austriaca della Bosnia sia ad un'eventuale annessione di un territorio Turco qualunque all'Impero Austriaco.

Ma nè il nostro atteggiamento nè le nostre dichiarazioni, se rimangono isolate, varranno ad ottenere che la Russia rinunci all'alleanza ed alla complicità dell'Austria, se queste possono servirle per giungere più facilmente allo scopo tradizionale della sua politica, cioè l'emancipazione dei Cristiani di Oriente dal giogo Turco.

(l) Cfr. n. 62~.

667

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, A PIETROBURGO, NIGRA, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 817. Roma, 26 dicembre 1876, ore..... (2).

Vous savez par les télégrammes des agences que samedi dernier pendant que la conférence plénaire se réunissait pour la premièr·e fois à Costantinople, les salves d'artillerie annonçaient la proclamation de la constitution pour tout l'Empire ottoman. Les plénipotentiaires réunis n'en ont pas moins continué leurs travaux et les actes préparés dans les réunions préliminaires ont été présentés aux plénipotentiaires de la Turquie afin qu'ils aient à les accepter. Il n'y a pas eu de discussion et la conférence sera de nouveau convoquée demain mardi. Je désirerais savoir si la proclamation de la constitution ottomarre est considérée par le Gouvernement auprès duquel vous ètes accrédité comme un événement pouvant exercer une influence sur la marche des travaux et sur 1es délibérations de la conférenc,e. Je crains que la Turquie ne veuille créer par ce moyen des difficultés pour entraver l'action unanime des cabinets tendant à obtenir l'application sérieuse des réformes sur lesquel1es les plénipotentiaires des six Puissances sont tombés d'accord. Il faut à mon avis se prémunir contre ce danger et je vous prie de dire au Ministre des affaires étrangères que nous ne pensons pas que la proclamation de la constitution turque doive arrèter l'action des Puissances ni modifier les résolutions prises dans les conférenoes préliminaires.

(Solo Parigi) Quant à la question du rappel des ambassadeurs en cas de refus de la part de la Porte d'acoepter les propositions qui llJii. sont présentées, je pense que nous devons nous borner à dire que les instructions générales que

le Ministère a données au comte Corti enjoignent à ce dernier de ne point se séparer de ses collègues et d'agir dans le sens non pas de former une majorité et une minorité, mais de maintenir l'unanimité des Puissances. Le langage du comte Corti ne laissera donc rien à désirer dans ce sens, mais le Gouvernement du Roi doit se réserver de prendre une résolution définitive lorsqu'il connaitra mieux les dispositions de toutes les autres Puissances. Notez bien que mème l'Angleterre se bornerait à donner un congé à sir H. Elliot, ce qui serait la forme la plus atténuée de la suspension des rapports politiques directs avec la Sublime Porte.

(l) -Cfr. n. 625. (2) -Il telegramma fu spedito alle varie ambasciate fra le ore 16 e le 22.
668

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

D. 59. Roma, 26 dicembre 1876.

Dal R. Ambasciatore in Vienna mi è riferita tale circostanza che mi preme di appurare: che cioè il Gabinetto di Pietroburgo si venisse adoperando presso il Gabinetto Imperiale e Reale per ottenere che questi occupi la Bosnia tostochè l'esercito russo fosse per varcare il confine ottomano dal lato della Bulgaria. Secondo le notizie raccolte dal Generale di Robilant, il Governo dello Czar non si sarebbe limitato a fare uffici in tal senso presso il Governo austroungarico; ma, volendo altresì prevedere la eventualità in cui, fallito un simile accordo la Marina dell'esercito del Granduca Nicola potesse essere minacciata, sul fianco sinistro, da una mossa dell'esercito austro-ungarico, avrebbe altresì concentrato un buon nerbo di forze sulle frontiere di Galizia.

Forse non sarà difficile a V. E. di discernere ciò che v'abbia di vero in queste voci, le quali comunque aventi un carattere oramai retrospettivo, porgerebbero, se fondate, un nuovo elemento per recare sicuro giudizio sulle disposizioni d'animo costì prevalenti.

669

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 589. Vienna, 28 dicembre 1876 (per il 4 gennaio 1877).

Risultami in modo non dubbio che in questi ultimi tempi il Gabinetto di Vienna ebbe ad assumere un'attitudine particolarmente benevola verso la Turchia. In un'udienza che l'Ambasciatore di Turchia ebbe il 23 corrente dal Conte Andrassy, Aleko Pascià esprimevagli la fiducia del suo Governo di non essere abbandonato dal Governo Imperiale nelle attuali gravi contingenze, ed anzi dicevagli essere incaricato di fare speciale appello al suo appoggio. Se le mie informazioni sono esatte ed ho luogo di crèdere lo siano, il Conte avrebbegli risposto che il Conte Zicky avevagli rifedto non po·tersi se non altamente lodare dei sentimenti concilianti che Midhat-Pascià non cessa dal

dimostrare, sperar Egli quindi un felice esito della Conferenza, ciò tanto più che le idee, che più dovevano eccitare la suscettibilità della Porta, già erano state scartate dal programma delle Potenze. Infatti avrebbegli soggiunto • tant les ,autonomies que l'occupation on été complètement écartées •, non esservi più sul tappeto che la formazione di una speciale gendarmeria con quadri reclutati aWestero, proposta dalla quale, ove la Turchia voglia prenderla in seria ed imparziale considerazione, potrebbe anche ricavare buon frutto applicandola ad altre Province dell'Impero. Mi risulta quindi che Aleko Pacha si loda altamente dei sentimenti benevoli verso il suo Governo del Conte Andrassy, e crede poterne arguire che l'accordo del Gabinetto di Vienna con quello di Pietroburgo non esista più che pro jo1·ma. Quest'impressione è divisa dall'Ambasciatore Inglese e da aLtri miei colleghi. Per conto mio non saprei concordar,e pienamente in quest'opinione. Ritengo probabile che il Conte Andrassy onde ottenere maggiore arrendevolezza per parte del Gabinetto Ungherese nella quistione dell'Ausgleich fra le due parti della Monarchia, che si vorrebbe condurre ad amichevole componimento in questi giorni, affetti allontanarsi dalla Russia, cosa d'altronde che risponderebbe pienamente ai suoi intimi sentimenti come Magiaro. Credo anche che lo speciale appoggio che il Principe di Bismarck ebbe a far balenare all'Austria, nei suoi recenti discorsi, abbia fatto nascere nell'animo del Conte la speranza di un più stretto e speciale accordo colla Germania, mediante il quale egli potrebbe svincolarsi dall'influenza predominante Russa, che è costretto a subire fin dal principio della presente crisi Orientale. Ma con tutto ciò non vedo ancora la possibilità per l'Austria di contrariare efficacemente la politica Russa in Oriente, a meno che ciò entri positivamente nelle vedute del Principe di Bismarck, nelle cui mani credo di non andar errato dicendo, trovarsi attualmente il bandolo della situazione presente. Intanto le trattative diplomatiche procedono qui sempre nella stessa forma, cioè quasi esclusivamente fra il Conte Andrassy ed il Signor di Novikoff, limitandosi l'azione dell'Ambasciatore Germanico a farsi sentire, allorché presentasi la necessità di conciliare troppo opposte esigenze. Esteriormente per lo meno dunque, mantiensi tuttora ferma in Vienna l'alleanza dei tre Imperatori nel campo dell'azione diplomatica, e devo poi anche soggiungere risultarmi da indizi abbastanza sicuri, che all'apparenza corrisponderebbe la realtà per quanto ha tratto alle personali relazioni dei tre Sovrani. A mio avviso dunque batte falsa strada chi crede quell'alleanza fin d'ora morta, o per lo meno agonizzante.

670

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, A VITTORIO EMANUELE II

(ACR)

L.P. l. Berlino, 28 dicembre 1876.

L'équilibre entre les Puissances directement intéressées dans la question d'Orient n'a pas été rompu jusqu'ici, et le terrain sur lequel le Prince de Bismarck a placé sa politique d'abstention et de conciliation est encore, en apparence du moins, le meme que j'ai eu l'honneur de signaler à Votre Majesté, d.ans ma seconde lettre du 28 Novembre (1). Depuis lors en eHet, malgré les craintes des pessimistes, les conférences préliminaires ont eu lieu à Constantinople entre les représentants de la Russie, de l'Angleterre, de l'Italie, de l'Autriche, de l'Allemagne et de la France: toutes les Puissances ont réussi à se mettre d'accord sur les propositions à faire à la Porte et sur les concessions à •exiger d'elle: enfin la conférence plenière, avec le concours des plenipotentiaires tures, a eu lieu, et les conclusions adoptées par les autres Puissances leur ont été communiquées. Certes, peu de personnes s'attendaient à von: l'Angleterre tendre la main à la Russie, et cette dernière donner la meilleure preuve de son bon vouloir en réduisant ses prétentions. Il est vrai que les points adoptés dans la conférence préliminaire sont considérés par la Russie comme le • minimum • des concessions à exiger de la Turquie, et qu'elle n'entend pas reculer davantage. Mais cela ne prouve pas moins qu'un accord entre les Puissances chrétiennes n'est pas impossible. Cet accord est un fait acquis aujourd'hui, pour autant du moins qu'il s'agit des concessions à demander au Sultan, et de la résolution unanime des Puissances chrétiennes de rappeler de Costantinople 1eurs représerrtants en cas de refus de la Porte.

Que fera la Turquie, ainsi isolée? Il •est dans les traditions de la politique orientale de ne jamais se· prononcer catégoriquement: de gagner du temps en laissant une porte ouverte pour toute éventualité, et de n'adhérer à une exigence étrangère que lorsqu'on est poussé dans les derniers retranchements. C'est ce que la Porte fera probablement aujourd'hui en cherchant à trainer les choses ·en longueur. Seulement, un fait est déjà venu jeter un peu de lumière sur les intentions de la Turquie: c'est la proclamation de la Constitution turque, annoncée à Constantinople par des salves d'artillerie, au moment meme où la conférence préliminaire avait lieu en.tre les représentants des Grandes Puissances à l'exclusion de la Turquie. Meme en prenant au sérieux cette charte constitutionelle, qui voit le jour sous les auspices du nouveau Grand Vizir Midhat-Pacha (il parait que Midhat-Pacha se préconise lui-méme comme le • Cavour • de la Turquie!), le moment et le caractère bruyant de sa proclamation ont été un peu une bravade à l'adresse de l'Europe. La Sublime Porte a l'air de dire: voilà toutes libertés modernes volontairement introduites en Turquie, -tout ce que vous exigez pour vos corréligionnaires s'y trouve, ne m'en demandez pas davantage. Si tels sont les sentiments de la Porte, que va-t-il arriver? Les grandes Puissances, voyant la Turquie résolue à opposer un refus à leur demande, rappelleront de Constantinople leurs représentants. Mais l'accord qui existe entre elles parait s'arreter là, pour le moment du moins.

En effet, tandisque la Russie romprait entièrement les relations avec la Turquie, les autres Puissances laisseraient à Constantinople des Chargés d'affaires. Or, la rupture de toute relation entve deux Gouvernements équivaut à une guerre prochaine. Le refus de la Turquie, risquerait donc d'avoir pour conséquence directe l'ouverture des hostilités de la part de la Russie. La TurQuie commet-elle une folie en provoquant une pareille guerre?

Est-elle assez forte pour se tirer d'dfaire toute seule? Compte-t-elle sur la force des choses et des intérèts traditionnels d'autres Puissances, pour avoir des alliés?

L'avenir seui peut répondre à de pareilles questions. Je ne pourrais mieux faire, pour ma part, que de citer à Votre Majesté l'opinion que le Maréchal de Moltke a émise en ma présence: à savoir que ce sera une rude campagne pour les russes comme pour les Tures. Votre Majesté sait que le Comte de Moltke en a étudié autrefois le terrain. D'après lui, le passage du Danube, à lui seul, présenterait de graves obstacles. Ce passage une fois effectué, une armée ne pourraU avancer en Bulgarie que dans des conditions très périlleuses, ayant des places fortes devant soi, derrière soi, et aux flancs. Il faudrait des longues opérations de siège, ou de forts corps d'observation qui affaibliraient d'autant l'armée d'invasion. Les Tures savent que leur force principale consiste dans la défensive: ils se garderont bien de se laisser attirer à des batailles en rase campagne, à moins de voir leurs ennemis décimés par les maladies et épuisés par les privations. Sous ce dernier rapport, la Russie aurait un désavantage évident. D'autant plus qu'elle devrait opérer fort loin de sa base d'opération par voie de terre, et que sur la Mer Noire la flotte turque est la plus forte et intercepterait aisément toutes ses communications.

L'opinion du Maréchal de Moltke intéressera Votre Majesté, dans un moment comme celui-ci où la situation peut à tout instant se résoudre par une transaction ou par une guerre. C'est aujourd'hui mème que la Sublime Porte doit faire connaìtre à Constantinople si elle accepte, ou si elle refuse le programme adopté par les Grandes Puissances. Je regrette de devoir envoyer mon rapport à Votre Majesté, avant de connaìtre ce que le Gouvernement Turc aura résolu de faire et ce qui peut rendre superflue toute conjecture. Mais je dois profiter, pour l'envoi de mes plis, d'un courrier de Cabinet que le Ministère des Affaires Etrangères a mis à ma disposition et qui part ce soir d'ici pour Vienne.

Permettez-moi, Sire, de Vous exprimer ma reconnaissance pour les paroles si pleines de bonté que Votre Majesté m'a fait adresser, au sujet de mes lettres, par le Chef de Son Cabinet.

(l) Cfr. n. 594.

671

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, A VITTORIO EMANUELE II (ACR)

L.P. 2. Berlino, 28 dicembre 1876.

Après avoir parlé de la situation politique générale dans ma première lettre d'aujourd'hui, je tiens à appeler l'attention de Votre Majesté sur un fait qui nous touche de plus près.

55 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

Depuis ma conversation avec le Prince de Bismarck que j'ai eu l'honneur de référer à Vo,tre Majesté le 28 Novembre dernier (1), le Chancelier lmpérial a eu plus d'une occasion d'exprimer sa pensée sur la politique de l'Allemagne, d'abord dans des conversations avec les députés de l'Empire qu'il avait conviés à diner chez lui, et ensuite en répondant à une interpellation au Parlement.

Le trait caractéristique de ses conversations d'après diner, était son vif intéret pour l'Autriche, intéret qui pour l'Allemagne devait aller jusqu'à une solidarité pour l'Autriche-Hongrie, dans le cas où celle-ci serait l'objet d'attaques ou de dangers. Quel1es pouvaient etre ces éventualités, qui éveillaient à un tel point la sollicitude du Prince de Bismarck? Ses paroles étaient restées dans le vague. On en a été d'abord froissé à Vienne, en remarquant avec amertume que l'Autriche n'en était pas réduite à avoir besoin d'un tuteur, et que, à l'occasion, elle saurait bien se défendre à elle-seule. On s'est ensuite ravisé, et on a préféré donner une autre interprétation aux mots du Chancelier Al1emand: on a prétendu que le Prince de Bismarck avait fait allusio n aux aspirations de l'Italie pour les territoires italiens de l'Empire Austro-Hongrois. J'en ai causé avec le Secrétaire d'Etat M. de Biilow: j'étais étonné qu'on put attribuer de pareilles idées au Prince de Bismarck; on savait ici combien était sage et désintéressée la politique du Gouvernement de Votre Majesté, qui se vouait avant ·tout au maintien de la paix et du status-quo territorial en Orient: le Chancelier de l'Empire ne pouvait avoir voulu faire allusion à l'Italie d'une manière aussi injuste et répondant si peu à notre amitié reciproque. M. de Biilow m'a assuré que j'étais dans le vrai, et qu'il aurait pu souscrire à mon interprétation.

La situation de l'Autriche n'en mérite pas moins toute notre attention. Les sentiments peu amicaux pour l'Italie qui s'y sont manifestés avec autant de vivacité que d'injustice, constituent un fait incontestable. Il ne sont pas inquiétants outre mesure, car l'Autriche-Hongrie, tiraillée à l'intérieur par ses provinces de nationalités différentes, voyant des dangers pour elle dans toute combinaison à laquelle elle adhérerait ou qui se réaliserait sans son adhésion, parait aussi malade q_ue l'Empire Ottoman. Ses craintes du coté de l'Italie, la font ressembler à un homme qui se serait égaré la nuit dans une forét, et QUi à chaque pas croit voir surgire dans l'ombre un nouveau fantome. Mais il est un point qu'il nous importe de ne pas perdre de vue. Aussi longtemps que la Comte Andrassy est au pouvoir, la politique du Cabinet de Vienne résiste aux velléités rancunières qui animent en Autriche· un parti puissant par ses adhérences, et qui aspire aux revanches, contre la Prusse surtout. Aussi, assure-t-on que le Prince de Bismarck a complété confidentiellement sa pensée, en disant que sa sollicitude pour l'Autriche était jointe à la condition que les ennemis secrets de l'Allemagne ne viendraient pas au pouvoir à Vienne. Si cette dernière éventualité se vérifiait un jour, le Cabinet Autrichien changerait d'allures: et celui de Berlin aussi, je n'en doute pas. Ce jour là, le Prince Bismarck viendrait nous tendre la main, ce qu'il semble affecter maintenant de négliger. Ce serait dès lors une faute, d'après moi, si, tout en nous montrant froissés du peu d'empressement qu'on nous témoigne en ce moment

ici, nous changions la direction de notre politique en tournant la proue de quelque autre cOté. Notre intéret reste ici.

Ces considérations me sont dictées par le discours public du Prince de Bismarck au Parlement, bien plus que par les commérages de Vienne. En effet, il a été remarqué partout que dans ce discours le Chancelier Impérial, en développant au fond les mémes idées qu'il m'avait exprimées à la fin de Novembre, a parlé des trois Empires Alliés, de l'Angleterre qui aurait tort de croire cette triple amitié dirigée contre elle, de la France qui n'aurait pas d'intéréts directs en Orient (!), mais l'Italie a été passée sous silence. Etait-ce l'effet d'un oubli, ou bien d'un calcul? J'en ai été péniblement affedé comme on l'a été dans le Ministère de Votre Majesté, et, avant meme que le Commandeur Melegari m'eiìt écrit sa manière de voir à ce sujet, je m'en suis ouvertement expliqué ici avec le Secrétaire d'Etat pour les Affaires Etrangères.

M. de Btilow a voulu éliminer toute supposition d'intentions peu amicales de la part du Prince de Bismarck. L'Italie était sous-entendue. Le fait de ce silence n'en constitue pas moins une circonstance fàcheuse et très regrettable. Il convenait de le relever et de faire sentir que nous ne sommes pas insensibles à pareil procédé. Mais pour les raisons que j'ai eu l'honneur d'exposer plus haut, je suis d'avis que nous ne devons pas pour autant éloigner notre politique de celle de l'Allemagne, car notre intérét réel est de rester unis avec elle. Comme correctif de ce fait regrettable, je ne dois pas négliger de mentionner encore une fois les sentiments si amicaux pour Votre Majesté et pour l'Italie, oue l'Empereur Guillaume et Sa Famille ne cessent à chaque occasion de me témoigner, comme S.M. l'Empereur l'a fait récemment à un diner où Il avait bien voulu m'inviter. Les souvenirs de Milan sont restés très vifs dans le coeur de l'Empereur. L'Italie doit en étre reconnaissante à Votre Majesté. Au surplus, le Cabinet de Berlin rend justice au Gouvernement Italien, car le Commandeur Melegari dans la question d'Orient a bien tenu le gouvernail de notre politique étrangère, qui a été constamment des plus correctes au point de vue du maintien de la paix et du status-quo territorial.

Puisque Votre Majesté a daigné m'encourager à Lui écrire, je ne veux pas laisser partir cette lettre, sans Lui exprimer, à l'occasion de la nouvelle année, Ies voeux Ies plus sincères d'un fidèle sujet pour le bonheur de Votre Majesté et pour la prosperité de Son règne.

(l) Cfr. n. 594.

672

IL MINISTRO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 821. Roma, 29 dicembre 1876, ore 11.

Depuis le 23, je n'ai plus rien reçu de vous. Vous m'annonciez comme probable la prochaine séance de la conférence pour mardi, 26. Que s'est-il passé depuis? Les bruits qui courent dans les journaux, et les télégrammes adressés aux agences sont contradictoires. On annonce avec insistance le départ de sir Elliot, on a parlé de projets de réponse de la part des ministres ottomans communiQués ou tout au moins connus d'avance par quelques uns des plénipotentiaires. Veuillez m'éclairer à ce sujet, car cela m'·est nécessaire pour poursuivre avec les autres Cabinets un échange d'idées sur les éventualités qui sont à prévoir.

673

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1488. Costantinopoli, 29 dicembre 1876, ore 16,56 (per. ore 14 del 30).

A la conférence d'aujourd'hui, on a prolongé l'armistice au 1er mars. On est ensuite entré en discussion sur les actes présentés. Les plénipotentiaires ottomans se sont fortement prononcés contre la frontière serbe et ont décliné la discussion sur le Monténégro. Ces points ont été par conséquent réservé. On a avancé pour ce qui regarde le règlement de la Bulgarie. Ordre donné par le Gouvernement britannique à la flotte de se rendre de Bezika au Pirée a pour but de dissiper auprès de la Porte toute idée de protection de sa part.

674

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. CONFIDENZIALE 526. Costantinopoli, 29 dicembre 1876 (per. il 5 gennaio 1877).

Pel mio rapporto n. 508 di questa Serie, del 21 corrente (1), ebbi l'onore di far menzione degli scambi d'idee intervenuti riguardo all'eventualità di ritirare i Capi di missione da questa residenza !asciandovi gli Incaricati d'Affari.

Finora non sono che gli Ambasciatori di Russia e d'Inghilterra che hanno ricevuto dai rispettivi Governi l'ordine di partire nel caso i procedimenti della Conferenza non seguissero in modo soddisfacente. Però il Conte di Chaudordy afferma che le istruzioni impartite agli Ambasciatori Francesi portando che essi abbiano a conformare la loro condotta a quella della maggioranza de' loro Colleghi, essi ne seguirebbero senz'altro l'esempio all'emergenza.

Gli Ambasciatori d'Austria-Ungheria e di Germania non hanno finora ricevuto ufficiali istruzioni in proposito. Però il Barone Werther mi diceva che la regola generale della sua condotta essendo d'unirsi ai suoi Colleghi di Russia e d'Austria-Ungheria ogni qualvolta questi si trovino d'accordo, egli

credeva non avrebbe a dipartirsi da essa in quell'eventualità; tuttavia, trattandosi d'una misura di tanta entità, aveva domandato speciali istruzioni in proposito.

E frattanto quest'eventualità è talvolta soggetto delle conversazioni private tra ques.ti Rappresentanti. Ed io ebbi in proposito un colloquio col Generale Ignatiew, che stimo prezzo dell'opera di riferire in modo eminentemente confidenziale all'E.V.

Diceva il Generale la sola minaccia della partenza degli Ambasciatori eserciterebbe una tale pressione sulla Sublime Porta che, secondo ogni probabilità, essa cederebbe senz'altro alle domande delle Potenze. Io domandavo al mio interlocutore che avverrebbe a suo avviso nel caso la Sublime Porta non fosse per cedere innanzi a quella dimostrazione, imperocchè mi sembrava della massima importanza di provvedere in tempo al modo di conservare in ogni caso l'accordo sì felic,emente stabilito tra le Grandi Potenze. S. E. rispondeva sarebbe necessario in quel caso di non isciogliere la Conferenza; ma essa dovrebbe trasportarsi altrove affine di deliberare sulle misure da prendersi allo scopo di salvare la dignità delle Grandi Potenze e di provvedere alla protezione degli interessi Cristiani in Oriente; e suggeriva Venezia come, luogo assai opportuno per la continuazione dei relativi lavori. Ed avendogli io chiesto se credeva che a questa Conferenza potrebbero intervenire i Plenipotenziari della Sublime Porta, S.E. replicava quella misura essendo presa in conseguenza del primo rifiuto di quella di aderire alle proposte delle Potenz.e, non gli sembrava che la loro presenza sarebbe opportuna sino a che i Rappresentanti di queste avessero deliberato sulla condotta a tenersi. E da questa seconda fase della Conferenza avrebbe ad uscire la consolidazione della pace.

Si spingeva indi lo sguardo più innanzi nel futuro, e si parlava delle deliberazioni che potrebbero seguire in quella ,eventualità. Il Generale Ignatiew mi dichiarava aver egli il fermo convincimento che la miglior soluzione ad adottarsi sarebbe quella d'una esecuzione federale; i Russi occuperebbero la Bulgaria (noi disse, ma evidentemente s'intende, gli Austriaci la Bosnia), il Governo italiano manderebbe due divisioni a Salonicco per occupare le provincie Meridionali, l'Inghilterra invierebbe una potente flotta nel Bosforo. Sarebbe insomma un'esecuzione dell'Europa unita, a meno che la Conferenza preferisse d'affidare siffatto incarico alla Russia sola. Ed essa avrebbe lo scopo di ottenere colla coercizione dal Governo Ottomano l'adesione alle proposte delle Potenze.

Mi permisi di domandare a S.E. se, oltre alle considerazioni del probabile rifiuto che alcune delle Potenze opporrebbero alla proposta in discorso, non le sembrava che la misura sarebbe ,enorme in proporzione dello scopo da attenersi, e se credeva veramente possibile che la presenza per esempio, per un anno delle forze d'Europa in Turchia avesse a rigenerare l'Impero, e si potesse quindi ritirarle per lasciare in piedi il Governo Ottomano, commosso forse dall'imponente dimostrazione, ma composto degli stessi elementi.

Soggiungeva il Generale Ignatiew un anno essere troppo, basterebbero sei mesi, ed anzi egli si lusingava che, quando fosse noto alla Sublime Porta tale essere l'intenzione delle Potenze, essa ceder,ebbe senz'altro alle loro domande. Conchiudeva tuttavia esser d'avviso che nè per quell'esecuzione, nè per

altro mezzo si potrebbe rigenerare l'Impero sino a che gli Osmanli continuassero a sedere su questo Trono.

Dalle conversazioni che io ·ebbi sopra l'argomento con Lord Salisbury mi risulta d'altra parte che il Governo Britannico è risolutamente contrario a questo progetto di esecuzione.

Questi argomenti non furono toccati che in modo affatto privato ed accademico, e le relative conchiusoni avrebbero in ogni caso ad essere modificate a seconda di quello sarà per seguire; però trattandosi di eventualità che ponno presentarsi da un momento all'altro, sopratutto quella di trovarsi innanzi ad una resistenza insuperabile della Sublime Porta, io mi prendo la licenza di raccomandarli all'attenzione deU'E. V.

E frattanto le relazioni tra il Generale Ignatiew e Lord Salisbury continuano ad essere buonissime, né esiste tra di essi alcuna differenza sulle questioni pendenti, chè anzi il secondo dimostra talvolta maggior calore del primo nel trattare coi Ministri del Sultano. Mi basti il citare che, con'"ersando un giorno col Gran Vizir, Safvet Pacha ed Edhem Pacha, e questi essendosi lasciato sfuggire, come spesso gli accade, qualche parola vivace, Sua Signoria gli replicava che se la Sublime Porta non fosse per cedere alle giuste domande delle Grandi Potenze, queste sarebbero costrette a cacciare i Musulmani dall'Europa. Mi è pure riferito che di queste buone relazioni stabilitesi tra gli Ambasciatori di Russia e d'Inghilterra il Governo britannico intenda valersi per comporre le differenze pendenti tra i due Governi riguardo alle cose dell'Asia centrale, e manderebbe a tale effetto delle istruzioni speciali al Marchese di Salisbury.

Quest'accordo tra i Plenipotenziari di Russia e d'Inghilterra, cui fanno eco i Plenipotenziari delle altre Potenze, cagiona non poco turbamento ai Ministri del Sultano, i quali avevano sempre contato sulla divisione d'Europa. Però esso è di buonissimo augurio pel mantenimento della pace, ed a peggio andare per facilitar·e la limitazione del teatro dei conflitti.

(l) Cfr. n. 650.

675

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1491. Costantinopoli, 30 dicembre 1876, ore 20,45 (per. ore 8,30 del 31).

A la conférence aujourd'hui, les plenipotentiaires tures ont annoncé qu'ils présenteront un contre-projet de pacification. Chaudordy a fortement défendu l'oeuvre générale des plénipotentiaires garants. Ignatieff a lu déclaration pressant la Porte d'accepter les propositions de l'Europe unie et insistant sur l'immense responsabilité qu'elle assumerait en les refusant. Lord Salisbury a énergiquement soutenu cette déclaration à laquelle se sont associés tous les autres plénipotentiaires. Quatrième séance lundi.

676

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 227. Roma, 30 dicembre 1876.

La lettura del Rapporto n. 502 di questa serie che la S. V. mi dirigeva sotto la data del 17 di questo mese (1), non ha punto modificata la opinione che, rispetto al miglior modo di risolvere la questione relativa alla guarentigia della riforma, io Le manifestava col Dispaccio del 16 di questo mese n. 217 (2). Non di meno la S. V. si comportò saggiamente astenendosi da una insistenza soverchia dopoché per una parte apparve chiara l'opposizione del Plenipotenziario britannico contro qualsivoglia combinazione che non fosse l'istituzione di una pura e semplice gendarmeria, e d'altra parte Le fu noto che, a torto od a ragione, la Sublime Porta avrebbe respinto come umiliante il progetto di affidare il compito di cui si tratta ad un contingente Rumeno.

Intanto però non possono dissimularsi le difficoltà che ancora si attraversano all'attuazione della combinazione in favore della quale si è pronunciata la Conferenza, e che consisterebbe nel far somministrare dal Belgio i quadri della Gendarmeria da istituirsi con un effettivo da due a quattro mila uomini. Scrive, a questo proposito, il R. Ministro in Bruxelles che il pensiero di far concorrere il Belgio alla pacificazione dell'Oriente, incontrò in sul principio, grande favore presso il Re, voglioso di aggiungere un nuovo lustro al suo Regno e presso l'esercito cui pesa duramente la lunga inazione. Però la pubblica opinione si è tosto pronunciata contraria, tantoché, mentre gli organi del partito conservator·e si mantennero in prudente silenzio, gli organi del partito liberale, aprirono senza esitazione una vera campagna contro un progetto che essi definiscono siccome funesto e rovinoso per un paese già così crudelmente travagliato, come è attualmente il Belgio, da una ostinata crisi economica e finanziaria.

La S. V. avrà senza dubbio notato la risposta evasiva che il Primo Ministro del Belgio, Signor Malon, fece ad una interpellanza che nella Camera dei Deputati gli era stata fatta da persona del suo stesso partito nella tornata del 20 dicembre. Siffatta risposta mostra in quale impaccio si trovi il Gabinetto di Bruxelles rispetto alla pendente questione. Dal canto mio sono in grado di comunicarle a titolo strettamente confidenziale, le dichiarazioni elle, il 23 di questo mese, venivano fatte dal Signor Malon al R. Ministro. Se la proposta, che finora non era stata fatta né ufficialmente né in forma di semplice insinuazione, effettivamente venisse presentata, il Governo del Belgio, (così si esprimeva il Signor Malon), non si dissimulerebbe punto la gravità di una simile combinazione e neppure l'impopolarità che questa incontrerebbe

in paese. D'altra parte però, per un sentimento di riguardo verso le Grandi Potenze, il Gabinetto di Bruxelles non opporrebbe alla loro proposta un formale rifiuto; si riserverebbe invece di esaminare naturalmente le condizioni cui sarebbe subordinato l'invio delle truppe belgiche, e tra le Quali sarebbe anzitutto che la domanda proceda non solo dalle Grandi Potenze, ma anche dalla Turchia, cui non si vorrebbe fare cosa gradita. Verrebbero in seguito tutti gli altri particolari di esecuzione, e per quanto concerne la questione della neutralità belgica, spetterebbe alle grandi potenze che ne sono garanti, di proscioglierne provvisoriamente il Belgio per questa speciale contingenza ed in considerazione di un interesse così elevato Qual è il mantenimento della pace europea. Questi suoi intendimenti il Gabinetto di Bruxelles si proponeva di svolgere in una Circolare da diramarsi ai Rappresentanti del Belgio all'estero.

(l) -Cfr. n. 640. (2) -Cfr. n. 638.
677

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 590. Vienna, 30 dicembre 1876 (per 3-4 gennaio 1877) (1).

Ieri l'altro riunivasi a Vienna, sotto la Presidenza di S. M. l'Imperatore, uno speciale consiglio di Ministri, a cui intervenivano, oltre il Conte Andrassy, i Ministri comuni della Guerra e delle Finanze, i Ministri Presidenti dei due Gabinetti ed i Ministri delle Finanze Cisleytano ed Ungherese. La convocazione straordinaria di un simile consiglio, che veniva a coincidere colla presenza in Vienna del Conte Karoly, Ambasciatore Imperiale a Berlino, e colla chiamata alla Capitale del Feld-Zeug-Meister Rodich, impressionò vivamente la opinione pubblica, tanto più che la voce non tardò a correre doversi trattare in quella riunione gravi o_uestioni di politica estera. La Politische Correspondenz avea alla sera un comunicato, in cui dichiarava le voci poste in giro essere senza fondamento di sorta altro non essersi trattato se non di provvedimenti relativi ad affari correnti! Presso a poco nello stesso senso, rispondeva ieri il Barone Orczy a chi interrogavalo a questo riguardo, soggiungendo non essersi discusso altro in quel consesso, se non delle disposizioni a prendersi in ordine a rifugiati ospitati dall'Austria-Ungheria. Stando però ad informazioni ch'io m'ebbi da persone in posizione di essere bene informate, risulterebbemi scopo di quel Consiglio straordinario sia stato il discutere la convenienza di un eventuale mobilizzazione di alcuni corpi d'esercito, ed essenzialmente di stabilire i provvedimenti finanziarii a prendersi, onde provvedere al1e spese, che ciò importerebbe. Sembra infatti fuor di dubbio, il Governo Imperiale abbia l'intendimento di mobilizzare tre Corpi d'Esercito, uno in Transilvania, uno

in Croazia ed uno in Dalmazia. Quello in Transilvania, sarebbe anzi a quanto mi si assicura il Drimo che verrebbe mobilizzato. In quanto a quello in Croazia, già si trova colà come nucleo. una forza di circa 20.000 uomini, coi cavalli, cannoni e carri sul piede di guerra, altro non resta a fare che a chiamar gli uomini. L'idea dell'occupazione della Bosnia, nel caso i Russi ·entrino in Bulgaria, pare aver fatto QUi grandi progressi. I giornali Ungheresi protestano ferocemente contro simili intendimenti. e dichiarano la mobilizzazione essere soltanto ammessibile, ove trattisi di farla contro la Russia. Ma l'opinione pubblica in Ungheria comincia a considerare quella ev·entualità con maggior calma, ed a trovare che il mezzo il più pratico onde opporre una barriera al soverchiare della potenza Russa, sia la così detta occupazione parallela per parte delle ~truppe Austro-Ungariche. In quanto agli Austriaci, mentre agli uni quell'azione non è se non il soddisfacimento de' loro desideri, essa non trova più recisa opposizione per parte di quanti ebbero a contrastarla fino ad ora, non vedendo ormai più un'altra uscita dall'attuale situazione.

Salvo quindi le cose piglino a Costantinopoli una p1ega tale, che un pacifico componimento fra la Russia e la Turchia sia ancora possibile, parmi si abbia a ritenere che, malgrado la ripugnanza sinceramente, piacemi dirlo, sempre dimostrata dal Conte Andrassy ad addivenire ad un'occupazione della Bosnia, questa si ,effettuerà indubbiamente se l'Esercito Russo riesce a prendere stabile piede sul territorio Ottomano e forse anche tosto esso avrà varcato la frontiera. Probabile poi anche sembrami ·l'occupazione della Serbia, pure parallelamente a quella della Rumenia. E qui in verità vorrei arrestarmi sulle mie previsioni, senza spingerle sino ad alzare il velo, che ricopre ancora un più remoto avvenire, sul quale molto probabilmente il Gabinetto di Vienna non è ancora affatto fissato, tanta è la sua ripugnanza a prendere decisioni di qualsiasi natura. Non posso però a meno di manifestare all'E. V. ·essere mia impressione, che indubbiamente all'occupazione più o meno lunga, terrà dietro l'annessione della Bosnia, sperandosi di pagar con questa il prezzo di quella. Il giorno in cui l'Austria avrà la certezza di non essere eventualmente inquietata dall'Italia, il progetto dell'occupazione della Bosnia avrà fatto un gran passo verso la sua realizzazione, e non so tacere all'E. V., che non mi stupirebbe affatto se il Conte Karoly, invece che chiamato dal Conte Andrassy, fosse venuto a Vienna, mandato dal Principe di Bismarck a portare quella assicuranza!

Ove la mobilizzazione de' corpi di esercito, di cui ho discorso, venisse ad effettuarsi, non mancherei d'informarne l'E. V., tosto ne avrei la certezza; locché più probabilmente non potrebbe verificarsi fin dal primo giorno, trattandosi di una mobilizzazione parziale, ed essenzialmente visto l'organizzazione territoriale, per quanto ha tratto al reclutamento dell'Esercito Austriaco.

Affido questo rapporto col precedente al Corriere di Gabinetto, Signor Signoroni, giuntomi ieri sera da Berlino, e che faccio ripartire oggi col 'treno diretto alla volta di Roma. Riservandomi di portare telegraficamente a conoscenza dell'E. V. quelle più precise notizie, che potrei avere intorno a quanto forma oggetto del presente rapporto...

(l) Sic.

678

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1492. Costantinopoli, 31 dicembre 1876, ore 12,45 (per. ore 17,05).

J'ai reçu votre télégramme du 29 (l) seulement maintenant à cause d'une interruption télégraphique. J'ai télégraphié a V. E., de chaque seance tout ce qui pouvait l'intéresser. Sir Elliot n'a l'intention d'aller en congé qu'après la conférence. La condui.te des ministres ottomans n'est pas arretée. Le contreprojet communiqué hier soir ne traite que des réformes administratives. Les ambassadeurs de Russie, d'Angleterre et de France ont reçu l'ordre de q_uitter Constantinople, si on rencontrait une résistance invincible de la part de la Porte. Les autres attendent des instructions analogues. J'ai eu l'honneur de télégraphier là dessus a V. E. le 21 (2). L'ambassadeur de Russie et Chaudordy m'ont exprimé l'avis personnel qu'en cas de départ, on devrait réunir la conférence ailleurs, à Venise par exemple, afin de maintenir l'accord des Puissances et travailler à la paix. J'ai écrit longuement là dessus à V. E. le 29 (3).

679

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

T. 1493. Costantinopoli, 31 dicembre 1876, ore 18 (per. ore 19,10).

Les ambassadeurs d'Autriche et d'Allemagne ont eu aussi l'ordre de quitter Constantinople, si la Sublime Porte persiste à refuser les bases proposées. Il ne reste donc que moi sans instructions à cet égard. Dans la réunion des plénipotentiaires des Puissances garantes aujourd'hui, on a examiné le contreprojet; il repousse toutes les garanties et n'est pas pratique. Demain, lord Salisbury présentera à la conférence, au nom de tous les plénipotentiaires un memorandum portant qu'il n'est pas admissible. Jusqu'ici la Porte ne fait pas mine de vouloir céder. La situation est donc plus grave, mais l'important est de maintenir l'accord entre les Puissances garantes.

680

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. CONFIDENZIALE 104. Roma, 31 dicembre 1876.

Sono molto grato all'E. V. dello avermi fornito, col pregiato rapporto del 19 di questo mese, n. 85 (4), non poche e ben preziose indicazioni retrospe,t

12l Cfr. n. 647.

tive intorno ai negoziati che condussero in Egitto alla recente combinazione Goeschen-Joubert. Gl'intendimenti del Governo britannico non furono mai dubbii ed io divido l'opinione enunciata da V. E., che esso si tenga pago oramai dei risultati ottenuti, i quali bastano ad assicurare, nel vicereame, la sua incontestata prevalenza.

Intanto, però, non possiamo celare, anche all'infuori delle considerazioni attinenti più direttamente ai nostri interessi, il rammarico che abbiamo provato nello scorgere di quali mezzi siasi fatto uso, segnatamente nelle ultime fasi del negoziato, perché la combinazione ad ogni costo riuscisse. Così, mentre nel primitivo progetto le nuove obbligazioni da emettersi con ipoteca sulle ferrovie, dovevano ascendere solo ad una cifra complessiva di 15 milioni di sterline, da concambiarsi con un equivalente ammontare di vecchi titoli del debito egiziano, si seppe improvvisamente che l'emissione se ne sarebbe fatta per una cifra di 17 milioni di sterline e più tardi si venne anche a sapere che tale eccedenza di due milioni, oltre il bisogno del cambio, sarebbe stata versata dai Signori Goeschen-Joubert, non già in nuove obbligazioni, sibbene in buoni, nelle mani del Vicerè stesso. Cosicché per una parte questi riceverebbe, con danni dei suoi creditori una somma nominale di due milioni di lire sterline per le sue spese urgenti, e gli assuntori dell'operazione lucrerebbero, dal canto loro, per siffatta somma la differenza tra il valore dei Buoni, che si aggirano intorno al 40 % e quelle delle nuove obbligazioni le quali, come aventi una quasi assoluta guarentigia si negoziano già tra il 75 e il 76 %. Sembra a noi che personaggio così autorevole e serio qual'è il Goeschen, non avrebbe dovuto compromettersi in una operazione la quale, sussistendo i fatti come furono riferiti, meriterebbe per certo la più severa censura.

(l) -Cfr. n. 672. (3) -Cfr. n. 674. (4) -Cfr. n. 644.
681

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

D. 60. Roma, 31 dicembre 1876.

Prima ancora che sopravvenisse a Belgrado l'incidente provocato dal colpo di fucile sparato da una sentinella della fortezza contro un Monitor austro-ungarico, pendeva già controve·rsia tra il Governo principesco ed il Governo Imperiale e Reale per essersi consentito lo sbarco, a Belgrado, di 60 bulgari espulsi dall'Impero e diretti a Galatz. Nel carteggio relativo a questa controversia è occorso che l'Agente austro-ungarico adoperasse tale frase che fece grande impressione sul Principe Milano. Ricapitolando tutti i passati e numerosi reclami, il Principe Wrede conchiudeva dichiarando la impotenza del Governo principesco a mantenere l'ordine ed a fare rispettare dai suoi ufficiali i doveri internazionali verso lo stato confinante, ed annunciando che, qualora altri fatti della stessa natura si riproducessero, il Governo Imperiale e Rea1e saprebbe senz'altro provvedere da se stesso alla tutela dei suoi diritti, e dei suoi interessi. In espressioni così gravi adoperate a proposito di vertenze di importanza affatto secondaria, sembrò al Principe Milano di scorgere un indizio di intendimenti minacciosi da parte dell'Austria-Ungheria, ed a questo titolo appunto mi parve utile di segnalare la cosa a V. E.

Certo è che difficilmente si spiega un simile contegno del Gabinetto di Vienna nelle circostanze presenti, mentre la Russia e l'Austria-Ungheria sembrano strette da vincoli speciali di alleanza. A meno che si voglia con ciò preparare il terreno a complicazioni, con lo scopo segreto di riuscire poi ad un reparto territoriale fra i due Imperi; la qual cosa trova bensì fautori a Vienna nel partito militare, ma non mi sembra per verità conciliabile con la tendenza manifesta dello spirito pubblico in Russia.

682

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MELEGARI

R. 529. Costantinopoli, 31 dicembre 1876 (per. il 9 gennaio 1877).

Ieri all'una pomeridiana aprivasi la terza Seduta della Conferenza, presenti :tutti i Plenipotenziari. Era primieramente letto ed approvato il processo-verbale della Seduta precedente.

Il Signor Pr,esidente significava poscia che la Sublime Porta aveva preparato un contro-progetto di pacificazione; però era dispiacente che Serkis Effendi, il quale era stato incaricato di farne la traduzione, non era ancora ~omparso. Il Conte di Chaudordy domandava se quel contro-progetto comprendeva tutte le materie trattate negli atti presentati dai Pl,enipotenziari delle Potenze Garanti; cui il Presidente rispondeva affermativamente. Si trovò poi che il lavoro fatto dalla Sublime Porta non si riferiva che al Regolamento della Bulgaria. Si decise s'aspetterebbe l'arrivo di Serkis Effendi.

Uno dei Plenipotenziari suggeriva si passasse frattanto alla discussione d'altro degli atti, per esempio delle istruzioni a darsi alla Commissione internazionale. Cui rispondeva il Presidente non vedere come si potesse procedere all'esame delle istruzioni mentre la Sublime Porta non accettava la Commissione stessa. E soggiungeva Edhem Pacha i Plenipotenziari Ottomani aver domandato nell'ultima Seduta se le condizioni presentate dai Plenipotenziari delle Potenze erano conformi alle basi Inglesi, la Conferenza avere risposto affermativamente, e siffatta risposta era stata comunicata al Governo Imperiale; né questo aveva finora impartite ai suoi Plenipotenziari le istruzioni necessarie per trattare della questione delle garanzie, e di quella delle condizioni di pace. Erano queste questioni gravissime che la Sublime Porta aveva per uso di sottomettere alla deliberazione di un Divano. Domandava qualcuno che significava un Divano; cui il Presidente rispondeva essere un Gran Consiglio composto dei grandi dignitari dell'Impero da 60 ad 80; però non essere tuttora deciso se s'avrebbe ricorso al Divano nella presente congiuntura.

Prendeva allora la parola il Conte di Chaudordy, e faceva intendere in gravi termini come le cose non procedessero in modo soddisfacente; la pubblica stampa anche officiosa non cessava di spargere voci erronee sui lavori della Conferenza; i Plenipotenziari stessi sembravano non comprendere le moderatissime domande presentate dall'Europa unita; quanti Stati avevano cercato all'estero le capacità militari e civili per valersene a vantaggio dello Stato; quanti guerrieri illustri, quanti statisti celeberrimi la Francia aveva attirati d'Italia. E quando l'Europa offriva questi aiuti al Governo Ottomano per far fronte alle gravi difficoltà della situazione, esso li respingeva come lesivi della sua dignità.

Seguiva il Generale Ignatiew il quale leggeva una dichiarazione concepita in termini di gran fermezza ed autorità. Diceva S. E. quelle proposte contenere l'espressione unanime dei sentimenti dell'Europa unita; la Sublime Porta considerasse l'immensa responsabilità che incorrerebbe persistendo nel rifiuto.

Lord Salisbury faceva eco alle dichiarazioni dei due precedenti oratori; e gli altri Plenipotenziari si associavano parimenti ad esse.

La dimostrazione fu solenne imperocché era la voce unanime dell'Europa che faceva intendere ai Rappresentanti della Porta esser finito il tempo delle tergiversazioni e delle false promesse; quella voce saprebbe farsi ascoltare.

Poche parole rispondeva Safvet Pacha allegando che la Sublime Porta non aveva respinto le proposte delle Potenze, ma solo presentate deUe osservazioni sopra di esse.

Erano per tal modo scorse due ore, né il portatore del contro-progetto ere comparso. E si decise di aggiornare la Conferenza a lunedì l o gennaio.

P. S. Unisco al presente il Protocollo della I Seduta della Conferenza (1).

(l) Non si pubblica.

<
APPENDICI

APPENDICE I

AMBASCIATE E LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

(Situazione al 1• luglio 1876)

ARGENTINA

Buenos Aires -SPINOLA marchese Federico Costanzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MARTIN LANCIAREZ Eugenio, segretario; DALLA VALLE DI MIRABELLO march€Se Alessandro, addetto; VERASIS ASINARI DI COSTIGLIOLE e CASTIGLIONE, addeHo onorario.

AUSTRIA-UNGHERIA

Vienna -NICOLIS DI RoBILANT conte Carlo Felice, maggior generale, ambasciatore; CuRTOPASSI Francesco, consigliere; TERZAGHI Carlo, segretario; RISTORI Giovanni Battista, addetto onorario; MAJNONI D'INTIGNANO Luigi, maggiore di stato maggiore, addetto militare.

BAVIERA

Monaco -RATI OPIZZONI conte Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ZANNINI conte Alessandro, segretario.

BELGIO

Bruxelles -DE BARRAL conte Camillo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GERBAIX DE SONNAZ Carlo Alberto, segretario; BECCARIA INCISA marchese Emanuele, segretario.

BOLIVIA

VIVIANI Giovanni Battista, incaricato d'affari (residente a Lima).

BRASILE

Rio de Janeiro -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CANTAGALLI Romeo, segretario.

56 - Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VII

CILE

Santiago -SANMINIATELLI Fabio, incaricato d'affari.

CINA

FE' D'OSTIANI conte Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Tokio).

COSTARICA

ANFORA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari (residente a Guatemala).

DANIMARCA

Copenaghen -DELLA CROCE DI DOJOLA conte Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MINGHETTI Achille, addetto onorario.

FRANCIA

Parigi -CIALDINI Enrico, duca di Gaeta, senatore del Regno, generale d'armata, ambasciatore; RESSMAN Costantino, segretario; AvARNA, dei duchi di Gualtieri, Giuseppe, segretario; GuAsco DI BisiO Alessandro, segretario; RACAGNI Felice, maggiore di Stato Maggiore, addetto militare.

GERMANIA

Berlino -DE LAUNAY conte Edoardo, ambasciatore; Tosi Antonio, consigliere; TuGINI Salvatore, segretario; DEL MAYNo Luchino, maggiore di Stato Maggiore, addetto militare.

GIAPPONE

Tokio -FE' D'OSTIANI conte Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

GRAN BRETAGNA

Londra -MENABREA conte Luigi Federico, marchese di Val Dora, senatore del Regno, luogotenente generale, ambasciatore; DE MARTINO Renato, segretario; CONELLI DE' PROSPERI Carlo, segretario; CATALANI Tommaso, segretario; MENABREA conte Carlo, addetto onorario; DEGLI ALESSANDRI Giovanni, addetto onorario; LABRANO Federico, capitano di vascello, addetto navale; LEITENITZ Alfredo, capitano di stato maggiore, addetto militare.

GRECIA

Atene -N.N. inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PRAMPERO conte Ottaviano, segretario, incaricato d'affari.

GUATEMALA Guatemala -ANFORA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari.

HONDURAS

ANFoRA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari (residente in Guatema.la).

MAROCCO Tangeri -ScovAsso Stefano, ministro residente.

MESSICO Messico -BIAGI Giuseppe, incaricato d'affari.

NICARAGUA

ANFORA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari (residente in Guatemala).

PAESI BASSI Aja -BERTINATTI Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

PARAGUAY Assunzione -STELLA Enrico, incaricato d'affari.

PERU' Lima -VrvrANI Giovanni Battista, incaricato d'affari.

PORTOGALLO

Lisbona -OLDOINI marchese Filippo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PAsSERA Oscarre, segretario.

RUSSIA

Pietroburgo -NIGRA Costantino, ambasciatore; CoLLOBIANO ARBORIO Luigi, segretario; CovA Enrico, segretario; BECCADELLI BoLOGNA di Camporeale Paolo, segretario.

SAN SALVADOR

ANFORA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari (residente a Guatemala).

SPAGNA

Madrid -GREPPI conte Giuseppe, inviato ,straordinario e ministro plenipotenziario; BALDI SENAREGA marchese Giacomo, segretario.

STATI UNITI D'AMERICA

Washington -BLANC barone Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LITTA-BIUMI-REsTA conte Balzarino, segretario.

SVEZIA E NORVEGIA

Stoccolma -SALLIER DE LA TouR conte Vittorio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BoBBIO Ettore, segretario.

SVIZZERA

Berna -N.N. inviato straordinario e Ininistro plenipotenziario; MARTUSCELLl Ernesto, consigliere, incaricato d'affari; VIGONI Giorgio, segretario; HIERscHEL DE' MINERBI Oscarre, segretario.

TURCHIA

Costantinopoli -CoRTI conte Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GALVAGNA barone Francesco, segretario; DE FoRESTA Alberto, addetto; ALBERTINI Pietro, addetto onorario; CuRIEL Ermanno, addetto onorario; VERNONI Alessandro, interprete; GRAZIANI Edoardo, interprete; BARONE Antonio, interprete; CHABERT Alberto, interprete; CANGIÀ Alfredo, interprete.

EGITTO

Alessandria -DE MARTINO Giuseppe, agente diplomatico e console generale.

TUNISI

Tunisi -PINNA Luigi, agente diplomatico e console generale.

ROMANIA Bucarest -FAVA Saverio, agente diplomatico e console generale.

SERBIA

Belgrado -JoANNINI CEVA DI SAN MICHELE conte Luigi, agente diplomatico e console generale.

URUGUAY Montevideo -GARROU Ippolito, incaricato d'affari.

VENEZUELA Cwacas -N.N., incaricato d'affari.

APPENDICE II

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

(Situazione al l" luglio 1876)

MINISTRO

MELEGARI Luigi Amedeo, senatore del Regno.

SEGRETARIO GENERALE

TORNIELLI BRUSATI DI VERGANO conte Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, incaricato delle funzioni di segretario generale.

DIVISIONE POLITICA

MALVANO Giacomo, direttore capo di divisione di 23 classe.

UFFICIO I

Corrispondenza politica -Corrispondenza particolare del Ministro Trattati politici -Pubblicazioni diplomatiche -Cifra e telegrammi.

RIVA Alessandro, segretario di 2a classe; PANSA Alberto, segretario 2a classe; BIANCHI DI LAVAGNA Francesco, segretario di 2a classe; BARDI Alessandro, sottosegretario di l a classe.

UFFICIO II

Personale del Ministero, delle Legazioni e dei Corrieri di Gabinetto Ordini cavallereschi nazionali ed esteri -Atti pubblici -Notariato della Corona -Cerimoniale di corte -Cancelleria dell'Ordine della SS. Annunziata

Biblioteca -Archivi.

BERTOLLA Giuseppe, archivista capo di P classe; SEVEZ Lorenzo, archivista capo di 2a classe; ALINARI Enrico, archivista di 3a classe; GABUTTI Pasquale Pietro, archivista di aa classe.

RAGIONERIA

Bilancio -Contabilità generale dei RR. Agenti diplomatici e consolari Mandati -Rendiconti -Corrispondenza relativa.

CATTANEO Angelo, ragioniere capo;

ODETTI Dr MARCORENGO Edoardo, segretario di 2a classe, supplente ragioniere capo;

BERNONI Luigi, ragioniere di P classe;

LONGO-VASCHETTI Giovanni Battista, ragioniere di la classe;

GUGLIELMINETTI Giuseppe, ragioniere di 2a classe·;

BELLISOMI Lodovico, computista di la classe; CENTARO Giuseppe, computista di 2a classe; CALVARI Ludovico, computista di 2a classe.

DIREZIONE GENERALE DEI CONSOLATI E DEL COMMERCIO

PEIROLERI Augusto, direttore generale.

UFFICIO DEL PERSONALE

Corrispondenza riservata e confidenziale della direzione generale -Per

sonale consolare e dragomannale -Esami -Exequatur agli Agenti esteri.

BARILARI Federico, sottosegretario di P classe;

ORFINI conte Ercole, sottosegretario di l a classe;

ZAVEL DE LouvrGNY Filippo Antonio, ufficiale d'ordine di 2a classe.

DIVISIONE I

DE VEILLET Francesco, direttore capo di divisione di l a classe.

UFFICIO I

Corrispondenza coi RR. Agenti diplomatici e consolari residenti presso i diversi Stati d'Europa e loro colonie, eccettuate la Turchia e la Grecia, e cogli Agenti diplomatici e consolari di detti Stati in Italia; coi Ministeri, colle Autorità e coi privati in tutte le materie non politiche, né commerciali.

ScHMUCKER barone Pompeo, capo se·zione di P classe; CAVACECE Emilio, capo sezione di 2a classe; MIRTI DELLA VALLE Achille, segretario di l a classe; MoNTERSINO Francesco, segretario di P classe; CAPPELLO Carlo Felice, segretario di l a classe:

VACCAJ Giulio, sottose·gretario di 2a classe; FASSATI Dr BALZOLA Ferdinando, sottosegretario di 2a classe; MANASSERO Dr CosTIGLIOLE Vincenzo, sottosegretario di 3a classe; DE GAETANI Davide, volontario.

UFFICIO II

Corrispondenza coi RR. Agenti diplomatici e consolari residenti in Grecia, nell'Impero Ottomano, in Asia, Africa ed America, e cogli Agenti diplomatici e consolari di detti paesi in Italia; coi Ministeri, colle Autorità e coi privati, in tutte le materie non politiche né commerciali.

BrANCHINI Domenico, capo sezione di 2a classe; BAZZONI Augusto, segretario di 2a classe; MASSA Nicolò, sottosegretario di l a classe; PrRRONE Giuseppe, sottosegretario di 2a classe; PAGANuzzr Daniele, sottosegretario di 2a classe; MAYOR Edmondo, sottosegretario di 3a classe; DE ANGIOLI Eugenio, archivista di 3a classe; BoNGIOVANNI Federico Marco, ufficiale d'ordine di 3a classe; PREYER Giovanni, ufficiaLe d'ordine di 3a classe; MAZZA Pilade, ufficiale d'ordine di 3• classe.

DIVISIONE II

N.N., capo divisione.

UFFICIO I

Corrispondenza relativa alla stipulazione dei trattati e delle convenzioni commerciali, di navigazione, consolari, monetarie, doganali, postali e telegrafiche ecc. -Pubblicazioni commerciali -Bollettino consolare.

BoREA D'OLMO marchese Giovanni Battista, segretario di l' classe; PucCIONI Emilio, sottosegretario di P classe; DEL CASTILLO or S. 0NOFRIO marchese Ugo, sottosegretario di l a classe.

UFFICIO II

Corrispondenza relativa alle successioni di nazionali all'estero ed agli atti di stato civile rogati all'estero.

SANTASILIA Nicola, capo sezione di P classe; CASELLI Carlo, segretario di 2• classe;

BERTOLLA Cesare, vicesegre•tario di 2• classe; BARILARI Pompeo, sottosegretario di 3• classe; BENETTI Carlo, ufficiale d'ordine di 3• classe.

ECONOMATO E SPEDIZIONE

Spese d'ufficio -Contratti -Spedizioni -Economato -Servizio interno.

BROFFERIO Tullio, archivista di l a classe; DE NOBILI Achille·, archivista di 2• classe.

PASSAPORTI E LEGALIZZAZIONI PAPINI Andrea, archivista capo di 2• classe.

ISPETTORE GENERALE (ONORARIO) DEI CONSOLATI

NEGRI Cristoforo, console generale di l" classe a riposo, col titolo di inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

INTERPRETI

TKALAC Emerico, interprete di l" classe: VALERGA Pietro, interprete onorario per la lingua araba.

CORRIERI DI GABINETTO

Corriere di Gabinetto di l a cLasse -ANIELLI Eugenio. Corriere di Gabinetto di 2a classe -SIGNORONI Elia Camillo.

USCIERI

Capi uscieri: CAVAGNINO Pietro; FERRERO Antonio; CARELLO Giuseppe. Uscieri: Rossi Antonio; SAROGLIA Giuseppe; Bo Ignazio; BRUNERI Michele; MoRONE Giovanni Battista; DE MATTEis Giacomo; BRUSA Luigi; VILLANI Antonio; CoMPAGNO Lorenzo; BALDINI Ferdinando; DE GIORGI Luigi; AQUILA Francesco. Inservienti: CRAVANZOLA Luigi; RENUCCI Virginio; SALVADORI Eugenio; RENUCCI Pietro.

CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

Questioni di diritto internazionale, di nazionalità, di leva, interpretazione dei trattati ecc.

PRESIDENTE

CADORNA Carlo, senatore del Regno, ministro di Stato, presidente del Consiglio di Stato.

VICE PRESIDENTE

VIGLIANI Paolo Onorato, senatore del Regno, ministro di Stato.

CONSIGLIERI

Il segretario generale del Ministero degli Affari Esteri; MIRAGLIA Giuseppe, senatore del Regno, pri~o presidente della Corte di Cassazione di Roma; ALFIERI DI SOSTEGNO marchese Carlo, senatore del Regno; GUERRIERI-GONZAGA marchese Anselmo; TABARRINI Marco, senatore del Regno, consigliere di Stato; MAURI Achille, senatore del Regno, consigliere di Stato; CANONICO Tancredi, consigliere della Corte di Cassazione di Roma.

SEGRETARIO

Il segretario generale del Ministero degli Affari Esteri.

SEGRETARIO AGGIUNTO

BrANCHINI Domenico, capo sezione presso il Ministero degli Affari Esteri.

APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA

(Situazione al 1" luglio 1876)

Argentina -ALVEAR Diego, de, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ALVEAR C.M., de, segretario.

Austria-Ungheria-N.N., ambasciatore; GRAVENEGG Otto, barone von, consigliere; PASETTI VON FRIEDENBURG barone Marius, segretario; U:iSCHNIGG Edmund, segretario; SCHOFER Julius, ,addetto; AMBRÒ VON ADAMOIZ Bela, addetto; MEZEY voN SZATHMAR Alexander, addetto; VoN HAYMERLE, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare.

Baviera -VoN BrBRA barone Alfred, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VoN TAUTPHOEUS barone Rudolf, consigliere.

Belgio -VAN Loo Auguste, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DEVAUX Georges, consigliere; LE GHAIT Alfredo, segretario.

Brasile -DE JAVARY barone Joiio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VrEIRA DE CARVALHO J., segretario; ITIBERÉ DA CuNHA B., addetto.

Costarica -DE LINDEMANN conte Alfonso Cristiano, inviato straordinario e ministro plenitenziario (residente a Parigi).

Danimarca -FRIEDERICHSEN DE KJOER Fritz, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Francia -DE NoAILLEs marchese Emmanuel, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; TIBY Victor, primo segretario; DE GROUCHY, visconte, secondo segretario; BRIN barone L., terzo segretario; LERoux, addetto; LEMOYNE, capo squadrone di Stato Maggiore, addetto militare.

Germania -VoN KEUDELL Robert, ambasciatore; VoN DERENTHALL, consigliere; VoN ScHwEITZER, barone, addetto; VoN HASPERG maggiore Gustav, addetto; VON ENCHEVORT, addetto; PHILIPSBORN, capitano, addetto militare.

Giappone -KAVASE MATASKA, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SAKURADA, segretario; ASSAI, addetto interprete; TANAKA, addetto; SAYTOW, addetto.

Gran Bretagna -BERKELEY PAGET sir Augustus, ambasciatore; MALET Edward, primo segretario; KENNEDY John Gordon, secondo segretario: LAWRENCE Christian William, secondo segretario; CoMPTON lord William, terzo segretario; HowARD capi,tano Edward Henry, addetto militare.

Grecia -PAPARIGOPOULO M. J., incaricato d'affari.

Messico -CASTANEDA Jesus, incaricato d'affari; MALANCO Luis, segretario; LERDO DE TEJARA Salvador, addetto.

Monaco (Principato) -MIDDLETON-BENTIVOGLIO Enrico, incaricato d'affari.

Nicaragua-DE FRANCO José Tomaso, ministro plenipotenziario (residente a Parigi).

Paesi Bassi -WESTENBERG Bernhard, ministro residente.

PortogaHo -FERREIRA BoRGES DE CASTRO visconte José, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FARIA GENTIL, primo segretario; DE SA NocuEIRA, maggiore, addetto militare.

Russia -D'UXKULL-GYLLENBANDT barone Karl, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ScHEWITCH barone Dimitri, primo segretario; DI BENKENDORFF conte Aleksandr, secondo segretario; RosEN barone Grigorij, addetto; 0BOLENSKY, principe, addetto; WOLKONSKY, principe, addetto; NOWITZKY, generale, agente militare; SCHESTAcow, contrammiraglio, agente del ministero della Marina.

Spagna -CoELLO DE PoRTUGAL Diego, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DEL MoRAL, marchese, primo segretario; CoRDERO Santiago Alonso, secondo segretario; DE LA BARRE Augustin, terzo segretario; DE ARELLANO Tullio, segretario in missione speciale; MooRE Y DE PEDRO Rafael, addetto; DE DOMINÈ Y DESMAISIERES Juan, addetto militare.

Stati Uniti -MARSH George Perkins, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; WuRTs George W., segretario.

Svezia e Norvegia -DI EssEN barone Hans Eric, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Svizzera -PIODA Giovanni Battista, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PIODA Luigi, segretario.

Turchia -CARATHEODORY Alessandro, effendi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MISSAK, effendi, primo segretario; DJEMAL bey, secondo segretario.

Uruguay -ANTONINI Y DIEZ Paolo. ministro residente.